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LE MISURE CAUTELARI NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO.

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Capitolo I

DEL DIRITTO DI AZIONE

1. LA PREVISIONE COSTITUZIONALE DEL DIRITTO INDIVIDUALE ALLA TUTELA GIUDIZIARIA E IL RIFERIMENTO SOVRANAZIONALE ALLA CEDU

“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari” [Art 24

Costituzione].

Agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi rappresenta la prima garanzia che il costituente ha sancito nell'alveo della nutrita serie di libertà fondamentali, contenute nel Titolo I (“Rapporti civili”), della Parte I (“Diritti e doveri dei cittadini”), della Costituzione: la riaffermazione costituzionale delle garanzie di legalità già assicurate dallo Stato liberale, ha ristabilito l'accesso incondizionato alla giustizia, quale necessario presupposto costituzionale di tutela dell'individuo. La ratio che sta alla base della disposizione costituzionale in commento è quella di impedire al legislatore ordinario di privare arbitrariamente della effettiva tutela giudiziaria, determinate posizioni giuridiche soggettive.

L'inserimento del diritto di difesa nella Carta costituzionale ha fatto assurgere tale diritto a presupposto essenziale per la salvaguardia e il ripristino di tutte le libertà e i diritti garantiti. Proclamando l'inviolabilità del diritto di difesa, l'Assemblea Costituente ha inteso impartire una precisa direttiva al legislatore garantendone l'esercizio in qualsiasi grado del giudizio e davanti a qualsiasi magistratura. Nel corso del tempo, è maturata una diversa concezione del diritto di difesa, passando dalla “difesa tecnica” a quello più significativo di “difesa materiale”, intesa come garanzia delle “possibilità di tutelare in giudizio le proprie ragioni, con le forme ed i mezzi che assicurano

la istituzione e lo svolgimento del contraddittorio”1.

Il costituente, inserendo la tutela giurisdizionale tra i diritti della personalità, ha fatto della stessa il baricentro dei “mezzi di garanzia dei diritti” e delle norme organizzative “destinate a dare

concretezza alla tutela delle libertà”. L'art. 113 Cost., nel ribadire la validità di quanto espresso dal I° comma dell'art. 24 anche nei confronti della P.A., si preoccupa di sottolineare che la tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per

determinate categorie di atti 2; il termine “tutti” (cittadini, stranieri, apolidi), invece è un riflesso del

principio costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e permette una

applicazione generalizzata indipendentemente da ogni differenza di condizione personale o sociale. L'ordinamento processuale, pur rispettoso della garanzia costituzionale della parità di trattamento, ha affiancato una disciplina processuale speciale ideata per regolamentare ogni situazione

oggettivamente diversa. Il diverso trattamento giuridico-processuale che l'ordinamento appresta, risponde al medesimo principio di una equa tutela giurisdizionale, in quanto serve a proteggere mediante strumenti adeguati le differenti posizioni dedotte3 .

Il presupposto per l'esercizio del diritto di difesa è la titolarità di una situazione giuridica soggettiva di carattere sostanziale, sia essa fondata su un diritto soggettivo o su un interesse legittimo, il cui 1[C. cost. 108/1963].

2[C. cost. 135/1963].

3[C. cost 50/1972]: “Il diritto di difesa dello straniero non riceve adeguata tutela senza l'obbligatoria assistenza di un interprete e senza la possibilità di rendere dichiarazioni scritte nella propria madre lingua, da inserirsi nel processo verbale (…)”.

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riconoscimento costituisce la base della pretesa fatta valere in giudizio.

Il costituente ha concepito la giurisdizione quale strumento di tutela del complesso delle posizioni individuali previste e tutelate dall'ordinamento. L'art 24, nell'attribuire a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, esige che qualunque sia la situazione soggettiva da tutelare, il cittadino possa farlo valere, sia nei confronti dello stato che di altro cittadino: “ogni volontà concreta di legge, di cui sia possibile la formazione secondo la legge sostanziale, deve trovare nella legge processuale mezzi idonei di attuazione”4. L'art 24 impedisce al

legislatore di privare surrettiziamente i singoli dei diritti riconosciuti sul piano sostanziale e “si oppone ad ogni tentativo diretto a ridurre il numero dei procedimenti mediante il trasferimento di certe classi di diritti ed interessi legittimi, dalle corti ad organi di natura amministrativa5.

Nello Stato sociale la tutela delle posizioni giuridiche sostanziali non assolve solo lo scopo di dirimere le controversie insorte in relazione ad esse, ma diviene uno strumento dinamico per il raggiungimento degli interessi superiori posti a fondamento della carta costituzionale. Al riconoscimento di una serie di posizioni giuridiche sostanziali fa seguito la previsione della loro tutelabilità, anche al fine di assicurarne la piena e completa attuazione. In tal modo l'azione e il ricorso divengono elementi strumentali della tutela giurisdizionale al fine di una compiuta realizzazione delle garanzie dei diritti ed interessi legittimi.

Gli organi giurisdizionali hanno il compito di garantire l'effettiva osservanza delle norme poste dalla Costituzione e dalle altre fonti, di reprimere e di sanzionare le eventuali violazioni del diritto vigente e di ripristinarne il necessario rispetto. Da ciò deriva l'importanza della funzione

giurisdizionale, volta ad assicurare in modo efficace la composizione delle controversie6.

Il ricorso all'autorità giudiziaria non può essere impedito a nessun soggetto dell'ordinamento, in quanto ciò che si intende mantenere fermo è la supremazia del diritto e non quella dell'arbitrio. La garanzia contenuta nell'art 24 Cost. afferma che solo il giudice può concedere o negare la tutela, verificandone in giudizio i presupposti. Pertanto le norme che direttamente o indirettamente sottraggono all'autorità giudiziaria, in tutto o in parte, il “giudizio”, violano il precetto

costituzionale. Di conseguenza è ammissibile l'arbitrato facoltativo, lo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative ai diritti disponibili mediante arbitri eletti dalle stesse parti; al contrario, sono costituzionalmente illegittime quelle norme che impongono l'arbitrato come forma obbligatoria di giurisdizione privata alternativa a quella pubblica.

La tutela giurisdizionale si manifesta e si impersona nel giudice soggetto terzo ed imparziale rispetto alle parti in causa. La terzietà e l'imparzialità del giudice consistono nell'assoluta

equidistanza dell'autorità giudicante dagli interessi che concretamente perseguono i soggetti che operano all'interno del processo. A tal fine le parti possono contare sulla precostituzione del giudice e sulla reciproca parità di trattamento, con la concreta possibilità di svolgere un ruolo attivo per influire sull'esito del giudizio.

L'autorità giudiziaria per assolvere al suo compito deve assolutamente conoscere in maniera obiettiva i fatti, poiché in essi è immanente, quasi imprigionato, l'ordine giuridico che si tratta di accertare e dichiarare. L'azione del giudice all'interno del processo si conclude con una decisione emessa sulla base di prove analitiche e razionali con le quali esprime le ragioni del suo agire.

Il diritto di agire in giudizio presuppone la nozione costituzionale del giudice naturale [art 25 Cost.] e dell'indipendenza della magistratura [art 102, I° co., e 108, II° co., Cost.], infine specificato nell'art. 113 Cost.

La dottrina tradizionale intendeva la garanzia di cui all'art. 24, in senso rigorosamente tecnico-processuale e si chiedeva se la situazione soggettiva ivi tutelata andasse annoverata tra i diritti di libertà o tra i diritti di prestazione7. Oggi è dominante l'idea che l'azione non si esaurisca nella

possibilità di accesso alle Corti, ma nel complesso di attività processuali volte a rendere effettiva e

4 PROTO PISANI, 2002, 165, Nel centenario del magistero di Giuseppe Chiovenda. In giurisprudenza [C.Cost. 327/1998].

5 CAPPELLETTI, VIGORITI, 1971, 622. 6 In Giurisprudenza [CGCE 61/65]. 7 COMOGLIO, 1970, 39 ss.

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concreta la tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive di vantaggio. Al diritto di rivolgersi agli organi giudiziari corrisponde il dovere dello Stato di non rifiutare indebitamente la prestazione del servizio giudiziario, né in termini formali né in termini sostanziali.

Il precetto dell'art 24, I° co., Cost., non si limita ad assicurare l'accesso ad un giudice ma garantisce la “effettività” della tutela, eliminando “qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o difficile l'esercizio da parte di uno qualsiasi degli interessati” assicurando in tal modo il “giusto processo”8.

