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La ricerca ha consentito di delineare nelle loro coordinate principali il cambiamento e l’evoluzione della figura femminile nel corso del I secolo a.C. attraverso lo studio delle modalità comunicative attivate dalle matrone nei contesti pubblici e privati. Alla luce di quanto emerso dalle vicende analizzate, è possibile affermare che esista una corrispondenza tra la progressiva appropriazione degli spazi pubblici da parte delle matrone e l’attivazione di modalità comunicative extra mores che posero le donne coinvolte al di fuori dei canoni del mos maiorum.

Gli interventi matronali presi in esame sono accomunati dal fatto di essersi verificati in momenti di emergenza per la res publica perché le matrone conquistassero una maggiore autonomia e ricoprissero ruoli da cui in precedenza erano escluse.

Perché sia possibile un coinvolgimento femminile nell’azione politica è necessario che le donne coinvolte appartengano ad un ambiente sociale elevato e ad un contesto culturale privilegiato. Risulta interessante notare che le matrone protagoniste del processo di cambiamento nella maggior parte dei casi non sono espressione delle famiglie di recente inserimento nella nobilitas senatoria, che per natura potevano essere maggiormente propense al cambiamento, ma delle gentes più antiche ed illustri di Roma, che teoricamente ci si sarebbe aspettati difendessero istanze conservatrici. È particolarmente significativo che in questo senso non vi sia alcuna differenza tra le due factiones politiche, ovvero le matrone che agirono extra

mores provengono indifferentemente da populares e optimates.

La partecipazone delle matrone in ambiti anche significativi della vita politica di Roma rimane senza dubbio limitata per occasioni e numero dei soggetti coinvolti rispetto a quella della componente maschile. Queste donne tuttavia non vogliono porsi sempre intenzionalmente in contrasto con il mos maiorum, ma portano avanti un processo di cambiamento e rinnovamento della figura femminile iniziato ormai un secolo prima. La progressiva appropriazione degli spazi istituzionali e decisionali da parte delle matrone determina di conseguenza anche l’acquisizione delle dinamiche comunicative proprie della politica, e tra queste in particolare l’uso della parola nella

sua forma più complessa e strutturata, il discorso. Negli interventi matronali presi in esame si possono individuare due forme di novitas. La prima è legata al contesto spaziale in cui le matrone scelgono di intervenire, che si tratti dell’ambiente privato della domus o delle sedi istituzionali, quali il foro e il tribunale; l’altra invece è collegata alle modalità comunicative da esse attivate in questi contesti. Tali forme di comunicazione, nuove per il genere femminile, sono invece quelle proprie della componente maschile, e risultano indispensabli per potersi occupare di politica. Nell’età tardo repubblicana le matrone dunque innovarono, talvolta anche profondamente, i limiti imposti dalla tradizione, ma non agirono con l’obiettivo di mettere in discussione il canone matronale in sé quanto di adeguare gli spazi femminili alla nuova realtà politica e sociale.

Rimane da porsi una questione, se le vicende relative all’età tardo repubblicana che sono state analizzate costituiscano delle nuove esperienze verificatesi così come la letteratura ce le racconta o se invece la memoria storiografica relativa ad essi le plasmi sulla base di antecedenti, che in questo caso verrebbero a costituire dei modelli. La questione risulta complessa e si articola in due tematiche fondamentali: le matrone sono innovatrici in tutto e per tutto o ispirano i loro comportamenti a degli antecedenti, anche se assolutamente episodici, di età monarchica e proto e meso repubblicana? In secondo luogo la memoria delle vicende della tarda repubblica rispecchia i fatti o è condizionata da fatti e versioni di fatti più o meno fededegne dei secoli precedenti? La storiografia cioè applica dei clichés in questa memoria oppure sono i fatti di età tardo repubblicana che condizionano retroattivamente la memoria della storia monarchica e proto e meso repubblicana per interessi di età tardo repubblicana e augustea?

Il lavoro presentato non intende fornire una risposta definitiva in merito alla questione della dipendenza, che comunque al momento attuale risulta molto difficile, se non impossibile da chiarire, a causa della frammentarietà e la lacunosità delle fonti storiografiche relative alle figure femminili. È possibile tuttavia avanzare alcune considerazioni alla luce delle vicende di I secolo a.C. che sono state analizzate. La memoria storiografica relativa alle matrone viene influenzata e talvolta dipende dal giudizio positivo o negativo che gli autori antichi volevano trasmettere sulle figure

maschili che circondavano queste donne. In questo senso non deve stupire che Porcia, in quanto figlia di Catone, venga descritta dalle fonti come un perfetto esempio di virtus matronale; e la stessa Ottavia che sia rappresentata unanimemente dalle fonti come modello delle virtutes matronali e, in quanto sorella di Augusto, venga ricordata solo come moglie fedele, madre amorevole e sorella premurosa allo scopo di esasperare il contarasto con il marito Marco Antonio, caratterizzato invece dalla malvagità e dai vizi. Lo stesso avviene per Cornelia, esempio di madre modello e di fedeltà coniugale, e per Terenzia, donna caparbia e volitiva, che tuttavia si dimostrò una moglie devota e abile nel tutelare gli interessi politici ed economici del marito. Un intento contrario, ma in linea con la stessa logica, caratterizza invece la figura di Sempronia, moglie di Decimo Giunio Bruto, che fu complice del marito nella preparazione della congiura di Catilina; e soprattutto di Fulvia, la matrona maggiormente criticata dalle fonti, soprattutto da Cicerone, notoriamente ostile a Marco Antonio, che sottolina esclusivamente gli aspetti negativi del carattere, trasformandola in un emblema dei vizi.

Da questi esempi risulta chiaro che, se non è possibile chiarire in modo definitivo la questione della dipendenza tra le vicende dell’età tardo repubblicana e i loro antecedenti, è possibile almeno sostenere che la connotazione positiva o negativa delle matrone protagoniste dipenda dal gudizio che le fonti vogliono trasmettere dei loro padri, mariti e fratelli. A seconda degli interessi politici ed economici personali, della factio a cui fanno riferimento e delle particolari congiunture politiche, gli autori antichi in alcuni casi tendono ad oscurare gli episodi in cui tali matrone, con i loro comportamenti, si pongono extra mores. In altre circostanze invece enfatizzano gli aspetti negativi, sottolineando che esse si appropriano di spazi e modalità comunicative che non sono consone al genere femminile.

È dunque questa la tradizione che, con tutte le sue complessità di decodificazione, testimonia le strategie comunicative femminili nella tarda repubblica, tra novitas e mos maiorum.

Tavole

1. Denario di Marco Antonio coniato nel 43 a.C. a Lione. (RPC n. 512)

D/busto di Vittoria o Fulvia a destra.

R/leone che cammina a destra; legenda in esergo LVGV; sopra DVNI; nel campo A

XLI.

2. Denario di Marco Antonio coniato nel 42 a.C. a Lione. (RPC n. 513)

D/ busto di Vittoria o Fulvia a destra; legenda III vir R P C.

R/ leone che cammina a destra; legenda sopra ANTONI, in esergo IMP, nel campo A

2. Cistoforo di Marco Antonio coniato nel 39 a.C. a Efeso1

.

D/ testa di Antonio a destra con corona d’edera in basso lituus ; legenda M Antonius

Imp Cos Desig Iter et Tert.

R/busto drappeggiato di Ottavia a destra sopra una cista contornata da due serpenti; legenda III vir R P C.

                                                                                                               

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