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La politica europea della Francia negli anni della presidenza Sarkozy

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Academic year: 2021

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INDICE DELLE ABBREVIAZIONI

 AKP- Partito per la Giustizia e lo Sviluppo turco

 ASEM- Asia-Europe Meeting

 BCE- Banca Centrale Europea

 BEI- Banca Europea per gli Investimenti

 BNP-Parisbas – Banque de Paris et des Pays-Bas S.A.  BRIC- Brasile-Russia-India-Cina

 CECA- Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio  CED- Comunità Europea di Difesa

 CEE- Comunità Economica Europea

 CFE- Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa  CIG- Conferenza Intergovernativa

 CPE- Cooperazione Politica Europea

 CSCE- Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa

 DL- Partito della Democrazia Liberale francese/ Parti de la Démocratie Libérale  ECA- Economic Cooperation Administration

 ECOFIN- Consiglio Economia e Finanza/ Economic and Financial Affairs Council  ECU- Unità di Conto Europea/ European Currency Unit

 EFTA- Associazione Europea di Libero Scambio/ European Free Trade Association  ELA- Emergency Liquidity Assistance

 EMUNI- Euro-Mediterranean University

 EURATOM- Comunità Europea per l’Energia Atomica  EU-ETS- European Union Emissions Trading Scheme

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 EUPOL Afghanistan- European Union Police Mission in Afghanistan  FED- Federal Reserve

 FESF- Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria

 FISCAL COMPACT- Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance nell’Unione Economica e Monetaria

 FMI- Fondo Monetario Internazionale  GAI- Giustizia e Affari Interni

 G8- Gruppo degli Otto/ Group of Eight  G20- Gruppo dei Venti / Group of Twenty

 IDHES-CNRS- Institutions et Dynamiques Historiques de l’Économie et de la Socié-té-Centre National de la Recherche Scientifique

 IRSEM- Institut de Recherche Stratégique de l’ École Militaire de Paris  ISAF- International Security Assistance Force

 LIA- Libyan Investment Authority  MAP- Membership Action Plan

 MEDA – Mesures d’ Accompagnement Financières et Techniques  MEDEF- Mouvement des Entreprises de France

 MESF- Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria  MES- Meccanismo Europeo di Stabilità Finanziaria

 MoDem- Movimento Democratico francese/ Mouvement Démocrate

 NATO- Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord/ North Atlantic Treaty Organization

 OECE- Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea  OEF- Enduring Freedom Operation

 OMT- Outright Monetary Transactions

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 OSCE- Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa  PAC- Politica Agricola Comune

 PASOK- Movimento Socialista Panellenico greco  PESC- Politica Estera e di Sicurezza Comune  PESD- Politica Europea di Sicurezza e Difesa  PEV- Politica Europea di Vicinato

 PS- Partito Socialista francese /Parti Socialiste  PSC- Patto di Stabilità e Crescita

 RPR- Raggruppamento per la Repubblica/ Rassemblement pour la République  SEC- Securities and Exchange Commission

 SME- Sistema Monetario Europeo  SMP- Securities Market Program

 TALF- Term Asset-Backed Securities Loan Facility  TFUE- Trattato sul Funzionamento dell’UE

 TNP- Trattato di Non -Proliferazione Nucleare  TUE- Trattato sull’ Unione Europea

 UpM- Unione per il Mediterraneo

 UDF- Unione per la Democrazia Francese/ Union pour la Démocratie Française  UE- Unione Europea

 UEM- Unione Economica e Monetaria  UEO- Unione dell’Europa Occidentale

 UMP- Unione per un Movimento Popolare/ Union pour un Mouvement Populaire  URSS- Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

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INTRODUZIONE

“La politica europea della Francia negli anni della Presidenza Sarkozy”, oggetto dell’elaborato, deriva dall’evoluzione del gollismo, dalla genesi e dagli sviluppi dell’integrazione europea.

A questo proposito si è analizzato la politica estera di Charles de Gaulle negli anni 1947-1969, finalizzata a far acquisire allo Stato francese la “grandeur” attraverso il concetto di “Europe des Patries”, visione confederale dell’Europa, antitetica alla logica sovrannazionale di Jean Monnet e Robert Schumann.

A partire dagli anni ‘70 il gollismo storico ha cessato di esistere, divenendo un movimento eterogeneo, ma fedele ai tradizionali principi.

Infatti, in questo contesto, il neogollismo di Jacques Chirac era ben deciso a far valere la concezione confederale dell’Europa e le proprie rivendicazioni sulle questioni della costruzione europea, di fronte alla politica del Presidente della Repubblica Giscard.

Alla fine degli anni ‘80 il “Raggruppamento per la Repubblica” di Chirac non era più un partito compatto sulle tematiche europee.

Questo cambiamento è stato determinato dal nuovo contesto europeo, causato dalla caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989, dal processo di riunificazione della Germania il 3 ottobre 1990 e dalla dissoluzione dell’URSS alla fine del 1991.

Le divisioni e i dibattiti all’interno del neogollismo si sono accentuati nel periodo 1989-1993, anni precedenti l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht.

Per fornire un’analisi completa del percorso evolutivo del gollismo, è stato opportuno prendere in considerazione i due mandati presidenziali di

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Chirac.

Nel primo mandato presidenziale 1995-2002, Chirac ha adottato una linea d’azione volta alla creazione di una difesa europea dipendente dalla NATO e si è dimostrato favorevole alla riforma delle istituzioni comunitarie attraverso il Trattato d’Amsterdam e il Trattato di Nizza.

L’RPR era ancora più diviso sulle questioni europee, anche a causa del nuovo establishment politico: Philippe Séguin Presidente del partito, Charles Pasqua in qualità di Consigliere speciale e Nicolas Sarkozy Segretario generale.

Nel secondo mandato presidenziale 2002-2007, Chirac ha dovuto affrontare nuove sfide, sia a livello europeo che globale.

La posizione della Francia in merito alla guerra d’Iraq del 2003 ha contrastato la politica degli Stati Uniti, basata sul mero uso della forza. Al contrario,il Presidente francese e il Ministro degli Esteri de Villepin erano propensi all’adozione di un approccio multilaterale, a un’azione costruttiva per fronteggiare la crisi irachena.

A livello europeo la Francia ha dovuto elaborare una politica per risolvere le problematiche dell’allargamento dell’UE verso i Paesi dell’Europa centrale e orientale, realizzatosi, poi, il 1° maggio 2004. I suoi interventi erano già iniziati a partire dagli anni ‘90 sotto la Presidenza Mitterrand, successivamente, sotto la Presidenza Chirac, per l’adesione turca e per l’ulteriore riforma delle istituzioni europee.

Analizzata l’evoluzione della politica estera francese negli anni antecedenti la Presidenza Sarkozy, si è esaminata la campagna che condusse Sarkozy alle elezioni presidenziali del 2007, inclusa la sua politica europea.

Sarkozy è salito alla Presidenza della Repubblica francese in un periodo particolarmente difficile per la Francia e per l’Europa.

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Francia e in Olanda nel 2005, ha causato la paralisi dell’integrazione europea.

Allo stesso tempo, il “no” al Trattato, nel caso francese, ha evidenziato le paure e le insicurezze dell’opinione pubblica a riguardo dei cambiamenti economici, politici e sociali conseguenti.

In questa seconda parte si è ritenuto indispensabile tracciare un’analisi del contesto politico e sociale della Francia, andando oltre le questioni dell’integrazione europea.

Sarkozy, nei fatti, è riuscito a sfruttare la crisi francese per preparare la propria campagna, elaborando il concetto di “rupture” in politica estera ed interna.

Il primo obiettivo del nuovo Presidente francese riguardava il rilancio del progetto comunitario, attraverso un trattato che avrebbe ripreso le innovazioni del Trattato costituzionale: il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1° dicembre 2009.

L’attivismo di Sarkozy è ancora più evidente quando è stato designato Presidente di turno del Consiglio dell’UE, semestre 1° luglio-12 dicembre 2008.

Tale periodo è iniziato con l’esigenza di riformare la Politica Agricola, permettendo alla Francia e all’Europa di adattare la PAC ad una nuova realtà internazionale.

Successivamente, ha manifestato l’esigenza di apportare delle modifiche in materia d’immigrazione, proponendo il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, adottato dal Consiglio europeo il 16 ottobre 2008.