Il diritto garantito dall'art 24 è inviolabile, volto a garantire tanto il diritto alla “difesa tecnica”, quanto il diritto di far valere le proprie ragioni in giudizio9.

La difesa tecnica consiste nell'attribuire alla parte il diritto di godere in giudizio dell'assistenza di un esercente la professione legale. Il diritto di far valere le proprie ragioni sintetizza, invece, il

principio del contraddittorio volto a garantire la partecipazione attiva delle parti al processo.

La giurisprudenza ha chiarito il significato che la difesa assume all'interno del processo, affermando che il II° co. implica la “potestà effettiva dell'assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga meno ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti”10. Ciononostante i due aspetti del diritto di difesa (tecnico e sostanziale)

non possono costituire due entità distinte, rivelandosi così necessario individuare le condizioni di effettività11 che consentono alla parte ed al suo procuratore l'esercizio di adeguati poteri difensivi: la

medesima composizione degli organi giudicanti può pregiudicare l'effettività della difesa qualora sia in contrasto con le norme che sanciscono l'indipendenza e l'imparzialità del potere giudiziario. Il diritto di partecipazione al processo, in cui si esprime il principio del contraddittorio, è

eloquentemente sancito dal brocardo “audiatur et altera pars”. Esso si concretizza in modo diverso nel processo civile, penale e amministrativo, ma consiste pur sempre nel garantire agli interessati la possibilità di influire sull'esito del giudizio partecipando direttamente al processo. Tale

partecipazione deve svolgersi in condizioni di completa ed assoluta uguaglianza ove non ostino gravi motivi razionalmente giustificabili con il pubblico interesse12. La giurisprudenza

costituzionale ha evidenziato come il perno del diritto di difesa sia dato dal contraddittorio fra le parti consistente nella concreta possibilità di tutelare in giudizio le proprie ragioni proponendo a tal fine domande ed eccezioni, ovvero opponendosi a quelle avanzate dalle controparti prima che il giudice si pronunci sul punto13. Il contraddittorio deve formarsi in condizione di “completa ed

effettiva eguaglianza”, consentendo alle parti l'utilizzo dei mezzi istruttori previsti dall'ordinamento. In numerose occasioni la Corte Costituzionale ha affermato che il principio del contraddittorio rimarrebbe senza reale presidio se alle parti non fosse data l'opportunità di fornire la prova dei fatti dedotti in giudizio14.

La disponibilità dei mezzi istruttori può tuttavia sottostare a precise delimitazioni in ragione delle esigenze specifiche dei vari tipi di procedimento al fine di armonizzare la protezione dei

contrapposti interessi sostanziali, ma anche le esigenze processuali degne di tutela non dovrebbero mai trovare soluzione in ipotesi di limitazione del diritto alla prova15.

Al fine di garantire lo sviluppo dei principi democratici del processo, dal diritto di difesa è stato ricavato il corollario della parità di armi tra i soggetti della controversia. Il principio di uguaglianza garantisce tanto il pieno e indiscriminato diritto di accesso al giudice, quanto l'effettiva eguaglianza

inter partes. A tal fine l'ordinamento ha predisposto tipi differenziati di procedimento in rapporto

alle caratteristiche variabili delle situazioni sostanziali e al contempo, ha bandito qualsivoglia 8 VERDE, cit., 4; CAPPELLETTI, VIGORITI, 1971, 607 ss.

9 In Giurisprudenza [C.cost 39/1961, C.cost 46/1957]. 10 In Giurisprudenza [C.cost 46/1957].

11 La medesima composizione degli organi giudicanti può pregiudicare l'effettività della difesa qualora sia in contrasto con le norme che sanciscono l'indipendenza e l'autonomia del potere giudiziario. COMOGLIO, Art. 24, cit., 57. 12 In Giurisprudenza [C.cost. 2/1974 e C.cost. 27/1972].

13 COMOGLIO, 1970, 215. In Giurisprudenza [C.cost 175/1996]. 14 In Giurisprudenza [C.cost 55/1971].

15 Non sono mancate declaratorie di incostituzionalità che hanno corroso alcuni limiti probatori: così [C.Cost. 248/1974], che ha esteso alle controversie in tema di impiego di dipendenti dello Stato e di altri enti pubblici, riservate alla giurisdizione amministrativa, l'applicazione di mezzi istruttori contemplati dal c.p.c. e prima preclusi, tra cui la prova testimoniale.

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privilegio tecnico-processuale16. Il principio della parità delle armi e i principi di imparzialità e

terzietà del giudice rappresentano un legame assai stretto tra di loro; se infatti si assume che il compito del giudice sia ius dicere, consegue che rispetto a tale missione ogni interesse deve rappresentarsi come interesse di (una) parte, sul piano processuale, equiordinato rispetto agli altri, anche se prevalente, sovraordinato sul piano sostanziale.

Ad entrambe le parti la legge accorda proporzionalmente strumenti tecnico-processuali idonei a condizionare in loro favore il libero convincimento del giudice, bilanciando in maniera equa i poteri di azione e di difesa mediante l'egalité des armes17. Le parti, pertanto, godono di pari trattamento

dalla instaurazione alla definizione del giudizio, beneficiando di una identità di poteri paralleli. L'importanza dell'assistenza tecnica di un difensore si desume dalla necessità di una completa e corretta prospettazione, in termini giuridici, delle ragioni di fatto e di diritto e delle richieste delle parti, necessaria nella generalità dei procedimenti giurisdizionali: nel processo penale la difesa tecnica è obbligatoria mentre nel processo civile si presenta come un onere18, essendo

indispensabile per la stessa costituzione in giudizio, oltre che per numerose attività processuali ma, diversamente da quanto previsto per il procedimento penale, quando la parte può esercitare da se medesima l'ufficio di difensore, non occorre la nomina di alcun patrocinante d'ufficio.

Il diritto di difesa viene posto a presidio delle diverse posizioni giuridiche anche nei giudizi costituzionali. Il contraddittorio dinanzi alla Corte si svolge con estremo rigore, fra pochi soggetti, tutti interessati e, dunque, fortemente motivati, in ragione della caratteristica “concretezza” delle vicende poste al suo esame.

Il diritto di difesa nel processo civile permea l'intero iter processuale e ne rappresenta uno dei principi fondamentali, assicurando alle parti la possibilità di influire con la propria attività sul contenuto della decisione. Ai sensi dell'art. 101, c.p.c. il giudice non può statuire su alcuna domanda se la parte contro cui è proposta “non è stata regolarmente citata e non è comparsa”, salvo che la legge disponga altrimenti; tale norma si pone come la proiezione del principio generale di cui all'art. 24, II°, Cost, costituendone la traduzione a livello di legge ordinaria.

Con l'art. 101 viene rispettata l'esigenza del paritario trattamento dei soggetti nel processo e rivalutato il gioco dialettico delle parti, al fine di facilitare il giudice a raccogliere il materiale necessario all'emanazione del provvedimento più giusto.

Tuttavia, al principio del contraddittorio nel processo civile deve essere riconosciuta una forza espansiva tale da esprimersi anche innanzi alle iniziative del giudice che indirizza il processo e ha poteri di trattazione e di istruzione, consentendo alla parte di assumere iniziative contrarie a quelle d'ufficio al fine di un più corretto esercizio dell'attività giurisdizionale: l'art. 183, III°, c.p.c., onera il giudice istruttore del potere-dovere di indicare alle parti le questioni “rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”.

Proprio in virtù della sua capacità espansiva, al principio del contraddittorio deve essere

riconosciuto un ruolo centrale, di insopprimibile strumento di garanzia anche a favore della parte contumace, attribuendo a quest'ultima il diritto di avere conoscenza di determinati atti del processo ai fini del possibile, successivo esercizio del diritto di difesa.

L'inciso “salvo che la legge disponga altrimenti” di cui all'art 101 c.p.c. esprime l'esigenza di differire, in casi eccezionali, il principio del contraddittorio ad un momento successivo,

consentendo al giudice di provvedere inaudita altera parte, disponendo esso stesso la successiva comparizione delle parti. La violazione di tale principio dà luogo ad un vizio del procedimento, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado, ma con la salvezza di quanto disposto nel I° co., art 161, c.p.c., secondo il quale si ha trasformazione dei vizi della sentenza in motivi di gravame.

16 Il principio della parità delle armi ed i principi di imparzialità e terzietà del giudice rappresentano un legame assai stretto tra di loro; se, infatti, si assume che il compito del giudice sia ius dicere, consegue che rispetto a tale missione “ogni interesse deve rappresentarsi come interesse di (una) parte, equiordinato rispetto agli altri, anche

se prevalente sul piano sostanziale”, in tal senso SCOCA, Riflessioni sulla giustizia amministrativa: un percorso intellettuale coerente, in SPAGNUOLO VIGORITA, Opere Giuridiche, I, Napoli, 2001, LIX.

