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Il diritto all'abitazione tra disciplina nazionale e ricerca di uno statuto integrato europeo.

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Il diritto all'abitazione tra disciplina nazionale e

ricerca di uno statuto integrato europeo

Il Candidato

Il Relatore

Giordano Del Chiaro

Chiar.ma Prof.ssa

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(3)

SOMMARIO

INTRODUZIONE

1 Il diritto all'abitazione: storia di un fallimento...1

2 Ontologia del diritto alla casa: l'anima ambivalente...4

3 Dal diritto all'abitazione al diritto sull'abitazione...5

CAPITOLO I

IL SISTEMA DELLE FONTI

1.1 Il “nuovo” diritto all'abitazione nell'ordinamento interno...9 1.2 Ricerca di un fondamento costituzionale...12 1.2.1 Sentenza 252 del 1983: la riconosciuta socialità del diritto alla

casa...12

1.2.2 Articolo 47, comma 2 Cost.: fondamento presunto...15 1.2.2.1 Pluralità degli statuti proprietari: “le proprietà favorite”

...17

1.2.2.2 Le proprietà personali...18 1.2.3 Articolo 3, comma 2 della Cost.: reale base costituzionale 21 1.3 L'attributo della “socialità”: copertura costituzionale dei diritti

“condizionati”...24

1.4 L'inviolabilità del diritto all'abitazione...28 1.4.1 Genesi: la sentenza 404 del 1988...28 1.4.2 Compatibilità tra concetti: diritto inviolabile e diritto sociale

...31

(4)

bilanciamento con il principio dell'equilibrio finanziario ...32

1.4.2.2 Attuazione graduata e bilanciamento “ineguale”...35 1.4.3 Diritto all'abitazione quale diritto inviolabile “speciale”...38 1.4.3.1 Bilanciamento dei diritti inviolabili: da diritto ad istituto

giuridico...40

1.4.4 Verso un livello essenziale delle prestazioni: il minimo

abitativo vitale...43

1.5 Il diritto all'abitazione nell'ordinamento internazionale ed

europeo...46

1.5.1 L'importanza di un'indagine multilivello...46 1.5.2 La giurisprudenza della Corte europea dei diritto dell'uomo47

1.5.2.1 La rilevanza dell'interesse abitativo: il diritto al

rispetto della vita privata e familiare (art. 8 Cedu)...49

1.5.2.2 Articolo 1 Protocollo addizionale I ...51 1.5.2.3 Conflitto tra proprietà ed abitazione: le locazioni di

immobili ad uso abitativo...53

1.5.2.4 Corollario del divieto di discriminazione...57 1.5.2.5 Dagli “housing rights” al “right to housing”: assenza di

obblighi positivi in capo agli Stati...59

1.5.3 Il diritto all'abitazione nella Carta sociale europea...63

CAPITOLO II

LA PERDITA DELL'ABITAZIONE: STUDIO

EUROPEO SULLE “EVICTIONS”

2.1 Premessa...67 2.2 Il fenomeno della “Homelessness”...69 2.2.1 Tentativo definitorio...69

(5)

2.2.2 Collegamento tra evictions e homelessness...72

2.3 Progetto pilota: “Promoting protection of the right to housing -Homelessness prevention in the context of evictions”...74

2.3.1 Ostacolo preliminare: la limitatezza dei dati disponibili...77

2.3.2 Dati EU-SILC 2012...79

2.3.3 Conclusioni sulla comparazione dei dati...82

2.4 “Evictions” differenziate: studio sui fattori di rischio...83

2.4.1 Analogie e differenze nei fattori di rischio: diverse aree geografiche...85

2.5 Misure di prevenzione...88

2.5.1 La centralità dell'azione preventiva: rapporto tra costi e benefici...88

2.6 Primary prevention measures...90

2.6.1 Welfare-related state housing measures...91

2.6.1.1 Sostegno al reddito e sussidi abitativi...92

2.6.2 Mortgage market-related measures...93

2.6.3 Housing system-related measures...95

2.6.3.1 L'”Europa dei proprietari”: i dati Eurostat 2014...96

2.7 Centralità e finalità delle politiche di “Social Housing”...99

2.7.1 La questione definitoria...101

2.7.2 Possibili criteri di classificazione...103

2.7.2.1 Titolo di godimento e soggetti operatori... 103

2.7.2.2 Gruppi beneficiari e modalità di finanziamento...105

2.7.3 Il tentativo classificatorio...107

2.7.3.1 Conclusioni sulla classificazione...109

2.8 Il “Social Housing” in Italia: premessa...110

2.8.1 Dalla Legge Luttazzi alle “gestioni autonome”...111 2.8.2 Nascita dell'ERP e trasferimento delle funzioni alle Regioni

(6)

...113

2.8.3 L'ultimo decennio di politiche abitative...119

2.8.4 Il “Piano casa” del Governo Renzi...123

2.9 Secondary prevention measures...126

2.9.1 Misure antecedenti l'inadempimento...127

2.9.2 Misure anteriori l'inizio del processo di sfratto...131

2.9.2.1 Meccanismi di cancellazione del debito...134

2.9.3 Misure successive all'inizio del processo...136

2.9.4 Misure successive alla decisione del giudice...139

2.10 Tertiary prevention measures...143

CAPITOLO III

IL DIRITTO ALL'ABITAZIONE NELLO SCHEMA

LOCATIVO

3.1 Il ruolo del diritto privato nella questione abitativa...146

3.2 Il ricorso al contratto di locazione...149

3.2.1 Locazioni abitative: quarant'anni di disciplina speciale ...151

3.3 Metodo d'indagine...156

3.4 Determinazione del corrispettivo: il canone locativo...157

3.4.1 La disciplina dei patti contrari alla legge...163

3.4.1.1 Le nullità di protezione...165

3.4.2 Aggiornamento e anticipazione del canone...169

3.4.3 Una questione ancora aperta: la mancata registrazione del patto dissimulato...171

3.5 La stabilità del rapporto locativo...177 3.5.1 Durata del rapporto, rinnovazione e recesso del locatore. .179

(7)

3.6 Garanzia della qualità dell'immobile...180

3.7 Spunti per un'analisi comparativa delle locazioni abitative...183

3.7.1 L'esperienza francese e tedesca nella determinazione del canone e tutela della stabilità...184

3.8 Ipotesi di riforma...188

3.8.1 Nella determinazione del canone...188

3.8.2 ...e nel ripensamento della fattispecie contrattuale...192

CONCLUSIONI

1 Conferma di un fallimento annunciato?...195

2 Dall'immobilismo giuridico alla ricerca di uno statuto integrato ...197

3 Dalle “evictions” alle locazioni ad uso abitativo: ricerca di un mix sociale nei titoli di godimento...201

(8)

INTRODUZIONE

1 Il diritto all'abitazione: storia di un fallimento

Coacervo a-sistemico di interventi isolati e teleologicamente dissonanti.

Non vi è espressione più eloquente per fotografare la frammentarietà e la a-metodicità della normazione con cui si è cercato di colorare di concreta effettività giuridica quello che, a più livelli, è stato insignito della qualifica di “fondamentale diritto umano”1.

Il diritto all'abitazione vanta, da decenni, una nutrita serie di solenni proclamazioni - più o meno dirette - in contesti sovranazionali e di pronunce delle Corti che lo hanno elevato al rango di diritto sociale e inviolabile dell'uomo.

I flebili e disomogenei interventi delle istituzioni nazionali hanno mostrato, però, tutta la loro inanità nel tradurre la mera retorica in una legislazione analitica capace di affrontare con univocità di intenti la piaga sociale dell'esigenza abitativa.

Le strategie perseguite, altresì, si sono spesso rivelate incapaci di dirimere i delicati nodi esegetici che emergono, nell'ambito dei rapporti tra privati, quando a venire in gioco è un bisogno irrinunciabile della persona umana: disporre in modo stabile di uno spazio in cui vivere e in cui proteggere le proprie relazioni.

