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L'APPELLO CAUTELARE.

9,a) LA GARANZIA COSTITUZIONALE DEL DOPPIO GRADO DI GIURISDIZIONE E L'APPELLO DELLE ORDINANZE CAUTELARI.

Il libro terzo del codice del processo amministrativo è dedicato alla impugnazione delle sentenze. Nei confronti delle sentenze del giudice amministrativo sono previsti vari mezzi di impugnazione: nei confronti delle sentenze dei T.A.R., è ammesso l'appello al Consiglio di Stato (o al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, se sono impugnate sentenze del T.A.R. Sicilia), nei confronti delle sentenze del Consiglio di Stato (o del Consiglio di giustizia amministrativa), è ammesso il ricorso per cassazione per i motivi di giurisdizione, nei confronti delle sentenze dei T.A.R. E del Consiglio di Stato (o del Consiglio di giustizia amministrativa), sono ammessi, infine, la revocazione e l'opposizione di terzo (art.li 91, 1000, 106, 108, 110, c.p.a.). A questi mezzi di impugnazione va accostato il regolamento di competenza, quando sia proposto nei confronti dell'ordinanza del T.A.R., che si pronunci sulla competenza (art. 16, III co., c.p.a.).

In passato si riteneva non ammissibile proporre appello avverso le ordinanze cautelari, nella

considerazione che il cessato art. 28 della l. T.A.R. 1971 prevedeva l'appello solo contro le sentenze e che, in via generale era inesistente nell'ordinamento vigente un principio che imponesse sempre e comunque il doppio grado di giurisdizione.

La possibilità di appellare le ordinanze cautelari è stata riconosciuta dalla pronuncia n. 1/1978, Ad. Plenaria del Consiglio di Stato e ha trovato espressa regolamentazione normativa nella legge n. 205/2000, che ha modificato l'art. 28 della l.n. 1034/1971. Tale disposizione ha disposto che nei confronti delle ordinanze cautelari “è ammesso ricorso in appello, da proporre nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell'ordinanza ovvero nei centoventi giorni dalla comunicazione del deposito della stessa nella segreteria” (art. 3, legge n. 205/2000)414. In ragione dell'espresso

richiamo contenuto nell'abrogato art. 21 della legge 1034/1971, come novellato dall'art. 3 della legge 205/2000, al giudizio in appello sono state applicate le medesime disposizioni di quello cautelare in primo grado riguardanti il rito in camera di consiglio e la decisione con la forma dell'ordinanza415.

Il codice recepisce e conferma l'istituto regolandone la procedura all'art. 62. 9,b) I TERMINI.

L'art. 62 del codice disciplina la materia dell'appalto avverso le ordinanze cautelari assunte dai T.A.R., che in precedenza era regolata dagli abr.art.li 21 e 28 della legge 1034/1971, così come novellati dalla legge 205/2000.

L'appello è proponibile trenta giorni dalla notifica dell'ordinanza oppure entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione [art. 62, I co.]. Si applica la disciplina generale prevista dall'art. 45, che prevede il deposito presso il C.d.S., entro trenta giorni dal momento in cui l'ultima notifica si è perfezionata anche per il destinatario. L'appello è deciso in camera di consiglio con ordinanza che viene

trasmessa a cura della segreteria dal primo giudice, anche ai fini della fissazione dell'udienza di merito [art. 62, co. II, c.p.a.]. Al giudizio si applicano le disposizioni in materia di misure cautelari collegiali, di misure cautelari monocratiche e di spese sul procedimento.

9,c) GIURISDIZIONE E COMPETENZA.

Anche in sede di appello deve preliminarmente valutarsi la competenza del primo giudice. 414 In Giurisprudenza: [C.G.A., sez.giurisdiz., sent. 903/2009], in tema di esimenti prospettabili in caso di mancato

rispetto del termine perentorio.

