ex D.M. 270/2004)
in Scienze dell’Antichità: Letterature,
Storia e Archeologia
Tesi di Laurea
La parola al femminile
Strategie comunicative matronali nella
tarda Repubblica romana
Relatore
Ch. Prof. Francesca Rohr Vio
Laureando
Beatrice Manzo
Matricola 820989
Anno Accademico
2013 / 2014
Ringraziamenti
Sigle e abbreviazioni p. 5
Premessa p. 6
Status quaestionis: le riflessioni della critica moderna p. 10
Parte Prima
In domo: iniziative femminili nella sfera privata
p. 15tra mos maiorum e novitas
1. Al servizio della politica p. 16
1.1 Sempronia: per la congiura di Catilina p. 16
1.2 Fulvia, ‘di donna non aveva altro che il corpo’ p. 18
1.2.1 Un funus seditiosum per Clodio p. 23
1.3 Porcia e il discorso a Bruto p. 30
1.4 Servilia: mediatrice politica p. 34
1.4.1 L’incontro ad Anzio p. 36
1.4.2 L’incontro a Roma p. 39
1.5 Ottavia, sorella di Ottaviano e moglie di Antonio p. 40
1.5.1 Un colloquio per la pace p. 42
1.2 Una sperimentazione comunicativa p. 44
2. Per scipta: l’esperienza particolare della scrittura femminile p. 53
2.1 Cornelia, Gracchorum mater p. 54
2.1.1 Due lettere per Gaio Gracco p. 60
2.1.2 Africani f(ilia), Gracchorum (mater): una statua per Cornelia p. 67
2.2 Terenzia, fidissima atque optima uxor p. 71
2.3 Servilia, la portavoce di Bruto p. 72
2.4 Giulia: un’epistola per Ottaviano p. 73
2.5 Ottavia: un’epistola per Antonio p. 75
2.6 Sulpicia: l’unica poetessa p. 77
Parte Seconda
Extra domum: nuovi spazi e occasioni della comunicazione
p. 80femminile in Urbe ed extra moenia
3. In Urbe: strade, tribunale e foro
p. 803.1 Strade p. 81
3.1.1 Gli antecedenti p. 81
• Claudia, una matrona contro la folla p. 81
• Donne nella seconda guerra punica p. 84
3.2.2 Sempronia: un bacio per Equizio p. 92
3.2.3 Fulvia e Giulia al processo contro Milone p. 94
3.2.4 Donne che difesero se stesse in tribunale p. 97
• Gaia Afrania p. 98
• Mesia Sentinate p. 103
3.3 Foro p. 105
3.3.1 Gli antecedenti: l’abrogazione della lex Oppia p. 105
3.3.2 Ortensia: portavoce delle matrone p. 112
3.3.3 Fulvia in rappresentanza di Antonio hostis publicus p. 120
3.3.4 Giulia: “Mi autoaccuso, o imperator” p. 123
4. Extra moenia: le donne romane presso le truppe p. 126
4.1 Gli antecedenti: Veturia e Coriolano p. 127
4.2 Fulvia dux femina: la protagonista della guerra di Perugia p. 130
Considerazioni conclusive p. 136
Tavole p. 139
AJPh= American Journal of philology
AFLC= Annali della Facoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell’Università di
Cagliari
AFLS= Annali della Facoltà di Lettere di Siena
ANRW= Aufstieg und Niedergang der romischen Welt CCC= Civiltà Classica e Cristiana
CIL= Corpus Inscriptionum Latinarum CJ= Classical Journey
IG= Inscriptiones Graecae
ILS= Inscriptiones Latinae Selectae
ILLRP= Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae InvLuc= Invigilata Lucernis
MRR= The Magistrates of the Roman Republic RA= Revue Archeologique
RIL= Rendiconti dell’Istituto Lombardo RPC= Roman Provincial Coinage RRC= Roman Republican Coinage RSA= Rivista di Studi Americani
Lo studio della condizione femminile a Roma negli ultimi decenni è stata oggetto di innumerevoli indagini, dal punto di vista storico, giuridico, biografico ed economico.
Nel ricostruire la storia della donna tuttavia gli studiosi hanno da sempre dovuto confrontarsi con la poche e lacunose testimonianze. La storiografia antica inoltre è al maschile e di conseguenza tutto ciò che sappiamo sulle figure femminili è filtrato secondo tale ottica. I riferimenti alle donne da parte degli autori antichi non sono mai motivati da un interesse volto alla figura femminile in quanto tale o specificamente all’azione di singole donne, ma sono funzionali e complementari alla trattazione di altre tematiche.
La donna ha sempre avuto nella vita pubblica e politica romana un ruolo marginale. Nel corso del I secolo a.C. tuttavia la concomitanza di fattori politici, economici, militari e sociali ha permesso alle donne appartenenti all’élite romana, per nascita o matrimonio, di uscire dall’ombra e di diventare progressivamente coprotagoniste della vita pubblica e politica dell’Urbe. Sempre più spesso gli uomini erano costretti ad allontanarsi da Roma a causa di guerre, perché ricoprivano una magistratura, perché erano costretti alla fuga o all’esilio e la loro assenza caricava le donne di nuove responsabilità. Esse si trovavano ad essere le uniche responsabili della domus; amministravano i beni e i patrimoni familiari; si facevano portavoci degli interessi del marito lontano; prendevano importanti decisioni, private ma anche politiche, autonomamante o coadiuvate da disposizioni del marito lontano, dei figli, dei fratelli, del padre. Insomma madri, mogli, sorelle e figlie degli uomini più importanti di Roma dovevano adempiere a funzioni da cui fino a questo momento erano state escluse e per farlo non potevano rimanere confinate entro il perimetro domestico, ma uscire e frequentare le sedi istituzionali della città.
Dal momento che gli interventi delle donne nelle questioni pubbliche assunsero tipologie e scopi estremamente vari, dalle alleanze matrimoniali alla mediazione politica, dal ruolo di confidenti alla promozione di strategie, e che esse vengono ricordate dalle fonti storiografiche solo saltuariamente, in questo lavoro si
per i loro interventi e per l’impatto che questi ebbero nello svolgimento delle questioni politiche. Si procederà, dunque, attraverso l’individuazione di quei casi in cui le fonti ricordano esplicitamente l’intervento delle matrone per la carica innovativa insita nel canale comunicativo utilizzato da queste donne, legato alla gestualità, all’oralità e alla scrittura, allo scopo di verificare l’esistenza di un legame tra la progressiva appropriazione degli spazi pubblici da parte della componente femminile della società e l’evoluzione delle forme comunicative da esse utilizzate per raggiungere obiettivi politici.
Il focus della trattazione sarà inteso dunque a verificare le modalità comunicative attraverso cui queste matrone scelsero di agire, nella considerazione che la comunicazione costituisce la componente fondamentale e indispensabile di ogni iniziativa collettiva e politica. In particolare si cercherà di analizzare se esse si attennero alle norme di comportamento stabilite dal mos maiorum, e fino a questo momento rispettate dalle donne anche quando furono chiamate ad operare in contesti che erano loro estranei, o se la progressiva appropriazione degli spazi pubblici corrispose all’acquisizione di modalità comunicative nuove prima esclusive della componente maschile.
La trattazione si articolerà in quattro capitoli principali che metteranno in relazione le modalità della comunicazione femminile con gli spazi pubblici e privati in cui esse furono attivate, attraverso il racconto delle fonti storiografiche. Le matrone selezionate, appartenenti ad alcune delle gentes più importanti della Roma tardo repubblicana, furono protagoniste del cambiamento e rappresentative della comunicazione femminile di argomento politico sviluppata in domo, in urbe ed extra
muros attraverso tre modalità comunicative, per imagines, per verba e per scripta.