Il quadro effettuale del diritto de quo deve poi essere calato nel contesto di una congiuntura economica globale, che, se da un lato ha

1 Per una ricognizione della dottrina dei diritti umani e per la ricomprensione nella categoria del diritto all'abitazione cfr. P. KENNA, Housing Rights in Europe after the

Treaty of Lisbon - minimum core obligations?, in Cyprus Human Rights Law Review,

(9)

messo a dura prova le finanze dei Paesi europei - e non solo - e ridotto le risorse destinate alla salvaguardia dei diritti sociali, dall'altro ha contributo al sovra-indebitamento delle famiglie, alla disoccupazione e al conseguente involontario coinvolgimento delle stesse in processi di

eviction, costringendo molti inquilini ad abbandonare la propria

abitazione.

Scarsa efficacia risolutiva ha sinora mostrato il pur propositivo atteggiamento delle istituzioni europee: il crescente interesse rispetto all'esigenza abitativa ha garantito sostegno economico ad attività di ricerca e raccolta dati sulla homelessness2 - con particolare riferimento ai fattori di rischio e alla possibile prevenzione - ed ha cercato di promuovere una governance del fenomeno capace di coordinare e indirizzare entro obiettivi chiari le strategie abitative intraprese dagli Stati membri3.

Dopo decenni di discussioni, quindi, il diritto all'abitazione continua a porsi all'attenzione degli interpreti come un << diritto sociale di

2 Il fenomeno sarà compiutamente esaminato nel cfr. § 2.2.

3 Tra le conclusioni formulate dalla Giuria indipendente nell'ambito della Conferenza di Consenso europea sui “senza dimora”, tenutasi nel 2010 a Bruxelles, si legge: << […] nell'ambito della nuova strategia Europea 2020, e in particolare della Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, si rende necessaria una strategia ambiziosa da parte dell'UE sul problema dei senza dimora, diretta ad elaborare alcune strategie nazionali/regionali degli Stati membri. […] Sia il quadro complessivo dell'UE, che le strategie nazionali/regionali, devono adottare un approccio integrato e riunire tutti gli ambiti più importanti, quali quello abitativo, degli affari sociali, della salute e dell'occupazione>>, EUROPEAN CONSENSUS

CONFERENCE OF HOMELESSNESS: Raccomandazioni politiche della Giuria, 2010,

Brussels, in www.feantsa.org, p.10.

A sottolineare la centralità della lotta alla homelessness nel quadro della Strategia Europea 2020 anche FEANTSA e altri, Pilot Project - Promoting protection of the

right to housing - Homelessness prevention in the context of evictions, VT/2013/056,

16 maggio 2016, in http://www.feantsa.org/en/report/2016/05/11/feantsa-position- pilot-project-promoting-protection-of-the-right-to-housing-homelessness-prevention-in-the-context-of-evictions, p. 30: << The Europe 2020 Strategy, through its European

Platform against Poverty and Social Exclusion flagship initiative and the accompanying communication, has identified homelessness as one of the most severe forms of poverty and deprivation, thus linking eviction-related homelessness with EU law and the obligations within Article 34(3) Eucfr >>.

(10)

grandi incertezze4 >>: si ripropone - da un punto di vista verticale - il tema classico della inattuazione dei diritti sociali, nonché - assumendo una prospettiva orizzontale - quello della mancanza di uno statuto generale del diritto alla abitazione capace di governare tutte le sue manifestazioni5.

La difficoltà di superare il profondo iato tra le dichiarazioni di principio e l'effettività della normazione attuativa discende, almeno in parte, dalla insuperabile complessità del diritto oggetto d'indagine: alla natura composita dello stesso si accompagna la necessità di un costante bilanciamento tra l'esigenza abitativa e gli interessi contrapposti; alla inevitabile influenza del momento storico spaziale segue la mutevolezza delle esigenze tutelate in base al contesto socio-economico in cui si inseriscono; dagli innumerevoli campi normativi in cui il diritto all'abitazione assume rilievo derivano strumenti di tutela differenziati.

In un così instabile quadro di riferimento, all'interprete si pone un preciso dovere, più morale che professionale: consegnare al legislatore il “filo di Arianna” che lo conduca su una strada senza deviazioni, che lo solleciti ad abbandonare il progressivo stratificarsi della congerie normativa, nonché ad individuare possibili nuclei unificanti, idonei ad assicurare certezza ed unità ad un fenomeno di per sé estremamente eterogeneo.

4 Secondo un espressione impiegata da F. MODUGNO, ne I “nuovi diritti” nella

giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 1995, p. 58.

5 Denuncia questa mancanza F. PADOVINI, Diritto all'abitazione fra beni e

persona, in La metafora delle fonti nel diritto privato europeo. Giornate di studio per Umberto Breccia, E. NAVARRETTA (a cura di), Giappichelli, Torino, 2015, pp.

(11)

2 Ontologia del diritto alla casa: l'anima ambivalente

Se le reiterate pronunce delle Corti sembrano dissipare ogni dubbio sulla qualifica del diritto all'abitazione alla stregua di diritto fondamentale e inviolabile6, da un lato, e diritto sociale, dall'altro,

imprescindibile considerare come lo stesso venga a porsi all'attenzione degli operatori giuridici nella propria ontologica ambivalenza.

Sospeso in modo apparentemente inconciliabile tra la dimensione dell'“essere” e quella dell'“avere”7, la duplice natura del diritto de quo

genera un primo ostacolo ad una ricostruzione unitaria della sua fisionomia.

<< L'abitazione, prima ancora che un diritto, una facoltà ovvero una potestà che si esercita o si può esercitare su di una cosa, è innanzitutto un bisogno. L'uomo, prima ancora che aver diritto di abitare ha bisogno di abitare8>>. Simile assunto contribuisce all'elevazione

dell'abitazione a bene primario, strumentale alle più elementari espressioni dell'esistenza umana e determina una connotazione in senso spiccatamente personale del diritto sociale volto a garantirla. Abitazione, quindi, quale bisogno esistenziale, che penetra nel nostro ordinamento attraverso le clausole dell'articolo 2 e 3 della

6 Non merita avallo, in questo senso, l'opinione negativa avanzata da parte della dottrina, secondo cui il diritto alla casa si qualificherebbe come diritto fondamentale, ma non inviolabile: essa fa capo ad una concezione per la quale i diritti inviolabili si identificherebbero con i diritti costituzionali assoluti e, quindi, non soggetti a bilanciamento, L. MENGONI, I principi generali del diritto e la scienza giuridica, in

I principi generali del diritto (Atti dei Convegni Lincei, Roma, 27-29 maggio 1991),

Roma, 1992, pp. 324 ss. Adotta questa impostazione anche S. SCAGLIARINI in

Diritti sociali nuovi e diritti sociali in fieri nella giurisprudenza costituzionale, su

www.gruppodipisa.it, p. 12.

7 Antesignana di quest'approccio è stata l'opinione espressa da U. BRECCIA, Il

diritto all'abitazione, Giuffrè, Milano, 1980, pp. 3-12.

8 Cfr. A.SIMONCINI, L'abitazione come diritto fondamentale, in L'esigenza

abitativa. Forme di fruizione e tutele giurisdizionali. Atti del Convegno in onore di Gianni Galli, Firenze 19-20 ottobre 2012, A. BUCELLI (a cura di), (nei Quaderni della Rivista di diritto civile), CEDAM, Padova, p. 10.

(12)

Costituzione, per assurgere a mezzo atto a realizzare i tratti distintivi della persona e a salvaguardare il valore supremo della dignità umana. L'intima natura dell'oggetto, il suo configurarsi come esigenza irrinunciabile di ogni essere umano, riconduce il diritto alla casa nella stigmatizzata categoria dei diritti della personalità9.

D'altro canto, però, il soddisfacimento del bisogno abitativo non può prescindere dal godimento di un bene materiale con valore patrimoniale, dall'avere la disponibilità di un immobile che assicuri uno costante assolvimento del bisogno esistenziale.

L'essenza del diritto viene così a vestirsi di un quid pluris - veicolo condizionante la realizzazione del bisogno tutelato -, che ne comporta la ricomprensione all'interno dei diritti di natura patrimoniale.

Ecco svelata la duplice veste del diritto all'abitazione: da un lato diritto personale tipica categoria dell' “essere” , dall'altro diritto reale -classica categoria dell'“avere”10.

