ASPETTI ECONOMICI
DELL’AGRICOLTURA IRRIGUA
IN SARDEGNA
Istituto Nazionale di Economia Agraria
V o lu m e n o n i n v e n d it a IS B N 9 7 8 -8 8 -8 1 4 5 -1 8 1 -4
L'INEA partecipa alle iniziative della Giornata Mondiale dell'Alimentazione come membro del Comitato Nazionale per le celebrazioni ufficiali italiane
ASPETTI ECONOMICI
DELL’AGRICOLTURA IRRIGUA
IN SARDEGNA
a cura di
Fabio Albino Madau
rapporto
irrigazione
rapporto
irrigazione
Gestione Commisariale ex Agensud A S P E T T I E C O N O M IC I D E L L’ A G R IC O L T U R A I R R IG U A I N S A R D E G N A •Cop_SARDEGNA_•Copertina_PAC2003 23/02/10 11.08 Pagina 1Istituto Nazionale di Economia Agraria
ASPETTI ECONOMICI
DELL’AGRICOLTURA
IRRIGUA IN SARDEGNA
a cura di
Fabio Albino Madau
Il presente lavoro è stato elaborato nell’ambito del progetto “ Attività di assistenza tecnica e supporto agli Enti concessionari nel settore dell’uso irriguo delle risorse idriche", affidato all’INEA dal MIPAAF, Gestione Commissariale ex Agensud.
Lo studio è stato redatto dal personale INEA e da alcuni consulenti esterni, con la supervisione di un comitato tecnico-scientifico all’uopo costituito, formato da:
- Ing. Antonino Casciolo – funzionario Gestione Commissariale ex Agensud, Responsabile unico del progetto;
- Dr. Guido Bonati - responsabile INEA Servizio 4; - Dr. Pasquale Nino - coordinatore INEA del progetto;
- Prof. Ing. Agostino Farroni – Professore aggregato del corso Idraulica e sistemazioni fluviali presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi dell’Aquila;
- Ing. Giacomo Romano - ingegnere idraulico, consulente INEA presso Gestione Commissariale ex Agensud.
Responsabile attività INEA Dr. Stefano Fabiani.
Il rapporto è a cura del Dr. Fabio Albino Madau. La stesura del rapporto è stata curata interamente dall’autore.
L’impaginazione e la copertina sono state curate da Sofia Mannozzi. Il coordinamento editoriale è a cura di Benedetto Venuto.
Presentazione
L'irrigazione rappresenta uno dei fattori fondamentali nello sviluppo dell’agricoltura negli ultimi decenni, non solo perché ha consentito di ottenere produzioni elevate e di qualità, ma soprattutto perché ha reso possibile una flessibilità nella scelta degli ordinamenti produttivi da parte degli imprenditori agricoli, svincolandoli dalla scarsità ed incertezza degli apporti idrici derivanti dalle precipitazioni.
L’impiego dell’acqua in agricoltura, quale mezzo tecnico della produzione, pone delle problematiche peculiari rispetto agli altri fattori produttivi in quanto risorsa naturale e pertanto non producibile industrialmente e per la sua caratteristica di escludibilità nel consumo, che comporta una forte competizione con gli altri usi (civili, industriali, potabili, ricreativi, etc.).
L’INEA, con il servizio “Ricerche su ambiente e risorse naturali in agricoltura” ed in coerenza con gli attuali indirizzi comunitari tesi a garantire un approccio sostenibile alle risorse naturali, realizza studi specifici volti a promuovere un’efficiente gestione delle risorse idriche in agricoltura sia dal punto di vista economico che ambientale. Le attività del servizio pertanto, sono mirate allo sviluppo di strumenti agronomico-territoriali di supporto alla pianificazione e programmazione dell’uso delle acque, in un’ottica di contenimento dei consumi, e ad approfondire gli aspetti di carattere tecnico-ingegneristico, per fornire agli Enti gestori della risorsa un supporto per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche adottate nei sistemi irrigui.
Questo lavoro in particolare, nasce dalla collaborazione tra INEA e Gestione Commissariale ex Agensud, che hanno dato vita al progetto di “Assistenza tecnica e supporto agli Enti concessionari nel settore dell’uso irriguo delle risorse idriche”.
Il progetto costituisce la prosecuzione e l’approfondimento di precedenti studi effettuati dall’INEA (“Studio sull’uso irriguo della risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro redditività”, finanziato con le risorse del QCS 1994-1999 nell’ambito del Programma Operativo Multiregionale; “Ampliamento e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e distribuzione delle risorse idriche nelle regioni dell’Obiettivo 1” – sottoprogramma III, misura 3; studio “Assistenza tecnica nel settore delle risorse idriche” linee C, D ed E del Progetto Operativo, facente parte del “Programma Operativo Nazionale Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema QCS Obiettivo 1 2000-2006” (PON ATAS) – misura 1.2: Azioni di assistenza tecnica e supporto operativo per l’organizzazione e la realizzazione delle attività di indirizzo, di coordinamento e orientamento delle Amministrazioni Centrali), volti a fornire supporto scientifico, tecnico e operativo alla Gestione Commissariale ex Agensud per ampliare e approfondire le conoscenze sull'agricoltura irrigua nelle regioni meridionali, allo scopo di ottimizzare l’uso delle risorse finanziarie disponibili con l’individuazione degli interventi strutturali a maggiore valenza economica.
Dal punto di vista operativo il progetto è rivolto principalmente al sostegno dell’attività degli Enti operanti nel settore irriguo – Consorzi di Bonifica ed altri soggetti pubblici – ed è articolato nelle seguenti quattro linee direttrici:
- Linea A: studi a carattere territoriale sulle aree irrigue; - Linea B: studi ed indagini sull’utilizzo della risorsa idrica;
- Linea C: elementi e linee guida per la progettazione di impianti irrigui;
- Linea D: supporto tecnico agli enti concessionari per l’accelerazione degli interventi e per le attività connesse alla gestione degli impianti.
4
Ciascuna Linea è articolata in diverse Azioni secondo lo schema seguente:
Nell’ambito delle diverse Linee del progetto sono state sviluppate le seguenti Azioni:
Azione 1 - Uso della risorsa idrica, strutture di distribuzione e tecniche irrigue nelle aree non servite da reti collettive dei Consorzi di Bonifica;
Azione 2 – Monitoraggio qualitativo dei corpi idrici utilizzati a scopo irriguo;
Azione 4 - Intrusione marina e possibilità di trattamento delle acque con elevato contenuto salino; Azione 5 – Utilizzo delle acque delle reti di bonifica;
Azione 6 - Controllo delle perdite nelle reti in pressione;
Azione 7 - Utilizzazione a fini naturalistici degli invasi a prevalente uso irriguo;
Azione 8 - Linee guida sulla scelta e l’impiego delle apparecchiature idrauliche, sugli impianti di sollevamento, sugli impianti di filtraggio;
Azione 11 - Efficienza e sicurezza delle dighe e piccoli invasi; Azione 12 - Supporto all’attività di rendicontazione;
Azione 14 - Supporto all’attività di progettazione;
Azione 15 - Analisi di rilevanti esperienze di progettazione a livello internazionale.
In particolare con l’Azione 14, oltre ad inquadrare gli elementi da prendere in considerazione per effettuare una valutazione economica di un progetto di investimento irriguo, sono state descritte, con tre monografie regionali le principali caratteristiche dell’agricoltura irrigua di Sardegna, Puglia e Basilicata, con particolare riferimento al peso economico che essa assume nel contesto regionale.
Riguardo agli aspetti della valutazione economica dei progetti è stata presentata la metodologia desunta dalla letteratura economica sulla valutazione degli investimenti pubblici guardando al metodo dell’Analisi Costi-Benefici; a questo è seguito uno specifico riferimento dedicato ai metodi di valutazione dei beni ambientali ed un riferimento al contesto politico per ciò che riguarda gli indirizzi dell’UE, in particolare alla direttiva quadro 2000/60/CE e alla PAC.
Le tre monografie regionali invece sono state orientate ad evidenziare le caratteristiche dell’agricoltura irrigua regionale e, nella fattispecie, i principali punti di forza e di debolezza.
