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Sintesi in situ e caratterizzazione di nanocompositi polistirenici contenenti fillosilicati lamellari modificati con un liquido ionico polimerizzabile e coloranti perilenici

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Academic year: 2021

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(1)

I

RIASSUNTO

In questo lavoro di tesi sono stati preparati compositi a matrice polistirenica contenenti fillosilicati (Montmorillonite modificata con due diversi coloranti ed un liquido ionico polimerizzabile) con una concentrazione del 2,5% in peso di argilla modificata.

Le cariche inorganiche modificate sono state preparate mediante una reazione di scambio cationico in soluzione acquosa sia per via indiretta con l’intercalazione prima del colorante e successivamente del liquido ionico, che per via diretta, in un singolo stadio.

I coloranti utilizzati in questo lavoro di tesi appartengono alla classe dei derivati perilenici:  N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro N,N’-bis-(propilentrimetileammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide ioduro Il liquido ionico utilizzato è l’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro.

Le cariche modificate preparate sono state analizzate attraverso analisi FT-IR, per una valutazione qualitativa dell’avvenuta reazione di scambio, analisi TGA per valutare le quantità effettivamente intercalate di colorante e di liquido ionico. Mediante XRD è stato inoltre possibile determinare l’aumento di distanza interlamellare dovuto alla presenza delle specie intercalate.

La sintesi dei compositi è stata effettuata per polimerizzazione in situ, mediante dispersione della carica modificata nel monomero liquido (stirene) e successiva polimerizzazione radicalica in massa.

I compositi preparati, sono stati caratterizzati tramite FT-IR, XRD e TEM per valutare il grado di intercalazione o esfoliazione, TGA e DSC, per valutare le proprietà termiche.

L’utilizzo dei coloranti ha permesso di effettuare uno studio delle loro proprietà ottiche (UV-Vis) in assorbimento ed in emissione di fluorescenza, in funzione dei diversi intorni chimici impiegati (soluzione, sospensione e dispersione nei compositi). Si è studiata la tendenza o meno dei coloranti a formare aggregati ed in particolare è stato osservato un comportamento peculiare di ciascun colorante quando si trovano dispersi nella matrice polimerica nel composito, suggerendo un possibile utilizzo futuro di questi sistemi nel campo dei sensori polimerici fotoresponsivi.

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(3)

III

GLOSSARIO

C12VBIC (IL): liquido ionico 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro.

MMT: Montmorillonite.

MMT-PERY_3Me 4%: Montmorillonite modificata con l’N,N’-bis-(propilentrimetilammonio)–

3,4,9,10-perilendiimmide ioduro al 4% in peso di colorante.

MMT-PERY_3Me 4%-IL: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilentrimetilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide ioduro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro al 4% in peso di colorante.

MMT-PERY_3Me 4%-IL Diretta: Montmorillonite modificata per intercalazione diretta con

l’N,N’-bis-(propilentrimetilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide ioduro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro al 4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 0,4%: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro allo 0,4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 1,2%: Montmorillonite modificata con l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro all’1,2% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 2%: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro al 2% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 4%: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro al 4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 0,4%-IL: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro allo 0,4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 0,4%-IL Diretta: Montmorillonite modificata per intercalazione diretta con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro allo 0,4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 1,2%-IL: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro all’1,2% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 2%-IL: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro al 2% in peso di colorante.

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IV

MMT-PERY_C10 4%-IL: Montmorillonite modificata con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro al 4% in peso di colorante.

MMT-PERY_C10 4%-IL Diretta: Montmorillonite modificata per intercalazione diretta con

l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro e 1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro al 4% in peso di colorante.

PERY_3Me: derivato perilenico N,N’-bis-(propilentrimetileammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide

ioduro.

PERY_C10: derivato perilenico N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide bromuro.

PS: Polistirene.

PS/PERY_3Me 0,1%-IL: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso di

MMT-PERY_3Me 4%-IL con un contenuto di colorante dello 0,1% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_3Me 0,1%-IL Diretta: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso

di MMT-PERY_3Me 4%-IL Diretta con un contenuto di colorante dello 0,1% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_C10 0,01%-IL: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso di

MMT-PERY_C10 0,4%-IL con un contenuto di colorante dello 0,01% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_C10 0,01%-IL Diretta: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso

di MMT-PERY_C10 0,4%-IL Diretta con un contenuto di colorante dello 0,01% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_C10 0,03%-IL: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso di

MMT-PERY_C10 1,2%-IL con un contenuto di colorante dello 0,03% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_C10 0,05%-IL: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso di

MMT-PERY_C10 2%-IL con un contenuto di colorante dello 0,05% in peso nel composito.

PS/PERY_C10 0,1%-IL: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso di

MMT-PERY_C10 4%-IL con un contenuto di colorante dello 0,1% in peso nel composito.

PS/MMT-PERY_C10 0,1%-IL Diretta: composito a matrice polistirenica con il 2,5% in peso

di MMT-PERY_C10 4%-IL Diretta con un contenuto di colorante dello 0,1% in peso nel composito.

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1

INDICE

RIASSUNTO ... I GLOSSARIO ... III

1-INTRODUZIONE ... 1

1.1 I Fillosilicati come nanocariche ... 3

1.1.1 Tipi di nanocompositi ... 6

1.1.2 Metodi di preparazione dei nanocompositi argilla/polimero ... 8

1.2 I Nanocompositi a base di polistirene ... 9

1.3 I sensori polimerici... 12

1.3.1 Impiego di derivati bisimmidici del Perilene nei sensori polimerici ... 13

1.4 I coloranti nelle argille ... 18

1.5 Scopo della tesi ... 21

2-RISULTATI E DISCUSSIONE ... 23

2.1 Intercalazione dei sali organici ... 23

2.1.1 Sintesi dell’ N,N’-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10- perilendiimmide bromuro (PERY_C10) ... 25

2.1.2 Modifica della MMT ... 28

2.1.3 Intercalazione dell’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro (C12VBIC) nella carica modificata con il colorante ... 35

2.1.3.1 Intercalazione del C12VBIC alle cariche modificate ... 39

2.1.4 Intercalazione dell’ N,N’-bis-(propilentrimetilammonio)-3,4,9,10- perilendiimmide ioduro (PERY_3Me). ... 46

2.1.4.1 Intercalazione del C12VBIC alla carica modificata con il PERY_3Me ... 52

2.1.5 Considerazioni conclusive sulle reazioni di intercalazione ... 55

2.1.6 Intercalazione diretta del colorante e del liquido ionico alla carica... 56

2.2 Sintesi dei compositi ... 64

2.2.1 Analisi FT-IR ... 64

2.2.2 Analisi TGA ... 65

2.2.3 Analisi DSC ... 68

2.2.4 Valutazione del grado di intercalazione/esfoliazione ... 69

2.3 Studio delle proprietà ottiche di film polimerici ottenuti dai compositi PS/MMT modificata . 73 2.3.1 Studio delle proprietà ottiche di PERY_C10 ... 74

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2

2.3.1.1 Studio delle proprietà ottiche in soluzione ... 75

2.3.1.2 Studio delle proprietà ottiche della MMT modificata con PERY_C10 in sospensione ed allo stato solido ... 80

2.3.1.3 Studio delle proprietà ottiche di film dei compositi PS/MMT- PERY_C10 ... 82

2.3.2 Studio delle proprietà ottiche di PERY_3Me ... 83

2.3.2.1 Studio delle proprietà ottiche in soluzione ... 84

2.3.2.2 Studio delle proprietà ottiche della MMT modificata con PERY_3Me in sospensione ed allo stato solido ... 87

2.3.2.3 Studio delle proprietà ottiche di film del composito PS/MMT- PERY_3Me ... 89

3-CONCLUSIONI ... 93

4-PARTE SPERIMENTALE ... 97

4.1 Materiali ... 97

4.2 Strumenti e tecniche di analisi ... 98

4.3 Sintesi e caratterizzazione dell’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10-perilendiimmide bromuro (PERY_C10) ... 101

4.3.1 Sintesi e caratterizzazione dell’N,N’-bis-(propilendimetilammina)-3,4,9,10-perilendiimide54 ... 101

4.3.2 Sintesi e caratterizzazione dell’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10-perilendiimmide bromuro (PERY_C10)... 104

4.4 Sintesi delle cariche modificate ... 106

4.4.1 Modifica della MMT per via indiretta ... 106

4.4.1.1 Modifica della MMT con i coloranti ... 106

4.4.1.2 Intercalazione del C12VBIC alla carica modificata ... 107

4.4.2 Modifica della MMT per via diretta ... 108

4.5 Sintesi dei compositi ... 109

4.6 Preparazioni delle sospensioni delle cariche modificate ... 110

(7)

1

1 INTRODUZIONE

I termini scienza e tecnologia sono oramai frequentemente preceduti dalla parola ‘nano’; come preannunciava nel 1999 un rapporto del National Science Foundation indirizzato al Presidente degli Stati uniti ‘Nanoscienze e nanotecnologie cambieranno la natura di quasi ogni oggetto fatto dall’uomo nel prossimo secolo’.

