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Il caso turco e il dibattito sulla sua adesione

1.5 L’allargamento dell’Unione Europea del

1.5.2 Il caso turco e il dibattito sulla sua adesione

La questione dell’adesione turca all’Unione Europea rappresentò e rappresenta, ancora oggi, una delle sfide più difficili per i Paesi membri della Comunità.

La Turchia iniziò il suo processo di avvicinamento all’Unione Europea nel 1963, firmando l’accordo di associazione con la Comunità Europea.

Tale accordo fu consolidato nel 1970, poiché fu aggiunto un protocollo addizionale che determinò in maniera precisa gli obiettivi dell’accordo di associazione: sviluppo e consolidamento delle relazioni commerciali e istituzione dell’unione doganale da realizzare in tre fasi successive, l’avvio dell’ultima fase dell’unione doganale era previsto per il primo gennaio 1996.200

Il governo turco presentò ufficialmente la domanda di adesione nel 1987. La fine della guerra fredda, i cambiamenti della situazione politica europea

199 Per ulteriori informazioni, cfr. P. Moscovici, “La présidence française”, in “Revue du Marché com- mun et de l’Union européenne”, n. 440, juillet -août 2000, pp.433-435. Cfr. Gilles Pécout, “ Penser les frontières de l’Europe du XIX au XXIe siècle », Paris, PUF, 2004. Cfr. Jacques Rupnik, “Les Euro- péens face à l’élargissement: perspectives, acteurs, enjeux”, Paris, Presses de Sciences Po, 2010. Cfr. Guillemette Crouzet, “Histoire de la construction européenne. La France et l’Europe de François Mit- terrand à François Hollande”, Université de Paris-Sorbonne, Paris IV,2014-2015, partie « L’ ouverture de l’Europe : la France et l’élargissement »

e i progressi dello Stato turco nell’assorbimento dell’acquis comunitario per il funzionamento dell’Unione doganale crearono i presupposti per accelerare la candidatura di adesione della Turchia nell’UE.

Infatti, si osservò che il Paese aveva realizzato delle riforme nell’ambito della politica doganale, della politica commerciale, della concorrenza e della tutela della proprietà intellettuale, industriale e commerciale.201

Nonostante i suoi progressi in ambito economico e commerciale, il processo di adesione risultò e risulta difficile da realizzare perché il divario tra la Turchia e l’Unione Europea resta troppo grande da colmare.

Oltre al fatto che è un Paese a maggioranza musulmana, vi è un altro motivo ostacolante la sua adesione all’Unione Europea: l’ arretramento della Turchia nell’assorbimento dei criteri di democrazia, Criteri di Copenaghen del 1993.

Nella riunione del Consiglio europeo di Lussemburgo del 4 marzo 1998, fu adottata una comunicazione, “La Strategia europea per la Turchia”, che stabiliva dei paletti per la preadesione di Ankara, poi nell’ottobre successivo, la Commissione suggeriva due regolamenti allo scopo di mettere a disposizione 50 milioni di euro all’anno per finanziare il suo percorso di avvicinamento all’Unione.202

Nel Consiglio europeo di Helsinki del 13 dicembre 1999, si adottò la proposta della Commissione di concedere alla Turchia lo status di candidato.

Al paragrafo 12 del documento finale del Consiglio si precisò che la Turchia era “uno Stato candidato destinato ad aderire all’Unione in base

201 Per approfondimenti e riflessioni sui rapporti tra UE e Turchia, cfr. Ugo Draetta, Andrea Santini, “L’Unione europea in cerca di identità. Problemi e prospettive dopo il fallimento della “Costituzione”, Giuffrè, 2008, pp.310-323

agli stessi criteri applicati agli altri stati candidati”.203

Continuarono, però, a emergere problematiche di natura politica che ostacolavano l’ingresso della Turchia nell’UE, con riferimento al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle minoranze, alla questione curda e soprattutto all’occupazione di Cipro.204

Infatti, nella relazione del 1999 sui progressi fatti dal governo turco verso l’adesione, si precisò che l’avvio effettivo dei negoziati veniva subordinato al rispetto dei criteri politici di Copenaghen, dato che lo Stato registrava delle difficoltà a recepire l’acquis comunitario in materia dei diritti dell’uomo e della tutela delle minoranze.205

Agli inizi degli anni 2000, i governi turchi cercarono di introdurre delle riforme, come l’abolizione della pena di morte, formalizzata nel 2002. L’adozione delle riforme istituzionali, al fine di garantire i criteri politici di Copenaghen, non apportò alcun miglioramento.

