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Il fallimento del secondo mandato di Chirac a livello globale: l’incapacità di reagire alla cris

irachena

Jacques Chirac fu rieletto Presidente della Repubblica francese nel 2002 e dovette affrontare un periodo caratterizzato da nuove sfide, che si manifestarono sia a livello globale che europeo.

La prima fu la guerra d’Iraq iniziata con l’invasione degli Stati Uniti il 20 marzo del 2003.

Dopo gli attentati terroristici di New York del 2001 il contesto iniziò a cambiare radicalmente, poiché il Presidente americano Bush proclamò la guerra al terrorismo ed enunciò la dottrina della “guerra preventiva”.

Mammarella ha osservato: “l’atto di terrorismo compiuto l’11 settembre non è solo un atto criminale di eccezionale gravità , ma è la guerra del terrorismo islamico contro gli Stati Uniti e l’Occidente. A questa guerra , assicura Bush , l’America risponderà con un’offensiva diretta a stanare i terroristi dovunque essi si trovano. La guerra sarà di durata indefinita e non ammette paesi neutrali ma solo amici o nemici”.153

Così, la dichiarazione di guerra di Bush al terrorismo impegnava gli americani nella lotta contro Al-Qaeda, Hamas, “gli stati canaglia” e le altre “espressioni di violenza verso l’America e l’Occidente”.154

Con il termine di guerra “preventiva” Bush sottolineava il tentativo di respingere o sconfiggere un’offensiva o un’invasione percepita come inevitabile, prima che la minaccia si materializzasse.155

153 Cfr. Mammarella, Europa e Stati Uniti dopo la guerra fredda”, il Mulino, 2010, p.96 154 Ivi, p. 97

155 Sulla guerra preventiva, cfr. Department of Defense, “Quadrennial Defense Review Report”, United States of America, 30 September 2001, link di riferimento: archive.defense.gov/pubs/qdr2001.pdf. Con particolare riferimento, cfr. “La Strategia per la Sicurezza nazionale del Presidente Bush”, 2002, link di riferimento: www.mondialisti.net/mediaworld/2002/2002-09-20-Strategia-sicurezza- nazionale- USA.pdf

In seguito agli attentati di New York il leader di Al -Qa’ida, Osama Bin Laden, si era rifugiato in Afghanistan, Paese nel quale l’organizzazione possedeva delle basi ed era protetta dal regime dei Talebani.

Gli Stati Uniti, a questo punto, chiesero ai Talebani di collaborare con il governo americano per consegnare Bin Laden e tutti i membri dell’organizzazione terroristica.

I Talebani si rifiutarono e, così, gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan nel dicembre del 2001, costituendo un governo filo-occidentale a Kabul.

Contemporaneamente alla campagna afghana, l’amministrazione americana si concentrò su altri Stati percepiti come una minaccia per la sicurezza americana.

Infatti, nel discorso davanti al Congresso americano, riunito il 20 settembre 2001, Bush collocò sullo stesso piano i terroristi dell’attacco al World Trade Center e al Pentagono e tutti gli Stati che supportavano e offrivano asilo ai terroristi: “We will pursue Nations that provide aid or safe heaven to terrorism; every nation, in every region, now has a decision to make . Ei- ther you are with us or you are with the terrorists.

From this day forward, any Nation that continues to harbour or support ter- rorism will be regarded by the US as an hostile regime”.156

Nel discorso sullo Stato dell’Unione, del gennaio 2002, Bush preparò gli Stati Uniti all’invasione dell’Iraq, parlando del così detto “ asse del male”: Stati come l’Iran, l’Iraq e Corea del Nord erano accusati di sostenere il terrorismo e di sviluppare le armi di distruzione di massa.

La sua linea di condotta traspariva dalle seguenti parole: “We must prevent terrorists and regimes who seek chemical, biological or nuclear weapons from threatening the United States and the World”.157

156 Address to a joint session of Congress, President G.W Bush, on 20 September 2001 riportato da Bar- ry M. Rubin, Judith Colp Rubin, “Chronologies of Modern Terrorism”, M.E. Shapes, 2008,p.309. 157 President G.W. Bush, First State of the Union address, on 29 January 2002 riportato da John Lewis

Prima dell’invasione americana dell’Iraq si ebbe un acceso dibattito, nel corso del 2002-2003, che fece emergere la contrapposizione tra i sostenitori e gli oppositori dell’impresa americana in Iraq.