3 Dal diritto all'abitazione al diritto sull'abitazione

L'interdipendenza tra le due dimensioni personale e patrimoniale -riconduce il diritto all'abitazione in un ossimoro altrimenti scomponibile e pone a legislatore ed interprete la necessità di offrire soluzioni normative capaci di riflettere uno stabile equilibrio tra la “personalità” e la “realità” del diritto.

9 Per una completa disamina di siffatta species di diritti si rinvia a D. MESSINETTI,

Personalità (diritti della), in Enciclopedia del diritto, vol. XXXIII, 1983, pp.

355-406.

10 Ripercorre simile impostazione M.C. PAGLIETTI, Percorsi evolutivi del diritto

all'abitazione, in Riv. dir. priv., 2008, p. 72: << L'intima natura del diritto in esame

apparirebbe, dunque, così contraddittoria da far dubitare della possibilità che un istituto come la proprietà, emblematico dell'“avere”, possa essere considerato veicolo di realizzazione dei valori dell' “essere” >>.

(13)

Nucleo della questione è la conformazione dell'aspetto di natura patrimoniale, il titolo, dunque, che legittima l'accesso ad un immobile deputato a finalità abitative.

Fermo restando che la dimensione “personale” del diritto sarà pienamente integrata dall'avere l'individuo la disponibilità di un alloggio, idoneo al soddisfacimento delle necessità elementari di ogni essere umano - fra tutte l'integrità psico-fisica e la salvaguardia delle relazioni sociali -, resta da chiedersi quale sia lo schema giuridico massimamente funzionale - e quindi meritevole di incentivo - a consentire l'accesso generalizzato al bene “casa”.

Vedremo, nel corso della nostra indagine, che la risposta non può - e soprattutto non deve - essere univoca.

Secondo una tendenza spiccatamente italiana - ma che, salve rare eccezioni, ha trovato ampio seguito nel contesto europeo - il bilanciamento tra le dimensioni richiamate si è tradotto in una costante subordinazione del diritto all'abitazione al consolidato schema proprietario11, elevando così la diffusione della proprietà individuale

della casa ad istituto giuridico privilegiato per assicurare la disponibilità di uno spazio abitabile.

Seguendo simile prospettiva, il diritto all'abitazione si è trasformato

-mutatis mutandis - in un diritto sull'abitazione12, come se la proprietà

11 L'atteggiarsi di siffatta subordinazione è descritto - in dottrina - in una duplice direzione: teorica e politica. << Per un verso, la proprietà si presenta pur sempre come l'essenziale modello sul quale è stato costruito lo stesso “diritto fondamentale”; per altro verso, sembra che non si riesca a concepire una soddisfazione integrale delle istanze connesse all'atto umano dell'abitare se non per il tramite di un'universale estensione della possibilità di accesso alla proprietà privata individuale >>, U. BRECCIA, op. cit., p.4.

12 U. BRECCIA, op. cit., pp.1 ss.: << Il primo, per il fatto di riferirsi ad un “bene primario”, sembra esprimere sopratutto un'istanza da promuovere: un “dover essere” che reclama tutela da parte del legislatore ancora prima di essere valutato in sede applicativa da ogni operatore giuridico. La soddisfazione concreta di quel “dover essere” a sua volta presuppone il passaggio a una forma diretta di godimento del bene. L'una situazione si converte nell'altra; ma, com'è intuitivo, il nesso tra le due realtà non si dissolve: l'interazione resta strettissima e accompagna la vita del

(14)

dell'alloggio rappresentasse la panacea alle esigenze abitative dei singoli.

La prospettazione di siffatto “modello di abitare” - l'acquisto in proprietà appunto -, come soluzione più stabile e sicura per il godimento di un alloggio adeguato, non può che risultare fortemente condizionata dalla dimensione storico-spaziale in cui viene a collocarsi, risentendo - altresì - delle oscillazioni dettate dal contesto socio-economico. Il sistema abitativo italiano degli anni '70 - '80, infatti, si è caratterizzato per un'esplosione del mercato immobiliare, lo stesso che - a partire dal 2008 - ha generato una crisi profonda, da cui, nonostante timidi cenni di ripresa, ancora oggi stenta a sollevarsi. L'indagine sociale e l'attenta valutazione dei dati statistici a livello europeo sul fenomeno degli homelessness suggeriranno una complessiva ed efficace rivisitazione dei meccanismi di circolazione del bene “casa”: la strada da perseguire è quella di una scissione tra l'accesso alla proprietà dell'abitazione - espressamente favorita anche in Costituzione - e il mero godimento dell'alloggio, suscettibile di soddisfazione attraverso percorsi alternativi.

Qualunque ricerca di soluzioni compatibili con il sistema deve muovere dalla consapevolezza della intima compresenza delle diverse “anime” che compongono il diritto all'abitazione e che contribuiscono a connotarlo alla stregua di un Giano bifronte: consapevolezza, questa, che rende decisamente complessa una ricostruzione sistematica delle soluzioni atte a soddisfare le istanze abitative.

Da un lato, dunque, un bisogno primario che lo Stato deve cercare di garantire, dall'altro esercizio di un potere su una res che deve fare i conti con l'area più complessa del rapporto tra privati, in cui la primazia dell'interesse protetto non può sempre determinare la

(15)

prevalenza sugli interessi contrapposti.

In questa doppiezza del diritto all'abitazione, in questo intimo intricarsi di profili pubblicistici e privatistici, nonché nella costante ricerca di un equilibrio tra gli stessi, sta la genesi della complessità, ma anche la possibile soluzione della questione abitativa.

(16)

CAPITOLO I

Il sistema delle fonti

1.1 Il “nuovo” diritto all'abitazione nell'ordinamento

interno

Un punto fermo è ormai possibile tracciare nel dibattito relativo a configurabilità e rilevanza nell'ordinamento interno del diritto all'abitazione: si tratta di un diritto riconducibile, a tutti gli effetti, entro l'architettura di principi, regole e valori sanciti dalla nostra Carta fondamentale.

Il diritto all'abitazione è, in modo indefettibile, un diritto

costituzionalmente rilevante e il riconoscimento di simile rango non

può considerarsi pregiudicato dalla flebile attuazione che sinora lo stesso ha ricevuto.

Non meritano seguito, in questa prospettiva, le opinioni che riconducono la scarsa effettività del diritto in parola ad un “difetto di codificazione”, ad un lacuna operativa del nostro legislatore che avrebbe erroneamente mancato di suggellare il diritto alla casa nel tessuto letterale della Carta1.

1 In questo senso U.BRECCIA, Itinerari del diritto all'abitazione, in L'esigenza

abitativa. Forme di fruizione e tutele giurisdizionali. Atti del Convegno in onore di Gianni Galli, Firenze 19-20 ottobre 2012, A. BUCELLI (a cura di), nei Quaderni della Rivista di diritto civile, CEDAM, Padova, pp. 124 ss. Secondo l'A. << la

confutazione dogmatica dell'effettività giuridica del diritto all'abitazione ancora risente di uno scetticismo radicale nei confronti della forza giuridica degli enunciati costituzionali di principio >>. Sulla base di questo assunto, è necessario respingere sia l'opinione scettica e negazionista - quella, cioè, che disconosce la codificazione, implicita o esplicita, del diritto all'abitazione -, così come l'opinione attivistica e alternativistica - capace di fare della casa l'emblema di un diritto che rende legittima l'eversione dell'ordine costituito.

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L'omessa esplicitazione - tale non potendo considerarsi il riferimento all'abitazione nel dettato dell'articolo 47, 2 comma Cost.2 - genera

stupore ove si consideri l'appartenenza del diritto de quo alla categoria dei diritti sociali e la persistente - ma, per certi versi, anche rassicurante - presenza in seno alla Costituzione repubblicana di un catalogo di siffatti diritti talmente ampio e completo da non trovare riscontro nelle esperienze costituzionali coeve3.

Ad oggi deve comunque ritenersi pacifica la copertura costituzionale del diritto all'abitazione, per quanto il discusso silenzio della Carta fondamentale e il mutevole percorso logico seguito dalla Consulta nel corso degli anni ci consentano di annoverarlo tra i diritti sociali cosiddetti “nuovi”4.