17 Sull'equivalenza dei poteri di azione e difesa, nell'ottica costituzionale del contraddittorio, si rinvia a COMOGLIO, 1970, 143-144.

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Il diritto di difesa nel processo amministrativo si connota di caratteristiche proprie, stanti le peculiarità strutturali e funzionali del medesimo, che ne fanno una species con riferimento ai tratti fondamentali del genus. In primo luogo, il processo amministrativo fa prevalere la vocatio judicis sulla vocatio in judicium e vede come unica controparte in senso sostanziale la P.A. non escludendo la legittimazione e l'intervento di “cointeressati” o “controinteressati”, come parti in senso

processuale.

Nel processo amministrativo il principio audiatur et altera pars si pone come condizione di ammissibilità della domanda e come presupposto di efficacia del provvedimento giurisdizionale19.

È per questa ragione che proprio in relazione alla garanzia costituzionale del diritto di difesa la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge istitutiva dei T.A.R., nella parte in cui non consentiva una efficace tutela dei terzi controinteressati ed ha quindi ritenuto applicabile anche nel processo amministrativo il rimedio straordinario di impugnazione

dell'opposizione di terzo20.

Il principio della massima partecipazione dei terzi non trova nel processo amministrativo

un'attuazione piena, essendo esclusi dal novero della parti necessarie i cointeressati, ovvero coloro che, essendo portatori di un interesse che si colloca sullo stesso piano di quello del ricorrente, possono essere favoriti o pregiudicati dal provvedimento giurisdizionale21.

Per evitare ogni elusione dei termini di decadenza concessi per la proposizione dei ricorsi, la

giurisprudenza ammette l'intervento dei cointeressati solo entro il termine di decadenza previsto per l'impugnativa dell'atto22.

Per ciò che riguarda invece la disponibilità dei mezzi di prova, vige nel processo amministrativo un principio dispositivo attenuato con metodo acquisitivo, in quanto da un lato spetta alle parti il potere di allegare i fatti ritenuti rilevanti in vista della prova, dall'altro il giudice può decidere in ordine alla rilevanza e all'opportunità di apprendere dal processo i fatti stessi o altri dai quali risalire ai primi23.

Anche con riferimento ai mezzi di prova nel processo amministrativo va tuttavia ricordato l'intervento dalla Corte costituzionale già nella stessa sent. 146/1987, che ha ritenuto ammissibili nelle controversie aventi ad oggetto il rapporto di pubblico impiego, l'esperimento dei mezzi

istruttori previsti dagli artt. 421, II°-IV° co., 422, 424 e 425, c.p.c. Questo processo di apertura potrà dirsi completato se, alle pronunce che consentono al giudice amministrativo la piena cognizione sul fatto (cioè la valutazione e l'apprezzamento dei fatti oggetto di controversia), seguiranno pronunce tendenti ad assicurare la pienezza di tale cognizione attraverso l'impiego dei necessari mezzi istruttori24.

Con riferimento alla tutela cautelare del giudice amministrativo la garanzia di cui all'articolo 24 della Costituzione si è sviluppata grazie all'intervento della Corte costituzionale25.

19 Il ricorso è inammissibile qualora non sia notificato all'autorità che ha emanato l'atto e ad almeno uno dei controinteressati. Qualora tale disposizione venga disattesa e sia violato l'obbligo di integrazione del contraddittorio, la decisione sarà inefficace.

20 In Giurisprudenza [C.cost 177/1995].

21 La mancata previsione normativa [art 21, l. T.A.R.] della notificazione del ricorso ai cointeressati è stata fatta oggetto di vivaci critiche da parte della dottrina, che propone una rilettura costituzionalmente orientata dell'art 21, l. T.A.R., al fine di garantire a pieno il principio del contraddittorio, mediante la notificazione del ricorso anche ai cointeressati.

22 Parte della dottrina mitiga tale tesi configurando come possibile l'intervento tardivo del cointeressato, che assumerà il ruolo di parte accessoria e, in quanto tale, non potrà modificare la materia del contendere.

23 BENVENUTI, 1970; CERULLI IRELLI, Corso di diritto amministrativo, Torino, 2000.

24 In Giurisprudenza: Sent. T.A.R. Milano, sez. III, n 586,/1997; Sent. T.A.R. Milano, sez. III, n. 463/1996; e con riferimento ad un accertamento tecnico preventivo, T.A.R. Toscana, sez. I, (ord.) n. 783/1996. In quest'ultima decisione proprio richiamando i principi di cui agli art.li 3,24 e 113 Cost., il giudice toscano ha ritenuto che, ancorchè non espressamente previsto né dalla l. 1034/1971, né dal t.u. 1054/1924, né dal r.d. 642/1907, il ricorso alla istruzione preventiva debba ritenersi ammissibile.

25 FOLLIERI, Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati. In Giurisprudenza, le sentenze che hanno ampliato i poteri cautelari del giudice: [C.cost. 284/1974, 227/1975, 8/1972, 190/1985].

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In ordine al concetto di difesa tecnica la l. T.A.R. [art 19, II° co.], stabilisce l'obbligo del patrocinio innanzi al giudice di I grado, di “avvocato o di procuratore legale”; innanzi al Consiglio di Stato è obbligatoria, invece, l'assistenza di un avvocato abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori [art 35, t.u. C.d.S., ex C.cost 82/1996]. Tuttavia, in base alla legge 205/2000 [art 4, III° co.], nei giudizi in materia di accesso agli atti il ricorrente può stare in giudizio personalmente senza assistenza di difensore e l'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dirigente. Il diritto di difesa è stato esteso anche a procedimenti di natura non propriamente giurisdizionale ma di contenuto e forme contenziose.

Nel procedimento amministrativo, ad esempio, il diritto alla difesa si esprime nel generale principio di partecipazione democratica, consentendo a tutti i soggetti portatori di interessi sui quali l'esito del procedimento andrà ad incidere di partecipare avanzando istanze, osservazioni e proposte a tutela delle loro posizioni. La partecipazione costituisce lo sviluppo del principio di trasparenza e contribuisce ad attenuare l'unilateralità del potere amministrativo.

L'art. 7 della l. 241/1990 pone a carico del responsabile del procedimento l'obbligo di comunicare l'avvio dello stesso ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, a coloro che per legge devono intervenirvi e a tutti gli altri soggetti, individuati o facilmente individuabili, ai quali da quell'atto possa derivare un pregiudizio.

La norma è preordinata a garantire il principio del “giusto procedimento”, attraverso la

partecipazione democratica all'iter procedimentale di tutti i soggetti interessati all'adozione del provvedimento finale. Le regole sull'obbligatoria comunicazione di avvio del procedimento agli interessati rispondono all'esigenza di assecondarne la conoscenza, per consentirne una

partecipazione libera ed informata26. Così la l. 15/2005, novellando la l. 241/1990, esprime l'intento

del legislatore di promuovere l'attività interlocutoria delle parti durante l'iter processuale [art 10 bis]. La Corte costituzionale ha evidenziato che quando si apportano limitazioni a diritti dei cittadini è necessario eseguire gli opportuni accertamenti, con la collaborazione, ove occorra, di altri organi pubblici e dopo aver messo i privati interessati in condizione di esporre le proprie ragioni, sia a tutela del proprio interesse, sia a titolo di collaborazione nell'interesse pubblico27.

La fase all'interno della quale si esprime con maggior efficacia il principio della partecipazione democratica è quella dell'istruttoria aperta, volta ad accertare e valutare i fatti ed i presupposti del procedimento e ad acquisire e valutare gli interessi secondari che interferiscono con l'interesse pubblico primario affidato alla cura dell'amministrazione procedente.

Una volta aperto il procedimento, devono essere acquisiti e valutati dall'amministrazione

procedente tutti gli elementi (di fatto e di diritto) della situazione reale dalla quale l'esercizio del potere è richiesto e sulla quale esso incide. Il principio del giusto procedimento tollera deroghe tassative e specifiche all'istruttoria aperta ed in contraddittorio giustificate solo da preminenti e supremi interessi pubblici.

Ancor maggiore è l'esigenza di assicurare il diritto di difesa nei procedimenti quasi juridical che si svolgono davanti alle c.d. amministrazioni indipendenti. Elemento caratterizzante di tali

procedimenti è il contraddittorio para processuale che precede l'adozione dei loro provvedimenti28.

