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L'idea di tradizione letteraria nella Francia del primo Ottocento: il ruolo dei giornali e delle istituzioni scolastiche.

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INDICE

Premessa...pag. 3 Introduzione...pag. 4 Capitolo 1- Classicismo e Romanticismo: l'evoluzione della tradizione francese

1.1 La nozione di Classicismo...pag. 9 1.2 Filosofie e modelli da imitare...pag. 11 1.3 I principii estetici...pag. 15 1.4 La crisi dell'equilibrio classico...pag. 24 1.5 La problematizzazione della tradizione classica...pag. 27 1.6 Questioni, dibattiti, prospettive...pag. 30 1.7 La resistenza al rinnovamento...pag. 35 1.8 I prodromi del Romanticismo...pag. 37 1.9 Definizione del Romanticismo...pag. 40 1.10 Il Romanticismo e le sue generazioni...pag. 43 1.11 Un nuovo canone...pag. 46 Capitolo 2- La prospettiva della stampa nel dibattito sulla tradizione: Classicismo e Romanticismo a confronto

2.1 La stampa del mondo borghese...pag. 54 2.2 Stampa, politica e letteratura...pag. 56 2.3 La Décade philosophique...pag. 63 2.4 Journal de l'Empire...pag. 67 2.5 Journal de débats...pag. 71 2.6 Le Nain Jaune...pag. 77 2.7 Le Constitutionnel...pag. 81 2.8 Lettres normandes...pag. 84 2.9 Le Conservateur littéraire...pag. 88

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2.10 La Minerve littéraire...pag. 90 2.11 Le Miroir des spectacles...pag. 95 2.12 La Muse française...pag. 100 2.13 Le Globe...pag. 104 2.14 Le Mercure de France...pag. 109 2.15 Alcune considerazioni...pag. 112 Capitolo 3- La voce della stampa nella prima era mediatica: la letteratura tra tradizione e consumo

3.1 L'epoca d'oro della Monarchia di Luglio...pag. 116 3.2 Le Corsaire...pag. 122 3.3 Le Figaro...pag. 127 3.4 La Revue de Paris...pag. 134 3.5 La Revue des Deux Mondes...pag. 144 3.6 La Revue française...pag. 152 3.7 La Presse...pag. 155 3.8 Le Siècle...pag. 160 3.9 Alcune considerazioni...pag. 165 Capitolo 4- Istituzioni scolastiche e letteratura: un canone per la formazione dei giovani

4.1 La scuola dell'Ancien Régime...pag. 169 4.2 La scuola della Rivoluzione... pag. 171 4.3 La scuola del Consolato e del Primo Impero...pag. 172 4.4 La scuola del Romanticismo...pag. 174 4.5 La scuola del Secondo Impero...pag. 178 4.6 La scuola della Terza Repubblica...pag. 181 4.7 Agli albori del Novecento...pag. 184 Conclusioni...pag. 185 Bibliografia...pag. 191

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PREMESSA

La finalità di questa tesi è quella di illustrare l'evoluzione che il canone della letteratura francese ha subito nel corso della prima metà del XIX secolo. Per mostrare il passaggio da un canone aulico-aristocratico a un canone borghese è stato soprattutto preso in considerazione il dibattito letterario tra Classicisti e Romantici svoltosi nei più importanti organi di stampa del periodo. Inoltre sono state analizzate le trasformazioni avvenute nel campo della didattica e della pedagogia. Sia la stampa che la scuola hanno infatti fortemente contribuito all'apertura e alla volgarizzazione del canone della letteratura francese. Al fine di rendere più familiare al lettore la trattazione del suddetto argomento, nell'introduzione verrà presentato un breve excursus semantico e storico del canone letterario e una sintesi del processo di formazione del canone francese relativamente al periodo considerato. Il primo capitolo sarà invece destinato alla descrizione dei principali caratteri dei due movimenti letterari, il Classicismo e il Romanticismo, protagonisti del processo evolutivo del canone in questione. Nei capitoli successivi saranno analizzate, all'interno dei giornali francesi dell'epoca, le discussioni, le prese di posizione, le prospettive in merito alle teorie letterarie, che determineranno la rottura con la tradizione, il suo superamento e l'affermarsi di una nuova concezione canonica. Il ruolo dei giornali diventa fondamentale nella diffusione delle idee, anche a livello popolare. L'arco temporale oggetto di interesse è la prima metà dell'Ottocento. Tuttavia alcuni periodici considerati nel secondo capitolo presentano anche le questioni letterarie dibattute negli ultimi anni del Settecento. A partire da questo momento comincia infatti a svilupparsi il processo critico nei confronti del canone tradizionale. La scelta del periodo preso in esame è dovuta alle contingenze storiche, con i relativi fattori socio-economici, che hanno sconvolto in ogni ambito l'assetto della Francia. Il criterio di selezione dei giornali è stato determinato dal livello di centralità e di prestigio assunto da ciascuno di essi in uno specifico spazio cronologico. Si è ritenuto opportuno suddividere l'analisi dei giornali in due capitoli separati, poiché questi organi di stampa si affermano in anni diversi e riflettono leggi e dinamiche completamente differenti a livello storico, politico, sociale, economico e culturale.

Il capitolo finale verterà sui processi di rinnovamento della scuola francese dell'Ottocento. La trattazione di questo argomento non si limita alla prima metà del secolo, ma si sviluppa dall'Ancien Régime fino all'avvento della Terza Repubblica. Esso contempla dunque un arco temporale più ampio. Tale scelta è stata considerata necessaria al fine di evidenziare l'incidenza dei percorsi educativi sull'evoluzione del canone letterario. Per comprenderne il peso e l'importanza non si può infatti prescindere dall'analisi dei complessi cambiamenti che si sono verificati nel corso dell'intero

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Ottocento. Verranno analizzate in modo particolare le riforme e gli interventi legislativi che hanno favorito il radicamento di un nuovo canone nella società del tempo. Non sono state prese in considerazione le problematiche relative alla questione femminile nel campo dell'educazione, le didattiche innovative e le metodologie specifiche, ritenendo più pertinenti al tema della formazione del canone i programmi e i contenuti di insegnamento.

INTRODUZIONE

Il termine 'canone' deriva dal greco kanòn, che indica la canna usata come regolo dagli artigiani dell'antichità quale strumento esatto per misurazioni lineari. Quindi il canone è la regola, la norma costante, il modello per il conseguimento della perfezione. Fu lo scultore ateniese Policleto, vissuto intorno al V secolo a. C. , a stabilire il rapporto proporzionale tra le parti del corpo allo scopo di ottenere una perfezione ideale nella rappresentazione plastica della figura umana. Per concretizzare la sua teoria, egli avrebbe fabbricato una statua di bronzo, detta kanòn, come modello da imitare. Il canone rappresenta dunque la regola a cui attenersi al fine di produrre un'opera perfetta e diventa un concetto universale, il paradigma da seguire per realizzare altri esemplari. Dalle arti plastiche il termine kanòn fu applicato ad altri campi. In quello filosofico venne impiegato per riconoscere i criteri razionali utili a distinguere il vero dal falso, la conoscenza dall'illusione, la rettitudine dal male agire; in quello giuridico per stabilire le norme di legge, cioè le regole comuni volte a realizzare la concordia nella vita civile. Nel II secolo a. C. fu redatto il Canone alessandrino, un elenco proposto dai grammatici di Alessandria per indicare quegli autori che, nei vari generi letterari, erano considerati dei classici, perciò esempi di perfezione a cui ispirarsi. A Roma questi elenchi non vennero mai indicati come canon, in quanto il paradigma, il modello, era considerato l'autore singolo e non la lista. Il concetto di kanòn associato a un insieme di principii fondamentali su cui basarsi per non uscire dalla retta via si sviluppa nel IV secolo d. C. quando nelle comunità cristiane appare il termine 'canonizzazione' per riconoscere l'appartenenza a una norma che salva dall'errore, cioè dall'eresia. Questa accezione viene applicata anche ai testi letterari che possono essere letti in Chiesa: i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento definiti infatti 'canonici'. Nel XVIII secolo si verifica un ulteriore passaggio: il filologo classico di origine tedesca David Ruhnken indica sotto la voce kanòn tutti i testi attribuiti a un autore profano. A metà Novecento il filologo e