Nella seduta del Consiglio europeo di Copenaghen del 7 novembre 2002, si ribadì che le lacune della Turchia, in materia di criteri politici, erano ancora gravi.

Questo problema continuò ad ostacolare l’avvio dei negoziati di adesione. Un accordo franco-tedesco, alla vigilia del vertice europeo di Copenaghen, suggerì al Consiglio di fissare, per l’inizio dei negoziati, una “data condizionata” a nuovo esame da parte della Commissione dell’attuazione delle riforme, non anteriore al 2005.206

La Commissione europea, con la Raccomandazione del 6 ottobre 2004, si

203 Per approfondimenti, cfr. Consiglio europeo di Helsinki, “Conclusioni della Presidenza”, 10 e 11 dicembre 1999, link di riferimento: http://www.europarl.europa.eu/summits/hell_it.htm

204 sull’intera questione curda, cfr. Mirella Galletti, “I Curdi nella storia”, Vecchio Faggio, Chieti, 1990. Cfr. Alan Darwish, “Il popolo curdo e il diritto all’autodeterminazione”, Cultura della Pace, Firenze, 1997

205 Cfr. Letta, op.cit., p.105 206 Cfr. Letta, op.cit., p.108

espresse sull’opportunità di aprire i negoziati di adesione della Turchia, sottolineando la continuazione delle riforme e della loro applicazione, con l’appoggio dell’Unione Europea.

In conclusione, anche il Parlamento europeo votò a favore dell’apertura dei negoziati di adesione il 15 dicembre 2004, i quali iniziarono ufficialmente nel 2005.207

Il dibattito sull’ adesione della Turchia all’UE divenne più acceso dal 2002, quando il Partito islamista AKP vinse le elezioni.

Salito al potere, si concentrò a portare avanti delle riforme a favore dell’entrata dello Stato turco, favorendo l’avvicinamento dell’opinione pubblica all’orientamento filo-occidentale delle elite militari, politiche ed economiche turche.

Negli anni più recenti, le difficoltà dell’adesione turca divennero più evidenti e tutto ciò a causa della questione di Cipro, della crescente ostilità di alcuni membri dell’UE che non condivisero e non condividono ancora oggi il suo ingresso.

A queste problematiche, si aggiunsero le tensioni tra il partito AKP e l’establishment burocratico –militare secolarista che condussero ad una politicizzazione della questione dell’adesione turca e al rallentamento delle riforme istituzionali finalizzate al soddisfacimento dei criteri politici di Copenaghen, indispensabili per l’adesione.

I paesi dell’Unione Europea che rigettarono e rigettano attualmente la sua adesione sono la Germania, la Francia, l’Austria e la Danimarca.

La Germania è sempre stata un’oppositrice all’adesione della Turchia, perché, oltre ai motivi menzionati, la considera un pericolo, in quanto il

207 Su ulteriori approfondimenti, resoconti e osservazioni, cfr. Commissione europea, “Rapporto sui progressi compiuti dalla Turchia”, 6 ottobre 2004, link di riferimento: http://ec.europa.eu/ enlargement/archives/pdf/key_documents/2004/rr_tr_2004_en.pdf. Cfr. Commissione Indipendente sulla Turchia, “Primo Rapporto – Turchia in Europa: più che una promessa?”, settembre 2004, link di riferimento: http://www.independentcommissiononturkey.org/pdfs/2004_italian.pdf

Paese, una volta entrato nell’UE, sarebbe sommerso da migrazioni massicce a seguito dell’apertura delle frontiere alla libera circolazione delle persone.208

Altro Stato che si oppone è la Francia, evidente nella posizione di Valéry Giscard d’Estaing alla vigilia del Consiglio europeo di Copenaghen del 2002: “La Turchia è un paese prossimo all’Europa, un paese importante, guidato da un’élite ammirevole, ma non è un paese europeo.” Inoltre aggiunse: “è portatrice di un’altra cultura e di un altro stile di vita”.209

Gli Stati Membri dell’Unione Europea che continuano ad appoggiare l’adesione turca risultano l’Italia, il Regno Unito, la Spagna,la Polonia e la Romania, insieme all’aperto sostegno degli Stati Uniti.