Il primo capitolo prenderà in considerazione la domus, spazio tradizionalmente deputato all’azione femminile, come luogo da cui esordisce la trasformazione. Nel corso dell’età tardo repubblicana infatti la domus, oltre al
matronale che coinvolsero i luoghi istituzionali tradizionali, nella tripartizione tra strade, tribunale e foro. Ancora una volta al centro dell’analisi verranno messe le vicende di alcune importanti matrone che si distinsero per l’utilizzo di modalità comunicative innovative ed extra mores nei luoghi pubblici. Esse iniziarono a frequentare i luoghi istituzionali, tradizionalmente preclusi alla compomente femminile, e si appropriarono di modalità comunicative nuove, dalla gestalità alla parola, e in questo ambito dai gemiti e lamenti fino alle sue forme più complesse, come il discorso.
Il processo di trasformazione della figura femminile coinvolse anche l’ambiente militare, il più gerarchizzato e precluso più di ogni altro alle donne. Il cambiamento anche in questo caso avvenne in modo graduale, ma, rispetto agli altri spazi presi in considerazione, rimase limitato ad un campione estremamente esiguo di donne. La domus rappresenta ancora una volta il luogo in cui si verificarono i primi contatti tra la componente femminile e l’esercito, come testimoniano la vicenda di Giulia, madre di Antonio, che difese il fratello Lucio che era stato proscritto e quella di Fulvia, moglie di Antonio, in occasione della decimazione dei soldati a Brindisi. L’interazione tra donne ed esercito culminerà nel 43 a.C. con la guerra di Perugia, in occasione della quale Fulvia si spogliò dei tratti fisici e caratteriali della femminilità e si appropriò delle caratteristiche di un vero e proprio generale.
Nell’ultima parte del lavoro ci si dedicherà alle testimonianze per scripta lasciate dalle donne nell’ultimo secolo della Repubblica: da Cornelia, madre dei Gracchi, a Sulpicia, unica poetessa di cui sia rimasta parte della produzione. In particolare sarà analizzata la corrispondenza epistolare che queste donne intrattenevano con figli, mariti e fratelli quando costoro dovevano allontanarsi da Roma per i motivi più diversi. In queste circostanze esse svolgevano il difficile ruolo di mediatrici e portavoci tra i propri cari e i loro amici e sostenitori rimasti a Roma,
figura femminile nell’età tardo repubblicana attraverso il duplice binario dell’evoluzione delle modalità di comunicazione e degli spazi fisici in cui tali modalità vennero attivate.
Negli ultimi decenni la vita quotidiana, l’educazione, gli usi e costumi delle donne romane sono stati oggetto di innumerevoli studi: l’approccio metodologico è stato spesso condizionato dalle correnti di pensiero moderne e contemporanee, che hanno applicato categorie dell’oggi all’analisi dell’antichità. Inizialmente gli studi sulle donne erano incentrati sulla componente biografica, mentre tra gli anni Settanta e Ottanta il focus della ricerca divenne la vita quotidiana delle donne; a partire dagli anni Novanta, invece, essa venne analizzata in relazione a quella degli uomini: non si parlò più quindi di una semplice “storia delle donne”, ma del ruolo che esse svolsero in ambito politico e giudiziario in relazione alla componente maschile della società. Le donne, cioè, furono considerate come parte integrante della società e la storia delle donne romane come oggetto della storia romana.
Una vera e propria svolta negli studi sulla condizione femminile è rappresentata dal contributo di Pauline Schmitt Pantel nella raccolta di saggi Storia
delle donne: l’antichità del 19901
, nel quale la studiosa si propone di ricostruire le principali tendenze e tematiche affrontate dalla critica a partire dal 1970, seguendo due criteri fondamentali: da una parte ricostruire l’evoluzione della ricerca per quanto riguarda la valutazione dei principali avvenimenti che coinvolsero in prima persona le donne, il passaggio dalla “storia delle donne” alla “storia del rapporto tra i sessi” e la nascita del concetto di gender; dall’altra analizzare le nuove problematiche che si stavano via via presentando e dimostrare che le tematiche femminili non fossero un filone di studi a se stante, ma parte integrante della storia globale2.
Nel corso degli anni Settanta l’interesse per questo settore di ricerca era limitato a studiosi di area anglosassone, soprattutto americani, e solo dal decennio successivo iniziò a coinvolgere anche francesi, tedeschi e italiani. In Italia un importante contributo per l’avanzamento degli studi venne fornito nel 1989 dal lavoro di E. Gabba e A. Schiavone in Storia di Roma, una raccolta di saggi di
1 Per un quadro degli studi sulla donna negli anni Settanta cfr. SCHMITT PANTEL 1990, pp.
537-553.
Gli studi sulle donne per molto tempo rimasero ai margini della ricerca, quasi costituissero un settore separato rispetto alla storiografia ufficiale, finché il movimento femminista sviluppatosi tra gli anni Sessanta e Settanta mise in discussione le metodologie di ricerca tradizionali allo scopo di costruire una “storia delle donne” nuova, basata sulla rilettura e la reinterpretazione delle fonti antiche e coniugata con altre discipline emergenti, come l’antropologia. Fino a questo momento la storia femminile si era limitata alla ricostruzione delle vicende biografiche di personaggi femminili illustri, sulla base di una lettura passiva e acritica delle fonti antiche e su una visione della realtà come mera contrapposizione tra bene e male, alla quale poteva essere ricondotto ogni avvenimento.
Il primo passo per scardinare l’ideologia tradizionale avvenne nel 1962 con la pubblicazione della monografia Roman Women: Their History and Habits ad opera di J. P. D. V. Balsdon, che per la prima volta tentò di separare la valutazione morale dei fatti dalla ricostruzione storica, mescolando le vicende biografiche delle singole matrone ad una ricostruzione più generale della storia romana4. Ulteriori passi in
avanti avvennero con la pubblicazione del numero speciale della rivista Arethusa a cura di J. Sullivan5
, che si occupava di problematiche legate alla storia delle donne dall’VIII secolo a.C. all’età tardoantica e che la trasformò in un settore di ricerca completamente indipendente; all’interno di quest’opera risulta degna di nota la sintesi bibliografica di S.B. Pomeroy6, che consisteva in una rassegna di tutti i
principali lavori che si erano occupati di storia femminile e che divenne il modello per alcuni lavori successivi, come quello di Goodwaterdel 19757. Due anni più tardi
la stessa Pomeroy pubblicò la monografia Goddess, Whores, Wives and Slaves:
Women in Classical Antiquity8
che rappresenta un momento di cambiamento nella 3 CANTARELLA 1989, pp. 557-608. 4 BALSDON 1962. 5 SULLIVAN 1984. 6 POMEROY 1984, pp. 315-372. 7 Cfr. GOODWATER 1975. 8 POMEROY 1975.
dall’articolo del 1976 Liberating Women’s history di A. D. Gordon, M. J. Buhle e N. Schrom Dye, nel quale le autrici ripercorrono la storia degli studi sulle donne nel corso del diciannovesimo secolo e propongono una schematizzazione delle metodologie di ricerca secondo quattro categorie: “institutional histories of women
in organizations, biographies of important women, histories of ideas about women
and their roles, and social histories of women in particular times and places”.9
Dopo la pubblicazione della monografia di S. B. Pomeroy nel 1975 le ricerche storiografiche seguirono due tendenze principali: la raccolta di informazioni e una nuova analisi delle fonti antiche allo scopo di fornirne una lettura nuova e aggiornata. Fino a questo momento gli studiosi si erano concentrati prevalentemente su indagini mirate a singole problematiche che affrontavano con un’ottica particolaristica, perdendo di vista l’importanza della ricostruzione d’insieme: Skinner dieci anni più tardi chiamerà ‘pointillism’ questa tendenza della critica.10
Negli anni Ottanta gli interessi di ricerca subirono un radicale cambiamento: le grandi opere di sintesi a carattere generale vennero via via abbandonate e sostituite da studi più specialistici e circoscritti ad ambiti di indagine ristretti; l’attenzione degli studiosi inoltre si focalizzò sul terzo punto della classificazione proposta dalle studiose Gordon, Buhle e Schrom Dye, institutional histories of women in
organizations.11
La storia delle donne continuava a rimanere un settore piuttosto marginale della ricerca, ma gli studiosi sentirono l’esigenza di ridefinirne le metodologie di indagine e di rivedere il ruolo delle donne alla luce della nuova sensibilità emersa nel corso degli anni Settanta. Un contributo esplicativo di questa nuova tendenza è rappresentato dal numero speciale della rivista Helios del 1987 diretta da M. B. Skinner: Rescuing Creusa: New Methodological Approaches to
Women in Antiquity12
, che fa il punto della situazione sullo stato degli studi nel decennio precedente alla pubblicazione della rivista e in particolare si propone di
9 GORDON BUHLE SCHROM DYE, pp. 75-92. 10 SKINNER 1987.
11 Per una sintesi degli studi sulla condizione femminile negli anni Ottanta cfr. VALENTINI 2012. 12 SKINNER 1987.
composte da uomini?
