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22 HALLETT 2004; VALENTINI 2012.

2.1.1 Due lettere per Gaio Gracco

“Se leggiamo le lettere di Cornelia, madre dei Gracchi, appare evidente che i suoi figli sono stati educati non tanto nel grembo quanto nell’idioma della madre”35.

La raccolta di lettere attribuita a Cornelia rappresenta il primo caso di epistolario latino di carattere privato antecedente alla grande opera di Cicerone, che nel passo sopra riportato dimostra di conoscerne personalmente la produzione36

: “Parti di una lettera di Cornelia madre dei Gracchi ricavate dal libro degli Storici latini di Cornelio Nepote: “Tu dirai che è bello vendicarsi dei nemici. A nessuno più che a me può sembrare che non vi sia cosa più grande e più bella, sempre che sia possibile conseguire lo scopo senza danno per lo stato. Ma finché la condizione non sussista, i nostri avversari sopravviveranno, per molto tempo ancora, e in molti luoghi, e staranno là dove sono, piuttosto che ci tocchi assistere alla rovina e alla morte della repubblica”37.

Il secondo frammento riporta una violenta serie di accuse rivolte da Cornelia al figlio Caio in merito alle scelte politiche di quest’ultimo:

“E la stessa Cornelia, in altro passo: “Potrei pronunciare giuramento formale che, a parte gli uccisori di Tiberio Gracco, nessun avversario mi ha procurato il dispiacere e il dolore che in questa vicenda mi hai procurato tu, che avresti dovuto tenere le veci di tutti i figli che avevo avuto un tempo, e preoccuparti che in vecchiaia mi toccassero quante meno inquietudini era possibile, e agire sempre in modo da ottenere anzitutto la mia approvazione, e considerare un’empietà, nelle cose di qualche importanza, qualsiasi atto contrario alle mie idee, soprattutto perché è poco il tempo che mi resta da vivere. Neppure la brevità di questo tempo mi dà il vantaggio di non vederti contrariare tua madre e distruggere la repubblica? Insomma                                                                                                                

34 Quintil. Inst. I, 6: Nam Gracchorum eloquentiae multum contulisse accepimus Corneliam matrem,

cuius doctissimus sermo in posteros quoque est epistulis traditus.

35 Cic. Brut. 211: Legimus epistulas Corneliae matris Gracchorum: apparet filios non tam in gremio

eductos quam in sermone matris.

36 Sulle lettere di Cornelia cfr. D’ERRICO 1962, pp. 19-32; CUGUSI 1970, pp. 54-65; HORSFALL

1987, pp. 231-234; PETROCELLI 1994, p. 41-60; HALLETT 2004, pp. 26-39; HEMELRIJK 2004; DIXON 2007.

37 Ed . Marshall; 58 Codd. Corn. Nep. In fine: I. Verba ex epistula Corneliae Gracchorum matris ex

eodem libro Cornelii Nepotis excerpta. Dices pulchrum esse inimicos ulcisci. Id neque maius neque pulchrius cuiquam atque mihi esse videtur, sed si liceat re publica salva ea persequi. Sed quatenus id fieri non potest, multo tempore multisque partibus inimici nostri non peribunt atque, uti nunc sunt, erunt potius quam res publica profligetur atque pereat.

quando tutto questo cesserà? Quando la nostra famiglia smetterà di commettere follie? Quando vi si potrà porre un limite? Quando finiremo per rinunciare agli affanni, a quelli che subiamo, e a quelli che causiamo? Quando ci si vergognerà di portare disordine e turbamenti allo stato? Ma se proprio questo non si può realizzare, il tribunato chiedilo quando sarò morta. Per parte mia, fa’ pure ciò che vorrai, quando io non intenderò più. Quando sarò morta, mi offrirai un sacrificio funebre, e invocherai il nume familiare: allora non sentirai vergogna a chiedere l’intercessione di quegli esseri divinizzati, che avevi trascurati e spregiati, quando erano vivi e presenti? Giove non permetta che tu perseveri su questa via, che ti lasci sedurre da un progetto così insano. Ma se davvero insisterai, temo che, per tua colpa, tutta la tua vita sarà così travagliata da non poter più tornare in pace con te stesso”38.