Generalmente per spiegare questa affermazione ormai storica, la si accompagna ad un elenco di prodotti o processi che sono già stati trasformati dai risultati delle nanoscienze e delle nanotecnologie.

L’elenco può cominciare con la descrizione di vari nanooggetti, come la ‘nanopenna’, la punta di un microscopio a forza atomica capace di depositare degli ossidi e scrivere un testo con ‘caratteri corpo 5 nm’ o le ‘nanomacchine’, ovvero assemblaggi di molecole che costituiscono un congegno di dimensioni nanometriche capace di compiere una varietà di funzioni.

La lista può proseguire con esempi come le ‘nanoparticelle magnetiche’ per l’immagazzinamento dei dati, ‘nanopigmenti’ per inchiostri con qualità superiore, catalizzatori eterogenei, farmaci e sensori con innovative nanostrutture.

L’esemplificazione può concludersi, infine, con un riferimento generale a nuovi nanomateriali metallici, ceramici ed anche polimerici per soluzioni innovative nei settori industriali più diversi: tessile, biomedico, aerospaziale, ecc1.

I ‘nanocompositi polimerici’ rappresentano una nuova classe di materiali che possono essere utilizzati come alternativa ai materiali compositi tradizionali2. Questi nuovi materiali non sono altro che miscele di polimeri ed additivi (organici o inorganici) aventi almeno una delle tre dimensioni nell’ordine del nanometro3

.

I motivi principali che portano alla modifica di una matrice polimerica mediante incorporazione di additivi sono:

 modifica o miglioramento delle proprietà;  riduzione del costo totale;

 controllo dei parametri del processamento4.

Fra gli additivi utilizzati hanno trovato largo impiego le cariche inorganiche o ‘filler’, materiali inorganici utilizzati con lo scopo di abbattere i costi di produzione di un manufatto

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2

limitando l’utilizzo del polimero e di migliorare alcune proprietà di quest’ultimo. Già a bassi contenuti di filler (minori del 5% in peso)5 si osserva un notevole miglioramento di alcune proprietà chimiche, fisiche e meccaniche quali permeabilità ai gas, resistenza ai solventi, stabilità termica, resistenza meccanica ed aumento della biodegradabilità nel caso di biopolimeri6-10. Alcune cariche, come ad esempio i carbonati o gli idrossidi metallici, conferiscono proprietà antifiamma al composito finale; la carica aggiunta al polimero, infatti, si decompone in seguito all’aumento di temperatura dovuto alla combustione, sottraendo così calore alla reazione di combustione stessa del polimero; inoltre i prodotti di degradazione formano sulla superficie del polimero uno strato compatto o ‘crosta’ che impedisce all’ossigeno atmosferico il contatto con il materiale infiammabile9,10

.

Quando le cariche inorganiche impiegate come additivi hanno dimensioni nanometriche si parla di nanocariche o ‘nanofillers’.

I ‘nanofillers’ vengono classificati in: monodimensionali, i quali presentano solo una dimensione nanometrica (minerali stratificati come le argille); bidimensionali, che presentano due dimensioni nanometriche (ad esempio nanotubi e fibre di Carbonio); tridimensionali, i quali presentano tutte e tre le dimensioni nanometriche (particelle sferiche come la Nanosilice, Nanoallumina).

Le argille sono materiali caratterizzati dalla proprietà di formare un impasto più o meno plastico in seguito all’assorbimento di acqua. Sono costituite da aggregati di ‘lamelle’ dello spessore di qualche nanometro, tenuti insieme da forze elettrostatiche. Possono essere suddivise in due grandi categorie: quelle con struttura fibrosa e quelle con struttura lamellare. Di quest’ultima classe fanno parte gli LDH (Layered Double Hydroxyde) o chiamati anche composti lamellari di tipo idrotalcite e i Fillosilicati. I primi sono di origine soprattutto sintetica, con lamelle aventi struttura simile a quella dell’Mg(OH)2, caratterizzate dalla

presenza di cariche positive sulla superficie dovute allo scambio di un catione bivalente con uno trivalente (Mg2+ con Al3+ nel caso dell’idrotalcite). Le cariche positive sono compensate da anioni situati nella regione interstrato, dove è presente anche l’acqua di cristallizzazione. I fillosilicati, che comprendono i silicati lamellari di alluminio e/o magnesio, sono principalmente di origine naturale, presentando una struttura lamellare caratterizzata dalla presenza di cariche negative sulla superficie delle lamelle. La loro enorme diffusione nel campo della realizzazione di nanocompositi è da imputare al loro basso costo, alla facile reperibilità e alla relativa facilità con cui si può modificare la loro superficie. Essi hanno permesso di ottenere nuovi materiali, mediante l’incorporazione in un polimero2

(9)

3 proprietà meccaniche, termiche, antifiamma, conducibilità elettrica, e in alcuni casi, particolari proprietà ottiche11, migliori rispetto ai polimeri tal quali12.

Dal punto di vista applicativo, l’utilizzo delle nanocariche ha reso possibile lo sviluppo di materiali che hanno trovato applicazioni in ambito industriale e commerciale, come ad esempio la realizzazione di componentistica di automobili, articoli sportivi, contenitori e dispositivi medici. Un’applicazione più recente dei silicati modificati è stata la realizzazione di componenti per sensori ottici11,13,14, usando coloranti fluorescenti come la rodamina o derivati del perilene. Molti ricercatori stanno dedicando i loro studi alla preparazione di film "intelligenti" a base di polimeri termoplastici in cui additivi aromatici coniugati luminescenti sono dispersi a bassa concentrazione, impiegati nella produzione di sensori ottici polimerici, usati per la determinazione del pH, o come rivelatori di sollecitazioni meccaniche e termiche11.

1.1 I Fillosilicati come nanocariche

I più comuni silicati a strati utilizzati per la preparazione di nanocompositi polimerici appartengono alla stessa famiglia di fillosilicati, avente una struttura a strati di tipo 2:1. La loro struttura cristallina consiste in due strati formati da una coordinazione tetraedrica di atomi di Silicio (strato T) fusi ad uno strato a coordinazione ottaedrica (strato O) formati da cationi bi o trivalenti, come ad esempio Mg2+ o Al3+.

I due tipi di strato si sovrappongono formando due tipi di struttura: la struttura dioattaedrica, costituita da uno strato a coordinazione tetraedrica e uno a coordinazione ottaedrica (T-O) e quella triottaedrica, costituita da uno strato a coordinazione ottaedrica fra due strati a coordinazione tetraedrica (T-O-T) (Figura 1.1).

Tali strutture si organizzano in lamelle con un diametro che varia da qualche decina a qualche centinaio di nanometri6. Le varie lamelle si dispongono l’una sull’altra a una distanza di qualche Å formando aggregati tenuti insieme da forze di Van der Waals.

(10)

4

Figura 1.1: Struttura dei fillosilicati di tipo T-O-T

La sostituzione isomorfa all’interno degli strati O (per esempio, Al3+

sostituito da Mg2+) genera delle cariche negative che sono controbilanciate da cationi alcalini (Na+) o alcalino terrosi (Mg2+) situati nella galleria, conferendo ai silicati un’elevata idrofilicità; questi ioni in acqua tendono a idratarsi causando un rigonfiamento dell’argilla, con conseguente aumento della distanza interlamellare15. Questi tipi di silicati lamellari sono caratterizzati da una moderata carica superficiale a cui corrisponde un determinato controione (per es. Na+ nel caso della Montmorillonite) la cui totale rimozione o scambio determina la cosiddetta Capacità di Scambio Cationico (CSC), che è generalmente espressa in mequivalenti/100 grammi.

