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Ladini, Gagauzi, Tatari di Crimea - Tre casi di tutela delle minoranze etnico-linguistiche

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Studi Internazionali - LM 52

Curriculum Geopolitica Degli Interessi Europei Nell'Era Della Globalizzazione

TESI DI LAUREA

Ladini, Gagauzi, Tatari di Crimea

Tre casi di tutela delle minoranze etnico-linguistiche

RELATORE

Prof. Rino CASELLA

CORRELATRICE

Prof.ssa Gyulnara I. GADZHIMURADOVA

CANDIDATA Cecilia FREGO

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Abstract

Il seguente lavoro tratta di tutela delle minoranze etnico-linguistiche analizzando tre situazioni specifiche: quella dei ladini nel nord Italia, dei gagauzi in Moldavia e dei tatari di Crimea.

In un mondo sempre più globalizzato, dove da un lato si manifestano spinte verso l’omologazione culturale e dall’altro riemergono tendenze nazionaliste che si credevano ormai superate, occuparsi di minoranze e dei mezzi disponibili per garantirne i diritti diviene di importanza fondamentale. Coerentemente con questo assunto, nella prima parte del lavoro vengono messi in evidenza gli strumenti giuridici per la tutela delle minoranze etno-linguistiche approntati a partire dalla seconda guerra mondiale da organismi internazionali ed europei. Nella seconda parte invece vengono esposti i tre casi specifici, con riferimenti alla consistenza, alla localizzazione, alla lingua e alla storia della minoranza di volta in volta trattata, seguiti contestualmente da un’analisi degli strumenti normativi predisposti dagli Stati che le ospitano nel proprio territorio. Vengono inoltre specificati i risultati raggiunti nell’applicazione delle normative e i possibili margini di miglioramento, con l’auspicio che possano essere di esempio e stimolo per gli interventi in questo ambito.

Nell’appendice vengono riportate interviste realizzate in loco con rappresentanti delle minoranze oggetto di studio.

The following dissertation addresses the topic of the ethnic-linguistic minorities right protection by analyzing three specific situations: that of the Ladins in northern Italy, that of the Gagauz in the Republic of Moldova and that of the Crimean Tatars. In an increasingly globalized world, where on the one hand pushes towards cultural homologation arise and on the other nationalist tendencies that were believed to be outdated emerge, it’s essential to deal with minorities and the means available to guarantee their rights. Consistent with this assumption, in the first part of this thesis the international and European instruments developed after the Second World War for the protection of ethnic-linguistic minorities are highlighted. In the second part the three case studies are presented, with references to the consistency, location, language and history of the minority treated on a case-by-case basis, followed by an analysis of the regulatory instruments provided by the state hosting the minority. Successes achieved and possible room for improvement are also specified, with the hope that they can be an example and a stimulus for interventions in this field. The appendix contains interviews carried out on the spot with representatives of the minorities under study.

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INDICE

Abstract 3 INDICE 4 Prefazione 6 Introduzione 8 PARTE I 12

Le modalità con cui il Diritto Internazionale protegge le minoranze 12

1. Il sistema ONU 14

1.1 I primi passi ONU nella protezione delle minoranze 14

1.2 L’art. 27 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici 16

1.3 Il Gruppo di lavoro sulle minoranze (WGOM) 17

1.4 La Dichiarazione dell’Assemblea Generale ONU № 47/135 19

2. OSCE 21

2.1 Funzionamento e origini dell’OSCE 21

2.2 Il passaggio da CSCE a OSCE - La Carta di Parigi per una Nuova Europa

e la protezione delle minoranze 24

2.3 L’Alto Commissario sulle minoranze nazionali 25

3. Consiglio d’Europa 27

3.1 Struttura e funzionamento del Consiglio d’Europa e Convenzione

Europea per i Diritti Umani 27

3.2 La Carta delle lingue regionali e minoritarie 30

3.3 Convenzione Quadro per la Tutela dei diritti delle minoranze nazionali 33

4. Altri strumenti 37

PARTE II 40

1. LADINI 40

1.1 Quadro storico-antropologico 56

1.2 Nella Costituzione Italiana - Legislazione nazionale 47

1.3 Nelle Regioni 56

1.3.1 Ladini in Trentino-Alto Adige 51

1.3.2 Ladini in provincia di Belluno 55

1.4 Attuazione della normativa: successi e margini di miglioramento 56

2. GAGAUZI 60

2.1 Quadro storico-antropologico 60

2.2 Nella Costituzione Moldava 65

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2.4 Attuazione della normativa: successi e margini di miglioramento 71

3. TATARI DI CRIMEA 76

3.1 Quadro storico-antropologico 100

3.2 Nella Costituzione Ucraina 100

3.3 Nella Costituzione Russa 100

3.4 La Repubblica di Crimea 100

3.5 Attuazione della normativa: successi e margini di miglioramento 100

CONCLUSIONI 103 Bibliografia 106 Saggi e articoli: 106 Documenti: 117 Siti Istituzionali: 123 Appendici 125

A. Intervista a Musiaev Ervin Kiazimovich, direttore del canale radio-televisivo

MILLET 125

B. Intervista a Nimetullaeav Sejtumer Nuridinovich, rappresentante regionale dell’organizzazione sociale “K’YRYM BIRLIGHI”, decorato operaio agricolo

dell’Ucraina 136

C. Intervista a Cecilia Mazzel, giornalista Rai ladina 146

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Prefazione

La capacità da parte dello stato di mantenere buoni rapporti tra le diverse componenti della propria popolazione è fondamentale, soprattutto in questo mondo sempre più globalizzato, dove i contatti tra culture diverse sono inevitabili. Se per le minoranze etnico-linguistiche ormai gli strumenti di tutela esistono e il problema si riduce all’applicazione corretta degli stessi, per gruppi minoritari di tipo diverso il problema rimane aperto. Nel passato in Europa il tema delle minoranze non si poneva nel modo in cui si pone oggi e la frattura, se non lo scontro, si percepiva soprattutto in relazione alle differenze religiose. A partire dall’800, con l’affermarsi sempre più generalizzato del concetto di “nazione”, la componente etnico-linguistica è diventata sempre più centrale nella conflittualità tra stati. Finché i grandi imperi plurinazionali - dove la convivenza fra etnie diverse era la norma - hanno resistito, lo stesso concetto di minoranza etnico-linguistica poteva avere poco senso. La questione si è posta in modo stringente invece dopo il crollo di questi, alla fine della prima guerra mondiale, quando con l’enunciazione del principio di “autodeterminazione dei popoli” inteso come diritto alla creazione di stati etnicamente omogenei sono iniziati i problemi per chiunque non si identificasse con il gruppo etnico-linguistico maggioritario. L’estremo dell’applicazione di questo principio, combinato con il nazionalismo più spinto, ha portato alle aberrazioni fasciste e naziste, dove l’omogeneità era vista come valore imprescindibile e la diversità come un pericolo per l’integrità dello stato. Con la sconfitta di queste ideologie dopo la seconda guerra mondiale e l’affermazione progressiva della diversità come valore - nonostante episodi conflittuali anche acuti - ecco che le minoranze hanno iniziato a essere di nuovo percepite come una ricchezza, un patrimonio da salvaguardare e promuovere. Una ripresa della dialettica maggioranza-minoranza si è poi avuta dapprima con la dissoluzione dell'Unione sovietica (anch'esso stato marcatamente plurinazionale) e successivamente con lo scioglimento dello stato federale jugoslavo. Come alla fine della prima guerra mondiale, anche in questi casi la ridefinizione dei confini statuali e il sorgere di nuovi stati nazionali ha creato situazioni inedite dove gruppi consistenti di persone sono passati dalla condizione di maggioranza a una di minoranza.

Di fronte ai recenti fenomeni migratori, in diversi stati europei è emersa nuovamente la tendenza da parte di alcuni partiti politici a sfruttare vecchie paure e

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diffidenze, al fine di ottenere maggiore consenso. In questo contesto parlare della convivenza pacifica tra persone che non hanno paura di riconoscersi come diverse tra loro è indispensabile. Questo senza tacere delle difficoltà, ma evidenziando anche i successi e le mille possibilità.