L’obiettivo è stato quindi di fornire un quadro dell’agricoltura irrigua sotto il profilo strutturale ed economico, cercando di mettere in evidenza i problemi connessi all’uso dell’acqua, al fine di verificare le prospettive di sviluppo delle colture irrigue tradizionali, anche alla luce delle politiche che supportano l’agricoltura irrigua e regolamentano e disciplinano la gestione della risorsa stessa.
On. Lino Carlo Rava Ing. Roberto Iodice Presidente INEA Commissario Ad Acta ex-AgenSud
INDICE
Introduzione 7
CAPITOLO 1
C
ARATTERISTICHE STRUTTURALI ED ECONOMICHEDELL
’
AGRICOLTURA REGIONALE1.1 Le caratteristiche strutturali 13
1.1.1 La dimensione delle imprese 14
1.1.2 Le colture 16
1.1.3 Gli allevamenti 18
1.2 La Produzione Vendibile 19
1.3 La spesa pubblica in agricoltura 22
CAPITOLO
2
L’
AGRICOLTURA IRRIGUA UNA PANORAMICA DI INSIEME2.1 La domanda e l’offerta di acqua irrigua 26
2.2 Le aziende irrigue e le superfici 28
2.3 I sistemi di irrigazione 31
2.4 Le fonti di approvvigionamento e la gestione dell’acqua irrigua 32
2.5 Le colture irrigue 33
CAPITOLO
3
L’
AGRICOLTURA IRRIGUA NEI TERRITORI DEIC
ONSORZI DI BONIFICA3.1 Il Consorzio di bonifica della Nurra 35
3.1.1 L’agricoltura 35
3.1.2 Le superfici irrigate e le colture praticate 36
3.1.3 I sistemi di irrigazione 39
3.2 Il Consorzio di bonifica della Sardegna Meridionale 40
3.2.1 L’agricoltura 40
3.2.2 Le superfici irrigate e le colture praticate 41
3.3 Il Consorzio di bonifica dell’Oristanese 43
8
3.3.2 Le superfici irrigate e le colture praticate 44
3.4 Il Consorzio di bonifica dell Cixerri 46
3.4.1 L’agricoltura 46
3.4.2 Le superfici irrigate e le colture praticate 46
3.4.3 I sistemi di irrigazione 48
CAPITOLO
4
L
E DINAMICHE PRODUTTIVE DELLE PRINCIPALI COLTURE IN IRRIGUO4.1 Il comparto orticolo 50 4.1.1 Le superfici 50 4.1.2 La produzione 53 4.2 Il comparto frutticolo 57 4.2.1 Le superfici 57 4.2.2 La produzione 58 4.3 Il comparto agrumicolo 60 4.3.1 Le superfici 60 4.3.2 La produzione 61 4.4 Il comparto vitivinicolo 63 4.4.1 Le superfici 63 4.4.2 La produzione 65
4.5 Il comparto delle foraggere 67
CAPITOLO
5
A
SPETTI NORMATIVI E POLITICHE DI SOSTEGNO ALL’
AGRICOLTURA IRRIGUA5.1 Le principali misure a favore dell’agricoltura irrigua in Sardegna 71
5.1.1 Il quadro normativo ed istituzionale 71
5.1.2 La programmazione regionale 73
5.1.3 Il Piano di Sviluppo Rurale e l’agricoltura irrigua 76
5.1.4 I recenti provvedimenti normativi 79
5.2 L’agricoltura irrigua regionale e la nuova Politica Agricola Comunitaria 82
I
NTRODUZIONEAqua e bentu, annada de sarmentu Aqua e soli annada de liori…….
(Acqua e vento, annata di sarmento. Acqua e sole, annata di grano)
Abba minore non girat molinu.
(Poca acqua non fa girare il mulino) Proverbi Sardi
L’agricoltura irrigua rappresenta un segmento produttivo di importanza strategica non trascurabile nell’ambito del settore agricolo sardo. In particolare, alcuni prodotti ortofrutticoli presentano caratteristiche peculiari che li rendono parecchio apprezzati sui mercati e contribuiscono in misura sensibile alla determinazione della produzione vendibile dell’agricoltura e della zootecnia in Sardegna. Inoltre, sotto il profilo tecnico ed agronomico, l’irrigazione è pratica diffusamente utilizzata nelle aziende, in quanto nelle stagioni e nelle annate più siccitose interviene per colmare condizioni di deficit di acqua anche nelle colture non propriamente “ irrigue”. Basti pensare che, sebbene meno del 7% della superficie agricola regionale sia irrigata, l’irrigazione è praticata in un terzo delle imprese sarde, a dimostrazione di quanto essa sia diffusa, anche in appezzamenti di piccolissima dimensione.
Spesso, comunque, si tende a sottovalutare la rilevanza economica e strategica dell’agricoltura irrigua nell’isola. Alla base del mancato riconoscimento, si individuano ragioni legate allo sviluppo dell’agricoltura in Sardegna e all’immagine stessa che ai più evoca l’agricoltura sarda. Le caratteristiche pedo-morfologiche della Sardegna ed il clima siccitoso hanno, infatti, tradizionalmente orientato i sistemi di produzione verso forme estensive di utilizzo dei suoli ed in grado di consentire lo sviluppo di attività remunerative pure in territori fortemente svantaggiati. In particolare, si sono affermate storicamente forme di coltivazione e di allevamento che permettono di minimizzare l’impiego di acqua e di sfruttare i periodi più piovosi. La cerealicoltura – e nello specifico la coltivazione del grano – i pascoli e gli erbai autunno-vernini hanno non a caso segnato per decenni i paesaggi rurali, la cultura e le tradizioni dell’isola.
Allo stesso tempo, laddove sussistono condizioni orografiche più vantaggiose – si pensi alla Piana del Campidano ed a quella della Nurra – si sono altresì sviluppate forme di agricoltura differenti, tra le quali la coltivazione di colture irrigue. L’orticoltura e l’agrumicoltura, per esempio, costituiscono due tra le principali attività che caratterizzano alcune regioni dell’isola: l’orticoltura nella parte alta del Campidano e l’agrumicoltura lungo tutta la Piana.
In queste realtà, molte delle produzioni realizzate da pratiche irrigue hanno trovato e continuano a trovare, come detto, apprezzamento nei mercati nazionali ed extranazionali. Il fatto che si tratti di attività non sviluppatesi su vasta scala e, molto spesso, in imprese di piccole dimensioni non ha permesso di raggiungere masse critiche di assoluto rilievo, ma al contrario si è potuto puntare maggiormente sugli aspetti qualitativi. Inoltre, la presenza di specie autoctone e/o con caratteristiche peculiari ha favorito la produzione e la vendita di prodotti di apprezzata e riconosciuta specificità, consentendo agli imprenditori di raggiungere buoni livelli remunerativi. Si pensi, per esempio, al carciofo spinoso sardo, specie con caratteristiche pressoché uniche nel mondo e verso il quale la Sardegna vanta una specializzazione produttiva.
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Parimenti, alcuni fattori minano da sempre le possibilità di sviluppo del comparto irriguo. La scarsità di acqua che si registra in alcune annate, la ridotta efficienza delle reti di distribuzione, la concorrenza dei settori più tradizionali anche nelle aree più vocate all’agricoltura irrigua, le fluttuazioni dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli in primis rappresentano alcuni degli elementi di incertezza a cui le pratiche irrigue hanno da sempre dovuto far fronte.
Negli ultimi tempi tali problemi si sono acuiti – basti pensare a taluni effetti probabilmente indotti dai cambiamenti climatici – e nuove sfide si sono prospettate per le colture irrigue e per la buona gestione della risorsa idrica nei campi. Il nuovo corso della Politica Agricola Comunitaria (PAC), la crisi economica ed energetica, il ruolo dell’acqua entro i trattati e le convenzioni internazionali e altri fattori pongono interrogativi sul futuro del comparto irriguo in un contesto territoriale, come la Sardegna, caratterizzato da alcune gravi debolezze strutturali.