La discussione sulla figura della donna nell’antichità assume caratteristiche nuove: non si trattava più semplicemente di descriverne la vita quotidiana e le vicende biografiche, ma di analizzale alla luce dell’interazione con la componente maschile della società. La storia delle donne dunque non è più limitata alle donne, ma mira ad analizzare le relazioni sociali tra sessi, liberandosi dagli elementi fuorvianti derivanti da una documentazione prodotta esclusivamente dalla componente maschile. Culham inoltre è il primo che comprende l’importanza di approcciarsi a questo ambito della ricerca utilizzando gli stessi parametri e le stesse metodologie usate per le altre discipline14 .
Negli anni Novanta15 le ricerche degli studiosi si sono concentrate sul primo e
quarto punto della classificazione di Gordon, Buhle e Schrom Dye: Institutional
histories of women organizations e Social histories of women in particular times and places. Per quanto riguarda soprattutto la prima di queste due tematiche è importante
sottolineare che nel mondo antico non è possibile parlare di organizzazione istituzionale in riferimento alla componente femminile della società, tuttavia vi sono due tipi di circostanze in cui le donne intrapresero iniziative pubbliche, singolarmente o come gruppo: in ambito religioso e politico. Nel corso di questo decennio la critica ha compreso l’importanza di effettuare delle differenziazioni all’interno della società femminile, che fino a questo momento era stata sempre considerata come una categoria omogenea e priva di differenziazioni al suo interno. Nasce la necessità di distinguere tra le donne nate e vissute in contesto urbano e quelle nate e vissute in ambiente rurale e tra le donne appartenenti all’élite e quelle espressione dei ceti subalterni della popolazione, le cui vicende risultano quasi del tutto dimenticate dalla memoria storica. A partire da questa nuova prospettiva, la storia delle donne smette completamente di essere uno studio di nicchia per diventare
13 CULHAM 1990, pp. 161-170. 14 SKINNER 1987; VALENTINI 2012.
dibattito tra gli studiosi, prima tra tutti la studiosa americana J. W. Scott che nel 1986 ha tentato di elaborarne una ricostruzione storica17
: originariamente questo termine veniva utilizzato come ‘ripostiglio’18, diventando una generica definizione che
comprendeva tutti gli studi sulla componente femminile della società, e che compariva in modo indifferenziato e acritico nel titolo di tutti gli studi di genere; recentemente invece viene usato per indicare genericamente la contrapposizione tra genere maschile e femminile, con una particolare attenzione a evidenziare le differenze tra i due e a dimostrare che la storia del secondo è parte integrante di quella del primo.
Insieme al concetto di gender, nel 1987 gli studiosi J. Block e P. Mason introdussero anche quello di sexual asymmetry, ‘dissimmetria tra i sessi’, espresso nella loro raccolta di saggi Sexual Asymmety: Studies in Ancient Society19
, nella quale gli autori esplorano le dinamiche sociali attraverso cui si esplicano i rapporti tra uomini e donne in una determinata società, in un preciso momento storico e in un luogo specifico, partendo dalla consapevolezza che i rapporti tra i sessi scaturiscono da costruzioni sociali e non da dinamiche naturali. In base a quanto detto nel corso degli anni Novanta, negli studi sulla condizione della donna nell’antichità si possono individuare tre tendenze principali. La prima consiste nella necessità di elaborare opere generali di sintesi per colmare i vuoti lasciati dopo anni di studi concentrati su singole e specifiche problematiche; la seconda mira a rivedere vecchie tematiche alla luce delle nuove metodologie di indagine e le nuove sensibilità; l’ultimo orientamento di studi, infine, consiste nella scissione tra la realtà storica sulla vita delle donne nell’antichità e la rappresentazione inevitabilmente parziale che di essa ci restituiscono le fonti letterarie, che assumono un punto di vista esclusivamente maschile.
16 Per il concetto di gender cfr. SCHMITT PANTEL 1990, p. 541; VALENTINI 2012. 17 SCOTT 1986, pp. 1053-1075.
18 SCHMITT PANTEL 1990, p. 541.
Parte Prima
In domo: iniziative femminili nella sfera privata tra mos maiorum e
novitas
La domus tradizionalmente rappresenta lo spazio deputato all’azione femminile, dove le donne, nella riservatezza delle mura domestiche e nelle aree destinate alla sola frequentazione dei familiari, potevano e dovevano esplicare le
virtutes tradizionali previste dal mos maiorum. Fin dall’età monarchica e in tutto il
periodo proto e meso repubblicano le decisioni politiche erano state appannaggio esclusivo della componente maschile e in larga prevalenza erano rimaste confinate nelle sedi istituzionali tradizionali. Nel corso del I secolo a.C. tuttavia si verificò una serie di cambiamenti politici, militari, sociali ed economici che diede la possibilità ad una specifica categoria femminile, le matrone, di essere coinvolte nelle vicende politiche di Roma. Queste donne, madri, sorelle, mogli e figlie degli esponenti delle
gentes più importanti, grazie ai loro legami familiari, modificarono progressivamente
il proprio ruolo nella società e si appropriarono di nuovi spazi d’azione. La domus in non poche occasioni acquisì una valenza politica nuova, mentre le sedi pubbliche, quali il foro e il tribunale, furono progressivamente svuotate di parte del proprio potere decisionale.
In seguito a questo processo di trasformazione, la domus non ebbe più solo una valenza privata, ma divenne anche la sede privilegiata di importanti alleanze politiche, strette durante le occasioni conviviali e attraverso le strategie matrimoniali. Poiché la casa, come abbiamo detto, era il luogo deputato per legge alla donna, il fatto che le decisioni politiche fossero prese all’interno del perimetro domestico comportava di conseguenza che anche le matrone venissero coinvolte nel processo decisionale insieme agli uomini con cui si relazionavano, partecipando ai banchetti, a fidanzamenti, matrimoni e alle cerimonie funebri, ma anche entrando in contatto con l’ambiente militare, il più gerarchizzato e per le sue attività specifiche lontano dalla componente femminile.
Oltre che attraverso la nuova funzione della domus, le donne entrarono direttamente in contatto con i contesti pubblici, cominciando a presenziare in tribunale e poi recandosi nel foro, in forma collettiva o individuale, e in quella sede
attivando un’ampia gamma di canali comunicativi, che vanno dalla gestualità alla lamentazione, dalla parola al discorso. Si appropriarono degli spazi e delle metodologie comunicative che fino a questo momento erano stati loro preclusi, avviando un processo di sconfinamento e sovrapposizione del privato nel pubblico. Il foro rimaneva ancora il luogo principe dell’agone politico, della propaganda e della visibilità, ma sempre più spesso le nuove alleanze venivano stabilite preventivamente nell’intimità del privato.
