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Conflitto tra proprietà e abitazione: le locazioni di immobili ad uso abitativo

1.5 Il diritto all'abitazione nell'ordinamento internazionale ed europeo.

1.5.2. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo

1.5.2.3 Conflitto tra proprietà e abitazione: le locazioni di immobili ad uso abitativo

Quanto constatato finora vale a rilevare come il diritto di proprietà, nel contesto della Cedu, assurga al ruolo di fondamento, di veicolo normativo idoneo ad attribuire tutela al diritto all'abitazione, ma inevitabilmente ne rappresenta anche un limite.

Se da un lato, infatti, l'articolo 1 del Protocollo addizionale I è stato utilizzato dai giudici di Strasburgo per assicurare copertura normativa ad un diritto - quello all'alloggio appunto - che non trova espressa menzione all'interno della Convenzione, d'altro canto, una volta ricondotto nella trama dei diritti garantiti, frequenti saranno le ipotesi di conflitto con la tutela della proprietà.

Siffatto scenario richiama sovente la necessità di un bilanciamento fra i due diritti - di proprietà e all'abitazione -, dal quale potranno derivare incisive limitazioni a carico di entrambi: da qui la volontà di “codificare” le legittime interferenze nel diritto di proprietà.

La costante contrapposizione tra i summenzionati diritti giustifica la nutrita casistica giurisprudenziale concernente la categoria delle locazioni ad uso abitativo e l'elaborazione, da parte dei giudici di Strasburgo, di una fitta trama di principi di diritto, di “parametri regolatori” atti a dirimere i rapporti conflittuali tra locatori e conduttori di immobili.

Contrariamente alle aspettative suscitate dal tenore letterale della Carta, che non assegna autonoma considerazione all'interesse abitativo, la giurisprudenza della Corte ha mostrato, talora, un atteggiamento sedizioso, prestando << grande attenzione all'esigenza dei conduttori di conservare il godimento dell'immobile e, ritenendola, a più riprese,

prevalente sull'opposto interesse dei locatori102 >>.

Un primo gruppo di ipotesi sottoposte ripetutamente al vaglio dei giudici di Strasburgo concerne una serie di legislazioni nazionali - relative ai canoni locativi - che sembravano concretare una consistente limitazione della proprietà privata.

Noto il caso Mellacher e altri contro Austria103, in cui la Corte, di

fronte ad una legislazione austriaca che decurtava pesantemente i canoni d'affitto per i contratti di locazione abitativa in corso, escluse il configurarsi di una espropriazione di fatto104, richiamando la propria

giurisprudenza consolidata in materia di limiti al diritto di proprietà 105.

102 E. BARGELLI, La locazione immobiliare nelle ultime tappe del diritto europeo, in Nuova giur. civ. comm., 2012, IV, p 274.

103 CORTE EUR. DIR. UOMO, Mellacher e altri c. Austria, 19 dicembre 1989, n.

10522/83, in http://hudoc.echr.coe.int. Oggetto della controversia era una legge

austriaca varata dal governo socialista nel 1981, il Rent Act, che istituiva un meccanismo di calcolo del canone di locazione sulla base dei metri quadrati dell'abitazione, determinando in tal modo un abbassamento dei canoni in tutta l'Austria. I proprietari, a seguito dell'introduzione di questo sistema di calcolo, lamentavano il deprezzamento dei loro beni, ritenendo che si determinasse un'espropriazione di fatto della proprietà .

104 G. BUCHELER ripercorre la decisione della Corte in Proportionality in

Investor - State arbitration, Oxford, 2015, p. 148 ss. << In Mellacher v. Austria, the

EctHR had to decide on weather the compulsory reduction on negotiated rent based on the 1981 Rent Act was in compliance with Article 1 of the First Additional Protocol. The Court found that there was no formal or de facto expropriation of the landlords' property and instead measured the compulsory rent reduction against the requirements of Article 1(2). According to the wording of Article 1(2), a State may enforce all laws “that it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest” >>.

105 Copiosa giurisprudenza della Corte provvede all'individuazione dei parametri atti valutare la compatibilità delle restrizioni ai diritti garantiti con le esigenze di tutela imposte dalla Convenzione. Figura, in primo luogo, il rispetto del principio di

legalità: l'interferenza deve avere un fondamento legale, risultando, quindi, conforme

alla legge intesa in senso sostanziale o prescritto da essa. La restrizione deve altresì rispettare il principio di proporzionalità, ampiamente applicato con riferimento all'articolo 1 del Protocollo Addizionale n. 1. Siffatto principio esige, da un lato, che l'interferenza sia appropriata rispetto al fine perseguito e necessaria al raggiungimento di quest'ultimo e dall'altro, che non vi sia sproporzione tra il pregiudizio arrecato e il contributo apportato alla realizzazione dell'interesse generale. Cfr. S. PRADUROUX, La proprietà privata nel sistema […], cit., pp. 22- 30.

La Corte si appella alla condizione della proportionality of the

interference106: l'interferenza deve essere tale da assicurare un “giusto equilibrio tra gli imperativi di interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo”. In ragione di tale condizione, è necessario che il sacrificio posto a carico dei proprietari non sia sproporzionato nel bilanciamento tra le ragioni della proprietà e l'interesse generale ad assicurare un diritto all'abitazione.

Il caso suscita interesse per la sua comparabilità con la tristemente celebre vicenda italiana delle proroghe legali alla sospensione degli sfratti: il principio testé affermato ha così rappresentato un precedente di riferimento per la giurisprudenza successiva.