A tal punto può ritenersi interessante meglio conoscere ed evidenziare le caratteristiche dell’agricoltura irrigua in Sardegna e, nella fattispecie, i principali punti di forza e di debolezza. Il presente lavoro è indirizzato a fornire un quadro dell’agricoltura irrigua nell’isola sotto il profilo strutturale ed economico. Si cercherà, inoltre, di mettere in evidenza i problemi connessi all’uso dell’acqua, al fine di verificare le prospettive di sviluppo sia delle colture irrigue tradizionali che di quelle in cui il ricorso all’irrigazione è comunque ingente, anche alla luce delle politiche che supportano l’agricoltura irrigua e regolamentano e disciplinano la gestione della risorsa stessa.
Per di più, l’analisi procederà a verificare la situazione dell’agricoltura irrigua su scala territoriale, indagando sulle caratteristiche e sulle dinamiche economiche degli ultimi anni a livello sub-regionale. L’obiettivo è quello di enucleare eventuali differenze tra diverse realtà della Regione, per meglio capire dove, come ed in che misura realizzare interventi a sostegno del comparto.
Il primo capitolo è dedicato all’illustrazione delle principali caratteristiche strutturali ed economiche del settore agricolo e zootecnico nell’isola, preso nel suo complesso. Sulla base delle informazioni reperite presso le principali fonti statistiche nazionali e regionali, si intende fornire un quadro sinottico circa i principali elementi che caratterizzano il settore agro-zootecnico dal punto di vista tecnico ed economico.
Il secondo capitolo affronta il tema dell’agricoltura irrigua regionale, fornendo una panoramica sulle sue peculiarità. Verranno date informazioni sulla consistenza dell’agricoltura irrigua rispetto al settore agro-zootecnico in termini di superficie ed aziende e verranno, altresì, forniti alcuni dati relativi al rapporto domanda/offerta di acqua ed ai sistemi di irrigazione adottati. Infine, verranno brevemente illustrate le più importanti colture che contraddistinguono il comparto irriguo in Sardegna.
Il terzo capitolo descrive più nello specifico le caratteristiche dell’agricoltura irrigua in alcuni dei più importanti contesti territoriali in cui essa si è sviluppata nell’isola. Tali contesti coincidono con i territori sui quali ricadono le competenze amministrative di 4 Consorzi di bonifica: il Consorzio della Nurra, il Consorzio della Sardegna Meridionale, il Consorzio dell’Oristanese ed il Consorzio del Cixerri. In ciascuna realtà territoriale, saranno analizzate le principali caratteristiche del comparto irriguo, con particolare riferimento all’evoluzione delle superfici investite nell’arco di circa un decennio.
Il quarto capitolo è volto ad analizzare i più rilevanti comparti agricoli nei quali si ricorre all’irrigazione. Verrà tracciato un quadro degli aspetti strutturali, produttivi ed economici rispettivamente per i comparti orticolo, frutticolo, agrumicolo, vitivinicolo e delle foraggere. Anche in questo caso, inoltre, si provvederà ad evidenziare le dinamiche produttive e reddituali dei comparti negli ultimi anni.
Il quinto capitolo, infine, prende in esame gli aspetti normativi e si focalizza sull’analisi dei principali strumenti di programmazione che hanno come oggetto la gestione dell’acqua irrigua e delle politiche per l’acqua adottate dalla Regione Sardegna. Inoltre, uno spazio sarà dedicato all’illustrazione dei nuovi orientamenti in seno alla Politica Agricola Comunitaria (PAC) ed alle possibili implicazioni sulle prospettive future dell’agricoltura irrigua.
CAPITOLO 1
C
ARATTERISTICHE STRUTTURALI ED ECONOMICHE DELL’
AGRICOLTURAREGIONALE
Tradizionalmente, l’agricoltura e la zootecnia rivestono un ruolo di assoluto rilevo in seno all’economia regionale, non solo sotto il profilo meramente reddituale, ma anche sotto quello strategico e dell’immagine. In particolare, l’allevamento ovino, da sempre, ha connaturato le dinamiche produttive, economiche e sociali in molte zone della Sardegna, soprattutto nelle cosiddette “ aree marginali”, dove la pastorizia ha rappresentato una scelta “ naturale”, quasi obbligata per lo sfruttamento di tali territori (Pampaloni 1972; Idda, 1978; 1982). Allo stesso tempo, comunque, la Sardegna si contraddistingue per altre aree di eccellenza nel settore: si pensi, per esempio, alla coltivazione del carciofo, per la quale l’isola è tra le prime regioni produttrici in Italia (Pulina, 1996).
Nonostante l’importanza, il settore da anni grava in uno stato di difficoltà. Se si prende in considerazione il periodo che va dal 1980 al 2006, si può constatare che la produzione dell’agricoltura regionale – misurata in termini fisici, a prezzi costanti – è cresciuta molto lentamente, ad un tasso inferiore all’1% annuo. In termini di Valore Aggiunto (VA), il tasso di crescita è pressoché uguale a quello registrato per la produzione. Ciò significa che il peso della “ ricchezza” specificamente prodotta dalla sola attività agricola rispetto alla produzione totale non è sostanzialmente cresciuto nell’arco degli ultimi 25-30 anni. Come si vedrà più nel dettaglio nel proseguo del capitolo, allo stato attuale l’incidenza del VA sulla produzione si colloca sugli stessi valori dei primi anni ’80.
Il quadro che emerge è, pertanto, quello di un settore, che viaggia sui medesimi livelli di efficienza – intendendo con questo termine la capacità di produrre reddito a partire dalle risorse materiali a disposizione degli imprenditori che vengono totalmente consumate – di circa 30 anni fa. In altri termini, il settore appare statico e poco capace di realizzare “ ricchezza”.
Anche in considerazione degli aspetti cui è rivolta in misura maggiore la nostra attenzione - cioè l’agricoltura irrigua ed i problemi ad essa legati – tale situazione non risulta confortante e solleva una serie di interrogativi che verranno più diffusamente sviluppati nei successivi capitoli. In questo capitolo, invece, verranno fornite informazioni sulle caratteristiche strutturali ed economiche dell’agricoltura in Sardegna, rimandando al secondo capitolo per approfondimenti circa l’agricoltura irrigua.
1.1 Le caratteristiche strutturali
In attesa di disporre di un quadro preciso sul numero di aziende agrarie presenti in Sardegna e sulle loro caratteristiche tipologiche e strutturali – informazioni che sarà possibile ottenere con il prossimo Censimento sull’agricoltura – i dati contenuti in ISTAT (2007a) consentono di fornire indicazioni sulla composizione in termini percentuali della costellazione di imprese sarde1.
Dai dati riportati in Tabella 1.1, si può constatare che al 2005 circa il 70% della superficie presente nelle aziende agrarie della regione è occupata da colture, mentre il 22,3% è investita a boschi o ad altre colture forestali. Tale ripartizione della superficie agraria riflette sostanzialmente il dato
1 Si precisa che l’indagine ISTAT è condotta su base campionaria. La numerosità e la rappresentatività del campione permettono, comunque, di inferire con buona approssimazione quanto osservato all’universo di imprese operanti in Sardegna.
14
nazionale, anche se vi è da sottolineare che la presenza di boschi si contraddistingue in Sardegna per il fatto che una parte considerevole di aziende ha al suo interno superfici con arbustive spontanee.
Specificità a parte, pare opportuno evidenziare come nell’arco di un decennio la ripartizione della superficie in Sardegna è rimasta pressoché inalterata. Ciò si è registrato nonostante sia gli ultimi dati censuari che l’evidenza empirica testimoniano una contrazione dell’agricoltura sia in termini di aziende che di superficie.
La superficie agricola utilizzabile (SAU) è composta per circa il 57% da prati e pascoli permanenti, a conferma del ruolo di assoluto rilievo rivestito dall’attività armentizia nell’isola. Non molto diffusa l’arboricoltura – solo il 6,5% della SAU è investita a colture arboree – le colture erbacee e gli altri seminativi assommano il 37% della superficie complessiva.