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critico Ernst Robert Curtius impiega lo stesso vocabolo sia per riferirsi alle liste di autori antichi studiati e letti nelle scuole medievali, sia per segnalare gli autori più importanti che con le loro opere di valore universale concorrono alla formazione di una tradizione culturale. A differenza del canone sacro, struttura chiusa e imposta da un'autorità superiore, il canone profano o letterario è aperto, soggetto a variazioni condizionate da molteplici fattori: la scuola, la critica, il mondo dell'editoria, gli autori letterari e i fruitori delle loro opere. La sua costituzione muta nel tempo, in base a giudizi di valore che possono cambiare in seguito all'avvicendarsi di ideologie e di eventi. Nel corso delle varie epoche storiche sono emersi i due aspetti caratterizzanti del canone che ne hanno determinato anche le funzioni. Nell'antichità è prevalsa la funzione normativa poiché il canone costituiva un modello autorevole di valore acronico e universale, capace di fornire norme nel campo della retorica, della grammatica, della poetica... In epoca moderna si afferma invece la funzione identitaria, atta a definire l'identità culturale di una comunità. Patrimonio del canone antico furono le opere della civiltà greco-ellenistica: i poemi omerici, le tragedie greche, i testi poetici, storici, filosofici, scientifici. Tali opere saranno poi integrate con la produzione di nuovi testi al momento della nascita della civiltà letteraria romana. Il canone greco diventa canone greco-latino. Esso dominerà per tutto il Medioevo e durante l'epoca moderna, sino a quando la diffusione delle idee illuministiche e poi romantiche lo metterà in discussione. Già durante l'Umanesimo lo studio filologico dei testi antichi e la riscoperta dei codici comincia ad introdurre un problema di prospettiva e di cesura tra antico e moderno. L'invenzione della stampa nel Quattrocento cambia profondamente il concetto di canone classico. Con l'aumento delle opere e degli autori, la cui fruizione sarà resa più accessibile dall'economicità dei libri, comincia a formarsi un mercato della letteratura che si organizza secondo logiche fondate non soltanto sui valori canonici tradizionali, ma anche su elementi quali il successo editoriale e il consumo dei prodotti. Altri fattori che si ripercuotono sull'interpretazione del canone sono gli eventi storici che rompono l'unitarietà della cultura europea. Nella prima metà del Cinquecento l'attuazione della Riforma luterana concretizza la divisione tra due Europe, quella meridionale mediterranea e quella settentrionale nordica. Tale divisione è inizialmente solo confessionale, ma con l'avvento del Romanticismo diventa una cesura tra due civiltà culturali con un'identità diversa che richiede un canone letterario differenziato. La Rivoluzione francese, l'epoca napoleonica e la formazione di nuovi stati nazionali determinano l'instaurarsi di un ordine nuovo, per il quale i principii ispirati al mondo classico non sono più validi. Cambia anche il concetto di storia: da Hegel in poi si afferma l'idea che il processo storico non può rapportarsi a leggi universali. La storia intesa come progresso infinito esige l'abbandono del passato e spinge l'uomo a ricercare modelli sempre nuovi e più flessibili. La nascita di identità nazionali sancisce la creazione di canoni nazionali, caratterizzati dall'interesse per la letteratura

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popolare e per le opere di autori rappresentativi dello spirito della nazione stessa. L'Ancien Régime, che esaltava i valori aristocratici e la cultura elitaria, è l'immagine di un mondo vecchio e usurato. Le innovazioni tecnologiche e l'accresciuta possibilità per le masse popolari di accedere facilmente alla cultura impongono la necessità di nuovi modelli critici. Soprattutto durante il Romanticismo il termine 'classico' assume il significato di antico, greco o romano. Non esprime un giudizio di valore, ma un giudizio storico. Le opere dell'antichità, pur essendo sempre lette e ammirate, non costituiscono più i modelli per i testi moderni. Si perde il senso di continuità ideale tra classico e moderno e si affermano le letterature nazionali1. In Francia il sorgere di una letteratura è legato allo

sviluppo della lingua d'oil con l'apporto della poesia provenzale dei trovatori. Le prime produzioni letterarie sono i poemi eroici ispirati ai tre cicli tradizionali, quello carolingio o di Carlo Magno, quello bretone o di Re Artù, quello antico o d'Alessandro. Si affermano anche la favola satirica, opere in prosa, in particolare cronache e memorie, e il teatro religioso. Per tutta l'età medievale non si registra comunque un'evoluzione letteraria degna di nota. I primi segnali di una rinascita culturale si hanno nel XVI secolo, nel periodo denominato appunto Rinascimento. È il re Francesco I che, dopo la campagna militare in Italia, affascinato dalla cultura di questo paese, promuove il rinnovamento delle arti e delle lettere. Il termine 'Rinascimento' designa una seconda nascita della civiltà antica, dopo il lungo periodo di barbarie e di oscurità che il Medioevo rappresenta per gli uomini del Quattrocento e del Cinquecento. Il Rinascimento vuole ritrovare la purezza delle origini. Si ricercano dunque con passione i manoscritti antichi e li si conserva gelosamente nelle biblioteche. Si insegnano il latino e il greco; si riscoprono i capolavori dell'antichità che gli scrittori traducono e imitano. Nasce l'interesse per l'archeologia, si studiano l'architettura e la scultura delle opere antiche. È la nascita di una nuova estetica: il classicismo. Nella seconda metà del Cinquecento si costituisce attorno a Ronsard il gruppo di poeti della Pléiade. Essi scoprono i tesori della letteratura greco-latina e si appassionano alle opere dei grandi Italiani: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto che hanno saputo creare la loro letteratura nazionale. I letterati di questi anni preannunciano il secolo d'oro, le Grand Siècle. È questo il secolo in cui la Francia raggiunge l'apice della monarchia assoluta, prima con Luigi XIII e poi, soprattutto, con Luigi XIV. In tale contesto, connotato da un sistema politico ritenuto all'epoca come il più perfetto, la Francia persegue un'estetica, definita classica, che si ispira sempre ai modelli antichi. Tuttavia non si tratta di una semplice imitazione. Il Classicismo traduce un'identità francese: l'equilibrio, il gusto della perfezione, la misura, la ragione ne sono i concetti chiave. I letterati del Seicento, Corneille, Racine,

1 Per maggiori approfondimenti sulla storia e sul concetto del termine canone si rimanda alla consultazione dei seguenti testi e articoli: Jan Assmann, La memoria culturale, Torino, Einaudi, 1997; Massimo Onofri, Il canone

letterario, Milano, Bruno Mondadori, 2001; E. Dean Kolbas, Critical Theory and the Literary Canon, Boulder,

Westview Press, 2001; Pierre Gisel, Apocryphes et canon: leur rapports et leur statut respectif. Un questionnement

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Molière, La Fontaine esprimono delle opere che già si attestano come modelli e che arricchiscono il patrimonio letterario nazionale. Il XVIII secolo si caratterizza per il fervore intellettuale che prepara la Rivoluzione del 1789 e apre le porte al mondo moderno. I grandi scrittori del secolo esaltano il trionfo della ragione: la filosofia e il sapere scientifico diventano gli strumenti per cambiare la società. Lo stretto rapporto tra il pensiero scientifico, la riflessione filosofica e la creazione letteraria è una delle peculiarità del Settecento. I filosofi intendono mettere la ragione al servizio dell'uomo perché hanno la profonda convinzione che il progresso esiste. È in questo spirito che comincia a delinearsi un allontanamento dagli esempi del passato che non sono più sufficienti a fornire le risposte per un mondo in divenire. La frattura diventa evidente con il Romanticismo, i cui esponenti rifiutano le regole, i modelli e i generi dell'estetica classica. Si contesta il principio di imitazione perché nega la libertà e l'originalità nell'arte. La letteratura romantica si ispira alla storia nazionale e soprattutto al Medioevo e al Cristianesimo, considerati come gli elementi sui quali costruire la modernità e la novità. Il passato però rimane una presenza ingombrante con cui confrontarsi. Si sviluppa così un dibattito, a volte anche molto acceso, tra fautori del Classicismo e fautori del Romanticismo. Il campo di battaglia privilegiato di questa diatriba sono i vari organi di stampa. Viene messo in discussione il canone della tradizione letteraria e si propongono nuovi criteri per la creazione di un'estetica moderna. Come afferma Harold Bloom, il canone non è un luogo di pace olimpica, ma un luogo in cui si accumula “l'ansia dell'influenza”2, poiché ogni autore guarda ai

grandi letterati del passato come a dei modelli di perfezione che però, se dovessero rimanere tali, non lascerebbero più spazio di inserimento nel canone ai posteri. Il nuovo autore quindi, pur ammirando i suoi grandi precursori, è costretto a confrontarsi con essi in maniera agonistica, allo scopo di raggiungere gli stessi livelli di eccellenza, rivendicando la libertà di utilizzare concetti, tecniche, strategie diverse. Harold Bloom chiarisce:

