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Cecilia Frego: Intervista a Cecilia Mazzel

Cecilia Mazzel: Buongiorno, sono Cecilia Mazzel, sono nata a Canazei in val di

Fassa, da trent'anni sono a Bolzano e lavoro presso la Rai radiotelevisione italiana - la radio e la tv ladina.

Cec: Grazie! Quindi sei ladina?

CM: Io sono ladina, il ladino fa parte della mia vita, ha sempre fatto parte della mia

vita. A casa mia si parla [da sempre] ladino, si parlava e si parla tutt’ora ladino. É una lingua che mi hanno trasmesso i miei genitori e allora era normale parlare ladino in famiglia, perché questa era la lingua di casa, la lingua del paese, la lingua della valle.

Cec: E quindi in casa entrambi parlavano ladino? Entrambi i genitori erano ladini? CM: Entrambi i genitori erano ladini, entrambi i genitori più o meno dello stesso

paese.

Cec: Ok! E adesso invece a Bolzano?

CM: Adesso a Bolzano io sto lavorando presso la Rai, come ho appena detto, e ho

sposato un uomo di lingua italiana, ho avuto due figli, e, lavorando nella Rai Ladina, quando ho avuto i bambini ho detto: “Essendo a Bolzano come parlo a questi ragazzi?” e quindi ho detto, devo parlare la lingua che è più mia, la lingua del cuore. La mia lingua del cuore è il ladino, di conseguenza io con i ragazzi parlavo ladino. è una cosa un po’ strana qua a Bolzano, perché sei in un contesto un po’ diverso, ti incontri con le mamme, neo-mamme che ti parlano in italiano, almeno io non son proprio così esperta di tedesco, però per me era la lingua del cuore, la lingua che mi sembrava più spontanea, e coi bambini ho parlato sempre ladino.

Cec: E il marito lo capiva?

CM: Il marito lo capiva, perché essendo della Val di Fassa, poi frequentando la mia

famiglia, frequentando [la gente di] su, lui lo capiva. Non lo parlava, però capiva di che cosa si trattava, di che cosa parlavamo… non riusciva a intervenire, però.

Cec: La lingua prima per te è il ladino? Cioè, se devi scegliere in che lingua

CM: Diciamo che all’inizio era il ladino per via della famiglia, però le scuole io le ho

fatte in italiano, con qualche ora di tedesco - essendo la Val di Fassa in Trentino, non è la scuola della Provincia di Bolzano - e quindi allora per me il ladino era una cosa di famiglia, una lingua che parlavo con gli amici. Da quando sono a Bolzano, che lavoro per la TV è diventata una responsabilità. È diventata una cosa un po’ più importante il ladino. In generale viene curato un po’ di più e apprezzato di più per la sua armonia, per tutte le sue sfaccettature, e quindi è cambiato un po’ anche il mio rapporto con la lingua. Se non fossi entrata in questo lavoro probabilmente sarebbe diverso il mio rapporto con la lingua. Però essendo io, diciamo, operatrice nei media, è importante anche il mio apporto a questa lingua ladina come… come lingua, sì, è molto cambiato il mio rapporto con la lingua ladina da quando lavoro qui rispetto a prima. E ho scoperto che l’approccio alla lingua ladina cambia molto da persona a persona, lo riscontro spesso nel mio lavoro. Parlando con le persone, intervistando le persone: c’è gente che proprio del ladino non ne vuole sapere, gente che invece ha un amore sfrenato per il ladino, gente che lavora con il ladino… e quindi i rapporti possono essere molto diversi. Il mio, come ripeto, è cambiato tantissimo da quando lavoro qua: da lingua così, diciamo, di comunicazione famigliare quasi, è diventato una lingua di lavoro. Di conseguenza anche in famiglia per me diventava normale parlare con i ragazzi in ladino.

Cec: Non era più una scelta così strana?

CM: No, anche perché qua sei in un contesto in cui c’è l’italiano e il tedesco, quindi

tu parli ladino, quindi sti bambini dicono: “ma cos’è?!”, però è comunque sempre un codice tra mamma e figlio.

Cec: È una lingua propria. CM: Sì!

Cec: E l’italiano invece?