1.1.1 La dimensione delle imprese
Per quanto attiene alla dimensione delle imprese, la superficie media si attesta attorno ai 14 ettari per azienda. Il dato si pone in controtendenza con quanto registrato nel decennio 1990-2000, nel corso del quale si è assistito ad una riduzione della superficie per azienda. In questo periodo, infatti, si è osservato che una drastica diminuzione della SAU (circa il 25%) su scala regionale era stata accompagnata da una debole contrazione del numero di aziende (meno del 5%) (Sanna e Madau, 2002).
Tab. 1.1 - Ripartizione della superficie aziendale secondo l'utilizzazione dei terreni (%)
Coltivazioni 2005 1995 Δ 05-95 Coltivazioni agrarie 69,7% 69,6% +0,1 - Seminativi 25,8% 25,3% +0,5 - Arboree 4,5% 4,5% - - Prati e pascoli 39,4% 39,8% -0,4 Coltivazioni forestali 22,3% 22,2% +0,1 - Piante da legno 1,2% 1,5% -0,3 - Boschi 21,1% 20,7% +0,4 Altra superficie 8,0% 8,1% -0,1 TOTALE 100,0% 100,0% -
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (1998; 2007a)
Alla base di tale fenomeno, piuttosto che l’orientamento verso scale produttive più adeguate, si riconosce il ridimensionamento dell’agricoltura estensiva – in particolare dell’allevamento ovino – dovuto all’abbandono dell’attività da parte degli imprenditori in molte parti della Sardegna.
Attualmente, la mancanza di informazioni esaustive circa il numero delle imprese sarde e la rispettiva superficie non consente di evidenziare le precise ragioni che sottendono all’aumento della dimensione media. Alcune rilevazioni confermano, comunque, come rispetto a qualche anno fa la crisi sta colpendo in prima misura le imprese di più piccola dimensione, quelle cioè che più faticano a raggiungere livelli di produzione soddisfacenti.
Tab. 1.2 – Aziende e relativa superficie per forma di utilizzazione dei terreni e classe di SAU – 2005 (%)
Superficie Coltivazioni agrarie
Seminativi Arboree Prati e pascoli TOT
CLASSI DI SAU AZIENDE
Meno di 1 ettaro 14,9% 33,5% 6,9% 26,6% da 1 a 2 14,9% 21,2% 7,7% 16,6% da 2 a 3 10,0% 9,7% 7,5% 8,1% da 3 a 5 9,2% 7,3% 8,5% 8,0% da 5 a 10 11,8% 9,3% 10,1% 9,5% da 10 a 20 12,7% 9,1% 19,3% 11,6% da 20 a 30 8,5% 3,3% 10,8% 6,2% da 30 a 50 7,5% 3,2% 11,2% 5,7% da 50 a 100 8,0% 2,4% 13,3% 5,7% 100 ed oltre TOTALE GENERALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
CLASSI DI SAU SUPERFICIE INVESTITA
Meno di 1 ettaro 0,5% 9,8% 0,1% 0,9% da 1 a 2 0,9% 15,2% 0,4% 1,6% da 2 a 3 1,3% 8,7% 0,4% 1,3% da 3 a 5 2,2% 9,9% 1,1% 2,1% da 5 a 10 5,5% 17,9% 2,0% 4,4% da 10 a 20 13,7% 13,5% 9,6% 11,5% da 20 a 30 13,6% 7,0% 8,9% 10,7% da 30 a 50 17,1% 6,4% 15,4% 15,5% da 50 a 100 27,2% 5,8% 29,6% 27,1% 100 ed oltre 18,0% 5,8% 32,4% 24,8% TOTALE GENERALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007a)
Più del 43% delle imprese non raggiunge i 2 ettari di superficie e poco più della metà sviluppa la propria attività su una SAU inferiore ai 3 ettari2. A tal riguardo è eloquente il fatto che meno del 3%
della superficie agricola complessiva è distribuita in oltre la metà delle imprese regionali.
La dimensione delle imprese e la distribuzione della superficie varia, comunque, sensibilmente a seconda dell’ordinamento produttivo, o meglio del tipo di colture praticate. Le aziende con seminativi si sviluppano su dimensioni mediamente minori rispetto a quanto si riscontri a livello generale – poco più di 9 ettari di SAU per azienda – pur se rivelano un minor grado di polverizzazione. Le imprese di dimensione inferiore ai 3 ettari di superficie sono un terzo del totale e piuttosto alta è la percentuale di aziende di elevata estensione (il 18% delle aziende si estende su una superficie superiore ai 30 ettari).
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Al contrario, un notevole livello di polverizzazione caratterizza le imprese con piante arboree. La superficie media non raggiunge l’ettaro e mezzo e poco meno del 60% delle aziende si sviluppano su una superficie inferiore ai 3 ettari. Tali aziende assommano complessivamente poco più di un terzo dell’intera superficie arboricola regionale.
Per quanto concerne le imprese con pascoli o prati, la natura dell’attività fa sì che esse si sviluppino su superfici di ampia dimensione. Circa il 40% delle imprese con pascoli presenta una superficie superiore ai 20 ettari – la dimensione media è attorno ai 19 ettari - e ben il 15,4% mostra un’estensione superiore ai 100 ettari.
1.1.2 Le colture
Le Tabelle 1.3 e 1.4 illustrano rispettivamente la ripartizione della superficie investita ad erbacee ed arboree per le principali colture.
Relativamente al primo orientamento produttivo, più della metà delle superficie a seminativi si identifica con la coltivazione di foraggere avvicendate. Di questa frazione, circa il 90% corrisponde a terreni investiti ad erbai. Considerando anche i pascoli ed i prati permanenti – come visto la superficie complessiva è pari al 57% dell’intera SAU regionale - la superficie complessiva delle colture destinate all’alimentazione animale si attesta attorno al 75% della superficie agricola della Sardegna.
Tab. 1.3 – Aziende con seminativi e relativa superficie per principali colture – 2005 (%)
Coltivazioni Aziende Superficie
Cereali per la produzione di granella 39,0% 37,7%
- Frumento duro 24,0% 20,7%
- Orzo 13,6% 6,6%
- Avena 15,2% 8,5%
- Granoturco 0,8% 0,6%
Colture proteiche per la produzione di granella 3,3% 0,9%
- Pisello (proteico e secco) 1,4% 0,2%
- Fagiolo secco 0,1% 0,0%
Barbabietola da zucchero 0,7% 0,3% Piante sarchiate da foraggio 0,2% 0,4% Piante industriali 0,2% 0,0% Ortive 38,7% 4,3%
- In piena aria 37,3% 4,1%
- Protette 3,4% 0,2%
Foraggere avvicendate 39,9% 50,8%
- Erba medica ed altri prati avvicendati 8,5% 5,8%
- Erbai 34,5% 44,9%
Terreni a riposo 11,9% 5,0%
- non soggetti a regime di aiuto 10,3% 4,0%
- soggetti a regime di aiuto 2,0% 1,0%
Altre 1,6% 0,5%
TOTALE 100,0% 100,0%
Rimanendo nel novero delle colture erbacee, circa il 38% della superficie con seminativi è destinata ai cereali. Più nello specifico circa il 21% della SAU con erbacce è investita a grano duro, per quanto tale coltura appare progressivamente meno diffusa rispetto al passato, in virtù di condizioni meno favorevoli dettate dal nuovo corso della Politica Agricola Comunitaria (PAC). Di una certa rilevanza è pure la presenza nei campi di avena (8,5% della SAU a seminativi) e di orzo (6,6%), mentre meno diffusa è la coltivazione di mais da granella e degli altri cereali.
Poco meno del 40% delle imprese è dedita all’orticoltura. D’altro canto, le ortive ricoprono solamente poco più del 4% della SAU regionale a seminativi (la superficie media è di poco superiore all’ettaro). Ciò si spiega con il fatto che poche aziende – per la maggior parte ubicate nella Piana del Campidano - conducono l’orticoltura su scala di notevoli dimensione, mentre viceversa è diffusa consuetudine destinare una frazione anche piccola degli appezzamenti a tali colture, spesso sotto forma di veri e propri “ orti familiari”.