Il motivo principale risiede nel fatto che il ruolo della Turchia è fondamentale per il mantenimento della stabilità nel Medio Oriente e nel Caucaso meridionale.210

1.5.3 “Quo vadis” Europa?211

Il processo di allargamento, previsto per il primo maggio del 2004, sollevò il bisogno di riformare l’apparato istituzionale dell’Unione, dati gli esiti insoddisfacenti, come detto in precedenza, del Trattato di Nizza.

In effetti, si iniziò a dibattere sul futuro dell’Europa e ciò fu possibile con il discorso del Ministro degli Esteri tedesco, Fischer, all’università di

208 Cfr. Istituto Affari Internazionali, articolo “il Dibattito interno alla Turchia sul processo di adesione

all’Unione europea”, n.1-9 dicembre 2008, p.2, link

http://www.iai.it/pdf/OSS_Polinternazionale/p0001.pdf 209 Cfr. Letta, op.cit., p. 108

210 approfondimenti, cfr. Valeria Piacentini Fiorani, “La proiezione centro-asiatica e caucasica della Turchia. Ricadute in materia di sicurezza regionale e collettiva”, Centro Militare di Studi Strategici, Roma, 2005, link: http:// www.difesa.it/backoffice/upload/allegati/2006/%7B52CA7921-AA7D- 4F47-9AD3-2E58E5F0AB3F%FD.pdf

Humboldt di Berlino il 12 giugno 2000: “la nascita di una Federazione europea con un Parlamento e un governo europei che esercitano effettivamente il potere legislativo ed esecutivo all’interno della Federazione…..Che dovrà basarsi su di un trattato costituzionale”.212

La proposta di Fischer fu condivisa dall’Italia, accettata senza entusiasmo da Chirac, il quale, come sottolineano Mammarella e Cacace, “fece propria solo l’idea dell’avanguardia europea sotto l’esclusiva leadership franco- tedesca, e sostanzialmente riaffermava la sovranità dello Stato-nazione”.213

Il tema sull’avvenire europeo fu riaffrontato dal Cancelliere Schroeder in un documento presentato e approvato dal Partito socialdemocratico tedesco il 30 aprile 2001.214

Il documento sottolineava la necessità di dare vita ad una struttura federalista, con la trasformazione della Commissione in un vero governo europeo, il consolidamento delle funzioni del Parlamento europeo in materia di codecisione e l’evoluzione del Consiglio in una “Camera delle nazioni europee”.

Schroeder, nel documento in questione, introduceva delle innovazioni nell’ambito della politica agricola, dove prevedeva il cofinanziamento tra gli Stati e l’Unione, poi ne aveva previste altre nel settore di assistenza in cui parlava della ristrutturazione a favore dello sviluppo sostenibile delle zone rurali.

La critica alla proposta tedesca provenne dal Primo Ministro francese Lionel Jospin, che fece un discorso sull’avvenire europeo il 28 maggio 2001.215

212 J. Fischer, “Dall’Unione di Stati alla Federazione”, in “Affari Esteri”, n.127, luglio 2000; sullo stesso numero cfr. Giuliano Amato, “Fischer, l’Europa e gli strumenti del suo arduo cammino”, pp. 471-78 213 Mammarella, Cacace, op. cit., p.311

214 G .Schroeder, “La Germania in Europa, in “Affari Esteri”, n. 131, luglio2001, pp.453 sgg 215 L. Jospin, “L’avvenire dell’Europa allargata”, in “Affari Esteri”, n.131, luglio 2001,pp. 475 sgg

Nel discorso espose la sua visione europea che faceva riferimento ad una “Federazione di Stati-nazione”, dove il ruolo dello Stato veniva esaltato contro il processo di regionalizzazione dell’Europa, voluto da Schroeder. Il dibattito aprì la strada al processo che condurrà al Trattato costituzionale e il Presidente Chirac ne sarà uno dei maggiori sostenitori.