In questo capitolo si ricostruiscono l’evoluzione e la trasformazione dei processi comunicativi che si attivavano all’interno della domus nell’ultimo secolo della Repubblica ad opera delle donne secondo tre tipologie comunicative, per
imagines, per verba e per scripta. A partire da questo momento infatti le modalità
assumono anche contenuti pubblici e politici, poiché si stanno trasformando contemporaneamente il ruolo delle donne nella vita civica e politica e la funzione della domus, che oltre alla valenza tradizionale affianca anche quella politica, accanto alle sedi istituzionali. L’analisi viene sviluppata attraverso le vicende che coinvolsero alcune delle matrone appartenenti alle famiglie più importanti di Roma, le quali grazie alle loro relazioni familiari si trovarono coinvolte nelle questioni politiche, prima come spettatrici passive e poi come protagoniste attive. Consigliere e confidenti come Porcia; mediatrici con avversari e sostenitori come Servilia e Ottavia; portavoci dei loro uomini quando si trovavano lontani da Roma attraverso la corrispondenza epistolare come Terenzia; promotrici di strategie politiche come Fulvia.
1. Al servizio della politica
1.1 Sempronia: per la congiura di Catilina
Di Sempronia1
, moglie di Decimo Giunio Bruto2
e madre dell’omonimo
1 Cfr. MÜNZER 1923, col. 1446; DIXON 2001, pp. 147-150; CENERINI 2002, pp. 47-49.
2 Decimo Giunio Bruto fu legato di Cesare durante la conquista della Gallia e console nel 77 a.C.; era
il padre di D. Giunio Bruto che partecipò alla congiura contro Giulio Cesare. Su di lui cfr. MRR II, p. 88.
cesaricida, non possediamo alcuna informazione di carattere biografico o personale, ad eccezione dell’aspra descrizione che ne fa Sallustio:
“C’era tra esse Sempronia, che aveva spesso compiuto molti atti di virile audacia. Donna che, per nascita e per bellezza, e inoltre per il marito e per i figli, era stata assai favorita dalla fortuna; colta di lettere greche e latine, suonava la cetra, danzava con movenze più raffinate di quanto non si addica ad una donna virtuosa, e aveva molte altre attrattive invitanti al piacere. A lei, però, nulla fu meno caro del ritegno e del pudore; non era facile distinguere se fosse più generosa di denaro o di reputazione; così accesa di libidine che cercava gli uomini più di quanto non ne fosse cercata. Ma anche prima era spesso venuta meno alla parola data, aveva negato, spergiurando, i debiti, era stata complice di omicidi; bisogno di lusso e mancanza di mezzi l’avevano precipitata in rovina. Nonostante ciò, il suo ingegno non era spregevole; sapeva comporre versi, suscitare buon umore, conversare in modo ora riservato, ora insinuante, ora licenzioso; insomma era donna di molto spirito e di molta grazia”3.
Sempronia rientrava a pieno titolo nel canone matronale, per le proprie origini, la posizione sociale del marito e per aver adempiuto al suo dovere fondamentale di moglie, quello di garantire una discendenza al proprio sposo. La matrona tuttavia decise di intromettersi nelle vicende politiche, appropriandosi di ruoli e spazi che non le competevano, agendo extra mores e diventando emblema del cambiamento.
Nel 63 a.C. Sempronia mise a disposizione la casa del marito, che si trovava lontano da Roma, ai congiurati che stavano preparando la cosiddetta ‘congiura di Catilina’ e che dovevano incontrare la delegazione degli Allobrogi per convincerli ad aderire al progetto.
“Egli [Umbreno4] li conduce alla casa di Decimo Bruto, perché era vicina al foro e, grazie a
Sempronia, non ignorava il complotto: ciò in quanto Bruto era allora assente da Roma. Inoltre, per conferire maggior prestigio alle sue parole, fa intervenire Gabinio. Lui presente,
3 Sall. Cat. 25: Sed in iis erat Sempronia, quae multa saepe virilis audaciae facinora conmiserat.
Haec mulier genere atque forma, praeterea viro atque liberis satis fortunata fuit; litteris Graecis et Latinis docta, psallere et saltare elegantius quam necesse est probae, multa alia, quae instrumenta luxuriae sunt. Sed ei cariora semper omnia quam decus atque pudicitia fuit; pecuniae an famae minus parceret, haud facile discerneres; lubido sic accensa, ut saepius peteret viros quam peteretur. Sed ea saepe antehac fidem prodiderat, creditum abiuraverat, caedis conscia fuerat; luxuria atque inopia praeceps abierat. Verum ingenium eius haud absurdum: posse versus facere, iocum movere, sermone uti vel modesto vel molli vel procaci; prorsus multae facetiae multusque lepos inerat.
4 Publio Umbreno è il figlio di un liberto nominato in Cic. Cat. III, che fu incaricato da Lentulo, a sua
volta su ordine di Catilina, di avvicinare i legati degli Allobrogi e di indurli a stringere un’alleanza con i congiurati.
rivela il piano della congiura, fa il nome dei congiurati, aggiungendo quello di molti altri di ogni condizione che ne erano all’oscuro, per infondere nei legati maggior coraggio. Infine, avutane formale promessa di collaborazione, li licenzia”5.
.
L’unica fonte sull’episodio è rappresentata da Sallustio, il quale indica esplicitamente che la donna era stata messa al corrente del complotto dal marito e che provvedeva a farne le veci durante la sua assenza. La matrona agì in prima persona: contattò i congiurati, mise a disposizione la domus del marito, organizzò e partecipò all’incontro, anche se non è possibile stabilire con certezza se prese tali iniziative autonomamente o se queste fossero il risultato di disposizioni maschili. Probabilmente la donna durante la riunione non prese la parola direttamente, poiché la fonte non specifica un comportamento che sarebbe stato tanto estraneo al mos
maiorum e che sarebbe stato sicuramente funzionale alla definizione negativa della
sua personalità.
Proprio questa azione deteminò una valutazione negativa dell’indole di Sempronia e una rilettura in chiave negativa della sua personalità. Inoltre il caso sopra descritto attesta chiaramente l’uso della domus come luogo privilegiato per gli incontri e le decisioni politiche.
1.2 Fulvia, ‘di donna non aveva altro che il corpo’6
Figlia unica di Marco Fulvio Bambalione e Sempronia Tuditana, Fulvia era l’ultima rappresentante di una nobile gens plebea, i Semproni Tuditani7
. Discendente di Publio Cornelio Scipione Africano e di Gaio Sempronio Gracco, ereditava una nobiltà decaduta, una tradizione politica vicina ai populares e un patrimonio piuttosto consistente. La tradizione storiografica non testimonia con certezza il suo
5 Sall. Cat. 40: Ille eos in domum D. Bruti perducit, quod foro propinqua erat neque aliena consili
propter Semproniam; nam tum Brutus ab Roma aberat. 6 Praeterea Gabinium arcessit, quo maior auctoritas sermoni inesset. Eo praesente coniurationem aperit, nominat socios, praeterea multos cuiusque generis innoxios, quo legatis animus amplior esset. Deinde eos pollicitos operam suam domum dimittit.
6 Vell. II, 74, 2: “D’altra parte la moglie di Antonio, Fulvia, che di femminile non aveva altro che il
corpo, tutto sconvolgeva con le violenze e i disordini”. (Ex altera parte uxor Antonii Fulvia, nihil muliebre praeter corpus gerens, ornnia armis tumultuque miscebat).
7 Su Fulvia tra tutti cfr. MÜNZER 1910, coll. 281-284; SCUDERI 1982, pp. 41-84; BAUMAN 1992;
anno di nascita, ma tenendo conto che nel 58 a.C. era già sposata e che le donne mediamente prendevano marito tra i quattordici e i vent’anni, si può ipotizzare che sia nata intorno al 78 a.C., a Tuscolo8
.
Fulvia si sposò tre volte in soli quindici anni9
: i primi due matrimoni, finiti tragicamente, furono contratti con due importanti tribuni della plebe, Publio Clodio Pulcro10 intorno al 61 a.C. e Gaio Scribonio Curione11 intorno al 51 a.C., uomini che
la legarono profondamente alla fazione cesariana. Tra la fine del 47 e l’inizio del 46 a.C. si sposò per la terza e ultima volta, con Marco Antonio, al quale diede due figli maschi, Marco Antonio Antillo e Iullo Antonio12
.