CM: Beh, l’italiano ha sempre fatto parte della mia realtà, sempre, perché le scuole

le ho fatte in italiano… e poi tante amicizie sono state fatte in italiano. Io ho fatto asilo, elementari, medie, liceo… tutto in italiano, [la scuola] c’era solo in italiano. Come dire, in val di Fassa è un po’ diversa la situazione, quindi per me fino alla maturità l’italiano “comandava” e il ladino era la lingua delle amicizie e della famiglia. E poi è cambiato appunto nel momento in cui ho iniziato a lavorare.

CM: Allora, il ladino scritto... Essendo il mio lavoro radio-tv, lo scrivo [il ladino] perché

poi lo devo leggere. Però a scuola io non l’ho mai fatto il ladino e invece due-tre anni dopo [che io ho finito le scuole] già iniziavano le prime lezioni di ladino, che però all’inizio, in val di Fassa almeno, venivano fatte in italiano.

Cec: Ok, quindi come seconda lingua?

CM: Insegnavano il ladino in italiano, poi invece con l’andar degli anni hanno creato

dei libri, una didattica specifica… e quindi adesso l’ora di ladino la fanno in ladino. Per cui io scrivo come leggo, non con la grafia ufficiale del ladino, perché c’è una grammatica, c’è una grafia speciale, accenti di qua e di là…

Cec: Quindi hai un rapporto personale anche con la scrittura del ladino? Un ladino

diverso da quello ufficiale, che però è sempre un ladino?!

CM: Esatto!

Cec: E un sms o un “whatsapp”, ti capita mai di scriverli in ladino? O questi li scrivi

solo in italiano?

CM: Io li scrivo, dipende da a chi mando il messaggio. Chiaramente se mando un

messaggio a qualcuno che è ladino io sempre scrivo in ladino. Per me proprio non esiste, mi sembra strano scrivere a qualcuno in italiano - a qualcuno che conosco, con cui parlo in ladino di persona - mi sembra strano. Certo hai più difficoltà perché col T9, ogni tanto vengono fuori delle cose strane, però i miei messaggi sono spesso in ladino, con chi conosco appunto. Con mio figlio sempre in ladino, con mia figlia, mezzo e mezzo, con mia sorella sempre in ladino, cioè coi miei parenti, tutti in ladino. Però vedo che non tutti sanno risponderti in ladino!

Cec: Quindi capita che la risposta arrivi in italiano?

CM: Capita, sì. So però che nelle generazioni nuove, tra i giovani, o fan tutto in

ladino e lì proprio sono delle macchine da guerra solo col ladino, oppure in italiano. Dipende poi anche la percezione e come la vedono loro anche in famiglia, questo rapporto col ladino dipende tanto da quello. Però i messaggi, le mail… cioè dove si può sempre in ladino.

Cec: È interessante per me cercare di capirlo, in quanto italiana [dell’Alto Adige], è

un’altra prospettiva. Poi volevo chiedere: come giornalista ladina, spiega un po’ meglio il tuo lavoro, cioè cosa devi fare, quanto spazio hai nella televisione, in generale nella RAI, il rapporto con la parte italiana, in cosa consiste? Cos’è?

CM: Allora, io lavoro in Rai dall’88. Dall’88 sono partite le trasmissioni tv in lingua

state delle sperimentazioni, negli anni ‘70, e quindi nell’88 sono iniziate regolarmente le trasmissioni, poi c’è stata un’evoluzione: all’inizio c’erano due trasmissioni di dieci minuti in settimana: una di dieci minuti a settimana di attualità e altri dieci minuti un programma culturale. Poi c’è stata un’evoluzione nel ‘88, abbiamo fatto un salto di qualità e siamo arrivati a un telegiornale quotidiano: tutti i giorni alle 19.55. Erano solo 5 minuti, però la presenza quotidiana era fondamentale. L’orario era perfetto. Si va nelle valli a raccogliere interviste, assistere agli avvenimenti, a convegni, manifestazioni, si fanno delle inchieste, anche su argomenti specifici, tipo, non so, la vendita del terreno, la speculazione edilizia è sempre un argomento interessante… il turismo, quanto pesa il turismo, l’economia in generale, i lavori dell’artigianato, sono tutti argomenti che hanno a che fare...