In realtà, seppur dogmaticamente raffinata, la qualifica di “nuovo

diritto” presenta piena confacenza al nostro sistema costituzionale solo

se considerata da un punto di vista di emersione temporale: “nuovi” possono essere definiti - con una formula carica di valenza descrittiva, ma scevra da ricadute di ordine ontologico - i diritti non esplicitamente contemplati nel testo fondamentale perché venuti alla luce in un momento successivo.

La presenza di clausole generali espressive del principio personalista5

2 Cfr. § 1.3.1.

3 A tal proposito: << […] Tutti i diritti sociali riconosciuti nella legislazione o nella giurisprudenza hanno avuto fino ad ora una precisa base costituzionale, la quale consta quasi sempre di una esplicita norma ad hoc o, in casi eccezionali (diritto all'ambiente), di un complesso di disposizioni dalle quali si può agevolmente desumerne la garanzia >>, A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enc. Giur.

Treccani, XI, Roma, 1989, p. 13.

4 Espressione utilizzata da S. SCAGLIARINI in Diritti sociali nuovi e diritti sociali

in fieri nella giurisprudenza costituzionale, in www.gruppodipisa.it, pp. 1-6. L'Autore evidenzia come una caratteristica propria dei diritti costituzionali sia quella di trovarsi al centro di un continuo processo storico evolutivo, da cui è scaturita negli ultimi anni una vera e propria moltiplicazione dei diritti e una costante ridefinizione del loro catalogo - fenomeno, questo, che ha interessato in particolare i diritti sociali. Per l'inquadramento del diritto all'abitazione nell'ambito di quest'ultima categoria di diritti cfr. § 1.2 e 1.4.

(18)

- fra tutte l'uguaglianza sostanziale -, infatti, rendono il dettato della Costituzione costantemente in fieri, idoneo alla progressiva ricomprensione di esigenze e dimensioni prima sconosciute, ma pur sempre espressive di valori già sottesi al testo fondamentale6.

Volgendo lo sguardo alla dimensione propriamente valoriale, dunque, << nulla è...completamente “nuovo”, ma ogni evoluzione assume le forme della rielaborazione, dell'approfondimento “delle potenzialità espressive del dettato costituzionale” >>7.

Sovente le nuove situazioni garantite si possono ricondurre a diritti già implicitamente tutelati dalla Costituzione; in altri casi si pongono come strumentali al godimento dei diritti già codificati o emergono dal combinato disposto di regole diverse; od ancora le stesse traggono origine dalla individuazione di nuove dimensioni, originariamente non contemplate, di tradizionali diritti costituzionali8.

Figlio di un siffatto processo storico-evolutivo, atto alla progressiva emersione e tutela di esigenze nuove e diverse, il diritto all'abitazione deve essere collocato nell'alveo dei diritti sì non esplicitati, ma ugualmente ben ancorati alla trama di principi sanciti dalla Costituzione e dei valori dalla stessa richiamati.

Riassuntivamente, dunque, una prima disamina del diritto alla casa non può prescindere da due questioni interpretative che concentrano in

“pari dignità sociale” (art. 3, comma 1 Cost.), e sopratutto, con riferimento ai diritti sociali, al “pieno sviluppo della persona umana” (art. 3, comma 2 Cost.): << sono queste categorie concettuali che rendono dinamica la struttura e la funzione di garanzia e promozione della persona propria dei diritti fondamentali >>, cfr. S. SCAGLIARINI, op. cit., p. 3.

6 In questa direzione c'è chi parla della inesauribilità del processo di attuazione costituzionale, quale dimensione fisiologica derivante dalla frequente eventualità che una disposizione normativa non sia stata sviluppata in tutti i potenziali corollari. In particolare v. M. AINIS, I soggetti deboli nella giurisprudenza costituzionale, in

Studi in onore di Leopoldo Elia, Giuffrè, Milano, 1999, p. 22.

7 A. D’ALOIA, Introduzione. I diritti come immagini in movimento: tra norma e

cultura costituzionale, in ID. (a cura di), Diritti e Costituzione. Profili evolutivi e dimensioni inedite, Milano, 2003, XX.

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maniera preponderante l'attenzione dell'operatore del diritto, ponendosi in un' ottica prodromica ad ogni ulteriore dissertazione: da un lato, la necessaria ricomposizione - perlopiù attraverso la bocca del giudice delle leggi - dell'excursus intrapreso ai fini dell'individuazione del fondamento costituzionale del diritto alla casa; dall'altro, le intime implicanze ontologiche e relazionali che gli appellativi sociale e inviolabile determinano con riferimento al “nostro” diritto.

1.2 Ricerca di un fondamento costituzionale

1.2.1 Sentenza 252 del 1983: la riconosciuta

“socialità” del diritto alla casa

Pur non avendo esitato, sin dalle prime pronunce in materia, a qualificare l'abitazione alla stregua di un bene primario, che << per la sua fondamentale importanza nella vita dell'individuo [...] deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge >>, la Consulta ha mostrato, almeno inizialmente, un cauto scetticismo nell'attribuire forza sovraordinata al diritto alla casa9.

9 CORTECOST., 28 luglio 1983, n. 252, in Foro it., 1983, I, p. 2628. Nella sentenza

-pur richiamando le disposizioni dell’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dell’art. 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali del 1966, le quali auspicano l’accesso di tutti gli individui all’abitazione -i g-iud-ic-i della Corte escludono che l'ab-itaz-ione possa cons-iderars-i come << l'indispensabile presupposto dei diritti inviolabili previsti dalla prima parte dell'art. 2 della Costituzione […]. Se, invero, i diritti inviolabili sono, per giurisprudenza

costante, quei diritti che formano il patrimonio irretrattabile della personalità umana, non è logicamente possibile ammettere altre figure giuridiche, le quali sarebbero dirette a funzionare da "presupposti" e dovrebbero avere un'imprecisata, maggiore tutela >>. Nell'ottica seguita della Corte, il diritto all'abitazione non

dovrebbe nemmeno rientrare tra i doveri di solidarietà individuati dallo stesso art. 2

(20)

Siffatto atteggiamento prudenziale sarà progressivamente abbandonato in una ripetuta trama di sentenze, che hanno consacrato il rango costituzionale del diritto e ne hanno disvelato il reale fondamento. A distanza di pochi anni - nel 1988 - con una densità di significato che supera il tenore solenne delle parole impiegate, il giudice delle leggi riconduce il diritto all'abitazione << tra i requisiti essenziali

caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto

dalla Costituzione10 >>.

La pronuncia11 si pone quale antesignana di un orientamento, in seguito

mai più abbandonato, che eleva il diritto de quo a diritto sociale

fondamentale del cittadino, individuando, purtuttavia, la norma atta ad

assicurarne la copertura costituzionale nell'articolo 47, 2 comma Cost. - l'unica peraltro che fa espresso richiamo all'abitazione12.

Pur nel contesto della riaffermazione di una generale competenza regionale in materia, il riferimento a tale norma costituzionale - che affida alla Repubblica il compito di predisporre agevolazioni affinché il risparmio delle persone meno abbienti acceda alla proprietà dell'abitazione - consente alla Corte di giustificare la normativa statale impugnata, contribuendo la stessa ad approntare un minimum nel

legislativa del Parlamento. D'altra parte il diritto non può trovare tutela nell'art. 47

Cost., che non riconosce un diritto all'abitazione garantito a tutti.

10 CORTECOST., 25 febbraio 1988, n. 217, in Arch. Loc., 1988, p. 291. E ancora <<

creare le condizioni minime di uno Stato sociale, concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, quale quello all'abitazione, contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso >>.

11 Il ricorso concerne la pretesa illegittimità della legge 891 del 1986, che ha introdotto un piano di erogazione da parte dello Stato di mutui agevolati per l'acquisto della prima casa di abitazione in favore dei lavoratori dipendenti di qualsiasi Regione, disciplinando, altresì, procedure e condizioni per il godimento di tali benefici. I ricorrenti lamentavano la incompatibilità di tali misure con quelle disposte dalle leggi provinciali (il ricorso è stato sollevato dalle Province autonome di Trento e Bolzano) e la illegittima invasione ad opera della disciplina statale della sfera di competenza legislativa esclusiva di Regioni (e Province).