Ho scelto di parlare di questo argomento anche perché essendo nata e cresciuta a Bolzano la questione delle minoranze etnico-linguistiche l’ho vissuta in prima persona, per di più in una situazione particolare nella quale come italofona, facente parte della maggioranza a livello nazionale, divento minoranza nel contesto provinciale. Parlando di Alto Adige la tendenza è quella di concentrarsi sulla dialettica tra italiani e tedeschi, mentre io ho preferito lasciare spazio all'altra minoranza dell'Alto Adige: i ladini. Mi è sembrato giusto quindi, al termine del mio percorso universitario, parlare del mio Heim includendo nella narrazione – anzi rendendola protagonista – proprio la minoranza che altrimenti viene spesso lasciata da parte. Ma seguendo un corso di studi internazionali non potevo certo accontentarmi di parlare dei ladini dell’Alto Adige, per cui mi sono lasciata guidare dai miei interessi e dal destino. Il tirocinio svolto presso l’Ambasciata Italiana in Repubblica di Moldova a Chişinau dove la gentilissima Ambasciatrice mi ha fatto conoscere la realtà dei Gagauzi e il periodo di ricerca svolto a Mosca grazie all'Università di Pisa durante il quale ho approfondito le mie conoscenze rispetto ai Tatari di Crimea, mi hanno indicato le altre due etnie da includere nella ricerca.

Mi auguro che questa tesi possa tornare utile non solo per conoscere qualche dettaglio in più su queste tre etnie spesso poco considerate, ma anche per dimostrare come, pur con le dovute differenze, sia possibile per popolazioni diverse tra loro vivere insieme in un ambiente protetto ove i diritti e le identità di tutti vengano non solo salvaguardati ma anche promossi, per una maggiore comprensione reciproca e un maggiore benessere comune.

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Introduzione

1

L’oggetto di questa tesi è il modo in cui tre Stati stanno tutelando tre minoranze che - per quanto diverse - hanno dei tratti in comune. In primo luogo si tratta in tutti e tre i casi di minoranze etnico-linguistiche. Ma che cos’è una minoranza? La domanda sembra banale, ma non vi è accordo sulla risposta. Molti studiosi hanno tentato di darvi una risposta univoca, ma alla fine sono giunti alla conclusione che le situazioni nel mondo in cui sono coinvolte minoranze sono così diverse tra loro che tentare di darvi una definizione univoca e ristretta rischierebbe di lasciare fuori troppe fattispecie e risultare quindi controproducente. Si tende quindi ad aggiungere aggettivi al sostantivo, per diminuire i casi e rendere più chiaro il concetto. Spesso si usano i termini “minoranze storiche” - per indicare che il gruppo minoritario cui ci si riferisce risiede da lungo tempo e ininterrottamente in un certo territorio, “minoranze nazionali” - combinazione preferita nei trattati internazionali, “minoranze etniche, linguistiche e religiose” - per indicare la caratteristica che differenzia la minoranza dal resto della popolazione… ma ancora non si arriva a una definizione univoca. Per tentare di risolvere il problema definitorio nel 1977 viene affidato a Francesco Capotorti, Relatore Speciale per l’ONU, il compito di formulare una definizione che fosse condivisibile a livello internazionale. Il risultato fu il seguente: “Una minoranza etnica, religiosa o linguistica è un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato al quale appartiene e con un insieme di caratteristiche culturali, fisiche, storiche, religiose o linguistiche che differiscono da quelli del resto della popolazione. Esiste un fattore soggettivo per identificare la

1 Per la stesura dell’introduzione si è fatto riferimento ai seguenti lavori: Capotorti F., Study on the

rights of persons belonging to ethnic, religious and linguistic minorities, United Nations, New York

1979, E/CN.4/Sub.2/384/Rev.1; Naboni F., Scheda "Diritti delle minoranze" di Unimondo disponibile al link: https://www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Diritti-delle-minoranze - visitato il 12.04.2019; Pacini F., Lingua, diritto e diritti. Fenomeni compositi e pluralismo costituzionale, pubblicato per Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2017, disponibile in pdf al link:

https://www.osservatoriosullefonti.it/mobile-saggi/speciali/speciale-lingua-istruzione-minoranze/1106-lingua-diritto-e-diritti-fenomeni-compositi-e-pluralismo-costituzionale/file - visitato il 12.04.2019; Piergigli V., Rileggendo l’opera di Alessandro Pizzorusso sulle minoranze linguistiche:

le “nuove minoranze” tra identità e integrazione, Anticipazioni al №1 2019 della rivista Nomos. Le attualità nel diritto, disponibile al link: http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2019/02/Piergigli-Pizzorusso.pdf - visitato il 12.04.2019; Pizzorusso A., Minoranze

e maggioranze, Einaudi, Torino, 1993; Simon W. T., Protecting minorities in International Law,

Pubblicazioni Centro italiano Studi per la pace www.studiperlapace.it - no ©, Documento aggiornato al: 2000, disponibile al link: http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=simon - visitato il 12.04.2019; Veretevskaja A. V., Il multiculturalismo, che non c’è stato: analisi delle pratiche

Europee di integrazione politica delle minoranze etnico-culturali (Мультикультурализм которого не было), editore Università MGIMO, Mosca 2018, ISBN978-5-92281874-2;

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minoranza, che riguarda il desiderio - espresso o implicito - del gruppo di preservare le proprie caratteristiche”.2 In questo lavoro ci si è basati su questa definizione e in

particolare nel titolo si è preferita la combinazione di termini “minoranze etnico-linguistiche” a quello di “minoranze nazionali” per evidenziare gli elementi di differenziazione dei tre gruppi presi in esame, ovvero l’uso di una lingua diversa da quella ufficiale nello stato di appartenenza e l’etnia, intesa come identità specifica, non limitata all’uso di lingua, ma più profonda, comprendente l’insieme dei riferimenti culturali, religiosi e tradizionali. Ѐ stato inoltre evitato l’aggettivo “storiche”, perché poco rispondente alla situazione così come si è venuta a creare nel caso dei tatari di Crimea, che a causa della deportazione in epoca staliniana per un lungo periodo non hanno potuto risiedere nella loro terra di origine, per quanto - intendendosi come “minoranze storiche” gruppi di popolazioni che hanno sviluppato per un lungo periodo di tempo un rapporto con un certo territorio che sentono come fondamentale e che si distinguono per lingua, etnia e/o religione dalla maggioranza della popolazione dello stato di cui fanno parte - il termine sarebbe stato pure adeguato.

Perché è importante la protezione delle minoranze? In un’era di contatti sempre più frequenti fra popoli diversi e conseguenti spostamenti repentini di gruppi di persone, diventa importante imparare a tutelare la diversità. I confini così come intesi oggi sono sempre il risultato di eventi storici, guerre e trattati, e le soluzioni di volta in volta adottate possono essere state più o meno felici. Se dopo la seconda guerra mondiale si è attraversata in Europa una lunga fase di stabilità dei confini, negli anni ‘90 enormi sono stati i cambiamenti avvenuti nella parte orientale anche se in questo caso si è trattato, più che di spostamento di confini, di trasformazione di confini interni in confini di Stato. Ciò ha comportato che popoli, etnie, gruppi linguistici prima maggioritari si siano trovati a essere minoranza nel nuovo contesto nazionale e viceversa. Anche se attualmente i confini sembrano piuttosto stabili, non è escluso che intervengano delle situazioni in cui sia auspicabile o necessario il cambiamento e l’impossibilità di creare stati perfettamente omogenei dal punto di vista etnico impone di considerare i diritti delle minoranze che inevitabilmente si vengono a creare. I tre casi considerati raccontano di tre situazioni in cui le

2 Capotorti F., Study on the rights of persons belonging to ethnic, religious and linguistic minorities, op. cit., pag. 115

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minoranze e la maggioranza sono riuscite o stanno riuscendo a trovare un equilibrio - più o meno solido - per cui i diritti di tutti vengano garantiti, se non altro a livello di principio.