I passi sopra citati costituiscono la testimonianza più significativa sul dissenso di Cornelia nei confronti dell’operato e delle intenzioni politiche dei figli, e forniscono un’immagine di lei diversa da quella riportata tradizionalmente dalle fonti, che la descrivevano come la principale sostenitrice della loro azione politica. Nel primo brano Cornelia incita il figlio a perseguire innanzitutto il bene dello stato anche a costo di rinunciare alla vendetta contro gli uccisori del fratello; il tono del discorso è calmo e razionale, incentrato su un’attenta analisi politica. Il frammento più lungo invece costituisce uno sfogo di Cornelia che rimprovera Caio di crearle ansie e preoccupazioni con la sua candidatura al tribunato e lo implora di aspettare la sua morte prima di ricoprire la carica39

. Nonostante il tono delle due lettere sia molto diverso, quello che emerge chiaramente è che Cornelia si trovava in netto contrasto con le scelte e le intenzioni politiche del figlio e l’immagine di lei che si delinea risulta in aperta contrapposizione con quella tradizionale di madre che sosteneva e

                                                                                                               

38 Ed . Marshall; 58 Codd. Corn. Nep. In fine: I. […] Eadem alio loco: Verbis conceptis deierare

ausim, praeterquam qui Tiberium Gracchum necarunt, neminem inimicum tantum molestiae tantumque laboris, quantum te ob has res, mihi tradidisse: quem oportebat omnium eorum, quos antehac habui liberos, partis [eorum] tolerare atque curare, ut quam minimum sollicitudinis in senecta haberem, utique, quaecumque ageres, ea velles maxime mihi placere, atque uti nefas haberes rerum maiorum adversum meam sententiam quicquam facere, praesertim mihi, cui parva pars vitae superest. Ne id quidem tam breve spatium potest opitulari, quin et mihi adversere et rem publicam profliges? Denique quae pausa erit? Ecquando desinet familia nostra insanire? Ecquando modus ei rei haberi poterit? Ecquando desinemus et habentes et praebentes molestiis insistere? Ecquando perpudescet miscenda atque perturbanda re publica? Sed si omnino id fieri non potest, ubi ego mortua ero, petito tribunatum: per me facito quod lubebit, cum ego non sentiam. Ubi mortua ero, parentabis mihi et invocabis deum parentem. In eo tempore non pudet te eorum deum preces expetere, quos vivos atque praesentes relictos atque desertos habueris? Ne ille sirit Iuppiter te ea perseverare nec tibi tantam dementiam venire in animum! Et si perseveras, vereor, ne in omnem vitam tantum laboris culpa tua recipias, uti in nullo tempore tute tibi placere possis.

ispirava le loro decisioni politiche40

.

I frammenti facevano parte di un epistolario più ampio, andato completamente perduto, e sono giunti fino a noi trascritti nei codici delle Vite di Cornelio Nepote, in calce alla biografia di Catone, nella sezione dedicata agli storici latini. Erano separati dalla narrazione da una breve frase: verba ex epistula Corneliae

Gracchorum matris ex libro Cornelii Nepotis de Latinis historicis excerpta. Da

questa semplice affermazione ha preso avvio il dibattito sull’autenticità di tali frammenti, che per lungo tempo ha diviso la critica e che ancora oggi non è approdato a una conclusione definitiva.

Sulla base delle caratteristiche stilistiche e linguistiche, alcuni studiosi ritengono che le lettere siano state scritte nel II secolo a.C. e che dunque costituiscano autentici estratti dell’epistolario di Cornelia41; alti invece ne hanno

negato l’autenticità sostenendo che vennero appositamente elaborate dalla propaganda ottimate per screditare la figura della matrona, simbolo dei populares42

. Recentemente Susan Dixon ha avanzato una teoria intermedia che dovrebbe conciliare le posizioni precedenti: i frammenti sarebbero una versione modificata di un testo che la madre dei Gracchi potrebbe effettivamente aver scritto43.

Elementi di autenticità si ritrovano nelle caratteristiche linguistiche del testo quali l’uso di arcaismi, il ricorso a espressioni del sermo cotidianus, la presenza di ripetizioni, anacoluti e in generale di incongruenze logiche che non permettono di attribuire il testo ad un retore di professione, che sarebbe stato estremamente attento alla cura formale del testo, ma che invece non destano scalpore nella scrittura di una madre, coinvolta e sconvolta dalle vicende politiche della Repubblica che viveva in prima persona attraverso i figli44

.

Un’ottima sintesi delle opinioni contrarie all’autenticità dei passi è stata

                                                                                                               

40 CUGUSI 1970.

41 Tra gli studiosi che sostengono l’autenticità dei frammenti crf. PETROCELLI 1994; DIXON 2007 li

attribuiscono a due lettere diverse. BAUMAN 1992, pp. 62-63; HEMELRIJK 2004 invece propendono per l’appartenenza ad un’unica epistola. Per l’autenticità cfr. anche HORSFALL 1987; BARNARD 1990, pp. 383-392.