Cec: Con la “ladinità”.

CM: E che vengono trattati in ladino e questa è la differenza. E l’obiettivo delle

trasmissioni, ora come allora era quello di dimostrare che in ladino puoi trattare qualsiasi argomento. Quindi anche i diritti della privacy di wikipedia. La legge che è uscita adesso sulla privacy dal Parlamento Europeo, l’abbiamo trattato in ladino.

Cec: È una dimostrazione che il ladino è una lingua vera e propria, e che è un

qualcosa completo in sé stesso.

CM: Sì, che col ladino puoi trattare, puoi parlare di qualsiasi argomento. Cec: Beh, è una bella sfida! Non è una cosa scontata.

CM: È una bella sfida perché devi sempre un po’ cercare le parole corrette, cercare

la parola giusta che traduca la parola italiana o tedesca e che si comprenda, che venga accettata dai nostri telespettatori. Volevo aggiungere che la radio è partita molto prima. Abbiamo anche trasmissioni radio ed è partita… saranno 60 anni che c’è la radio. Da quando c’è Sender Bozen qua a Bolzano, è partita la trasmissione in lingua tedesca e anche quella in lingua ladina. All’inizio sempre un po’ sporadiche, con le persone che venivano a fare volontariato, e poi invece è diventata più strutturata, con un organico fisso e tecnici fissi... La radio ha un potenziale molto grande, perché ti permette prima di tutto di arrivare dappertutto, ti permette di parlare di qualsiasi cosa senza l’ausilio delle immagini, quindi è molto più immediata e molto più vicina alla gente.

Cec: Soprattutto uno può ascoltare la radio mentre fa qualcos’altro, mentre

CM: Esatto. Di media ladini ce ne sono tanti. Ultimamente ne sono cresciuti

tantissimi. Abbiamo, a parte la Rai il servizio pubblico, una tv privata, TML, che va su TCA e che è nata 5 anni fa. E poi abbiamo radio private, Radio Gardèina in Val Gardena, Radio Studio Record in Val di Fassa e Radio Cortina. Loro non fanno esclusivamente trasmissioni in lingua ladina, fanno [trasmissioni] miste, hanno ogni tanto ladino, ogni tanto italiano, ogni tanto tedesco. E poi anche la stampa è molto attiva. Abbiamo la Usc de Ladins - “La voce dei ladini” - che è un settimanale, poi la pagina sul Dolomiten una volta a settimana e poi ci sono tante pubblicazioni: le riviste dei comuni vengono redatte in ladino, le informazioni parrocchiali anche vengono pubblicate in ladino, e poi i vari annuari, i vari almanacchi…

Cec: So che esistono anche pagine Facebook in ladino, che danno informazioni in

ladino. Quindi anche sui nuovi media, c’è una presenza anche lì?

CM: Sì, anche noi come Rai siamo sui media, su Facebook, con la nostra pagina in

ladino e quella è davvero una bella sfida perché devi scrivere correttamente, con la grafia giusta e la grammatica corretta, e c’è anche la Usc de ladins su Facebook, che oramai è un media che non puoi non prendere in considerazione, così come internet in generale. Ormai l’informazione viene presa tanto da internet e quindi non puoi mancare.

Cec: È venuta fuori più volte l’idea di una grammatica ladina che non è così

scontata, non è così banale. Un po’ perché appunto non veniva insegnata, un po’ perché so che esistono diverse varianti di ladino, a seconda del posto in cui ci si trova. Qual è il rapporto con la grammatica in questo senso, quanto si è sviluppata, quanto la senti tua? Quanto credi che sia possibile “imporre” o comunque prevedere un ladino unificato tra le diverse valli? O questa grammatica la senti come molto “artificiale”, imposta? Oppure dici, no, è necessaria? In che maniera va vista? In che maniera va considerata insomma?