Iniziò ad interferire nella vita politica tra il 44 e il 40 a.C. all’ombra del suo ultimo marito, ma fu in particolare negli ultimi due anni, quando Antonio si trovava in Oriente, che la sua presenza nel panorama politico divenne determinante, anche grazie alla stretta collaborazione con il fratello del triumviro, Lucio Antonio. Nel 41 a.C. scese in campo a fianco del cognato, assediato a Perugia da Ottaviano: dopo la pesante sconfitta subìta nel bellum Perusinum, Fulvia fuggì con i figli verso Brindisi, accompagnata da Munazio Planco, per poi salpare alla volta della Grecia, dove si sarebbe ricongiunta con Antonio13
. Fulvia morì a Sicione nel 40 a.C. per un virus
malignus14
, poco tempo dopo l’ultimo duro colloquio con Antonio, che la rimproverò per le iniziative che aveva preso in sua assenza e per il modo in cui aveva gestito la guerra di Perugia15
. La sua morte si rivelò quanto mai opportuna per le esigenze di Ottaviano e di Antonio, i quali la additarono come causa dei loro recenti conflitti e soprattutto della guerra di Perugia, scagionando Antonio da ogni responsabilità. Con tutta probabilità la memoria dell’episodio risente della propaganda contemporanea che aveva tutto l’interesse a far ricadere le colpe sulla matrona per permettere ai due
8 Per notizie biografiche su Fulvia cfr. DI BELLA 2012; ROHR VIO 2013a, pp. 15-20. 9 Per i matrimoni di Fulvia cfr. BABCOCK 1965, pp. 1-32; ROHR VIO 2013a.
10 Fulvia e Clodio ebbero due figli Claudia e Publio Claudio Pulcro cd. infra. Per Publio Clodio Pulcro
vd. MRR II, pp. 195-196.
11 Fulvia e Curione ebbero un figlio, Gaio Scribonio Curione, che venne ucciso dopo la battaglia di
Azio per ordine di Ottaviano. Per Gaio Scribonio Curione vd. MRR II, p. 249.
12 Il primo fu ucciso per ordine di Ottaviano dopo la sconfitta di Antonio ad Azio nel 31 a.C., mentre il
secondo fu accudito dalla sorella di Ottaviano, Ottavia Minore. Su Marco Antonio cfr. TRAINA 2003.
13 Per un inquadramento storico sulla guerra di Perugia cfr. SYME 1939 (2014).
14 Sulla morte di Fulvia cfr. Appian. Civ. 230 e 249-250; Plut. Ant. 30, 1-6; Dio XLVIII 28, 2-3. 15 Sul colloquio tra Fulvia e Antonio cfr. Plut. Ant. 30, 1-6; Dio XLVIII 27, 4; Appian. Civ. V 19, 75;
triumviri di riappacificarsi16
. Con la sua scomparsa si apriva anche la possibilità per i triumviri di stringere un nuovo accordo politico, che fu sancito nel 40 a.C. a Brindisi. Il patto fu sigillato con una nuova unione matrimoniale tra Antonio e la sorella di Ottaviano, Ottavia Minore17
.
La documentazione antica su Fulvia non è molto ampia. L’epigrafia menziona la matrona in alcune ghiande missili18, utilizzate durante la guerra di
Perugia tra il 41 e il 40 a.C.: su tali proiettili di piombo i soldati erano soliti incidere insulti generici e allusioni di carattere osceno relativi alle parti del corpo del nemico che si intendeva colpire19
. Dal punto di vista archeologico rimane solamente una testa in marmo, rinvenuta presso i monti Albani e oggi conservata a Copenhagen, che tuttavia non è di sicura attribuzione20
. Sono ancora oggetto di discussione infine cinque monete datate tra il 43 e il 40 a.C.21
: al diritto è raffigurata una testa femminile, volta a destra, dal naso aquilino e labbra sottili, che secondo la maggioranza degli studiosi rappresenterebbe proprio Fulvia. Se l’identificazione del tipo dovesse rivelarsi corretta, la moglie di Antonio sarebbe la prima donna ad essere rappresentata su un supporto monetale22
.
16 Dio XLVIII 28, 2-3: “Mentre i due contendenti e i loro sostenitori erano incerti, Fulvia morì a
Sicione, dove si trovava. La colpa della sua morte cadde su Antonio, a motivo dell’amore di Cleopatra e della dissolutezza di costei. Quando giunse la notizia, i due nemici deposero le armi e vennero a un accordo, o perché era stata Fulvia ad alimentare in passato la loro inimicizia, o perché, essendo uguali nelle forze e nelle speranze, e quindi temendosi a vicenda, videro nella morte della donna un buon pretesto per porre fine alle ostilità”. (Mετεώρων δ ὲ αὐτῶν τε [καὶ] ἐκείνων κα ὶ τῶν συμπολεμησόντων σφίσιν ὄντων, ἡ Φουλουία ἐν Σικυῶνι, ἐν ᾗ ἦν, ἐτελεύτησε. καὶ αἰτίαν μὲν ὁ Ἀντώνιος τοῦ θανάτο α ὐτῆς πρός τε τ ὸν τ ῆς Κλεοπάτρας ἔρωτα κα ὶ πρὸς τ ὴν ἐκείνης ἀσέλγειαν ἔσχεν· ὡς δ’ ο ὖν τοῦτ’ ἠγγέλθη, τά τε ὅπλα ἀμφότεροι κατέθεντο κα ὶ συνηλλάγησαν, ε ἴτ’ ο ὖν ὄντως ἐκπολεμούμενοι πρότερον ὑπὸ τῆς Φουλουίας, ε ἴτε καὶ πρόφασιν τ ὸν θάνατον α ὐτῆς πρὸς τ ὸ παρ’ ἀλλήλων δέος, ὥστε κα ὶ ἀντιπάλους καὶ τὰς δυνάμεις καὶ τὰς ἐλπίδας ἔχοντες ποιησάμενοι).
17 Sulla morte di Fulvia cfr. ROHR 2014b, pp. 112-123. Su Ottavia cfr. infra. 18 Cfr. CIL XI 6721, 3-5; 14.
19 Sulle ghiande missili che menzionano Fulvia cfr. HALLETT 1977, pp. 151-171; BENEDETTI
2012.
20 HELBIG 1889, pp. 572-590 data il busto all’età tardo repubblicana per la coincidenza tra
l’acconciatura e la moda del tempo. L’archeologo ritiene che via sia una corrispondenza tra i tratti del volto della matrona raffigurata e le caratteristiche negative del suo carattere.
21 Si tratta di un quinario di Antonio proveniente dalla zecca di Lugdunum di cui sono conosciuti due
esemplari (RRC 489, 5; RRC 489, 6); un aureo di Gaio Numonio Vaala (RRC 514, 1); un denario di Lucio Mussidio Longo (RRC 494, 40) e un asse emesso a Eumenia in Frigia (RPC 4509).
22 Una parte della critica invece ha identificato il volto femminile rappresentato sulle monete con la
personificazione della Vittoria, per la presenza di piccole ali all’attaccatura delle spalle. L’intento ritrattistico tuttavia sembra dimostrato chiaramente dall’acconciatura alla moda e dal realismo dei
Le notizie più consistenti su Fulvia derivano dal ritratto che ne elabora la tradizione letteraria, che tuttavia non ne restituisce un’immagine positiva per quanto riguarda l’aspetto, il carattere e i comportamenti. Della matrona non conosciamo le precise caratteristiche fisiche: l’unica fonte che offre una testimonianza in proposito è rappresentata da Svetonio che accenna ad una lieve anomalia del volto:
“Sesto Clodio, che era originario della Sicilia e insegnava sia eloquenza latina che greca, avendo una vista corta e una lingua lunga, sosteneva di aver perduto entrambi gli occhi mentre era amico del triumviro Marco Antonio. Disse che la moglie di Antonio, Fulvia, che aveva una guancia più gonfia dell’altra, vi verificava la punta dello stilo, e non per questo era meno caro ad Antonio, tutt’altro”23.