Rimandando al proseguo del lavoro per maggiori informazioni circa l’orticoltura, in quest’ambito si intende sottolineare comunque come in molte aree della Sardegna tale pratica ha subito un certo ridimensionamento nel corso degli anni. Tra le principali ragioni, si riconoscono la progressiva espansione dell’allevamento ovino anche nelle terre che – per caratteristiche naturali – appaiono vocate all’orticoltura e/o ad altre attività, ma anche le difficoltà incontrate dal comparto orticolo in fase di esitazione sui mercati dei prodotti a seguito del più elevato livello di concorrenza rispetto al passato e le maggiori difficoltà in fase di approvvigionamento dell’acqua, dovute in primo luogo alla vetustà degli impianti di incanalamento ed adduzione3.
Di minore importanza la presenza delle altre colture, si segnala che il 5% della SAU con piante erbacee consiste in terreni a riposo. Si tratta di terre per gran parte lasciate incolte a seguito dell’ottemperamento alle norme della PAC circa i regimi di aiuto.
Passando alle colture arboree, esse, seppur poco presenti in termini di superficie, appaiono diffuse in termini di aziende (circa il 65% delle imprese agricole destina almeno una porzione di terreno all’arboricoltura da frutto).
Dalla lettura delle rilevazioni ISTAT emerge che la metà della superficie investita con piante legnose da frutto è occupata dall’olivo. L’olivicoltura – praticata in poco meno del 70% delle imprese con piante arboree – è indirizzata prevalentemente alla produzione di olio, anche se in talune zone dell’isola – oltre che in molti appezzamenti in cui l’olivo è in coltura secondaria – è diffusa la presenza di piante per la produzione di olive da tavola. Si tratta, quindi, di una coltura tra le più caratterizzanti le campagne della Sardegna. Basti pensare che la quasi totalità (93%) dei comuni sardi ha al suo interno porzioni di terreno investite ad olivo (Idda et al., 2004).
Di assoluto rilievo è anche la diffusione della vite. I vitigni ricoprono il 36% della SAU con piante arboree e ricadono nel 56% delle aziende arboricole. Parimenti a quanto detto per l’olivo, spesso si riscontra nelle aziende sarde la presenza di vitigni in coltura seconda, pur se – anche a seguito dei passati indirizzi della PAC che incentivavano l’espianto dei vitigni – il comparto è andato anch’esso incontro ad un sensibile ridimensionamento4.
3 Per quanto riguarda il primo ordine di ragioni, vedasi Pulina (1993) e Idda et al. (2006).
4 Secondo quanto riportato in Idda et al. (2007), dagli anni ’70-’80 alla metà del decennio in corso, la superficie vitata si è quasi dimezzata passando da 70 mila a meno di 38 mila ettari.
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Tab. 1.4 – Aziende con arboree e relativa superficie per principali colture – 2005 (%)
Coltivazioni Aziende Superficie
Vite 56,0% 36,0% Olivo 68,4% 49,9% Agrumi 14,7% 6,7% Frutta fresca di origine temperata 12,6% 4,8% Frutta in guscio 3,0% 2,0% Vivai 0,3% 0,1% Altre coltivazioni legnose agrarie 0,4% 0,5%
TOTALE 100,0% 100,0%
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007a)
Gli agrumi sono coltivati in poco meno del 15% delle imprese arboricole e ricoprono meno del 7% della superficie con piante arboree; percentuale determinata per due terzi dalla coltivazione dell’arancio. Anche in questo caso, il comparto agrumicolo ha subito negli anni un ridimensionamento a causa, in primo luogo, dell’espianto di molti agrumeti avvenuto principalmente in zone che, seppur vocate, sono state interessate nel recente passato da seri problemi di approvvigionamento idrico (Idda e Madau, 2006).
Di minor rilevanza il peso delle altre colture, tra le quali si segnala il comparto frutticolo diffuso per meno del 5% della superficie e presente in circa il 13% delle imprese con piante arboree.
1.1.3 Gli allevamenti
Come più volte citato, l’allevamento della pecora contraddistingue l’intero settore agro-zootecnico della Sardegna. Circa il 47% delle imprese zootecniche regionali alleva capi ovini (Tabella 1.5). La dimensione media è pari a 245 capi per azienda, anche se tale statistica va letta con un certo grado di accortezza5. Una buona parte di tali aziende allevano anche capre – più del 10% delle imprese
totali – e si sviluppano su una dimensione media di 100 capi per impresa.
Assai diffuso è pure l’allevamento bovino – invero sostanzialmente concentrato in talune regioni quali il comprensorio attorno ad Arborea e la Gallura – praticato in circa un terzo delle imprese zootecniche sarde. La dimensione media si aggira attorno ai 30 capi per azienda, anche se vi sono realtà - la zona di Arborea nello specifico – dove si rilevano allevamenti di più vasta scala.
Tab. 1.5 – Aziende con allevamenti e numero di capi per azienda – 2005 (%)
Bovini Ovini Caprini Equini Suini Avicoli Conigli Struzzi TOTALE
Aziende 32,1% 46,6% 10,4% 13,6% 29,1% 6,0% 0,4% 0,4% 100,0% Capi per azienda 30,0 245,3 100,3 3,3 27,5 958,7 1496,4 7,7 -
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007a)
5 È noto, infatti, che il computo dei capi può essere viziato dai problemi legati allo spostamento del gregge tra aziende confinanti, pratica purtroppo tuttora diffusa nell’isola come confermano i numerosi casi di truffa accertati dalle autorità competenti.
L’allevamento degli equini è praticato in un buon numero di imprese – oltre il 13% delle aziende zootecniche complessive - anche se si tratta spesso di aziende nelle quali l’allevamento si limita al mantenimento di pochi capi – la media supera di poco i 3 capi per impresa – e non si tratta di veri e propri allevamenti specializzati.
Piuttosto diffusa è, invece, la presenza di suini, allevati in poco meno del 30% delle imprese zootecniche (dimensione media pari a più di 27 capi per azienda) così come non trascurabile è quella delle specie avicole, allevate in oltre il 6% delle imprese regionali.
1.2 La Produzione Vendibile
La produzione dell’agricoltura e della zootecnia regionale si attesta attualmente attorno ad 1 miliardo e 600 mila euro (Tabella 1.6). Come da tradizione, il comparto zootecnico concorre in misura maggiore di quello agricolo nella determinazione della Produzione Lorda Vendibile (PLV) complessiva. Se si prende in considerazione il 2006, oltre il 44% della PLV regionale è ascrivibile alla produzione di carne e latte. Più specificamente, la produzione di carne determina il 22,3% della PLV zootecnica, mentre è di poco inferiore il contributo della produzione di latte (21,2%).
Il comparto ovino e quello caprino rivestono ovviamente un ruolo predominante in seno al comparto zootecnico. In termini monetari, circa il 30% delle carni realizzate nelle imprese sarde proviene da allevamenti ovini e/o caprini, mentre – voce questa che fornisce un’idea del peso del comparto – per quanto riguarda il latte, il contributo degli allevamenti ovini e caprini sul valore complessivo prodotto in Sardegna sfiora l’80% (INEA, 2007).
Relativamente alle coltivazioni, le colture erbacee contribuiscono alla determinazione della PLV regionale per poco più del 26%; viceversa l’apporto delle colture arboree non raggiunge il 10%.
Oltre la metà del valore della produzione agricola proviene dall’orticoltura. Nonostante il ridimensionamento del comparto cui si è fatto accenno prima, l’orticoltura rimane un’attività di assoluta preminenza in Sardegna sotto il profilo economico e reddituale. In particolare, la produzione di pomodori in pieno campo e quella di carciofi concorrono da sole a determinare circa la metà della PLV specifica delle colture erbacee. Trattandosi di un’attività – quella orticola - che per gran parte necessita di essere praticata in irriguo, ad essa sarà dedicato uno spazio di approfondimento nel quarto capitolo.