(21)

godimento del diritto all'abitazione13.

Il tenore aulico dei verba iudicis - oltre a consacrare la socialità del diritto - determina un deciso rigetto dell'opinione che ricava la democraticità dello Stato dalla mera previsione di una serie di diritti enumerati.

Il rapporto di implicazione reciproca che intercorre tra diritti e forma di Stato (democratico) consente, semmai, di << dedurre dalla forma di Stato - qui la forma democratico pluralista accolta nel nostro ordinamento - una serie di diritti sociali come condizioni trascendentali di essa14 >>: asseverazione, questa, che comporta l'inquadramento del

diritto all'abitazione nell'ambito dei diritti inviolabili dell'uomo ex articolo 2 Cost15.

A siffatto esito interpretativo la Corte Costituzionale perviene con la sentenza 404 del 198816, rinvenendo il fondamento del “nostro” diritto

negli articoli 2 e 3, secondo comma Cost.: l’abitazione diviene, quindi, un diritto inviolabile dell’uomo strumentale a garantirgli un’esistenza dignitosa e a realizzare il principio di eguaglianza sostanziale.

13 La ragione decisiva a favore della costituzionalità della legge si incentra sull'impegno concorrente che tutti i pubblici poteri - e quindi anche lo Stato - devono mettere in atto per conferire effettività ad un diritto sociale fondamentale del cittadino: tale impegno << non può certo esaurirsi nella mera attribuzione di una potestà legislativa alle Regioni, addirittura preclusiva di un intervento legislativo statale >>. La legge si limita, infatti, ad assicurare un livello di prestazioni tale da rappresentare la garanzia di un minimum nel godimento del diritto all'abitazione da parte dei lavoratori dipendenti di qualsiasi Regione, lasciando così << sufficienti spazi all'autonomia regionale >> e al contempo ottemperando << all'inderogabile imperativo costituzionale di ridurre la distanza o la sproporzione nel godimento dei beni giuridici primari, contribuendo a conferire il massimo di effettività a un diritto sociale fondamentale >>. Così si esprime F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella

giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 1995, p. 62.

14 Ivi, p. 60. 15 Cfr. § 1.5.

16 CORTECOST., 4 aprile 1988, n. 404, in Foro it., 1988, I, p. 2515. Per un'analisi più

(22)

1.2.2 Articolo 47, 2 comma Cost.: fondamento

presunto

L'articolo 47 della Costituzione, collocato nella parte relativa ai rapporti economici - che nel suo secondo comma esprime il favore per l'accesso del risparmio popolare << alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese >> - costituisce l'unico riferimento testuale alla questione abitativa rinvenibile nella Carta fondamentale.

Condivisibile sembra l'impostazione di accorta dottrina - con successivo avallo dei giudici della Consulta - orientata ad escludere la configurazione di siffatta disposizione normativa quale nucleo fondante la tutela costituzionale del diritto alla casa, esprimendo piuttosto la stessa << una direttiva fondamentale intesa a soddisfare il bisogno di abitazione di tutti i cittadini 17>>.

Ne costituisce diretta conferma la genesi dell'art. 47 in seno all'Assemblea costituente, che solo in sede di discussione optò per arricchire l'espressione << risparmio popolare >> con la puntuale indicazione - dotata comunque di mero valore esemplificativo - delle aree di pertinenza verso le quali lo stesso avrebbe dovuto essere indirizzato18 (abitazione, proprietà diretta coltivatrice, investimento nei

17 In questi termini U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., p. 25 ss. L'Autore ritiene necessitata la distinzione tra << le ipotesi in cui la politica della casa si propone esclusivamente (agevolando l'acquisto della proprietà dell'alloggio) di migliorare lo status sociale di determinati ceti professionali da tutte le situazioni in cui esista una condizione di esclusione totale dalla possibilità stessa di una soddisfazione delle esigenze elementari connesse all'atto di abitare >>.

18 La formulazione originaria dell'art. 47 Cost. (nei Lavori preparatori art. 44) prevedeva solo l'attuale primo comma, in cui si faceva riferimento ad una generica tutela del risparmio, senza parlare di incoraggiamento. Avvertendo, tuttavia, l'esigenza di una tutela più effettiva e concreta, gli on. Zerbi, Malvestiti e altri proposero di introdurre un secondo comma, ove si affermava che << la Repubblica

(23)

grandi complessi azionari del Paese): chiaro indice di come la disciplina apprestata avesse quale precipuo - anzi esclusivo - referente di regolazione la materia del risparmio e del credito.

Sembra corretto, quindi, individuare la ratio della norma nel << richiedere che siano favorite alcune delle possibili destinazioni del risparmio popolare19>>. Imprescindibili le ricadute anche sul profilo

dei soggetti beneficiari: gli esclusivi destinatari del beneficio normativo debbono essere individuati in coloro che siano in grado di accumulare dal proprio reddito somme sufficienti a coprire il prezzo dell'alloggio, ossia il ceto dei piccoli risparmiatori - nel quale non rientra gran parte della popolazione20.

tutela il risparmio in tutte le sue forme e favorisce l'accesso del risparmio popolare agli investimenti reali promuovendo la diffusione della proprietà dell'abitazione... >>. La formulazione, però, incontrò le obiezioni dell' on. Ruini, il quale si mostrò contrario a tutte le norme costituzionali che contenessero eccessive specificazioni: una siffatta formulazione avrebbe potuto prestarsi ad interpretazioni non volute, potendo essere intesa nel senso che lo Stato incoraggiava solo gli investimenti reali, escludendo tutti gli altri. L'on. Zerbi, dunque, accettò di eliminare la locuzione << investimenti reali >>, ma non l'elencazione dei possibili sbocchi del risparmio, avendo la stessa funzione esemplificativa. La norma venne, così, approvata con l'attuale formulazione. Per una analitica disamina della discussione A. SORACE, A

proposito di “proprietà dell'abitazione”, “diritto d'abitazione” e “proprietà (civilistica) della casa”, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 1977, pp. 1176-1177. Sul punto

anche M.C. PAGLIETTI, Percorsi evolutivi del diritto all'abitazione, in Riv. dir. priv., 2008, I, p. 69 e U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., pp. 25-26.

19 Ossia quelle che << possono soddisfare un certo tipo di bisogni o di interessi dei piccoli risparmiatori (sembra questa la più elementare traduzione in termini soggettivi di risparmio popolare) >>, secondo l'interpretazione di A. SORACE, op.

cit., p. 1177.

20 Merita menzione, tuttavia, l'opinione che si è proposta di interpretare l'art 47, 2 comma Cost. in connessione con l'art. 36, 1 comma Cost., laddove si parla di un diritto del lavoratore ad una retribuzione << in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa >>, come volta a favorire l'accesso al credito dei lavoratori - e in generale dei ceti meno abbienti - per soddisfare il bisogno di abitazione indipendentemente dai loro risparmi. Cfr. S. MATTEUCCI,

L'evoluzione della politica della casa in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., 2010. p. 164

che riprende la tesi di NIGRO, L'edilizia popolare come servizio pubblico, in Riv.

trim. dir. Pubbl., 1957, pp. 188 ss. Sul punto anche U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., p. 28, secondo cui l'interpretazione sistematica delle due

disposizioni presuppone che << la tutela e l'incoraggiamento del risparmio popolare non si risolvano nell'incentivare la destinazione dei risparmi delle famiglie alla soddisfazione di un determinato tipo di bisogni, ma si coordinino a una serie di misure che offrano a tutti i lavoratori la possibilità di accedere al godimento

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1.2.2.1 Pluralità degli statuti proprietari: le “proprietà

favorite”

Seguendo altra prospettiva, il fatto che l'art. 47, comma 2 Cost. prenda in considerazione l'abitazione come oggetto del diritto di proprietà -tutelato quale sbocco privilegiato del risparmio - ha comportato, nel tentativo di precisare il contenuto effettivo del favor dallo stesso sancito, la riconduzione della disposizione all'interno dell'area operativa dell'istituto proprietario.