Nella scelta come casi di studio di ladini, gagauzi e tatari di Crimea intervengono esperienze personali, ma anche il particolare che si tratta di tre minoranze etnico-linguistiche europee e “terze”3 rispetto al territorio in cui vivono, ovvero, tutte e tre si

ritrovano in territori dove vi sono almeno altri due gruppi che dal punto di vista quantitativo le superano in numero: tedeschi e italiani nel caso dei ladini in Trentino-Alto Adige , romeni e russi nel caso dei gagauzi in Repubblica di Moldova, russi e ucraini in quello dei tatari in Crimea. Inoltre, approfondendo la ricerca, sono emersi numerosi collegamenti “nascosti” tra queste tre etnie quando prese a coppie. Per esempio: il sistema scolastico ladino è stato proposto come modello ai gagauzi, i tatari di Crimea e i gagauzi sono entrambe popolazioni con lingue di origine turco-altaica, ai ladini al tempo delle opzioni hitleriane (di cui si dirà meglio al capitolo dedicato) venne proposto di trasferirsi in Crimea, per sostituire i tatari.

Il lavoro è stato diviso in due parti. Nella prima parte lo sguardo è rivolto al diritto internazionale per mettere in luce i principali strumenti di tutela a disposizione delle minoranze in Europa. Vengono esclusi dall’analisi gli strumenti generici di salvaguardia dei diritti umani - che pure possono essere utilizzati contestualmente a quelli specifici da membri di minoranze etnico-linguistiche - che invece hanno assorbito la maggior parte dell’attenzione degli studiosi che si sono interessati al tema scelto, perché si è preferito concentrarsi su strumenti più nuovi e specifici. Ci sarebbero inoltre molti altri aspetti interessanti da approfondire soprattutto rispetto all’opportunità di una visione più larga e meno eurocentrica, rispetto all’approfondimento teorico delle teorie di assimilazione o riguardo i vari tentativi di definizione del termine “minoranza” e dei significati diversi che al termine sono stati attribuiti nel tempo, ma esistono già monografie di approfondimento su temi trattati solo marginalmente in questo lavoro e si invita a consultare quelli (citati in bibliografia) per farsi idee più precise a riguardo.

Con la seconda parte si entra nel vivo del lavoro, perché vi vengono descritti i tre casi studio scelti. Nello specifico, all’interno della seconda parte, vengono fornite note rispetto all’ubicazione, alla lingua e alla composizione della minoranza descritta

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di volta in volta. Viene inoltre ripercorsa brevemente la storia della minoranza, senza pretesa di esaustività, ma con lo scopo di fornire un contesto più chiaro, che permetta di inquadrare al meglio la situazione contemporanea. Segue l’analisi della Costituzione dello Stato (o degli Stati nel caso dei Tatari di Crimea) e degli Statuti delle Regioni in cui le minoranze risiedono. Si conclude ogni sezione dedicata alla minoranza con un breve quadro dei successi e dei margini di miglioramento nei rapporti tra le minoranze e il potere centrale del territorio in cui sono ubicate.

Avendo l’autrice avuto la possibilità di recarsi di persona nei luoghi di cui si parla si è pensato che fosse utile aggiungere in appendice tre testimonianze di membri delle varie minoranze raccolte dal vivo. Si è preferito lavorare direttamente sui testi dei trattati e delle leggi - anche in lingua straniera - più che su commenti e saggi, che pure sono stati consultati, ma privilegiando nell’analisi gli aspetti metodologici, con l’obiettivo di dare al lavoro un taglio più personale. Lo stesso vale per i cenni sul quadro storico-antropologico relativo alle tre etnie, dove, dopo lo studio di diversi saggi e articoli pertinenti si è proceduto a una rielaborazione autonoma che ha dato come risultato quindi una sintesi tra le diverse fonti. Coerentemente con questa metodologia si è scelto di inserire una macro-nota all’inizio di ogni capitolo, nella quale vengono indicati per esteso gli autori cui si è attinto. All’interno dei diversi paragrafi sono comunque presenti note, che si possono distinguere sostanzialmente in tre tipi: a) note nel senso più classico, nelle quali viene indicata la fonte relativa a quanto affermato nel testo (riprendendo autori già presenti nella nota a inizio capitolo); b) note che portano ai testi dei trattati, sentenze, leggi, norme, convenzioni e quant’altro utilizzato per la consultazione e c) note “di chiarificazione”, con spiegazioni di termini specifici o rimandi a brevi testi di approfondimento, laddove si è ritenuto che potesse essere interessante per il lettore approfondire quanto solo accennato per questioni di spazio e pertinenza al tema. Le traduzioni in italiano sono state effettuate personalmente, salvo ove diversamente indicato.

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PARTE I

Le modalità con cui il Diritto Internazionale

protegge le minoranze

4

Nel fare una disamina storica dello sviluppo della protezione delle minoranze, tutte le fonti in lingua italiana consultate mantengono una visione strettamente eurocentrica. Vengono quindi completamente ignorate soluzioni di convivenza tra popolazioni di lingua e religione diverse sviluppatesi al di fuori dell’Europa mentre per quanto attiene all’aspetto temporale è raro che vengano presi in considerazione periodi che precedano il trattato di Westfalia del 1648 quando fu elaborato il principio

cuius regio eius religio. Posto che non è scopo di questa tesi analizzare da un punto

di vista storico l’evoluzione della tutela delle minoranze, se ne prende atto e si segue questa tendenza. Tra i trattati precedenti la Rivoluzione Francese e successivi al trattato di Westfalia riguardanti la protezione delle minoranze - in questo caso essenzialmente religiose - è necessario segnalare:

4 Per la stesura della prima parte si è fatto riferimento ai seguenti autori: Avenia C., Tutela

internazionale delle minoranze, Altalex, pubblicato il 12/07/2012, disponibile al link:

https://www.altalex.com/documents/news/2012/07/12/tutela-internazionale-delle-minoranze#_Toc 329683291 - visitato il 12.04.2019; Dal Passo F., Storia e diritti delle minoranze, Università La Sapienza di RomaUNIROMA1, disponibile al link: https://www.lettere.uniroma1 .it/sites/default/files/868/10.%20STORIA%20DEI%20DIRITTI%20DELLE%20MINORANZE%20-%20F.%20Dal%20Passo.pdf - visitato il 12.04.2019; Degrassi V., Minoranze e Identità Culturali - Le

Minoranze Italiane nella Repubblica di Croazia e la Cultura Istroveneta, Tesi di Laurea Magistrale

per l’Università Ca’Foscari, 2013, disponibile al link: http://dspace.unive.it/bitstream /handle/10579/4400/834499-1163338.pdf;sequence=2 - visitato il 12.04.2019; Dugnani M., La

protezione delle minoranze nell'ambito del Consiglio d'Europa: la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali, Diritto&Diritti, marzo 2004 - http://www.diritto.it/articoli

/europa/dugnani3.html - visitato il 12.04.2019; Feola R., I diritti delle minoranze, per Quotidiano

Studio Cataldi - Il diritto quotidiano, 2017,

https://www.studiocataldi.it/articoli/27355-i-diritti-delle-minoranze.asp - visitato il 12.04.2019; Filippini C., Polonia, Il Mulino, Bologna 2010; Milazzo E., La

tutela delle minoranze nell’Unione Europea, Università degli studi di Catania, XV ciclo, disponibile al

link: http://dspace.unict.it/bitstream/10761/1441/1/MLZLSE83E71G580P-Tesi.pdf - visitato il 12.04.2019; Nervi A., La tutela delle minoranze nel contesto internazionale, Rassegna dell’Arma n.3-4 luglio/dicembre 2006, disponibile al link: http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/la-

rassegna/anno-2006/n-3-4---luglio-dicembre/studi/la-tutela-delle-minoranze-nel-contesto-internazionale - visitato il 12.04.2019; Pizzorusso A., Minoranze e maggioranze, op. cit.; Serra T.,

