Extra domum: nuovi spazi e occasioni della comunicazione femminile in Urbe ed extra moenia
3. In Urbe: strade, tribunale e foro
3.3.3 Fulvia: in rappresentanza di Antonio hostis publicus
Dopo le idi di marzo del 44 a.C. Fulvia entrò da protagonista nella scena politica a fianco del marito Antonio, rimasto console unico dopo la morte di Cesare130
. Dopo la sconfitta subita a Modena il 21 aprile del 43 a.C. ad opera dell’esercito consolare131
, Antonio, che aveva tentato di sottrarre a Decimo Bruto il governo della Gallia Cisalpina rinunciando alla Macedonia a cui era stato destinato da Cesare, trovò rifugio nella Gallia Narbonense dove si ricongiunse a Lepido, con il quale raggiunse un’intesa e decise di fare fronte comune. Si trattava del primo passo in quel processo di riconciliazione che pochi mesi dopo, il 27 novembre del 43 a.C., culminò nella stipula del Secondo Triumvirato tra Ottaviano, Antonio e Lepido. Mentre Antonio tentava di risollevare la sua difficile situazione con la forza delle armi e il Senato stava discutendo in merito alla proposta di dichiararlo hostis
publicus132
, a Roma Fulvia, insieme al piccolo Antillo, aveva trovato rifugio presso la casa di Lucio Calpurnio Pisone133
, che era stato suocero di Cesare e che adesso era tra i principali sostenitori di Antonio.
Il giorno in cui il Senato avrebbe dovuto votare la proposta di Cicerone, Fulvia si presentò nel foro, insieme al figlio, alla suocera e ad altri congiunti, e si gettò ai piedi dei senatori che avrebbero votato di lì a poco, piangendo, gridando e proferendo lamenti. Il 26 aprile il Senato dichiarò Antonio hostis publicus, nemico
129 MARSHALL 1989, pp. 35-54.
130 Sugli avvenimenti successivi alla morte di Cesare cfr. SYME 1939 (2014), pp. 110 e ss.
131 Nel 43 a.C. erano consoli Aulo Irzio e Gaio Vibio Pansa Cetroniano, cesariani moderati, cfr. MRR
II, pp. 334-336. L’esercito tuttavia era guidato anche da Ottaviano che aveva ottenuto la carica di propretore e dunque l’imperium. Sulla guerra di Modena cfr. SYME 2014, pp. 127-152.
132 Appian. Civ. III 50, 203: “Cicerone e i suoi amici chiesero che ormai lo si dichiarasse nemico,
giacché contro il volere del Senato si prendeva con la forza la Cisalpina facendone un baluardo contro la patria, e aveva trasferito in Italia l’esercito affidatogli per le operazioni contro i Traci”. (Κικέρων μὲν δ ὴ καὶ οἱ Κικέρωνος φίλοι πολέμιον α ὐτὸν ἠξίουν ἤδη ψηφίσασθαι, τ ὴν Κελτικὴν ἀκούσης τῆς βουλῆς ἐς ἐπιτείχισμα τῆς πατρίδος βιαζόμενον ὅπλοις καὶ τὸν ἐπὶ Θρᾷκας αὐτῷ δεδομένον στρατὸν ἐς τὴν Ἰταλίαν διαγαγόντα·). Cfr. anche Dio XLVI 28, 3; Cic. Phil. 7, 21.
dello Stato, e la stessa sorte subì poco dopo anche Lepido, quando si venne a sapere del loro recente accordo in Gallia134
. Il provvedimento, che sarebbe entrato in vigore ufficialmente il primo settembre, avrebbe avuto pesanti ripercussioni non solo su Antonio e Lepido, ma anche sulle loro famiglie: essere dichiarati nemici pubblici comportava anche la confisca dei propri beni e di conseguenza impediva ai figli di intraprendere in futuro il cursus honorum135. L’azione di Fulvia tuttavia non ebbe
l’effetto sperato e Antonio e Lepido furono dichiarati nemici pubblici, ma già pochi mesi dopo, grazie alla nuova intesa con Ottaviano, il provvedimento venne revocato e rientrarono entrambi nella legalità.
“Ma la madre, la moglie, il figlio ancora bambino di Antonio e gli altri parenti e amici per tutta la notte corsero supplici alle case dei potenti, e la mattina seguente, vestiti a lutto, li avvicinavano mentre si dirigevano in Senato, gettandosi ai loro piedi tra lamenti e gemiti, e strepitavano davanti alle porte. Alcuni senatori, al sentire quelle voci, al vedere quello spettacolo e quel mutamento così subitaneo, si commossero, e Cicerone, preoccupato, parlò così”136.
Intuendo la gravità della situazione, Fulvia tentò tutto il possibile per tutelare gli interessi presenti del marito e futuri del loro bambino, Antillo, e la protezione a loro offerta da Pisone rappresentava il segno tangibile dell’importanza attribuita alla moglie e al figlio di Antonio, in qualità di suo futuro erede137
. La moglie e la madre di Antonio si vestirono a lutto, vagarono per la città, bussarono alle domus dei potenti e poi invasero i luoghi pubblici, abbandonandosi a gemiti e lamenti: misero in
134 Anche Giunia, moglie di Lepido, affiancata dalla madre Servilia, decise di intervenire in merito al
provvedimento che dichiarava il marito hostis publicus per proteggere i propri figli dalle conseguenze nefaste che avrebbe comportato. La donna cercava di convincere Cicerone a togliere i figli alla patria
potestas del padre per affidarli invece a suo fratello Marco Giunio Bruto. Cfr. ROHR VIO 2013, p. 93.