Più precisamente, dal tenore letterale della norma, l'orientamento maggioritario ha fatto discendere la comprovata esistenza nel nostro ordinamento di una pluralità di statuti proprietari, che affiancano allo schema generale di proprietà - delineato dall'art. 42 Cost. - le cd.

proprietà favorite.

La disposizione costituzionale costituisce, in tal senso, una << garanzia rafforzata verso alcune forme di proprietà >> - fra le quali spicca la proprietà dell'abitazione -, tale da determinarne una totale indennità da qualsivoglia intervento demolitorio del legislatore21.

In un simile scenario, rimane comunque ferma la considerazione per cui non è dato rinvenire nella disposizione sopracitata lo “zoccolo duro” di una tutela e promozione effettiva del diritto all'abitazione: non

dell'alloggio, agevolando il ricorso al sistema creditizio da parte dei ceti meno abbienti […] >>.

21 Cfr. M.C. PAGLIETTI, op. cit., pp. 74-75. Simile impostazione è stata avanzata da A. SORACE, op. cit. p. 1178, che riconosce come l'art. 47 veda con favore, o comunque non con disfavore, la proprietà dell'abitazione. Secondo l'A. << dalla norma deriva quantomeno che le cose che sono oggetto del diritto in questione non potrebbero essere escluse in via generale, attraverso una riserva assoluta alla mano pubblica, dall'ambito dei beni appropriabili da parte dei privati (riserva in altri casi possibile sulla base dell'art. 42 Cost., comma 1) >>. In questo senso anche U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., pp. 30-31, secondo cui la << diretta rilevanza costituzionale dell'art. 47, 2 comma Cost. - letto isolatamente - si riduce al divieto di una totale riserva a favore dei soggetti pubblici dei beni destinati ad uso abitazione >>.

(25)

se ne ricava, in altre parole, un diritto dei cittadini a disporre di un'abitazione sufficiente, né tanto meno un dovere dello Stato di adottare misure finalizzate alla soddisfazione del diritto in oggetto22.

Questa considerazione assume maggior valore in base dell'assunto che l'interesse abitativo si presta ad essere realizzato attraverso modalità altre e più articolate rispetto all'acquisizione di un diritto reale sulla casa - basti pensare alla locazione abitativa -, tali da impedirne una mera sovrapposizione - pena uno svilimento di portata23- rispetto al

diritto sull'abitazione.

D'altro canto, se è vero che l'esigenza abitativa può essere soddisfatta ricorrendo a forme alternative rispetto all'acquisto in proprietà, rappresenta altresì un dato reale che questo sia stato l'orientamento costantemente seguito dalla legislazione italiana in materia di politiche abitative.

Resta, comunque, la necessità di ricercare la base costituzionale del diritto alla casa in altre disposizioni rinvenibili nel sistema e più specificamente nella Carta fondamentale.

1.2.2.2 Le proprietà personali

Se è errato interpretare il dettato dell'art. 47, comma 2 Cost. nel senso di volerne rintracciare l'hard core del diritto all'abitazione, d'altro canto, attenta dottrina vi ha rinvenuto uno spiraglio - o meglio una direttiva costituzionale - per la possibile affermazione della categoria

22 << E' frutto di un equivoco il ritenere che l'art. 47 contenga l'affermazione che la Repubblica debba perseguire l'obiettivo di far diventare tutti i cittadini proprietari dell'abitazione >>, cfr. A. SORACE, op. cit. p. 1177.

23 Cfr. E. BARGELLI, Abitazione (diritto alla), Enciclopedia del diritto, Estratto, Annali VI, p. 3.

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delle cd. proprietà personali24.

La disposizione in oggetto è, infatti, stata concepita come diretta a favorire determinati modelli di proprietà in cui le modalità di esercizio del diritto stesso si conformino in funzione della peculiare destinazione del bene.

In questa direzione, parte degli autori ha optato per un ripensamento in senso “personale” dell'istituto del diritto di proprietà, che verrebbe ad articolarsi in una serie di “figure” - non coincidenti strictu sensu con il modello disciplinato dal codice civile e consegnatoci dalla tradizione -, funzionali alla corretta rappresentazione dell'indissolubile legame spesso sussistente tra istanze della persona - o, preferibilmente, suoi interessi primari costituzionalmente protetti - e il generale schema reale di natura patrimoniale.

Secondo questo filone dottrinale, l'art. 47, comma 2 Cost. rappresenterebbe un residuo della concezione personalistica della proprietà, modellata in ragione del bisogno che è diretta a soddisfare25,

sussistendo un inscindibile << nesso tra alcune figure di proprietà - tra le quali è certamente esemplare, anche se non esclusiva, la proprietà dell'abitazione - e i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2)26 >>.

24 Cfr. U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., pp. 86 ss., il quale ricorda come << l'istituto della “proprietà personale” possa essere con sicurezza riferito in senso tecnico solo agli ordinamenti dei paesi dell'area socialista, non tanto perché in questi ultimi l'espressione è accolta nei testi costituzionali e nei codici civili, ma soprattutto perché in tali sistemi la contrapposizione con altri modelli di proprietà è esplicita e si traduce, già in termini generali, in un singolare atteggiarsi delle modalità di esercizio del diritto […] In quegli ordinamenti è costante la definizione di una serie di criteri (oggettivi, quantitativi, qualitativi) al rispetto dei quali è tendenzialmente subordinata la pur accentuata tutela del diritto di godimento personale >>. In tema di proprietà personale vedi anche, fra le letture classiche, P. RESCIGNO, Per uno studio sulla

proprietà, in Riv. dir. civ., 1972, I, pp. 50 ss.

25 M.C. PAGLIETTI, op. cit., pp. 77-78.

26 U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., p. 80. In questo senso anche P. RESCIGNO, op. cit., p. 55: << Nelle forme degli articoli 44 e seguenti viene risolto in favore dell'individuo il conflitto, destinato a rinnovarsi con alterna vicenda, tra le ragioni dell'individuo e le ragioni della collettività >>. Tra le ragioni di un siffatto

favor rientra << il legame di quelle forme di proprietà con la persona e con le sue

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La presenza di un siffatto legame sembra confermata dalla stessa

littera legis, dove si parla di “proprietà dell'abitazione” e non di

“proprietà della casa”: l'utilizzo del termine “abitazione” - facendo riferimento non ad una cosa, ma alla funzione che può essere svolta da una cosa27 - rinvia al soddisfacimento di bisogni essenziali e apre la

strada alla conformazione di uno statuto proprietario, la cui tipicità consista nel diverso modo di atteggiarsi della disciplina legale.

Spetta alla legge, cioè, - nell'ambito del prospettato modello di proprietà costituzionalmente favorito - regolare i poteri di godimento e di disposizione del proprietario in modo difforme rispetto a come si presentano nello schema comune e indicare, altresì, gli opportuni “limiti” del bene che può essere oggetto di tali poteri.

L'ampiezza delle facoltà - di godimento e disposizione - del proprietario che caratterizzano il modello ordinario, infatti, incontrano - nello “schema favorito” - un limite naturale, da ricondursi alla strumentalità del diritto rispetto alla soddisfazione dei bisogni fondamentali della persona28.

In questo senso, è condivisibile l'opinione29 secondo la quale

potremmo riferirci all'art. 47 nel costruire un modello di proprietà in cui, in riferimento ai poteri di godimento, il proprietario non potrebbe

direttamente, l'impresa cooperativa, l'azionariato popolare […] si presentano come le vie capaci di ricondurre la proprietà al diritto di natura o - se si vuole evitare una terminologia che suscita diffidenze - di riportarla al novero dei diritti “inviolabili” dell'uomo >>.

27 Cfr. A. SORACE, op. cit., pp. 1178-1179, secondo cui nell'art. 47 la “proprietà dell'abitazione” si caratterizza << perché implica che i poteri del proprietario debbono essere disciplinati dalla legge in modo da fare del bene il mezzo necessario e permanente di soddisfazione dello specifico bisogno di abitare >>.