Autonomia e sussidiarietà: un grande equivoco politico, in Calabrò G. e Cecchini G.L. (a cura di), Liber Amicorum: Scritti in onore di Domenico Coccopalmerio, AMON, Italia 2014 pag.881-890;

Trabucco D., Minoranze: tra diritto interno, internazionale e comunitario. Verso un graduale

superamento della concezione internazionalistica, 2008, disponibile al link: https://www.diritto.it/pdf_archive/26288.pdf - visitato il 12.04.2019

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- il trattato di Nimega del 1678, tra Francia e Olanda, che garantiva libertà di culto alla minoranza cattolica residente nel territorio di Maastricht;

- l’accordo da Ryswick del 1697, tra Francia e Olanda a garanzia della continuità di culto nei territori in seguito ai cambiamenti di confine tra i due stati;

- il trattato di Utrecht del 1713, tra Francia e Inghilterra per la cessione dell’Acadia (regione storica dell’attuale Canada) e della baia di Hudson, in cui veniva garantita la protezione ai sudditi di religione diversa, nella misura in cui le garanzie concesse non entrassero in contrasto con le norme di salvaguardia dell’ordine pubblico. Altri trattati conclusi osservando la stessa logica di garanzia di libertà religiosa nei territori di recente acquisizione o i cui confini erano cambiati dopo i trattati di Westfalia nel limite posto dal rispetto delle norme di ordine pubblico sono: il trattato di Parigi del 1763, il trattato di Breslau del 1742, di Dresda del 1745 e di Varsavia del 1772.

Si prospetta un nuovo approccio alla questione a seguito della rivoluzione francese e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. In quest’ultima infatti viene garantito il diritto di libertà religiosa a tutti e non solo ai cittadini di territori appena acquisiti, fin tanto che si rispettano le norme di diritto generali. Inoltre il focus si sposta dalla questione religiosa al diritto dei popoli, tanto che con il Congresso di Vienna del 1815 si ha il primo riferimento specifico a un “popolo” unico, quello polacco che veniva a trovarsi in condizione di “minoranza”, nei tre stati, Prussia, Russia e Impero d’Austria, che se ne erano spartiti il territorio. Ad essi si riconosceva il diritto di essere considerati comunque come un’unica “nazione”, per quanto senza un proprio stato, e quindi di mantenere una parvenza di autonomia (insegnamento nella propria lingua e qualche limitato organo di autogoverno, almeno per la parte sotto l’Impero Russo e solo fino alla prima insurrezione di Varsavia nel dicembre 1830).5 Non che la questione della

convivenza tra popolazioni diverse non si fosse mai posta prima, ma l’affermarsi del concetto di “stato-nazione”, il richiamo alla lingua come strumento principe per l’affermazione della propria identità - con il superamento quindi del primato religioso in materia - nel corso dell’ottocento e la crisi conseguente degli stati plurinazionali hanno fatto sì che il problema venisse posto in una luce diversa nel dibattito culturale e giuridico. Basti pensare anche solo ai Discorsi alla nazione tedesca di Fichte, o

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all’ode Marzo 1821 del Manzoni. Di questo mutamento di prospettiva è testimone il trattato di Berlino del 18786 nel quale le potenze europee, affrontando il problema

dell’equilibrio nei Balcani, fanno riferimento esplicito alle comunità etnico-linguistiche mentre l’esercizio della fede religiosa diventa sempre una questione di libertà individuale.

Con la prima guerra mondiale, anche a causa della dialettica propagandistica giocata sull’appartenenza nazionale per guadagnarsi il sostegno delle popolazioni nello sforzo bellico - a scapito soprattutto degli imperi plurinazionali - la questione dell’omogeneità etnico-linguistica all’interno degli Stati diventava sempre più centrale, mentre la discriminante religiosa era ormai totalmente marginale. L’assunzione, nei trattati di pace, del diritto all’autodeterminazione dei popoli come principio fondante del diritto internazionale ne è conferma e ha posto le basi per l’emergere di nuove problematiche nei rapporti con le minoranze. Nell’ambito della Società delle Nazioni si tenta di risolvere la questione delle popolazioni “non omogenee” inserendo tra le proposte l’obbligo per gli stati di trattare le minoranze presenti nel proprio territorio alla pari del resto della popolazione nazionale. La vaghezza del contenuto della disposizione e la reticenza degli stati a prendere impegni in questo senso hanno impedito però che tale obbligo venisse effettivamente inserito nella carta della Società delle Nazioni. D’altra parte l’affermarsi in Europa di forze che puntavano in modo fanatico a realizzare una totale omogeneità etnico-razziale all’interno dei propri confini (con l’uso mezzi drastici contro chi non corrispondeva ai canoni imposti) non ha certo aiutato nell’affermazione dei diritti delle minoranze.

1. Il sistema ONU

7

1.1 I primi passi ONU nella protezione delle minoranze

Al termine della seconda guerra mondiale, anche per evitare il ripetersi di atrocità simili a quelle perpetrate dal nazismo, la rinnovata attenzione per i diritti umani in

6 Il testo in inglese del trattato di Berlino è disponibile al link: https://www.jstor.org/stable/2212670?seq=1#metadata_info_tab_contents - visitato il 10.04.2019 7 Documenti dell’ONU consultati per l’elaborazione di questo capitolo in ordine di citazione: Carta

delle Nazioni Unite, tradotta in italiano a cura del Centro Studi per la Pace disponibile al link:

http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=onucarta - visitato il 12.04.2019; Risoluzione

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generale ha fatto sì che si riaprisse il dibattito a livello mondiale sulla protezione delle minoranze. È stato scelto però di privilegiare la salvaguardia del diritto del singolo individuo a prescindere dalla propria appartenenza etnica o linguistica, per evitare che la tutela dello stesso risultasse affievolita sul piano concreto.

All’interno della carta delle Nazioni Unite non viene fatto alcun riferimento specifico rispetto alla tutela delle minoranze con la giustificazione che si trattava di un tema troppo complesso e divisivo per essere trattato a livello generale8 e si

preferì lasciare il compito di affrontare il tema a una commissione apposita da istituire in un periodo successivo.

Si può comunque già considerare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 un primo strumento per la protezione delle minoranze per quanto anch’essa non preveda alcuna norma specifica per le minoranze, riportando i termini del problema ad una mera questione di rispetto dei diritti individuali. Un passo avanti nella creazione di strumenti specifici per la tutela delle minoranze viene fatto il 21 dicembre 1965 con la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale,9 all’interno della quale accanto alla tutela della

libertà di pensiero e di espressione è codificato il principio di non discriminazione, assicurando nell’articolo 5 ai membri di minoranze etniche l’uguaglianza di trattamento nel godimento di diritti civili, politici e culturali, il diritto di circolare

dei diritti dell’uomo, disponibile al link: https://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp

?symbol=A/RES/217(III) - visitato il 12.04.2019; Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, disponibile al link: https://www.un.org/en/universal-declaration-human-rights/index.html - visitato il 12.04.2019; Convenzione Internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, il testo in italiano della convenzione è disponibile al link: http://unipd- centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Convenzione-internazionale-sulleliminazione-di-ogni-forma-di-discriminazione-razziale-1965/23 - visitato l’11.04.2019; Patto internazionale sui diritti

economici, sociali e culturali, il testo è disponibile in italiano al link:

http://www.asgi.it/wp-content/uploads/public/patto.intern.relativo.dir.economici.sociali.e.culturali.pdf - visitato il 10.04.2019; Patto internazionale sui diritti civili e politici, il testo è disponibile in italiano al link: https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19660262/201110270000/0.103.2.pdf - visitato il 10.04.2019; Risoluzione 2005/79 del 21.04.2005, della Commissione ONU sui Diritti Umani istituente

il Relatore Speciale per le Minoranze disponibile al link: https://www.refworld.org/docid/429c56ae4.html - visitato il 12.04.2019; Dichiarazione 47/135 del 18

dicembre 1992 Assemblea Generale ONU sui Diritti delle Minoranze disponibile al link:

http://www.un.org/documents/ga/res/47/a47r135.htm e traduzione in italiano a cura della rivista

