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Il riconoscimento e l'esecuzione dei lodi e delle misure cautelari arbitrali

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Indice

Introduzione... I – V

1. IL LODO ARBITRALE... …... 1

1. La fase finale del procedimento arbitrale – la deliberazione del lodo arbitrale...…...1

1.1. La natura del lodo...…...3

1.2. La nozone di lodo arbitrale... …...…... 5

1.3. Topologie di lodi arbitrali – i lodi non definitivi...8

1.4. La delibazione del lodo... …...…...11

1.5. La motivazione del lodo...….…..16

1.6. L'attività di integrazione, interpretazione e correzione del lodo...…...…18

1.7. Gli effetti del lodo – la vincolatività...22

1.8. L'acquisto di efficacia esecutiva – l'omologazione. …... .26

1.9. L'impugnazione del lodo. …... 28

2. Le decisioni impugnabili... …... 32

2.1. Il giudice dell'impugnazione...…...34

2.2. La rinuncia delle parti alle impugnazioni. …...35

2.3. I motivi di impugnazione. …...36

2.4. I singoli motivi: a) il difetto di competenza dell'organo arbitrale e invalidi-tà della convenzione. …...…..38

b) l'irregolare composizione e costituzione del collegio... …...39

c) gli errores in procedendo e violazione del contraddittorio.…...…....… 40

(2)

e) i vizi relativi alla redazione del lodo... 43

f) gli errores in iudicando. …... …..…...44

g) la contrarietà all'ordine pubblico. …... …....…...45

2.5. Gli effetti dell'impugnazione del lodo. …...…...…...48

2.6. I mezzi di impugnazione straordinari... …...49

2. I MECCANISMI PREVISTI PER IL RICONOSCIMENTO E

L'E-SECUZIONE DEI LODI ARBITRALI STRANIERI...

51

1. Il Protocollo di Ginevra del 1923 relativo alle clausole d'arbitrato... 51

2. La Convenzione di Ginevra del 1927 per l'esecuzione delle sentenze arbitrali este-re …...54

3. La Convenzione di New York del 1958 per l'esecuzione e il riconoscimento delle sentenze arbitrali straniere... …...58

3.1 Ambito di applicazione della Convenzione di New York del 1958... 61

4. La Convenzione di Ginevra del 1961 sull'arbitrato commerciale internazionale... 70

4.1. Ambito di applicazione della Convenzione di Ginevra del 1961... 71

5. La Legge Modello UNCITRAL del 1985. …...…...74

6. La procedura per il riconoscimento e l'esecuzione del lodo arbitrale straniero.. 80

6.1. I motivi di mancato riconoscimento ed esecuzione. …... 82

7. La procedura per il riconoscimento e l'esecuzione in Italia dei lodi arbitrali stra-nieri. …...97

7.1. L'opposizione all'esecuzione – l'art. 840 c.p.c.. …... ….100

(3)

3. IL RICONOSCIMENTO E L'ESECUZIONE DELLE MISURE

CAUTELARI ARBITRALI... .103

1. Premessa...103

2. La competenza cautelare degli arbitri. …... .104

2.1. Il fondamento della competenza cautelare degli arbitri... …..108

3. I poteri coercitivi degli arbitri. …... …...112

3.1. Le astreintes. …... …....116

3.2. La minaccia di sanzioni penali. …... ...119

4. Il riconoscimento e l'esecuzione delle misure cautelari – i vari modelli adottati dagli ordinamenti nazionali …...…....120

4.1. Il modello dell'exequatur. …...…...124

4.2. Il modello dell'assistenza del giudice: la Svizzera. …... …....128

4.3. Segue: la Germania. …... …....…..130

4.4. Il modello misto: l'Inghilterra. …... …...133

5. Il riconoscimento e l'esecuzione delle misure cautelari estere. …... …..136

5.1. Il riconoscimento e l'esecuzione in base alla Convenzione di New York del 1958. …... .138

5.2. Il riconoscimento e l'esecuzione in base alla Legge Modello UNCITRAL del 1985. …...145

6. La tutela cautelare pre- arbitrale. …...…...150

6.1. Il Référé pré – arbitral della CCI. …... …...154

7. Il procedimento cautelare davanti agli arbitri. …... …...158

7.1. La forma del provvedimento cautelare arbitrale. …... …...163

8. La disciplina italiana in tema di competenza cautelare arbitrale...166

9. La competenza cautelare degli arbitri nella nuova riforma dell'arbitrato societario in Italia... 170

(4)

Considerazioni Riepilogative...172

Bibliografia...184

Ringraziamenti...….197

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(6)

Capitolo Primo

IL LODO ARBITRALE

SOMMARIO: 1. La fase finale del procedimento arbitrale – la deliberazione del lodo. 1.1. La natura del lodo. 1.2. La nozione di lodo arbitrale. 1.3. Tipologie di lodi arbitrali – i lodi non definitivi. 1.4. La delibazione del lodo. 1.5. La motivazione del lodo. 1.6. L'attività di integrazione, interpretazione e correzione del lodo. 1.7. Gli ef-fetti del lodo – la vincolatività. 1.8. L'acquisto di efficacia esecutiva – l'omologazio-ne. 1.9. L'impugnazione del lodo. 2. Le decisioni impugnabili. 2.1. Il giudice dell'im-pugnazione. 2.2. La rinuncia delle parti alle impugnazioni. 2.3. I motivi di impugna-zione. 2.4. I singoli motivi: a) il difetto di competenza dell'organo arbitrale e invalidi-tà della convenzione. b) l'irregolare composizione e costituzione del collegio. c) gli errores in procedendo e violazione del contraddittorio. d) la violazione dei compiti arbitrali. e) i vizi relativi alla redazione del lodo. f) gli errores in iudicando. g) la con-trarietà all'ordine pubblico. 2.5. Gli effetti dell'impugnazione del lodo. 2.6. I mezzi di impugnazione straordinari.

1. La fase finale del procedimento arbitrale – la deliberazione del lodo

La procedura arbitrale si conclude con l'emanazione della decisione finale; i compiti degli arbitri si esauriscono normalmente in tale mo-mento. L'atto finale consiste di regola in una statuizione sul merito; può tuttavia accadere, al pari del processo ordinario, che esso si limiti a decidere questioni strettamente processuali, e quindi avere un con-tenuto di rito. E' questione poi discussa se gli arbitri abbiano il potere

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di emanare lodi parziali o non definitivi; come vedremo tra poco, i vari ordinamenti nazionali conoscono varie tipologie di decisioni, che assumono differenti denominazioni: interim, partial, default,

prelimi-nary, additional awards.