415 L'appello si presenta, anche nel processo amministrativo, come rimedio a critica libera, concesso alla parte

soccombente per far valere, oltre agli errori e ai vizi, anche la semplice ingiustizia della sentenza di primo grado. È di carattere rinnovatorio, o sostitutivo, perché normalmente la decisione del Consiglio di Stato che accoglie l'appello, sostituisce integralmente quella del T.A.R., pronunciando direttamente sul ricorso.

Il quarto comma dell'art. 62 impone al Consiglio di Stato, in sede di appello cautelare, di verificare la competenza del tribunale amministrativo che ha assunto il provvedimento appellato, anche nel caso in cui la questione di competenza non sia stata sollevata in sede di appello cautelare416.

Ove il Consiglio di stato ritenga sussistere l'incompetenza del giudice di primo grado, esso deve sottoporre la questione al contraddittorio delle parti, in sede di discussione in camera di consiglio [art. 73, co. III] oppure, ove abbia già trattenuto la decisione, riservandosi su di essa, fissando con ordinanza un termine non superiore a 30 giorni per il deposito di memorie.

In caso di riscontrata incompetenza del giudice di primo grado, il Consiglio di Stato indica il T.A.R. competente e annulla le misure cautelari già adottate dal giudice di primo grado.

Il ricorrente, in tal caso, può riproporre la domanda cautelare al T.A.R. Individuato come competente. Siffatta operatività della pronuncia sulla competenza in sede di appello cautelare suscita alcune perplessità, se rapportata alle previsioni dell'art. 15, co. VIII. La norma prevede infatti che le misure cautelari adottate dal giudice dichiarato incompetente in sede di regolamento di competenza perdano efficacia decorso il termine di 30 giorni dalla data di pubblicazione

dell'ordinanza che ha regolato la competenza, consentendo in tal modo al ricorrente di riproporre entro tale termine la domanda cautelare dinanzi al giudice competente senza alcuna interruzione degli effetti della misura cautelare precedentemente adottata.

L'immediato annullamento della ordinanza prevista invece dall'art. 62 in sede di appello per rilevata incompetenza del giudice di primo grado determinerebbe un vuoto di tutela per il ricorrente, che si estenderebbe sino alla riproposizione della domanda cautelare dinanzi al giudice competente417.

Da ultimo è opportuno osservare che in sede di regolamento di competenza il C.d.S., in ragione della introduzione della competenza territoriale inderogabile, non sia più limitati, nella

individuazione del giudice competente, alle indicazione delle parti ovvero alla indicazione dell'ordinanza del tribunale che ha declinato la propria competenza418.

9,d) L'APPELLO E LA MOTIVAZIONE INSUFFICIENTE DELL'ORDINANZA CAUTELARE. L'art. 3 del c.p.a., dispone che ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato.

La norma dovrebbe riferirsi anche alle ordinanze cautelari, che possono essere appellate per dofetto di motivazione. Sotto la previgente normativa sussistevano dubbi sulla configurabilità della

motivazione come requisito di validità dell'ordinanza e la sua eventuale mancanza non concretizzava un difetto di procedura ai fini dell'annullamento con rinvio419. Non si riteneva

prospettabile rispetto agli atti del giudice amministrativo (sentenze e ordinanze), la questione sulla distinzione fra mancanza o insufficienza o illogicità della motivazione, come in sede civile o penale. Né si poneva il problema di qualificare il vizio da cui è affetta la pronuncia nelle diverse ipotesi. Tuttavia si riconosceva l'importanza della motivazione al fine del riesame da parte del giudice d'appello, che risulta più agevole potendo egli ripercorrere le tappe argomentative dei giudici che avevano emesso l'ordinanza impugnata. Alla motivazione era anche riconosciuto un ruolo

416 In tal senso la verifica della competenza in sede cautelare è ben più incisiva rispetto al giudizio di impugnazione nel merito ove il difetto di competenza può essere rilevato solo se dedotto con specifico motivo avverso un capo della sentenza che sia espresso esplicitamente o implicitamente sul tema, [art. 15, co. I, c.p.a.].