Pace, diritti dell'uomo, diritti dei popoli, anno VI, n. 1/1992 disponibile al link:

http://unipd-centrodirittiumani.it/public/docs/92_01_163.pdf - entrambi visitati il 10.04.2019

8 Risoluzione dell’Assemblea Generale 217A per l’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti

dell’uomo, sezione C, i testi completi della Risoluzione e della Dichiarazione sono disponibili al link:

https://www.un.org/en/universal-declaration-human-rights/index.html - visitato il 10.04.2019

9 Il testo integrale in italiano della Convenzione è disponibile al link: http://unipd- centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Convenzione-internazionale-sulleliminazione-di-ogni-forma-di-discriminazione-razziale-1965/23 - visitato l’11.04.2019

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liberamente all’interno dello stato, il diritto alla nazionalità, il diritto alla proprietà sia individuale che collettiva, il diritto ad un eguale trattamento avanti i tribunali ed a ogni altro organo che amministri la giustizia, il diritto alla sicurezza personale ed alla protezione dello Stato contro le violenze o le sevizie da parte sia di funzionari governativi, sia di ogni individuo, gruppo od istituzione.

1.2 L’art. 27 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici

Il 16 dicembre 1966 furono adottati, per rendere maggiormente vincolante l’osservanza dei diritti fondamentali dell’uomo da parte degli Stati membri, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali10 e il Patto internazionale sui

diritti civili e politici.11 La delicatezza dei temi trattati ha però ritardato la ratifica dei

Patti da parte di un numero sufficiente di Stati, per cui entrambi sono effettivamente entrati in vigore solo nel 1976.

Particolarmente rilevante per quanto riguarda la tutela delle minoranze è l’articolo 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il quale recita: “Negli Stati, in cui

esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo”. Tale articolo risulta di importanza

fondamentale perché per la prima volta un principio sovranazionale di protezione, onnicomprensivo e universalmente accettato fa riferimento al concetto di “minoranza”. Per arrivare a tale risultato è stata necessaria una formulazione molto attenta e scrupolosa, che da un lato spingesse gli Stati a svolgere nei confronti degli individui parte della minoranza delle azioni di promozione e tutela e dall’altra non lasciasse appiglio alle minoranze per un’azione di tipo secessionista in contrasto con gli interessi dello Stato di cui sono parte. Limiti legati alla formulazione dello stesso si possono rilevare in relazione all’interpretazione data da alcuni Stati del primo capoverso, in base al quale tale articolo sarebbe applicabile esclusivamente

10 Reso esecutivo in Italia con Legge №881 del 25 ottobre 1977, testo del patto in italiano disponibile al link: http://www.asgi.it/wp-content/uploads/public/patto.intern.relativo.dir.economici.sociali. e.culturali.pdf - visitato il 10.04.2019

11 Reso esecutivo in Italia con Legge №881 del 25 ottobre 1977, testo del patto in italiano disponibile al link: https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19660262/201110270000/0.103.2.pdf - visitato il 10.04.2019

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laddove vi siano minoranze etniche, religiose o linguistiche espressamente riconosciute, lasciando dunque un margine notevole di arbitrio al singolo Stato, che resterebbe libero di decidere quali minoranze riconoscere, portando alla negazione di fatto dei diritti di minoranze non riconosciute. L’ambiguità è rafforzata dal fatto, già segnalato nell’introduzione, che non esista in dottrina un accordo assoluto rispetto alla definizione del termine “minoranza”. Inoltre è importante sottolineare come di nuovo nella formulazione si specifichi che i diritti sono riconosciuti ai membri delle minoranze individualmente e non alle minoranze come ente collettivo, ribadendo così la scelta di non voler sacrificare il diritto del singolo alla collettività, ma anche per evitare che una minoranza organizzata cui vengano riconosciuti diritti in quanto gruppo risulti essere un elemento divisivo troppo forte all’interno dello Stato.

Seguono poi altri patti, trattati e convenzioni volti a garantire l’insieme della comunità umana da tortura, genocidio e discriminazione, senza che però si faccia di nuovo riferimento specificatamente alla “questione delle minoranze”, almeno fino agli anni ‘90, quando le atrocità verificatesi durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia portano la comunità internazionale a interrogarsi nuovamente sulla questione.

1.3 Il Gruppo di lavoro sulle minoranze (WGOM)

Nel 1995 la Sottocommissione per la lotta alla discriminazione e la protezione delle minoranze - istituita nel 1947 come organo sussidiario della Commissione dei diritti dell’uomo con il compito di realizzare studi e sottoporre raccomandazioni in materia di prevenzione di ogni forma di discriminazione e di tutela delle minoranze nazionali, religiose e linguistiche12 - ha creato un Gruppo di lavoro sulle minoranze

(WGOM). Tra il 1995 e il 2006 questo organismo si è riunito dodici volte e si è sforzato di diventare un forum per il dialogo tra gli Stati e le minoranze, stimolando una maggiore consapevolezza delle diverse prospettive sul tema, promuovendo una migliore comprensione e un maggiore rispetto reciproco sia all’interno delle minoranze stesse che nella dialettica tra minoranza e maggioranza e quindi i rispettivi Governi. Il Gruppo non si è fermato all’approccio teorico, in quanto ha

12 Cfr. pagina ONU dedicata al Gruppo di Lavoro sulle Minoranze disponibile al link: https://www.ohchr.org/EN/Issues/Minorities/Pages/TheformerWGonMinorities.aspx - visitata il 10.04.2019

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aiutato a produrre documenti contenenti linee guida e buone pratiche per la protezione delle minoranze, raccogliendo contributi ed esperienze riguardanti il riconoscimento dell’esistenza delle minoranze, la loro partecipazione alla vita pubblica attraverso un processo di autonomia abbinato a misure di integrazione, l’educazione multi e interculturale, la descrizione di possibilità di sviluppo inclusivo e misure per la prevenzione dei conflitti. Nel 2007 il WGOM è stato sostituito dal Forum sulle Questioni delle Minoranze13 (Forum on Minority Issues), istituito dalla

risoluzione 6/15 del Consiglio dei Diritti Umani (Human Rights Council), che ha accolto le istanze delle organizzazioni non governative MRG (Minority rights

group)14 e IMADR (International movement against all form of discrimination and

racism).15 Il Forum sulle Questioni delle minoranze, in linea con quanto faceva il

WGOM, ha lo scopo di fornire una piattaforma per la promozione del dialogo e la cooperazione nelle questioni riguardanti le minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche, contribuendo così con la propria competenza ed esperienza al lavoro del Relatore Speciale per le minoranze.16 Il Forum, che ha il compito di individuare

e analizzare le migliori pratiche, le sfide, le opportunità e le iniziative per favorire l’implementazione della Dichiarazione sui Diritti degli appartenenti alle minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche (di cui al paragrafo successivo), si incontra annualmente per due giorni, dedicati a discussioni tematiche. Il Relatore Speciale per le Minoranze17 è una figura istituita con la risoluzione 2005/79 della

Commissione ONU sui Diritti Umani; ha il compito di guidare il lavoro del Forum, preparare le sue riunioni annuali e riportare le raccomandazioni tematiche alla Commissione sui Diritti Umani.