Sul piano generale, i sostenitori della guerra in Iraq addussero varie motivazioni, tra le quali, la ricostituzione dell’arsenale iracheno di armi di distruzioni di massa, in violazione delle risoluzioni ONU,158 ed i contatti tra

l’Iraq e vari gruppi terroristici tra cui Al-Qu’ida.159

A queste, si aggiunsero altre due motivazioni finalizzate ad appoggiare l’invasione dell’Iraq: la prima, l’abbattimento del regime iracheno con l’instaurazione di un governo democratico avrebbe migliorato l’immagine degli Stati Uniti nel Vicino Oriente, fornendo un esempio da imitare alle popolazioni della regione, spesso governate da regimi autoritari; la seconda, la presa di posizione contro le violazioni dei diritti umani e i crimini che il governo iracheno aveva commesso a danno dei curdi e della popolazione irachena nel periodo tra le due guerre ,Guerra Iran -Iraq e Guerra del Golfo.160

Al contrario, tra gli oppositori, si portavano avanti le seguenti tesi: il riarmo iracheno e lo sviluppo delle armi di distruzione di massa erano degli argomenti incerti,161, il ruolo di sponsor del terrorismo attribuito all’Iraq era

esagerato, perché non vi erano prove tangibili sul coinvolgimento del Governo iracheno in atti terroristici contro gli Stati Uniti .

Inoltre, gli oppositori erano convinti che i fattori che spingevano gli Stati Uniti alla guerra fossero: il desiderio di rendere più sicuri i propri

Gaddis, “Attacco a sorpresa e sicurezza: le strategie degli Stati Uniti”, Vita e Pensiero, 2005,p.86. 158 National Intelligence Estimate “Iraq’s Continuing Programs for Weapons of Mass Destruction”, Key

Judgments, October 2002, link di riferimento : fas.org/irp/cia/product/iraq-wmd.html.

159 Cfr. William Rivers Pitt, Scott Ritter, “Guerra all’Iraq. Tutto quello che Bush non vuole far sapere al mondo”, Fazi Editore, 2002, pp. 11-12

160 Cfr. Noam Chomsky, “ Terrore infinito. La questione palestinese dalla guerra del Golfo all’Intifada”, Dedalo, 2002, p. 359

approvvigionamenti energetici, riducendo automaticamente l’importanza di Paesi come il Venezuela e gli Stati dell’Arabia Saudita e il fatto che numerose compagnie americane erano interessate a partecipare allo sfruttamento delle risorse petrolifere irachene, alla ricostruzione dell’Iraq o anche solo alla fornitura di armamenti per la guerra.162

La proposta americana di attaccare l’Iraq sollevò molte polemiche sul piano internazionale.

Nel continente europeo vi erano Stati che sostenevano apertamente gli americani, tra i quali, il Regno Unito, la Spagna, l’Italia, il Portogallo, la Danimarca, la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovenia, la Slovacchia, l’Estonia e la Lituania.

La Francia, la Germania, il Belgio e il Lussemburgo avevano espresso fin dall’inizio la loro contrarietà.163

La Francia e la Germania cercarono di bloccare la politica aggressiva di Washington durante il vertice di Schwerin, del 30 luglio 2002.

Parigi e Berlino, in una dichiarazione congiunta, avevano affermato che sarebbe stato necessario un mandato da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prima di autorizzare un’offensiva armata contro Saddam Hussein.164

Il 23 settembre 2002, a Copenaghen, nel corso del vertice dell’ASEM, il Presidente Chirac attaccò il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi per la sua posizione favorevole all’invasione dell’Iraq. Intanto, nell’ ottobre 2002, Bush ottenne dal Congresso l’autorizzazione all’uso della forza per difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti contro la minaccia

162 Sull’interesse americano riguardo al petrolio iracheno, cfr. Nafeez Mosaddeq Ahmed, “Dominio. La guerra americana all’Iraq”, Fazi Editore, 2003, p. 162