La letteratura solida, agonistica che lo si voglia oppure no, non può essere separata dalle sue ansie riguardo alle opere dotate di priorità e autorità nei suoi confronti. Sebbene gran parte dei critici si rifiuti di comprendere i processi dell'influenza letteraria o tenti di idealizzarli definendoli totalmente generosi e benevoli, le oscure verità della rivalità e della contaminazione continuano a rafforzarsi man mano che la storia canonica si prolunga nel tempo. Per quanto ansiosi di affrontare direttamente le problematiche sociali, una poesia, un dramma o un romanzo nascono necessariamente da opere anteriori. La contingenza governa la letteratura come ogni altra impresa cognitiva e la contingenza costituita dal Canone letterario occidentale si manifesta soprattutto

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come ansia da influenza che forma e deforma qualunque nuova scrittura aspiri all'eternità. La letteratura non è solo linguaggio: è anche volontà di rappresentazione, lo stimolo alla metafora che, una volta, Nietzsche definì come il desiderio di essere diverso, il desiderio di essere altrove. Ciò significa in parte essere diversi da se stessi, ma, credo essere diversi soprattutto dalle metafore e dalle immagini delle opere contingenti che costituiscono il proprio retaggio: il desiderio di scrivere bene è il desiderio di essere altrove, in un tempo e in un luogo propri, in un'originalità che deve combinarsi con il retaggio e l'ansia da influenza.3

Secondo Bloom la tradizione non è soltanto un processo lineare di trasmissione culturale, ma è anche un conflitto tra gli autori del presente e i grandi del passato. Da questo confronto, basato sulla lettura e sull'interpretazione delle opere precedenti, scaturisce per le nuove generazioni la possibilità di affermare un'originalità propria e quindi l'opportunità di una consacrazione letteraria attraverso l'inclusione nel Canone. Che cosa permette di definire canonici l'autore e le sue opere?

La risposta è stata per lo più la singolarità, un tipo di originalità che non può essere assimilata o che ci assimila al punto da indurci a non considerarla più singolare. Chi legge per la prima volta un'opera canonica si imbatte in un estraneo, in una misteriosa sorpresa anziché nella realizzazione di un'aspettativa. (...) il tocco dell'originalità deve sempre aleggiare nella versione iniziale di qualunque opera vinca incontestabilmente la sfida con la tradizione ed entri a far parte del Canone.4

L'appartenenza di un'opera al Canone è pertanto determinata da peculiarità che la rendono irripetibile e che ne fanno l'espressione di valori in cui può riconoscersi una specifica comunità.

3Harold Bloom, Il Canone occidentale. I libri e le scuole delle età, Milano, Rcs Libri, 2008, pp. 47- 48. 4Ibidem, p. 36- 40.

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CAPITOLO 1

CLASSICISMO E ROMANTICISMO: L'EVOLUZIONE DELLA TRADIZIONE FRANCESE

1.1 LA NOZIONE DI CLASSICISMO

Il Grand Siècle5 è stata un'epoca particolarmente prolifica che ha posto a confronto le opere di

numerosi autori, differenti per abilità e per convinzioni. Gli avvenimenti storici e politici della Francia del XVII secolo hanno contribuito ad elevare i suoi ideali di bellezza assoluta, misura, perfezione come esempio e modello. Tuttavia il termine Classicismo non è stato coniato dai critici del Seicento, dato che i letterati e gli artisti degli anni 1660-1685 non si sono mai sentiti o definiti una generazione classica. Il riconoscimento del termine da parte della critica letteraria ha richiesto molto tempo. Nel 1761 Voltaire aveva definito Corneille, Racine, Molière e Boileau come i migliori rappresentanti della letteratura classica del Grand Siècle. L'uso che però fa il filosofo di questo termine sembra ancora un po' metaforico, perché rimanda implicitamente agli autori dell'antichità classica. Du Marsais, nell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, utilizza l'aggettivo 'classico' per indicare i “bons auteurs du siècle de Louis XIV”6. È Marmontel che a fine XVII secolo comincia a

giudicare il Grand Siècle come l'espressione di un gusto più fine e delicato di quello di Atene e di Roma antiche. Nei suoi Éléments de littérature attribuisce alla dottrina classica un carattere di unità, tipico di tutte quelle opere che meglio la rappresentano. Nel XIX secolo, la parola Classicismo è messa soprattutto in risalto grazie al dibattito che si sviluppa attorno al Romanticismo. Ad esempio, in Racine et Shakespeare, Stendhal afferma:

Le romanticisme est l'art de présenter aux peuples les oeuvres littéraires qui, dans l'état actuel de leurs habitudes et de leurs croyances sont susceptibles de leur donner le plus de plaisir possible. Le classicisme, au contraire, leur présente la littérature qui donnait le plus grand plaisir à leurs arrière-grands-pères. (…) Je

5 È l'espressione utilizzata dalla critica letteraria per indicare il periodo che in Francia va dal 1660 al 1685. 6 Emmanuel Bury, Le Classicisme: l'avènement du modèle littéraire français 1660-1685, Paris, Nathan, 1993, p. 7

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n'hésite pas à avancer que Racine fut romantique en son temps.7

Come sostiene André Blanc, la definizione di Stendhal si può applicare soltanto al Classicismo dei primi anni dell'Ottocento, quando la letteratura si basava sull'imitazione sterile delle epoche precedenti. Invece il termine non si può collegare alla letteratura del XVII secolo, poiché Stendhal riconosce in essa uno spirito romantico. La nozione di Classicismo ha cominciato ad avere una maggiore forza nell'epoca della Terza Repubblica. A questo proposito, nell'opera La Troisième

République des Lettres, Antoine Compagnon mette in evidenza che lo scopo dell'insegnamento

della letteratura francese nella scuola repubblicana e laica era quello di fondare uno spirito e una nazione. Quindi, dagli anni che vanno dal 1880 al 1930, le opere del periodo classico diventarono un patrimonio, tanto quanto la storia dei Galli, di Carlomagno, di Giovanna d'Arco e di Luigi XI. Ferdinand Brunetière e Gustave Lanson sono le figure che hanno cercato di mettere in pratica questo progetto. Entrambi hanno esaltato alcuni aspetti fondamentali del Classicismo: l'equilibrio delle facoltà adoperate per realizzare un'opera, la perfezione della lingua e del genere praticato, l'idea di indipendenza e orgoglio nazionali, le tematiche di carattere universale8. Nel corso del XX

secolo c'è stata una vera e propria riscoperta del Classicismo e non sono mancati studi e riletture approfonditi al riguardo. Tra i tanti che hanno tentato di mettere in luce elementi insoliti e opere minori del periodo, si possono citare i brillanti lavori di Daniel Mornet e Henri Peyre. La lenta e difficile presa di coscienza del concetto di Classicismo non è casuale. Infatti, a differenza del Romanticismo o del Surrealismo, il Classicismo non è stato una scuola letteraria e non si è sviluppato partendo da manifesti simbolo. Per Emmanuel Bury, è stato un fenomeno socio-culturale molto complesso, che ha coinvolto sia la storia delle forme e dei generi sia la storia delle idee e delle mentalità. Forse sono le parole di Jules Brody che meglio esemplificano il significato profondo del Classicismo:

(…) on entend par classicisme, non pas un mouvement littéraire, qu'il ne fut jamais, mais une mentalité particulière, une façon de voir, une manière de se représenter la nature essentielle de la vérité, qu'elle soit morale, esthétique, ou intellectuelle, et plus fondamentalement encore, la nature du rapport qui relie, ou qu'on croit devoir relier, cette vérité idéale et autonome à l'esprit auquel il incombe de l'appréhender et de la connaître.9

7 Stendhal, Racine et Shakespeare, Paris, Le Divan, 1823, pp. 43-44.

8 Antoine Compagnon, La Troisième République des Lettres, de Flaubert à Proust, Paris, Le Seuil, 1983, pp. 5-70. 9 Jules Brody, Lectures classiques,Charlottesville USA, Rookwood Press, 1996, p. 11.