Sarkozy ha avviato, anche, un dialogo con i partner europei per dare vita ad un’efficiente politica in materia energetica e ambientale, in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, che si sarebbe svolta a Copenaghen nel 2009.

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Inoltre, il Presidente francese ha lanciato il progetto “Unione per il Mediterraneo”, rivolto ai Paesi del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, visti gli insuccessi della cooperazione euro-mediterranea.

Ultimo caposaldo della politica europea di Sarkozy, durante il periodo della Presidenza francese del Consiglio dell’UE, è stato l’intervento dell’UE, come mediatrice, nella guerra tra Georgia, Abhazia e Ossezia del Sud, nell’ agosto 2008.

In questa situazione Sarkozy ha cercato, infatti, di svolgere un’efficace attività di mediazione, allo scopo di porre fine ad una grave crisi nella regione del Caucaso.

Per completare la politica estera del Presidente francese, si sono considerati i suoi obiettivi nel settore della sicurezza e della difesa.

Sarkozy è riuscito a far uscire la Francia dall’isolazionismo, favorendo il suo ritorno nella struttura militare integrata della NATO, avvenuto formalmente nel vertice di Strasburgo – Kehl del 2009.

Contemporaneamente, ha elaborato il “Libro Bianco sulla Difesa e sulla Sicurezza Nazionale”, presentato il 26 giugno 2008 all’Assemblea Nazionale, in cui ha sottolineato la necessità di creare una PESD autonoma, pur riconoscendo il valore ed il peso dell’Alleanza Atlantica in Europa. Nel terzo capitolo si è descritto l’atteggiamento dell’Unione Europea, con particolare riferimento alla Francia e alla Germania, di fronte ai problemi economico-finanziari internazionali, tali la genesi della crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e le ripercussioni sull’Europa negli anni 2002-2009, poi la crisi del debito sovrano europeo nel periodo 2009-2012.

Nella prima fase della crisi ogni Stato membro dell’UE, comprese la Francia e la Germania, ha adottato delle misure nazionali per uscire dalla depressione, alternandole all’indizione di vertici europei nei quali si

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cercava di elaborare una strategia collettiva.

Lo scenario si è aggravato con la crisi del debito sovrano in Europa e con il suo “effetto contagio”, in Grecia nel 2009, in Irlanda, in Portogallo e in Spagna nel 2010 ed, infine, in Italia nel 2011.

Di conseguenza, l’asse franco-tedesco, nominato “Merkozy”, è diventato il principale attore che ha proposto e adottato provvedimenti per fronteggiare la crisi economica: dall’accordo di Deauville del 18 ottobre 2010 al “Patto per la competitività”, divenuto in seguito “Patto euro plus” nel marzo 2011. Parallelamente, l’UE non è “rimasta alla finestra” a guardare, ma ha mostrato una certa fermezza per sostenere gli Stati membri in difficoltà: nel corso del 2010 sono nati i piani di finanziamento temporanei, il MESF e il FESF; nel biennio 2011-2012 l’“Outright Monetary Program” della BCE, il “Meccanismo di Stabilità finanziaria”, MES, primo strumento di salvataggio finanziario permanente ed il “Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance nell’Unione Economica e Monetaria” o Fiscal Compact.

Nella trattazione della politica economica della Francia e dell’UE, si sono rilevati posizioni e dibattiti del mondo politico ed economico francese, riguardo alla crisi dei mutui subprime americana e del debito sovrano europeo.

Così, dalle riflessioni emerse in Francia, si è compreso che la crisi economico-finanziaria ha alimentato ulteriormente la “méfiance” verso il sistema bancario.

Nel quarto capitolo si è analizzata l’ultima sfida che il Presidente Sarkozy deve affrontare al termine del proprio mandato: lo scoppio della guerra in Libia nel 2011.

In questo contesto è stato necessario focalizzarsi sulle prime iniziative degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che hanno esercitato pressioni su

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Gheddafi, al fine di ottenerne le dimissioni dal governo: l’imposizione dell’embargo alla vendita di armamenti alla Libia ed il congelamento dei fondi di investimento libici.

Durante il corso della guerra, Sarkozy ha optato per una politica aggressiva contro Tripoli, che si è articolata lungo le seguenti linee direttrici: l’imposizione delle sanzioni, il riconoscimento del Consiglio Nazionale di Transizione, l’iniziativa di instaurare una no-fly zone sul territorio libico ed, infine, la decisione di intervenire militarmente in Libia.

La linea d’azione del Presidente ha provocato forti critiche nell’ambito della NATO, ma ampio sostegno da parte della Francia.

Su quest’ ultimo aspetto, l’attenzione si è spostata sul dibattito politico all’interno dell’Assemblea Nazionale, mettendo in evidenza gli interventi del Primo Ministro Fillon e del Ministro degli Esteri Juppé.

Da ultimo, le riflessioni di alcuni membri chiave dell’“Institut de Recherche Stratégique de l’École Militaire” di Parigi e lo studio, interessante, di David Delfolie, chercheur associé à l’IDHES-CNRS, Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne, concernente la posizione della stampa francese sulla crisi libica.

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CAPITOLO PRIMO

L’EVOLUZIONE DELLA POLITICA ESTERA

FRANCESE NEL PERIODO ANTECEDENTE LA

PRESIDENZA SARKOZY

1. 1 Charles de Gaulle e il processo di integrazione

europea 1947-1954

Il gollismo è un’ideologia politica che sorse con il Generale Charles de Gaulle finalizzata a considerare il primato e l’influenza dello Stato francese, esaltati tramite il confronto diretto con le altre potenze.

Secondo il Generale, la politica estera godeva di un’indiscutibile superiorità rispetto agli affari interni, che erano strumentalmente utili ad accrescere l’affermazione della Francia nello scacchiere internazionale. A questo proposito, de Gaulle concretizzò il suo pensiero creando nel 1947 un movimento che prese il nome di ″Raggruppamento del Popolo Francese″, il quale si contrapponeva al comunismo, al regime esclusivo dei partiti suggerendo la realizzazione di una riforma costituzionale in modo da consolidare il potere esecutivo.

Sviluppò la concezione di “une Europe des Patries”, opposta alla logica sovrannazionale che teorizzava la creazione di una comunità politico-europea in senso federale.

Si mostrò essenzialmente un nazionalista, ma non un antieuropeista, poiché il suo nazionalismo tendeva a fondersi all’europeismo per superare l’assetto stabilito dalla Conferenza di Yalta del febbraio 1945.

Infatti, i suoi obiettivi erano indirizzati al raggiungimento di una cooperazione politica europea intergovernativa in grado di favorire la

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modernizzazione economica, pur nel rispetto della centralità degli Stati-Nazione. Questo disegno europeo doveva essere guidato dalla Francia, intesa come il vero motore della costruzione europea.

Si evince che il suo modello europeo era incompatibile con il pensiero di Jean Monnet e Robert Schuman, i quali ambivano a forme di integrazione economica e politica sovrannazionale1.

Un altro elemento importante del gollismo è dato dal fatto che l’unione doganale, la quale intercorreva tra i sei Paesi fondatori dell’integrazione europea2, doveva essere protetta dall’influenza anglosassone, perché la

Gran Bretagna era reputata il “cavallo di Troia degli Stati Uniti”,che imponevano i loro interessi nella sfera economica e politica europea.

In questa prima fase si può rimarcare la chiusura e l’intransigenza del Generale verso la realizzazione di vari progetti europei, quali il rigetto della Dichiarazione Schumann, che sanciva l’inizio effettivo del processo di integrazione europea e che condusse alla nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Infine, la bocciatura del Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa.

Charles de Gaulle maturò la sua concezione d’Europa al termine del Secondo Conflitto mondiale, quando si diffuse, in alcuni ambienti europei, la speranza che la ricostruzione post-bellica potesse costituire un’occasione favorevole per avviare una cooperazione tra i Paesi del Vecchio continente. Il primo evento importante fu la convocazione del Congresso dell’Aja che si svolse dal 7 al 10 maggio 1948, riunendo i principali statisti dell’Europa occidentale ed i promotori dell’idea federalista.3

Durante il Congresso emerse la contrapposizione tra i federalisti, desiderosi

1 Cfr. Gilbert, “Storia politica dell’integrazione europea”, edizione Quadrante Laterza,2005, p. 66. 2 Con i trattati di Roma, firmati il 25 marzo 1957, venne istituita la Comunità Economica europea

(CEE) e nacque l’Europa dei Sei: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi 3 Cfr. G. Mammarella, P. Cacace, “Storia e politica dell’Unione europea”, Editori Laterza, 2008, pp.