La carica negativa sulle lamelle non è costante e non è localizzata, bensì varia da strato a strato e deve essere piuttosto considerata come un valore medio sull’intero cristallo2,3,10

. Argille come Montmorillonite (MMT), Hectorite, e Saponite sono tra i fillosilicati di origine naturale comunemente più impiegati (Tabella 1.1). Esse hanno una struttura di tipo T-O-T (Figura 1.1).

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5 Tabella 1.1: Formule chimiche dei fillosilicati 2:1 comunemente impiegati; con M si è indicato un catione monovalente, mentre con

x il grado di sostituzione isomorfa

Silicato Formula generale

Montmorillonite Mx(Al4-xMgx)Si8O20(OH)4 Hectorite Mx(Mg6-xLix)Si8O20(OH)4 Saponite MxMg6(Si8-xAlx)O20(OH)4

Come già detto, i cationi situati all’interno della galleria conferiscono ai fillosilicati un’elevata idrofilicità. Di conseguenza questi silicati lamellari hanno scarsa affinità con le matrici polimeriche poliviniliche o poliolefiniche (ad eccezione dei polimeri idrofilici come il polivinilalcol) impedendone una efficacie dispersione al loro interno. Per ovviare a questo problema è possibile rendere più affini i fillosilicati o modificando chimicamente i gruppi ossidrilici sulla superficie delle lamelle o sostituendo i controioni cationici.

Il secondo metodo utilizzato per ridurre l’idrofilicità delle cariche inorganiche sfrutta la CSC, ovvero la possibilità sostituire i cationi Na+ delle argille con cationi di tipo organico (sali di ammonio quaternari o fosfonio, aventi almeno una lunga catena alifatica); in tal modo le superfici delle lamelle risultano ‘organofile’ (diminuendo la polarità superficiale) e di conseguenza aumenta l’affinità tra la carica (argilla) e la matrice polimerica2,10,16,17

. Quando i cationi idratati (Na+) sono scambiati con i cationi organici si ottiene generalmente un aumento delle spazio interlamellare dell’argilla, causato dall’intercalazione del catione organico, meno idrofilo e più ingombrante, all’interno della galleria. La disposizione dei cationi nella galleria a seguito dell’intercalazione dipende dalla struttura e della lunghezza della catena del sale organico, che si può orientare in diversi modi in funzione anche dello spazio interlamellare a disposizione2,3,16,18.

Le possibili strutture di intercalazione sono riportate in Figura 1.2: le catene alchiliche possono disporsi parallelamente alle lamelle formando "monolayers" (Figura 1.2 a), "bilayers" (Figura 1.2 b) e "pseudo-trilayers" (Figura 1.2 c). In alternativa possono assumere una struttura di tipo "paraffinico", con le catene alchiliche inclinate rispetto alle lamelle (Figura 1.2 d), formando uno o due strati2,10.

(12)

6

Figura 1.2: Orientazioni dei cationi organici all'interno dello spazio interlamellare

1.1.1 Tipi di nanocompositi

A seconda della natura dei componenti utilizzati (silicati lamellari, cationi organici e matrice polimerica) e dal metodo di preparazione (che verrà discusso nel paragrafo successivo), possono essere ottenuti tre principali tipi di compositi quando un’argilla lamellare è dispersa in una matrice polimerica. Quando il polimero è incapace di intercalarsi tra le lamelle dell’argilla, si ottiene un composito a fasi separate, le cui proprietà sono quelle di un convenzionale microcomposito (Figura 1.3 a). La struttura intercalata (Figura 1.3 b) si osserva quando le catene polimeriche sono intercalate tra le lamelle del silicato ottenendo una morfologia multistrati ben ordinata costituita dall’ alternanza di uno strato di polimero ed uno strato inorganico. Quando un fillosilicato, invece, è completamente ed uniformemente disperso in una matrice polimerica, si ottiene una struttura esfoliata (Figura 1.3 c)2,3,10. Attraverso analisi XRD e TEM è possibile stabilire la natura del nanocomposito. L’intercalazione del polimero spesso comporta un aumento della distanza interlamellare dell’argilla, spostando il picco di diffrazione, nell’analisi XRD, a valori di angolo minori. Ci riferiamo alla legge di Bragg: λ=2dsin θ, dove λ corrisponde alla lunghezza d’onda della radiazione del raggio X utilizzato, θ è la misura dell’angolo di diffrazione e d indica lo spazio tra i piani diffrazionali. Nel caso di un nanocomposito esfoliato, nel diffrattogramma non è visibile nessun picco di diffrazione vista l’assenza di una struttura di piani ordinati. Nonostante la potenzialità di questa tecnica, la XRD non è in grado di fornire informazioni relative alla distribuzione spaziale del silicato nella matrice polimerica o sulla morfologia di strutture ibride (intercalate ed esfoliate).

d) c)

b) a)

Monolayer Bilayer

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7 Trarre, quindi, delle conclusioni concernenti i meccanismi di formazione e la microstruttura di ibridi, basandosi esclusivamente su dati XRD, non può che essere approssimativo.

Per supplire a queste carenze si ricorre alla microscopia elettronica a trasmissione (TEM). La tecnica TEM consente di ottenere informazioni visuali dirette, in un’area localizzata del campione, sulla morfologia, sull’arrangiamento atomico, sulla distribuzione spaziale delle varie fasi e sulla presenza di difetti strutturali.

Figura 1.3: Microcomposito (a), nanocomposito intercalato (b) ed esfoliato (c)

Per le strutture intermedie (ibride), che presentano sia intercalazione sia esfoliazione, si osserva spesso un allargamento del picco di diffrazione all’XRD e bisogna ricorrere all’osservazione con il TEM (Figura 1.4) per definire l’intera struttura.

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8

Figura 1.4: Immagini TEM di nanocompositi a base di polistirene: a) nanocomposito intercalato e b) nanocomposito esfoliato2

1.1.2 Metodi di preparazione dei nanocompositi argilla/polimero

Come anticipato in precedenza, per ottenere i nanocompositi, oltre a modificare l’argilla per renderla più organofila permettendo una maggior affinità con la matrice polimerica, la metodica di preparazione è un fattore determinante ai fini dell’ottenimento del prodotto finale.

Per la sintesi di nanocompositi si possono distinguere innanzitutto due vie:

 metodi che prevedono l’intercalazione diretta del polimero già formato all’interno dello spazio interlamellare;

 metodi che prevedono la formazione del polimero tra le lamelle dell’argilla (polimerizzazione in situ).

Alla prima classe appartengono la miscelazione dal fuso o "melt blending"19 e l’intercalazione da soluzione20

.

La miscelazione dal fuso è la più utilizzata. È necessario rendere la carica inorganica organofila per reazione di scambio ionico con un sale organico. L’argilla modificata viene quindi dispersa nel polimero allo stato fuso all’interno di un estrusore, o miscelatore meccanico, insieme ad un compatibilizzante (nel caso delle poliolefine di solito si impiega il polimero stesso funzionalizzato con dei gruppi polari) in modo da aumentare l’interazione, promossa sia chimicamente che dallo sforzo di taglio, tra il polimero ed il componente

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9 inorganico. Un’importante valutazione da fare riguarda la stabilità termica del sale organico. Infatti, le alte temperature richieste in questo metodo, possono dare origine a decomposizione del sale organico e quindi portare ad un’alterazione dell’interfaccia tra la carica ed il polimero21. I nanocompositi preparati con questa via risultano essere maggiormente intercalati e poco esfoliati22.

Nel caso dell’intercalazione da soluzione l’argilla organofila è miscelata con una soluzione contenente il polimero. In questo modo la carica si rigonfia di solvente, con conseguente aumento dello spazio interlamellare, e il polimero riesce a porsi tra le lamelle. I nanocompositi preparati con questo metodo hanno bassi gradi di intercalazione e praticamente esfoliazione nulla10.