Se la matrona secondo la tradizione doveva essere pulchra, Fulvia aveva il volto asimmetrico; se le donne dovevano essere tacite, Fulvia faceva un uso della parola che la assimilava ad un uomo: avida di potere, arrogante e avara24
. Si sposò ed ebbe almeno cinque figli, ma non rispettò mai il paradigma di comportamento prescritto dal mos maiorum: non fu dedita al telaio (lanifica) né alle faccende domestiche (domiseda). Così la descrive Plutarco:
“Costei non era donna che si occupasse di filare la lana e di curare la casa, né che si rassegnasse a dominare un uomo privato, ma voleva governare un governante e comandare un comandante; sicché Cleopatra fu in debito con Fulvia per le lezioni di sottomissione alle donne da lei impartite ad Antonio, dal momento che lo ricevette del tutto arrendevole ed educato fin dall’inizio a ubbidire alle donne”25.
Fulvia non fu univira, virtù apprezzata ma non indispensabile per il canone matronale, e anzi i matrimoni con i tre protagonisti della factio dei populares furono determinati principalmente da considerazioni di carattere politico ed economico;
tratti fisiognomici: questo ha indotto alcuni studiosi ad identificarla con Ottavia, sorella di Ottaviano cfr. GIARD 1983. Sull’interpretazione delle monete cfr. DAREGGI 2012, pp. 107-115.
23 Svet. rhet. XXIX, 1: Sextus Clodius e Sicilia Latinae simul Graecaeque eloquentiae professor male
oculatus et dicax, par oculorum in amicitia M. Antonii triumviri extrivisse se aiebat. Eiusdem uxorem Fulviam, cui altera bucca inflatior erat, acumen stili temptare dixit nec eo minus, immo vel magis ob hoc Antonio gratus.
24 Sul carattere di Fulvia cfr. Cic. Phil. VI, 4; Cic. Phil. XIII, 18; Plut. Ant. 30; Appian. Civ. V,
249-250; Dio XLVIII, 5, 3; Oros. Hist. VI, 18, 17.
25 Plut. Ant. 10, 5-6: Φουλβίαν ἀγαγόμενος τ ὴν Κλωδίῳ τῷ δημαγωγῷ συνοικήσασαν, ο ὐ
ταλασίαν ο ὐδ’ ο ἰκουρίαν φρονοῦν γύναιον ο ὐδ’ ἀνδρὸς ἰδιώτου κρατεῖν ἀξιοῦν, ἀλλ’ ἄρχοντος ἄρχειν καὶ στρατηγοῦντος στρατηγεῖν βουλόμενον, ὥστε Κλεοπάτραν διδασκάλια Φουλβίᾳ τῆς Ἀντωνίου γυναικοκρασίας ὀφείλειν, πάνυ χειροήθη καὶ πεπαιδαγωγημένον ἀπ’ ἀρχῆς ἀκροᾶσθαι γυναικῶν παραλαβοῦσαν αὐτόν.
questo tuttavia non deve stupire in una società nella quale, soprattutto presso i ceti elevati, i matrimoni rappresentavano occasioni privilegiate per stringere o consolidare alleanze politiche. Nel caso di Fulvia tuttavia la tradizione storiografica, contemporanea e successiva, rivisitò il significato delle nozze in un’ottica evidentemente denigratoria, tanto che Cicerone la descrive come la causa della rovina dei suoi mariti26.
“Ed è proprio il triste destino di Clodio, come pure quello di Curione, che è fissato per te, dato che tu hai in casa lo stesso essere che è stato funesto a entrambi loro”27.
Fulvia aveva violato in ogni modo la castitas e il pudor che dovevano contraddistinguere una matrona: aveva ignorato i suoi doveri all’interno delle mura domestiche e aveva varcato i confini fisici e ideologici della domus, facendo sentire la propria voce in contesti che fino a questo momento erano stati preclusi alle donne, quali il foro, il tribunale e persino il campo di battaglia. Fulvia insomma aveva incarnato tutto ciò che andava contro le virtutes matronali tradizionali, assumendo progressivamente tutte quelle caratteristiche che in un uomo erano considerate positive.
Il ritratto di Fulvia così come lo restituiscono le fonti risulta gravemente inquinato da una precisa volontà denigratoria messa in atto dagli autori a lei contemporanei, primo fra tutti Cicerone, i quali avevano visto nella delegittimazione della sua figura l’occasione per appianare le divergenze tra i due protagonisti della scena politica, Antonio e Ottaviano. Responsabile delle ostilità tra i due triumviri stremati da un lungo periodo di scontri politici e militari, promotrice e regista della guerra di Perugia, emblema di tutto ciò che il canone matronale rifiutava: questa è l’immagine distorta e strumentalizzata di Fulvia, costruita dalle fonti in rebus e recepita dalla tradizione storiografica post res, che fece di lei l’incarnazione dell’antimodello.
26 Per un ritratto di Fulvia cfr. CENERINI 2002; IGE 2003, pp. 53-57.
27 Cic. Phil. II, 5, 11: cuius quidem tibi fatum, sicuti C. Curioni, manet, quoniam id domi tuae est quod
1.2.1 Un funus seditiosum per Clodio
Della vita matrimoniale di Fulvia e Clodio non rimane alcuna traccia: si sposarono con tutta probabilità nel 61 a.C. ed ebbero due figli, Publio Claudio Pulcro e Claudia, futura sposa di Ottaviano28
. Gli autori antichi, come Cicerone e Valerio Massimo, testimoniano, non senza una certa indignazione, la costante presenza della moglie accanto al tribuno, nei confronti del quale la donna esercitava un’influenza costante:
“Clodio Pulcro ottenne il favore della plebe ed il suo pugnale, alleatosi alle gonne di Fulvia, ne tenne l’orgoglio di soldato soggetto al potere di una donna”29.
L’unico episodio di cui le fonti storiografiche hanno tramandato memoria è relativo alla morte di Clodio, che vide la donna assumere la vera e propria ‘regia del lutto’. Da Cicerone sappiamo che Clodio, candidato alla pretura, morì il 18 gennaio del 52 a.C. lungo la via Appia, assassinato dalle bande armate di Tito Annio Milone,
homo novus che concorreva per il consolato. Cicerone, che prese le difese di
quest’ultimo, sosteneva che a organizzare lo scontro fosse stata la vittima e non il suo assistito e tra le prove a conferma della sua tesi ricordava che quel giorno Fulvia era assente, fatto assai strano dal momento che la donna era solita seguire il marito in ogni circostanza30
. Quando le fu riconsegnato il corpo del marito dilaniato dai colpi, Fulvia lo espose nell’atrio della domus sul Palatino, recentemente acquistata da Clodio per promuovere la sua immagine in vista delle elezioni, mostrando irritualmente le ferite che gli erano state inferte a tutti coloro che rendevano l’ultimo omaggio:
“Il corpo di Clodio è stato portato prima della prima ora della notte, una grande folla di
28 Sul matrimonio di Fulvia e Publio Clodio Pulcro cfr. VIRLOUVET 1994, pp. 73-74; ROHR VIO
2013, pp. 21-45. Su Clodio cfr. FEZZI 2008.
29 Val. Max. III, 5, 3: Possedit fauorem plebis Clodius Pulcher adhaerensque Fuluianae stolae pugio
militare decus muliebri imperio subiectum habuit.
