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Nella Costituzione Italiana Legislazione nazionale

4. Altri strument

1.2 Nella Costituzione Italiana Legislazione nazionale

Coerentemente con quanto avviene in diritto internazionale, anche nella normativa italiana non viene data una definizione univoca del termine “minoranza”. Per chiarire quanto meno il significato di “minoranza linguistica”, cui si fa riferimento all’articolo 6 della Costituzione, è intervenuta la sentenza della Corte cost. n. 170 del 2010,67 nella quale si stabilisce che con la nozione di “minoranze linguistiche” si

intendono “le comunità necessariamente ristrette e differenziate, nelle quali

possono spontaneamente raccogliersi persone che, in quanto parlanti tra loro una stessa “lingua”, diversa da quella comune, custodiscono ed esprimono specifici e particolari modi di sentire e di vivere o di convivere”, la Corte specifica ulteriormente,

indicando che con l’espressione “minoranza linguistica”, ci si mantiene sul piano di fenomeni sociali affidati all’andamento delle dinamiche segnate dal comportamento degli individui, diversamente da quando invece si parla di “Stato” (sottintendendo nazionale) che va riferito in modo precipuo “alla dimensione dell’organizzazione

politica o amministrativa di una comunità “generale” o al sistema delle sue articolazioni istituzionali”. Si conferma dunque l’impostazione individualistica,

secondo la quale i diritti non vengono riconosciuti alle minoranze in quanto gruppo, ma ai singoli individui che ne fanno parte.

Nella Costituzione italiana68 il tema della protezione delle minoranze emerge in

diversi punti. Una prima forma di tutela si può individuare negli articoli 2 e 3 della Costituzione, nei quali si afferma l’uguaglianza tra tutti i cittadini e si vieta ogni forma di discriminazione. Questo tipo di previsioni possono considerarsi come forma di tutela “minima” necessaria ma non sufficiente, per consentire l’esistenza della democrazia e sono a garanzia dell’insieme degli esseri umani presenti nello stato. Si può considerare importante per la tutela dei diritti delle minoranze anche l’articolo

67 Sentenza n. 170 del 2010; nell’occasione la Corte, chiamata a esprimere un giudizio di costituzionalità su una legge della Regione Piemonte che estendeva alla lingua piemontese, non ricompresa nel tassativo novero delle lingue minoritarie di cui alla legge n. 482 del 1999, il trattamento di favore previsto per le lingue minoritarie storiche stanziate nel territorio regionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni, rigettando invece le questioni relative al ripristino di denominazioni storiche dei comuni in relazione alle quali si è ritenuto che esse si inquadrino nella più ampia tutela del patrimonio culturale e linguistico non preclusa dalla legge n. 482 il testo integrale della sentenza è disponibile al link: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2010&numero=170 - visitato il 10.04.2019

68 Il testo aggiornato della Costituzione Italiana è disponibile al sito: https://www.senato.it/1024 a cura del Senato della Repubblica - visitato il 10.04.2019

5 che - dopo aver affermato l’unità e l’indissolubilità dello Stato - prevede la possibilità di un decentramento amministrativo secondo le esigenze dell’autonomia e del decentramento. Come gli articoli 2 e 3, anche l’articolo 5 non è stato scritto pensando specificatamente alle minoranze, ma è piuttosto volto ad evitare - come specificato dall’On. Ruini69 - che il parlamento si perda nella scrittura di leggi troppo

lunghe e dettagliate, preferendo invece la forma di leggi quadro, o comunque stabilenti principi generali, che le amministrazioni locali possano recepire adattandole al meglio alla situazione. Nonostante la ratio sia più generale, è evidente come una previsione del genere sia comunque favorevole alle minoranze, se non altro a quelle concentrate in un territorio specifico, in quanto permette nell’attuazione delle leggi un adattamento coerente con la situazione locale.

Articolo fondamentale sulla questione è invece l’articolo 6 della Costituzione il quale attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare «con apposite norme le minoranze linguistiche». Dai lavori dell’Assemblea costituente emerge come nel progetto elaborato dalla Commissione dei settantacinque mancasse una disposizione espressamente dedicata alle minoranze; ciò sul presupposto che la tutela delle minoranze potesse trovare idonea e sufficiente garanzia negli articoli 2 e 3 sopra menzionati. L’attuale art. 6 è quindi il risultato di un emendamento aggiuntivo e la norma, nelle intenzioni del proponente, avrebbe dovuto essere collocata nel titolo relativo all’ordinamento regionale al posto di quelle che prevedono l’istituzione di alcune regioni a statuto speciale. Venne deciso di recepire il testo dell’emendamento includendo però la disposizione tra i principi fondamentali della Costituzione. Tale decisione venne presa per sottolineare il valore generale (e non solo regionale) del principio e la sua autonoma rilevanza sul piano interno come compito essenziale dello Stato e non come mera attuazione di eventuali vincoli internazionali. Inoltre venne preferita l’espressione “minoranze linguistiche”, senza alcun riferimento all’etnia, per limitare la tutela minoritaria all’aspetto linguistico- culturale, escludendo quello politico-nazionale70 foriero di maggiori rischi per

l’integrità dello Stato. Del resto la Corte costituzionale molti anni dopo ha confermato che “la lingua propria di ciascun gruppo etnico rappresenta un connotato essenziale della nozione costituzionale di minoranza etnica, al punto da indurre il Costituente

69 Falzone V., Palermo F., Cosentino F., La Costituzione della Repubblica Italiana Illustrata con i

Lavori preparatori, op. cit., pag.28

a definire quest’ultima quale “minoranza linguistica”” più che etnica. Essa costituisce infatti un “elemento fondamentale di identità culturale” e il suo uso un “mezzo primario di trasmissione dei relativi valori e, quindi, di garanzia dell’esistenza e della continuità del patrimonio spirituale proprio di ciascuna minoranza etnica”.71

