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La Carta delle lingue regionali e minoritarie

3. Consiglio d’Europa

3.2 La Carta delle lingue regionali e minoritarie

Con l’obiettivo di predisporre per la protezione delle minoranze strumenti specifici e vincolanti, il CdE ha approvato nel 1992 una Carta delle lingue regionali e minoritarie,47 la quale ha lo scopo di accordare misure di tutela positiva per le

minoranze linguistiche. I presupposti e gli antecedenti normativi di questo documento sono sia l’art. 14 CEDU sia l’art. 3 della Dichiarazione dei Diritti e delle Libertà Fondamentali, adottata dall’Assemblea Parlamentare con risoluzione del 12 aprile 1989. Essa è entrata in vigore nel marzo del 1998, e, anche in questo caso, degli stati in cui sono presenti le minoranze prese in considerazione nella seconda parte di questa tesi solo l’Ucraina l’ha ratificata, nonostante la Carta lasci molta

46 Cfr. Protocollo 12 CEDU - disponibile al link: https://www.echr.coe.int/Documents/ Convention_ITA.pdf visitato il 10.04.2019

47 Il testo ufficiale della Carta è disponibile in inglese al link: https://www.coe.int/en/web/european- charter-regional-or-minority-languages/text-of-the-charter - visitato il 10.04.2019 - e in italiano (traduzione a cura della Cancelleria Svizzera) al link: https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/- /conventions/rms/090000168007c095 - visitato il 10.04.2019

libertà nella scelta dell’applicazione di misure a salvaguardia delle lingue regionali o minoritarie. Infatti, come stabilito nell’art. 2 della stessa, ogni Stato che la ratifichi si impegna solo ad applicare un minimo di 35 disposizioni tra quelle indicate nella parte seconda e terza della Carta. Inoltre vengono esplicitamente escluse dalla tutela “i dialetti della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato e le lingue dei migranti”, senza approfondire, ma se non altro affacciando due questioni fondamentali: la questione dei dialetti - non essendoci accordo neppure tra i linguisti su cosa distingua un “semplice” dialetto da una vera e propria lingua - e la questione dei migranti come minoranze linguistiche, ovvero come lo Stato si debba approcciare con gruppi, anche numericamente rilevanti, di persone di lingua diversa da quella ufficiale che si spostano o si sono spostate, per motivi economici o umanitari, ma che non hanno un legame storico-tradizionale con il territorio in cui risiedono. La soluzione è quella di impegnare gli Stati ad andare incontro esclusivamente alle minoranze che parlino vere e proprie lingue e che abbiano un legame forte con il luogo che abitano, tralasciando gli altri casi. Nonostante queste limitazioni che avrebbero dovuto renderne più accettabile il testo, numerosi Stati si sono fermati alla firma della Carta, senza poi ratificarla.

Già nel preambolo della Carta viene fatto riferimento al fatto che “il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica [costituisca] un diritto imprescrittibile”. Subito di seguito, all’articolo 1 si provvede a dare una definizione di “lingua regionale e-o minoritaria” come lingue “usate tradizionalmente sul territorio

di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato e diverse dalla(e) lingua(e) ufficiale(i) di detto Stato”.

Tra le misure a favore dell’uso delle lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica che gli stati possono decidere di adottare si segnalano:

- all’articolo 8 l’impegno a garantire l’educazione prescolastica nelle lingue regionali o minoritarie in questione;

- all’articolo 9 l’impegno a prevedere che nelle circoscrizioni in cui risiede un numero di persone che usa le lingue regionali o minoritarie tale da giustificarlo le autorità giudiziarie, su domanda di una delle parti, svolgano la procedura (che sia civile, penale o amministrativa) nelle lingue regionali o minoritarie;

- all’articolo 10, per quanto concerne le autorità locali e regionali sui cui territori risiede un numero di parlanti delle lingue regionali o minoritarie tale da giustificarlo, l’impegno a permettere e promuovere l’uso delle lingue regionali o minoritarie nell’ambito dell’amministrazione regionale o locale;

- all’articolo 11, nella misura in cui la radio e la televisione abbiano una missione di servizio pubblico, l’impegno a garantire l’istituzione di almeno una stazione radiofonica e di una rete televisiva nelle lingue regionali o minoritarie e l’impegno a garantire la libertà di ricezione da Stati vicini delle emissioni radiofoniche e televisive in lingua identica o simile alla lingua regionale o minoritaria e a non ostacolarne la ridiffusione;

- all’articolo 12, in materia di infrastrutture culturali,48 l’impegno a promuovere

le iniziative e attività espressione delle lingue regionali o minoritarie e a sviluppare le attività di traduzione, di duplicazione, di postsincronizzazione e di sottotitolazione per favorire l’accesso sia alle opere prodotte nelle lingue regionali alle persone non parlanti la lingua minoritaria che alle opere prodotte in altre lingue alle persone parlanti la lingua minoritaria;

- all’articolo 13, l’impegno a escludere dalla legislazione qualsiasi disposizione che proibisca o limiti senza ragioni giustificabili il ricorso a lingue regionali o minoritarie nei documenti relativi alla vita economica e sociale e in particolare nei contratti di lavoro e nei documenti tecnici quali le istruzioni d’uso di prodotti o di attrezzature;

- all’articolo 14, l’impegno ad applicare gli accordi bilaterali e multilaterali esistenti (e a crearne di nuovi) che vincolino gli Stati in cui è usata la medesima lingua minoritaria o regionale a promuovere la cooperazione transfrontaliera, in modo da favorire i contatti tra i parlanti la stessa lingua. Per garantire l’applicazione degli impegni presi sono previsti dei rapporti periodici a cadenza triennale, che vengono presentati al Segretario Generale del CdE ed esaminati da un comitato di esperti, composto da un membro per ogni Stato Parte della Carta. Ѐ interessante rilevare come, nonostante la mancata ratifica della carta, molte delle misure raccomandate vengano già applicate sia in Italia a protezione dei ladini, che in Moldova per i gagauzi che in Crimea a favore dei tatari di Crimea.

48 Con i termini “infrastrutture culturali” si intendono biblioteche, videoteche, centri culturali, musei, archivi, accademie, teatri e cinema, come pure lavori letterari e produzioni cinematografiche, espressioni culturali popolari, festival e industrie culturali, compreso l’utilizzo di nuove tecnologie

3.3 Convenzione Quadro per la Tutela dei diritti delle minoranze