28 Vedi U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., p. 85 ss, per cui << La tutela della persona è fondamento della politica diretta ad agevolare la diffusione di certi tipi di proprietà (artt. 44, 45, 47), ma al tempo stesso costituisce il limite delle facoltà in tal modo attribuite al soggetto. In breve può dirsi che la proprietà personale è costituzionalmente favorita (nella possibilità di accesso) in tanto in quanto limitata nelle facoltà di esercizio dal suo stesso carattere strumentale rispetto ai bisogni di carattere esistenziale >>.

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assegnare al bene una destinazione diversa da quella della soddisfazione del bisogno abitativo, mentre, in punto di poteri di disposizione, sarebbe escluso che lo stesso potesse trarne un profitto speculativo.

Per quanto riguarda, invece, i limiti al bene, siffatto “ tipo” di proprietà potrebbe prevedere che l'oggetto del diritto debba essere idoneo ai bisogni abitativi del titolare, sia quantitativamente che qualitativamente.

<< Questa configurazione oggettiva verrebbe infine a tradursi nella previsione di uno speciale regime della circolazione giuridica di determinate case, destinate ad essere in modo permanente oggetto di proprietà dell'abitazione, regime che potrebbe prevedere una loro utilizzabilità esclusivamente a fini abitativi e soltanto da parte di soggetti aventi un bisogno di abitazione >>.

Per concludere, l’art. 47 Cost. va letto come espressione del favore costituzionale per l’accesso a quelle forme di proprietà “personale” -dell’alloggio per chi vi abita, della terra per chi la coltiva direttamente - che, a differenza di altre, incastonano, al loro interno, interessi intensamente protetti, di natura non meramente patrimoniale e dotati di un autonomo rilievo costituzionale; non costituisce, invece, il nocciolo della tutela costituzionale del diritto all’abitazione.

1.2.3 Articolo 3, comma 2 Cost.: reale base

costituzionale

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parte anticipato trattando dell'appellativo di “nuovo” diritto30 - non è

indifferente nella ricerca del fondamento costituzionale della “nostra” situazione giuridica. La Carta fondamentale italiana si caratterizza per la presenza di clausole generali espressive del principio personalista -tra tutti gli articoli 2 e 3 Cost. - da cui deriva la primazia, l'antecedenza logica delle istanze della persona rispetto a quelle dello Stato: non solo la persona viene prima dello Stato, ma, anzi, è allo sviluppo di ogni singola persona umana che deve essere finalizzata l'organizzazione sociale.

Se, da un lato, la posizione privilegiata del principio personalista comporta per lo Stato il dovere - di carattere negativo - di non interferire nella sfera degli individui e quindi di non disattendere il limite dell'inviolabilità della persona, dall'altro lo obbliga - stavolta in chiave positiva - ad << attivarsi per il superamento degli ostacoli che l'art. 3, 2 comma Cost. impone di rimuovere ai fini del pieno sviluppo della persona umana31 >>.

Ecco quindi svelato il rapporto di interdipendenza - o per meglio dire di causa-effetto - tra principio personalista e diritti sociali: il primo, infatti, - e in particolare l'istanza in esso implicita di “pieno sviluppo della persona umana” - viene a configurarsi quale matrice diretta dei secondi.

L'articolo 3, 2 comma della Costituzione assurge, in tal modo, al ruolo di “supernorma”32 sulla quale si innestano tutti diritti sociali e in cui

trovano dimora quei diritti, sì non esplicitati nel pur ampio elenco consegnatoci dai Padri costituenti, ma che altro non sono se non esplicitazione di dimensioni espressive di valori già saldamente

30 Vedi § 1.1

31 Cfr. D. BIFULCO, L'inviolabilità dei diritti sociali, Jovene, Napoli, 2003, p. 124 ss.

32 Per utilizzare un espressione di A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, Edizioni di Comunità, Milano, 1963, p. 28.

(30)

incardinati nel dettato costituzionale.

Attenta dottrina33 ha provveduto a sottolineare la novità tecnica della

formulazione legislativa, che si astiene da qualificazioni normative per attribuire rilevanza giuridica a determinati fini - sussunti nel concetto di giustizia sociale: lo “scopo” della norma diventa così un fattore costitutivo della stessa.

L'oggetto tutelato dalla norma costituzionale - il pieno sviluppo della personalità individuale - viene inteso tanto nella << dimensione soggettiva della proiezione identitaria di ciascuno >>, così come << nella dimensione materiale della partecipazione all'articolazione della collettività e del corpo sociale sul piano politico, economico e sociale >>34. Ne deriva una estrema genericità dell'oggetto, che fa dell'articolo

3, 2 comma Cost. una clausola generale dello stato sociale35: essa

consente di considerare, di volta in volta, un determinato aspetto del libero sviluppo della personalità un elemento identitario o materiale -offrendo ad esso un sostegno sociale che agisce nel senso della rimozione di ostacoli e impedimenti che si frappongono al pieno sviluppo della identità individuale o alla partecipazione alla vita di comunità.

Entro gli ampi confini della clausola generale dell'uguaglianza sostanziale - ivi espressa - devono porsi le fondamenta del diritto alla casa36: basti a tal fine la considerazione logica che vede nella

mancanza di un alloggio adeguato << un grave ostacolo al “pieno

33 U. BRECCIA, Il diritto all'abitazione, cit., pp. 21 ss.

34 B. PEZZINI, La decisione sui diritti sociali, Giuffré, Milano, 2001, pp. 123 ss. 35 Ivi, p. 125.

36 Come scriveva già M. MAZZIOTTI, Diritti sociali, in Enc. dir., vol. XII, Milano 1964, p. 804, la Costituzione italiana esprime chiaramente la derivazione dei diritti sociali dall’eguaglianza sostanziale, essendo il diritto sociale << l’insieme delle norme attraverso cui lo Stato attua la funzione equilibratrice e moderatrice delle disparità sociali, allo scopo di “assicurare l’eguaglianza delle situazioni malgrado la differenza delle fortune” >>.

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sviluppo della persona umana”37 >>.

Abbiamo appurato, dunque, che sebbene la Costituzione non riconosca una specifica tutela a tale diritto, essa sicuramente consente di evidenziare una serie di valori che garantiscono un substrato costituzionale alla pretesa abitativa della persona: sono, insomma, queste categorie concettuali che rendono dinamica la struttura e la funzione di garanzia e promozione della persona propria dei diritti fondamentali.

Resta per l'interprete la necessità di vagliare la validità, o meglio la saldezza, del riferimento a siffatte clausole generali - in primis l'articolo 3, comma 2 Cost. - ai fini dell'attribuzione del rango della “costituzionalità” ai diritti sociali, in considerazione sopratutto della variabile conformazione strutturale degli stessi, che sovente determina la necessità di un intervento eteronomo per la loro soddisfazione.

1.3 L'attributo della socialità: copertura costituzionale

dei diritti “condizionati”

Appurato che l'omesso riferimento esplicito nel dettato della Carta fondamentale non consente di trarre conclusioni dubitative circa la base costituzionale del diritto all'abitazione - intervenendo in “soccorso” l'articolo 3, comma 2 Cost e l'articolo 2 Cost. -, l'asserita socialità dello stesso, lungi dall'assumere significato quale mera affermazione declamatoria, mostra diretta incidenza su valore giuridico ed effettività.

A questo proposito, una pur breve analisi del profilo definitorio e

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strutturale può giovare nella conferma della copertura costituzionale dei diritti sociali, senza che la peculiare architettura degli stessi rappresenti un ostacolo a siffatto fine.

La dottrina tradizionale accedeva ad una concezione dei diritti sociali secondo il vecchio schema generico dei diritti del cittadino ad una

prestazione positiva da parte dello Stato, con una formula capace di

distinguerli dai più classici diritti di libertà. La definizione prospettata non sembra oggi in grado di cogliere la complessità categoriale dei summenzionati diritti, descritti quali un << arcipelago formato da entità di diversa natura e di diversa consistenza, oltre a porsi in contraddizione con una concezione degli stessi come diritti

costituzionali del singolo38 >>.