La polimerizzazione in situ (Figura 1.5) è un metodo che porta alla formazione di nanocompositi ad alto grado di esfoliazione. A differenza degli altri metodi, in questo caso l’argilla viene previamente modificata per intercalazione o di un catione polimerizzabile o di un iniziatore/catalizzatore, e successivamente si fa avvenire la polimerizzazione all’interno dello spazio interlamellare causando la delaminazione della carica21. A tale scopo, tra i sali organici, si possono usare dei composti contenenti un gruppo funzionale polimerizzabile, come uno stirile o un acriloile (in questo caso si avrà la formazione di un copolimero), un gruppo perossidico o l’N,N’azobis-(isobutirronitrile)23

.

Figura 1.5: Schema di una polimerizzazione in situ

1.2 I Nanocompositi a base di polistirene

Negli ultimi anni i ricercatori hanno studiato i sistemi ibridi organici-inorganici, utilizzando una vasta gamma di polimeri per disperdere la carica inorganica. Tra i polimeri, le poliolefine sono tra le più utilizzate e, tra queste, polietilene (PE) e polipropilene (PP) hanno trovato maggior attenzione, vista la loro elevata diffusione e il numero di applicazioni.

(16)

10

Livi et al., nel 2011, hanno studiato la dispersione della montmorillonite, modificata con un sale d’ammonio quaternario, in una matrice di PE17. L’aggiunta dell’1% in peso della carica al polimero aumenta la stabilità termica di quest’ultimo di circa dieci gradi, mostrando anche dei miglioramenti rivolti alle proprietà meccaniche, come nel caso del nanocomposito a base polietilenica dove l’aggiunta di una carica inorganica conferisce delle discrete proprietà di antifiamma24. L’aggiunta del solo 4% in peso di una nanocarica a una miscela PP/PPgMA (PP funzionalizzato con anidride maleica) ha dimostrato di ritardarne la velocità di combustione del 75%25.

Per quanto riguarda invece un altro polimero di addizione estremamente diffuso, il polistirene, gli studi effettuati sono meno estesi. Il polistirene è un polimero amorfo, duro e rigido: viene utilizzato per la produzione di espansi, nel campo degli imballaggi, food packaging e come isolante termico in edilizia.

Visto il basso costo e l’elevata trasparenza può essere orientato sotto stiro e utilizzato per la realizzazione di film, che sono però più fragili rispetto a quelli in PET o Polipropilene. La preparazione di nanocompositi a base stirenica, anche se poco studiati, portano a miglioramenti delle proprietà come stabilità termica, barriera ai gas. In particolare nanocompositi contenenti basse percentuali di carica inorganica modificata, hanno mostrato un aumento del modulo (il quale aumenta di quasi il doppio per i nanocompositi contenenti il 7,6% di carica inorganica rispetto al polimero tal quale)26,27; aumento di stabilità termica (di circa 20-30°C rispetto al polistirene puro)28, aumento del modulo di accumulo (serve il 3% in peso di carica per ottenere un aumento di quasi 1,00*1010 Pa)29.

Va citata anche una minore permeabilità ai gas di questi sistemi30: le lamelle infatti, disperdendosi omogeneamente all’interno della matrice polimerica, creano percorsi “tortuosi” per le molecole di gas all’interno di essa, diminuendone la velocità di diffusione. Arora et al. hanno preparato dei nanocompositi sempre a base polistirenica mostrando un aumento del 30% e del 18% rispettivamente del modulo a trazione e della resistenza a rottura rispetto al polimero tal quale, utilizzando anche in questo caso basse percentuali di nanocarica31.

Un recente lavoro di tesi sviluppato nel nostro gruppo di ricerca si è basato sulla preparazione di nanocompositi a base di polistirene utilizzando due diverse cariche inorganiche (Montmorillonite e Laponite) modificate con tre diversi liquidi ionici: un sale di imidazolio (Figura 1.6a), un sale di azepanio (Figura 1.6b), ed un sale di fosfonio (Figura 1.6c), che rappresentano sistemi innovativi per la modifica delle argille, vista la loro compatibilità con sistemi sia organici che inorganici. I tre liquidi ionici hanno strutture molto

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11 diverse fra loro, ed in questo modo è stato possibile studiare l’influenza delle strutture sulla reazione di intercalazione nelle cariche inorganiche. I tre sali contengono inoltre lo stesso gruppo polimerizzabile (un gruppo stirilico) per favorire la crescita del polimero all’interno dello spazio interlamellare.

Figura 1.6: Struttura dei liquidi ionici: a) sale di imidazolo; b) sale di azepanio; c) sale di fosfonio

L’intercalazione dei tre liquidi ionici all’interno delle argille le ha rese organofile e quindi maggiormente compatibili con la matrice polimerica. I migliori risultati in termini di resa di intercalazione sono stati ottenuti per le cariche a base di Laponite, ed in particolare con il liquido ionico a base di imidazolio con una resa di intercalazione del 100%. I nanocompositi, contenenti il 2,5 e 5% in peso della carica modificata, sono ottenuti per polimerizzazione in situ, attraverso analisi XRD, lasciano supporre un alto grado di esfoliazione, vista l’assenza di picchi di diffrazione nel diffrattogramma. Ulteriore conferma di questa ipotesi si è avuta mediante estrazione dei nanocompositi con cloroformio all'ebollizione: è stata infatti ottenuta una quantità di residuo simile alla quantità in peso della carica nel nanocomposito sottoposto ad estrazione, segno appunto di esfoliazione. Nei nanocompositi intercalati, a causa delle lamelle di fillosilicato che limitano la diffusione del solvente, il polimero risulta infatti più difficilmente estraibile, e ciò porta a quantità di residuo più elevate.

Per quanto riguarda le proprietà termiche, tutti i nanocompositi preparati hanno mostrato maggiore stabilità rispetto al polimero tal quale, mostrando anche minori velocità di degradazione. I risultati migliori, si sono avuti con i nanocompositi contenente Laponite, i quali si sono rivelati più stabili rispetto a quelli a base di montmorillonite, registrando una temperatura di inizio degradazione superiore di 30°C rispetto al polistirene puro. Inoltre, attraverso analisi DSC, si è osservato che la carica inorganica non altera le proprietà plastiche del polimero. Questo è stato confermato dai valori delle Tg dei nanocompositi, simili a quelle del polimero puro32.

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12

1.3 I sensori polimerici

Un sensore è un sistema che fornisce informazioni su certe proprietà dell’ambiente in cui si trova, subendo una variazione chimica o fisica generata da stimoli esterni. Negli ultimi anni lo sviluppo dei sensori chimici è stato notevole, arrivando a sistemi di rivelazione, in alcuni casi di misura, di sostanze come Ossigeno, Anidride Carbonica o sostanze inquinanti. Altri sensori, invece, sono in grado di rivelare variazioni di pH, di temperatura e deformazioni di natura meccanica che un sistema può subire. Nel campo dei sensori hanno ottenuto una grande diffusione quelli basati su materiali polimerici, grazie alla loro versatilità ed adattabilità in base alle diverse esigenze applicative33.

Nakagawa et al. hanno sviluppato un sensore a gas per la rivelazioni di HCl, basato su una matrice polimerica (sono state utilizzate matrici poliacrilche in cui è stato disperso il 5,10,15,20-tetra(4’alcossifenil)porfirina), rilevando anche quantità minime del molecole allo stato gassoso (valori al di sotto di una parte per milione)34.

Il rilevamento dei valori di pH è di grande importanza nei numerosi processi biologici per l’attivazione degli enzimi e per poter studiare il metabolismo dei tessuti. Un sensore di pH portatile a fibre ottiche è stato sviluppato per misure di pH sulle ferite aperte. Il sistema è basato su un rivestimento ibrido sol-gel sensibile al pH e depositato su una fibra ottica di poli(metilmetacrilato) (PMMA), dando origine ad un dispositivo flessibile e miniaturizzato35. Un’altra classe importante è rappresentata dai sensori ottici a matrice polimerica, i quali a causa di stimoli esterni, subiscono una variazione di colore.

Alcuni di essi sono sensori ottici che rilevano la presenza di nitrocomposti aromatici (nitrobenzene, p-nitrofenolo, ecc.) sfruttando la capacità di emettere (mediante fluorescenza) luce nello spettro del visibile. Il sistema è costituito dal benzo[k]fluorantene disperso in una matrice di poli(vinilalcol) che mostra un diverso grado di quenching della fluorescenza a seconda del nitro composto con cui viene a contatto36.

Minei et al. hanno sviluppato un indicatore ottico capace di rilevare la degradazione del polistirene quando è irraggiato da luce ultravioletta, mediante una risposta ottica in emissione (Figura 1.7).