Non essendo organi od enti politicamente rappresentativi, o comunque connessi ad una

responsabilità politica, la legittimazione del loro potere coincide con il contraddittorio completo e paritario.

Essendo al di fuori dell'amministrazione tradizionale, alle autorità amministrative indipendenti si applicano non i principi generali desunti dalla legge sul procedimento amministrativo, ma le regole integrali sul giusto processo29. Le autorità non possono ridurre o annullare la portata del confronto

tra le parti con regolamenti speciali deliberati dalle stesse, pena l'illegittimità anche delle norme regolamentari elusive.

Il principio del contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa rappresentano la garanzia 26 FIGORILLI, Il contraddittorio nel processo amministrativo, Napoli, 1996. In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. IV,

1299/1996; C.d.S., sez. IV, 132/1996; T.A.R. Veneto, 442/1992; C.d.S., sez. V, 479/1998]. 27 In Giurisprudenza: [C.cost. 13/1962, 23/1978 e 234/1985].

28 MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, 2000. 29 In Giurisprudenza: [T.A.R. Lazio, sez. II, n.249/2002].

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dell'indipendenza nell'esercizio delle funzioni decisorie delle autorità, facendo delle stesse degli organi definiti “quasi giurisdizionali”30.

Il diritto alla difesa è garantito anche nei procedimenti amministrativi finalizzati alla irrogazione di una sanzione, ovvero in quei procedimenti intesi ad imporre ad un soggetto una prestazione di dare o fare qualche sanzione (che non ha carattere penale), a fronte di una violazione commessa.

Attraverso il provvedimento sanzionatorio l'amministrazione incide sfavorevolmente sulla sfera giuridica del soggetto previa qualificazione della sua condotta in termini di “illiceità”31.

Il procedimento deve garantire i principi della necessaria contestazione e del pieno contraddittorio. L'iniziativa procedimentale è d'ufficio ed è volta all'accertamento dell'infrazione. Quando questo dia esito positivo, l'infrazione va immediatamente contestata al trasgressore oppure, ove ciò sia

possibile, l'autorità procedente provvede alla relativa notificazione a pena di decadenza entro 90 giorni dall'accertamento [art 14, l.689/1981]. A questo punto il privato può esperire l'apposita procedura di conciliazione.

In mancanza della conciliazione, si apre, invece, una seconda fase, in cui l'autorità procedente invia la documentazione all'ufficio competente per la decisione; il privato può, all'uopo, far pervenire scritti e memorie difensive realizzando nella fase istruttoria il principio del contraddittorio. In tale procedimento, tuttavia, il legislatore non sempre garantisce il diritto di difesa e del contraddittorio, poiché la fase istruttoria è una fase procedimentale solo eventuale. In tal modo si dà luogo ad una discrasia del sistema, posto che quella del contraddittorio sembra dovrebbe essere un'esigenza intrinseca e tipizzante del procedimento sanzionatorio alla luce degli effetti derivanti dallo stesso. “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un

termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico e della sicurezza in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale,

quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia.”

[Art. 6, I° co, Cedu].

La Cedu, siglata a Roma il 4.11.1950, e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, aperto alla firma il 19.11.1966 a New York, hanno codificato il diritto di difesa nell'ordinamento internazionale e previa legge di ratifica è stata attribuita ai precetti contenuti negli accordi immediata applicabilità all'interno degli ordinamenti nazionali.

Dal combinato disposto degli artt. 6, n.3 della Cedu e 14, n.3 del Patto, emergono i principi in virtù dei quali deve essere assicurata: l'informazione dettagliata sull'accusa scritta; la libera

comunicazione con il difensore e il tempo necessario alla preparazione della difesa; la facoltà di presenziare al dibattimento e la nomina, a richiesta, di un difensore d'ufficio; la possibilità di confrontarsi direttamente con i testi a carico e di far citare, alle stesse condizioni dei testimoni dell'accusa,i testimoni a discarico (eguali poteri di allegazione); il diritto al silenzio.

La tutela dei diritti e l'inviolabilità della difesa sono stati proclamati, inoltre, nell'ordinamento comunitario dalla Carta dei diritti fondamentali approvata dal consiglio dell'UE a Nizza nei giorni 7-9 dicembre 2000. Nella rubrica “Accesso alla giustizia”, l'art 47 della Carta riconosce al I° co., a chiunque abbia subito una violazione dei propri diritti e libertà “il diritto di presentare ricorso a un

giudice stabilito dalla legge”, attribuendogli altresì “il diritto a che la sua causa sia trattata equamente, pubblicamente ed entro termini ragionevoli, da un tribunale indipendente e imparziale, istituito per legge”.

La tutela giurisdizionale disposta dalla carta dei diritti fondamentali riproduce in sostanza gli stessi 30 La Cassazione ha chiarito che l'obbligo del contraddittorio pieno ed effettivo non trasforma un procedimento amministrativo in un processo, né un'autorità indipendente in un giudice [Cass. Sez I, 7341/2002].

31 In Giurisprudenza: [C.d.S., sez. IV, 105/1983; C.d.S., sez. V, 474/1974; Cass. S.U., 926/1978; C.d.S., ad. Plen., 42/1980].

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principi ispiratori della Cedu, che in Europa hanno caratterizzato l'attività processuale e il generale principio della tutela giurisdizionale.

L'art 6 della Cedu è la consacrazione del droit à un procès equitable, costituendo un tassello basilare del mosaico che disegna l'effettività della tutela giurisdizionale32. Tale disposizione ha una

valenza centrale nel sistema della tutela dei diritti, in quanto garantisce il diritto ad un ricorso effettivo quale libertà fondamentale, formalizzato altresì di recente nell'art 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea dl 2000, la quale, per effetto dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, ha acquisito “lo stesso valore giuridico dei trattati” [art 6, n I, TUE], acquisendo efficacia in ogni paese membro quando questo stia applicando il diritto dell'unione europea [art 51, n. I, CDFUE]33.

L'art 6 si configura come il centro nevralgico di una serie di garanzie di carattere squisitamente processuale, compendiate nell'efficace formula di “giusto processo”, che la CEDU pone come una serie di regole di condotta cui deve ispirarsi l'attività processuale nei singoli stati firmatari34.

Obbiettivo della Cedu è infatti esclusivamente quello di porre a carico degli Stati partecipanti un obbligo di risultato35, sancendo il diritto allo svolgimento di un processo giusto36 (garanzie implicite

ed esplicite), anche se la scelta delle modalità procedurali per soddisfare in concreto siffatto obbligo non può che essere rimessa alla discrezionalità (vincolata) dell'ordinamento interno37.

Le movenze programmatiche del giusto processo sancite nella norma in esame rappresentano il fulcro delle garanzie processuali, esigendo per la loro concreta attuazione di altre disposizioni: la formula “diritti e doveri di carattere civile” è stata riempita di contenuto dalla Corte di Strasburgo, che ne ha elaborato una categoria autonoma (discendente direttamente dalla Convenzione)38. A partire dalla metà degli anni Settanta, è invalsa l'idea che ogni posizione

soggettiva tutelabile attraverso il processo merita di essere protetta dallo scudo dell'art 6. co. I, Cedu39.

Secondo la Corte, due dati incidono sopra ad ogni altro: l'autonomia del concetto di diritti e doveri di carattere civile rispetto alle peculiari qualificazioni del diritto interno40 e la rilevanza di

quest'ultimo al solo fine di definire contenuto ed effetti attribuiti al diritto oggetto di contestazione41.

Il solo fattore che funge da discrimen per ponderare l'applicazione dell'art. 6 della CEDU è secondo 32 Quindi la concreta attuazione dei diritti sostanziali, CIPRIANI, Diritti fondamentali dell'Unione europea e diritto di

impugnare (Rass. Dir. Civ., 2004, 980).

33 L'art. 47 CDFUE dispone infatti, che “ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione

siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice (I co.) e che “la sua causa sia esaminata pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge (II

co.) e, infine, che “a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato

qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia (III co.).

34 Il giusto processo rappresenta l'elemento essenziale e più concreto della “preminenza del diritto” (“prééminence du

droit/ rule of law”), richiamata già nel Preambolo quale “parte del patrimonio comune delle Alte Parti contraenti”.

TAMETTI e GAMBINI, sub art. 6, in Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a cura di BARTOLE, DE SENA, ZAGREBESLSKY, pag. 173; JACOBS, WHITE, OVEY, The European Convention on

Human Rights, 5a ed., pag. 242.