Oltre che con il lodo, il procedimento arbitrale può concludersi anche con l'emissione di altri provvedimenti, sempre espressione del potere decisorio degli arbitri, quali le ordinanze, ed in particolare quelle con cui vengono assunte misure cautelari. Per quanto riguarda la fase strettamente deliberativa, gli arbitri mantengono ampia discrezionali-tà, non essendo previste regole procedurali particolari.

Di grande rilevanza sono invece i requisiti di forma ai quali la decisio-ne deve uniformarsi, compreso l'obbligo di motivaziodecisio-ne, che come vedremo, non sempre è ritenuto indispensabile.

Di rilievo, al riguardo, sono le cosiddette dissenting opinions, oppure le concurring opinions, ossia i diversi pareri presenti all'interno del collegio arbitrale, in ordine alla motivazione o al dispositivo del lodo. Non sempre, poi, i poteri degli arbitri si esauriscono con l'emanazione della decisione finale, in quanto sono previsti casi in cui essi possono procedere all'espletamento di ulteriori attività, quali interpretazione, correzione o integrazione del lodo; quest'ultimo procedimento può verificarsi quando sia necessario, tramite un additional award, deci-dere su una questione proposta dalle parti ma tralasciata dall'arbitro. Il procedimento di correzione è invece deputato a rimediare a vizi pu-ramente materiali, quali possono essere errori di calcolo, o errori ti-pografici.1

1VERDE, Lineamenti di diritto dell'arbitrato, Torino, 2010, pp. 164 e ss.; PUNZI,

Dise-gno sistematico dell'arbitrato, Padova, 2000, pp. 76 e ss.; PUNZI, “Diritto comunita-rio e diritto nazionale dell'arbitrato”, in Riv. Arb., 2000, pp. 235 e ss.

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1.1 La natura del lodo

La riforma attuata nel nostro ordinamento con il d. lgs. n. 40 del 2006 ha introdotto il nuovo art. 824 bis c.p.c., secondo il quale il lodo

ha, alla data della sua ultima sottoscrizione, gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria. Nonostante questa

formulazio-ne, tra la dottrina non sussiste concordia di vedute sulla natura di tale atto, da sempre al centro delle più svariate dispute. La novella, rifor-mando quasi totalmente il titolo VIII del libro IV del codice di rito ha avuto come obiettivo, oltre a quello di fornire una disciplina esaustiva e razionalizzatrice dell'istituto in generale, anche quello di ridefinirlo più compiutamente.

E' stato sostenuto, da un lato2, che tale riforma abbia finalmente

so-pito l'annosa questione della natura del lodo, optando per la teoria cosiddetta giurisdizionale, comportante il fatto di riconoscere alla de-cisione arbitrale la medesima efficacia prodotta dalla sentenza statale e l'efficacia di giudicato sostanziale ai sensi dell'art. 2909 c.c.

Altra parte della dottrina3 afferma invece che, anche a seguito di

tale novella, non è possibile attribuire al lodo gli effetti di cosa giudi-cata, propri solo della sentenza, poiché il fondamento di tale atto è strettamente volontaristico, e le parti si trovano vincolate a rispettare quanto statuito da esso alla stregua di un negozio; con la conseguen-za che il lodo non più soggetto ad impugnazione non sarebbe

immo-2Si è così espresso RUBINO - SAMMARTANO, in L'arbitrato internazionale, Padova,

1989.

3In questo senso si è espresso PUNZI, in Disegno sistematico dell'arbitrato, vol. II,

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dificabile, diversamente da quanto avviene per la sentenza. E' questa la teoria negoziale dell'arbitrato.

Altra corrente4, ponendosi su una linea intermedia, riconosce al

lodo non più impugnabile la forza di res iudicata, ma limitandone gli effetti derivanti, con particolar riguardo ai terzi, oppure ammettendo la piena equiparazione alla sentenza, ma dopo aver riconosciuto ana-loga efficacia anche ad altri contratti risolutori delle liti, quali il nego-zio di accertamento e la transanego-zione.5

La differenza maggiormente consistente tra le opposte teorie menzio-nate risiede nel fatto che, per i fautori della seconda, l'arbitrato, aven-do come fondamento la volontà delle parti, non può possedere gli stessi effetti, o anche maggiori, di quelli che le parti potrebbero otte-nere mediante la conclusione di atti di autonomia privata; i sostenito-ri della teosostenito-ria giusostenito-risdizionale credono invece che alla decisione finale degli arbitri sia attribuibile il medesimo effetto di quanto prodotto in sede giudiziaria.

Le ragioni che stanno a sostegno della teoria giurisdizionale mirano soprattutto ad evitare che, tramite l'emanazione di un lodo arbitrale, ossia un atto di natura strettamente privata, si possa statuire, con

ef-4 Si sono espressi in questo senso CONSOLO, in BENEDETTELLI –CONSOLO –

RADI-CATI DI BRONZOLO, Commentario breve all'arbitrato nazionale e internazionale, Pa-dova, 2010; LUISO, in Diritto processuale civile, vol. V, Torino, 2009.

5 In particolare, vd. il commento di LUISO, “L'art. 824 bis c.p.c.”, in Riv. Arb., 2010,

pp. 235 e ss., secondo cui : “La sentenza non ha effetti maggiori di un contratto che abbia risolto la stessa controversia; pertanto se un atto non autoritativo come il contratto – non uno qualunque […] ma un contratto che abbia come causa la risolu zione della controversia – ha i medesimi effetti della sentenza, allora anche il lodo, pur essendo atto privato e non pubblico, può avere gli stessi effetti di una

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fetti di giudicato, su diritti indisponibili, e che un'eventuale pronuncia contraria all'ordine pubblico spieghi i propri effetti senza poter essere ritrattata, in ragione dell'attribuzione di res iudicata al lodo. Ciò che viene messo in discussione, dunque, non è l'effetto vincolante che il lodo produce per le parti, ma piuttosto il fatto che esso faccia stato ad ogni effetto definitivamente, in base all'art. 2909 c.c. Il perno del problema è quindi il seguente: gli effetti del lodo passato in giudicato, reso su materia non compromettibile e/o contrario all'ordine pubbli-co, sono davvero vincolanti per le parti? Tutto ciò è reso ancora più complicato dalla circostanza che, negli altri ordinamenti, l'equipara-zione del lodo alla sentenza è punto pacifico, grazie alla previsione espressa di norme o alla concordia degli interpreti; in questo modo sembra che l'Italia sia l'unico, ormai, Paese europeo in cui si discute ancora sulla natura di tale atto.