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di ottenere un’Assemblea europea eletta direttamente dai cittadini, dotata di poteri costituenti e i sostenitori della Confederazione, secondo i quali i membri dell’Assemblea dovevano essere designati dai Parlamenti nazionali, limitandosi a suggerire delle misure dirette a realizzare la “necessaria unione politica ed economica dell’Europa”.4

Sul piano politico, si assistette alla dicotomia tra la Francia europeista e la Gran Bretagna, che subordinava la politica europea ai rapporti privilegiati con gli Stati Uniti.

A questo proposito Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace hanno osservato che “ dall’Aia uscirà una Francia decisa a portare avanti una politica europeista che avrà i suoi sviluppi negli anni successivi”.5

Lo stesso Antonio Varsori ha sostenuto che: “In realtà, ha ragione chi sostiene che le successive realizzazioni sulla strada dell’unificazione affondano le loro radici nel Congresso dell’Aia nonché nella successiva evoluzione, stimolata dallo stesso Congresso tenuto nella stessa città olandese, del rapporto tra i vari settori dell’europeismo e nell’interazione tra movimenti e governi”.6

Dalle decisioni del Congresso dell’Aja sorse il Consiglio d’Europa, il 5 maggio 1949, nel quale parteciparono dieci Paesi: Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia.

Si trattò di un organo consultivo avente lo scopo, come previsto dall’art.1 del Trattato di Londra, di discutere le questioni di comune interesse e concludere accordi nei settori economici, sociali, culturali e scientifici, ma rappresentò sicuramente un primo passo verso il processo di costruzione

4 Cfr. Mammarella, Cacace, op.cit., p. 36 5 Ivi, p.36

6 Cfr. A. Varsori, Il Congresso dell’Europa dell’Aja, in AA.VV., I movimenti per l’Unione europea dal 1945 al 1954. Atti del Convegno internazionale, Pavia, 19-21 ottobre 1989, Milano 1992, p. 336.

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europea.7

Tale organismo ricoprì un ruolo marginale nei processi di edificazione europea perché si mostrò un foro internazionale dove si discuteva, senza poter deliberare.8

Contemporaneamente al dibattito ideologico, un altro passo verso l’inte-grazione europea fu la creazione da parte degli Stati Uniti dell’Organiz-zazione per la Cooperazione Economica Europea,OECE, nell’aprile del 1948, con il compito di coordinare gli aiuti del Piano Marshall finalizzati alla ricostruzione dell’economia europea.9

Il Piano Marshall aveva un obiettivo politico ben preciso: il miglioramento dello status di vita delle popolazioni europee per bloccare la diffusione del comunismo, che, secondo una convinzione diffusa oltreatlantico, conduceva alla povertà e all’instabilità.10

Il Piano americano si presentò un progetto ambizioso poiché gli Stati Uniti ambivano a trasferire in Europa le idee, i metodi e le strategie del capitalismo, affermando, di conseguenza, la propria influenza.

Come sottolineò Paul G. Hoffman, capo dell’ente ECA, che gestiva il Piano Marshall, nella riunione dell’OECE dell’ottobre 1949: “Per quanto sia urgente e importante il primo obiettivo del piano, cioè quello di equilibrare il commercio estero europeo con l’area del dollaro, il suo raggiungimento non avrebbe significato senza la realizzazione del secondo, quello cioè di creare in Europa occidentale un’economia in espansione

7 Cfr. Bino Olivi, Roberto Santaniello, “Storia dell’integrazione europea: dalla guerra fredda alla costituzione dell’Unione”, il Mulino, 2005, p. 34

8 Il Consiglio d’Europa, nel corso degli anni, ha perso qualsiasi caratteristica politica ed è diventato un foro per rafforzare i rapporti su temi legati ai diritti umani. Attualmente è composto da più di 40 Paesi, tutte le nazioni dell’Europa occidentale più 16 nazioni post-comuniste. L’Assemblea è formata da 572 deputati tra titolari e supplenti. Molti vorrebbero rivalutare la funzione del Consiglio trasformandolo in “cinghia di trasmissione” tra l’UE, la NATO e le nazioni dell’Est europeo che resteranno fuori dagli ampliamenti, riportato da Mammarella, Cacace, op. cit., p. 37

9 Cfr. Mammarella, Cacace, op. cit., p. 40-41 10 Cfr. Ibidem

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attraverso l’integrazione. Lo scopo primario di questa integrazione è la nascita del mercato unico, all’interno del quale siano eliminate tutte le restrizioni quantitative al movimento dei beni, le barriere valutarie che impediscono i pagamenti e tutti i dazi doganali”.11

Nei fatti l’OECE rimase un organo consultivo utile alla reciproca informazione, a causa dell’opposizione degli inglesi che reputavano il Piano Marshall un piano per l’economia europea, le cui problematiche non li riguardava direttamente.

Un’ ulteriore tappa che spingeva verso il processo di integrazione europea fu la creazione dell’organizzazione di difesa euro-americana, con la stipula del Patto Atlantico il 4 aprile 194912.

L’iniziativa che condusse alla stipula del Patto Atlantico provenne dagli inglesi, i quali volevano estendere ai Paesi del Benelux il Patto di Dunkerque, firmato dalla Francia e dalla Gran Bretagna nel 1947.13

L’obiettivo della Gran Bretagna era la promozione del Patto di Bruxelles che doveva essere un patto di difesa collettiva, il quale avrebbe previsto la reciproca garanzia di un aiuto politico e miliare ed, anche, l’impegno alla concertazione di misure da adottare nel caso di un attacco tedesco a uno degli Stati firmatari.

Il Trattato di Bruxelles fu firmato nel 1948: la sua principale finalità era proteggere i propri membri dal pericolo sovietico, anche se nasceva dal problema della sicurezza nei confronti dei tedeschi.14

11 Cfr. P.G. Hoffman, “The major tasks of western Europe”, in Ducci, Olivi, “L’Europa incompiuta”, Padova, 1970, pp. 144 sgg

12 R. Stanley, direttore dell’Atlantic Community Initiative ed autore del recente “NATO, the European Union and the Atlantic Community: The Transatlantic Bargain Challenged”, Rowman and Littlefield 2005, art. “I negoziati per l’art.5”, in “Ricorso all’art.5: cinque anni dopo”,Rivista NATO, numero: estate 2006, link di riferimento: www.nato.int/docu/review/2006/issue2/italian/art4.html).

13 Cfr. Mammarella, Cacace, op.cit., p. 43

14 Per approfondimenti sul Patto di Bruxelles, cfr. Pier Luigi Ballini, Antonio Varsori, “L’Italia e l’Europa: 1947-1979”, Volume I, Rubbettino, 2004, p. 30

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Il Presidente americano Truman apprezzò il Trattato di Bruxelles e il giorno della sua firma si espresse con le seguenti parole:” La determinazione dei Paesi liberi d’Europa di difendersi troverà la sua piena corrispondenza nella determinazione degli Stati Uniti ad aiutarli a difendersi”.15

Ultimo aspetto che permette di completare il contesto, in cui de Gaulle sviluppò la sua concezione d’Europa, riguardò la questione dell’integrazione politica ed economica della Germania occidentale.16

Nel giugno 1948 con la fusione delle tre zone di occupazione americana, inglese e francese fu creata un’amministrazione tedesca, si svolsero le elezioni nei Länder e fu adottata la riforma monetaria che condusse all’introduzione del marco tedesco.

Al processo di unificazione della Germania occidentale i sovietici reagirono con il Blocco di Berlino del giugno 1948-maggio1949.

Gli Alleati risposero con il ponte aereo, riuscendo a rifornire i settori occidentali di Berlino.

Successivamente, fu approvata la nuova Costituzione tedesca, fu eletto il nuovo Parlamento e costituito il nuovo governo.

La Francia, inizialmente, non condivise il processo di unificazione della Germania occidentale, poiché mirava a mantenere la divisione del Paese secondo un principio ben preciso: solo una Germania “morcelée”, spezzettata, poteva diventare democratica.

Inoltre, il governo francese, almeno fino al 1948, pretendeva la separazione della Ruhr e della sponda sinistra del Reno dalla Germania e la creazione di un protettorato sulla Saar.