Il Trattato costituzionale che doveva apportare dei cambiamenti importanti nell’Unione Europea derivò dai lavori della Convenzione europea, presieduta dall’ex Presidente francese Valéry Giscard d’Estaing, dall’ex premier italiano Giuliano Amato e da quello belga Jean – Luc Dehaene. La Convenzione europea elaborava una bozza del trattato che, poi, sarebbe stata presentata da Giscard agli Stati Membri durante il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003.

La bozza della prima parte del trattato era suddivisa in 59 articoli, più un preambolo in cui si delineava l’assetto della “nuova Europa”; la seconda prevedeva la Carta dei diritti fondamentali; la terza riguardava le politiche di attuazione dei principi stabiliti nella prima, e da ultimo, una quarta inerente alle disposizioni finali.

Il Trattato costituzionale eliminava la struttura a tre pilastri dell’UE sancita dai Trattati di Maastricht, d’Amsterdam e di Nizza e attribuiva una personalità giuridica all’Unione Europea.216

I punti principali del nuovo Trattato si focalizzarono sull‘introduzione di un Presidente stabile del Consiglio europeo con un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta, sulla designazione di un Ministro degli Esteri dell’UE che riuniva le competenze fino a quel momento divise tra il Commissario per le relazioni esterne della Commissione e l’Alto Rappresentante per la PESC.

216 Sandro Gozi, “ Governo e politiche dell’Unione europea. Storie e teorie dell’integrazione, Editrice il Mulino, 1995,pp.120-134

Inoltre, mirava a snellire la Commissione europea dal punto di vista della composizione, poiché dal 2009 si indicava espressamente che i membri sarebbero stati trenta, dei quali solo quindici avrebbero avuto il diritto di veto. In aggiunta, puntava ad estendere il voto a maggioranza qualificata in trentaquattro settori, ad esclusione della politica estera, del fisco e della giustizia.

Infine, l’ampliamento dei poteri del Parlamento europeo attraverso l’estensione della procedura legislativa della codecisione, l’introduzione di un’Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari nell’ambito della difesa, con possibilità di maggiore integrazione tra le Nazioni volenterose di dar vita alle cooperazioni rafforzate.217

Il Trattato non fu completamente apprezzato dai Paesi europei .In effetti, la Gran Bretagna e la Spagna non erano favorevoli all’idea di un’Europa intesa come soggetto politico, mentre altri sostenevano i meccanismi evolutivi della futura Costituzione.

Le divergenze emersero, anche, durante il Consiglio europeo di Bruxelles del 2003, a conclusione del semestre di presidenza italiana. Il dissenso concerneva la composizione della nuova Commissione e il voto a maggioranza qualificata su nuovi ambiti.

Il Consiglio europeo si rivelò così un fallimento.

Per uscire dalla crisi il cancelliere tedesco Schroeder, il Presidente francese Chirac e il premier inglese Blair programmarono un vertice a Berlino con lo scopo di rilanciare la trattativa istituzionale.

La soluzione di compromesso, per arrivare alla firma del Trattato costituzionale, fu trovata, finalmente, nella seduta del Consiglio europeo del 18 giugno 2004: il testo del Trattato “ricalcava quasi totalmente lo

217 Sugli approfondimenti del Trattato costituzionale, cfr. A. Tizzano, “Una Costituzione per l’Europa.Testi e documenti relativi alla Convenzione europea”, Giuffrè, Milano, 2004

schema della bozza approvata dalla Convenzione presieduta da Valéry Giscard d’ Estaing”.218

Il 29 ottobre 2004 si svolse a Roma la cerimonia della firma del Trattato, che adottava una Costituzione per l’Europa, dove parteciparono i 25 capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’UE e i loro ministri degli Esteri.219

Il problema principale fu rappresentato dalla fase della ratifica del Trattato costituzionale, perché era sufficiente l’opposizione di uno Stato membro per bloccare l’intero processo.220

Ogni Paese avrebbe scelto una propria strada ai fini dell’approvazione: la via parlamentare o l’indizione di un referendum popolare.