1.2. La nozione di lodo arbitrale

Il lodo costituisce il risultato dell'attività decisoria degli arbitri; nes-sun testo convenzionale ne contiene però una definizione specifica. Nella Convenzione di New York del 1958, avente ad oggetto il ricono-scimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, viene ac-cennato, all'art. I, (2), che cosa si intenda per “arbitral awards”, e che in tale accezione rientrano non soltanto i lodi pronunciati da arbitri nominati per il caso specifico (arbitri ad hoc), ma anche quelli

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emana-ti da collegi permanenemana-ti ai quali le paremana-ti hanno affidato la risoluzione della lite.6

Le due Convenzioni di Ginevra del 1923 e del 1927, l'una relativa alle clausole d'arbitrato, l'altra sull'esecuzione delle sentenza arbitrali straniere, sono del tutto silenti al riguardo; un accenno è invece con-tenuto nell'art. VIII della Convenzione ginevrina del 1961 sull'arbitra-to commerciale internazionale, nel quale si fa riferimensull'arbitra-to all'interes-se, presunto, delle parti, ad ottenere un lodo motivato (“reasons for

the award”).

E' importante riuscire a qualificare un atto come un lodo perchè da tale qualificazione discendono varie conseguenze applicative; infatti soltanto esso può essere oggetto di esecuzione e riconoscimento, es-sere impugnato di fronte ai giudici nazionali e soltanto esso, e non anche gli altri provvedimenti arbitrali, devono presentare determinati requisiti di forma, a pena di invalidità.

La prima distinzione da fare è perciò quella tra lodo e ordinanza. Quest'ultima è sì un atto conclusivo del procedimento, ma caratteriz-zata dall'elemento della revocabilità e modificabilità; il lodo invece, una volta emanato, anche se trattasi di lodo non definitivo, non potrà più essere revocato, impedendo tra l'altro agli arbitri di poter statuire nuovamente sulla medesima questione.

La dottrina è divisa sugli elementi di differenziazione di tali atti: da al-cuni7 viene dato rilievo alla funzione da essi svolta, nel senso che

sol-6 Il testo inglese così dispone: “The term arbitral awards shall include not awards

made by arbitrators appointed for each case, but also those made by permanent arbitral bodies to which the parties have submitted”.

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tanto i lodi decidono su questioni di merito in modo definitivo , anche se si ammette la possibilità che essi si pronuncino pure su questioni processuali o di giurisdizione; altri invece concentrano l'attenzione propriamente sul contenuto, ritenendo che i lodi statuiscono sulla fondatezza o validità della domanda, mentre le ordinanze si limitano a disciplinare lo svolgimento della procedura arbitrale, non affrontan-do questioni di merito8.

Neppure le normative nazionali sono tra loro univoche riguardo alla classificazione e distinzione tra questi provvedimenti: l'ordinamento francese ha individuato, nella sentenza della Cour de Cassation n. 653 del 22-2-20029, tre requisiti da tenere in conto per qualificare un

provvedimento come lodo: 1) la presenza di motivazione;

2) l'essere stato adottato in seguito all'analisi delle posizioni rispettive delle parti;

3) la definitività, nel senso che il provvedimento arbitrale deve deci-dere la questione proposta in modo finale ed oggettivo.

In una sentenza successiva, i giudici si sono soffermati unicamente sull'ultimo requisito, ossia quello della definitività, ritenendolo da solo sufficiente a qualificare un provvedimento come lodo.10

8 Orientato in questo senso, in particolare BERNARDINI, in Il diritto dell'arbitrato,

Roma, 1998.

9 Si tratta della sentenza n. 653 del 22-2-2002, in App. Parigi, Societé Braspetro

Oil Services c. The Great Man-Made River Project, in Rev. Arb., 2002, p. 539.

10 La sentenza è la 11-4-2002, App. Parigi, ABC International c. Diverseylever

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A questa conclusione sono giunti anche i tribunali americani in varie pronunce.11

1.3. Tipologie di lodi arbitrali – i lodi non definitivi.

All'interno dei vari testi convenzionali e regolamentari si incontrano numerose denominazioni usate per qualificare i vari lodi non definiti-vi: interim, partial, preliminary, interlocutory, default e additional

awards, oltre che gli awards by consent; nonostante si sia tentato, in

un primo momento, di delimitare l'ambito applicativo di ognuno di essi, esiste tuttora una forte incertezza sull'interpretazione da dare a tali locuzioni. Per quanto riguarda gli interim, preliminary,

interlocuto-ry e partial awards, caratteristica che li accomuna è la vincolatività,

dato che una volta emessi, non possono essere revocati, di modo che gli arbitri, nella decisione finale, non potranno discostarsi da quanto statuito in essi; la decisione sarà contenuta in un final award, il quale statuisce sulle questioni precedentemente affrontate da quelli.

Secondo alcuni autori, gli interim, preliminary ed interlocutory rap-presentano un'unica categoria, coincidente con quella dei partial

awards; per altri, invece, essi hanno caratteristiche che li

differenzia-no: i partial sono deputati a risolvere strettamente una questione di giurisdizione, oppure una o più questioni di merito, senza però deci-derlo del tutto; gli interim ed interlocutory vengono adottati qualora

11 Supreme Court of Queensland, 29-10-1993, Resort Condominium International

Inc. v. Ray Bolwell and Resort Condominiums Pty Ltd., in Yearbook 1995, p.628; Court of Appeal, 7th Circ., 14-3-2000, Publicis Communications v. True North

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sia necessario risolvere questioni procedurali o adottare misure cau-telari.12

Qualcuno ha avanzato la tesi per la quale nella categoria dei

preli-minary rientrerebbero tutti gli awards non definitivi, ossia quelli che

precedono il lodo ultimo; in quella degli interim i lodi che si pronun-ciano su questioni di giurisdizione o pregiudiziali; in quella dei partial tutte le statuizioni, parziali appunto, relative al merito della contro-versia.13

Si può perciò notare come non esista una soluzione né unanime né tantomeno ufficiale.

lI default award è un lodo che è stato emanato senza la partecipazio-ne di una parte al procedimento arbitrale, perchè, ad esempio, non ha presentato le proprie memorie o difese, o non ha partecipato alla fase istruttoria.

Gli additional awards sono invece quelle decisioni a mezzo delle quali gli arbitri integrano il contenuto della statuizione, risolvendo questio-ni proposte ma non affrontate durante il procedimento.

Esistono infine gli awards by consent, che vengono in considerazione quando le parti, nel corso dell'arbitrato, raggiungono una transazio-ne, per effetto della quale quindi gli arbitri devono concludere il pro-cedimento.14 Dal punto di vista sostanziale, gli awards by consent non

12In questo senso, BERGER, in International Economic Arbitration, Boston, 1993. 13Tra gli assertori in tal senso troviamo CRAIG, PARK, PAULSSON, in International

Chamber of Economic Arbitration, New York, 2000.