Con questa strategia Parigi avrebbe privato l’economia tedesca delle risorse

15 Cfr. G. Mammarella, “L’America da Roosevelt a Reagan”, Roma -Bari 1984, p. 164

16 Per ulteriori in formazioni, cfr. Mark Gilbert, “Storia politica dell’integrazione europea”, Laterza, 2005, pp.21-24

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siderurgiche, impedendone il riarmo.

L’industria siderurgica francese, invece, avrebbe beneficiato dell’approvvi-gionamento del carbone della Ruhr.17

La linea di Parigi fu ostacolata dal comportamento americano, che spingeva verso uno Stato tedesco ricostruito ed inserito nel blocco occidentale e dall’atteggiamento sovietico, mirante ad una Germania unita sotto un regime comunista.

A seguito di tutti questi eventi, il ″Raggruppamento del Popolo Francese″, in nome dell’indipendenza nazionale della Francia, cominciò ad esprimere in maniera più forte il proprio dissenso verso lo sviluppo delle relazioni transatlantiche, ribadendo l’essenza di un’Europa confederata.

Il gollismo ostacolò il processo di integrazione europea iniziato con la Dichiarazione Schumann del 9 maggio 1950. Nel celebre discorso del Ministro degli Esteri francese Robert Schumann emerse il concetto di Europa come unione economica ed, in prospettiva, come unione politica tra gli Stati europei.

La Dichiarazione in questione mirava a scongiurare una guerra tra la Francia e la Germania. Infatti, in questo contesto il Ministro degli Esteri francese ricordò che essa doveva essere “impensabile e materialmente impossibile”.18

La Dichiarazione Schumann condusse al Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 voluto da Jean Monnet e Robert Schumann, il quale istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio con l’obiettivo di mettere in comune le produzioni delle due materie prime nell’ambito di un’ “Europa a Sei”: Belgio, Francia, Italia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi.

La scelta del settore carbo-siderurgico era motivata non solo dalla necessità

17 Cfr. Mammarella, Cacace, op. cit., p.46. Cfr. K. Adenauer, Memorie 1945-1953,Milano 1966, p. 328 18 Cfr. Bino Olivi, Roberto Santaniello, “Storia dell’integrazione europea: dalla guerra fredda alla

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di superare le discordie franco-tedesche, ma, soprattutto,

di inquadrare la Germania nella dimensione europea in maniera da inserire l’economia tedesca nell’economia europea.

De Gaulle ed i gollisti non condivisero la messa in opera della CECA, in quanto la ritenevano un progetto sovrannazionale e tecnocratico degli Stati Uniti, mirante a favorire un’espansione industriale della Germania19.

Questo periodo si concluse con il Piano Pleven dell’ottobre 1950, che dette origine alla Comunità Europea di Difesa.

Mark Gilbert ha sottolineato che “la sovranità sulla politica di difesa fu ceduta in parte alla CED- definita ,nell’art.1 del trattato, di carattere sovranazionale, comprendente istituzioni comuni, forze armate comuni e un budget comune”- e “in parte agli Stati Uniti20, che secondo il trattato

avrebbero preso il controllo quotidiano di tutte le forze armate entro il teatro di guerra europeo”.21

Il Trattato CED fu firmato a Parigi il 27 maggio 1952, ma rimase “lettera morta”: la sua entrata in vigore incontrò delle difficoltà in Francia per cui se ne rinviava la ratifica, proponendo delle revisioni con lo scopo di limitare la dimensione sovrannazionale del progetto22.

L’opposizione al Trattato CED riguardava i gollisti, i comunisti, parte dei socialisti e dei radicali e, così, fu sottoposto all’Assemblea Nazionale

19 Cfr. Bonfreschi, Vodovar, ”Il ritorno al potere di De Gaulle e i trattati di Roma”. Ventunesimo Secolo 4, n. 14, Edizione Rubbettino, 2007 p. 107.

20 Il trattato CED affermava che gli Stati Uniti avrebbero assunto il controllo quotidiano di tutte le forze armate nel teatro di guerra europeo. L’art. 18 prevedeva che ”il comandante supremo competente responsabile verso la NATO (necessariamente un americano) sarebbe stato autorizzato ad assicurare che le Forze europee di difesa fossero sufficientemente organizzate, equipaggiate, istruite e preparate per mettere in atto i loro doveri”. L’arti.18 è riportato anche da Mark Gilbert, op. cit., p.42 21 Ivi, p.41

22 Tali emendamenti prevedevano l’introduzione di un veto nazionale di otto anni sulle azioni del Collegio dei Commissari, la cancellazione dell’articolo che autorizzava la CPE ed il diritto per la Francia di ritirarsi dalla CED se la Germania si fosse riunificata. Sulla storia della CDE, cfr. Pier Luigi Ballini, “La Comunità Europea di Difesa (CED)”, Rubbettino, 2009. Sulla CPE, cfr. Pier Luigi Ballini, Antonio Varsori, op. cit., p.85 . Cfr. Daniela Preda, “Sulla soglia dell’Unione. La vicenda della Comunità politica europea (1952-1954)”, Milano, Jaca Book, 1994.

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nell’agosto 1954.

Charles de Gaulle non lo approvava per varie ragioni: il timore di ridurre l’indipendenza nazionale francese con la conseguenza che il Paese fosse ingabbiato in un “super Stato europeo”, la paura che l’esercito europeo fosse germanizzato e, per ultimo, la possibilità che tale progetto mettesse in discussione i legami tra la Francia e l’Unione Francese, entità politica creata nel 1946 dalla Quarta Repubblica per sostituire l’antico impero coloniale.

L’esperienza del fallimento della CED mostrò il nazionalismo di de Gaulle, accompagnato dal risentimento verso la Germania. Il Generale, così, tentava di paralizzare il processo di costruzione europea che, secondo lui, metteva a repentaglio la sovranità dei singoli Stati europei23.

1.1.1 I cambiamenti della linea d’azione gollista: “l’Europa di Stati europei” 1955-1963

Nel 1958, il ″Raggruppamento del Popolo Francese″ fu sostituito dalla nascita del partito politico gollista, ″Unione per la Nuova Repubblica″ che durerà fino al 1967.

Dalla seconda metà degli anni 50 si iniziò a parlare di rilancio europeo e di un nuovo atteggiamento della Francia gollista verso l’integrazione europea. Nel 1955 Jean Monnet propose di allargare il terreno di azione della CECA ad altri settori economici, comportando la fusione progressiva delle economie nazionali mediante la creazione di un grande mercato comune e l’armonizzazione della politica sociale. In parallelo a tale processo, Monnet sottolineò la necessità di stipulare un accordo sull’uso pacifico dell’energia

23 Il voto dei gollisti presenti in Parlamento, riuniti nell’RPF, contribuì con quello del Partito Comunista al fallimento della CED nel 1954. I gollisti rappresentavano solo il 19, 4% dei presenti in Parlamento, e non sarebbero stati in grado, da soli, di portare alla bocciatura del trattato CED.

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nucleare. Così, la struttura dell’ “Europa a Sei” veniva rilanciata.24

Tutto questo si tradusse nella proposta della Comunità Economica Europea, CEE, e della Comunità Europea per l’Energia Atomica, EURATOM, introdotte dai due Trattati di Roma.

Il rilancio europeo iniziò con la conferenza di Messina del giugno 1955 dove parteciparono le varie delegazioni dei Sei fondatori: la Francia era rappresentata da Antoine Pinay, il Belgio da Paul – Henri Spaak, i Paesi Bassi da Johann Willem Beyen, il Lussemburgo da Joseph Bech e la Germania da Walter Hallstein.25

Durante l’incontro emersero due visioni contrastanti sul modo di intendere l’Europa: quella sostenuta dal francese Pinay, mirante alla realizzazione di un’integrazione settoriale dell’economia dei Sei, e l’altra portata avanti dalla Germania, dal Benelux e dall’Italia, che optava per un’integrazione orizzontale fondata sulla creazione di un mercato comune, con unità tariffaria e abolizione delle dogane.26

Nonostante le divergenze, fu designato un comitato di delegati presieduto dal belga Spaak, il quale mise a punto un rapporto sulle prospettive dell’integrazione economica dei Sei Paesi fondatori.