163 Cfr. Mammarella, Cacace, “Storia e politica dell’integrazione europea”, Laterza, 2008,pp.324-325. Per ulteriori informazioni, cfr. Ennio di Nolfo, “Storia delle relazioni internazionali dal 1918 ai giorni nostri”, Laterza, 2008,pp.1381-1382

164 Eva Pföstl, “La creazione di una zona di pace e stabilità attorno all’Unione europea”, Istituto di Studi Politici “S.PioV”, Roma 2006,p.213.

irachena.165

L’8 novembre 2002, il Consiglio di Sicurezza, con la Risoluzione n.1441, imponeva all’Iraq nuove condizioni per la ripresa delle ispezioni ONU, che dovevano indagare sullo sviluppo degli armamenti di distruzione di massa ed obbligavano lo Stato ad adempiere agli obblighi in materia di disarmo, minacciando “serie conseguenze” in caso contrario.166

In questo contesto Hussein accettò l’arrivo degli ispettori delle Nazioni Unite in Iraq.

Contemporaneamente alla pianificazione dell’attacco americano, il 21 novembre 2002, si svolgeva il vertice NATO a Praga che riuniva i rappresentanti dell’organizzazione, i quali approvarono un documento in cui si condivideva la linea di azione del Presidente americano Bush e si stabilì l’ingresso nella NATO di sette Paesi europei favorevoli all’impresa americana: Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia e Ungheria.

Il 21 gennaio 2003, in seno al Consiglio di Sicurezza, la Francia dichiarò la propria intenzione di apporre il diritto di veto ad una risoluzione dell’ONU che autorizzasse l’invasione dell’Iraq.

Alla fine del mese di gennaio, i capi degli ispettori delle Nazioni Unite Hans Blix e Muhammad Al-Baradei presentarono dei rapporti in cui si affermava che non vi erano elementi certi sull’esistenza delle armi di distruzione di massa irachene.167

Il 7 febbraio 2003, a Monaco, si svolse la Conferenza internazionale sulla sicurezza, nella quale la Francia e la Germania presentarono un piano alternativo al conflitto, basato sulla mobilitazione dell’ONU per garantire il

165 Per approfondimenti, cfr. Antonio Varsori, “Storia internazionale dal 1919 a oggi”, il Mulino, 2015, pp.391-399

166 Resolution 1447 (2002), Adopted by the Security Council at its 4656th meeting, on 4 December 2002 167 Sull’ intera guerra irachena, cfr. Bob Woodward, “Le verità negate”, Sperling e Kupfer Editori, 2007.

disarmo del regime di Baghdad.168

Dopo l’ incontro all’Eliseo con il Presidente russo Putin, Chirac, il 10 febbraio 2003, lesse una dichiarazione comune in cui riconfermava il sostegno riguardo alla continuazione delle ispezioni ONU in Iraq a condizione che il regime iracheno cooperasse attivamente, considerando l’uso della forza armata come “ultimo rimedio”.169

Sempre nel mese di febbraio 2003, la NATO risultava ancora divisa sulla questione irachena, poiché Francia, Germania e Belgio si opposero al piano proposto dal Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica, Robertson, il quale prevedeva di sostenere la Turchia nel caso in cui fosse stata attaccata da Baghdad.

Colin Powell, invece, affermò che l’art. IV del Trattato NATO imponeva l’obbligo di discutere l’assistenza di un Paese alleato nel caso in cui fosse stato aggredito e ciò si applicava perfettamente alla Turchia, in quanto Stato Membro.170

Il 14 febbraio 2003, il Ministro degli Esteri francese, De Villepin, in seno al Consiglio di Sicurezza ONU, pronunciò un discorso contro l’unilate- ralismo americano e, in questa maniera, si determinò lo strappo tra Stati Uniti ed il blocco formato da Francia, Germania e Russia.

«Monsieur le Président,

Monsieur le Sécreteur Général,

Mesdames et Messieurs les Ministres, Messieurs les Ambassadeurs,

168 Matteo Albanese, “L’idea di guerra nel pensiero neoconservatore. Dall’ideologia alla strategia”, Ipoc Press Editore, 2008,p.125

169 Fréderic Bozo, “ Histoire de la crise irakienne. La France, les Etats-Unis et l’Irak, 1991-2003 », Paris, Perrin, 2013. Eva Pfösil, « La creazione di una zona di pace e stabilità attorno all’Unione europea », Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, Apes, 2006,p.213.