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1.2 FILOSOFIE E MODELLI DA IMITARE

Gli elementi che costituiscono la dottrina classica sono l'esito dell'incontro avvenuto tra varie correnti di pensiero. Hanno esercitato una grande influenza sul Classicismo le teorie dell'Umanesimo, ancora ben radicate nella cultura del XVII secolo. Nelle scuole francesi della prima metà del secolo non si insegnano né la letteratura né la lingua francesi, ma le lettere latine e greche. I romanzi, i testi teatrali e le opere poetiche francesi sono destinate al piacere e al tempo libero. Nei secoli precedenti l'Umanesimo aveva promosso la riscoperta delle letterature antiche e aveva posto l'uomo al centro del discorso estetico, filosofico e letterario. La tradizione medievale che si fondava sulla parola divina e che riconosceva il significato della vera vita dell'uomo nell'aldilà si era indebolita, lasciando spazio ad una dimensione laica e mondana. Tuttavia Emmanuel Bury ritiene che sia stato fondamentale per la dottrina classica soprattutto il sincretismo, tipico dell'Umanesimo del primo periodo. Gli umanisti cercano di conciliare la verità delle Sacre Scritture e la sapienza classica. È stata la mancanza di un rifiuto totale della teologia e della religione che ha fatto fiorire il linguaggio dell'uomo, come dimostrano le opere di Erasmo e di Rabelais. Bury afferma:

Le XVIIe siècle est, de ce point de vue, l'héritier religieux de tous les débats de

la Renaissance, qui avaient trouvé une conclusion provisoire dans les décrets du Concile de Trente (1564), et il est, en France, un terrain longtemps propice à la Contre Réforme: ce courant religieux qu'on a souvent rapproché de l'esthétique baroque est encore bien présent dans la seconde moitié du siècle, où s'illustrent aussi bien les grands moralistes chrétiens (Pascal, Nicole, Malebranche) que les prédicateurs les plus célébres (Bossuet, Bourdaloue, Fléchier).10

Su influsso dell'Umanesimo, un altro pensiero che segna profondamente le prime generazioni del Seicento è il Neo-stoicismo. Il popolo francese di quegli anni è infatti ancora sensibile al ricordo delle guerre di religione11 e dell'assassinio del re Henri IV12. Si necessita di una filosofia pratica che

abbia come regola principale di una vita equilibrata e buona la resistenza alle passioni e la sottomissione a Dio. Il Neo-stoicismo individua nella gioia, nell'avidità, nella paura e nel dolore le quattro passioni che si manifestano nella vita di ogni individuo. Sebbene l'uomo possegga il libero arbitrio, tutto quello che accade dipende da Dio. Ogni fatto, buono o cattivo che sia, tende al bene.

10 Emmanuel Bury, Le Classicisme: l'avènement du modèle littéraire français 1660-1685, Paris, Nathan, 1993, p. 14. 11 Le guerre di religione francesi opposero cattolici e protestanti a partire dal 1562. Terminarono nel 1598, a seguito

dell'emanazione dell'editto di Nantes da parte del re Henri IV.

12 Il re Henri IV fu assassinato dal fanatico cattolico François Ravaillac, il 14 maggio 1610, mentre si dirigeva in carrozza verso l'arsenale della Bastiglia.

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Se l'uomo rispetta tali principii è un essere libero, poiché non viene dominato dagli istinti. Dato che i piaceri materiali e le sofferenze sono insignificanti per lui, l'uomo è calmo ed è realmente felice perché vive vicino a Dio. La ricerca di una serenità terrena, che si basi sulla saggezza dell'Antichità è un tratto caratteristico della civiltà francese di questo momento. I testi di Seneca13 sono ad

esempio un buon modello letterario perché, anche se appartenenti ad un passato lontano, possono offrire delle risposte alla crisi del tempo presente. Le filosofie del mondo dell'antichità greca e romana non permettono soltanto di elaborare riflessioni sul presente storico e sociale, ma sono anche un perfetto strumento per entrare in contatto con un ricco modello linguistico e letterario. La lingua greca e la lingua latina sono l'epitome di una forma di equilibrio e di maturità insuperabili. La lista degli autori greci e romani da ammirare è infinita: Omero, Eschilo, Sofocle, Euripide, Tucidide, Plutarco, Virgilio, Plauto, Terenzio, Orazio, Tito Livio, Cicerone, Quintiliano, Ovidio... Perciò, la nascita della letteratura del Classicismo si fonda sul principio di imitazione dei modelli. Non bisogna però pensare ad un'imitazione passiva degli autori antichi da parte dei letterati del XVII secolo, dato che questi ultimi desiderano sfidarli e superarli. Scrive Emmanuel Bury:

À cet égard, le classicisme doit se concevoir autant comme une doctrine qui s'élabore en rapport à un modèle, que comme une création qui se pense en tant que rapport au modèle: Racine imaginait que son oeuvre pourrait être présentée devant un tribunal éternel de grands auteurs, Homère, Virgile ou Sophocle (Préface de Britannicus), et que c'est eux qu'il faut viser en écrivant. C'est pourquoi il s'agit moins en définitive d'imitation que d'émulation: l'oeuvre classique est conçue sur le mode de la rivalité avec son modèle; il s'agit dès lors non plus de répéter la même chose ( conception stérile de la mimesis) mais de l'exprimer autrement, c'est-à-dire de l'écrire mieux.14

La critica ha messo in risalto in modo particolare le connessioni che si sono stabilite tra il Classicismo francese e due filosofie greche: l'Aristotelismo e il Platonismo. Questi due pensieri permeano talmente bene la cultura letteraria francese del XVII secolo che talvolta i critici fanno fatica a distinguerli. È ciò che sostiene nella sua interpretazione Jules Brody. È vero che non si può separare il Classicismo francese dal concetto di Bello assoluto, ma è possibile attribuire a tale concetto due letture molto differenti. Si potrebbe scorgere nell'idea di assoluto una categoria neo-aristotelica che appare immutabile e universale poiché essa è stata costruita secondo dei principii logici e verificabili. Oppure, al contrario, l'idea di assoluto potrebbe essere intesa in senso platonico:

13 De vita beata, De tranquillitate animi, De brevitatae vitae, De providentia, De constantia sapientis sono le opere di Seneca più studiate all' epoca.

14 Emmanuel Bury, Le Classicisme: l'avènement du modèle littéraire français 1660-1685, Paris, Nathan, 1993, pp. 17-18.

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la sua esistenza è riconosciuta da una forma di intuizione ed essa si può raggiungere soltanto tramite le facoltà privilegiate dello spirito. Di Aristotele, gli intellettuali del Seicento studiano soprattutto

La Poetica15 e La Retorica16. Il pensiero di Aristotele sarà cruciale per l'elaborazione di alcuni

principii estetici della dottrina classica. Le considerazioni sulla natura, la necessità di regole che scandiscano la composizione di un'opera letteraria, la bella forma della dizione derivano proprio da questi due trattati. I letterati del XVII secolo si ispirano anche ai Dialoghi di Platone, in particolar modo al Fedone17, al Timeo18, e alla Repubblica19. Brody ha messo in correlazione l'immagine del

filosofo platonico con la personalità dell'artista classico del Seicento. Egli prende in considerazione il mito del demiurgo e le caratteristiche che Platone attribuisce alla figura del filosofo. Il demiurgo è colui che si inserisce nella dualità tra mondo delle Idee e mondo delle cose; è l'intermediario che plasma e ordina ad immagine e somiglianza delle Idee la realtà preesistente, fatta di caos e di necessità. L'Idea è l'archetipo verso cui sono sempre rivolti gli occhi del demiurgo, poiché la realtà è solo una brutta copia della perfezione del mondo delle Idee. Anche il filosofo è capace di contemplare l'Idea ed è in grado di integrare l'immagine, data dalla contemplazione delle verità ultraterrene, nella sua vita e all'interno delle sue opere. Quindi l'attività del filosofo che vuole essere riconosciuto come autentico e degno deve basarsi sulla ricostituzione del mondo delle Idee. L'artista e il letterato del XVII secolo sono proprio come il filosofo platonico, perché sanno creare una copia fedele del modello assoluto attraverso le loro azioni e le loro parole. D'altronde la figura del filosofo, così dipinta secondo il pensiero di Platone, può ben definirsi come quella di un vero e proprio artista. Il filosofo di Platone e l'artista condividono lo stesso sistema di giudizio: il disprezzo per una realtà visibile ma inferiore e l'ammirazione per una realtà invisibile ma più reale. Per entrambi, il mondo della realtà è esteticamente imperfetto. Per quanto possa essere bella, la semplice copia della realtà non ha alcun valore rispetto all'idea. Secondo Brody si possono trovare tracce di Platonismo in tanti autori del Classicismo francese, i quali le rielaborano o le modificano secondo il proprio sistema di pensiero. Ad esempio, Bossuet inserisce gli elementi del Platonismo nella sua filosofia cristiana. Secondo la sua concezione le Idee eterne e oggettive sono presenti nello spirito del Creatore. Dio è perciò l'architetto e l'artista che plasma il mondo fisico, intellettuale e

15 La Poetica è il trattato in cui Aristotele analizza l'arte tenendola distinta dall'etica e dalla morale. Fu composto probabilmente tra il 334 e il 330 a. C. In esso si esaminano la tragedia e l'epica; si introducono i concetti fondamentali di mimesis e di catarsi.

16 La Retorica è un trattato composto successivamente al 330 a. C. Contiene le riflessioni del filosofo sull'arte della retorica: la figura del retore, il ruolo del pubblico, il discorso vero e proprio.

17 Il Fedone è un dialogo composto tra il 386 e il 385 a. C. Importanti sono le sue affermazioni sull'immortalità dell'anima e sul concetto di armonia.