135 Sulla dichiarazione di Antonio come hostis publicus cfr. SYME 1939 (2014), pp.182-196.
136 Appain. civ. III 52, 211: Ἀντωνίου δὲ ἡ μήτηρ καὶ ἡ γυνὴ καὶ παῖς ἔτι μειράκιον οἵ τε ἄλλοι
οἰκεῖοι καὶ φίλοι δι’ ὅλης τῆς νυκτὸς ἐς τὰς τῶν δυνατῶν οἰκίας διέθεον ἱκετεύοντες καὶ μεθ’ ἡμέραν ἐς τ ὸ βουλευτήριον ἰόντας ἠνώχλουν, ῥιπτούμενοί τε πρὸ ποδῶν σ ὺν ο ἰμωγῇ καὶ ὀλολυγαῖς καὶ μελαίνῃ στολῇ παρὰ θύραις ἐκβοῶντες. οἱ δὲ ὑπό τε τῆς φωνῆς καὶ τῆς ὄψεως καὶ μεταβολῆς ἐς τοσοῦτον αἰφνιδίου γενομένης ἐκάμπτοντο. δείσας δ ’ ὁ Κικέρων ἐβουληγόρησεν ὧδε.
137 Cic. Phil. 12, 1, 2: “Due ex consoli ci avevano fatto sperare in una pace onorevole; trattandosi di
amici di Antonio, di persone di casa, ci facevano supporre che fossero a conoscenza di qualche suo insuccesso a noi sconosciuto. In casa di uno di essi sono ospiti la moglie e il figlio; l’altro [Quinto Fufio Caleno] è quotidianamente in corrispondenza con Antonio ed è suo aperto fautore”. (Nam, cum
duo consulares spem honestae pacis nobis attulissent, quod erant familiares M. Antoni, quod domestici, nosse aliquod eius vulnus, quod nobis ignotum esset, videbantur. Apud alterum uxor, liberi, alter cotidie litteras mittere, accipere, aperte favere Antonio).
scena insomma una sorta di funerale senza salma, traducendo per imagines il concetto secondo il quale dichiarare Antonio nemico pubblico equivaleva alla morte non solo sua, ma anche della sua famiglia e soprattutto di suo figlio ed erede, che diventava la vera vittima del provvedimento. Fulvia in questa circostanza riproduce lo stesso modus operandi utilizzato per il funerale di Clodio. L’ambientazione funebre ancora una volta rappresenta lo scenario comunicativo più adatto a suscitare l’emotività e la commozione dei senatori chiamati a dirimere la questione e ancora una volta l’obiettivo politico viene perseguito attraverso l’accostamento di due sfere sensoriali, il suono e la vista: il pianto e le suppliche costituiscono il veicolo verbale della comunicazione, la veste luttuosa invece quello visivo138
. L’uso strumentale dell’abbigliamento funebre per ottenere un risultato politico vantava un precedente illustre: nel 133 a.C. Tiberio Gracco, vestito a lutto, aveva fatto sfilare al suo fianco nel foro i figli e la madre Cornelia per convincere il popolo a sostenere la sua azione politica139
. Tra i due episodi tuttavia intercorre una differenza fondamentale: nel primo caso la ‘regia’ dell’azione era affidata a un uomo che muoveva sulla scena i suoi cari per mettere in atto una strategia politica di cui lui era l’artefice; nel caso di Fulvia invece il motore dell’azione era costituito dalla matrona stessa che cercava di proteggere gli interessi del marito assente e del figlio senza apparentemente trasgredire al mos maiorum. In questa vicenda il ruolo degli uomini rimane passivo, mentre ancora una volta è Fulvia che si fa propositrice di un’iniziativa politica e del suo destino.
L’uso di bussare alle porte delle domus dei potenti per sottoporre le proprie richieste prima di invadere i luoghi pubblici140
, la consuetudine di essere
138 Sul ruolo di Fulvia per impedire che il provvedimento fosse approvato cfr. ROHR VIO 2013, pp.
89-96; ROHR VIO 2014a, pp. 100-103.
139 Dio XXIV 83, 3: […] “cercò di assicurare il tribunato per sé e per il fratello per l’anno seguente e
di nominare il suocero console; e per ottenere ciò non esitò a sostenere ogni dichiarazione e promessa al popolo. Spesso, inoltre, si vestiva a lutto e portava la madre e i figli presso il popolo affinché si unissero alle sue suppliche”. (ταύτην μὲν τὴν ὁδὸν τῆς δόξης ὡς οὐκ ἀσφαλῆ ἀφῆκε, τρόπον δέ τινα πρωτεῦσαι πάντως ἐπιθυμήσας, κα ὶ τοῦτο διὰ τοῦ ὁμίλου μ ᾶλλον ἢ τῆς βουλῆς ἐξεργάσεσθαι προσδοκήσας, ἐκείνῳ προσέθετο).
140 Cfr. l’episodio delle millequattrocento matrone, rappresentate da Ortensia, che prima di scendere in
piazza a protestare, si erano recate dalle donne dei triumviri, Ottavia, Giulia Antonia e Fulvia, per pregarle di intercedere presso gli uomini delle proprie famiglie in merito alla tassazione straordinaria a cui dovevano essere sottoposte. In questo frangente Fulvia rifiutò di offrire loro il suo aiuto, chiudendo fisicamente e idealmente la porta della domus, quella stessa porta che in questo caso fu chiusa davanti alla sua richiesta di aiuto.
accompagnata da una matrona più anziana o dal figlio a garanzia della legittimità della propria azione, il ricorso alla voce in forma di lamento o supplica, unico uso approvato dal mos maiorum, e la possibilità di rifarsi a precedenti illustri sono tutti elementi che apparentemente sembrano inserire le iniziative di Fulvia all’interno dell’iter consono al costume tradizionale, ma che di fatto stravolgono la ritualità tradizionale per perseguire un risultato extra mores.