I negoziati si svolsero a Bruxelles, poi nel Castello di Val Duchesse in un clima di tensione, perché il comitato non riusciva a trovare una base di consenso tra le varie posizioni.

Il belga Spaak incaricò, a tale proposito, un gruppo di tre “saggi” di elaborare un rapporto che doveva essere presentato alla Conferenza dei sei

24 Sulle istituzioni di Monnet per rilanciare l’integrazione europea dopo l’UEO, cfr .J. Monnet, Mémoires, Paris 1976, pp.467-74; cfr. P. Gerbert, “La relance européenne jusqu’à la conférence de Messine, in Il rilancio dell’Europa e i Trattati di Roma, in Atti del Colloquio di Roma, 25-28 marzo 1987, pp. 61 sgg

25 Cfr. Mammarella, Cacace, op. cit., p.86. Per ulteriori approfondimenti, cfr. Antonio Varsori, La storiografia sull’integrazione europea”, Rivista “Europa Europe”, Vol. 10, n.1, 2001,pp.69-93. 26 Sul ruolo dell’Italia alla conferenza di Messina cfr. E .Serra, L’Italia e la conferenza di Messina, in Il

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ministri degli Esteri, a Venezia il 29 e il 30 maggio 1956.27

Dall’incontro di Venezia, si decise di seguire le indicazioni del rapporto Spaak, che menzionavano la creazione del Mercato Comune Europeo e la costituzione di un’organizzazione comune nel campo dell’energia nucleare. Infine, altra tappa importante è stata la Conferenza Intergovernativa, presieduta da Spaak, che iniziò i lavori alla fine del giugno 1956.

Dopo il lungo processo di negoziazione, i Trattati di Roma furono firmati il 25 marzo 1957 ed entrarono in vigore il 1° gennaio 1958.

Il Trattato istitutivo della CEE pose in essere tre obiettivi principali: l’unione doganale mediante l’eliminazione tra gli Stati membri dei dazi doganali e l’avvio di una politica commerciale comune verso i Paesi terzi; l’unione economica attraverso la libera circolazione delle persone,dei servizi e dei capitali e l’armonizzazione delle politiche comuni e, da ultimo, la creazione di nuove risorse mediante la valorizzazione delle regioni sottosviluppate.

Il Trattato istitutivo l’EURATOM era finalizzato al coordinamento dei programmi di ricerca relativi all’energia nucleare ad uso pacifico.28

Il rilancio europeo fu possibile in un momento in cui de Gaulle si era ritirato dalla vita politica, per poi ricomparire nel giugno del 1958.

La posizione dei gollisti verso i Trattati di Roma era caratterizzata dal fatto che avrebbero accettato questi nuovi progetti europei se non avessero riprodotto il medesimo contenuto del Trattato CED.

La paura dei gollisti era sempre la stessa: conferire una parte della sovranità nazionale in ambito economico e, poi, politico, alle istituzioni comunitarie.

27 Cfr. Spaak, “Combats inachevés II. De l’espoir aux déceptions”, Paris 1969, pp.84-100

28 Per gli approfondimenti istituzionali, cfr. Documents on the History in the European Integration, 3 voll., Berlin – New York 1988. Cfr. G.P. Orsello, Ordinamento comunitario e Unione europea, Milano 1994, pp.72 sgg

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Inoltre, temevano di giungere alla sottomissione economica ed industriale della Francia nei confronti della Germania, appoggiata dagli americani. Il difficile contesto economico della Francia e la crisi algerina, determinata dalla rivendicazione di indipendenza dell’Algeria e dagli scontri tra l’esercito francese ed il Fronte di Liberazione Nazionale, tra il 1954 ed il 1962, contribuirono all’isolamento del Paese.

Di conseguenza, per uscire dall’impasse, il Generale ammorbidì la sua linea di fermezza rivalutando il Mercato Comune che, a sua volta, avrebbe rilanciato l’economia francese.

Per tali motivi utilizzò l’Europa per ridare allo Stato francese la sua “grandeur”, parlando di un’“Europa di Stati europei” indipendenti dalla sfera di influenza atlantica, anche a costo di ripristinare i rapporti con la Germania.

Nell’ottica gollista il ristabilimento dei legami franco-tedeschi era fondamentale per il rafforzamento del Mercato Comune e per realizzare una cooperazione inter-statale indipendente dagli americani nelle questioni europee e mondiali29.

La genesi dell’alleanza risalì all’incontro di Colombey-les-deux-Églises del 1958 tra de Gaulle ed il cancelliere tedesco Adenauer.

In questo scenario la sfida all’alleanza franco-tedesca fu rappresentata dai negoziati inglesi per istituire una Free Trade Area, ossia una zona di libero scambio che permetteva alla Gran Bretagna di interferire nel Mercato dei Sei, pur conservando un rapporto privilegiato con il Commonwealth.30

L’EFTA fu fondata il 3 maggio 1960 da tutti gli Stati che non volevano aderire alla CEE: Danimarca, Norvegia, Portogallo, Svezia, Svizzera, Austria e Regno Unito.

29 Cfr. Soutou, “L’Alliance incertaine. Les rapports politico-stratégiques franco-allemands 1954-1996 », Fayard 1996, pp.127-128

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La strategia inglese, nei fatti, consentiva l’ottenimento dei vantaggi che derivavano dal Mercato Comune e dal Commonwealth.

Per reagire a tale sfida de Gaulle obbligò i tedeschi a scegliere tra la Francia e la Gran Bretagna.

Il cancelliere tedesco Adenauer fu costretto a optare per il partner francese, proprio per non mettere in discussione l’alleanza franco-tedesca.

Inoltre, il Generale scrisse un memorandum indirizzato al presidente americano Eisenhower e al primo ministro inglese Macmillan con l’obiettivo di modificare i rapporti nell’ambito della NATO: l’organizzazione atlantica avrebbe dovuto essere sottoposta alla creazione di un direttorio guidato dalle tre potenze atomiche, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.31

Così, si comprende che l’amicizia franco-tedesca, la pretesa di riformare la NATO, l’intenzione di potenziare il Mercato Comune contro la Free Trade Area erano gli espedienti di Charles de Gaulle per bloccare il primato degli americani e degli inglesi in Europa32.

L’altro baluardo della sua linea di azione consisteva nel trasformare la Francia in una terza forza europea attraverso il progetto di un’Unione Politica di Stati europei, che ruotava intorno alla presenza di istituzioni intergovernative33.

I lavori per la realizzazione dell’ Unione Politica iniziarono il 29 e 30 luglio 1960 ,a Rambouillet, in cui il Generale presentò ad Adenauer il progetto di introdurre un Consiglio composto da sei Capi di Stato e di

31 Per approfondimenti, cfr. Bozo, ”De Gaulle, l’Amérique et l’alliance atlantique. Une relecture de la crise de 1966”. Vingtième Siècle. Révue d’histoire 43, n°43(1994), p. 59

32 Cfr. Gérard Bossuat, “La France et l’Unité européenne de 1919 à nos jours”, Édition Armand Colin, 2012, pages 142-143.

33 Archives du Ministère des Affaires Étrangères, cabinet du ministre, M. Couve de Murville, cr. d’entretiens, 1958, vol. 282 « c. r réunion chez le général sur les questions internationales », très se-cret, 16 juin 1958, Couve de Murville, Joxe, Laloy, Pompidou, Boegner, in Bossuat, op. cit., p.142. R. Poidevin, 1992, « De Gaulle et l’Europe en 1958 », De Gaulle en son siècle, t. 5, l’Europe, Paris, Plon, La Documentation française, p. 82.

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Governo che si riunivano tre volte l’anno per definire la politica estera, di difesa e culturale, con la possibilità di affrontare i temi economici nel rispetto dei Trattati di Roma.34

Nel febbraio 1961, a Parigi, Charles de Gaulle organizzò la prima conferenza dei Capi di Stato e di Governo dei Sei Stati membri delle Comunità europee, al fine di ricercare i mezzi per organizzare una più stretta cooperazione politica .

Poi, si svolse il primo vertice dei Capi di Stato e di Governo e dei ministri degli Affari Esteri a Rambouillet il 10 e l’11 febbraio 1961.