18 Il Timeo è un dialogo composto verso il 360 a. C. Contiene le riflessioni sul problema cosmologico dell'origine dell'universo e su quello escatologico della natura umana. Famoso è il suo racconto del mito del demiurgo.

19 La Repubblica è un dialogo scritto tra il 390 e il 360 a. C. Affronta il problema della giustizia e della struttura di una città ideale. Contiene il mito della caverna.

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morale utilizzando un modello interiore e non esteriore. Nel giudizio di André Félibien, il Platonismo è applicato alle teorie sulla pittura. Infatti è il pittore che, come Dio e il filosofo, crea immagini facendo uso di modelli assoluti. Numerosi sono poi i tratti di Platonismo nell'opera di Pascal. Nella sua visione, le belle cose sono soltanto le manifestazioni infinite di una stessa causa trascendentale, ovvero di un modello perfetto e unico che esiste indipendentemente dagli uomini. Per cogliere il loro vero significato, l'artista deve possedere l' 'esprit de finesse', cioè la capacità privilegiata di vedere le cose. Il gusto è l'intuizione intellettuale che ha il compito di valutare il rapporto tra l'oggetto estetico e il suo corrispettivo modello. Infine il Platonismo è ricorrente nelle teorie estetiche di Pierre Nicole. Questi sostiene che la bellezza di tutti i versi poetici si origina da un principio assoluto e generale di bellezza: un modello, un'Idea. Lo spirito del Classicismo francese è ossessionato dalla volontà di ricercare l'assoluto e la perfezione. Ogni cosa bella può realizzarsi pienamente soltanto se si sforza di rendersi uguale ad un'idea preesistente, ad una forma di astrazione:

Que ce soit la beauté, la perfection du style, un modèle d'agrément, le bon goût, ce chemin unique qui, seul, conduit à la raison et à la vérité, pour le classique ces abstractions ont tout autant de poids et de substance, elles jouissent dans son esprit de tout autant de réalité que les objets les plus familiers qui l'entourent, qu'un coupe-papier ou qu'un vase de fleurs. La seule différence, c'est qu'elles sont invisibles, sauf, éventuellement, aux yeux de l'esprit. Car l'écrivain classique assis devant sa table de travail, en train de composer un ouvrage, vit dans la foi que ces abstractions, que ces essences, sont là éternellement, objectivement, absolument là. Ce ne sont pas de ces choses qui s'imaginent, qui s'inventent, qui se composent. Ce sont pour lui des réalités idéelles préexistentes aux actes même de penser et d'écrire, qui se doivent chercher et qui, par une voie qui ne nous est jamais montrée, finissent, dans le cas de certains happy few, par se trouver. Le classique vit et doit vivre dans une double foi: celle, d'abord, qui l'assure de l'existence de l'absolu, et cette autre, tout aussi aveugle, naïve, et irrationnelle que la première, celle qui lui dit que l'esprit humain est capable de s'élever jusqu'à la hauteur de cette Perfection, de la trouver, de la voir, et d'en faire passer une teinture dans ses ouvrages.20

Secondo alcuni critici, tra i quali Henri Benac, anche la filosofia cartesiana ha esercitato una qualche influenza sull'elaborazione dell'estetica classica. Non è però possibile stabilire un rapporto stretto tra il razionalismo di Descartes e il Classicismo, poiché questa filosofia contesta alcuni

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principii cari all'Umanesimo. Nel suo Discours de la méthode, Descartes critica il valore della memoria letteraria e fonda l'attività intellettuale esclusivamente sulla ragione, la quale è autonoma. Perciò egli non vede alcuna utilità nella cultura antica: gli autori greci e romani non servono per la vita moderna. Il Classicismo francese ha risentito anche dell'influenza di alcune letterature straniere, essenzialmente quella italiana e spagnola. A partire dal 1537, è stata molto apprezzata l'opera Il

Cortegiano di Baldassarre Castiglione perché essa ha introdotto in Francia l'ideale di 'honnête

homme'21. Altri grandi temi letterari sono stati diffusi grazie a due poemi epici italiani: l'Orlando

furioso di Lodovico Ariosto e la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Data la ricchezza della

sua struttura narrativa, l'opera dell'Ariosto è stata decisiva per quanto riguarda l'ispirazione romanzesca e teatrale. Molte rappresentazioni dell'Opéra22 riprendono il gusto e le atmosfere degli

episodi di questo poema. Invece, il Tasso è stato un modello sia per la letteratura pastorale che per la composizione dei romanzi eroici. Risultato di tale influsso sono L'Astrée di Honoré d' Urfé e i testi di La Calprenède, Gomberville e Scudéry. L'Adone di Giambattista Marino è ritenuto importante per lo sviluppo di una poetica moderna; La secchia rapita di Tassoni per la realizzazione di opere burlesche. L'influenza spagnola nella letteratura francese è determinata dall'ammirazione per l'arte picaresca contenuta nel Don Quijote di Cervantès, per i caratteri di inventività e sorpresa presenti nel teatro di Calderón de la Barca, Lope de Vega e Tirso de Molina.

1.3 I PRINCIPII ESTETICI

La costruzione della dottrina classica si è svolta durante l'intero secolo. Non è stato facile per i letterati del tempo individuare tutti gli elementi che potessero costituire il perfetto canone del Classicismo. Tale difficoltà è stata registrata soprattutto nella prima metà del Seicento e ciò è dovuto a motivazioni storiche, sociali e culturali. In questo periodo, infatti, la Francia è scossa da numerose lotte di potere tra monarchia e nobiltà23. Essa ha l'ambizione di diventare un grande Stato

moderno, con un potere forte e centralizzato che contrasti le ambizioni dei vecchi nobili. La volontà

21 L'honnêteté è il valore sociale più importante secondo la dottrina classica. L' 'honnête homme' è colui che possiede tutte le qualità. Non le esibisce con vanto e si sa far amare da tutti.

22 L'Opéra è la “tragedia in musica”. Questo genere ebbe molto successo sotto il regno di Luigi XIV, anche se fu Mazzarino che per primo cercò di diffonderlo in Francia. Lully fu il più celebre compositore del Seicento e Quinault fu il più apprezzato librettista.

23 In nome della difesa della ragion di stato, Richelieu cercò di sradicare con la forza gli antichi privilegi nobiliari. Le congiure e i complotti contro il suo potere erano all'ordine del giorno. Ad esempio, si può ricordare quella organizzata da Maria de' Medici, Gaston d'Orléans e i nobili del Parti dévot con lo scopo di screditare la sua politica estera davanti al re Luigi XIII.

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di centralizzazione, ordine e pace è sostenuta anche dalla borghesia, che si è arricchita e che sta gradualmente occupando il centro della vita economica. La società è ancora sensibile al ricordo del disordine provocato dalle guerre di religione, ma si adopera per ritrovare un gusto raffinato. Parigi diventa il cuore della vita mondana, anche se la lotta contro i vecchi costumi grossolani si protrae a lungo. La dualità tra ordine e disordine che caratterizza l'atmosfera politica e sociale di questo momento si riflette nelle correnti filosofiche. Il Razionalismo, ereditato dal pensiero di Montaigne, contiene un elemento di disordine perché si oppone all'ordine cristiano del mondo, ma introduce anche un elemento di ordine, poiché contrasta l'irrazionalità e il dogmatismo24. Non sono da

sottovalutare nemmeno gli strascichi della Contro-Riforma. La religione vuole imporre al mondo il suo ordine cristiano, ma essa sperimenta anche nuove forme di misticismo che entrano in conflitto con i sistemi dei teologi e fanno emergere gli aspetti più irrazionali della fede. Come fa notare Henri Bénac, il tentativo di codificare un canone letterario classico rispecchia l'oscillazione tra ordine e libertà che vive la Francia dell'epoca. I ragionamenti dei teorici, il gusto e i buoni costumi della società, la morale della religione spingono la letteratura del primo Seicento verso l'ordine. La personalità artistica, il gusto per l'avventura, la fantasia e lo spirito di indipendenza la spingono invece verso la libertà. Secondo la concezione dei teorici del tempo25, bisogna dare all'arte delle

regole per evitare che essa si corrompa nel genere popolare o che risulti schiava dell'imitazione passiva delle opere straniere. L'imperativo è proprio quello di fondare le regole sugli Antichi, in quanto essi hanno rispettato sempre la ragione. Gli intellettuali dell'epoca non intendono con questo termine il concetto di ragione cartesiana, ovvero lo strumento che permette una conoscenza chiara e distinta. Secondo loro, la ragione è una riflessione: una forma di buon senso che disciplina e limita il genio e la facoltà dell'immaginazione. Inoltre, come sostenevano gli antichi, le regole devono basarsi sulla natura. L'arte deve imitare la natura e lo stile deve essere naturale. L'idea di uno stile naturale nell'arte suscita però delle questioni alle quali i teorici della prima metà del XVII secolo non sanno ancora rispondere. Tutto ciò che si rappresenta in arte è contenuto nella natura, ma non si sa con certezza se l'arte possa rappresentare tanto il bello, il piacevole, lo straordinario quanto il brutto, l'orribile, l'ordinario. Se l'imitazione dell'arte consiste nella riproduzione esatta dell'oggetto, allora l'arte classica deve forse volgere al realismo. Non sono meno problematiche le interpretazioni attribuite allo stile naturale. Indipendentemente dall'oggetto imitato, lo stile naturale deve essere semplice, facile da comprendere per tutti e non deve ricercare la bellezza. Oppure, lo stile naturale deve essere semplice e può ricercare un certo effetto artistico, purché esso non sia esagerato. Non

24 Nel 1637 il metodo ideato da Descartes faciliterà questo tentativo di ripristino dell'ordine: solo ciò che è chiaramente dimostrato assume un valore universale. Perciò è possibile fare tabula rasa dei dogmi dei filosofi antichi.