35 CONSOLO, cit. pag. 64, il quale discorre di “obbligo di prestazione e di risultato (…) che ogni Stato aderente contrae a favore dei propri cittadini sul piano internazionale”.

36 L'art. 6, infatti, garantisce a tutto tondo il diritto ad un processo equo, in quanto prevede una serie di garanzie implicite, come il diritto di accesso alla giustizia, o esplicite, basti pensare all'indipendenza e all'imparzialità del tribunale o alla ragionevole durata del processo, che attengono al c.d. diritto al processo, ma anche un serie di diritti meritevoli di essere tutelati durante lo svolgimento dell'equo processo, quali ad es., il contraddittorio o il diritto alla prova, di guisa che le garanzie di cui all'art. 6 vengano assicurate per tutta la durata del processo.

37 Purché, naturalmente, vengano rispettate le finalità espresse dall'art 6, I co., giacché, in caso contrario, s'invera una violazione della disposizione, con conseguente condanna dello Stato inadempiente (TAMIETTI e GAMBINI,

Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a cura di BARTOLE, DE SENA;

ZAGREBELSKY, pag. 174. In Giurisprudenza, Corte EDU, Colozza c. Italia, 12 Febbraio 1985; Corte EDU,

Artico c. Italia, 13 maggio 1980.

38 GUERNELLI: I diritti e gli obblighi di carattere civile, pur se riferibili all'ordinamento interno, costituiscono in realtà “nozioni autonome direttamente discendenti dalla Convenzione”.

39 Corte EDU, Golder c. Regno Unito, 21 Febbraio 1975, Serie A, n. 18.

40 Corte EDU, Geraguyn Khorhurd Patgamavorakan Akumb c. Armenia, 2 maggio 2009. 41 Corte EDU, Maaouia c. Francia, 5 ottobre 2000.

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i giudici europei la natura sostanziale del diritto che si presume essere stato violato, nonché la sua riconducibilità ad una posizione di diritto soggettivo. Viceversa, prive d'incidenza risultano essere la legge applicabile e l'autorità competente a decidere la controversia42.

Così l'art. 6 abbraccia, in realtà, uno spazio giuridico più ampio, potendosi applicare anche quando il diritto che si assume violato, se di tipo patrimoniale, investe la materia commerciale, il diritto del lavoro e la sicurezza sociale,indipendentemente dalla natura pubblica o privata delle parti o della legge; la materia fallimentare, quella esecutiva e disciplinare, nonché il complesso ambito dei procedimenti amministrativi, sia quando incidono su interessi di carattere patrimoniale, sia quando il profilo patrimoniale rileva in via indiretta43.

L'altro aspetto saliente, che riguarda l'esatta applicazione del diritto di accesso al tribunale, attiene alla proponibilità di una questione di costituzionalità di una disposizione dell'ordinamento interno. In proposito, la corte di Strasburgo ha ritenuto che non rientra nella garanzia immanente all'art. 6, la contestazione della costituzionalità, soprattutto laddove il diritto nazionale non consenta ai singoli l'accesso diretto, privilegiando quell'incidente di costituzionalità che notoriamente prevede il sistema del rinvio al giudice a quo44. La Corte può accertare solo l'eventualità che il rifiuto di

sollevare l'infrazione di costituzionalità sia frutto di una scelta arbitraria del giudice, o viceversa, conforme a quanto l'ordinamento interno stabilisce in tema di rinvio45.

In definitiva, la possibilità di lamentare una violazione dell'art. 6 CEDU, viene correttamente negata dai giudici europei solo quando l'ordinamento interno esclude espressamente l'esistenza di un diritto, giacché, argomentando diversamente, si finirebbe con il creare surrettiziamente in via giurisprudenziale un diritto privo di fondamento nell'ordinamento dello Stato resistente46.

Il droit d'accès à un tribunal è la garanzia esplicita contenuta nell'art. 6 della CEDU e si afferma come uno dei principi basilari cui deve ispirarsi uno Stato di diritto. Il diritto di accesso ad un tribunale ha una valenza generale, garantendo a chiunque il diritto di intraprendere una azione giudiziaria per la tutela dei propri diritti e obbligazioni di carattere civile. La pienezza del diritto all'equo processo si realizza compiutamente soltanto attraverso la tutela giurisdizionale effettiva, cioè la libertà di agire (o difendersi) in giudizio per la tutela di una situazione giuridicamente rilevante47.

A ciascuno Stato membro è, infatti, riconosciuto il diritto di porre delle limitazioni, anche implicite, all'esercizio del “droit à un tribunal”, potendo la Corte verificare soltanto se la compressione del diritto sia avvenuta per un but légittime48 e che sussista un ragionevole rapporto di proporzionalità

tra i mezzi impiegati ed il fine perseguito dallo Stato contraente49.

Discendono dal principio del giusto processo le garanzie esplicite alla pubblicità, celerità ed imparzialità e sono un posterius rispetto al diritto di accesso alla giustizia.

Accanto alla garanzia implicita, il diritto ad un processo equo si compone di una serie di guarentigie esplicite, che nel loro insieme concorrono a rendere effettiva la tutela giurisdizionale e costituiscono

42 Corte EDU, Deumeland c. Repubblica Federale Tedesca 29 maggio 1986; Corte EDU W.C. c. Regno Unito, 8 luglio 1987; Corte EDU, Stamoulakatos c. Grecia, 26 novembre 1997.

43 ALLENA, L'art. 6 CEDU come parametro di effettività della tutela procedimentale e giudiziale all'interno degli

stati membri dell'Unione Europea (Riv. it. Dir. Pubbl. comunitario, 2012, 227 e ss.).

44 Corte EDU, Gorizdra c. Moldova, 2 luglio 2002; Corte EDU, Butkevicius c. Lituania, 28 novembre 2000.

45 TAMETTI e GAMBINI, sub art 6, in Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a cura di BARTOLE, DE SENA, ZAGREBELSKY, pag. 188. In Giurisprudenza:[Corte EDU,Previti c.Italia,12 aprile 2007].

46 TAMIETTI e GAMBINI, sub art. 6, in Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a cura di BARTOLE, DE SENA, ZAGREBELSKY, pag. 177. In Giurisprudenza: [Corte EDU, Al-Adsani c. Regno Unito, 21 novembre 2001].

47 Si pone come fulcro attorno al quale ruotano le garanzie processuali sancite dall'art 6, I co.: STRASSER, The

relationship between substantive rights and procedural rights by the European Covention on Human Rights, Mélanges J.G. Wiarda, p. 595.

48 Tenuto conto che la limitazione può essere bilanciata con altri interessi meritevoli di tutela giuridica. Così RODRIGUEZ, L'equo processo tra Corte europea e Corte costituzionale italiana. Il caso delle immunità

parlamentari, in Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali, a cura di ROLLA, pag. 374.

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“le componenti minime essenziali”50 di quell'archetipo processuale che viene protetto a livello

internazionale.

Tra queste, assume particolare rilievo la durata ragionevole del processo. L'eccessiva dilatazione dei tempi di definizione del processo, a detrimento dell'attore che ha ragione, rischia, di azzerare ex se il canone dell'equità in cui deve essere improntato il processo secondo la CEDU. La determinazione dei diritti e delle obbligazioni civili deve avvenire entro “un termine ragionevole” (délai

reasonnable). Tuttavia è altrettanto noto che il precetto comunitario non trova alcuna

corrispondenza esplicita nell'ambito delle norme interne, neppure in materia penale. In Italia il termine ragionevole è mobile, nel senso che non varia né in relazione al tipo di procedimento, ma anche rispetto alla medesima tipologia processuale, a seconda delle circostanze che caratterizzano il caso concreto51.

I parametri valutativi solitamente adottati per verificare in concreto la ragionevolezza della durata di un procedimento sono essenzialmente di tre tipi: la c.d. rilevanza della posta in gioco (“l'enjeu du

litige pour le requérant”), la complessità del caso, il comportamento processuale del ricorrente e

dell'autorità giudiziaria e infine un quarto parametro eccezionale, l'esistenza di una causa di forza maggiore52.

Nella CEDU, accanto alle componenti minime essenziali del giusto processo, il combinato disposto degli art.li 13 e 35 è espressione del principio di sussidiarietà del sistema di protezione delineato dalla Convenzione, in quanto la prima disposizione garantisce un diritto ad un ricorso effettivo davanti ad una istanza nazionale ogniqualvolta siano stati violati i diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione medesima; la seconda, invece, prescrive il previo esaurimento dei rimedi previsti dall'ordinamento nazionale.