Tra le colture arboree, un ruolo di primo piano è ricoperto dalla viticoltura, benché si tratti di volumi economici non certo paragonabili a quelli ricavabili dalle produzioni orticole e dagli allevamenti. La produzione vendibile generata dall’olivicoltura, dall’agrumicoltura e dalla frutticoltura complessivamente incide per poco più del 5% sulla PLV totale.
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Tab. 1.6 - Produzione Vendibile dell’agricoltura regionale – Anno 2006 (.000 euro)
Incidenza (%) Produzioni PLV su categoria su totale COLTIVAZIONI AGRICOLE Coltivazioni erbacee 410.624 63,0% 26,1% - Cereali 49.731 7,6% 3,2% - Legumi secchi 1.755 0,3% 0,1% - Patate e ortaggi 350.562 53,8% 22,3% - Industriali 2.543 0,4% 0,2%
- Fiori e piante da vaso 6.033 0,9% 0,4%
Coltivazioni foraggere 98.276 15,1% 6,3% Coltivazioni legnose 143.180 22,0% 9,1% - Prodotti vitivinicoli 54.054 8,3% 3,4% - Prodotti dell'olivicoltura 28.130 4,3% 1,8% - Agrumi 20.975 3,2% 1,3% - Frutta 21.893 3,4% 1,4% - Altre legnose 18.128 2,8% 1,2% Totale coltivazioni 652.080 100,0% 41,5% ALLEVAMENTI
Prodotti zootecnici alimentari 696.385 99,8% 44,3%
- Carni 350.056 50,1% 22,3%
- Latte 333.358 47,8% 21,2%
- Uova 11.591 1,7% 0,7%
- Miele 1.380 0,2% 0,1%
Prod. zoot. non alimen. 1.634 0,2% 0,1%
Totale allevamenti 698.018 100,0% 44,4%
SERVIZI CONNESSI
Servizi connessi 220.305 100,0% 14,0%
TOTALE PLV 1.570.404 100,0% 100,0%
Fonte: ns. elaborazioni su dati INEA (2007)
Infine, una quota non trascurabile, pari al 14% della PLV, è ascrivibile alla fornitura di servizi connessi al settore primario, agriturismo in primis.
Come riferito nell’introduzione di questo capitolo, l’agricoltura sarda da anni versa in uno stato di crisi. Il Grafico 1.1 illustra in modo eloquente la sostanziale staticità del settore.
Graf. 1.1 - Produzione Vendibile e Valore Aggiunto dell’agricoltura – 1980-2006
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007b)
Dall’inizio degli anni ’80 ad oggi, la produzione – misurata a valori costanti – è sì cresciuta, ma ad un tasso comunque non soddisfacente. Infatti, pur se si sono registrati periodi di crescita sensibile, la produzione è aumentata al ritmo di meno dell’1% annuo (+0,81%). Vi è da dire a riguardo che i periodi in cui la produzione è cresciuta a tassi più alti sono coincisi con le buone dinamiche registrate nel mercato dei prodotti lattiero-caseari – vendita del formaggio Pecorino Romano in primo luogo – i quali da sempre hanno fatto da traino all’economia agricola della Sardegna.
Allo stesso tempo, il Valore Aggiunto (VA) è cresciuto sostanzialmente agli stessi tassi della PLV; o meglio il tasso composto calcolato su base annua è, seppur di poco, inferiore (+0,79) a quello con il quale è cresciuta la produzione. Ciò significa che la capacità dell’agricoltura sarda di creare “ricchezza” – intesa come differenza tra il valore della produzione ed il valore di ciò che l’agricoltura “consuma” completamente durante un ciclo produttivo (consumi intermedi) – è rimasta immutata nel corso di oltre un quarto di secolo. In altri termini, il settore non è addivenuto nel corso degli anni verso livelli di efficienza superiori rispetto a quelli riscontrati 25-30 anni fa.
! -! 200 ! 400 ! 600 ! 800 ! 1.000 ! 1.200 ! 1.400 ! 1.600 ! 1.800 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 milioni di euro (anno base 1999)
Tasso medio anno PLV = +0,81%
Tasso medio anno VA = +0,79%
PLV
22
Graf. 1.2 – Incidenza del VA sulla PLV – 1980-2006 (anno base = 1980)
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007)
Non vi è dubbio a riguardo che il mancato miglioramento dell’efficienza costituisce un grosso limite per le possibilità di sviluppo del sistema agricolo e zootecnico regionale ed è indicatore di uno stato di salute non buono. Soprattutto ciò emerge se si rapporta quanto osservato in Sardegna con quanto, invece, si rileva a livello nazionale. Infatti, nello stesso arco di tempo considerato, si constata che in Italia l’incidenza del VA sulla PLV è tendenzialmente cresciuta in misura maggiore di quanto è avvenuto per la Sardegna (il Grafico 1.2 mostra i valori del rapporto indicizzati ponendo uguale a 100 i rispettivi valori ripostati nel 1980).
Nello specifico, il rapporto VA/PLV in Sardegna è drasticamente aumentato in coincidenza del periodo favorevole alle produzioni agricole e, in particolare, alle vendite dei prodotti lattiero-caseari – prima metà degli anni ’90 – per poi diminuire e riportarsi, come detto, agli stessi livelli del 1980 (attorno al 57%). Viceversa, in Italia tale rapporto è cresciuto di oltre 8 punti percentuali, passando da circa il 54% del 1980 al 62% del 2006. Ciò denota, quindi, che l’agricoltura nazionale nel suo complesso è andata incontro ad un processo di miglioramento dell’efficienza, mentre quella sarda non ha compiuto passi significativi in questa direzione.
1.3 La spesa pubblica in agricoltura
Per quanto in questa sede si intende esclusivamente tracciare un quadro generale dell’agricoltura regionale - senza addentrarsi in approfondimenti più dettagliati e senza andare ad esplorare le precise ragioni che sottendono al malessere del settore – ci pare però opportuno fornire un ulteriore dato, a nostro avviso eloquente delle difficoltà strutturali in cui versano l’agricoltura e la zootecnia in Sardegna. Difficoltà che, per l’appunto, appaiono di una certa gravità nonostante il settore sia da sempre consistentemente supportato da parte delle autorità pubbliche sotto l’aspetto finanziario.
Nel corso degli anni, le erogazioni a sostegno dell’agricoltura - finalizzate a migliorare la produttività dei processi, le condizioni strutturali delle aziende e a garantire il proseguo dell’attività in molte aree svantaggiate - hanno ricoperto un capitolo di spesa importante dell’amministrazione
90,0 95,0 100,0 105,0 110,0 115,0 120,0 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Sardegna Italia
regionale6. Senza entrare nel merito della valutazione dell’efficacia delle politiche a favore
dell’agricoltura – anche perché ciò rappresenta compito di non poco conto – il Grafico 1.3 mostra come nell’arco di un decennio (1995-2005) i sussidi oscillano da poco meno di 400 ad oltre 550 milioni di euro all’anno.
L’entità dei contributi si attesta, quindi, attorno al 25-30% della PLV e a circa il 50% del VA. In altri termini – con riferimento a quest’ultima voce – il dato ci dice che per ogni euro speso dall’amministrazione pubblica a sostegno del settore, esso è capace di produrre soltanto 2 euro di reddito. Se si pensa che nel paese preso nel suo insieme il rapporto è pari a circa il 12,5% - cioè 8 euro di ricchezza prodotta per ciascun euro erogato a favore dell’agricoltura – è evidente come da questa informazione se ne ricavi un giudizio di relativa inefficienza.
Graf. 1.3 – Spesa pubblica regionale a sostegno dell’agricoltura – 1995-2005
Fonte: ns. elaborazioni su dati INEA (2007)
In buona sostanza, si tratta di un settore che presenta difficoltà in fase produttiva e poca capacità di generare reddito, non mostra segnali di evoluzione negli ultimi decenni, beneficia di cospicue risorse finanziarie relativamente ai volumi di produzione messi in moto e, da ultimo, non è parso in grado nel tempo di sfruttare adeguatamente tali finanziamenti.
6 Si considerano tali anche i contributi elargiti dai Fondi Strutturali europei (l’ex FEOGA in primis) o a seguito di misure nazionali gestite dagli organi regionali.