13 Sito ufficiale del Forum al

link:https://www.ohchr.org/en/hrbodies/hrc/minority/pages/forumindex.aspx - visitata il 10.04.2019 14 Sito ufficiale al link: https://minorityrights.org/ - visitato il 10.04.2019

15 Sito ufficiale al link: https://imadr.org/ - visitato il 10.04.2019

16 Sito ufficiale del Relatore Speciale disponibile al link: https://www.ohchr.org/EN/Issues/Minorities/SRMinorities/Pages/SRminorityissuesIndex.aspx - visitato il 10.04.2019

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1.4 La Dichiarazione dell’Assemblea Generale ONU № 47/135

Precedente il WGOM e sempre relativa all’ambito ONU nell’ambito della protezione delle minoranze è la Dichiarazione 47/135 del 18 dicembre 1992 Assemblea Generale ONU, sui diritti delle minoranze,18 che riveste particolare

interesse. Sono state d’ispirazione alla redazione di tale risoluzione la numero 46/115 del 17 dicembre 1991, la numero 16 del 21 febbraio 1992 della Commissione sui Diritti Umani19, nella quale la Commissione ha approvato una bozza della

dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali, etniche, religiose o linguistiche, e la numero 4 del 20 luglio 1992 del Consiglio Economico e Sociale, nella quale il Consiglio ha invitato l’Assemblea Generale a considerare il problema. La Risoluzione 47/135 dunque è lo strumento attraverso il quale viene adottata la Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti alle minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche che, ispirandosi a quanto stabilito nell’art. 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, risponde alla necessità di garantire una più effettiva realizzazione degli strumenti internazionali utili a tutelare e promuovere i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. Essa contiene 9 articoli.

Nel primo articolo impegna gli Stati a proteggere l’esistenza e l’identità delle minoranze presenti sul loro territorio, prendendo misure atte a favorire le condizioni per la promozione di tale identità. Nell’articolo 2 vengono elencati i diritti in capo alle persone appartenenti alle minoranze, in particolare il diritto di beneficiare della propria cultura, il diritto di partecipare effettivamente alla vita pubblica e alla presa delle decisioni, il diritto di costituire proprie associazioni e di costruire e mantenere contatti liberi e pacifici con altri membri di altri gruppi, anche al di fuori dei confini nazionali, senza subire alcuna discriminazione. All’articolo 3 si ribadisce che ogni persona appartenente alla minoranza è libera di esercitare o non esercitare i diritti enunciati dalla Dichiarazione, senza che per questo possa essere in alcun modo discriminata. Gli articoli dal 4 al 7 impongono agli stati di prendere adeguate misure perché gli appartenenti alle minoranze possano godere dei propri diritti, favorendo

18 Il testo della Dichiarazione è disponibile al link: http://www.un.org/documents/ga/res/47/a47r135.htm, traduzione in italiano a cura della Rivista "Pace, diritti dell'uomo, diritti dei popoli" anno VI, n. 1/1992 disponibile al link:http://unipd-centrodirittiumani.it/public/docs/92_01_163.pdf - entrambi visitati il 10.04.2019

19 Il testo della Risoluzione è disponibile al link: https://www.refworld.org/docid/3b00f08380.html - visitato il 12.04.2019

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la cooperazione e lo scambio di informazioni e buone pratiche tra gli stati, tenendo sempre ben presenti i legittimi interessi delle persone appartenenti alle minoranze. All’articolo 8 si ribadisce che in nessun modo quanto enunciato nella Dichiarazione possa essere utilizzato per limitare le libertà individuali o per giustificare attività in violazione degli scopi e dei principi delle Nazioni Unite, in particolare la sovrana eguaglianza, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica degli Stati e si conferma che gli Stati adempiranno quanto dichiarato in buona fede, tenendo conto degli obblighi e degli impegni che hanno assunto in base ai trattati e agli accordi internazionali di cui sono parte.

Nel nono e ultimo articolo si invitano le agenzie specializzate e le altre organizzazioni del sistema ONU a contribuire, nell’ambito delle rispettive competenze, alla piena realizzazione dei diritti e dei principi enunciati nella Dichiarazione.

Viene inevitabile sottolineare come la Dichiarazione adotti ancora una volta un approccio individualistico alla questione della protezione delle minoranze: i diritti sono riconosciuti sempre “alle persone appartenenti alle minoranze” e mai alle minoranze in quanto tali. Un altro dettaglio importante, necessario a rendere la Dichiarazione accettabile per gli Stati, è il fatto che all’articolo nove si escluda che i diritti enunciati possano essere invocati dai gruppi minoritari per favorire un’eventuale secessione. L’integrità territoriale degli Stati non è dunque negoziabile.

Tale Dichiarazione è stata fondamentale per l’affermazione dei diritti delle minoranze, un suo grande limite però è senz’altro costituito dal fatto di non essere uno strumento cogente di diritto internazionale. Vista la difficoltà di trovare terreni comuni più avanzati in ambito ONU, anche a causa delle forti differenze di situazioni tra gli stati che lo compongono, la questione della tutela delle minoranze è stata trattata in maniera in generale più vincolante dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e dal Consiglio d’Europa dove il livello di omogeneità e integrazione tra gli Stati è considerevolmente maggiore.

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2. OSCE

20

2.1 Funzionamento e origini dell’OSCE

L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa21 (OSCE) è la

più grande organizzazione per la sicurezza regionale, vi partecipano infatti 57 Stati, situati in Nord America, Europa e Asia. Erede della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, lo scopo dell’OSCE è quello di favorire la stabilità, la pace e la democrazia per tutti gli abitanti dei suoi stati membri, attraverso un dialogo politico di condivisione dei valori e attraverso iniziative concrete che mirino a produrre effetti duraturi. Grazie a questo tipo di approccio e alla propria struttura inclusiva, l’OSCE aiuta a superare le divergenze e costruire fiducia, così che i suoi membri siano abituati a cooperare nella prevenzione dei conflitti, la gestione delle crisi e la ricostruzione al termine dei conflitti che non si sia riusciti a prevenire. Con le sue Istituzioni, i suoi esperti e le sue reti per le operazioni sul campo, l’OSCE si

20 Documenti dell’OSCE consultati per la stesura di questo capitolo: Atto finale di Helsinki del 1

agosto 1975, disponibile al link: https://www.osce.org/it/mc/39504 - visitato il 10.04.2019; Documento della riunione di Copenhagen della Conferenza sulla dimensione umana della CSCE, disponibile in

italiano al link: https://www.osce.org/it/odihr/elections/14304?download=true - visitato il 12.04.2019;

Carta di Parigi per una Nuova Europa, testo in italiano del documento è disponibile al link:

https://www.osce.org/it/mc/39519?download=true - visitato il 10.04.2019; Atti conclusivi della

Conferenza di Ginevra dell’estate 1991, disponibili in inglese al link: https://www.osce.org/hcnm/14588?download=true - visitato il 10.04.2019; Dichiarazione di Helsinki

del 1992, testo disponibile in italiano al link: https://www.osce.org/it/mc/39533?download=true -

visitato il 10.04.2019; Raccomandazione di Hague su diritto all’educazione delle minoranze

nazionali, dell’ottobre 1996, testo disponibile al link: https://www.osce.org/hcnm/32180?

download=true - visitato il 10.04.2019; Dichiarazione di Oslo sui diritti linguistici delle minoranze

nazionali, del febbraio 1998, disponibile al link: https://www.osce.org/hcnm/oslo-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019; Raccomandazioni di Lund sull’ Effettiva

partecipazione delle minoranze nazionali alla vita pubblica, del settembre 1999, disponibile al link:

https://www.osce.org/it/hcnm/32249 - visitato il 10.04.2019; Raccomandazioni di Bolzano/Bozen

sulle minoranze nazionali nei rapporti Inter-Statali, del giugno 2008, disponibile al link:

https://www.osce.org/hcnm/bolzano-bozen-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019; Linee guida di Ljubljana sull’integrazione nelle società eterogenee, del novembre 2012, disponibile al link: https://www.osce.org/hcnm/ljubljana-guidelines?download=true - visitato il 10.04.2019; Raccomandazioni di Graz sulla garanzia alle minoranze per l’accesso al giusto processo, del novembre 2017, disponibile al link: https://www.osce.org/hcnm/graz-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019; Linee guida di Tallinn sulle minoranze

nazionali e i media nell’era digitale, del febbraio 2019, disponibile al link:

https://www.osce.org/hcnm/tallinn-guidelines - visitato il 12.04.2019; Report on the Linguistic Rights

of Persons Belonging to National Minorities in the OSCE Area, del 1999, disponibile al link:

https://www.osce.org/hcnm/42060?download=true - visitato il 10.04.2019; Minority-Language