14Vedi l' art. 30 Model Law UNCITRAL, che dispone: “(1) If, during arbitral

ings, the parties settle the dispute, the arbitral tribunal shall terminate the proceed-ings and, if requested by the parties and not objected to by the arbitral tribunal,

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re-rappresentano veri e propri lodi, perchè non costituiscono una vera decisione degli arbitri sulla controversia; tramite essi, il collegio si li-mita a recepire l'accordo stragiudiziale intercorso tra le parti, rive-stendo la forma, più che di un lodo appunto, di un verbale di concilia-zione. Una volta raggiunto l'accordo transattivo, le parti hanno l'ob-bligo di informare tempestivamente gli arbitri, di modo che essi pos-sano interrompere la loro attività.

Per quanto riguarda in generale i lodi non definitivi, specificazione dei quali sono le varie tipologie che abbiamo adesso analizzato, la possi-bilità di una loro emanazione è direttamente prevista sia dagli ordina-menti nazionali, sia da struordina-menti adottati a livello internazionale. Essi vengono primariamente citati nell'art. 32 della Model Law UNCI-TRAL del 1985, che stabilisce che la procedura arbitrale si conclude o con una sentenza definitiva oppure in base ad un ordine del tribunale arbitrale; l'art.32, (1) del Regolamento UNCITRAL del 1975 statuisce che oltre a rendere una decisione finale, il tribunale arbitrale potrà “emettere delle decisioni interim, interlocutory or partial”. L'art. 16, (6) del Regolamento della London Court of International Arbitration ammette che il tribunale possa emettere “decisioni separate su diver-se questioni in tempi diversi”; così pure il Regolamento Internazionale della Camera Arbitrale di Milano, che al suo art. 38, (2) stabilisce che: “se l'arbitro ritiene, per motivi da indicare nel lodo, di essere in grado di decidere solo su alcuni punti di esso, emette un lodo parziale pre-disponendo, se necessario, un nuovo programma arbitrale” […]. 15

cord the settlement in the form of an arbitral award on agreed terms”.

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L'ammissibilità di decisioni parziali assume importanza se si considera il fatto che un lodo parziale, che non venga seguito poi da quello fina-le, risultando perciò non conforme alla convenzione delle parti non potrebbe essere eseguito.

Inoltre, se il lodo parziale, una volta eseguito, non venisse integrato da quello definitivo, sarebbe necessario rimuoverne gli effetti, attra-verso una riduzione in pristino, con l'ovvio svolgimento di attività vana ed inutile.

1.4. La deliberazione del lodo.

Con la deliberazione del lodo ci si avvia verso la fase conclusiva del procedimento; all'atto di accettazione della nomina, gli arbitri si assu-mono la responsabilità di decidere la controversia loro sottoposta. Tale obbligo soffre però, talvolta, di alcune eccezioni; esse possono dipendere, in primo luogo, dalla semplice difficoltà che il collegio in-contra nel decidere, difficoltà che però non lo esonera dalla pronun-cia.

Ai sensi dell'art. 42, (2) della Convenzione di Washington del 1965, il tribunale arbitrale, oltre a non poter emettere sentenze di non liquet, non può neanche rifiutarsi di decidere “eccependo il silenzio o

l'oscu-rità della legge”.16

In secondo luogo, può accadere che gli arbitri incontrino difficoltà di-pendenti da cause a loro estranee, quali il venir meno della

collabora-16Il testo originale recita: “(2) The tribunal may not bring in a finding of non liquet

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zione delle parti in gioco, oppure l'impossibilità ad accedere alla sede arbitrale, o ancora, il verificarsi di situazioni di pericolo; o che un arbi-tro “non sia più in grado, de iure o de facto, di svolgere le proprie

fun-zioni”, e che il suo incarico cessi, o perchè egli stesso si ritira, o per

volontà delle parti.

Può anche succedere che un arbitro venga colpito da morte o da in-fermità psichico o fisica; in questa evenienza si avrà la sostituzione del membro divenuto inabile, tranne che egli fosse stato nominato

intuitu personae: in tale ipotesi, secondo alcuni, sarebbe impossibile

giungere ad una decisione. Nei casi come questi appena citati, il colle-gio si trova dunque in una situazione di incompletezza, dovuta ai più svariati motivi, che nella prassi viene identificata con la locuzione

truncated tribunal. La disciplina del truncated tribunal non è oggetto

di specifica regolamentazione, sebbene alcuni abbiano tentato di rica-varla, quanto al suo aspetto positivo, ossia alla possibilità di delibera-re ugualmente in caso di collegio incompleto, dall'art. 31 della Model Law del 1985, secondo il quale il collegio delibera a maggioranza; chi invece ritiene che una tale soluzione non sia accettabile, prende a ri-ferimento l'art. 13 del medesimo testo, che stabilisce espressamente la sostituzione del membro del collegio che non compie il proprio do-vere o che si trova impossibilitato a svolgerlo.17

17L'art. 31 si occupa della “form and contenute of the awards”, stabilendo che “(1)The award shall be made in writing and shall be signed by the arbitrator

or arbitrators. In arbitral proceedings with more than one arbitrator, the signatures of the majority of all members of the arbitral tribunal shall suffi ce, provided that the reason for any omitted signature is stated”. L'art. 13 invece così recita: “ (2) Fail-ing such agreement, a party who intends to challenge an arbitrator, shall, within fif-teen days after becoming aware of the constitution of the arbitral tribunal or after becoming aware of any circumstance referred to in article 12(2), send a written

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I vari ordinamenti si dividono sull'ammissibilità o meno di giungere ad una pronuncia anche in caso di truncated tribunal: alcuni, come quello tedesco, ritengono che , salvo diverso accordo tra le parti, nel caso in cui un membro del collegio si rifiuti di presiedere alla decisio-ne, gli altri possono comunque decidere anche in sua assenza; in Sve-zia si prescrive specificamente che se un arbitro non partecipa delibe-ratamente alla decisione della questione, e anche alla fase preceden-te, gli altri arbitri sono liberi di decidere senza esso.

Altre legislazioni nazionali prevedono invece che non si possa giun-gere all'emanazione del lodo definitivo se il collegio risulta, per qual-siasi motivo, incompleto, stabilendo l'obbligo di sostituzione dell'arbi-tro mancante: così avviene in Italia, ai sensi dell'art. 813 bis c.p.c., e in Danimarca.18

Le ragioni di tali diverse opinioni dipendono dalla prevalenza accorda-ta a due differenti esigenze: da un lato, quella di assicurare comun-que una definizione rapida e certa della comun-questione, propria dell'istitu-to arbitrale stesso, consentendo quindi al collegio di deliberare anche in mancanza di un arbitro; dall'altro, quella secondo cui , sebbene si allunghino così i tempi del procedimento, è necessario procedere alla sostituzione del membro impossibilitato, in quanto espressione piena del fondamento volontaristico caratteristico dell'arbitrato, che va a toccare anche la scelta e la composizione del tribunale arbitrale.

statement of the reasons for the challenge to the arbitral tribunal. Unless the lenged arbitrator withdraws from his offi ce or the other party agrees to the chal-lenge, the arbitral tribunal shall decide on the challenge”.