170 Article 4, “ Members can bring any issue of concern, especially related to the security of a member country, to the table for discussion within the North Atlantic Council”, NATO’s founding treaty, 1949

Je remercie MM. Blix et El Baradei pour les indications qu’ils viennent de nous fournir sur poursuite des inspections en Irak… En adoptant la résolu- tion n. 1441, nous avons collectivement marqué notre accord avec la dé- marche en deux temps, proposée par la France: le choix du désarmement par la voie des inspections et, en cas d’échec de cette stratégie, l’examen par le Conseil de Sécurité de toutes les options, y compris celle du recours à la force».

«Il y a deux options: l’option de la guerre peut apparaître a priori la plus rapide. Mais n’oublions pas qu’après avoir gagné la guerre, il faut cons- truire la paix… Dans ce contexte, l’usage de la force ne se justifie pas au- jourd’hui.

Il y a une alternative à la guerre: désarmer l’Irak par les inspections. De plus un recours prématuré à l’option militaire serait lourd de consé- quences».171

Anche il Consiglio europeo tenne una riunione al riguardo e ribadì che l’ONU svolgeva un ruolo importante nella gestione del conflitto e nel disarmo pacifico dell’Iraq.

Tutto questo si realizzava attraverso le ispezioni e la collaborazione del regime iracheno, che doveva fornire le informazioni specifiche e supplementari sulle questioni sollevate dagli stessi ispettori.

Il Consiglio si concluse affermando che l’uso della forza armata era l’ultima soluzione alla crisi.172

Il 5 marzo 2003, mentre Papa Giovanni Paolo II indirizzava allo Staff di Bush un messaggio personale in cui esprimeva il suo dissenso all’inter- vento in Iraq, la Francia e la Russia dichiararono nuovamente l’intenzione

171 Dominique De Villepin, Intervention du Ministre des Affaires Étrangères au Conseil de Sécurité, 14 Février 2003. Link di riferimento : http://www.consulfrance-munich.de/Onu1402.htm

172 Conseil européen, Conclusions, 17 Février 2003. Link di riferimento: www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/74564.pdf

di ricorrere al diritto di veto nel caso in cui l’ONU avesse deciso di emanare una risoluzione che autorizzasse l’attacco americano.

Il 16 marzo, nel vertice Stati Uniti - Gran Bretagna - Spagna, si ribadì la volontà di porre in essere l’attacco all’Iraq, poi, il 17 marzo 2003, il Presidente americano parlò in diretta televisiva lanciando un ultimatum a Saddam Hussein, nel quale gli intimava di lasciare il Paese entro 48 ore. 173

Nonostante le azioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e, soprattutto, del blocco costituito dalla Francia, dalla Germania e dalla Russia volte a frenare la politica aggressiva degli Stati Uniti nei confronti dell’Iraq, il 18 marzo del 2003, Bush annunciò che oltre trenta Paesi componevano l’alleanza dei “volenterosi”, la quale partecipava all’intervento americano in Iraq.174

Il 20 marzo del 2003, all’inizio della guerra, Chirac si rivolse alla Nazione in diretta televisiva, esprimendo il proprio rammarico per non aver impedito l’attacco contro l’Iraq e, successivamente, inviava un messaggio alla coalizione anglo-americana nel quale annunciò di collaborare con tutta la Comunità Internazionale al fine di fronteggiare l’emergenza irachena. Terminò il suo discorso esortando l’Unione Europea a ricercare una posizione comune in merito alla situazione, mediante la creazione di una politica estera e di difesa comune efficace. 175

La guerra d’Iraq si rivelò un intervento breve e terminò con la caduta del regime di Saddam Hussein il primo maggio del 2003.