25 I principali letterati che nella prima metà del secolo dibattono sui principii da dare alla dottrina classica sono Chapelain, Guez de Balzac, La Mesnardière, Faret, Colletet, l'abbé d'Aubignac, Vaugelas, Voiture.

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bisogna dimenticare, infatti, che per i dotti lo scopo principale dell'arte è morale. Anche lo scopo dell'arte non è però esente da dubbi. Non è certo se l'opera d'arte debba fornire una lezione morale o se debba più semplicemente non essere immorale; non è certo nemmeno il concetto di morale, poiché esso può variare secondo gli ambienti. I teorici elaborano due precetti generali che tutti i generi letterari devono osservare: la vraisemblance e le bienséances. Se vuole ottenere successo, l'autore deve preferire al vero il verosimile: l'opera deve riflettere l'idea che il pubblico ha della realtà. Il vero è infatti ambito della storia. Così formulata, la teoria del verosimile risulta un po' contraddittoria. I dotti non sanno ancora definire come il vero possa essere verosimile e possa relazionarsi con la mente ordinaria degli uomini. Inoltre, specialmente se si tratta di opere che manifestano un'impronta storica, il principio del verosimile può essere letto secondo due prospettive differenti. Si può parlare di verosimile generale: è ciò che rispetta una certa idea dell'uomo, valida per tutti i tempi storici e comunque influenzata dai costumi di un'epoca ben precisa. Questo tipo di verosimile richiede perciò la modifica della verità storica al fine di adattarla all'idea comune dell'uomo di una data epoca26. Oppure si può parlare di verosimile storico: l'uomo di uno specifico

periodo è comunque costretto dalla storia a riconoscere le differenze di costumi e tradizioni che intercorrono tra lui e il passato. Di conseguenza, la sua idea degli uomini passati può non coincidere con il verosimile generale. Le bienséances sono di due tipologie. La bienséance esterna riguarda il rapporto tra l'oggetto artistico e il pubblico. Questa regola esige che l'opera d'arte non sconvolga gli ideali filosofici, morali, religiosi, sociali e mondani del pubblico contemporaneo all'autore. È il rispetto del decoro e dell'etichetta27. La bienséance interna riguarda il rapporto tra l'oggetto artistico

e la sua stessa natura. Tale principio impone che i personaggi di un'opera siano sviluppati secondo una logica conforme al carattere che è stato conferito loro inizialmente; l'intreccio deve essere coerente. Tuttavia è difficile definire con precisione l'ideale filosofico dell'epoca, perché esso cambia a seconda degli ambienti. È poi vero che se si seguono alla lettera i principii delle bienséances si corre il rischio di non rispettare il verosimile storico. Oltre alle regole generali, i teorici stabiliscono dei principi specifici per ciascun genere letterario28. Le norme imposte al genere

del teatro continueranno ad essere osservate in buona parte fino alla grande rivoluzione estetica del Romanticismo. La struttura teatrale classica si regge su tre unità da rispettare. L'unità d'azione consiste nell'elaborazione di un unico intreccio che sappia attirare l'attenzione del pubblico. Bisogna

26 Il principio del verosimile generale può portare all'inverosimile storico. Ad esempio, dato che il pubblico tende a considerare gli eroi del passato attraverso i costumi della propria epoca, i personaggi di un romanzo storico possono essere connotati da sentimenti moderni, estranei al loro reale contesto.

27 Ciascun genere deve rispettare il proprio registro stilistico e tematico. Ad esempio: un re non deve parlare come un borghese; in scena la morte e i combattimenti non devono ferire la sensibilità e il gusto degli spettatori.

28 Per l'estetica del Classicismo la nozione di genere è fondamentale. Nella sua Art poétique, Boileau distingue quindici generi letterari. Ad esempio, i grandi generi sono l'epopea, la tragedia e la commedia. Tra i piccoli generi si possono citare il sonetto, il madrigale, l'epigramma e la satira.

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eliminare cioè tutte le azioni secondarie che non sono indispensabili all'intreccio principale. L'unità di tempo consiste nell'attribuire allo svolgimento dell'intreccio una durata simile a quella del tempo vissuto dallo spettatore. L'obiettivo è quello di non contraddire la regola della vraisemblance. Perciò l'intreccio non può svilupparsi nell'arco di più anni o lungo il corso dell'intera vita di un eroe. È necessario rispettare la regola delle ventiquattro ore, affinché la durata reale di ogni atto coincida con la durata dell'azione fittizia. La scena dovrà perciò privilegiare il momento critico dell'intreccio. L'unità di luogo prevede che l'azione rappresentata avvenga in un solo ambiente. Per la commedia, sono appropriati l'interno di un'abitazione o la piazza di una città. Per la tragedia, sono adatti l'appartamento di un palazzo nobile o la sala del trono. Ciò significa che lo sfondo della scena deve rimanere piuttosto astratto. La tragedia può presentare l'elemento del meraviglioso, ovvero tutto ciò che è straordinario e inatteso, purché esso sia verosimile. Le questioni della lingua e dello stile espressivo non sono al centro delle discussioni dei letterati dei primi decenni del XVII secolo. Come sottolinea Henri Bénac, grande influenza al proposito si deve soprattutto alle concezioni elaborate precedentemente da Malherbe. Secondo il suo pensiero, a livello grammaticale la lingua deve essere pura, rispettosa del buon uso e capace di essere compresa da tutti. La ricchezza eccessiva e il pedantismo devono essere evitati, lo stile deve promuovere un'eloquenza nobile e musicale rifiutando le parole straniere, i termini dialettali e le espressioni troppo volgari29. È però

solo nella seconda metà del Seicento che viene codificato un canone linguistico e stilistico più originale: l'esito di un bilanciamento tra il recupero della tradizione di Malherbe e l'introduzione di nuove forme artistiche. Fino a questo momento, si sono prese in considerazione le discussioni che hanno animato i dibattiti dei teorici. Tuttavia, la nascita dell'estetica del Classicismo è influenzata anche dalla formazione di una società sempre più raffinata e ben educata. I costumi e il gusto si affinano; la vita di mondo praticata nei saloni attrae gradualmente un gran numero di borghesi benestanti. Per la diffusione di questo nuovo spirito un ruolo importante è svolto dall'Hôtel de Rambouillet30. L'ambiente della gente di mondo non è il luogo della formazione di rigide regole. I

mondani accettano sì l'importanza delle bienséances e delle convenences, ma vedono nel piacere lo scopo principale dell'arte. Come afferma André Blanc, per il pubblico mondano il gusto è semplicemente “un instinct de la raison”31: un giudizio spontaneo che non segue le regole ma che,

nonostante ciò, è approvato dalla ragione. Il piacere dato da un'opera d'arte non può quindi basarsi

29 Per lo studio delle regole e delle proprietà della lingua francese sarà importante la fondazione dell'Académie française da parte di Richelieu, nel 1635, sotto il regno di Luigi XIII. I lavori dei membri porteranno all'elaborazione di un primo dizionario nel 1694.

30 L'hôtel de Rambouillet prende il suo nome dalla marchesa di origini italiane Catherine de Vivonne de Rambouillet. A partire dal 1607, la marchesa vi tenne un brillante salotto letterario. Nella famosa camera blu, la marchesa riceveva le personalità più importanti dell'epoca, come Richelieu, Vaugelas, Guez de Balzac e Voiture. Questo ambiente era definito pieno di buon senso: un luogo dove si parlava con saggezza e con intelligenza.