Related Broadcasting and Legislation in the OSCE: Survey of State Practice, scritto una prima volta

nel 1999 e revisionato nel 2003, a cura di McGonagle T., Davis Nol B. e Price M., disponibile al link: https://www.osce.org/hcnm/78058?download=true - visitato il 10.04.2019

21 Il sito ufficiale dell’OSCE in italiano è disponibile al link: https://www.osce.org/it/who-we-are - visitato il 10.04.2019

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occupa delle questioni che hanno un impatto sulla sicurezza comune, tra cui il controllo delle armi, il terrorismo, il buon governo, la sicurezza energetica, la tratta di esseri umani, il rispetto delle regole democratiche, la libertà dei media e le minoranze nazionali. È particolarmente interessante citarne le azioni perché è un’organizzazione intervenuta più volte nei destini delle tre minoranze che verranno di seguito trattate, anche se quanto avvenuto nel 2014 in Crimea (e nel resto dell’Ucraina in seguito) si può configurare come situazione di crisi che l’OSCE non è riuscita a prevenire. Anche in quel caso comunque essa ha cercato di farsi valere come forum per il dialogo politico per un ampio raggio di argomenti, tra cui la protezione delle minoranze, e come una piattaforma per lanciare azioni comuni per migliorare le vite degli individui e, di conseguenza, delle comunità. L’organizzazione cerca di utilizzare un approccio comprensivo, ampio, riguardo al concetto di “sicurezza”, che superi il mero aspetto politico-militare, includendo quindi azioni in ambito economico, ambientale e umano.

Nata negli anni ‘70, nel periodo della cosiddetta “distensione” tra mondo occidentale e blocco sovietico, la forma primigenia di questa organizzazione è stata la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE), creata come forum multilaterale per il dialogo e la negoziazione tra est e ovest. L’atto fondativo più importante è sicuramente l’Atto Finale di Helsinki, firmato il 1° agosto del 1975. Questo documento conteneva tutta una serie di impegni politico-militari, economici e riguardanti sia l’ambiente che i diritti umani, diventati poi fondamentali nel cosiddetto processo di Helsinki. Sempre in quell’ambito sono stati stabiliti i dieci principi fondamentali (il “Decalogo”) per fornire regole di comportamento agli stati nei confronti dei propri cittadini e tra di loro. Per quanto riguarda la tutela dei diritti delle minoranze, già nell’Atto finale di Helsinki si prevedeva che “gli Stati

partecipanti nel cui territorio esistono minoranze nazionali [rispettino] il diritto delle persone appartenenti a tali minoranze all’eguaglianza di fronte alla legge, [offrano] loro la piena possibilità di godere effettivamente dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e in tal modo [proteggano] i loro legittimi interessi in questo campo”.22

Tale previsione però è piuttosto blanda, perché, non definendo il concetto di minoranza, lascia spazio all’arbitrio degli stati, che sono liberi di non riconoscere la

22 Atto finale di Helsinki reperibile su internet alla pagina https://www.osce.org/it/mc/39504 - visitata il 10.04.2019

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presenza di minoranze nazionali (“nel cui territorio esistono”). Di fatto tale previsione si riferisce quindi esclusivamente all’obbligo di non discriminazione nei confronti degli appartenenti alle minoranze, senza prevedere l’applicazione di alcuna misura proattiva nell’ambito della loro salvaguardia. Passi avanti nell’applicazione di misure per la tutela delle minoranze si possono individuare nel documento conclusivo del terzo incontro di aggiornamento della CSCE, svoltosi a Vienna e pubblicato il 19 gennaio 1989, dove nella formulazione di diversi principi compare il termine “minoranze”, abbinato ad obblighi - solo morali - degli stati nei confronti degli appartenenti alle stesse, in particolare per quanto attiene la possibilità di sviluppare la propria lingua, cultura e religione.

Sempre in questa direzione si muove il documento finale della Conferenza di Copenhagen del 1990 “sulla dimensione umana della CSCE”,23 all’interno del quale

l’intero capitolo IV è dedicato alle questioni delle minoranze nazionali. In particolare con i principi 31 (“Gli Stati partecipanti adotteranno, ove necessario, misure speciali

allo scopo di garantire alle persone appartenenti a minoranze nazionali piena eguaglianza rispetto agli altri cittadini nell’esercizio e nel godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.”), 33 (“Gli Stati partecipanti tuteleranno l’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa delle minoranze nazionali sul loro territorio e creeranno condizioni per la promozione di tale identità. Essi adotteranno le misure necessarie a tale scopo una volta effettuate le debite consultazioni, ivi compresi i contatti con organizzazioni o associazioni di tali minoranze, conformemente alla procedura decisionale di ciascuno Stato. Tali misure saranno conformi ai principi di eguaglianza e non discriminazione nei confronti degli altri cittadini dello Stato partecipante interessato.”), 34 (garanzia istruzione) e 35

(garanzia di partecipazione politica) si prevedono degli obblighi di azione in capo agli stati, insieme con la previsione di creare nuovi strumenti di collaborazione internazionale specifici (principi 38 e 39) ma al contempo si esclude la possibilità di intraprendere azioni che minaccino l’integrità territoriale dello stato (principio 37). Il principio 32 invece sottolinea come venga attribuita alle singole persone la

23 Documento disponibile al link: https://www.osce.org/it/odihr/elections/14304?download=true - visitato il 10.04.2019

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decisione circa l’appartenenza alla minoranza, impedendo allo stato di stabilirla arbitrariamente.24

2.2 Il passaggio da CSCE a OSCE - La Carta di Parigi per una Nuova

Europa e la protezione delle minoranze

Se fino al 1990 il lavoro della CSCE si è limitato a una serie di incontri e conferenze, che comunque hanno costruito ed esteso l’impegno degli Stati membri, garantendo un controllo periodico rispetto alla traduzione in atti concreti degli impegni presi, con la fine della Guerra Fredda, il Summit di Parigi del 1990 ha aperto per la CSCE un nuovo corso. Nella Carta di Parigi per una Nuova Europa, la CSCE è stata invitata a fare la sua parte per gestire lo storico cambio di passo che stava avendo luogo in Europa e così, per meglio rispondere alle nuove sfide del periodo successivo alla Guerra Fredda, si è ritenuto opportuno spingere per l’acquisizione di istituzioni permanenti, che fossero fornite di maggiori poteri operativi. Come parte di questo processo di istituzionalizzazione al termine del Summit dei Capi di Stato e di Governo di Budapest del 1994 il nome è stato cambiato da Conferenza a Organizzazione (non più CSCE ma OSCE).

La Carta di Parigi per una Nuova Europa25 del 1990 è importante anche per

quanto attiene alla protezione delle minoranze perché in essa si prevede la convocazione di una Conferenza di Esperti al fine di garantire una migliore salvaguardia delle minoranze nazionali. Tale Conferenza ha effettivamente avuto luogo a Ginevra nell’estate 1991, ma il documento26 riassuntivo delle misure

auspicabili per la salvaguardia delle minoranze, compilato al termine della stessa, di fatto poco si discosta da quanto già affermato nei precedenti documenti. Infatti dopo aver ribadito l’importanza della diversità, da vedere come una ricchezza e non come un problema, dopo aver ripetuto che di conseguenza le minoranze in quanto parte integrante degli stati in cui vivono sono una fonte di “arricchimento” per gli stessi, conferma che le previsioni a riguardo nella Carta di Parigi per una Nuova

24 Documento disponibile al link: https://www.osce.org/it/odihr/elections/14304?download=true - visitato il 10.04.2019

25 Carta di Parigi per una Nuova Europa testo in italiano del documento disponibile al link: https://www.osce.org/it/mc/39519?download=true - visitato il 10.04.2019

26 Il testo in inglese degli atti della Conferenza di Ginevra dell’estate 1991 è disponibile al link https://www.osce.org/hcnm/14588?download=true - visitato il 10.04.2019

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Europa, che riprendono quanto detto nel documento finale della Conferenza di Copenhagen, sono la base da cui partire per garantire una giusta tutela ai membri delle minoranze nazionali. Il documento inoltre è eminentemente programmatico, vengono fatte diverse dichiarazioni di principio, si ribadiscono le misure proposte in altri documenti come efficaci nel garantire la protezione dei diritti delle minoranze, ma non si prevedono nuove figure o nuovi strumenti che permettano ad esempio ai membri delle minoranze nazionali di agire contro uno stato che non le rispetti.