Le cause che condussero alla bocciatura del trattato furono i risultati negativi dei referendum di ratifica in Francia e in Olanda del 2005.

Concentrandosi sul caso francese, la popolazione respinse il trattato con il 54,87% dei voti.

Il “no” francese riguardava i partiti di estrema destra come il Fronte Nazionale, il Partito Comunista e l’estrema sinistra, i quali incarnavano la fazione dei “souverainistes”, contrari al processo di integrazione europea e difensori della sovranità nazionale.

Al contrario, i partiti del governo, ossia l’UMP, l’UDF, i socialisti, i verdi e i radicali erano favorevoli all’entrata in vigore del Trattato costituzionale. Allo stesso tempo l’opposizione francese rappresentava la protesta dell’elettorato contro la politica economica del governo di centro-destra.221

Il “no” francese al Trattato costituzionale fu generato da un sentimento di

218 Cfr. Mammarella, Cacace, op. cit., p.320

219 Cfr. Michele Morelli, “La democrazia partecipativa nella governance dell’Unione europea”, Giuffrè, 2011, p.11

220 Mammarella, Cacace, op. cit., p.322. Cfr. Morelli, op. cit., p.11

221 Gérard Bossuat, avril –juin 2005, “Histoire d’une controverse”. La référence aux héritages spirituels dans la Constitution européenne”, Matériaux pour l’histoire de notre temps, BDIC, n° 78, p.68-82.

insicurezza e di inquietudine, spiegabile su più livelli, come hanno evidenziato Marc Lazar e Gianfranco Baldini:” Questa insicurezza si manifesta in forme differenti. Economia e sociale, questa incertezza ingloba le incertezze che gravano sull’impiego, sulle pensioni, minacciate dall’evoluzione demografica, così come sui sistemi sanitari. Si tratta di un’insicurezza di natura identitaria, poiché numerose mutazioni che riguardano le società europee rimettono in discussione i punti di riferimento che hanno strutturato la vita sociale di molte generazioni… L’Europa rimane innanzitutto percepita come un grande mercato, all’interno del quale le ambizioni di sicurezza non sono necessariamente all’altezza della pubblica opinione”.222

Il sondaggio Ipsos del 2 giugno 2005 metteva in evidenza che ” il malessere nei confronti della situazione economica e sociale risulta al primo posto tra le motivazioni dei sostenitori del “no” (52%), il 40% dei quali giudicava la Costituzione troppo liberale dal punto di vista economico”.223

I referendum in questione bloccarono la neonata Costituzione e il Consiglio europeo di Bruxelles del 2005 decise di arrestare il processo di ratifica. L’impasse politico mise in luce le fragilità del sistema comunitario e l’indebolimento dell’asse franco-tedesco, che non riuscì a rilanciare il processo di costruzione europea al momento dell’allargamento dell’Unione.

La citazione di G. Mammarella e P. Cacace, “Quo vadis” Europa? spiega bene il rallentamento del processo di integrazione europea, che ha condotto

all’allontanamento dell’opinione pubblica dall’Europa, perdendo

automaticamente il senso di appartenenza all’Unione Europea stessa.

222 Cfr. Gianfranco Baldini, Marc Lazar, “La Francia di Sarkozy”, il Mulino, 2007,pp.44-49

223 Cfr. Sondaggio Ipsos, 2 giugno 2005 riportato da Gianfranco Baldini, Marco Lazar, “La Francia di Sarkozy”, il Mulino, 2007,p.48

In questo quadro si è assistito all’indebolimento dell’asse franco-tedesco, motore della costruzione europea, poiché la Germania ha rivendicato un ruolo di leadership esclusivo in un’Europa tendente all’Est, sottraendo alla Francia una certa intraprendenza nelle questioni europee.

La futura Presidenza Sarkozy dovrà fare i conti con una realtà non facile, di nuove sfide europee e globali.

CAPITOLO SECONDO

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