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13 Figura 1.7: Film di PS/colorante 0,5% in peso dopo irraggiamento con una lampada UV da 400 W attraverso una maschera di

cartoncino

Il sistema è costituito da un colorante (contenente un anello piridinico nella struttura delocalizzata) disperso in una matrice di polistirene. Quando la radiazione UV nell’ultravioletto colpisce la matrice, il polistirene si degrada attraverso le reazioni di Norrish I e II, dando origine a gruppi acidi (carbossilici), i quali sono capaci di salificare la parte basica del colorante (piridina), ottenendo una differente risposta in fluorescenza37.

1.3.1 Impiego di derivati bisimmidici del Perilene nei sensori polimerici

Alcuni coloranti fluorescenti, una volta dispersi in una matrice polimerica, sono in grado di formare aggregati molecolari caratterizzati da una emissione ad una lunghezza d’onda caratteristica e in una zona spettrale diversa da quella del colorante isolato.

Quando al film polimerico viene applicata una deformazione meccanica, avviene la rottura degli aggregati e di conseguenza l’emissione nella zona che ha subito lo stress meccanico corrisponde a quella della specie isolata. Esempi sono il bis-(benzossazolil)stilbene (BBS)38, ed i derivati bisimmidici del perilene (Figura 1.8) utilizzati con successo grazie alla loro fotostabilità ed alle elevate rese quantiche di fluorescenza39. Inoltre i derivati perilenici sono utilizzati nei dispositivi per celle fotovoltaiche, come standard di fluorescenza per analisi ambientali41, nei cristalli liquidi e diodi ad emissione di luce42.

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14

Donati et al. hanno sintetizzato e disperso in una matrice polimerica semicristallina (LLDPE) un derivato bisimmidico perilenico (N,N’-bis-(esil)perilene-3,4,9,10-tetracarbossidiimmide). La deformazione meccanica del film porta ad una evidente variazione nell’emissione nella zona di stiro, come mostrato in Figura 1.942.

Figura 1.9: Film in LLDPE su cui è disperso un derivato perilenico osservato alla radiazione di una lampada UV (λecc=450nm)

In questi sistemi, l’interazione non covalente degli anelli aromatici condensati presenti nei derivati perilenici dispersi nella matrice polimerica può portare alla formazione di sistemi più complessi chiamati "aggregati molecolari". Più precisamente queste interazioni si basano su uno "stacking π-π", ovvero una sovrapposizione intermolecolare degli orbitali p nei sistemi coniugati π, causata da interazioni di Van Der Waals, o da interazioni elettrostatiche.

Nel 1990 Hunter e Sanders43 approfondirono lo studio dello stacking su dimeri porfirinici e proposero un nuovo modello di calcolo per le interazioni π-π. Tale modello descrive il sistema π come costituito da un’ossatura di legame σ carica positivamente inserita tra due nuvole di elettroni π cariche negativamente (Figura 1.10).

Figura 1.10: Atomo ibridizzato sp2 in un sistema π

Tramite calcoli teorici, studi ai raggi X e misure in soluzione delle proprietà termodinamiche è stato possibile determinare le possibili geometrie dell’interazione tra due livelli aromatici. Le principali sono tre: "edge-face" (Figura 1.11a); "face-to-face-stacking" (Figura 1.11b); "offset-face-to-face-stacking" (Figura 1.11c).

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15 Figura 1.11: Possibili geometrie di stacking: a) edge-face, b) face-to-face-stacking, c) offset-face-to-face-stacking

La prima geometria può essere considerata come un’interazione CH-π, è stata trovata in un dimero del benzene allo stato solido. La terza geometria è caratteristica della doppia elica del DNA, si hanno delle interazioni dovute ad una maggiore superficie di interazione. La geometria "face-to-face-stacking" si osserva in sistema di tipo accettore-donatore in cui l’interazione tra i livelli aromatici è attrattiva.

Gli aggregati più studiati sono quelli di tipo H e di tipo J, che differiscono per la mutua posizione, e quindi per l’orientazione delle molecole interagenti come mostrato in Figura 1.12.

Figura 1.12: Orientazione degli aggregati di tipo H e di tipo J

Gli aggregati H sono delle strutture in cui le molecole sono disposte parallelamente tra loro, e fanno parte della geometria face-to-face. Hanno la peculiarità di causare un effetto ipsocromico (Blue Shift) nello spettro di assorbimento, ovvero lo spostamento del massimo di assorbimento a lunghezze d’onda minori.

Gli aggregati J sono, invece, delle strutture testa-cosa (head-to-tail), in cui le molecole assumono delle posizioni sfalsate, causando un effetto batocromico (Red Shift), ovvero lo spostamento del massimo di assorbimento a lunghezze d’onda maggiori44,45

.

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16

Figura 1.13: Diagramma energetico e struttura degli aggregati di tipo H e J

Altri fattori che possono evidenziare la presenza di aggregati molecolari sono:  diminuzione del massimo d’assorbimento;

 ottenimento di uno spettro meno strutturato con allargamento delle bande.

La presenza di molecole di colorante in una matrice polimerica può fornire proprietà ottiche differenti, in dipendenza dall’orientazione delle catene polimeriche, dalla concentrazione del colorante, e dagli aggregati che si osservano. L’N,N’-bis-(2’-(1-piperazino)etil)-3,4,9,10-perilene-tetracarbossi-diimmide dicloruro (PZPER), ad esempio, è stato disperso in una matrice di poli(vinilalcol) (PVA) e in due copolimeri poli(etilene-co-vinilalcol) (EVAl) con differente frazione molare del polietilene. Nei film a base di PVA contenente differenti quantità di colorante (da 0,1 a 1% in peso) si è osservata una banda di assorbimento vibronica non risolta indicante la presenza di aggregati di tipo H (Figura 1.14a). Nei due copolimeri, invece, il colorante mostra un comportamento diverso. In entrambi i copolimeri lo spettro di assorbimento del colorante (ad una concentrazione di 0,1% in peso) mostra il tipico picco del colorante in forma monomerica (Figura 1.14b). La minor presenza di gruppi ossidrili contenuti nel copolimero comporta la diminuzione del grado di aggregazione delle molecole di colorante46.

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17 Figura 1.14: Spettro di assorbimento di PZPER in PVA a) e in EVAl b)

Per quanto riguarda invece l’N,N’-bis-(esil)-3,4,9,10-perilenetetracarbossiimmide (ES-PTCDI) e l’N,N’-bis-(2’-etilesil))-3,4,9,10-perilenetetracarbossiimmide (EE-(ES-PTCDI) sono stati dispersi in basse percentuali (da 0,01 a 0,1% in peso) in una matrice di LLDPE. Nella matrice polimerica l’ES-PTCDI induce alla formazione di aggregati cromofori già a basse concentrazioni (0,01%), ed a un maggiore quenching della fluorescenza (Figura 1.15a) grazie alla sua struttura più planare e meno ingombrata rispetto all’EE-PTCDI, il quale risulta avere una struttura più distorta e più ramificata. Quest’ultimo ha promosso l’aggregazione del cromoforo ad una concentrazione di 0,05% in peso di colorante, e la fluorescenza del film risulta essere parzialmente “spenta” e caratterizzata dalla formazione di una tipica banda di emissione attribuita ai cromofori aggregati (Figura 1.15b)42.

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1.4 I coloranti nelle argille

L’impiego dei coloranti con le argille è largamente studiato sia per poter effettuare studi meccanicistici che applicativi. Parvinzadeh et al. ad esempio, utilizzano le cariche come mezzo ‘veicolante’ per disperdere coloranti nella matrice polimerica anche a livello molecolare per impartire una colorazione alla matrice polimerica47.

Marangoni et al. hanno preparato film di polistirene blu intercalando dapprima i coloranti (Evans blue, Chicago sky blue, Niagara blue) nella carica inorganica (un’idrotalcite naturale), e successivamente polimerizzando lo stirene attraverso polimerizzazione in situ ottenendo il nanocomposito finale. Da questo studio è emerso che la struttura dei filler è risultata intatta nella matrice polimerica, dotando contemporaneamente i nanocompositi, oltre che una colorazione blu, di migliori proprietà meccaniche e ottiche48.