In tale occasione fu incaricata una commissione, composta dai rappresentanti dei sei governi e guidata dall’ambasciatore francese a Copenaghen, il gollista Christian Fouchet, di preparare delle proposte concrete per istituzionalizzare una cooperazione politica più stretta. Il 18 luglio 1961, trovatisi a Bonn, i Sei Capi di Stato e di Governo stabilirono di portare avanti il progetto di unificazione politico- comunitaria, istituendo dei vertici regolari tra i Capi di Governo e ribadendo che la cooperazione avrebbe dovuto estendersi “dalla politica estera e dalla difesa al campo dell’educazione, della cultura e della ricerca”.35

La Francia, il 19 ottobre 1961, espose alla Commissione Fouchet un Piano che dava vita all’Unione Politica, con competenze nella politica estera, di difesa, culturale, con le seguenti istituzioni: un Consiglio di Capi di Stato e di Governo che si incontrava ogni quattro mesi e deliberava all’unanimità, un Consiglio dei ministri degli Affari Esteri che si riuniva ogni tre mesi ed

34 Per ulteriori informazioni, cfr. Robert Bloes, “Le Plan Fouchet et le problème de l’Union politique”, Bruges, Collège de l’Europe, 1970, p.151

35 Su questo aspetto, cfr. Wilfried Loth, Jean Monnet, “ Charles de Gaulle et le projet d’union politique 1958-1963”, in Gérard Bossuat, Andreas Wilkens, “Jean Monnet, “l’ Europe et les chemins de la paix: actes du colloque de Paris du 29 au 31 mai 1997”, Paris, Publications de la Sorbonne, 1999, pp.357-367

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infine, un’Assemblea parlamentare che formulava delle raccomandazioni. Nell’ambito della difesa si riconosceva l’importanza della NATO.

Il Piano prese così il nome da colui che presiedeva la commissione, Christian Fouchet.

Nel novembre 1961, il Piano Fouchet venne presentato ai governi dei Sei, ma non venne apprezzato, poiché la proposta di de Gaulle mirava ad affermare le pretese egemoniche della Francia sul Continente.

In particolare, gli olandesi ed i belgi reclamarono la soprannazionalità, la realizzazione di un Segretariato Generale indipendente ed il voto a maggioranza qualificata per il Consiglio dei ministri.

Dopo il fallimento del Piano Fouchet I, il 17 gennaio 1962, durante il Consiglio dei Ministri, la Francia propose un nuova bozza del Trattato, Fouchet II,che eliminava il riferimento all’Alleanza Atlantica, riduceva i poteri dell’Assemblea parlamentare e includeva nelle responsabilità dell’Unione Politica anche il commercio e l’industria.

Il Piano Fouchet II si riduceva ad un Patto di consultazione che gli altri Paesi non accettarono e venne abbandonato nell’aprile 1962.36

Questo avvenne anche perché gli Stati minori sostenevano che le discussioni sul Piano erano superflue fino a che il problema dell’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità non fosse stato risolto.

Come sottolinea Gérard Bossuat: « De Gaulle n’attendrait plus rien des Communautés européennes; il peut donc imposer ses conceptions intergou-vernementales et faire absorber par l’Union politique les acquis commu-nautaires en vue de créer une Europe capable de s’imposer aux Etats-Unis et à l’Union soviétique»37.

36 Sulle due versioni del Piano Fouchet, cfr. B. Olivi, “L’Europa difficile”, Bologna 1995,pp.73 sgg. E ancora A. Silj, “Europe’s Political Puzzle. A Study of the Fouchet Negociations and the 1963 Veto”, Cambridge (Mass.)1967. Cfr. Mammarella, Cacace, op. cit., p. 109-113

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Inoltre, de Gaulle era infastidito dalla politica del Presidente Kennedy, che fornì alla NATO degli armamenti nucleari, ossia i missili Polaris. A questo elemento si può aggiungere che gli Stati Uniti avevano stretto un accordo con la Gran Bretagna per l’installazione dei missili su sottomarini inglesi. Alla manovra anglo-americana il Generale reagì con una dichiarazione del gennaio 1963, con la quale annunciava il veto della Francia all’adesione della Gran Bretagna nella CEE.38

Il motivo della sua opposizione risiedeva nel fatto di mantenere la CEE autonoma dagli USA, in particolare dai loro programmi di integrazione militare che bloccavano lo sviluppo di una difesa europea indipendente nel settore nucleare. Di conseguenza era anche un “no” rivolto agli inglesi considerati gli alleati degli americani.39

Al contrario, nelle relazioni franco-tedesche intravedeva il fondamento della sicurezza europea, tanto da firmare con il Cancelliere Adenauer il Trattato dell’Eliseo, il 22 gennaio 1963, il quale poneva in essere un’intesa in materia di difesa e di cooperazione.40

In realtà, dietro l’intesa, la Germania rimaneva legata agli Stati Uniti, infatti al momento della ratifica del Trattato da parte del Bundestag venne introdotto un preambolo che riconfermava gli impegni della NATO.

Con il gesto del Parlamento tedesco la Germania non dette rilevanza alla natura del Trattato, cioè quella di frenare l’influenza americana in Europa. Ne conseguì una paralisi che fece emergere il fallimento di tre progetti politici diversi: quelli francesi inerenti alla creazione di “un’Europa carolingia” e quello di concepire l’Europa come una terza forza

38 Cfr. Alain Peyrefitte, “C’était de Gaulle”, Paris, Gallimard Quarto, Libraire Arthème Fayard, 2002,p.340-341. Cfr. Gérard Bossuat, op.cit., p.149

39 Major Addresses, cit., p.208. Cfr. anche N. Beloff, The General Says No, London 1963, riportati da Mammarella, Cacace, op.cit., p.118

40 Sui rapporti franco-tedeschi, cfr. M. Couve de Murville, “Une politique étrangère 1958-1969”, Plon Paris, 1971, p.105

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indipendente in ambito atomico. In conclusione, anche il progetto americano non venne concretizzato, ossia la realizzazione di una partnership atlantica avente una capacità nucleare degli Stati Uniti.41

1.1.2 Il fallimento dell’Europa gollista 1964-1969

Dopo il veto anti-britannico del gennaio 1963 il contesto fu teso nel quadro delle istituzioni europee. Nel 1965 il Presidente tedesco della Commissione europea, Hallstein, elaborò un dossier sul finanziamento della PAC: i fondi destinati all’agricoltura non dovevano provenire dai contributi dei singoli Stati membri, ma da una “cassa comune” composta dai proventi dei dazi doganali e dei prelievi agricoli.

Dal punto di vista politico, il Presidente della Commissione affermò che la Comunità avrebbe posseduto delle risorse proprie e che il Parlamento europeo avrebbe visto aumentati i suoi poteri di controllo e di verifica.42

In questa maniera si creavano delle strutture sovrannazionali.

I gollisti si opposero a tale piano quando la proposta di Hallstein fu approvata in seno alla Commissione europea.

Nonostante ciò, il 30 giugno 1965 la Commissione presentò il piano al Consiglio dei Ministri ma i francesi lo rigettarono, abbandonando le riunioni di quest’ultimo e interrompendo la loro partecipazione alle attività comunitarie.43

Iniziò così la crisi della “sedia vuota” che comportò la paralisi della macchina europea44.

41 Per approfondimenti, cfr. Mammarella, “Imparare l’Europa”, il Mulino, 1994,pp.35-44

42 Sull’intera crisi, cfr. M. Camps, “European Unification in the Sixties from the Veto to the Crisis, Cambridge 1968.

43 Sulla crisi “della sedia”, cfr. Antonio Varsori, “La Cenerentola d’Europa: l’ Italia e l’integrazione europea dal 1947 a oggi”, Rubbettino, 2010, p.195

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Contemporaneamente a tale crisi de Gaulle nella sua lotta per affermare l’ indipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti aveva anche cercato di avviare delle relazioni con l’URSS attraverso l’espressione “una sola Europa dall’Atlantico agli Urali”, aveva riconosciuto la Cina Popolare, aveva attaccato il primato del dollaro, suggerendo il ritorno all’oro come strumento di regolazione delle transazioni internazionali.45

Nel 1966 abbandonò il comando integrato della NATO. Successivamente dovette fronteggiare per la seconda volta la richiesta inglese di adesione alla CEE.

La Gran Bretagna era sostenuta dall’Italia che, tramite il Ministro Fanfani, esercitava una forte pressione sugli altri Stati europei.

Il Generale, invece, riconfermò la sua opposizione verso l’adesione inglese nel 1967. L’unico obiettivo perseguito in questo periodo fu la decisione di unire i tre esecutivi comunitari CEE, EURATOM ed Alta Autorità per la CECA.