30 Cic. Mil. 55: “Fino allora Clodio aveva sempre con sé la moglie: quel giorno era senza di lei; non
viaggiava mai se non in carrozza: quel giorno era a cavallo; era accompagnato, dovunque andasse, perfino quando correva al suo accampamento d’Etruria, dai suoi belli di Grecia: quel giorno nessuna frivolezza al suo seguito”. (Semper ille antea cum uxore, tum sine ea; numquam nisi in raeda, tum in equo; comites Graeculi quocumque ibat, etiam cum in castra Etrusca properabat, tum nugarum in comitatu nihil).
popolani tra i più spregevoli e di schiavi con grandi manifestazioni di dolore circondò il corpo deposto nell’atrio della domus. Accresceva l’odio per quanto era accaduto la moglie di Clodio, Fulvia, che esibiva le sue ferite emettendo lamenti”31.
La donna si abbandonò a gemiti e lamenti, non solo per sfogare la propria disperazione, ma soprattutto per mettere in atto una precisa strategia politica di cui lei stessa avrebbe tirato le fila: attraverso questa manifestazione del dolore, sfruttava contemporaneamente due forme di comunicazione, una gestuale e l’altra verbale, costituita da lamenti disarticolati e brevi frasi, allo scopo di fomentare il desiderio di vendetta dei seguaci del marito contro i suoi assassini32
.
La gestione della cerimonia dentro e fuori le mura domestiche rivela una certa unitarietà organizzativa, segno evidente che la direzione era stata affidata alla stessa persona, Fulvia. Nonostante questo, l’elemento maschile non fu del tutto escluso dall’organizzazione: le fonti testimoniano, infatti, che quando il feretro oltrepassò le mura domestiche, la gestione della cerimonia fu affidata ad alcuni amici del defunto:
“Il giorno dopo all’alba, quando una folla ancor più numerosa della stessa classe confluì, molti risultarono essere uomini conosciuti. L’abitazione di Clodio sul Palatino era stata acquistata pochi mesi prima da Marco Scauro: lì accorsero i tribuni della plebe Tito Munazio Planco, fratello dell’oratore Munazio Planco, e Quinto Pompeo Rufo, nipote del dittatore Silla per parte di madre. Il popolo ignorante, sulla base delle indicazioni di costoro, trasportò nel foro e pose sui rostri il corpo nudo e oltraggiato, come era stato posto nel letto funebre, affinché si potessero vedere le ferite”33.
31 Ascon. Mil. 28: Perlatum est corpus Clodi ante primam noctis horam, infimaeque plebis et
seruorum maxima multitudo magno luctu corpus in atrio domus positum circumstetit. Augebat autem facti inuidiam uxor Clodi Fuluia quae cum effusa lamentatione uulnera eius ostendebat.
32 Così scrive di lei Ascon. Mil. 28: “Fomentava l’odio per l’assassinio Fulvia, moglie di Clodio, che
esibiva le ferite di costui emettendo lamenti”. (Augebat autem facti invidiam uxor Clodi Fulvia quae
cum effusa lamentatione vulnera eius ostendebat). Per l’evoluzione della comunicazione verbale e
gestuale femminile cfr. ROHR VIO 2014a, pp. 95-117.
33 Ascon. Mil. 28: Maior postera die luce prima multitudo eiusdem generis confluxit, compluresque
noti homines visi sunt. Erat domus Clodi ante paucos menses empta de M. Scauro in Planci oratoris, et Q. Pompeius Rufus, Sullae dictatoris ex filia nepos, tribuni plebis accurrerunt: eisque hortantibus vulgus imperitum corpus nudum ac calcatum, sicut in lecto erat positum, ut vulnera videri possent in forum detulit et in rostris posuit.
Fulvia instaurò una stretta collaborazione con i tribuni della plebe, Tito Munazio Planco34
e Quinto Pompeo Rufo, i quali inveirono contro l’assassino di Clodio davanti alla folla radunata nel foro:
“Rufo e Tito Munazio Planco accrebbero ancora di più la loro eccitazione: costoro, che erano tribuni, portarono poco prima dell’alba la salma nel foro, la posero sui rostri, la mostrarono a tutti e pronunciarono discorsi intonati alla circostanza uniti a lamenti. Alla vista di quello spettacolo e per effetto di quei discorsi, la folla divenne furente, non ebbe alcun rispetto per le cose sacre, violò tutti i riti che riguardano i funerali, e mancò poco che desse fuoco alla città”35.
Il popolo, aizzato da uno dei collaboratori di Clodio, sollevò il cadavere del tribuno assassinato, lo trasportò dentro la Curia Ostilia e improvvisò una pira funebre fatta di mobili e libri: la sede del senato venne data alle fiamme, che poi si propagarono anche agli edifici circostanti; il corpo tuttavia rimase bruciato solo in parte, fu abbandonato sulle macerie dell’incendio e durante la notte sbranato dai cani. Con l’aiuto dei collaboratori di Clodio, la matrona trasformò il funerale del marito in un funus seditiosum, un funerale che spingesse il popolo ad una reazione violenta contro gli avversari del tribuno assassinato e che caricasse la figura del marito di un forte valore simbolico e politico. Si trattò di un tumulto di folla che si protrasse per giorni, finché il senato emanò un senatusconsultum ultimum che consentiva l’ingresso in Italia di milizie armate e a partire dal febbraio del 52 a.C. affidava a Pompeo la carica di console sine collega per riportare l’ordine.36
Fulvia gestì in prima persona la parte privata del lutto, nel rispetto almeno apparente delle consuetudini prescritte dal mos maiorum. Il comportamento della donna oltrepassò i limiti del pudor matronale per le modalità con cui espresse il dolore per la grave perdita subìta: emise gemiti e lamenti di fronte alla salma del marito alla presenza di amici e clientes, contravvenendo alla regola fondamentale che
34 Cfr. MRR II, p. 357. Sul tribuno vd. anche VALENTINI 2009, pp. 115-140.
35 Dio XL, 49, 2: παραλαβόντες δὲ αὐτοὺς οὕτως ἔχοντας ὅ τε Ῥοῦφος καὶ Τίτος Μουνάτιος Πλάγκος προσπαρώξυναν· δημαρχοῦντες γ ὰρ ἔς τε τ ὴν ἀγορὰν <τὸν> νεκρὸν ὑπὸ τὴν ἕω ἐσεκόμισαν κα ὶ ἐπὶ τὸ βῆμα ἐπέθεσαν π ᾶσί τε ἐπεδείκνυσαν, κα ὶ ἐπέλεγον ο ἷα ε ἰκὸς ἦν ὀδυρόμενοι, ὥστε τ ὸν ὅμιλον κα ὶ ἐξ ὧν ἑώρων καὶ ἐξ ὧν ἤκουον συνταραχθῆναι, καὶ μήτε τοῦ θείου ἔτι φροντίσαι, ἀλλὰ πάντα μὲν τὰ περὶ τὰς ταφὰς νόμιμα συγχέαι, πᾶσαν δὲ ὀλίγου τὴν πόλιν καταπρῆσαι.
voleva le matrone tacitae anche in queste circostanze37
; dal III secolo a.C. infatti la
lamentatio non era più affidata alle matrone, ma alle prefiche, donne specializzate in
questa pratica che consisteva nell’emissione di lamenti e nella ripetizione cantilenante di brevi frasi38
. Fulvia non si limitò a dirigere l’allestimento del funerale finché il corpo era ancora nella domus, ma interferì anche nel momento pubblico della cerimonia che per tradizione doveva essere affidato al parente maschio più prossimo al defunto.
Il funerale di un esponente dell’élite romana costituiva un’importante occasione di comunicazione politica per la gens e la factio a cui apparteneva e di dialogo tra la classe dirigente e i cittadini che da essa si facevano rappresentare. Il
funus non si limitava alla manifestazione privata del dolore da parte dei familiari
entro le mura domestiche, ma anzi prevedeva un momento pubblico dotato di forte valore simbolico, che toccava i luoghi più importanti della città e avveniva alla presenza dell’intero corpo civico, allo scopo di celebrare il ruolo politico e sociale ricoperto in vita dal defunto.