Sennonché, la garanzia racchiusa nell'art. 13 CEDU può dirsi effettivamente rispettata solo

allorquando i mezzi di ricorso interno risultino adeguati allo scopo, essendo concretamente in grado di ripristinare la situazione di diritto violata53. L'effettività della tutela giurisdizionale esaminata con

le lenti della ragionevole durata del processo si traduce in un confine mobile, poiché essa deve essere misurata in concreto tenendo conto di tutti i criteri di cui sopra, utili a valutare se e quanto il contesto circostanziale che riguarda il singolo caso abbia allineato o disallineato quel singolo procedimento rispetto ai dettami della CEDU. Ancora oggi la CEDU non può essere direttamente applicata ai rapporti interprivati54, ma lo schema che impera ancora oggi è quello del vaglio di

conformità della situazione soggettiva di secondo grado, tale perché coniata a livello nazionale, ai dettami della Convenzione: un vaglio di legittimità delle regole che naturalmente, non può essere condotto in astratto bensì analizzando la giurisprudenza delle singole corti nazionali55.

Un altro snodo fondamentale dell'art. 6 è il principio “de l'egalité des armes”. Tal principio sottende il “diritto alla difesa”, “il diritto alla prova” e il “contraddittorio”.

Il contraddittorio56, quale concreta esplicazione del principio di eguaglianza, deve innanzitutto

essere “pieno”, cioè a dire che tale principio postula l'esigenza di impedire che possano, di fatto, 50 COMOGLIO, Il giusto processo civile nella dimensione comparatistica (Riv. Dir. Process., 2002, 728). 51 STARACE, Durata ragionevole del processo e impegni internazionali dell'Italia (Foro it., 1995, V, 264).

52 Ad esempio, l'interruzione forzata dell'attività giudiziaria dovuta al verificarsi di eventi naturali, come è accaduto in alcune zone del paese in occasione di terremoti, non può essere considerata un parametro valido nell'apprezzamento della violazione del délai raisonnable: RUSSO e QUAINI, La convenzione europea dei diritti dell'uomo, pag. 90. 53 La Corte di Strasburgo ha ritenuto sussistente la violazione dell'art 6, I co., per la durata eccessiva del processo,

congiuntamente a quella dell'art. 13, perché l'ordinamento tedesco non prevede un ricorso per limitare la durata del processo in caso di divorzio: Corte EDU, Kulhen-Rafsandjani c. Germania, 20 gennaio 2011. Ancora, secondo la Corte l'impossibilità, per carenza nel sistema nazionale, di ottenere un indennizzo a causa di una mancata

esecuzione di una sentenza passata in giudicato integra la violazione congiunta degli art.li 6 e 13:Corte EDU, Eltari

c. Albania, 8 marzo 2011.

54 RAMAJOLI, Il giudice nazionale e la CEDU: disapplicazione diffusa o dichiarazione d'illegittimità costituzionale

della norma interna contrastante con la Convenzione? (Dir. Proc. Amm., 2012, 846 e ss.).

55 TROCKER, La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e il ruolo “propositivo” della giurisprudenza

di Strasburgo: regole europee per il contenzioso nazionale, in ID., La formazione del diritto processuale europeo,

pag. 171, ss.

56 PICARDI, “Audiatur et altera pars”. Le matrici storico-culturali del contraddittorio (Riv. Trim. dir. Proc. Civ.,

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verificarsi immotivate disparità di trattamento tra le parti. La tutela del contraddittorio va intesa quale precetto volto ad evitare ingiustificabili disparità di trattamento e tale condizione di parità va sostanzialmente intesa come l'attribuzione alle parti di uguali chances di successo dinanzi al giudice adito57. Il principio della parità delle armi può venire leso anche dalla previsione di disposizioni che

non impongano al giudice di sottoporre a previa discussione tra le parti le questioni rilevate ex

officio, anche quando si tratti semplicemente di segnalare alle stesse questioni di diritto o mere

lacune istruttorie, violando così anche il canone del giusto processo. Infatti sancisce l'art. 111, II co., Cost.: “..se ritiene di porre a fondamento una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, per il deposito delle memorie..”; può così dirsi risolta la vexata quaestio relativa alla doverosità del potere del giudice di indicare alle parti le questioni rilevate ufficiosamente. Dunque, una piena applicazione del principio del contraddittorio impone che quella sentenza fondata su una questione rilevata ex officio e non previamente sottoposta al contraddittorio delle parti sia affetta da nullità [ex art. 101, II, c.p.c]. Il contraddittorio svolge il ruolo di ponte tra il potere ufficioso del giudice sempre più ad ampio raggio ed un ruolo delle parti di tipo “partecipativo” in vista di un approdo ad una giusta decisione. Tra i cardini di un processo equo spicca quello che garantisce il diritto ad un giudizio dinanzi ad un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge. L'indipendenza postula una autonomia del potere giudiziario rispetto a quello esecutivo; l'imparzialità, invece, rimanda alla alla necessità dell'obbiettività di un giudizio del magistrato e della sua equidistanza dalle parti58.

Di poi, l'art. 6, stabilisce che il processo equo deve svolgersi dinanzi ad un tribunale costituito per legge59, dovendo l'ufficio competente e la sua composizione trovare titolo in una previsione

normativa. La violazione di tali precetti integra la violazione dell'equo processo secondo le regole CEDU, perché pronunziato contravvenendo alle regole di diritto interno.

Un'ulteriore garanzia contemplata dall'art. 6, concerne la pubblicità dei giudizi. La disposizione stabilisce che ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata pubblicamente e a che la sentenza sia resa pubblicamente, con la deroga per la quale l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia.

Già da tempo la Corte di Strasburgo ha avuto cura di precisare che la pubblicità dei dibattiti giudiziari rappresenta un principio fondamentale tra quelli consacrati dall'art. 6, in quanto espressione di una garanzia che protegge da una giustizia segreta che sfugge al controllo del pubblico e che, in virtù della trasparenza che essa conferisce all'amministrazione della giustizia, concorre a definire il processo equo secondo le indicazioni CEDU60. Gli unici (legittimi) limiti al

pieno operare del principio in questione sono, per la Corte, quelli contemplati dallo stesso art. 6; il che sta a significare che, laddove naturalmente non sussistano particolari esigenze, la pubblicità non può essere esclusa “quale che sia la forma del procedimento che il diritto interno presceglie per la determinazione di diritti e obblighi in materia civile”61.

Secondo la Corte di Cassazione il principio di pubblicità non trova una applicazione assoluta, in quanto l'art. 6 CEDU per un verso esige che il processo debba necessariamente prevedere un momento di trattazione in un'udienza pubblica, per l'altro non impone pure che tutta l'attività processuale debba svolgersi pubblicamente62. Tuttavia come precisato dalla Consulta, il principio di

pubblicità delle udienze, correttamente inteso, costituisce “conseguenza necessaria del fondamento democratico del potere giurisdizionale” e in uno con l'obbligo di motivazione rappresenta lo

57 COMOGLIO, Tutela differenziata e pari effettività nella giustizia civile (Riv. Dir. Proc., 2008, 1521). 58 BALENA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, 3a ed., pag. 146.

59 Corte EDU, Jorgic c. Germania, 12 luglio 2007. 60 Corte EDU, Diennet c. Francia, 26 settembre 1995.

61 TARZIA, L'art. III Cost. e le garanzie europee del processo civile (Riv. Dir. Proc. 2011, 16). 62 Cass., 19947/2008.

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strumento di controllo sugli atti giudiziari63. In siffatto contesto, quindi la pubblicità dei giudizi non

può che porsi sempre come una regola che deve trovare piena attuazione e che, pertanto, può essere limitata esclusivamente nell'interesse della giustizia, o per ragioni di ordine pubblico o di morale; deroghe, queste, che appaiono del tutto razionali e legittime rispetto al pieno operare del principio in questione, giacché giustificate da interessi superiori oppure da ragioni di tipo obiettivo.

Infine, il disallineamento tra i principi CEDU e quelli dell'ordinamento italiano risiede nella circostanza che il processo descritto dall'art. 6 è l'optimum, l'obiettivo, il fine. Non un processo “sulla carta” si vuol dire, ma il migliore dei processi possibili e in quanto archetipo, è e sarà sempre destinato a fungere da paradigma assiologico di riferimento.

2. DIRITTI SOGGETTIVI ED INTERESSI LEGITTIMI: DUE CATEGORIE IN PROGRESSIVA EVOLUZIONE.

Il diritto soggettivo ha rappresentato per decenni l'unica situazione giuridica suscettibile di tutela davanti all'autorità giudiziaria in modo pieno e completo64. Ad un diritto soggettivo dev'essere

assicurata una tutela piena ed immediata e la possibilità di conseguire una valida soddisfazione ripristinatoria o quanto meno surrogatoria dell'interesse eventualmente leso.