42 Tra gli autori principali contrari all’autenticità vd. INSTINSKY 1971, pp. 177-189 che propone una

minuziosa analisi linguistica del testo delle lettere.

43 DIXON 2007, pp. 24-32. 44 CUGUSI 1970.

invece elaborata da Petrocelli45

: lo studioso si domanda giustamente come mai la critica antigraccana non abbia sfruttato l’occasione offerta dalle parti della o delle lettere che, mostrando il contrasto tra Cornelia e i suoi figli, sembrano confezionati appositamente per screditare la linea politica graccana o almeno per creare una sorta di ‘divisione ideologica’. L’ostilità di Cornelia nei confronti del figlio, infatti, è stata interpretata dagli studiosi come l’elemento principale a sfavore dell’autenticità delle lettere poiché smentirebbe l’immagine tramandata dagli autori; altri invece hanno cercato di conciliare questa discrepanza sostenendo che Cornelia era stata volutamente ostile a Gaio per metterlo di fronte alle proprie responsabilità, ma che non si tratterebbe di un’ostilità reale quanto piuttosto di un richiamo alla prudenza al fine di evitare ulteriori dolori a lei e allo stato.

Una parte della critica ha messo in dubbio anche la paternità di Cornelia per tali frammenti, ma questa ipotesi sembra poco plausibile poiché se il testo fosse stato confezionato da un retore di professione, questo non avrebbe mai contraddetto il tradizionale atteggiamento di Cornelia come sostenitrice dei figli; se tuttavia seguiamo questo filone interpretativo l’autore andrebbe comunque ricercato in un’epoca e in un ambiente non lontani dai fatti raccontati, tanto che Barnard ha proposto come autore la figlia di Cornelia, Sempronia46.

L’epistolario con tutta probabilità fu pubblicato dopo la morte della stessa Cornelia, di cui molti autori a lei contemporanei conoscevano la produzione, come dimostrano le testimonianze di Cicerone e dello stesso Nepote che ne citava anche letteralmente i passi. Alcuni studiosi avevano ipotizzato addirittura che l’autore delle

Vite, citando le lettere corneliane, avesse compiuto una rielaborazione del testo, e che

dunque il dibattito più che sull’autenticità avrebbe dovuto concentrarsi sul ‘grado di rielaborazione’ che questi testi subirono per mano probabilmente di Cornelio Nepote47

; questa supposizione tuttavia sembra da scartare poiché le differenze stilistiche tra i due autori sono troppo marcate48

.

La lettera venne inviata con tutta probabilità da Miseno, dove Cornelia si era ritirata dopo la morte di Tiberio, come testimonia Orosio:

                                                                                                               

45 PETROCELLI 1994, pp. 54 e ss. 46 BARNARD 1990, pp. 383-392. 47 HORSFALL 1987, pp. 217-240. 48 CUGUSI 1970, pp. 54-65.

“La testa decapitata di Gracco fu recata al console, il corpo inviato nella città di Miseno alla madre Cornelia; la quale Cornelia, figlia dell’Africano Maggiore, si era, come ho detto, ritirata a Miseno dopo la morte del suo primo figlio”49.

Per quanto riguarda la datazione, la critica sembra concorde nel ritenere che i due frammenti, se autentici, sarebbero stati scritti da Cornelia nel 124 a.C. subito prima che Caio presentasse la sua candidatura al tribunato, alla quale si fa esplicito riferimento 50

; madre e figlio in questa circostanza sembrano perseguire sostanzialmente interessi comuni:

“[…] Tu dirai che è bello vendicarsi dei nemici. A nessuno più che a me può sembrare che non vi sia cosa più grande e più bella, sempre che sia possibile conseguire lo scopo senza danno per lo stato”51.

Cornelia meditava propositi di vendetta contro alcuni inimici, responsabili dell’uccisione di Tiberio, che Caio avrebbe dovuto mettere in atto una volta raggiunta la carica. In particolare egli aveva intenzione di emanare due leggi, una che impediva ai magistrati deposti per volontà del popolo romano di potersi candidare nuovamente per altre cariche e l’altra che condannava alla pena capitale chi aveva messo a morte cittadini romani senza concedere il diritto d’appello al popolo:

“Dopo aver eccitato il popolo con tali discorsi - aveva una voce assai alta e forte - egli presentò due leggi, le quali prevedevano, la prima che, se il popolo aveva privato della carica un magistrato, questi non poteva ricoprirne un’altra; la seconda che, se un magistrato aveva bandito un cittadino senza processo, il popolo aveva il diritto di processarlo”52.