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esclusivamente su elementi razionali. Un'opera d'arte suscita piacere tra la gente di mondo se essa si fonda sul 'je ne sais quoi'. Questo principio estetico è molto difficile da definire: è ciò che il sentimento percepisce ma che la ragione non può spiegare. Boileau lo descrive come un qualcosa che affascina l'uomo e dice che senza di esso la grazia e la bellezza non potrebbero essere tali. L'elemento del 'je ne sais quoi' è un punto cardine dell'estetica classica. Perciò non stupisce che abbiano molta importanza altri due tratti appartenenti all'ambito dell'irrazionale: la grazia e il sublime. La grazia permette all'artista di produrre la sua opera con naturalezza e senza sforzo. Il sublime è ciò che supera il bello ed eleva l'anima: la sua percezione si impone in modo autonomo e indipendente perché non necessita del giudizio della ragione. Si è abituati a ritenere il Classicismo come l'epoca della ragione, ma si può ben vedere come anche gli elementi irrazionali cerchino di emergere di tanto in tanto. André Blanc dichiara:

Comme on le voit, pas plus que le baroque ou le romantisme, le classicisme n'ignore l'irrationnel. Cependant, à la différence de ces sensibilités, il ne se lance pas d'emblée dans la déraison; l'irrationnel vient chez lui en fin de course, non pas comme un déni mais comme un couronnement ou un dépassement du rationnel. Ce trait est d'ailleurs caractéristique du siècle. On le retrouvera en art: les paysages de rêve du Lorrain ou de Poussin sont l'aboutissement d'une construction rigoureuse. La spiritualité elle-même en est marquée: l'apologétique pascalienne est toute rationnelle, même si elle vise à montrer l'impuissance de la raison, alors qu'elle ouvre sur l'expérience mystique du “Mémorial” et la méditation du Mystère de Jésus.32

La cultura dei saloni mondani ha per valore assoluto l'honnêteté, che è “ la quintessence de toutes les vertues”33. Nell'epoca classica è il costume sociale più importante, in quanto esso legittima l'idea

stessa del fare letteratura. Bisogna infatti tenere presente che all'epoca la letteratura svolge un compito importante nella formazione dell'uomo. L' 'honnête homme' è colui che possiede quasi tutte le qualità. Tuttavia, non ne fa mostra perché non è vanitoso; sa farsi amare da tutti quelli che lo circondano. Numerosi intellettuali riflettono sul concetto di honnêteté. Guez de Balzac parla di urbanité: una giusta quantità d' “ humour complice et poli”34 che ogni uomo di buon gusto deve

avere. Nicolas Faret sostiene che l' 'honnête homme' è tale se sa usare le parole con eleganza, dato che è proprio nel linguaggio che si rispecchiano gli alti valori sociali. Antoine Gombaud, conosciuto come Chevalier de Méré, attribuisce importanza allo spirito della conversazione. Verso il 1650, il gusto del gran mondo diventa 'goût précieux'. La préciosité è una tendenza che cerca di coltivare la

32 Ibidem, p. 90.

33 Henri Bénac, Le Classicisme, Paris, Hachette, 1974, p. 37.

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raffinatezza in ogni ambito, in modo particolare nella sfera dei sentimenti e nel linguaggio. I sostenitori di questa nuova attitudine a volte entrano in conflitto con le preferenze dei teorici e degli artisti. Eppure è il modo di giudicare dei 'précieux' a condizionare in parte la forma dell'opera classica. Essi hanno un modo particolare di interpretare le opere d'arte. Disprezzano gli antichi e i pedanti; abbinano le considerazioni estetiche al concetto di bienséance mondana; prediligono le questioni morali e psicologiche; si interessano molto allo stile, ricercando la purezza della lingua; rispettano i precetti della grammatica e le proprietà di ciascuna parola; rifiutano un registro linguistico basso; amano le immagini poetiche e le metafore35. Tuttavia, come fa notare la critica, il

gusto précieux si allontana talvolta dal vero senso artistico ammirato dagli uomini del XVII secolo, perché diventa pieno di eccessi36. Il dibattito sulla costituzione della dottrina classica giunge a piena

maturazione soltanto a seguito dell'instaurazione del regno di Louis XIV nel 1661. Nella seconda metà del XVII secolo l'arte e la lingua sono al centro di un progetto politico ben preciso: la cultura è un ottimo strumento per favorire il processo di centralizzazione, rafforzamento e autonomia dello Stato moderno francese. Di conseguenza, la straordinaria produzione artistica del periodo riflette la magnificenza del potere di Louis XIV: la Francia è una potenza da temere e da ammirare in tutta Europa. Lo splendore e la ricchezza della sua letteratura sono il simbolo dell'orgoglio e del prestigio di una nazione, unica e irripetibile. La lingua francese non ha bisogno di essere schiava delle altre lingue straniere o di quelle antiche, poiché la sua storia è importante e nobile. Come afferma Voltaire nel corso della sua analisi della storia del Seicento, sono state non a caso le personalità di Louis XIV e di Colbert a creare i più grandi artisti dell'epoca classica francese37. La Francia di

Louis XIV sta vivendo in questo momento un'età d'oro ed è, per certi aspetti, simile alla Roma di Augusto o all'Atene di Pericle. Tutto sembra, in effetti, aver raggiunto un equilibrio perfetto. L'ordine e la pace hanno per il momento imposto il loro dominio in ogni ambito. La nobiltà è stata ridotta al silenzio con la forza e con l'astuzia: estromessi dalla vita politica, i nobili non possono che partecipare alla brillante vita della corte del re. È proibito contestare i successi del sovrano, dato che la monarchia ha carattere divino: le sue decisioni sono volute da Dio. In campo economico, la borghesia arricchita offre allo Stato un considerevole sostegno. La società ha ormai sviluppato un gusto molto fine e delicato: i ricchi borghesi imitano la gente di mondo e rifiutano i vecchi costumi grossolani. I valori di politesse e di raffinement sono un punto cardine di tale società evoluta. Anche la religione e le correnti filosofiche rispecchiano un'atmosfera di controllo. La religione predica una

35 Rare sono le metafore riprese dalla letteratura antica, dalla mitologia, dalla filosofia e dalla medicina. I 'précieux' preferiscono le metafore che si ispirano alla guerra, ai duelli, all'arte del cavalcare, alla caccia, al gioco, alle arti in generale, alla musica e all'eleganza.

36 Ad esempio, Les Précieuses ridicules di Molière e Le Roman bourgeois di Furetière prendono in giro e criticano gli eccessi del gusto précieux.

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morale esteriore, vicina al mondo e alla prudenza politica, che rifiuta il libero pensiero e le avventure mistiche. Il Razionalismo di Descartes è il supporto tanto della religione che della politica. Inoltre, è influente il pensiero del filosofo razionalista inglese Hobbes nell'idea che la ragione sia il fondamento di una monarchia di diritto divino. La letteratura classica del Grand Siècle è lo specchio dell'ordine di questo contesto. La sua estetica riesce finalmente a trovare un compromesso tra le regole dei teorici, il gusto raffinato dei mondani e il genio degli artisti. Naturalmente ogni ambiente tende a mantenere il proprio canone di gusto, ovvero “ la faculté de sentir et d'apprécier la perfection d'une oeuvre”38. Si verifica però una forma di avvicinamento da

parte di ciascuna posizione. I mondani continuano ad apprezzare il gusto précieux e sono sempre fedeli al rispetto delle bienséances. Tuttavia essi diventano più colti e sanno apprezzare anche le opere dei grandi artisti celebrati dal sovrano39. I teorici restano fermamente convinti dell'importanza

delle regole e del ruolo degli Antichi; sollevano il problema della lingua e dello stile, criticando i modelli italiani e spagnoli. Essi capiscono comunque l'importanza di sviluppare una forma espressiva che piaccia anche alla gente di mondo e intuiscono la necessità di unire il valore mondano per eccellenza dell' 'honnête homme' al concetto di scienza. D'altra parte, secondo gli artisti più influenti, le regole sono importanti per un'opera d'arte ma la relativa qualità di perfezione deriva dalla capacità di creare un piacere estetico basato sulla bellezza. Più che con le regole, questa bellezza si può in parte raggiungere con l'elemento irrazionale del genio artistico. Gli autori non ricercano esclusivamente un pubblico fatto di uomini colti e illustri: essi mirano ad un pubblico allo stesso tempo colto e mondano, che sia in grado con il suo buon senso e con il suo gusto di creare stabilità ed equilibrio di valori. La convergenza delle diverse prospettive porta inevitabilmente ad una reinterpretazione delle regole della dottrina classica elaborata prima del 1660. Adesso lo scopo degli intellettuali40 è quello di applicare in modo concreto i principii alle creazioni artistiche. Tutti

continuano a credere che la morale debba essere lo scopo principale dell'arte. Ciò che è dilettevole deve unirsi all'utile, impartendo così ai fruitori una lezione etica. I più rigidi sono contrari a tutte le arti che non sono in grado di formulare in modo diretto un messaggio morale. Ad esempio, i seguaci del Giansenismo41 criticano l'arte profana in quanto essa non serve a nulla nella vita inquieta degli

38 Henri Bénac, Le Classicisme, Paris, Hachette, 1974, p. 65.

39 Il re Louis XIV è il mecenate degli artisti; è lo spettatore ideale; il suo gusto è diventato un metro di giudizio da prendere sempre in considerazione. Alcune opere teatrali vengono proprio rappresentate nella sua corte. Ad esempio, possiamo citare il caso dell'opera La Princesse d'Élide di Molière.