In termini più generici si parla di diritto soggettivo riferendosi al potere di disposizione riconosciuto al titolare del diritto per i beni che ne formano oggetto, all'esclusione dei terzi dal godimento delle cose oggetto del diritto, alla decisività della volontà del titolare nelle vicende dello stesso. Con l'attribuzione del diritto soggettivo si realizza la più ampia protezione dell'interesse del singolo al quale, al contempo, si riconosce una situazione di libertà per il soddisfacimento dello stesso. L'ordinamento giuridico può variamente condizionare la tutela dei diritti soggettivi che sono essi stessi un prodotto della legge quando emergono motivi di interesse pubblico che necessitano di una pregnante protezione. Tuttavia, anche in questi casi il diritto soggettivo sacrificato produce

determinati effetti trasformandosi in diritto affievolito per effetto dell'esercizio del potere.

Il legislatore costituente ha preferito la nozione formale di interesse legittimo a quella di interesse

giuridicamente protetto e a quella di interesse tout court65. Nell'ottica costituzionale è invalsa la

necessità di delineare una nozione di interesse individualizzata e differenziata, da ascrivere nell'ambito del diritto pubblico, in quanto afferente alla tutela primaria del pubblico interesse e, come tale, azionabile nei confronti della P.A.66.

La disponibilità e la tutelabilità di tali interessi manifesta la concreta volontà espressa nella norma costituzionale volta ad ottenere per ogni situazione di vantaggio riconosciuta dal diritto materiale, la più idonea forma di protezione giudiziale qualunque sia il soggetto legittimato a chiederlo.

L'evoluzione e la portata delle garanzie di tutela degli interessi legittimi, sullo scorso dell'ultimo secolo, è stata assai significativa ed ha finalmente assicurato piena attuazione al dettato

costituzionale di cui all'articolo in commento. Soprattutto il riconoscimento, prima

63 Corte Cost., 24 luglio 1986, n. 212 (Riv. Dir. Fin., 1987, II, 13 e seguenti), con nota di CONSOLO, Imprescindibile

pubblicità delle udienze del contenzioso tributario, anche in considerazione della non particolare “riservatezza” di esso: la Consulta vede, ma non provvede, la quale riconosce “il potere del legislatore ordinario di introdurre per

singole categorie di procedimenti deroghe determinate da ragioni obbiettive e razionali” ed afferma altresì che il principio di pubblicità “non può considerarsi assoluto e deve cedere in presenza di particolari circostanze giustificative, ma, ove queste non si verifichino, è indubitabile che la regola della pubblicità delle udienze debba trovare piena attuazione”.

64 I primi tentativi di concettualizzare e definire il diritto soggettivo risalgono agli inizi dell'ottocento, con la teoria di

Windscheid che configurava il diritto soggettivo come “signoria (o potere) della volontà” tutelata dall'ordinamento

giuridico.

65 COMOGLIO, Art. 24In Giurisprudenza: [C.cost. 179/2002; C.cost. 135/1998; C.cost.165/1998; Cass., S.U., 500/1999].

66 COMOGLIO, 1970, 103: “IL problema costituzionale di garantire l'esercizio del diritto-potere di azione in

giudizio si è primariamente posto quale problema di tutela del cittadino nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.

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giurisprudenziale e poi legislativo, della risarcibilità dei danni derivanti da lesione di interesse legittimo, ha comportato un'effettività ed una pienezza della tutela giurisdizionale di tale estensione da indurre la dottrina a dividersi tra coloro che preconizzano l'imminente agonia dell'interesse legittimo (o, addirittura, si affannano a certificarne il decesso) e gli studiosi che, invece, affermando la persistente validità di quella situazione soggettiva, ritengono necessario un ben meditato

approfondimento teorico.

L'interrogativo in questione si fonda sull'assunto secondo cui, nella sostanza, tra diritto soggettivo ed interesse legittimo vi siano alcuni elementi in comune, quali la sussistenza di un interesse personale che sta alla base dell'uno e dell'altro, ovvero la protezione che all'uno e all'altro è

accordata dall'ordinamento, mentre diverse sono la misura e sopratutto la forma della protezione67.

È in questa diversità che risiede la ragione della distinzione tra le due situazioni giuridiche soggettive68.

Ebbene l'interrogativo che si è posta la dottrina è se l'avvento di una giurisdizione tendenzialmente piena, idonea ad assicurare, anche agli interessi legittimi, la stessa misura di tutela già garantita ai diritti soggettivi, consenta la sopravvivenza di una distinzione concettuale che non troverebbe più riscontro in relazione alla misura (ma solo alle forme) della tutela giurisdizionale accordata69.

Tale sopravvivenza non sarebbe neppure necessaria sul versante del riparto fra giurisdizioni, dove si assiste ad un lento ma inarrestabile declino del criterio del riparto fondato sulle situazioni

soggettive, a vantaggio di quello sulle materie “omogenee”; la dottrina ha posto diversi accenti nel rispondere a tale interrogativo.

Alcuni Autori, nel solco della tradizione dottrinale più che centenaria, che faceva dell'interesse legittimo una derivazione del diritto soggettivo70, più che un suo presupposto71, sembrano svalutare

la contrapposizione tra le due distinte situazioni giuridiche soggettive, proprio in relazione alla tendenza invasiva di una giurisdizione piena sul cattivo esercizio del potere che, superando i tradizionali confini tra attività discrezionale ed attività vincolata, ha eroso i più significativi tratti differenziali tra le due figure72.

Pure rifacendosi alle ricostruzioni dottrinarie più tradizionali dell'interesse legittimo come “interesse protetto occasionalmente e di riflesso”73, altri hanno ritenuto di dover annunciare

“l'agonia” e “la morte ingloriosa” dell'interesse legittimo. In questa prospettiva, se è vero che tali luttuosi eventi venivano strettamente collegati alle recenti evoluzioni in tema di tutela

giurisdizionale dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, è pur vero che essi trovano loro ultima causa e vera giustificazione nella rinnovata concezione dei rapporti tra l'amministrazione e il cittadino, fra autorità e libertà.

Tuttavia la nozione di un interesse legittimo quale “tutela occasionale o eventuale”, su cui si poggia la dottrina che ipotizza il suo venir meno, è da ritenersi inaccettabile e per questo non condivisibile l'agonia o la morte dell'interesse legittimo74.

Altre posizioni dottrinarie, tentano sulla mera forza evocativa del nomen juris, la riduzione ad unità delle diverse situazioni giuridiche soggettive. Ma una operazione basata su argomenti nominalistici 67 MIELE, Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interesse nella giustizia amministrativa,

in Foro Amm., 1940, 53.

68 GIANNINI, PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica

amministrazione, in Enc. Dir., XIX, Milano, 1970, 254.

69 La tesi è stata sostenuta da MARZUOLI, ORSI BATTAGLINI, La Cassazione sul risarcimento del danno arrecato

dalla pubblica amministrazione: trasfigurazione e morte dell'interesse legittimo, in Dir. Pubbl., 1999, 494 ss., spec.

497.

70 CANNADA BARTOLI, Il Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa e il suo sistema, in Studi in

onore di F. Benvenuti, I, Modena, 1996, 339 ss., ricorda come già CAMMEO, Lezioni di procedura civile, padova,

1910, 323, ritenesse che i diritti soggettivi e gli interessi legittimi non siano situazioni oggettivamente e, si direbbe, ontologicamente distinte.

71 CANNADA BARTOLI, Il diritto soggettivo come presupposto dell'interesse legittimo, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 1953, 334.

72 PALMA, Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto amministrativo, in Tratt. Santaniello, II, Padova, 2000, 126. 73 RANELLETTI, Principi di diritto amministrativo, I, Napoli, 1912, 439.

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ha scarse prospettive di successo, soprattutto quando dal nomen juris si voglia far derivare una semplificazione della ben più complessa realtà materiale75.

Diversa dottrina e la giurisprudenza della CGUE sostengono l'orientamento secondo cui il

discriminante tra le situazioni giuridiche soggettive non è tanto la sua qualificazione, come diritto soggettivo o interesse legittimo, bensì l'effettività e la completezza della protezione giuridica76.

Le posizioni esaminate sembrano condividere tutte la stessa preoccupazione: il timore che

l'interesse legittimo costituisca in sé un ostacolo alla effettività ed alla pienezza di tutela dei privati nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Si paventa cioè il pericolo che l'interesse legittimo possa offrire “l'immagine di una forma minima di tutela, di una tutela in cui si sconta la prevalenza del potere pubblico”77.