18TERKILDSEN, JORGENSEN, “The new Danish Arbitration Act”, in Arb. Int., 2005, pg.

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Nessun problema si pone invece quando sono le stesse parti, tramite accordo, a consentire ugualmente di pronunciare il lodo anche in caso di collegio incompleto.

Per evitare che le impossibilità del singolo rischino di vanificare la de-cisione finale, si è fatta strada la tendenza di ritenere sufficiente, ai fini della deliberazione, la sottoscrizione della maggioranza dei mem-bri del collegio. In tal senso si è espresso il Regolamento della London

Court of International Arbitration, all'art. 16, (6), il quale afferma che

“se un arbitro rifiuta di firmare la decisione, la firma della

maggioran-za degli arbitri sarà sufficiente, a patto che venga indicato il motivo della mancata firma”19

Anche il Regolamento UNCITRAL del 1976 si pone in questa prospetti-va, affermando, all'art. 32, (4) che “ove vi siano tre arbitri ed uno di

essi non firmi, la decisione arbitrale indicherà il motivo di tale manca-ta firma”.

L'art. 29 della Legge Modello del 1985 stabilisce che, salvo diverso ac-cordo delle parti, il collegio prende le proprie decisioni a maggioranza dei suoi membri.20 Le parti potrebbero infatti aver disposto nella

con-venzione arbitrale che preferiscono che il lodo finale sia preso all'una-nimità; in questa circostanza però, sempre per evitare che tale

statui-19Il testo così dispone: “(2) If any arbitrator refuses or fails to comply with the

man-datory provisions of any applicable law relating to the making of the awards, hav-ing been given a reasonable opportunity to do so, the remainhav-ing arbitrators shall proceed in his absence. (3) Where there is more than one arbitrator and they fail to agree on any issue, the shall decide by a majority [...]”.

20L'art. 29 dispone che: “In arbitral proceedings with more than one arbitrator, any decision of the arbitral tribunal shall be made, unless otherwise agreed by the parties, by a majority of all its members”.

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zione comprometta la rapida definizione della controversia, si può di-sporre che venga accordato maggior peso al voto del Presidente del collegio, cui viene attribuito perciò il cosiddetto casting vote. In alcu-ne ipotesi è poi prevista la possibilità che sia il solo Presidente a sta-tuire su una questione di rito, su autorizzazione degli altri arbitri. 21

Può inoltre verificarsi il caso in cui un arbitro manifesti una cosiddetta

dissenting opinion, esprimendo cioè il proprio dissenso riguardo alla

soluzione presa dalla maggioranza del collegio, oppure una

concur-ring opinion, con la quale il singolo esprime dissenso in relazione alla

sola motivazione addotta per spiegare la decisione adottata. Si discu-te se tali istituti siano ammissibili; il diritto inglese li conosce bene, in quanto radicati a pieno nei giudizi ordinari; altri ordinamenti, soprat-tutto quelli di civil law, non dando loro spazio alcuno nei testi legisla-tivi, adducono tre motivi per i quali tali opinioni non sono ammissibili, e cioè:

1) la segretezza del procedimento ed in particolare della deliberazio-ne verrebbe violata;

2) verrebbe meno il legame tra l'arbitro e la parte che lo ha nomina-to;

3) Tali istituti darebbero luogo a motivi in più di impugnazione del lodo.

Gli altri sistemi che invece le ammettono, sostengono che tramite esse l'arbitro dissenziente indurrebbe al collegio ad una maggiore e

21Così la seconda parte dell'art. 29 suindicato: “However, questions of procedure

may be decided by a presiding arbitrator, if so authorized by the parties or all mem-bers of the arbitral tribunal”.

(21)

più approfondita ponderazione della questione, consentendo l'ado-zione di una decisione più giusta.

Nonostante tali diverse prospettive, si è giunti ad ammettere, sebbe-ne senza un seguito univoco, la possibilità che l'arbitro manifesti la propria differente opinione, che dovrà essere allegata alle decisione finale, o in alcuni casi addirittura incorporata in quella.

1.5. La motivazione del lodo

Una delle problematiche più diffuse è quella del contenuto che la sentenza arbitrale può presentare, in relazione soprattutto al fatto se essa debba o meno contenere una qualche motivazione che dia atto della decisione adottata, e prevedendo, all'uopo, una disciplina speci-fica per il caso in cui la essa manchi.

Nei paesi di civil law, essa rappresenta l'illustrazione dell'iter logico-giuridico che è stato seguito per giungere alla sentenza, assumendo perciò le vesti di uno strumento di garanzia ineliminabile, talvolta visto anche dalle carte costituzionali. Parte di questi ordinamenti pre-vede dunque la motivazione come un obbligo, la cui mancanza va ad inficiare la validità stessa del lodo.22 In alcuni casi è tuttavia disposto

che essa possa prescindere: ad esempio l'art. 31, (3) della Legge Mo-dello prescrive che il lodo deve contenere le ragioni su cui si fonda, tranne che le parti abbiano deciso in senso contrario.

22 Vedi ad esempio i nostri artt. 823 c.2 e 829 n. 5 c.p.c.; l'art. 23 c.3 della legge

(22)

Nei paesi di common law la tradizione è nettamente differente, in quanto la sentenza deve limitarsi a contenere il dispositivo, consen-tendo così che la motivazione sia contenuta in altro atto separato. Nonostante le origini storiche siano queste, negli ultimi anni si è giun-ti anche in tali ordinamengiun-ti, soprattutto in quello inglese, a codificare l'obbligo di motivare gli atti, ed in particolare i lodi arbitrali23; silente

è ancora, invece, il Federal Arbitration Act americano, per cui si ritie-ne, anche in base a pronunce giurisprudenziali24, che la mancanza

della motivazione non comporti nullità del lodo.

L'importanza della questione se prevedere o meno la motivazione come obbligatoria la si deduce da ciò che accade quando un lodo, reso senza motivazione, deve essere eseguito in un Paese che invece prevede questo requisito a pena di nullità.

L'art. V, (2), lett. b) della Convenzione di New York prevede infatti che il riconoscimento e l'esecuzione possano essere negati qualora essi si pongano in contrasto con l'ordine pubblico dello Stato richiesto; ora, secondo alcuni rientrerebbe in queste ipotesi la mancanza di motiva-zione, che perciò impedirebbe l'esecuzione della decisione arbitrale. Coloro che invece adottano un'accezione più restrittiva di “ordine pubblico”, intendendo per esso quello internazionale, rilevano come possa ben avvenire il riconoscimento di un lodo emanato senza moti-vazione in un ordinamento che invece la prevede come essenziale. Questa ultima tesi si fonda in particolare sulla lettura del suindicato

23Così dispone anche l'Arbitration Act del 1996 all'art. 52, (4), secondo il quale:”The

award shall contain the reasons for the award unless it is an agreed award or the parties have agreed to dispense with reasons”.