Riconosciuti e garantiti direttamente dalla Costituzione, infatti, i diritti sociali si configurano, semmai, come pretesa ad una prestazione

positiva rivolta allo stesso legislatore, << affinché questi stabilisca gli

obblighi di adempimento in capo ai poteri pubblici o comunque appresti l'apparato necessario per soddisfare le richieste dei cittadini basate sulle predette garanzie costituzionali >>39.

L'originaria formula definitoria - come anticipato - si presentava quale massimamente esplicativa della impostazione tradizionale, orientata ad una netta contrapposizione tra diritti sociali e diritti di libertà - ormai pressoché unanimemente superata40 - e alla pretesa di un erroneo

38 A. BALDASSARRE, op. cit., p. 29.

39 Cfr. Ivi, p. 28 ss.; MODUGNO, op. cit., p. 69 ss. Anche questa definizione, in realtà, si presta alla ragionevole obiezione per la quale sembra paradossale e logicamente contraddittorio che una pretesa possa essere avanzata nei confronti di un soggetto libero di autodeterminarsi - qual è appunto il legislatore.

40 Questi ultimi si connotano quali pretese ad un non facere, come << diritti che presuppongono una libera attività che esige soltanto di essere rispettata da parte dello Stato >>, non necessitando del positivo intervento dei poteri pubblici. Siffatta contrapposizione tra diritti “positivi” che richiedono prestazioni (da parte dello Stato) e diritti “negativi” che comportano esclusivamente un dovere di rispetto ed astensione non è praticabile. Si è osservato, in realtà, che anche i diritti di libertà non avrebbero potuto, almeno in principio, essere garantiti << senza un'adeguata

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parallelismo tra diritti sociali e “norme programmatiche”41, che

avrebbe determinato la degradazione degli stessi da diritti costituzionali a diritti “legali”. Pur nella consapevolezza delle peculiarità dei diritti sociali e della delicatezza delle questioni legate

organizzazione dei poteri statali e la previsione di doveri da parte di organi dello Stato >>: ne sono esempio la libertà personale e la libertà di manifestazione del pensiero, che non potrebbe realizzarsi senza una disciplina positiva dei mezzi necessari alla sua manifestazione. Tutti i diritti, pertanto, possono avere un “costo”, pure quelli che sembrerebbero esaurirsi nel riconoscimento al singolo di una mera

facultas agendi. Certo è che << una volta garantiti, soltanto i diritti di libertà sono self-executing. Ciò è dovuto, però, non già al diverso valore o alla diversa garanzia

apprestata a questi diritti dalla Costituzione, ma alla particolare struttura giuridica da essi posseduta, trattandosi di diritti il cui svolgimento, una volta che siano stati effettivamente garantiti, dipende innanzitutto da comportamenti o condotte del titolare >>. Tale carattere della “autoapplicabilità”, infatti, si riscontra anche in alcuni diritti sociali c.d. “di libertà”: tra questi rientra la libertà di scelta di una professione, alcuni dei diritti di famiglia, la libertà di istituire e gestire scuole, il diritto di sciopero, ecc. Così A. BALDASSARRE, op. cit., p. 28 ss.; ma anche M. MAZZIOTTI, Diritti sociali, op. cit., pp. 806 ss.; F. MODUGNO, op. cit., p. 69 ss.. In termini analoghi si esprime anche M. LUCIANI, Sui diritti sociali, in Democrazia

e diritto, n. 4-94, 1-95, pp. 563 ss., il quale, nel criticare la contrapposizione tra diritti

sociali e diritti di libertà, accede ad una distinzione tra almeno quattro categorie di diritti fondamentali: diritti di difesa, diritti a prestazione, diritti di partecipazione e

diritti di percepire parte di un utile sociale. << Tutti i diritti fondamentali si

inseriscono in uno di questi gruppi, ed è anzi normale che – a seconda della prospettiva dalla quale li si guarda, o dal concreto caso della vita cui vanno ricondotti – essi rientrino ora nell'uno, ora nell'altro >>. Caso emblematico è quello del diritto alla salute. << Questo […] esibisce aspetti comunemente ritenuti tipici di tali diritti (la pretesa che ha ad oggetto una prestazione) quando si presenta come diritto alle cure ( gratuite o sotto costo ) e aspetti tipici dei diritti di libertà (la pretesa che ha ad oggetto un'astensione) quando si presenta come diritto a non essere curato >>, Idem,

Nuovi diritti fondamentali e nuovi rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione,

in Riv. crit. dir. priv., 1985, p. 71.

41 Il problema si pone in particolare per quei diritti sociali che non hanno la stessa struttura dei diritti di libertà, il cui contenuto non è dato da comportamenti o condotte del titolare, ma da una pretesa giuridica rivolta ad altri soggetti (pubblici o privati) affinché effettuino prestazioni positive. L'errore principale della teoria che prospetta un parallelismo con le “norme programmatiche” è quello di considerare come identiche disposizioni costituzionali che in realtà sono profondamente diverse tra loro tra loro. E' errato confondere norme che prevedono meri programmi per il legislatore - art. 31 Cost., che prevede la protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù; art.35 Cost., sulla tutela del lavoro - con norme che garantiscono un diritto

a prestazione positiva - art. 38 Cost., sul diritto al mantenimento e all'assistenza del

cittadino inabile, art. 46 Cost., che contempla il diritto di collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Nel secondo caso, infatti, vi è la garanzia costituzionale di un diritto, da cui deriva che la discrezionalità legislativa nell'attuazione dello stesso è limitata al quomodo e al quando, senza estendersi all'an e al quid della garanzia. Ancora sulla questione A. BALDASSARRE, op. cit., p. 30.

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alla loro garanzia, non può essere condiviso un modus operandi consistente nel trasporre le difficoltà di attuazione in problemi di natura ontologica e valoriale42.

Ad oggi non è possibile dubitare - come dimostra l'inusuale ampiezza e sistematicità del catalogo previsto dalla nostra Costituzione -dell'assunto in forza del quale la garanzia dei diritti sociali sia quella propria dei diritti costituzionali43.

Ai fini della riconduzione dei diritti sociali nell'alveo rassicurante della Carta fondamentale, maggiore fertilità riscuote - per l'incisività con cui investe la figura del diritto all'abitazione - la distinzione tra diritti

originari o incondizionati e i diritti derivati o condizionati44.

L'effettivo godimento dei diritti appartenenti a questa seconda categoria - all'interno della quale deve essere ascritto il diritto oggetto d'indagine - presuppone << la sussistenza di strutture organizzatorie indispensabili all'erogazione delle prestazioni garantite45>>: in

presenza di simili condizioni, gli stessi danno luogo a pretese direttamente azionabili e difendibili giudizialmente.

Tuttavia, << l'eventuale mancanza del presupposto di fatto

42 Cfr. Ivi, p. 30. Sul punto anche D. BIFULCO, op. cit., pp. 6 ss., secondo cui << La possibilità, allora, che ai diritti sociali, così come a tutte le libertà fondamentali, siano opposte limitazioni, ha quindi riguardo unicamente all'esercizio dei diritti stessi e non al loro contenuto essenziale. […] tale ordine di problemi non deve tradursi automaticamente nella questione della natura giuridica dei diritti in questione >>. 43 Cfr. Ibidem, p. 28.

44 I primi sono diritti che accedono a rapporti che si instaurano su libera iniziativa delle parti, al fine di determinare il tipo o la quantità di talune prestazioni dovute – quali il diritto alla retribuzione sufficiente, diritto al riposo, diritto all'assistenza familiare, diritto dei figli all'educazione. Riferendosi a prestazioni determinate nel loro genere possono essere fatti valere direttamente dagli aventi diritto nei confronti della controparte (privata o pubblica) : sono, quindi, direttamente azionabili, in quanto per essi è demandato al giudice di stabilire il quantum della prestazione, allorché non sia legislativamente predeterminato. Gli altri sono diritti il cui godimento dipende dall'esistenza di un presupposto di fatto, ossia un'organizzazione erogatrice delle prestazioni e quindi l'intervento legislativo – quali il diritto all'assistenza e alla previdenza, all'istruzione e all'accesso nelle istituzioni scolastiche, diritto degli indigenti alle cure gratuite, ecc.

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