L’ultimo anno della politica di de Gaulle vide, in Francia, l’emergere della contestazione e gli eventi della Primavera di Praga.

Così, nel 1968 continuavano le pressioni per l’ingresso del Regno Unito nella Comunità europea, fino ad indurre il leader gollista ad incontrarsi segretamente con l’ambasciatore inglese,Cristopher Soames, per proporre la creazione di un direttorio anglo-francese, condizione che rendeva ammissibile l’adesione degli inglesi.

La proposta doveva essere segreta ma fu portata a conoscenza degli organi di stampa.46

Questo fatto suscitò la forte reazione di de Gaulle, il quale, nello stesso

Cultura,2012,pp.1-13

45 Cfr. Antonio Converti, “Istituzioni di diritto dell’Unione europea”, Halley, 2005, pp.78-79

46 Sul caso Soames, cfr. U. Kitzinger, “Diplomacy and Persuasion”, London 1973, riportato da Mammarella, Cacace, op. cit., p. 130

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periodo, perse il referendum volto a ridefinire la struttura istituzionale della Francia.

L’anno 1969 si chiuse con il ritiro del Generale dalla scena politica francese ed europea, poiché non riuscì a portare a compimento i suoi progetti.

1.2 La nascita del neogollismo: i rapporti tra Chirac e

Giscard 1976-1981

Dagli anni ‘70 il gollismo divenne un movimento eterogeneo suddiviso in varie correnti, ma tra di esse emerse in maniera evidente il neogollismo di Jacques Chirac, che nacque ufficialmente con il ″Raggruppamento per la Repubblica″, il 5 dicembre 1976.

Tale corrente sorse dalla divisione del movimento gollista del 1974, la quale permise all’europeista Valéry Giscard d’Estaing di salire alla Presidenza della Repubblica.

Jacques Chirac si dimise dallo storico partito gollista nell’agosto del 1976 con l’idea di fondarne uno completamente nuovo.

Sorse, così, l’RPR dai resti del partito gollista, ″Unione dei Democratici per la Repubblica″, quest’ultima nata nel 1967, cambiò denominazione in ″Unione per la Difesa della Repubblica″ sciogliendosi nel 1971.

L’RPR di Chirac promuoveva i principi tradizionali del gollismo nel manifesto del 5 dicembre 1976: il rispetto della libertà, dell’indipendenza nazionale, della responsabilità e dignità dell’uomo.

In particolare, l’indipendenza appariva come un’esigenza nell’ambito delle istituzioni. Il termine di difesa veniva definito con la seguente espressione: “celui de la défense poursuivie grâce à la dissuasion nucléaire” e l’importanza della politica estera con la frase: “la politique étrangère qui

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doit refuser toute allégeance extérieure”47.

Nel manifesto del neogollismo era presente la concezione di un’Europa confederale voluta da Chirac: ”La France doit participer avec réalisme et activement à l’édifice d’un ensemble uni et fort”48.

In questo periodo l’RPR difese l’identità gollista e si oppose ad alcuni aspetti della linea politica del Presidente della Repubblica Giscard, un europeista convinto.49

Giscard non si allontanava completamente dalla visione europea di Chirac, perché era favorevole allo sviluppo di un’Europa confederale, all’interno della quale la Francia avrebbe fatto sentire il suo peso.

Infatti, Maricot ha evidenziato la visione del Presidente francese Giscard con questi termini : « Cependant, il reste favorable à une Europe de nature confédérale qui soit un tremplin de la puissance française et qui lui per-mette de se faire entendre. Il ne remet pas en cause l’importance de l’indépendance nationale française ».50

Salito alla Presidenza della Repubblica francese, Giscard presentò i dossier sull’Europa che riguardavano varie questioni: la creazione del Consiglio europeo, la realizzazione del Sistema Monetario Europeo, gli allargamenti della Grecia, della Spagna e del Portogallo nella Comunità europea e, in ultima analisi, l’elezione a suffragio universale e l’aumento dei poteri del Parlamento europeo.

Durante il vertice europeo di Parigi del 1974, Giscard pose le basi del futuro Consiglio europeo e dell’ organizzazione delle riunioni dei vertici

47 Le Manifeste du RPR, Annexe I, dans Premières assises du RPR, 31 mars 1979, page 21. La Lettre de la Nation, n 502 du lundi 29 novembre 1976, page 2.

48 Le manifeste du RPR, Annexe I, Ibid., page 21.

49 Raymond Barre, Entretien, Mémoire vivante, Flammarion histoire, 2001, p.140 riportato da Bertrand Maricot, “Le RPR et la construction européenne:se convertir ou disparaître? 1976-2002”, L’Harmattan, 2010, p. 60

50 Alfred Grosser, Affaires extérieures. La politique de la France 1944-1989, Paris, Flammarion, 1989, p.259 . Cfr. Maricot, op. cit., p. 60

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europei51.

La creazione di tale progetto seguiva le linee guida del Rapporto Davignon del 1970, che prevedeva la creazione di un sistema di informazione e di consultazione regolare tra i Ministri degli Esteri degli Stati Membri e degli incontri periodici tra i ministri.

Il neogollismo era soddisfatto dell’attuazione del Consiglio europeo perché si consolidava, in questa maniera, la cooperazione tra gli Stati.

Così, il Consiglio europeo si poneva come il vero centro delle decisioni politiche in grado di stabilire gli orientamenti per la cooperazione politica, ma verrà istituzionalizzato solamente con l ‘Atto Unico del 1986.

Inoltre, l’altro dossier condiviso da Chirac riguardava la nascita del Sistema Monetario, iniziativa del cancelliere tedesco Schmidt favorita dal Presidente Giscard.

Il nuovo sistema doveva rispondere ad una grave crisi monetaria causata dalla fine della convertibilità del dollaro in oro, che condusse alle fluttuazioni delle monete in Europa.52

Questa instabilità fu alimentata, a sua volta, dalla crisi petrolifera degli anni 70 che comportava delle difficoltà economiche e sociali per i Paesi europei.53

Di conseguenza, i partner europei cercarono di elaborare un nuovo meccanismo di stabilità che doveva evolversi verso un’ unione monetaria. Il Serpente monetario del 1972, nato per ridurre i margini di fluttuazione tra

51 Jean Monnet, Mémoires, Paris, Fayard,1976, p. 603-604.

52 Per approfondimenti sullo SME, cfr. R. Masera, “ L’unificazione monetaria e lo SME”, Bologna 1987. E ancora: M.V. Agostini, “L’Italia e l’Europa”, Milano 1991; P.V. Dastoli, “Altiero Spinelli, Discorsi al Parlamento europeo 1976-1986”, Bologna 1987; F. Giavazzi, S. Micossi, M .H. Miller, “Il sistema monetario europeo”, Roma –Bari 1993

53 Sulle conseguenze della crisi energetica per le economie europee, cfr. W. Laqueur, “Europa un continente smarrito”, Milano 1979; e ancora R. Vernon, “Oil Crisis”, New York 1976. Mammarella, Cacace, op. cit., p. 162

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le monete europee54, si rivelò un meccanismo poco efficace per garantire la

stabilità del sistema finanziario e monetario internazionale.

Mark Gilbert ha osservato che, attraverso il Serpente monetario,“ Gli Stati membri della CE si impegnarono a “mantenere le oscillazioni tra le loro valute ad appena l’1,125 per cento al di sopra o al di sotto del loro valore di mezzo intervenendo sui mercati valutari per seguire a ruota il marco tedesco… “Il serpente costituì dunque un tentativo di legare insieme le valute dei paesi comunitari come barche nel porto, che sarebbero andate su e giù man mano che la marea del dollaro avanzava e recedeva”…tuttavia, fu di breve durata, poiché diversi Stati membri non furono in grado di mantenere la propria posizione quando il mare finanziario si fece troppo agitato”.55

Il Serpente monetario doveva essere sostituito così con un nuovo sistema, al fine di assicurare la libertà dei movimenti di capitale, l’ integrazione dei mercati finanziari e la fissazione di tassi di cambio tra le monete.

Il Sistema Monetario Europeo fu definito durante i vertici di Brema del luglio 1978 e di Bruxelles del dicembre 1978, nei quali si stabilì che era essenziale costruire una zona di stabilità monetaria in Europa tendente a contenere le fluttuazioni tra le monete degli Stati aderenti56.