300 350 400 450 500 550 600 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 milioni euro
CAPITOLO 2
L’
AGRICOLTURA IRRIGUA:
UNA PANORAMICA D’
INSIEMEIl clima della Sardegna può essere definito come temperato-caldo di tipo insulare (Perini, 2007). Pur con qualche differenza in termini di variabilità tra le zone interne e le zone costiere, esso si caratterizza per le temperature mitigate e contraddistinte da escursioni stagionali non elevate, da una durata della stagione estiva più ampia rispetto alle regioni ubicate alle stesse latitudini e, parimenti ad altre regioni del Mediterraneo, per la presenza di periodi prolungati di siccità.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, che più di altri merita attenzione, dato l’oggetto di questo capitolo, il volume delle precipitazioni si attesta in media attorno ai 550-700 mm l’anno. Le piogge, generalmente, si concentrano in determinati periodi dell’anno che si alternano con altri, invero, alquanto siccitosi. In particolare, si rilevano precipitazioni più abbondanti durante i mesi autunnali ed invernali, scarse durante la primavera e – con qualche eccezione – sostanzialmente nulle nei mesi estivi. L’estate e buona parte della primavera, quindi, presentano di solito condizioni di siccità. Le alte temperature che si registrano in questi periodi concorrono ad aumentare il tasso di evapotraspirazione delle colture, acuendo l’entità dello stress idrico per talune piante.
Invero, gli ultimi anni si sono contraddistinti per volumi di precipitazioni di più ampia portata rispetto al passato, il che ha permesso di mitigare in parte le fisiologiche condizioni di siccità lungo i mesi estivi. Ciò ha portato ad attenuare l’entità dello stress idrico, ma è chiaro che la maggiore piovosità non è da sola sufficiente a risolvere uno dei problemi che maggiormente affliggono l’agricoltura in Sardegna, vale a dire la siccità.
Unitamente ad altri fattori di natura pedologica, orografica e morfologica che caratterizzano il territorio regionale – significativa presenza di rilievi collinari e montuosi, ampia variabilità dei suoli e dei paesaggi, la stessa condizione di insularità, etc. – la carenza in alcuni periodi dell’anno di acqua ha condizionato non poco le scelte colturali. Si è detto nel capitolo precedente, come storicamente in Sardegna si sia affermata la pastorizia, in particolare un modello di impresa armentizia fondato sull’estensività delle pratiche, sulla modulazione della produzione a seconda delle esigenze contingenti e sull’utilizzo di scarse risorse naturali. Tale modello ha trovato nell’isola un substrato ideale in virtù delle difficili condizioni pedo-climatiche e per anni si è rivelato compatibile con la presenza di prolungati periodi di siccità.
In questo contesto, l’agricoltura irrigua non si è potuta sviluppare in modo razionale in tutto il territorio regionale (Sanna e Madau, 2002). Essa ha trovato radicamento laddove le condizioni orografiche e pedologiche erano più favorevoli – cioè nella aree pianeggianti quali la Piana del Campidano o quella della Nurra – anche se ha sempre dovuto fare i conti – soprattutto al Sud dell’isola - con le difficoltà legate alla siccità, nonché con quelle derivanti dal manifestarsi con una certa frequenza di eventi climatici sfavorevoli (per esempio le gelate durante i mesi più piovosi).
La scarsità delle piogge e, soprattutto, l’alternanza stagionale tra periodi di precipitazioni più o meno abbondanti ed altri di siccità ha da sempre creato problemi sulla disponibilità di acqua presso le fonti di approvvigionamento (falde acquifere, invasi e sorgenti) nei mesi più critici (Lamoglie, 2007). In alcuni casi – specie nelle zone dell’isola meridionale - la scarsa disponibilità della risorsa compromette la razionale distribuzione dell’acqua per usi potabili e civili, che come noto, ha priorità rispetto agli usi irrigui.
Inoltre, alla diffusa presenza di bacini ed invasi artificiali non fa da contraltare una efficiente rete di distribuzione dell’acqua nelle aree attrezzate. Anche laddove gli schemi idrici appaiono adeguatamente dimensionati, spesso la vetustà degli impianti ed i mancati interventi di manutenzione
26
della rete si ripercuotono in evidenti perdite di efficienza in fase di distribuzione. A parte alcune realtà in cui si è proceduto in tempi relativamente recenti al riammodernamento infrastrutturale, per la gran parte si tratta di reti costruite a seguito degli interventi successivi alla Riforma Agraria dei primi anni ’50 e che ad oggi versano in uno stato di degrado, dando luogo a perdite che in alcuni casi raggiungono il 50% dell’acqua incanalata (Pillai e Spanu, 2002).
Si faccia presente, infine, che lo stentato sviluppo dell’agricoltura irrigua è ascrivibile pure all’eccessiva frammentarietà strutturale delle aziende agrarie della Sardegna e al fatto che in circa il 10% della superficie irrigabile si ricorre ad impianti a gravità, con conseguente accentuata dispersione della risorsa (Strazzera e Sistu, 2008),
Nonostante i problemi di cui soffre l’agricoltura irrigua e la concorrenza esercitata nell’uso dei suoli da altre attività – pastorizia in primis – si rilevano alcuni segnali positivi sui quali è opportuno aprire uno spazio di riflessione. I cambiamenti in seno all’agricoltura e alla zootecnia in Sardegna di cui si è fatta una breve illustrazione nel capitolo precedente, i nuovi scenari offerti dalla PAC e dalle politiche ambientali, i propositi di riordino dell’assetto organizzativo e distributivo dell’acqua nell’isola inducono a pensare che si stiano profilando delle sfide verso le quali l’agricoltura irrigua deve cercare di dare delle risposte adeguate.
Rimandando al proseguo della trattazione per un maggiore approfondimento sulle possibilità di sviluppo dell’agricoltura irrigua in Sardegna, in questo capitolo si vuole fornire una breve descrizione delle caratteristiche strutturali delle aziende irrigue. La principale fonte di dati è costituita dall’indagine ISTAT (2007a) sulla struttura e sulle produzioni delle aziende agrarie. Come già riferito nel primo capitolo, trattandosi di un’indagine campionaria, verranno forniti i valori in termini percentuali, con le ovvie difficoltà nel procedere a confronti intertemporali sufficientemente dettagliati e nel quantificare l’entità assoluta dell’agricoltura irrigua in termini di aziende e superficie. Inoltre, per alcune informazioni non contenute nell’indagine - p.e., le fonti di approvvigionamento - si farà riferimento a quanto riportato nel V Censimento sull’agricoltura (ISTAT, 2002), seppur si tratti di dati rilevati nell’anno 2000.
2.1 La domanda e l’offerta di acqua irrigua
Sulla base delle informazioni contenute nel Piano Stralcio di Bacino (PSURI) redatto dalla Regione Sardegna, circa il 70% dell’acqua custodita in Sardegna, al netto delle perdite, è indirizzata a soddisfare i fabbisogni dell’agricoltura (Regione Sardegna, 2006a). Nello specifico, il fabbisogno annuale dell’agricoltura ammonta a 792 milioni di m3 su un totale di 1.115 milioni di m3, che
rappresenta la domanda complessiva dell’isola7. Il valore riportato si riferisce alla domanda potenziale
relativa alle aree attrezzate e ritenute idonee per l’irrigazione ed a quelle in cui l’irrigazione verrà estesa nel prossimo futuro8. Più esattamente, 643 milioni di m3 (82,2%) costituiscono il fabbisogno annuale
per le aree attrezzate ed idonee e 149 milioni di m3 (17,8%), quello per le aree di prossima suscettività
irrigua, cioè quelle non ancora attrezzate ma che dovrebbero divenirle in futuro.