417 Tale vuoto di tutela non sembrerebbe trovare giustificazione in quanto il Consiglio di Stato è tenuto a verificare la competenza del giudice di primo grado in via preliminare rispetto alla valutazione della misura cautelare appellata. Pertanto ove riconosca l'incombenza del primo giudice, l'annullamento del provvedimento cautelare opererebbe senza alcuna ulteriore disamina del provvedimento stesso, che in linea astratta avrebbe dovuto essere ritenuto adeguato alla tutela interinale della situazione giuridica del ricorrente.

418 Tale limitazione si riteneva sussistere prima dell'entrata in vigore del codice: in presenza di una competenza territoriale derogabile, in sede di regolamento di competenza il C.d.S. si riteneva vincolato alle formulazioni formulate dalle parti e pertanto ove avesse ritenuto errate tali indicazioni non avrebbe potuto indicare il diverso tribunale da esso ritenuto competente, ma avrebbe dovuto limitarsi a respingere l'istanza così come formulata. Con l'entrata in vigore del codice tale limitazione non può ritenersi sussistente, dovendo il Consiglio di Stato regolare in ogni caso la competenza, anche d'ufficio. A. DI GIOVANNI, Processo amministrativo di primo grado, in Codice

del processo amministrativo, a cura di E. PICOZZA, 2011, 115.

419 “È dubbia l'ammissibilità di un appello con cui si deduca unicamente l'insufficienza della motivazione dell'ordinanza, di per sé non rilevante” [C.d.S.. VI, 325/1999].

importante per la formulazione delle doglianze da parte dell'appellante, consentendo una miglior puntualizzazione420.

Rispetto alle pronunce del C.d.S. Tale funzione della motivazione non sarebbe configurabile, in quanto esse non sono soggette ad impugnazione. La motivazione è comunque in ogni caso rilevante a vari fini, fra cui l'eventuale giudizio di responsabilità421.

9,e) INAPPLICABILITÀ DELLE MISURE CAUTELARI ANTE CAUSAM NEI GIUDIZI DI APPELLO.

Come già esaminato in precedenza, nel grado di appello è inapplicabile la misura cautelare ante

causam. La ragione è da ricercarsi, in linea generale nella stessa funzione della tutela ante causam

che, esclude ontologicamente, la sussistenza di un giudizio pendente, ancorché deciso in primo grado422. Con l'entrata in vigore del codice la problematica è stata risolta nel senso della

inappellabilità dei decreti monocratici come esplicitamente si coglie dal tenore dell'art. 56, co. II, il quale stabilisce che il giudice provvede con decreto motivato non impugnabile. Tali principi di carattere generale assumono decisiva rilevanza con riferimento alle misure cautelari ante causam disciplinate dall'art. 61 del codice, considerata la loro funzione strumentale all'introduzione del giudizio dinanzi al T.A.R. È di tutta evidenza che la suddetta funzione non può ritenersi sussistente in presenza di una decisione di merito. Del pari in sede civile è stata esclusa la proponibilità di richieste di misure cautelari atipiche al fine di sorprendere o modificare l'esecutività di

provvedimenti giurisdizionali.

La non impugnabilità dei provvedimenti cautelari ante causam nel processo amministrativo

costituisce una ulteriore differenza rispetto alla ordinaria impugnabilità dei provvedimenti cautelari

ante causam nel giudizio civile. Nel giudizio civile, a seguito delle decisioni della Corte

Costituzionale423, nonché delle modifiche normative introdotte con la legge 80/2005, tutte ordinanze

con cui sono stati concessi o negati provvedimenti cautelari sono reclamabili dinanzi al Collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato [art. 669

terdecies,c.p.c.]424.

9,f) APPELLO E MISURE MONOCRATICHE.