                                                                                                               

49 Oros. V, 12, 9: Caput Gracchi excisum consuli adlatum est, corpus ad Corneliam matrem Misenum

oppidum devectum est, haec autem Cornelia, Africani maioris filia, Misenum, ut dixi, prioris filii morte secesserat.

50 Per il programma politico di Caio Gracco cfr. PERELLI 1993, pp. 158-175. Per la proposta di

datazione cfr. CUGUSI 1970, pp. 54-69.sostiene che il frammento più lungo sia databile al 124 a.C., mentre il più breve agli inizi del 123 a.C. quando Caio aveva già raggiunto il tribunato. Se le due proposte di datazione sono esatte bisognerebbe invertire l’ordine con cui i frammenti sono riportati attualmente nei codici di Nepote, ma dal momento che ad oggi la datazione non è ancora del tutto certa e la critica non è ancora concorde nel ritenere che i due frammenti facciano parte di una stessa lettera o di due lettere diverse nei codici si preferisce mantenere l’ordine tradizionale.

51 Ed . Marshall; 58 Codd. Corn. Nep. In fine: I. […] Dices pulchrum esse inimicos ulcisci. Id neque

maius neque pulchrius cuiquam atque mihi esse videtur, sed si liceat re publica salva ea persequi.

52 Plut. C.G. 4, 1: Τοιούτοις λόγοις προανασείσας τὸν δῆμον—ἦν δὲ καὶ μεγαλοφωνότατος καὶ

ῥωμαλεώτατος ἐν τῷ λέγειν—δύο νόμους εἰσέφερε, τὸν μέν, εἴ τινος ἄρχοντος ἀφῃρῇτο τὴν ἀρχὴν ὁ δῆμος, ο ὐκ ἐῶντα τούτῳ δευτέρας ἀρχῆς μετουσίαν ε ἶναι· τ ὸν δ’, ε ἴ τις ἄρχων ἄκριτον ἐκκεκηρύχοι πολίτην, κατὰ τούτου κρίσιν διδόντα τῷ δήμῳ.

La prima legge mirava presumibilmente a colpire Ottavio, nemico di suo fratello, e la seconda Popilio Lenate, console nel 132 a.C., che aveva ostacolato il programma politico graccano53

.

“La prima di queste leggi privava manifestamente dei diritti politici Marco Ottavio, che Tiberio aveva fatto deporre dal tribunato; la seconda colpiva Popilio, che, in qualità di console, aveva bandito gli amici di Tiberio. Popillio, senza attendere il giudizio, fuggì dall’Italia. Gaio stesso ritirò l’altra legge, dicendo che faceva grazia ad Ottavio su preghiera della propria madre Cornelia”54.

Plutarco testimonia che il provvedimento contro Ottavio fu ritirato l’anno seguente dallo stesso Caio, che si giustificò sostenendo di aver compiuto un atto di clemenza nei confronti della madre che lo aveva pregato di ritirare la proposta, dimostrando che in questa circostanza l’intervento di Cornelia era volto a moderare l’operato del figlio55

.

La notizia non doveva essere del tutto esatta: più che ritirare il provvedimento, infatti, Caio probabilmente tolse retroattività alla legge o con un atto personale di clemenza richiamò Ottavio dall’esilio dal momento che la sua famiglia era legata da antichi vincoli d’amicizia con quella dei Gracchi56. In ogni caso

l’intercessione di Cornelia, che godeva di stima e rispetto da parte dei suoi contemporanei, fu utilizzata dal figlio come mossa propagandistica, allo scopo di mettere in luce la clemenza e magnanimità di lui che si dimostrava pronto a rivedere le proprie decisioni a differenza degli avversari; ma essa potrebbe essere più banalmente uno dei sintomi di un rapporto che si stava ormai deteriorando57. Le

fonti antiche allo stesso tempo testimoniano che Cornelia svolse sempre un ruolo attivo nelle vicende politiche dei propri figli, indirizzandone le scelte e collaborando in prima persona affinché raggiungessero i propri obiettivi. Da Plutarco abbiamo notizia dell’esistenza di un’altra lettera di Cornelia a Caio, di cui tuttavia non si è conservato il testo:

                                                                                                               

53 Per le due proposte di leggi sopra menzionate cfr. PERELLI 1993, pp. 158-163.

54 Plut. C.G. 4, 2: τούτων τ ῶν νόμων ἄντικρυς ὁ μὲν Μ ᾶρκον Ὀκτάβιον ἠτίμου, τ ὸν ὑπὸ

Τιβερίου τῆς δημαρχίας ἐκπεσόντα, τῷ δ’ ἐνείχετο Ποπίλλιος· οὗτος γὰρ στρατηγῶν τοὺς τοῦ Τιβερίου φίλους ἐξεκήρυξε.