Nella pronuncia relativa al caso Immobiliare Saffi contro Italia107, la

del margine di apprezzamento, creazione pretoria fondata sul principio di sussidiarietà. Essa indica << lo spazio lasciato agli Stati nell'applicazione della Convenzione per bilanciare l'adempimento degli obblighi pattizi con la tutela di altre esigenze statali >>. Le istituzioni nazionali si trovano, infatti, in una better position per ponderare gli interessi privati e quelli generali. La Corte di Strasburgo veglia, poi, attraverso il test di proporzionalità, sul rispetto da parte degli Stati dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione, lasciando, però, questo margine di deroga per consentire agli stessi il perseguimento di altri interessi statali, nonché uno spazio di scelta e valutazione di questi ultimi. Cfr. I. ANRO', Il margine di apprezzamento

nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea e della Corte europea dei Diritti dell'uomo, in La funzione giurisdizionale nell'ordinamento internazionale e nell'ordinamento comunitario, Atti dell’Incontro di studio tra giovani cultori delle materie internazionalistiche, VII Edizione, Torino, 9-10 ottobre

2009, Napoli, ESI, 2010, pp. 7 ss.

106 << The court inquired as to the proportionality of the interference...An interference must achieve a "fair balance" between the demands of the general interest of the community and the requirements of the protection of the individual’s fundamental rights. The search for this balance is reflected in the structure of Article 1 (P1-1) as a whole, and therefore also in the second paragraph thereof. There must be a reasonable relationship of proportionality between the means employed and the aim pursued >>.

107 CORTE EUR. DIR. UOMO, Immobiliare Saffi c. Italia, 28 luglio 1999, n.22774/93,

in Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, 2007, III, pp. 52 ss.

Nel caso in questione l'Immobiliare Saffi, società italiana operante nel campo immobiliare, lamentava la violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 da parte dello Stato italiano, per la protratta impossibilità di riottenere il possesso di un proprio immobile locato. Con la legislazione vincolistica, infatti, il Governo italiano, per far fronte alla persistente carenza di disponibilità abitative, aveva adottato misure urgenti volte al controllo dell'aumento dei canoni di locazione e alla proroga della validità dei contratti in corso. Nel 1982 e 1983, scaduta la proroga legale dei contratti, lo

Corte ribadisce la costante “armonia” tra la protezione del diritto al rispetto dei beni e l'interesse generale, cui deve orientarsi qualsivoglia ingerenza nel diritto di proprietà e che permea l'intera struttura dell'articolo 1. Nell'avvalorare la necessità del rapporto di proporzionalità tra mezzi impiegati e scopo perseguito, i giudici accordano al legislatore nazionale un ampio margine di apprezzamento, dichiarando di rispettare le valutazioni dallo stesso effettuate << salvo che siano manifestamente sprovviste di base ragionevole >>. Gli stessi - pur affermando la piena riconducibilità entro i confini del margine di valutazione rimesso agli Stati dal paragrafo 2 dell'art.1, e quindi la non opinabilità di un sistema di sospensione temporanea o di graduazione dell'esecuzione degli sfratti eseguiti per mezzo della forza pubblica - accolgono il ricorso, ritenendo non soddisfatta la condizione di proporzionalità: la legislazione italiana aveva, infatti, imposto << un onere singolare ed eccessivo alla società ricorrente e [...] infranto l'equilibrio che deve sussistere tra la tutela del suo diritto al rispetto dei beni e le necessità dell'interesse generale della collettività >>.

In ogni caso, come testimonia la costante giurisprudenza della Corte europea108, il controllo circa la legittimità dell'interferenza trascende la

Stato italiano ritenne opportuno fare ricorso a misure d'urgenza volte alla sospensione dell'esecuzione delle ordinanze di sfratto non urgenti, al fine di evitare tensioni sociali e turbative di ordine pubblico. Giunta a scadenza anche l'ultima sospensione, si ritenne di procedere all'esecuzione degli sfratti secondo un ordine di priorità fissato dal Prefetto. Il Governo aveva previsto di poter eseguire tutti o gran parte degli sfratti urgenti entro il 1 gennaio 1990, di modo che nessun ostacolo si sarebbe frapposto alla concessione della forza pubblica per i casi non urgenti, la cui esecuzione si sarebbe dovuta svolgere prima della fine del 1993. Tale previsione non si verificò, a causa di un progressivo incremento del numero di richieste prioritarie – che aumentavano invece di diminuire - e la conseguente impossibilità di eseguire gli sfratti non urgenti, anch'essi in continua crescita. A fronte di una completa paralisi del sistema dell'esecuzione degli sfratti, la società ricorrente potette riottenere l'immobile soltanto l'11 aprile 1996, non grazie all'intervento della forza pubblica, ma a seguito del decesso del conduttore.

108 Cfr. CORTE EUR. DIR. UOMO, Spadea e Scalabrino c. Italia, 28 settembre 1995,

misura legislativa considerata in astratto e prende in considerazione, caso per caso, la situazione di fatto risultante dalla concreta applicazione della legge: modus operandi, questo, che ha condotto talora ad esiti opposti pur in costanza di impugnazione del medesimo provvedimento legislativo.

Considerazioni di “giustizia sociale”, dunque, unitamente alla << posizione centrale nelle politiche sociali ed economiche degli Stati europei >>109 occupata dal diritto alla casa, giustificano l'estrema

cautela mostrata dai giudici nel vagliare la legittimità delle legislazioni statali dirette ad attribuire prevalenza all'interesse dei conduttori ed, anzi, la tendenza a non interferire nelle politiche sociali nazionali a tutela degli inquilini, purché fondate su canoni di ragionevolezza.

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