CM: La grammatica va assolutamente fatta. Perché deve esserci comunque una

unità di scrittura, uguale per tutti. Si scrive così e non colà, non che uno scrive il “che” con la “k” e l’altro con il “ch”, [la grammatica] deve esserci assolutamente. Ci sono gli istituti ladini che lavorano su questo fronte da anni, quindi grammatiche ladine ce ne sono. Più in Val Badia e Val Gardena, loro hanno strutturato molto meglio [l’insegnamento], hanno più ore di insegnamento nelle scuole, hanno più possibilità, anche economica, di studiare queste cose. Un po’ meno in Val di Fassa, dove la grammatica [viene lasciata un po’ da parte]… comunque esiste una

grammatica e si cerca comunque di compensare le grammatiche del ladino di Val Gardena e Val Badia con quella della Val di Fassa, di trovare delle espressioni comuni, delle scritture comuni.

Cec: Quindi ci sono differenze ma si cerca di andare verso una “koinè”, come si

diceva rispetto al greco?

CM: Oddio, la “koinè”, il Ladin Dolomitan, era un obiettivo degli istituti ladini. Dico

“era” perché è un progetto che praticamente è stato messo in un cassetto, perché da qualche parte si dice che potrebbe rovinare il ladino delle vallate. [Dicono che] il Ladin Dolomitan è una lingua artificiale, che nessuno parlerà mai… È nata come idea in base agli studi che hanno fatto in Svizzera. In Svizzera, nel Canton Grigioni, hanno sette varianti di ladino e hanno creato questo “Rumantsch Grischun”, che è una lingua scritta unificata. Dietro c’è uno studio piuttosto articolato, hanno preso, per fare un esempio, una parola “Césa” - casa - nelle varie varianti, e quella che risultava maggiormente usata diventava in linguaggio Grischun, quella ufficiale. “Césa” o “Ciasa”, ufficiale diventava quello della maggioranza. Su questo modello qua hanno studiato un esempio del Ladin Dolomitan, la koiné del Ladin Dolomitan, che però a livello politico non è mai stato accettato. È un progetto che è lì, ma non si sa come proseguirà. Finché c’era in provincia di Bolzano Mussner era sicuramente un progetto da dimenticare. Perché anche qua, il Ladin Dolomitan comprendeva tutte le valli ladine, compreso Livinallongo, Cortina, Colle Santa Lucia, Val di Fassa, Val Gardena, Val Badia, sarebbero state le cinque varianti unite nel formare questa lingua. Viene usato ogni tanto sul giornale la Usc de Ladins, sul settimanale, vengono fatti degli articoli in Ladin Dolomitan. E ogni tanto anche le comunicazioni da parte del Comune di Bolzano, la Consulta ladina, vengono fatte in Ladin Dolomitan.

Cec: Quindi c’è, ma verso un lato più che ufficiale “ufficioso”?

CM: Questa lingua sarebbe dovuta nascere proprio come lingua ufficiale per le

comunicazioni. Perché attualmente anche dalla provincia di Bolzano escono comunicazioni in badiotto, o in gardenese. Quindi doppia spesa. Una lingua “tetto” poteva aiutare a diminuire i costi. Poi chi lo legge in realtà dice che non si capisce da dove parte. Nel senso il Ladin Dolomitan tu non capisci se era prima gardenese, o badiotto, è qualcosa che comunque tutti riescono a capire, però è un progetto che rimane lì così, un po’ nel limbo.

Cec: E le comunicazioni in Rai che fai tu? In che ladino sono? Fassano?

Gardenese? Badiotto?

CM: In Rai, ognuno usa il suo. Abbiamo pensato di usare il Dolomitan, adesso che

abbiamo internet, su Facebook, sulla pagina web, però diventa un po’ complicato. Dovresti avere più persone preposte esclusivamente a quello.

Cec: E si capisce? Nel senso: un badiotto che va con un fassano a chiacchierare al

bar. Ognuno parla il proprio ladino e vi capite? Salvo qualche parola, qualche momento oppure è completamente impossibile?