Il calcolo dei volumi è stato effettuato considerando una dotazione unitaria per ettaro colturale pari a 4.766 m3, ai quali va aggiunta l’acqua che viene persa nel percorso dalla raccolta all’erogazione
(le perdite sono stimate attorno al 27% del volume complessivo). Tenendo quindi conto delle perdite
7 La domanda per gli usi civili è quantificata in 282 milioni di m3 (25,3% del fabbisogno complessivo), mentre quella per gli usi industriali in circa 40 milioni di m3 (3,6%)
8 Sulla base dei criteri adottati nel piano Acque della Sardegna nel 1988, le “arre attrezzate non idonee” sono costituite dai territori in cui l’attività irrigua probabilmente sarà abbandonata e, pertanto, il relativo consumo di acqua sarà destinato a ridursi progressivamente fino ad esaurirsi.
dovute ad inefficienze strutturali della rete ed ai sistemi di irrigazione adottati, il fabbisogno stimato è pari a 6.527 m3/ha (Regione Sardegna, 2006a).
In termini di superficie, si stima che siano circa 181 mila gli ettari irrigabili, pur se rientrano nel novero anche poco più di 17 mila ettari che concernono aree attrezzate, ma non idonee all’irrigazione. Inoltre, poco più di 30 mila ettari si riferiscono alle superfici nelle quali si ipotizza di estendere l’irrigazione nel futuro. Riguardo alla superficie attrezzata, solo un terzo di essa risulta effettivamente irrigata, sebbene il valore ottimale è stato stimato prossimo al 75% (Regione Sardegna, 2007a)9.
Pertanto, il fabbisogno di acqua, comprensivo delle perdite, per le aree attualmente irrigate ammonta attorno a 270 Mm3.
Relativamente ai prelievi irrigui da falda, si stima che la superficie irrigata da acqua sotterranea corrisponda solamente al 19% della SAU irrigata complessiva, il che pone la Sardegna all’ultimo posto tra le regioni meridionali per quanto attiene il ricorso a questo tipo di fonte (ISTAT, 2006). La quantità di acqua erogata da falde sotterranee ammonta a 56 Mm3, ai quali si aggiungono, di media, altri 21
Mm3 provenienti da depuratori che trattano acque reflue e salmastre.
Passando alla dotazione infrastrutturale, le opere idrauliche consistono in 57 dighe, di cui due 4 risultano ancora in costruzione, 2 non sono invasabili e 19 sono ancora in fase di collaudo (Strazzera e Sistu, 2008). Gli invasi ad oggi attivi sono multisettoriali, vale a dire provvedono alla fornitura di acqua per le utenze civili, agricole ed industriali. Si registra, inoltre, la presenza di 21 traverse, 87 vasche e partitori, 37 impianti di sollevamento e opere di adduzione per uno sviluppo complessivo di circa 1 migliaio di Km (Regione Sardegna, 2007a). Di questi, 730 si riferiscono a condotte, 150 a canali e 120 a gallerie.
Per quanto attiene alla capacità di invaso, attualmente con il completamento della diga Cantoniera sul Tirso, quella di regolazione potenziale si attesta su 2.267 Mm3 (la sola diga Cantoniera
può provvedere per 748 milioni di m3). La capacità di invaso autorizzata corrisponde, invece, a 1.909
Mm3, vale a dire poco oltre l’80% di quella potenziale.
La disponibilità complessiva risulta, pertanto, più che sufficiente a soddisfare i fabbisogni idrici della Regione, ma in realtà la disponibilità effettiva risulta ancora deficitaria a causa delle difficili condizioni climatiche e morfologiche dell’isola (p.e., stagionalità e cattiva distribuzione territoriale delle precipitazioni) ed all’allocazione degli invasi. Fattori questi che non consentono un pieno e soddisfacente incontro tra domanda ed offerta di acqua in tutte le aree della Sardegna.
Per tale ragione, da anni si registra in alcune zone dell’isola una spinta competizione tra le varie utenze (agricole, civili ed industriali), che - almeno fino ad oggi – ha penalizzato, per ovvie ragioni dettate dalle priorità nella distribuzione dell’acqua, il settore agricolo (Ghiglieri et al., 2006). Soprattutto il Sud della Sardegna risente di questa discrasia tra domanda ed offerta di acqua e, come vedremo nel proseguo del volume, ciò sta incidendo profondamente sulle scelte imprenditoriali. L’approvvigionamento da acque sotterranee permette di contenere il deficit, seppur si deve constatare che spesso l’acqua attinta da pozzi ed altre fonti non in dotazione del servizio pubblico è gestita in modo poco razionale (Ghiglieri et al., 2006).
9 La superficie attrezzata è quella in cui tecnicamente è possibile effettuare l’irrigazione, in virtù della presenza di una rete di distribuzione e di adduzione. La superficie irrigabile è, invece, l’insieme della superficie attrezzata e della superficie che, pur non essendo attrezzata per l’irrigazione, per caratteristiche peculiari risulta suscettibile e consona a questa pratica.
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2.2 Le aziende irrigue e le superfici
Sulla base dei dati ISTAT (2007a), al 2005 circa la metà delle imprese agrarie della Sardegna risulta attrezzata per la distribuzione dell’acqua (Tabella 2.1). Si tratta di una frazione superiore di circa 5 punti percentuali rispetto al 2000. In termini di superficie, invece, l’irrigazione può essere praticata su poco più di un sesto della SAU regionale (16,4%). Sotto questo profilo, non si riscontra alcuna variazione sostanziale rispetto a quanto osservato nell’ultimo Censimento.
Per quanto concerne l’acqua effettivamente distribuita, emerge che circa un terzo delle aziende presenti in Sardegna pratica l’irrigazione e la superficie irrigata è pari a meno del 7% della SAU complessiva. Dal raffronto con le statistiche censuarie, ciò significa che l’incidenza delle aziende che distribuiscono acqua per uso irriguo è aumentata di circa 7 punti percentuali, mentre in termini di superficie l’incremento è risultato pari a meno di un punto percentuale.
Tab. 2.1 - Aziende e relativa superficie irrigabile ed irrigata (% su totale aziende e SAU in Sardegna)
2005 2000 Δ 05-00
Irrigabile Irrigata Irrigabile Irrigata Irrigabile Irrigata
Aziende 49,0% 33,6% 44,4% 27,1% +4,6% +6,5% Superficie 16,4% 6,7% 16,2% 6,1% +0,2% +0,6%
Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT (2007a)
La mancanza di dati a livello assoluto non ci consente di tracciare una mappa articolata dei cambiamenti che si sono sviluppati nell’arco di questo quinquennio. Più nello specifico, non è dato conoscere in quale misura sono aumentati il numero di aziende, la superficie irrigabile e quella irrigata, né tanto meno se vi sia stato una rimodulazione in seno alle colture che più beneficiano dell’irrigazione. L’analisi dettagliata a livello di singoli Consorzi consentirà di ottenere maggiori informazioni in merito, ma questo sarà argomento di un capitolo successivo. Alcune riflessioni si possono, comunque, effettuare alla luce di tali statistiche.
In primo luogo, si può notare un rapporto più efficiente tra superficie irrigata e superficie irrigabile rispetto a 5 anni prima. La percentuale di aziende che praticano l’irrigazione rispetto a quelle suscettibili di irrigazione è passata dal 61% del 2000 al 68% del 2005. in termini di superficie irrigata/superficie irrigabile la percentuale è, invece, pari nel 2005 a circa il 41% rispetto al 37% registrato nel 2000. Per quanto parziale, quindi, questo dato riflette una maggior efficienza nell’uso dell’acqua irrigua, almeno per quel che riguarda la capacità di sfruttamento delle dotazioni strutturali ed infrastrutturali a favore dell’irrigazione.
In secondo luogo, la Sardegna mostra un’incidenza superiore di aziende irrigue rispetto al totale di quanto non si riscontri a livello nazionale e nel Mezzogiorno. In Italia risultano irrigue solamente poco più del 38% delle aziende agrarie, mentre nel Mezzogiorno tale percentuale è attorno al 34% (Tabella 2.2). A differenza di quanto si rilevi su scala più generale, il peso delle aziende che irrigano su quelle attrezzate, per quanto sia in crescita, non raggiunge nell’isola i livelli registrati nella penisola: su scala nazionale, il rapporto è superiore al 75% - circa il 29% delle aziende agrarie distribuisce acqua - mentre nel meridione esso è pari ad oltre l’81%.