24Vedi Federal Court of Appeal, 1st Circuit, 2-11-1999, Morani c. Lamberger, in R.

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art. V, (2) lett. b), ai sensi del quale, dovendo la contrarietà all'ordine pubblico essere valutata in riferimento al Paese richiesto, sarà tale Paese a determinare l'importanza o meno dei motivi a sostegno del lodo da eseguire.25

1.6. Attività di integrazione, interpretazione e correzione del lodo

In talune evenienze, il collegio, dopo aver deliberato il lodo, esau-rendo così le proprie funzioni, può trovarsi costretto a compiere ulte-riori operazioni. Può innanzitutto dover procedere ad una integrazio-ne del lodo; questo avvieintegrazio-ne attraverso l'emanaziointegrazio-ne di un additional

award, quando si verifica un'omissione di pronuncia, ossia gli arbitri

non hanno deciso in merito ad una domanda proposta dalle parti. La relativa disciplina è contenuta nell'art. 33, (3) della Legge Modello, e stabilisce che il collegio può emanare un additional award quando una delle parti ha inviato, tramite comunicazione alle altre, un'istanza rivolta agli arbitri per ottenere una pronuncia su domande che non sono state decise, nonostante fossero state presentate nel corso del

25Una sentenza della Cour de Cassation francese ha ammesso l'exequatur di un lodo

adottato a Londra, avente come parti una inglese ed una francese, nonostante esso non presentasse motivazione; tale scelta è stata spiegata considerando che “le dé-fault de motifs de la sentence […] n'était pas, en lui meme, contraire à l'ordre public international français”. Si tratta della sentenza del 14-6-1960, Broutchoux v. Elmas-sian.

(24)

procediment26 Se a quel punto il collegio ritiene l'istanza della parte

giustificata, ha l'obbligo di pronunciarsi entro sessanta giorni.

La disciplina contenuta invece nel Regolamento UNCITRAL è maggior-mente restrittiva, in quanto l'art. 37 dispone che il collegio può emet-tere additional award, entro sessanta giorni dalla richiesta, ma solo se al riguardo non è necessario procedere ad ulteriore attività istrut-toria e fissare udienze. E' importante specificare come il contenuto di tali pronunce non sia liberamente determinabile dalle parti, ma deb-ba essere limitato, con l'unico scopo di ottenere un'integrazione, e non già un riesame del merito.

Molti ordinamenti prevedono l'ammissibilità degli additional

award: l'art. 57 dell'Arbitration Act inglese dispone che essi possano

avere ad oggetto anche il pagamento di interessi o la condanna alle spese; anche l'ordinamento tedesco e francese sono concordi sulla le-gittimità di tali pronunce.27

Altri Paesi, come il nostro, prevedono sì la possibilità di integrare il lodo arbitrale, ma non con lo scopo di rimediare ad un'omissione di pronuncia, bensì unicamente per supplire alla mancanza di taluni ele-menti, quali il nome degli arbitri, l'indicazione della sede dell'arbitra-to, l'indicazione delle parti.28 In questa maniera, l'integrazione va a

ri-26Il testo così recita: “(3) Unless otherwise agreed by the parties, a party, with

no-tice to the other party, may request, within thirty days of receipt of the award the arbitral tribunal to make an additional award as to claims presented in arbitral pro-ceedings but omitted from the award. If the arbitral tribunal considers the request to be justified, it shall make the additional award within sixty days”.

27Vedi l'art.1475 c.2 del c.p.c. Francese; l'art. 1058 ZPO per quanto riguarda la

Germania.

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vestire una sottospecie della correzione, e non viene dunque data al-tra possibilità alle parti di ottenere una statuizione sulle questioni da-gli arbitri erroneamente tralasciate, se non ricorrere all'ordinario ri-medio dell'impugnazione del lodo ai sensi dell'art. 829 c.1, n. 12 c.p.c.29

Per quanto riguarda poi la correzione del lodo, essa si verifica quando sia necessario rimediare ad errori strettamente materiali, che di per sé non vanno ad inficiare la statuizione. Non è possibile enucleare un

numerus clausus delle ipotesi di errori materiali, ma sarà necessario

riferirsi di volta in volta alla singola vicenda concreta. In linea genera-le però si tende ad interpretare tagenera-le categoria in senso restrittivo, onde evitare che le parti possano commettere abusi al fine di ottene-re una ottene-revisione della decisione o un cambiamento sostanziale del suo contenuto. Tra gli errori materiali maggiormente frequenti trovia-mo quelli ortografici, di battitura, o tipografici, o quelli riguardanti l'ammontare delle spese.30 Certo è che l'errore materiale deve

pre-sentarsi come evidente e manifesto. Il procedimento di correzione è regolato dall'art. 33, (3) della Legge Modello, il quale statuisce che, entro trenta giorni dalla ricezione del lodo, una parte possa, previa comunicazione all'altra, chiedere al collegio di provvedere alla corre-zione di tali errori; nei trenta giorni successivi il tribunale arbitrale ha l'obbligo di pronunciarsi, se ritiene fondata la domanda, e, ove

neces-29L'art. in questione così recita: “(1) L'impugnazione del lodo per nullità è ammessa,

nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti: 12) se il lodo non ha pronunciato su alcune delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformi-tà della convenzione di arbitrato”.

30Ad esempio è stato stabilito che i costi fossero ripartiti a metà, ma le cifre in

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sario, può prolungare il termine per decidere. Se il collegio non riesce a decidere a maggioranza sulla opportunità di procedere o meno a correzione, si ritiene che possa procedervi da solo il Presidente, ai sensi del ricordato istituto del casting vote.

L'interpretazione è istituto volto a rendere chiaro il significato di parti determinate del lodo arbitrale, ritenuto dalle parti ambiguo. Non è consentito tramite essa ottenere un riesame del merito o la riapertu-ra del procedimento; per questa riapertu-ragione si ritiene che possa essere domandata soltanto in specifiche ipotesi, e mediante richiesta detta-gliata che precisi il punto della decisione che si vuole sia interpretato, o nella quale addirittura già le parti propongono possibili soluzioni in-terpretative.

L'art. 33, (1) lett. b) della Model Law prescrive che, previa comunica-zione all'altra, una parte possa domandare al collegio arbitrale di dare un'interpretazione su uno specifico punto o parte del lodo, e precisa che tale attività interpretativa può realizzarsi solo con il consenso del-le parti; anche qui il termine per provvedere è di trenta giorni decor-renti dalla data di presentazione dell'istanza, prorogabile se necessa-rio dal collegio.