In sede di appello possono essere assunte misure cautelari monocratiche, e trova pertanto applicazione l'intera disciplina dell'art. 56, c.p.a. In caso di accoglimento dell'appello e la concessione di misure cautelari, l'ordinanza è inviata al giudice di primo grado a cura della segreteria, affinché provveda alla fissazione dell'udienza di merito ai sensi dell'art. 55, co. XI. Il carattere temporaneo della misura cautelare monocratica ne giustifica la sua non impugnabilità, così come già previsto dalla precedente disciplina, e confermato dall'art. 56, co. IV del codice425.

420 G. VACIRCA, La motivazione dei provvedimenti cautelari, in La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2006, 24.

421 G. VACIRCA, La motivazione dei provvedimenti cautelari, in La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2006, 25, il quale precisa che se è vero che la mancanza di motivazione è prevista come causa di responsabilità solo per i provvedimenti concernenti la libertà personale [art. 2, co. III, lett. D), l. 117/1988] e non può di per se rilevare in altre fattispecie, non può tuttavia trascurarsi che le cause di responsabilità per dolo o colpa grave possono essere tanto più agevolmente configurate quanto meno motivata è stata la scelta del giudice.

422 In passato il C.d.S., dopo aver negato per anni l'appellabilità del decreto monocratico, era tuttavia giunto ad ammetterlo per motivi di estrema gravità ed urgenza, tali da non consentire di attendere la camera di consiglio, [C.d.S., sez. V, 4628/2009]. Sulla questione, M. SANINO, Codice del processo amministrativo, Torino, 2011, 267. 423 [C.cost., sent. 253/1994 e 197/1995].

424 Il reclamo avverso le misure cautelari concesse o negate costituisce un mezzo di impugnazione in senso ampio, con le caratteristiche sue proprie, essendo diretto a provocare il riesame integrale del provvedimento cautelare da parte di un giudice diverso e collegiale rispetto al giudice monocratico che ha assunto il provvedimento impugnato. In sede di reclamo il giudice dell'impugnazione può riesaminare la valutazione dei presupposti e degli elementi sui quali è fondato il provvedimento impugnato, sia eventuali circostanze e motivi sopravvenuti anche quando già il reclamo era pendente.

9,g) APPELLO E MISURE CAUTELARI. LA SOSPENSIONE DELLA SENTENZA NEL RITO ORDINARIO E NEL RITO SPECIALE.

L'art. 98 c.p.a. prevede la possibilità da parte del giudice dell'impugnazione di sospendere

l'esecutività della sentenza impugnata, salvo quanto disposto dall'art. 111 Cost. La misura cautelare è proposta con istanza dalla parte appellante e deve contenere i motivi nonché la prospettazione di un danno grave ed irreparabile. Quest'ultimo non pare richiedere requisiti differenti da quelli previsti nella fase cautelare di primo grado.

Il giudice, che ha la facoltà di disporre anche altre misure cautelari che risultino opportune, si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio. Il procedimento è analogo a quello cautelare di primo grado (la norma richiama l'art. 55, co. I-X e l'art. 57 in materia di statuizione delle spese).

La disciplina codicistica è rimasta invariata e fa riferimento solo al danno grave ed irreparabile che può derivare dall'esecuzione della sentenza. La formula utilizzata è infatti analoga a quella

previgente in materia di sospensione dell'efficacia del provvedimento.

L'ordinanza di sospensione della sentenza deve contenere anche l'indicazione dei profili che inducono ad una ragionevole previsione sull'esito dell'appello, sia nel caso di impugnazione di una sentenza di accoglimento che di rigetto.

Lo schema della motivazione è simile a quello di un'ordinanza di primo grado. Sembra potersi ancora ammettere la motivazione per relationem rispetto alla sentenza di primo grado426. Se tale

tipo di motivazione non è ritenuto sufficiente nelle sentenze, sembra ammissibile invece in questa sede, considerato che esso basta a giustificare il rigetto di un'istanza di sospensione, specie quando con l'appello si ripropongano le questioni già trattate in primo grado.