CM: Dipende un po’ dalle persone, perché c’è qualche persona che la prima volta

che la ascolti è complicato. Metti un gardenese: per un fassano è difficile capire. Poi dopo, quando sai che ci sono quel po’ di parole completamente diverse dalle tue, però vuole dire questa cosa qua diventa più semplice. All’inizio è difficile, anche per un badiotto che magari parla con un fassano: è difficile capire immediatamente, però poi ci si abitua. Bisogna avere un po’ di apertura mentale e accettare le differenze e le lingue degli altri… e impegnarsi a capire. Io mi ricordo all’inizio eravamo in tre in redazione. C’ero io, poi c’era Insam, che era di Selva (Gardena) e Frenes di La Valle in Val Badia. Poi c’era la segretaria che era di San Vigilio di Marebbe - che è un badiotto ancora più stretto, ancora diverso - quindi ero un po’ in difficoltà all’inizio. Però poi sei lì, fai questo lavoro, ti abitui e fai e ascolti e quindi impari. Adesso siamo in dieci, ognuno usa il proprio ladino, i gardenesi usano il proprio, i badiotti usano il proprio e anche noi usiamo il nostro, il fassano. Ognuno usa il proprio idioma.

Cec: Che forte! Mi piace moltissimo questa come soluzione, perché sono convinta

che si crei a forza di parlare - poi magari sbaglierò io - entrando in contatto con tante persone delle altre valli immagino che sarà capitato anche a te di dire “césa” invece di “ciasa” o magari qualche altro termine… e comunque quindi creare un Ladin Dolomitan, diverso magari da quello grammaticale “studiato”, ma che poi di fatto in qualche maniera “torna”.

CM: Si tenta sempre, specialmente quando chiamano al telefono, che chiamano

dalla Val Gardena o dalla Val Badia… per venirgli incontro tenti di metterci qualche parola loro, anche nelle interviste... ieri ne ho fatta una, perché c’è stato un incendio a Corvara, e ho intervistato proprio io il capo, il comandante dei vigili del fuoco di su per farmi spiegare cos’era successo… e io tentavo [di usare qualche termine in badiotto], con un po’ di goffaggine, perché non è facile, però proprio per venire

incontro alle persone, no? Bisogna, come dicono, avere un po’ di elasticità mentale, un po’ di apertura.

Cec: E la religione? Che gioco gioca? Cioè, so che dal punto di vista tradizionale è

un capitolo enorme dell’identità ladina, addirittura è stato uno dei legami più forti anche tra le valli pur divise in tre province diverse, che però fino al 1964 sono rimaste sotto la stessa diocesi. E quando poi hanno separato le valli bellunesi, diciamo, è stato un momento drammatico per la comunità ladina in qualche modo. E addirittura - se ho capito bene dalle fonti che ho letto - per un periodo, per insegnare ladino si sono sfruttate le ore di religione, per cui era l’educazione religiosa ad essere fatta in lingua ladina. Qual è il rapporto tuo con la religione - se sei disposta a parlarne - e quanto c’entra questo con la “ladinità”? E poi la “ladinità e la religione” in generale...

CM: Beh guarda, il popolo ladino è molto religioso. Ha una religiosità che è una

cosa… troppo! È veramente enorme [la religiosità ladina], basta pensare che, specialmente la Val Badia, sono molto legati alla religione: c’è un rito ladino, ci son le canzoni, c’è il Vangelo, c’è la Bibbia, c’è tutta la messa - la fanno in ladino, tutta: dalla prima parola all’ultima, tutta! Hanno il Vangelo, le letture, i canti… tutto, tutto in ladino. Pregano in ladino. L’Ave Maria in ladino - io l’ho sentita [per la prima volta] in Val Badia - è una cosa che ti prende. Veramente ti prende, perché dici: “cavoli, non pensavo che si potesse pregare la Madonna in ladino”. È stata una battaglia, perché i preti, il vescovo inizialmente non erano molto d’accordo, prima di concedere che venissero tradotte in ladino le preghiere, i canti e tutto il rito della messa ci è voluto l’intervento del Papa.

Cec: Quando è successo? Più o meno… o sotto che Papa almeno?

CM: Non ricordo esattamente, anni ‘70 più o meno comunque. E ha concesso il

Papa di far la traduzione in ladino della Bibbia, del Vangelo eccetera. Perché non conoscendo la lingua erano un po’ titubanti no? Temevano che non venisse trascritto, tradotto in maniera corretta il Vangelo e tutti i vari punti della messa, la Bibbia eccetera. E invece poi hanno visto che si può fare, tenendo sotto un controllo severo chi ha fatto [le traduzioni] e lì [in Val Badia] è molto molto sentito. Per il ladino la liturgia è un capitolo veramente importante, in Val Badia dico. Perché nelle altre