Nella ritualità funeraria i ruoli di uomini e donne erano ben distinti: i primi sfilavano con il capo coperto nella pompa funebris, il corteo che celebrava il ricordo e l’onore del defunto, inserendosi in una dimensione pubblica e pronunciavano l’orazione funebre; alle donne era riservata invece la manifestazione visiva del dolore nell’intimità delle mura domestiche e le manifestazioni foniche che non comprendevano alcun discorso, ma solo suoni e parole disarticolate, in una dimensione limitata alla sfera privata39
.
Il corpo del defunto veniva lavato, vestito con l’abito di rappresentanza ed esposto nell’atrio della domus per l’omaggio di amici e clientes; tutto intorno si disponevano i familiari che dovevano assumere un aspetto dimesso ed erano obbligati ad indossare abiti scuri non corrispondenti al proprio rango: gli uomini si facevano crescere la barba, mentre le donne tenevano i capelli sciolti e spettinati in una sorta di rovesciamento comportamentale rispetto al defunto che invece indossava l’abito di rappresentanza. Le donne intonavano il lamento funebre, ostentando pianti
37 Sul silenzio che doveva contraddistinguere la figura femminile cfr. CANTARELLA 2006. 38 Sulla figura e il ruolo delle prefiche cfr. VALENTINI 2012, pp. 132-141.
e lamenti, mentre gli uomini stavano in piedi dietro di loro in una manifestazione del dolore più composta, come si addiceva alla loro dignitas. In un secondo momento la salma veniva condotta al luogo della cremazione con una processione (pompa
funebris) a cui prendevano parte i membri viventi della famiglia e gli antenati illustri,
personificati da schiavi che indossavano maschere di cera con le loro fattezze. Una volta giunti nel foro, l’esponente più autorevole della famiglia pronunciava la
laudatio, un discorso che ricordava e celebrava le imprese che avevano
contraddistinto il defunto quando era in vita. Attraverso la commistione di comunicazione verbale e gestuale, il ricorso a simboli, parole e rappresentazioni, la cerimonia funebre diventava dunque l’occasione per presentare un resoconto per
imagines e per verba della storia di Roma attraverso le vicende personali di una
famiglia.40
Fulvia seppe sfruttare l’uccisione di Clodio per ricompattare la factio
popularis che si riconosceva nel tribuno e che aveva ritrovato unità proprio in
conseguenza del suo assassinio. Clodio aveva ricoperto ruoli politici importanti, facendo del popolo la propria forza e bacino di consenso, per questo motivo era indispensabile che, anche dopo la sua morte, i suoi collaboratori mantenessero viva la comunicazione con la plebe urbana e ne continuassero a cercare il sostegno. Fulvia aveva condiviso i progetti politici del marito e lo aveva affiancato durante il tribunato del 58 a.C. quindi non deve stupire che dopo la sua morte abbia voluto assumere un ruolo decisionale di primo piano per garantire la stabilità del gruppo politico che faceva capo a costui e assicurarsi il sostegno della plebe urbana. L’esibizione delle ferite insanguinate, la pubblica manifestazione del dolore attraverso gemiti e lamenti, l’ostentazione del lutto manifestano il chiaro intento della matrona di sovvertire la ritualità funebre tradizionale allo scopo di enfatizzare il valore politico e sociale del marito defunto e chiamare a vendetta il popolo contro gli assassini di Clodio.
Fulvia poteva contare su alcuni precedenti illustri: il corpo di Lucrezia, che si uccise per essere stata violata dal figlio di Tarquinio il Superbo, fu ostentato dai
familiari per sobillare la ribellione contro la monarchia41
; e Virginia, che dopo aver subìto la violenza di Appio Claudio, fu uccisa dal padre che voleva preservarne la virtù42
. La differenza fondamentale tra questi precedenti e il caso di Fulvia è che in essi ad avere un ruolo attivo furono gli uomini della famiglia, i quali si assunsero la responsabilità di compiere scelte estreme e, attraverso l’ostentazione dei corpi delle proprie figlie con le ferite ancora sanguinanti, volevano cambiare le istituzioni di Roma; le donne, vittime delle circostanze, vennero utilizzate solo come strumento passivo, come mezzo per raggiungere scopi politici43
. Nel caso di Fulvia invece si assiste a un duplice rovesciamento: da una parte si verifica una inversione dei ruoli, dal momento che in questo caso vittima di una violenza non è la matrona ma suo marito; dall’altra è una donna che sfrutta la morte di un familiare come occasione per raggiungere un obiettivo politico44
.
Il funerale di Clodio rappresenta la prima circostanza in cui Fulvia svolse un ruolo da protagonista e la prima volta in cui una donna si fece promotrice in prima persona di una strategia politica. Per la sua prima azione politica, Fulvia scelse di mantenersi in un’ambientazione consona all’iniziativa femminile secondo il mos
maiorum, la domus, il luogo privato per antonomasia, che in questo caso tuttavia si
41 Per la storia di Lucrezia vd. Dionigi di Alicarnasso 4, 74, 3; 71, 2. Cfr. CANTARELLA 2006, pp.
52-56-
42 Sulla storia di Virginia cfr. CANTARELLA 2006, pp. 52-56.
43 Per un confronto tra i precedenti e il caso di Fulva cfr. ROHR VIO 2013, pp. 35-36.
44 L’iniziativa costituì a sua volta il precedente per un altro funus seditiosum, quello di Cesare nel 44
a.C.: il funerale fu organizzato da Marco Antonio e Azia, nipote del dittatore, alla quale questi aveva affidato l’organizzazione; il corpo fu esposto con le ferite inferte dalle pugnalate degli avversari ancora sanguinanti allo scopo di suscitare la reazione violenta della folla contro i membri della congiura. Plut. Brut. 20 nota le somiglianze tra i due episodi: In secondo luogo, Antonio, pronunciando, secondo la consuetudine, l’elogio funebre davanti alle spoglie di Cesare che erano state trasportate nel foro, si propose di instillare nella folla commossa il seme della compassione. Egli prese le vesti insanguinate di Cesare, le dispiegò per mostrarne le lacerazioni e mettere in evidenza quanto numerosi fossero stati i colpi inferti. La folla diede in smanie: alcuni chiedevano a gran voce la testa degli assassini, altri- come già era avvenuto ai funerali del demagogo Clodio- ammassarono i banchi divelti dai negozi ed i tavoli in un sol punto e ne fecero un rogo gigantesco. Posero al centro della pira il cadavere di Cesare e gli resero le onoranze funebri, sebbene lì vicino vi fossero templi ed altri edifici sacri ed inviolabili”. (ἔπειτα, τοῦ σώματος ε ἰς τ ὴν ἀγορὰν κομισθέντος, Ἀντώνιος ἔπαινον ὥσπερ ἔθος ἐστὶ διεξελθών, καὶ τὰ πλήθη κινούμενα πρὸς τὸν λόγον ὁρῶν, εἰς οἶκτον μετέβαλε, κα ὶ τὴν ἐσθῆτα λαβὼν τοῦ Καίσαρος ᾑμαγμένην ἀνέπτυξεν, ἐπιδεικνύμενος τ ὰς διακοπὰς καὶ τῶν τραυμάτων τὸ πλῆθος. ἦν οὖν ἰδεῖν οὐδὲν ἔτι κόσμῳ γινόμενον, ἀλλ’ οἱ μὲν ἐβόων τοὺς ἀνδροφόνους ἀναιρεῖν, οἱ δ’, ὥσπερ ἐπὶ Κλωδίου τοῦ δημαγωγοῦ πρότερον, ἀπὸ τῶν ἐργαστηρίων τ ὰ βάθρα κα ὶ τὰς τραπέζας ἀνασπῶντες καὶ συγκομίζοντες ε ἰς τα ὐτό, παμμεγέθη πυρ ὰν ἔνησαν, καὶ τὸν νεκρὸν ἐπιθέντες ἐν μέσῳ πολλῶν μ ὲν ἱερῶν πολλῶν δ’ ἀσύλων καὶ ἀβεβήλων τόπων καθήγιζον).