È interessante sottolineare come l'introduzione di un ricorso di piena giurisdizione esperibile

davanti al giudice amministrativo per la tutela, indifferentemente, sia dei diritti soggettivi che degli interessi legittimi, pone a riparo proprio dall'esigenza di una maggiore effettività della tutela

giurisdizionale del cittadino nei confronti della P.A.. Ciò senza alcuna necessità (o residua utilità) di negare la ontologica differenza intercorrente tra le diverse situazioni giuridiche soggettive78.

Quanto ai profili sostanziali, alcuni contributi dottrinari sono indirizzati a dimostrare come l'interesse legittimo sia una figura soggettiva concettualmente necessaria, ogniqualvolta si voglia attribuire ad un soggetto dell'ordinamento un potere autoritativo a fronte dell'interesse del singolo. La necessità di conservare una situazione giuridica soggettiva “diversa” dal diritto soggettivo, si ha ogniqualvolta si instauri un rapporto tra un privato e il pubblico potere, per conservare (o

conseguire ex novo) un bene della vita o una disciplina favorevole al bene della vita, al fine perseguito79.

La dottrina più recente ritiene che non vi possa non essere un'articolazione delle posizioni soggettive e considera un dato acquisito nel nostro ordinamento l'esistenza di una pluralità di posizioni soggettive nei confronti della pubblica amministrazione80.

La distinzione processuale fra diritti soggettivi e gli interessi legittimi, verte sul diverso modo e misura con cui l'interesse sostanziale dell'amministrato è tutelato dall'ordinamento. Con l'avvento di una giurisdizione tendenzialmente piena (ed esclusiva) del giudice amministrativo a tutela sia dei diritti soggettivi, sia degli interessi legittimi, la tutela giurisdizionale di questi ultimi è stata ampliata, senza con questo confondersi con il tipo di tutela già accordata ai diritti soggettivi. Se infatti le nuove garanzie di tutela assicurate dalla giurisdizione “piena” del giudice amministrativo agli interessi legittimi consentono di superare il timore che l'interesse legittimo costituisca in sé un ostacolo alla effettività ed alla pienezza di tutela dei privati nei confronti delle pubbliche

amministrazioni, esse alimentano però il dubbio che le nuove norme abbiano in realtà “parificato” la protezione giurisdizionale assicurata a tutte le diverse situazioni giuridiche soggettive, rendendo inutile la loro differenziazione sul piano della tutela processuale81.

Le modalità, i contenuti e la misura della tutela giurisdizionale di “piena giurisdizione” del giudice amministrativo, però, mettono in evidenza che la “pienezza” della tutela giurisdizionale assicurata all'interesse legittimo dalle previsioni del D.lgs. 80/1998 e poi dalla L. 205/2000, non si raggiunge affatto con la estensione all'interesse legittimo delle garanzie di tutela proprie dei diritti soggettivi. Al contrario82, la caratteristica della giurisdizione piena è proprio di assicurare una tutela

differenziata che, caso per caso, corrisponda in modo adeguato alla effettiva consistenza delle diverse situazioni giuridiche soggettive vantate in giudizio83; la tutela si differenzia per la misura

75 SCOCA, Risarcibilità, cit., 54.

76 PICOZZA, Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto cimunitario, cit., 58.

77 BERTI, Il rapporto amministrativo nella costruzione giuridica dello stato, in Scritti in onore di C. Mortati, II, Milano, 1977, 39. In Giurisprudenza: [Cass., sent. n. 500/1999].

78 GIANNINI, Ha un futuro la nozione di interesse legittimo?, in Scritti in onore di E. Fazzalari, I, Milano, 1993, 47. 79 SCOCA, 1990, 60 e ID., Il silenzio, cit., 113 ss. E 146.

80 GALLO, Soggetti e posizioni soggettive nei confronti della pubblica amministrazione, in Digesto pubbl., XIV, Torino, 1999, 285.

81 Se non per il profilo, per altro recessivo, del discriminante tra giurisdizioni.

82 POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I, Padova, 2000, 214. 83 SCOCA, Risarcibilità, 47; ROSSI, cit., 78.

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che le medesime forme assicurano indistintamente a tutte le situazioni giuridiche soggettive. Mentre in passato la tutela giurisdizionale differenziata si fondava sulla diversità del modello processuale proprio dell'un giudice e dell'altro (modello impugnatorio-cassatorio a garanzia dell'interesse legittimo e modello risarcitorio-restitutorio a tutela del diritto soggettivo); oggi, a seguito della sostanziale parificazione del modello processuale (e delle azioni esperibili) a tutela delle distinte situazioni giuridiche soggettive, la diversità si radica sui contenuti e sulla misura che il medesimo modello processuale può assicurare alle diverse situazioni giuridiche soggettive.

Come per i diritti soggettivi, anche per gli interessi legittimi, gli organi giurisdizionali hanno il compito di garantire l'effettiva osservanza delle norme poste dalla costituzione e dalle altre fonti, di reprimere e di sanzionare le eventuali violazioni del diritto vigente e di ripristinarne il necessario rispetto. Da ciò deriva l'importanza della funzione giurisdizionale, volta ad assicurare in modo efficace la composizione delle controversie ed il rispetti delle norme violate, per garantire la pacifica convivenza e l'ordinato vivere civile84.

Il ricorso all'autorità giurisdizionale non può essere impedito a nessun soggetto dell'ordinamento, in quanto ciò che si intende mantenere fermo è la supremazia del diritto sull'arbitrio. La garanzia contenuta nell'art. 24 Cost. Afferma che solo il giudice può concedere o negare la tutela, verificandone in giudizio i presupposti. Pertanto le norme che direttamente o indirettamente sottraggono all'autorità giudiziaria, in tutto o in parte, il “giudizio”, violano il precetto

costituzionale. Ne consegue l'ammissibilità dell'arbitrato facoltativo, quello strumento con cui i privati scelgono liberamente di devolvere la risoluzione di una controversia su diritti soggettivi (convenzione di arbitrato), a soggetti privati (arbitri), al fine di ottenere una decisione arbitrale, un “lodo”, che ha gli stessi effetti della sentenza; al contrario sono costituzionalmente illegittime quelle norme che impongono l'arbitrato come forma obbligatoria di giurisdizione privata alternativa a quella pubblica85.

3. DELL'ESERCIZIO DEL DIRITTO DI AZIONE: TITOLARITÀ, CONTENUTO, INVIOLABILITÀ, LIMITI.

Ogni individuo dell'ordinamento, sia esso una persona fisica o giuridica, ha il diritto di ricorrere alla autorità giudiziaria per fare valere e veder riconosciuto una proprio diritto soggettivo o interesse legittimo; la legge prevede i presupposti per l'esercizio del diritto di azione, già tutelato in sede costituzionale.

L'interesse legittimo è il termine passivo del rapporto giuridico amministrativo e al pari dl diritto soggettivo, trova un riconoscimento costituzionale nelle disposizioni dedicate alla tutela

giurisdizionale [art.li 24,103,113] e costituisce dunque una situazione giuridica soggettiva dalla quale, nonostante tutte le critiche, non si può prescindere. La rilevanza della distinzione tra le due categorie di situazioni giuridiche è stata tradizionalmente duplice: è assurta a criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, il primo investito della giurisdizione sui diritti soggettivi, il secondo della giurisdizione sugli interessi legittimi; è servita a delimitare l'ambito della responsabilità civile della pubblica amministrazione che non comprendeva il risarcimento del danno derivante dalla lesione di interessi legittimi.

Questo secondo aspetto è stato superato nel 1999 ad opera della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 500/1999 che ha aperto la strada alla risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo rovesciando il precedente orientamento fatto proprio da una “giurisprudenza pietrificata”.

84 CGUE, 30/06/1966, 61/75, Goebbels; Corte EDU, 25/09/1997, Aydin; CGCE, 28/07/1999, Sim Saffi. Come è stato evidenziato da autorevole dottrina (COMOGLIO, Valori etici e ideologie del “giusto processo”, in Riv. Trim. dir. e

proc. civ., 1998, 896), il “diritto al giudice”, condiviso dalla CGUE, si inserisce nel nucleo centrale del modello

giustiziale accolto dal costituzionalismo moderno.

85 VERDE, Profili del processo civile, Napoli, 1991, 42; BORGHESI, Azione popolare, in Enc. Giurid., IV, Roma, 1988.

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