9,h) IL CASO DELLA SOSPENSIONE DELL'ATTO AMMINISTRATIVO IMPUGNATO DA PARTE DEL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE DI ADUNANZA PLENARIA.

Si ritiene che in caso di contrasto giurisprudenziale, la questione oggetto della fase cautelare venga deferita al giudizio dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, il T.A.R. adito possa sospendere l'efficacia del provvedimento impugnato in attesa della decisione427.

Si potrebbe anche ipotizzare la possibilità da parte dell'adunanza Plenaria di sospendere essa stessa la sentenza o l'ordinanza cautelare pronunziata in grado di appello dal Consiglio di Stato, anche nel caso in cui quest'ultimo si fosse pronunciato sfavorevolmente. In tal caso si rafforzerebbe l'idea che l'Adunanza Plenaria possa prospettarsi come cassazione amministrativa, con il profilarsi di ben tre gradi di giudizio.

L'art. 373, co. I, c.p.c. prevede infatti il potere di sospendere la decisione esecutiva in capo al giudice che l'ha pronunciata, quando nel processo amministrativo invece il potere di sospendere la decisione esecutiva spetta al giudice chiamato a fornire, con la rinnovazione del giudizio,

istanza di parte. All'istanza di revoca o di modifica si applica la medesima procedura (notifica alle parti, etc.), prevista per la domanda di misure cautelari monocratiche [art. 56, co. IV, c.p.a., che richiama il comma II del medesimo articolo). Inoltre il codice ha ritenuto di fissare con certezza il periodo di durata della misura cautelare monocratica, imponendo al Presidente del tribunale di indicare nel decreto di accoglimento la data della camera di consiglio in cui sarà trattata la domanda di misure cautelari collegiali [art. 56, co. IV, c.p.a.]. Il decreto ha efficacia sino a tale data e la perde anche se all'udienza la domanda cautelare non è trattata o in caso di rinvio della

trattazione.

426 G. VACIRCA, La motivazione dei provvedimenti cautelari, in La tutela cautelare nel processo amministrativo, a cura di M. ROSSI SANCHINI, Milano, 2006, 24; G. MICARI, La pregiudiziale di accertamento tra estinzione

dell'interesse legittimo, certezza dei rapporti di diritto pubblico e motivazione per relationem, in Corriere merito,

2007, 126.

427 In Giurisprudenza: [T.A.R. Lomabardia, sez. II, ord. 363/2011]: “Considerato che la questione sollevata con il presente ricorso.., è oggetto di un contrasto giurisprudenziale ed è stata recentemente deferita al giudizio dell'Adunanza Plenaria del Consigli di Stato; si ritiene opportuno sospendere l'efficacia del provvedimento impugnato in attesa di tale decisione”.

l'interpretazione del giudizio, se non altro perché definitiva.

Argomentando dal sistema presente nella giurisdizione amministrativa, la sospensione dell'atto potrebbe essere disposta direttamente dall'Adunanza Plenaria.

L'art. 36, R.d. 642/1907, disponeva che la domanda di sospensione potesse essere presentata per la prima volta anche all'Adunanza Plenaria la quale provvedeva o in linea preliminare o

contemporaneamente alla decisione della questione di competenza.

Il regio decreto è stato abrogato dal codice, ma non sembra essere venuta meno la possibilità dell'Adunanza Plenaria di sospendere i provvedimenti impugnati428.

De iure condendo si registra la prospettiva che l'Adunanza Plenaria si possa staccare dal Consiglio

di Stato per diventare, eventualmente, organo revisore in punto di legittimità.

Il problema è delicato ed investe anche l'anomalia presente nel nostro ordinamento che vede la Cassazione, organo non imparziale, ricoprire il ruolo regolatore dei conflitti di giurisdizione429. In

Francia è un'istituzione terza che se ne occupa, il Tribunal des conflits.