Anche il Regolamento UNCITRAL ammette questa attività, all'art. 35, prevedendo però il termine maggiore di quarantacinque giorni.31

31BENEDETTELLI-CONSOLO-RADICATI DI BRONZOLO, Commentario breve al diritto

dell'arbitrato nazionale ed internazionale, Padova, 2010, pp. 893 ss.; G. BROGGINI, “Il lodo nell'arbitrato commerciale internazionale”, in Riv. Arb.,1992, pp.627 ss.

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1.7. Gli effetti del lodo – la vincolatività

Una volta conclusosi il procedimento arbitrale, il provvedimento adottato viene notificato alle parti, la cui procedura è regolata dalla legge nazionale applicabile.

Di regola, nella maggior parte degli ordinamenti, il lodo viene equipa-rato, quanto agli effetti, alla sentenza emanata dagli organi giurisdi-zionali; gli viene quindi attribuita autorità di cosa giudicata.

Accade così innanzitutto nel nostro ordinamento, perchè, ai sensi del-l'art. 824 bis c.p.c., il lodo emanato ad esito di un arbitrato svoltosi nel nostro Paese o comunque regolato da tale legge processuale, ac-quista, a partire dalla data della sua sottoscrizione, “gli effetti di una

sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria”. Per quanto riguarda

invece l'acquisto di esecutorietà, ossia l'attitudine a divenire titolo per un'eventuale esecuzione forzata, bisognerà attendere il decreto, appunto, di esecutorietà.32

Eguali effetti si riscontrano anche in Francia, dove, grazie alla dispo-sizione dell'art. 1476 del NCPC, “la sentence arbitrale a, dès qu'elle

est rendue, l'autorité de la chose jugée relativement à la contestation qu'elle tranche”.

32Che si realizza attraverso il procedimento descritto dall'art. 825 c.p.c., secondo

cui: “(1) La parte che intende far eseguire il lodo nel territorio della Repubblica, ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme all'at-to contenente la convenzione di arbitraall'at-to, in originale o copia conforme, nella can-celleria del tribunale nel cui circondario ha sede l'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo lo dichiara esecutivo con decreto [...]”.

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Il Belgio attribuisce, tramite l'art. 1703 del Code Judiciare, efficacia di cosa giudicata al lodo a partire dal momento della sua notifica, e a patto che non risulti contrario all'ordine pubblico e le questioni rego-late fossero materia regolabile in via arbitrale.

L'ordinamento svizzero non prevede una disposizione specifica sugli effetti del lodo, limitandosi a statuire, nell'art. 190 CH. L.D.I.P. che una sentenza diviene definitiva a partire dalla data della sua comunicazio-ne; attraverso un'interpretazione estensiva si è dunque ritenuto che il legislatore abbia inteso riferire anche al lodo tale effetto.

Alcuni testi attribuiscono al lodo efficacia vincolante: l'art. 32, (2) del Reg. UNCITRAL stabilisce che il lodo sarà finale e vincolante, obbligan-do le parti ad eseguirlo immediatamente33 anche l'art. 35, (1) della

Model Law usa l'aggettivo binding, disponendo che il lodo,

indipen-dentemente dal Paese in cui è stato reso, sarà riconosciuto come vin-colante. Il requisito della vincolatività sta a significare che la decisione arbitrale obbliga le parti in modo definitivo, in quanto non può essere suscettibile di impugnazione per ottenere un riesame nel merito. Ed è proprio la presenza di tale requisito che consentirà alla parte che ne fa richiesta di ottenerne il riconoscimento in altro Stato ai sensi del-l'art. V, (1), lett. e) della Convenzione di New York, secondo il quale esso può essere concesso solo se la sentenza arbitrale sia divenuta vincolante tra le parti.

Un chiarimento del concetto di definitività viene dato dalla Conven-zione di Ginevra del 1927, dove, all'art. 1, lett. d) afferma che “[...]

non è considerata definitiva la sentenza ancora suscettibile di opposi-33Il testo così recita: “The award shall be made in writing and shall be final and

binding on the parties. The parties undertake to carry out the award without delay”.

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zione, appello o ricorso in Cassazione, nei Paesi che tali mezzi con-templino, oppure se viene dimostrato che è in corso un procedimento volto a contestare la validità della sentenza”.

Questo era il sistema, poco agevole, del doppio exequatur; procedura che è stata eliminata dalla Convenzione di New York, con il sopra cita-to art. V, (1), lett. e), col quale è stacita-to dacita-to un concetcita-to semplificacita-to di vincolatività, nel senso che il riconoscimento verrà negato solo “quando la sentenza non è ancora divenuta vincolante tra le parti, o è

stata annullata o sospesa da un'autorità competente dello Stato in cui, o secondo la legge del quale, essa è stata emanata”.

Per valutare gli effetti che il lodo produce è necessario guardare alla legge del luogo in cui l'arbitrato si è svolto, oppure alla legge scelta dalle parti per regolarlo.

Effetto primario che il lodo produce è quello del divieto di ne bis in

idem; gli arbitri, così come i giudici ordinari, si troveranno preclusa la

possibilità di decidere nuovamente sul medesimo oggetto della deci-sione resa, tranne ovviamente nel caso in cui il lodo venga annullato. Il nostro sistema distingue in modo netto tra gli effetti prodotti dal-l'autorità di res iudicata, ossia la stabilità della pronuncia derivante dall'esperimento dei mezzi impugnatori, e quelli comportanti l'intan-gibilità degli effetti prodotti tra le parti, i loro aventi causa e i terzi34; il

sistema internazionale invece non prevede tale differenziazione. Nel-l'accezione di cosa giudicata vengono fatti rientrare sia gli effetti posi-tivi del lodo, nel senso della sua forza vincolante tra la parti e la

stabi-34Lo stabilisce l'art. 2909 c.c. , per il quale “la sentenza fa stato tra le parti, gli

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lità di quanto deciso, sia quelli negativi, ossia il fatto di precludere un nuovo giudizio su quanto già affrontato.

Per quanto riguarda la possibilità del lodo di spiegare effetti anche nei confronti di terzi, essa è sicuramente più limitata rispetto alle sen-tenze, in quanto il potere conferito agli arbitri nella convenzione arbi-trale ha efficacia soggettiva tra le parti in gioco. Ordinamenti come quello inglese e francese avvalorano questa tesi sulla base della con-siderazione per cui l'arbitro sarebbe dotato, al pari del giudice ordina-rio, di iurisdictio, ma a differenza di quello, privo di imperium, dato che sono le parti a conferirglielo, limitatamente però al caso oggetto della controversia fra esse; secondo tale prospettazione il lodo non può spiegare effetti verso terzi in quanto la clausola arbitrale ha effet-ti meramente inter partes.