40 I principali contributi sono quelli di Rapin, Bouhours, Boileau e Nicole. Da molti critici l'Art poétique di Boileau è considerata proprio come l'opera manifesto dell'estetica classica.

41 Il Giansenismo è un movimento teologico che prende il nome dall'olandese Cornelius Otto Jansen. Secondo questo pensiero, l'uomo del peccato originale non è capace di compiere il bene con le sue sole forze. È infatti la grazia di Dio a spingere l'uomo verso il bene. Senza di essa, l'uomo è portato a compiere il male. La grazia non è concessa da Dio a tutti i peccatori, ma soltanto ai predestinati. Non vengono tenuti in considerazione i meriti compiuti nel corso di vita. La mente di Dio è imperscrutabile, perciò non si possono conoscere i criteri della sua scelta.

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uomini, di fronte alla terribile e imperscrutabile volontà divina. Bossuet è ostile al teatro perché lo giudica immorale e corruttore dei costumi. Per altri, invece, è sufficiente che l'arte non offenda lo spirito di délicatesse e le bienséances. Sono soprattutto i grandi autori, come Racine, Molière e Boileau, a difendere il ruolo positivo dell'arte, in quanto essa è portatrice di una propria morale. Inoltre è vero che talvolta l'arte dipinge il vizio, ma tale rappresentazione non mira a renderlo attraente e popolare42. Il concetto di natura viene definito in termini più precisi. Nel Grand Siècle è

naturale ciò che si vede quotidianamente. Naturale può essere sinonimo di verosimile: l'elemento della fantasia e dello straordinario non sono più ammessi43. Non è nemmeno più accettato il tratto

del meraviglioso cristiano: esso è inferiore al meraviglioso pagano e si ritiene che sia sconveniente rendere la religione uno strumento al servizio dell'arte. Le opere devono concentrarsi principalmente sulla natura umana. L'imitazione della natura non è un atto libero perché ciò che è naturale deve essere anche interessante e caratteristico. Non bisogna dipingere la realtà come appare, ma occorre renderla attraente attraverso la messa in risalto delle sue caratteristiche. Quindi, bisogna ricercare l'effetto artistico. La rappresentazione delle realtà basse e volgari è proibita, in quanto esse non suscitano alcun interesse psicologico44. Resta ancora molto discussa la questione

della vraisemblance. La maggior parte dei teorici preferisce il rispetto della vraisemblance storica, poiché essa non contrasta la ragione e il gusto antico. I dotti criticano molti tratti inverosimili attribuiti talvolta ai personaggi delle opere letterarie45. Invece i mondani preferiscono la

vraisemblance generale: per loro, è più importante la coerenza del personaggio rispetto a se stesso e a ciò che si ritiene il buon senso comune. Questa interpretazione porta gli artisti a perseguire un nuovo spirito nel teatro e nel romanzo: il gusto dell'amore e della galanteria. È una tendenza che ottiene un grande successo di pubblico. Gli stessi Boileau e Racine accettano l'elemento dell'amore purché questo non oltraggi la morale e rispetti la vraisemblance storica. In generale si concorda sul rispetto delle regole per ciascun genere letterario al fine di ottenere il massimo effetto artistico. A teatro resta fondamentale la semplificazione dell'azione. La vraisemblance è necessaria ma è indispensabile anche il rispetto della bienséance. Perciò occorre evitare di rappresentare i soggetti immorali e tutti quei soggetti che potrebbero sconvolgere le opinioni politiche del pubblico. Nelle

42 Boileau realizza queste riflessioni nella sua Art poétique.

43 Contemporaneamente alla precisazione del concetto di natura, diventa ben definito anche quello di verità. La verità non è ciò che accade realmente: è ciò che deriva dal consenso comune dell'uomo, poiché egli in persona lo ha sperimentato. Di conseguenza, come fa notare Henri Bénac, si modifica il ruolo dell'artista. Gli artisti non devono più allontanare l'uomo dal reale. Essi hanno il compito di fare avvicinare l'uomo al reale, in modo da renderlo consapevole delle idee che già possiede ma che non sa esprimere.

44 La rappresentazione della realtà secondo la concezione classica è molto distante dal Realismo e dal Naturalismo dell'Ottocento. In epoca classica le grandi opere d'arte si interessano soprattutto all'ambiente della corte e a quello della città benestante.

45 Si può citare il caso dell'Andromaque di Racine. Molti criticano il personaggio di Pyrrhus, poiché egli non è 'honnête homme'. È un vigliacco che non mantiene la parola data.

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tragedie sono proibite le emozioni troppo violente, perché esse diventerebbero una fonte di dolore e rischierebbero così di negare il piacere, che è pur sempre lo scopo dell'opera d'arte. Le emozioni suscitate dalla tragedia devono essere forti, ma anche se prevedono la caratteristica del terrore, esse devono basarsi sulla pietà46. Rispettivamente, i concetti di piètà e di terrore devono essere ben

distinti da quelli di dolore e di orrore. Per questi motivi, la dottrina classica esclude gli spettacoli patetici e sanguinolenti dalla scena47. È imprescindibile il rispetto dell'etichetta e del valore

dell'honnêteté: l'eroe deve essere sempre un 'honnête homme' e deve parlare con proprietà. Nel Grand Siècle diventano cruciali le questioni della lingua e dello stile. La lingua è importante non solo dal punto di vista politico, ma anche per l'aspetto estetico. È il linguaggio che infatti ci permette di cogliere e di ammirare la bellezza complessiva di un'opera. Numerosi dotti cercano quindi di formulare un modello stilistico universale. Rapin sostiene l'esigenza di una dizione congrua, chiara, naturale, nobile e armoniosa. Ciò significa che lo stile deve rifiutare tanto gli elementi impuri, bassi e volgari quanto gli elementi troppo ricercati e studiati. Sono preferite le espressioni che contengono grazia, delicatezza, magnificenza. Lo stile deve rispettare le regole, la bienséance e il buon senso. Nel complesso i dotti ripropongono i principali precetti di Malherbe: correttezza dell'uso dei termini; conoscenza delle proprietà delle parole e delle regole grammaticali; chiarezza e purezza dell'espressione. Se l'arte deve esprimere la natura, ne consegue uno stile naturale che rappresenti la verità in modo indiretto, attraverso una forma piacevole. “ Le naturel ne suffit pas si l'expression ne lui ajoute quelque chose ”48. Non esiste però un'unica forma di stile

naturale, valida indistintamente per tutti i generi letterari. Bouhours riconosce la presenza di una particolare forma di stile all'interno di ciascun gruppo di genere. Le opere morali e tutti quei generi che esprimono una verità pura e semplice necessitano di uno stile astratto e intellettuale. Le tragedie, le odi e i grandi generi poetici prediligono uno stile nobile, capace di conferire alla verità un'atmosfera di grandezza. I generi comici e mondani hanno bisogno di uno stile delicato e piacevole. Senza tenere conto della differenziazione dei generi letterari, si può dire che per gli autori classici il naturale è concepito come l'espressione piacevole della verità, l' 'agrément', cioè la piacevolezza dello stile. Essa può essere ottenuta attraverso la chiarezza, la brevità, la varietà delle espressioni e l'armonia49. La diversità dell'espressione è fondamentale per evitare un purismo noioso 46 Nell'Art poétique Boileau dice che l'arte deve attribuire alle scene più orribili un certo fascino.

47 Come sarà trattato più avanti, gli effetti patetici e truci saranno invece una caratteristica dell'estetica romantica. Non a caso, Shakespeare sarà il modello per molti autori del Romanticismo.

48 Henri Bénac, Le Classicisme, Paris, Hachette, 1975, p. 116.

49 Henri Bénac fa notare come la caratteristica di chiarezza sia però un motivo di scontro tra artisti e seguaci del pensiero cartesiano soprattutto alla fine del secolo. Infatti, per gli artisti la chiarezza corrisponde agli ornamenti poetici. Essa è cioè una coerenza strutturale dell'estetica. Per i cartesiani, la chiarezza è un puro elemento intellettuale che rispecchia la ragione. Una simile opposizione è applicabile al concetto di brevità. I pensatori cartesiani intendono per brevità la soppressione di tutti quegli ornamenti che non sono indispensabili alla chiarezza. Per gli artisti, la brevità è invece una forma di armonia capace di conferire giusto ritmo e fascino appropriato alle

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