Il processo di attuazione del principio consacrato nell’art. 6 Cost. è stato tuttavia lento e controverso. Solo nel 1999, in seguito alla firma della Convenzione Quadro per la tutela dei diritti delle minoranze nazionali e alla firma (mai seguita da ratifica) della Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie è stata predisposta un’apposita legge quadro, la numero 482/9972 denominata “Norme in materia di

tutela delle minoranze linguistiche storiche” e del relativo regolamento approvato

con Decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001 n. 345, modificato e integrato con il DPR del 30 gennaio 2003, numero 60.73 Tale legge - dopo aver

definito la lingua italiana come lingua ufficiale - colloca la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, la promozione e valorizzazione delle lingue e culture tra gli obiettivi della Repubblica (articolo 1) e la impegna a tutelare la lingua e la cultura delle “popolazioni albanesi, catalane, germaniche,

greche, slovene, croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo” (articolo 2). Nei suoi vari articoli la legge

individua un “catalogo di diritti linguistici”, articolati prevalentemente secondo il criterio della territorialità, disciplinando determinati usi pubblici degli idiomi minoritari nelle rispettive aree di insediamento. Viene così garantito il diritto:

- all’uso della lingua minoritaria sia come materia di insegnamento che come materia curricolare nelle scuole materne, elementari e secondarie inferiori, senza escludere ulteriori iniziative per la valorizzazione e la ricerca anche a livello universitario (articoli da 4 a 6);

71 Sentenza n. 62 del 1992 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689, in combinato disposto con l’art. 122 del codice di procedura civile, nella parte in cui non si consente ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonché di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell’autorità giudiziaria e le risposte della controparte - testo integrale della sentenza è disponibile al link: http://www.giurcost.org/decisioni/1992/0062s-92.html - visitato il 10.04.2019

72 Testo integrale della legge è disponibile al link: http://www.camera.it/parlam/leggi/99482l.htm - visitato il 10.04.2019

73 Testo integrale del regolamento è disponibile al link: http://www.edizionieuropee.it/LAW/HTML/19/zn41_07_236.html - visitato il 10.04.2019

- all’impiego della madrelingua nelle adunanze degli organi amministrativi, fatto salvo il diritto di quanti non conoscono la lingua ammessa a tutela a una immediata traduzione in italiano (articolo 7);

- alla pubblicazione nell’idioma minoritario di atti ufficiali dello stato, delle regioni, degli enti locali territoriali e non territoriali, fermo restando l’esclusivo valore legale del testo redatto in lingua italiana (articolo 8);

- all’impiego della lingua minoritaria nei rapporti con l’amministrazione locale e davanti all’autorità giudiziaria (articolo 9), nonché nelle indicazioni topografiche (articolo 10).

Anche nel sistema dell’informazione lo Stato è tenuto ad assicurare la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza, per cui le regioni interessate possono rivolgere a queste particolare attenzione nell’ambito della programmazione radiofonica e televisiva (articolo 12). Volendo individuare un limite di questa legge, si può segnalare il fatto che essa si riferisce esclusivamente alle minoranze linguistiche storiche (ovvero insediate da lungo tempo in Repubblica italiana) che siano espressamente elencate al suo interno - così come confermato dalla Corte Costituzionale nella già citata sentenza 170 del 2010 - e che la tutela di queste è strettamente legata al territorio in cui sono insediate. Quest’ultimo punto viene chiarito con la sentenza numero 159 del 200974 che prevede che la lingua italiana

svolga non solo “una funzione formale, ma funga da criterio interpretativo generale delle diverse disposizioni che prevedono l’uso delle lingue minoritarie” e che ha dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni della legge della Regione Friuli- Venezia Giulia 18 dicembre 2007, numero 29, recante “Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana”, ed in particolare fra gli altri dell’articolo che riconosceva in modo espresso “il diritto di usare la lingua friulana [...] a prescindere dal territorio in cui i relativi uffici sono insediati”, in quanto in contrasto con il principio territoriale previsto dalla legge numero 482 del 1999. Nonostante i limiti appena indicati, è grazie a questa legge il ladino viene finalmente riconosciuto come lingua minoritaria, potendo così essere tutelato adeguatamente anche nei territori bellunesi.

74 Testo integrale disponibile al link: http://www.giurcost.org/decisioni/2009/0159s-09.html - visitato il 10.04.2019

Tornando al testo costituzionale, per la tutela delle minoranze in generale e dei ladini in particolare è altresì importante l’articolo 83, nel quale si prevede la presenza di “tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze” al momento dell’elezione del Presidente della Repubblica. Come risulta dai lavori preparatori, è grazie all'onorevole Fuschini che venne affermata la necessità di eleggere i delegati regionali in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze di ogni Consiglio regionale. Bisogna oltre a ciò notare che con le parole «eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze» si detta una norma precisa e inderogabile.75

Come norme costituzionali favorevoli alla tutela dei diritti delle minoranze e quindi dei ladini vanno inoltre segnalate, al titolo 5 - riguardante l’organizzazione delle regioni, province e comuni - l’articolo 116 riguardante le regioni a statuto speciale, l’articolo 117 nel quale con l’attribuzione delle competenze vengono riconosciuti poteri statutari speciali alle province autonome di Trento e di Bolzano e gli articoli 132 e 133 per la possibilità accennata al termine della sezione precedente di cambiare la propria regione e provincia di appartenenza a seguito di referendum popolare.