Sfruttando invece la capacità di adsorbimento di un’argilla, è possibile utilizzarla per la rimozione di coloranti dalle acque reflue. In questo modo la carica inorganica può essere considerata come un potenziale adsorbente a basso costo, proponendosi come un potente competitore del carbonio attivo per il trattamento di acque industriali49.

L’intercalazione di coloranti organici come la Rodamina R6G, utilizzata in dispositivi laser, in film sottili di tipo inorganico, può fornire ai materiali proprietà foto luminescenti di alta qualità, non solo aumentando le performance laser, ma aumentando anche la stabilità termica e alla radiazione solare del colorante50.

Un sistema ibrido costituito da un tensioattivo e Metilene Blu (un colorante ampiamente usato, le cui proprietà ottiche cambiano in base alla polarità, composizione o pH) intercalati all’interno di un’argilla (Saponite), si è dimostrato un buon sensore ottico all’Ossigeno per l’imballaggio dei cibi, per il cambiamento di colore del Metilene Blu in ambiente ossidativo secondo il meccanismo mostrato in Figura 1.1651.

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19 Figura 1.16: Ciclo di Riduzione e ossidazione del Metilene Blu causato dall'Ossigeno. Il metilene Blue (MB) è ridotto mediante un

riducente a un composto incolore Leucometilene Blu (LMB) e poi ritorna a MB (colore blu) per ossidazione

L’intercalazione di un colorante in un’argilla organofila può essere d’aiuto anche per una dettagliata interpretazione del meccanismo complesso di intercalazione/esfoliazione del colorante nell’argilla14

e nel nanocomposito polimerico finale. Infatti, la carica inorganica contenente all’interno il colorante influisce nell’aggregazione o disaggregazione di quest’ultimo. Il Metilene blu intercalato ad esempio nella Laponite ha mostrato la tendenza del colorante intercalato a rimanere nella forma monomerica, a causa dell’azione sinergica della carica inorganica e del sale d’ammonio, mentre in soluzione il colorante aveva mostrato la tendenza di formare aggregati di tipo H52. In particolare, la risposta fotochimica dei cromofori intercalati all’interno della carica inorganica fornisce interessanti informazioni sulla distribuzione e sull’interfaccia filler/polimero. Aloisi et al. hanno intercalato la rodamina in una montmorillonite commerciale. Questi studi hanno mostrato che le proprietà ottiche sono ampiamente influenzate dall’ambiente in cui si trova il cromoforo, e dalle indicazioni della forma spettrale è possibile ottenere informazioni sull’interazione tra il colorante e la matrice inorganica. Mediante il confronto tra le informazioni spettrali e la composizione del materiale ibrido rodamina/argilla è possibile ipotizzare che, indipendentemente dalla forma dell’aggregazione del colorante, lo spostamento del massimo dello spettro di emissione a lunghezze d’onda minori (Blue Shift) sia dovuto principalmente all’adsorbimento del colorante sulla superficie della matrice inorganica (Figura 1.17a), mentre l’intercalazione delle molecole di cromoforo tra le lamelle dell’argilla induce ad un

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notevole spostamento del massimo di fluorescenza (Figura 1.17b) a lunghezze d’onda maggiori (Red Shift)53.

Figura 1.17: Spettro di Emissione dei compositi cloisite/rodamina

I derivati perilenici in sistemi ibridi organico-inorganico sono ampiamente usati sia in fillosilicati che in cariche nano e micrometriche.

Chakraborty et al. hanno usato tre diversi cationi perilenici per modificare la Montmorillonite, mediante scambio ionico allo scopo di ottenere dei compositi e studiare la disposizione delle molecole di colorante all’interno della carica inorganica. I risultati ottenuti hanno mostrato l’intercalazione dei coloranti nella MMT, ottenendo, distanze interlamellari maggiori dopo la modifica. I coloranti intercalati hanno mostrato un aggregazione di tipo J, e il materiale mostra una maggiore stabilità termica13.

Un derivato bisimmidico del perilene, l’N,N’-bis(3-trietossisililpropil)-perilene-3,4,9,10-tetracarbossi-diimmide, covalentemente legato alla superficie di una Silice micrometrica, ha mostrato la presenza sia di aggregati che di molecole isolate. L’utilizzo di queste cariche disperse in una matrice polietilenica ha dato informazioni sul grado di dispersione tramite le sue proprietà ottiche in assorbimento e fluorescenza11.

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1.5 Scopo della tesi

Lo scopo di questo lavoro di tesi è la sintesi di nanocompositi a matrice polimerica di polistirene contenenti fillosilicati lamellari organofili, con potenziale applicazione nel campo dei materiali polimerici otticamente responsivi. Si cercherà di valutare quale tipo di sinergismo si possa creare tra un colorante e la carica inorganica in cui è stato previamente intercalato, quando siano intimamente dispersi all'interno di una matrice polimerica.

Il fillosilicato scelto è la Montmorillonite, al cui interno verrà prima intercalato un colorante allo scopo di ottenere delle informazioni sul meccanismo di intercalazione/esfoliazione della carica nei compositi, grazie alla risposta ottica sia in assorbimento che in emissione dovuta alla collocazione del colorante. Successivamente si intercalerà un liquido ionico polimerizzabile all’interno della carica già modificata, sia per aumentare il carattere organofilo dell’argilla che per poterla disperdere efficacemente nella matrice polimerica. La modifica della carica inorganica con i due sali verrà effettuata mediante una reazione di scambio cationico da soluzione acquosa.

Come metodo di sintesi dei compositi verrà utilizzata la polimerizzazione in situ, in modo da ottenere un maggiore grado di intercalazione ed esfoliazione della carica.

Verranno utilizzati due diversi coloranti, (propilentrimetilammonio)–3,4,9,10-perilendiimmide ioduro (già sintetizzato in un recente lavoro di tesi) e l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10-perilendiimmide bromuro. I due coloranti differiscono per la lunghezza di una delle catene alchiliche sull’atomo di azoto quaternario, e verrà studiata l’influenza di tale fattore sia sulla reazione di intercalazione che sulle proprietà ottiche dei nanocompositi finali.

Verrà usato come liquido ionico un sale di imidazolio contenente un gruppo polimerizzabile (4-vinilfenilico, detto anche ‘stirilico’) per favorire la crescita del polimero all’interno dello spazio interlamellare.

Le quantità di colorante e di liquido ionico adsorbiti e/o intercalati all’interno dello spazio lamellare sarà stimata attraverso analisi termogravimetrica. Mediante diffrattometria a raggi X sarà invece possibile determinare i cambiamenti morfologici della struttura lamellare dell’argilla.

Il grado di esfoliazione della carica all’interno dei compositi sarà valutato mediante diffrattometria a raggi X, analisi TEM, ed infine mediante estrazione con solvente. L’analisi

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termogravimetrica permetterà di verificare eventuali miglioramenti delle proprietà termiche dei compositi.

Mediante spettroscopia di assorbimento (UV-Vis) e di emissione (Fluorescenza) sarà possibile valutare lo stato di aggregazione dei coloranti in soluzione, in sospensione (in presenza della carica), in dispersione (nella matrice di polistirene), e nel composito quando è intercalato nella Montmorillonite in funzione della concentrazione.

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2 RISULTATI E DISCUSSIONE

2.1 Intercalazione dei sali organici

Al fine di preparare nanocompositi a base di fillosilicati attraverso polimerizzazione in situ, un’argilla quale la Montmorillonite (MMT), di origine naturale con struttura T-O-T, è stata modificata attraverso una reazione di scambio cationico con un liquido ionico e un colorante. La reazione di scambio con il liquido ionico ha un duplice effetto:

 aumentare il carattere organofilo della carica in modo da renderla più affine verso il monomero impiegato nella polimerizzazione8;

 aumentare la distanza interlamellare in modo tale da facilitare la diffusione all’interno della galleria sia del monomero che dei radicali primari durante le prime fasi della polimerizzazione8.

L’utilizzo del colorante, una molecola di fluoroforo anch’essa caratterizzata dalla presenza nella struttura di un sale d’ammonio quaternario e quindi intercalabile all’interno dello spazio interlamellare della carica inorganica, ha lo scopo di fornire informazioni sulla dispersione della carica nei nanocompositi attraverso la risposta ottica che fornisce sia in assorbimento che in emissione.