Dunque, il Sistema Monetario entrò in vigore il 13 marzo 1979 e fissava una parità di cambio che poteva oscillare entro una fluttuazione del 2, 25% facendo riferimento ad un’unità di conto, l’ECU, la quale era determinata in rapporto al valore medio dei cambi del paniere delle divise dei Paesi aderenti.57

54 Federiga Bindi, Palma d’Ambrosio,”Il futuro dell’Europa. Storia, funzionamento e retroscena dell’Unione europea”, Franco Angeli 2005, pp.61-65

55 Cfr. Mark Gilbert, op. cit., p.106-107

56 Maricot, op. cit., pp. 62-63. Per ulteriori informazioni, cfr. R. Solomon, “ The International Mone-tary System 1945-1981”, New York, Harper & Row, 1982, p.196

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Secondo Chirac, lo SME rifletteva la volontà di rafforzare l’economia europea, di stabilizzare i tassi di cambio e di consolidare la potenza dell’Europa contro l’egemonia del dollaro americano.

A questo proposito, è stato sottolineato: "la création du Système monétaire est perçue par Jacques Chirac comme une petite lueur d’espoir dans l’ébauche d’une nouvelle solidarité européenne”.58

Al contrario, vi erano altri elementi su cui Chirac espresse il suo dissenso e riguardavano le adesioni della Spagna, della Grecia e del Portogallo alla Comunità europea, l’elezione a suffragio universale e l’aumento delle funzioni del Parlamento europeo.

Per quanto concerne la questione dell’adesione dei Paesi del Sud, l’Europa si preparava all’entrata della Grecia, che conosceva un regime d’associa-zione con la CEE stabilito dagli Accordi di Atene del 1961.59

A causa delle difficoltà derivanti l’arretratezza economica e del colpo di Stato dei Colonnelli che avevano instaurato un regime dittatoriale nel Paese, le relazioni con la CEE restarono sospese fino al 1974.

L’adesione della Grecia era voluta dal nuovo regime democratico in carica e dal primo ministro Konstantin Karamanlis, desideroso di rafforzare la propria politica contro la Turchia e di riequilibrare i rapporti con gli Stati Uniti.60

Atene fece richiesta di adesione nel giugno del 1975 e le negoziazioni dovevano completarsi nel maggio del 1979, con la firma del trattato di adesione previsto per il 29 maggio.

La Grecia entrò nella CEE il primo gennaio 1981.

Il secondo Paese a candidarsi era il Portogallo, che usciva dalla dittatura di

58 La Lettre de la Nation, n°877 du lundi 10 juillet 1978, La tendance, p.1 riportata da Maricot, op., cit, p.63

59 Ariane Landuyt, Daniele Pasquinucci, “ Gli allargamenti della CEE/UE 1961-2004”, il Mulino 2005, p.812

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Salazar con la rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974.

Allo stesso modo, per avviare un processo democratico, presentò la domanda di adesione alla CEE nel marzo 1977, la quale fu accettata dalla Commissione ,che rese possibili le negoziazioni.

Queste ultime terminarono il 12 giugno 1985, così che il Portogallo fece il suo ingresso il primo gennaio 1986.

Anche la Spagna, dopo il regime autoritario di Franco, fece richiesta d’adesione nel luglio 1977 ed entrò nella CEE nel gennaio 1986.

Sul tema dell’adesione della Grecia, del Portogallo, della Spagna alla CEE, Bossuat ha sottolineato: “ La présidence de Valéry Giscard d’ Éstaing est féconde pour l’approfondissement de l’unité confédérale européenne. Il met en avant le rôle des gouvernements, comme de Gaulle ou Pompidou, et celui des États, tout en veillant à faire converger les politiques de coopéra-tion des États et les intérêts des institucoopéra-tions communautaires ».61

Dal 1978 Chirac cominciò a non favorire tali allargamenti perché mettevano in discussione il funzionamento del Mercato Comune in materia agricola ed il sistema politico europeo nel suo complesso.

Gli allargamenti non erano considerati positivamente e tutto ciò venne rias-sunto nella frase di Maricot: « Chirac propose que ces derniers soient retar-dés, différés, au risque de voir l’Europe devenir un homme malade…au lieu de devenir une véritable superpuissance »62.

Per completare questo periodo occorre analizzare l’ultimo aspetto della politica europea di Giscard inerente al ruolo del Parlamento europeo.

Durante il vertice europeo di Parigi del 1974 il Presidente francese era disposto a favorire l’elezione a suffragio universale e diretto del

61 Entretien de Giscard avec le Spiegel au Palais de l’Élysée, le 18 décembre 1978 riportato da Bossuat, op. cit., p.170

62 Maricot, op. cit.,p. 74. Per ulteriori informazioni sull’adesione della Spagna e del Portogallo, cfr. Fernanda Bruno, “Stati membri e Unione europea. Il difficile cammino dell’integrazione”, Giappichelli, 2012,p.2

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Parlamento europeo con l’ampliamento dei suoi poteri.

Questa iniziativa fu completamente ostacolata dal neogollismo, che la considerava una deriva verso la soprannazionalità. Infatti, l’ RPR non accettava il contenuto del Rapporto Tindemans63, presentato dal Primo

Ministro belga, Tindemans, al Consiglio europeo il 29 dicembre 1975. Il Rapporto in questione prevedeva che l’Europa si dotasse di istituzioni, che fossero capaci di definire una visione politica comune, globale e coerente, l’efficacia indispensabile per l’azione , la legittimità necessaria per il controllo democratico.64

Nel marzo del 1976 Chirac aveva confermato la sua posizione ostile con queste parole: « cette réforme va réveiller les vieilles querelles sur la su-pranationalité et …transporter au plan européen les querelles entre parties politiques ».65

Il 14 luglio 1976 il Consiglio europeo di Bruxelles approvò l’accordo sulle elezioni europee a suffragio universale e diretto, il quale venne approvato il 15 luglio 1976 dal Consiglio dei ministri.

L’Atto definitivo fu firmato il 20 settembre del 1976.

La fase della ratifica del trattato internazionale ebbe inizio in Francia nel giugno del 1977, ma, si mostrò essenzialmente complicata a causa delle divergenze tra le varie fazioni politiche: il centro ed i socialisti optavano per l’elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo, diversamente i gollisti ed i comunisti si opponevano perché reputavano che, attraverso tale riforma, si concedeva una parte della sovranità nazionale ad un’istituzione comunitaria.

Malgrado il dibattito, il Presidente Giscard decise di presentare il testo del

63 Cfr. Mark Gilbert, op. cit., p.112 64 Cfr. Mark Gilbert, op. cit., p.113

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trattato davanti al Parlamento francese durante la sessione del 1977, causando la forte reazione del ″Raggruppamento per la Repubblica″ di Chirac.

Michel Debré, uno dei membri più influenti del partito neogollista, espresse la sua opposizione verso l’elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo con queste parole: “le projet est inacceptable… l’aliénation de la souveraineté nationale est l’aboutissement fatal de l’élection au suffrage universel de l’Assemblée européenne”66.

Il dibattito parlamentare sulla ratifica dell’Atto istitutivo delle elezioni del Parlamento europeo continuò, facendo emergere la divisione tra i federalisti, che condividevano la riforma, ed i confederalisti fedeli all’Europa degli Stati.

Il 7 giugno 1977 il partito neogollista, che aveva espresso la sua opposizione, affermò di non poter apportare degli emendamenti al progetto in questione, poiché questa decisione doveva essere presa dal Presidente Giscard.

Quest’ultimo non tenne conto né dell’opposizione di Chirac, né dell’intenzione del partito neogollista di modificare il testo del trattato ed ordinò al governo di ricorrere all’art 49-3 della Costituzione francese per far ratificare l’accordo di Bruxelles che introduceva le elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo67.

I dibattiti spinsero Chirac, che all’epoca era il Primo Ministro del Presidente Giscard, a lanciare “l’appello di Cochin”, discorso antigiscardiano ed anticomunitario in cui era evidente la sua opposizione

66 La Lettre de la Nation, n°522 du lundi 3 janvier 1977, « la tendence », p.1 riportata da Maricot, op. cit., p.68. Per ulteriori informazioni sul neogollismo, cfr. Gilles Martinet, « Les Clés de la Ve Ré-publique », Seuil, 2002.

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