Dopo la caduta del regime il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riconobbe il Regno Unito e gli Stati Uniti quali potenze occupanti e

173 Michel .E . Cox, G. John. Ikenberry, “Le relazioni transatlantiche dall’11 settembre alla crisi irachena”, Centro Einaudi, 2004. Matteo Albanese, “L’idea di guerra nel pensiero neoconservatore. Dall’ideologia alla strategia”, Ipoc Press, 2008,p.125

174 georgewbush-whitehouse.archives.gov/infocus/iraq/news/20030327/-10.html

175 Pierre Berthelot, Marius Lazar, “L’Irak: d’Une crise à l’Autre. Les réalités et les défis d’un État au bord de l’ implosion », l’Harmattan, 2015

dichiarò che occorreva contribuire alla stabilizzazione della situazione irachena e a favorire l’autogoverno nel Paese.176

Robert Kagan sostenne che l’attacco all’Iraq aveva dimostrato che la dottrina della guerra preventiva aveva vinto e fece emergere che gli americani erano riusciti ad imporsi sugli europei attraverso l’unilateralismo.

In questo quadro gli europei avevano tentato di affermare la dottrina del diritto, delle istituzioni internazionali e un approccio multilaterale.

Secondo Kagan: “il Presidente Bush si allontanò dalla comune solidarietà con l’Europa, che aveva avuto un ruolo centrale nella Guerra fredda, per sposare una politica tradizionale basata sull’indipendenza e sul nazionalismo universalistico”.177

Già nel 2002, prima della guerra preventiva, nell’opinione pubblica europea e americana cresceva il numero delle persone, che credeva che l’attacco preventivo fosse, in certi casi, una risposta adeguata alle minacce globali, malgrado violasse i principi basilari del diritto internazionale. Sempre secondo Kagan: “Lo scoppio della crisi irachena fece emergere un aspetto importante: “la legittimità non si ricercava più nel ruolo delle Nazioni Unite e delle norme internazionali, ma l’unico compromesso era costituito dalla politica di potenza”.178

L’analisi di Neill Nugent sugli ostacoli inerenti il funzionamento della politica estera e difesa comune si applica perfettamente al contesto della crisi irachena.

A tale proposito Nugent sottolinea: “l‘Unione Europea non è uno Stato e pertanto non può fare perno su determinati attributi consolidati nel tempo

176 Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, risoluzione n.1483, 8 febbraio 2007, E-0282/07

177 Robert Kagan, “Paradiso e potere. America ed Europa nel nuovo ordine mondiale”, Mondadori, Milano, 2003, pagine di riferimento sulle riflessioni inerenti agli Stati Uniti e all’Europa pp.64-99 178 Robert Kagan, “ il diritto di fare la guerra. Il potere americano e la crisi di legittimità”, Mondadori,

che contribuiscono a determinare e a focalizzare la politica estera di uno stato. Tra questi , il principale è l’esistenza di un territorio da difendere e di interessi nazionali in campo politico, economico, sociale e culturale da promuovere. Di fatto, il legame tra l’UE e il suo territorio non è lo stesso che unisce gli stati membri con il rispettivo territorio nazionale; e gli interessi politici, economici, sociali e culturali dell’UE non sono affatto definiti con chiarezza”;

“molti stati membri , i più grandi e con un lungo passato alle spalle di relativa influenza nello scenario internazionale, sono restii a perdere il controllo su un’area politica che è così profondamente associata con l’influenza nazionale , la sovranità e l’identità”;

“alcuni stati membri hanno tradizionalmente intrattenuto relazioni speciali con particolari aree mondiali che desiderano mantenere”;

“esistono talvolta divergenze tra stati membri su questioni di politica estera dovute a orientamenti ideologici contrastanti”.179

In base all’analisi di Nugent, si deduce che “l’asse franco-tedesco in occasione del conflitto in Iraq ha sì difeso l’idea di un’ Europa potenza autonoma, ma ha rivelato anche il desiderio di Francia e Germania di imporsi come voci soliste nel concerto europeo”.180

179 Cfr. Neill Nugent, “Governo e politiche dell’Unione europea”, Volume III “Politiche e processi”, il Mulino, 2008,p.146

180 Cfr. Osservatorio Europa , art. “ La Politica Estera e di Sicurezza Comune PESC”, 2003, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, link http://www.centroeinaudi.it/contatti.html?catid= 140&id=35:la-politica-estera-e-di-sicurezza-comune-pesc

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