Il liquido ionico polimerizzabile utilizzato in questo lavoro di tesi è l’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro (C12VBIC). La presenza di un gruppo polimerizzabile all’interno del liquido ionico rende possibile la crescita di catene polimeriche all’interno dello spazio interlamellare, supponendo un maggior grado di intercalazione fino alla esfoliazione.

In figura 2.1 è riportata la struttura del C12VBIC.

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24

Come coloranti sono stati utilizzati due derivati perilenici: l’N,N’-bis-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10-perilendiimmide bromuro (PERY_C10). e l’N,N’-bis-(propilentrimetileammonio)-3,4,9,10-perilendiimmide ioduro (PERY_3Me). La sostanziale differenza tra i due coloranti sta nel fatto che nel primo ciascuno dei due gruppi di ammonio quaternario, presenti nella struttura, comprende una lunga catena alchilica e due gruppi metilici, mentre nel secondo sono presenti tre gruppi metilici, conferendo alle molecole differente ingombro sterico e polarità, fattori che rivestono un ruolo importante al fine della reazione di intercalazione (Figura 2.2 a e b).

Figura 2.2: Struttura di a) PERY_C10 e b) PERY_3Me

La modifica della carica inorganica è stata effettuata con due metodologie diverse: nel primo caso si è proceduto intercalando prima il colorante e successivamente il liquido ionico, nel secondo caso il liquido ionico e il colorante sono stati intercalati contemporaneamente.

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25 2.1.1 Sintesi dell’ N,N’-(propilendimetildecilammonio)-3,4,9,10- perilendiimmide

bromuro (PERY_C10)

Figura 2.3: Schema di reazione per la sintesi del PERY_C10

La sintesi del PERY_C10 prevede due stadi: il primo è la reazione tra il perilene-3,4,9,10-tetracarbossidianidride e la 3-dimetil-amminopropilammina per dare un composto intermedio (N,N’-bis(propilendimetilammina)-3,4,9,10-perilendiimmide)54; nel secondo stadio la diammina reagisce con l’1-Bromodecano per ottenere il PERY_C10 (Figura 2.3).

Il PERY_3Me era disponibile nel nostro laboratorio, utilizzato in un recente lavoro di tesi32. La conferma dell’avvenuta reazione è stata ottenuta mediante analisi FT-IR, riportata in seguito in figura 2.4.

Dal confronto tra gli spettri, possiamo osservare l’aumento della banda a circa 2937 cm-1 (stretching C-H alifatici) dovuta ai gruppi metilenici delle lunghe catene C10 rispetto alla diammina. La comparsa, invece, della banda a 2472 cm-1 (stretching N+-C) si riferisce alla formazione dello ione ammonio e quindi del sale.

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26

Figura 2.4: Spettro FT-IR della diammina (a) e del sale perilenico (b)

Un’ulteriore conferma della reazione di salificazione è stata ottenuta mediante analisi 1 H-NMR (Figura 2.5).

Figura 2.5: Confronto degli spettri 1H-NMR della diammina in CDCl

3 e del sale perilenico in CD3OD

Dal confronto tra gli spettri si può notare, nel caso del sale, la formazione del segnale a 1,26 ppm riferito agli idrogeni metilenici della catena alifatica C10, confermando quindi la riuscita della reazione. Si osserva inoltre lo spostamento del segnale degli idrogeni metilici legati all’azoto del sale (3,26 ppm, segnale parzialmente coperto dal solvente) rispetto a quelli della diammina (2,26 ppm) e il loro slargamento dovuto alla formazione dello ione

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27 ammonio. Gli spettri dei due campioni sono stati effettuati in due solventi diversi, questo rende difficile confrontarli perché i segnali dei solventi si sovrappongo a quelli dei campioni. Per valutare la stabilità termica del colorante, è stata effettuata un’analisi termogravimetrica del colorante in atmosfera di N2. In figura 2.6 è riportato il termogramma con la relativa derivata.

Figura 2.6: Confronto tra il termogramma del PERY_C10 (curva nera) con relativa derivata (curva nera tratteggiata) e il termogramma del PERY_DIAMMINA (curva rossa) con la relatia derivata (curva rossa tratteggiata) (TGA in N2 a 10°C/min.)

Dal confronto dei termogrammi e delle curve delle derivate prime si nota che il sale ottenuto inizia a degradare con un primo picco a 228°C, e con un secondo a 290°C. Questi due picchi degradativi sono riconducibili alla degradazione delle catene laterali del colorante. Il colorante, essendo un sale d’ammonio quaternario, si può ipotizzare che degradi formando delle specie secondo le seguenti reazioni:

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28

Figura 2.7: Schema di reazione delle degradazioni del PERY_C10

Come è possibile vedere dallo schema di reazione, i sali d’ammonio possono degradare formando un’ammina terziaria (Figura 2.7-1a), oppure eliminando un alogenuro alchilico (Figura 2.7-1b e 1c). Un altro caso è la degradazione del nucleo bisimmidico del colorante, con eliminazione di un’olefina contenente il sale d’ammonio quaternario (Figura 2.7-2). I meccanismi di eliminazione che più si avvicinano ai dati sperimentali ottenuti sono l’1a e l’1c, ma non è da escludere una minima presenza anche della degradazione 1.b.

Il picco a più di 600°C è attribuibile alla degradazione del nucleo perilenico, confermato dal fatto è presente sia nel reagente che nel prodotto13.

2.1.2 Modifica della MMT

Per modificare l’argilla con il sale perilenico è stata seguita una metodologia impiegata già in altri lavori13. L’argilla precedentemente essiccata in stufa è stata dispersa in acqua deionizzata, e successivamente è stato aggiunto il colorante. La reazione è stata condotta ad una temperatura di 40°C alternando 30 minuti di agitazione a 15 minuti di sonicazione ripetendo questa procedura quattro volte. Attraverso centrifugazione e separazione, il prodotto è stato recuperato e lavato tre volte con acqua, ed infine essiccato mediante vuoto di pompa meccanica. Il prodotto ottenuto, con una colorazione che va dal rosso a rosa a

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29 seconda della percentuale di colorante (confermando visibilmente la riuscita della reazione), è stato caratterizzato mediante analisi FT-IR, analisi termogravimetrica e in un caso anche un’analisi diffrattometrica ai raggi X in modo da verificarne l’intercalazione.

Sono state preparati campioni di montmorillonite modificata con diverse percentuali in peso di colorante: 4%, 2%, 1,2%, 0,4%. La successiva aggiunta di liquido ionico è in funzione della CSC (Capacità di Scambio Cationico) della MMT, si opera in modo tale che le quantità dei due reagenti corrispondano al 110% della capacità di scambio della carica. Successivamente nella sintesi dei compositi PS/MMT si impiega il 2,5% di carica inorganica modificata e pertanto la percentuale di colorante teorica in quest’ultimi risulta essere: 0,1%, 0,05%, 0,03%, 0,01%.

ANALISI FT-IR

La prima analisi effettuata sui prodotti ottenuti dalla reazione di intercalazione del colorante in MMT è stata quella FT-IR riportata in Figura 2.8.

Figura 2.8: Spettro FT-IR della MMT e della MMT_PERY_C10 4% p/p

La comparsa di una banda a 2957 cm-1 (stretching C-H alifatici) nello spettro della carica modificata rispetto alla carica pura è una conferma della presenza del PERY_C10 all’interno dell’argilla, così come la comparsa della banda a 1358 cm-1

dovuta allo stretching C-N+ dei gruppi amminici terminali presenti nel colorante. La comparsa delle bande nello spettro dell’argilla modificata a 1693 e 1651 cm-1

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conferma ulteriormente la presenza del colorante. Queste due bande sono attribuibili agli stretching vibrazionali caratteristici delle bisimmidi.

Anche le altre cariche modificate con diversa percentuale di colorante sono state analizzate tramite analisi FT-IR, notando la comparsa delle bande sopracitate con intensità relativa corrispondente, le quali confermano la presenza del colorante insieme all’argilla, come mostrato in Figura 2.9.

Figura 2.9: Spettro FT-IR delle cariche modificate a diversa percentuale in peso di colorante

Gli spettri FT-IR analizzati sono stati tutti normalizzati rispetto alla banda a 1036 cm-1, (stretching Si-O-Si, caratteristica della MMT), banda la cui intensità non varia nei campioni a seguito dell’intercalazione.