55 Per l’intervento di Cornelia cfr. PETROCELLI 1994; VALENTINI 2012. 56 PERELLI 1993.

“Dicono che in tale circostanza anche la madre si associò a lui nella cospirazione, assoldò segretamente degli stranieri e li fece venire a Roma, travestiti da mietitori: ciò sarebbe scritto in maniera allusiva nei suoi biglietti indirizzati al figlio. Altri invece dicono che Cornelia disapprovò totalmente tali iniziative”58.

Il biografo fa riferimento a un episodio del 121 a.C., relativo agli ultimi mesi di vita di Caio. Si tratta di una lettera in cui Cornelia avvertiva il figlio, il quale si trovava in un momento di grave difficoltà, di aver arruolato alcuni stranieri come guardie del corpo e di averli inviati a Roma in suo soccorso sotto le spoglie di mietitori. Per introdurre la notizia, l’autore si avvale del verbo λέγουσιν, “dicono”, senza specificare alcun soggetto: l’uso di questa costruzione serve a marcare la prudenza con cui l’autore vuole tramandare l’informazione e allo stesso tempo l’incertezza delle sue fonti, tanto che subito dopo sente quasi la necessità di smentire la notizia appena riportata, sostenendo che secondo altri la donna sarebbe stata contraria alla condotta politica del figlio59. La titubanza dell’autore nel riportare

l’episodio ha indotto alcuni studiosi a ritenere la lettera in questione un falso, costruito ad arte dagli oppositori dei Gracchi per screditarne l’azione politica, infangando anche la reputazione immacolata della madre, che invece godeva di stima incondizionata da parte dei contemporanei60.

Secondo Cugusi61 non c’è motivo di ritenere la lettera un falso, dal momento

che è perfettamente plausibile che Cornelia vedendo il figlio in difficoltà sia intervenuta in prima persona per aiutarlo, nonostante nelle lettere precedenti avesse mostrato un atteggiamento contrario al suo progetto politico; non è raro infatti che in un epistolario chi scrive cambi atteggiamento a seconda delle circostanze. Secondo lo studioso sembra più probabile ritenere la lettera autentica, ma che Plutarco non ne abbia riportato direttamente il testo poiché in quel momento non era a sua disposizione.

La notizia dell’aiuto materiale fornito da Cornelia in questa circostanza                                                                                                                 58 Plut. C.G. 13, 2: ἐνταῦθα καὶ τὴν μητέρα λέγουσιν αὐτῷ συστασιάσαι, μισθουμένην ἀπὸ τῆς ξένης κρύφα καὶ πέμπουσαν ε ἰς Ῥώμην ἄνδρας, ὡς δ ὴ θεριστάς· ταῦτα γ ὰρ ἐν τοῖς ἐπιστολίοις α ὐτῆς ᾐνιγμένα γεγράφθαι πρὸς τ ὸν υ ἱόν. ἕτεροι δ ὲ καὶ πάνυ τ ῆς Κορνηλίας δυσχεραινούσης ταῦτα πράττεσθαι λέγουσιν. 59 CUGUSI 1970. 60 CARCOPINO 1967, pp. 105-110. 61 CUGUSI 1970, pp. 64-65.

rappresenta l’unico caso in cui Plutarco riferisce esplicitamente l’intervento materno nell’attività politica dei figli, ad eccezione della sua azione in favore di Ottavio in occasione del quale però la matrona si schierò contro le decisioni del figlio.

Le fonti storiografiche ricordano Cornelia per le sue doti di moglie e madre, per le sue incredibili qualità intellettuali e per la dignità che la contraddistinse nell’affrontare i terribili lutti familiari che la investirono nel corso della sua vita; queste tre componenti contribuirono a fare di lei una custode del mos maiorum e l’incarnazione delle virtutes matronali. In età augustea la sua figura, persi i tratti di donna impegnata attivamente nelle vicende politiche e promulgatrice della cultura greca, si cristallizzò in quella di matrona esemplare, diventando il simbolo dei valori espressi dal nuovo regime, tanto che una sua statua in suo onore venne esposta nella

porticus di Ottavia62.