2.3 L’Alto Commissario sulle minoranze nazionali

Passi avanti in questo senso vengono fatti nel 1992, quando con il capo II della Dichiarazione di Helsinki27 viene istituito l’Alto Commissario sulle minoranze

nazionali28 nominato dal Consiglio e dal Comitato degli Alti Funzionari dell’OSCE.

Tale figura ha il compito di prevenire le situazioni di tensioni conseguenti al mancato rispetto dei diritti dei membri delle minoranze nazionali. L’Alto Commissario agisce in via confidenziale e in modo indipendente dalle parti coinvolte. Un limite all’azione dell’Alto Commissario è dato dal divieto di raccogliere informazioni da “qualsiasi persona od organizzazione che pratichi o giustifichi pubblicamente il terrorismo o la violenza” e di prendere “in considerazione le questioni relative alle minoranze nazionali in situazioni che comportino azioni organizzate di terrorismo”. Si intuiscono le motivazioni alla base di tale scelta, ma allo stesso tempo, in assenza di una definizione precisa e condivisa di “terrorismo” e “incitazione alla violenza”, le fonti potenzialmente escluse si ampliano enormemente.

L’AC si occupa essenzialmente della raccolta di informazioni attraverso visite e audizioni di informatori, esperti e rappresentanti ufficiali dello stato coinvolto, dell’identificazione di situazioni di tensione potenziale o in atto, con l’eventuale esercizio di azioni tempestive, attuabili solo in seguito ad autorizzazione da parte del Comitato Alti Funzionari e della redazione di rapporti sulle questioni che si pongono più di frequente indirizzate allo Stato di riferimento. Nello svolgimento delle proprie funzioni l’AC può contare sul supporto dell’Ufficio per le Istituzioni

27 Il testo del Documento di Helsinki del 1992 è disponibile in italiano al link: https://www.osce.org/it/mc/39533?download=true - visitato il 10.04.2019

28 Al momento attuale l’Alto Commissario sulle minoranze nazionali è l’italiano Lamberto Zannier, breve biografia dello stesso è disponibile al link: https://www.osce.org/node/107881 - visitato l’11.04.2019

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Democratiche e i Diritti dell’Uomo (ODHIR) con sede a Varsavia. Si sottolinea come i documenti stilati dall’AC non siano vincolanti, configurandosi come semplici strumenti di soft law, ma nei fatti si sono dimostrati sorprendentemente efficaci, tanto che spesso vengono citati nell’adozione di normative rilevanti dai vari stati membri dell’OSCE. Va ricordato il fatto che, in quanto “strumento di prevenzione dei conflitti” nell’ambito della dimensione politico-militare dell’OSCE, l’Alto Commissario non va considerato alla stregua di “ombudsperson”29 per le minoranze o come

investigatore per le violazioni individuali dei diritti umani. Tale limitazione intrinseca alla figura dell’Alto Commissario non va giudicata troppo severamente poiché sarebbe stato probabilmente impossibile altrimenti convincere gli stati ad accettare una figura esterna che limitasse in qualche modo la loro sovranità, ergendosi a giudice di controversie in situazioni di violazione dei diritti delle minoranze.

Documenti frutto dell’azione dell’AC sono tra gli altri:

- la Raccomandazione di Hague su diritto all’educazione delle minoranze nazionali, dell’ottobre 1996;30

- la Dichiarazione di Oslo sui diritti linguistici delle minoranze nazionali, del febbraio 1998;31

- la Raccomandazioni di Lund sull’ Effettiva partecipazione delle minoranze nazionali alla vita pubblica, del settembre 1999;32

- Le Raccomandazioni di Bolzano/Bozen sulle minoranze nazionali nei rapporti Inter-Statali, del giugno 2008;33

- le Linee guida di Ljubljana sull’integrazione nelle società eterogenee, del novembre 2012;34

- le Raccomandazioni di Graz sulla garanzia alle minoranze per l’accesso al giusto processo, del novembre 2017;35

29 Corrispondente grossomodo in italiano al difensore civico

30 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/32180?download=true - visitato il 10.04.2019 31 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/oslo-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019

32 Disponibili al link: https://www.osce.org/it/hcnm/32249 - visitato il 10.04.2019

33 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/bolzano-bozen-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019

34 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/ljubljana-guidelines?download=true - visitato il 10.04.2019

35 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/graz-recommendations?download=true - visitato il 10.04.2019

(27)

- le Linee guida di Tallinn sulle minoranze nazionali e i media nell’era digitale, del febbraio 2019.36

Sempre a cura dell’OSCE e dell’AC per la tutela delle minoranze vengono redatti dei report tematici, comprendenti buone pratiche e consigli per gli stati che ne vogliano tenere conto, riguardanti diversi aspetti nella dialettica tra minoranza e maggioranza. Si riportano all’attenzione in particolare il Report on the Linguistic

Rights of Persons Belonging to National Minorities in the OSCE Area del 199937 e il

Minority-Language Related Broadcasting and Legislation in the OSCE: Survey of State Practice scritto una prima volta nel 1999 e revisionato nel 2003.38

3. Consiglio d’Europa

39

3.1 Struttura e funzionamento del Consiglio d’Europa e Convenzione

Europea per i Diritti Umani

Il Consiglio d’Europa40 (da non confondere con il Consiglio dell’Unione Europea

o Consiglio Europeo, che sono istituzioni dell’Unione Europea) è un’organizzazione internazionale complessa, fondata nel 1949, con lo scopo di promuovere il rispetto dei diritti umani in Europa. Il Consiglio d’Europa (CdE) è composto da:

36 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/tallinn-guidelines - visitato il 12.04.2019 37 Disponibili al link: https://www.osce.org/hcnm/42060?download=true - visitato il 10.04.2019 38 Commissionato a McGonagle T., Davis Nol B. e Price M. disponibile in versione integrale al link: https://www.osce.org/hcnm/78058?download=true - visitato il 10.04.2019

39 Documenti del Consiglio d’Europa consultati per la stesura di questo capitolo: Statuto del Consiglio

d’Europa, disponibile in italiano al link:

https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/rms/0900001680935bd2 - visitato il 10.04.2019; Convenzione Europea dei Diritti

dell’Uomo, il testo in italiano è disponibile al link: https://www.echr.coe.int/Documents/

Convention_ITA.pdf - visitato il 10.04.2019; Carta Europea per le lingue regionali o di minoranza, disponibile in inglese al link: https://www.coe.int/en/web/european-charter-regional-or-minority-languages/text-of-the-charter - visitato il 10.04.2019 - e in italiano (traduzione a cura della Cancelleria Svizzera) al link: https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/rms/ 090000168007c095 - visitato il 10.04.2019; Convenzione Quadro per la tutela dei diritti delle

minoranze nazionali, il testo integrale del trattato in inglese è disponibile al link:

https://rm.coe.int/CoERMPublicCommonSearchServices/DisplayDCTMContent?documentId=0900 0016800c10cf e in italiano al link: https://rm.coe.int/168007cdd0 - entrambi visitati il 10.04.2019;

Conclusioni e considerazioni finali, a cura di Philippe Boillat rispetto alla Conferenza sulle minoranze e lingue minoritarie in un’Europa in evoluzione del Consiglio d’Europa a Strasburgo, svoltasi a giugno

2018, il testo è disponibile al link: https://rm.coe.int/20th-anniversary-conclusions-by-philppe-boillat-19-june-2018-en/16808bbfc4 - visitato il 10.04.2019

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