ANALISI TGA

Una seconda conferma della presenza del colorante nelle cariche preparate è stata ottenuta dalle analisi termogravimetriche dei campioni ottenuti. In Figura 2.10 è riportato il termogramma della MMT pura e la propria derivata prima, dove si osservano due picchi netti di degradazione e una spalla tra i due. Il primo picco, intorno ai 100°C, è dovuto alla perdita d’acqua adsorbita dalla carica, mentre il secondo a circa 660°C, dovuta alla deidrossilazione dell’argilla. Inoltre si può notare una minima perdita di massa intorno ai 500°C, probabilmente dovuta alla degradazione dei gruppi silanolici superficiali55, oppure alla perdita di gruppi ossidrilici dalla struttura56, dando luogo ad una perdita complessiva dell’8,4%.

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31 Figura 2.10: Termogramma della MMT(curva nera) e relativa derivata prima (curva rossa) (TGA in N2 a 10°C/min.)

Andandolo a confrontare con quello della carica modifica (in Figura 2.11a sono riportate le curve TGA mentre in figura 2.11b le corrispondenti derivate) si può notare per la MMT tal quale e la MMT modificata con PERY_C10 una perdita di massa a circa 100°C dovuta all’acqua adsorbita ed una perdita a circa 650°C attribuibile alla deidrossilazione della carica28. Nella carica modificata, inoltre, sono presenti altri tre picchi degradativi: il primo intorno a 160°C, attribuibile o alla presenza di acqua intercalata di idratazione/solvatazione o alla degradazione del bromuro di sodio formatosi dopo lo scambio cationico57; il secondo a circa 300°C, dovuta alla catena alifatica del colorante intercalata nell’argilla (per lo spostamento del picco di qualche grado rispetto allo stesso del colorante da solo) e infine un’ulteriore perdita di peso intorno a 550°C, dovuta alla degradazione del nucleo perilenico58. La perdita di massa complessiva della carica modificata (MMT-PERY_C10 4%) risulta essere del 14%.

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Figura 2.11a: Confronto fra i termogrammi della MMT, del PERY_C10 e della MMT-PERY_C10 4% (TGA in N2 a 10°C/min.)

Figura 2.11b: Confronto tra le derivate prime dei termogrammi della MMT, del PERY_C10 e della MMT-PERY_C10 4%

Le analisi termogravimetriche sono state quindi effettuate per tutti i campioni preparati allo scopo di ottenere una determinazione quantitativa del colorante presenti nelle cariche (Figura 2.12a e Figura 2.12b).

Per stimare quantitativamente il colorante presente nella carica modificata, è stato impostato un sistema di due equazioni a due incognite. Nella prima equazione è stata considerata la perdita in peso della carica modificata come la somma delle perdite in peso dei due reagenti (MMT, PERY_C10) tal quali moltiplicate per le proprie frazioni in peso. Nella seconda

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33 equazione è stato considerato, analogamente, il residuo della carica modificata come la somma dei residui dei due reagenti tal quali moltiplicati sempre per le proprie frazioni. Per la MMT-PERY_C10 4% le due equazioni sono le seguenti:

dove è la frazione riferita al colorante e alla carica.

Questa metodologia è stata applicata a tutti i campioni analizzati e i risultati sono riportati in Tabella 2.2.

Figura 2.12a: Confronto tra la TGA della MMT e le TGA delle cariche modificate a diversa concentrazione di colorante (TGA in N2 a 10°C/min.)

Figura 2.12b: Confronto delle derivate prime della TGA della MMT e delle TGA delle cariche modificate a diversa concentrazione di colorante (TGA in N2 a 10°C/min.)

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Tabella 2.2: Stima del colorante presente nelle cariche modificate

% PERY_C10 TOTALE nella MMT* % PERY_C10 TOTALE nel composito polimerico MMT-PERY_C10 4% p/p 3,7% 0,09% MMT-PERY_C10 2% p/p 1,8% 0,04% MMT-PERY_C10 1,2% p/p 0,7% 0,02% MMT-PERY_C10 0,4% p/p N.D N.D

* le incertezze stimate sulla percentuale di colorante riportata sono intorno a ±2% del valore.

ANALISI XRD

L’analisi XRD conferma l’avvenuta intercalazione del colorante all’interno della carica. L’intercalazione di un sale di ammonio quaternario al posto dell’Na+

provoca infatti un aumento della distanza interlamellare facilmente verificabile mediante diffrattometria.

In figura 2.13 sono riportati i diffrattogrammi della MMT pura e di quella modificata con il colorante PERY_C10.

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35 Nel caso della MMT pura il picco di diffrazione risulta essere slargato a causa delle presenza di due massimi separati, corrispondenti a una distribuzione con uno o due strati di idratazione. Le distanze determinate mediante la legge di Bragg sono rispettivamente di 1,28 e 1,47 nm, in buon accordo con i valori riportati in letteratura8,21.

Il diffrattogramma della MMT modificata presenta due sostanziali differenze: - l’angolo di diffrazione 2θ è minore rispetto al caso della MMT non modificata;

- la distribuzione del picco di diffrazione è meno allargata rispetto a quella della MMT non modificata, segno di una struttura maggiormente “ordinata” rispetto al caso della MMT pura. I due fattori stanno ad indicare un aumento di distanza interlamellare all’interno della carica, dunque l’avvenuta intercalazione. Per la MMT modificata è stata ottenuta una distanza interlamellare di 1,51 nm, quindi circa 0,14 nm in più rispetto alla MMT non modificata. Inoltre, attraverso il diffrattogramma, è possibile ipotizzare una minor presenza di acqua d’idratazione all’interno della carica dopo la modifica con il colorante, dato che il picco diffrattometrico si restringe, segno di un carattere maggiormente organofilo della carica.

2.1.3 Intercalazione dell’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro (C12VBIC) nella carica modificata con il colorante

L’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro è un liquido ionico costituito da un gruppo imidazolico legato in posizione 1 a un gruppo vinilbenzenico e in 3 a una catena alchilica a 12 atomi di carbonio. È uno dei liquidi ionici più utilizzati per la sintesi di nanocompositi a base di MMT ottenendo l’esfoliazione di quest’ultima28

.

La stabilità termica del liquido ionico, è stata valutata mediante analisi termogravimetrica in azoto. In figura 2.14a è riportato il termogramma ottenuto con la rispettiva derivata (figura 2.14b).

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Figura 2.14: TGA dell’1-Dodecil-3-(4-vinilbenzil)-Imidazolio Cloruro (a) e relativa derivata (b) (TGA in N2 a 10 °C/min.)

Sono visibili tre perdite di massa, la prima a 283°C relativa alla degradazione della catena alchilica, mentre le altre due 325°C e 463°C sono imputabili alla degradazione delle specie aromatiche.

Dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo, per i campioni a doppia intercalazione, un’attenta valutazione da fare, per distinguere i vari composti una volta intercalato anche il liquido ionico alla carica già modificata con il colorante, è quella di confrontare i tre reagenti di partenza attraverso analisi FT-IR (Figura 2.15), in modo da poter conoscere le bande caratteristiche di ciascuno, e analisi TGA, in modo da poter correlare le perdite in peso di ciascun componente nei termogrammi.

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37 Dal confronto degli spetti FT-IR dei tre componenti di partenza sono visibili le bande caratteristiche della carica inorganica tra i 3400 e i 3600 cm-1, rispettivamente stretching O-H e stretching Al-O-H, e la banda a circa 1000 cm-1 dovuta allo stretching Si-O-Si. Per il colorante sono caratteristiche la banda intorno ai 1600 cm-1,dovuta allo stretching C=O immidici, e la banda intorno ai 1400 cm-1, attribuita allo stretching C-N+ dell’ammina salificata. Infine per il liquido ionico hanno grande rilievo ai fini della caratterizzazione la banda a circa 2900 cm-1, caratteristica dello stretching C-H alifatico, la banda intorno a 1950 cm-1 dovuta allo stretching dei sistemi coniugati C=C=N, ed infine la banda a 1635 cm-1 caratteristica del doppio legame C=C vinilico.

I tre composti di partenza sono stati caratterizzati mediante analisi termogravimetrica come mostrato in Figura 2.16a e 2.16b, dove vengono riportati rispettivamente i termogrammi e le derivate prime relative a quest’ultimi.

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