Si ammette tuttavia l'ipotesi che il lodo possa produrre effetti indiretti su terzi, all'interno di un diverso procedimento tra soggetti che non sono stati parti dell'arbitrato; dunque un lodo reso in altro procedi-mento non ha effetti di cosa giudicata verso il terzo che non vi ha par-tecipato, ma la situazione giuridica prodottasi gli potrà comunque es-sere opposta, a patto che il lodo non sia stato ottenuto con dolo. Con-seguenza di questa impostazione è l'assenza di mezzi di tutela eserci-tabili dal terzo per contrastare gli effetti, per così dire, riflessi, del lodo.

Si ritiene perciò che la previsione dell'efficacia vincolante inter partes sia da sola sufficiente a garantire adeguata protezione al soggetto esterno al procedimento arbitrale.

(31)

Nonostante ciò, il nostro ordinamento, in seguito alla novella del 2006, ha introdotto all'art. 831 c. 3 il rimedio dell'opposizione di terzo applicabile anche all'arbitrato internazionale.35

1.8. L'acquisto di efficacia esecutiva - l'omologazione

Abbiamo già affrontato la distinzione che sussiste tra autorità di cosa giudicata ed esecutorietà del lodo: essi esprimono concetti diffe-renti; con il primo si indica l'effetto preclusivo, che il lodo produce con riguardo alle parti del procedimento, in ordine a quanto deciso; il secondo sta invece ad indicare l'idoneità della sentenza a costituire idoneo titolo per procedere ad esecuzione forzata.

Vi sono ordinamenti, tra cui il nostro36, nei quali il lodo, sebbene sia

dotato fin dalla sua emanazione di effetti di res iudicata, non possie-de però efficacia esecutiva; per ottenerla è necessario ricorrere ad un procedimento di verifica ulteriore: l'exequatur. Esso consiste in un mero controllo di regolarità formale, che non va ad incidere sul con-tenuto della sentenza emanata né ad alterarlo; serve soltanto a farle acquisire l'efficacia che abbiamo detto.

Altri Paesi, la maggior parte ormai, non prevedono al contrario nes-sun procedimento ulteriore per dotare il lodo di esecutività: così è

35La novella è stata realizzata con il d.lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006, e si applica agli

arbitrati la cui domanda sia stata proposta dopo il 2 marzo 2006. Il c. 3 così dispone: “Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati nell'art.404. Le impugna-zioni per revocazione ed opposizione si propongono davanti alla Corte d'Appello nel cui distretto il procedimento arbitrale ha avuto luogo”.

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per la Svizzera, in cui l'exequatur di un lodo interno non è richiesto, ma per procedere ad esecuzione forzata è necessaria una dichiarazio-ne di esecutività e il ricorso ad un procedimento di competenza del giudice dell'esecuzione.

In Svezia il lodo è già esecutivo nel momento in cui viene emesso, e lo stesso si verifica in Spagna ed Austria.

Laddove sia previsto, il procedimento di omologazione è molto sem-plice e lineare: esso si svolge inaudita altera parte, il giudice deve svolgere un controllo solo di regolarità formale, e solo eventualmente può realizzarsi la fase successiva a contraddittorio pieno delle parti. La competenza del giudice è fissata con la sede dell'arbitrato, e il pro-cedimento può essere o uguale a quello previsto per i lodi interni, op-pure altro apposito procedimento riservato solo a quelli esteri (la Francia adotta questo secondo metodo).

Il provvedimento con cui viene accolto o negato l'exequatur assume la forma di un'ordinanza impugnabile.

Possono poi concretarsi dei casi in cui l'omologa viene negata; essi coincidono di regola con quelli già valevoli per i lodi interni, e sono comunque in numero limitato. Essi possono dipendere dalla mancan-za, nel lodo, di requisiti minimi essenziali per qualificarlo come tale; oppure dalla sua contrarietà all'ordine pubblico; o ancora dal fatto che esso abbia statuito su materia non regolabile per via arbitrale.

In Inghilterra, per esempio, non è previsto un elenco specifico dei motivi di rifiuto dell'omologa, per cui saranno i giudici che si trove-ranno a dover valutare l'opportunità del caso concreto.

(33)

Il provvedimento con il quale viene concessa o meno l'omologa è su-scettibile di essere impugnato, in base agli stessi motivi già previsti, dalla Legge Modello, per l'annullamento del lodo.

1.9. L'impugnazione del lodo

Con l'espressione “impugnazione” ci si riferisce alla possibilità di concedere all'autorità giudiziaria di pronunciarsi sulla decisione emessa dagli arbitri, allo scopo di eccepirne l'invalidità o l'ingiustizia impedendole di produrre i propri effetti. La tendenza che si registra in sede di arbitrato internazionale, è quella di dettare una disciplina omogenea, che, per quanto riservi ai singoli ordinamenti la regola-mentazione specifica sia dei mezzi sia della procedura di impugnazio-ne, vuole limitare l'intervento statale al minimo; in questo senso l'art. V della Legge Modello dispone che nelle materie regolate da tale le ge, nessuna corte statale potrà intervenire, ad eccezione che sia con-sentito dalla stessa Legge.37

Nella maggior parte degli ordinamenti si riconosce la competenza a conoscere delle impugnazioni al Paese sede dell'arbitrato, o al massi-mo a quello la cui legislazione ha disciplinato il procedimento. Lo strumento previsto per controllare le decisioni arbitrali è quello del-l'annullamento e nullità in presenza di particolari vizi; questo è quan-to prevedono tutte le legislazioni nazionali.

Alcune vi aggiungono anche la possibilità di promuovere la revocazio-ne, in presenza di gravi eventi sopravvenuti, e l'opposizione di terzo

37Il testo inglese così dispone: “ In matters governed by this Law, no court shall

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che vede pregiudicata la propria posizione giuridica in seguito all'e-manazione del lodo.

L'appello è di solito escluso, in base al principio per cui il lodo arbi-trale è definitivo, per cui la volontà compromissoria verrebbe meno se si permettesse senza limiti che la decisione, sottoposta ad arbitra-to proprio per favorire una risoluzione celere e definitiva, venga poi stravolta, in sede di riesame, anche nel merito, da parte dei giudici dell'appello. La disciplina delle impugnazioni è sottratta all'autonomia delle parti, le quali perciò, di regola, non possono manifestare una ri-nuncia preventiva ad avvalersi dei mezzi di ricorso, contenuta nella clausola o nel compromesso. C'è da rilevare, infine, come l'idea pre-valente alla base dell'arbitrato internazionale sia quella di consentire una maggiore stabilità possibile della decisione; conseguenza di ciò è la previsione, da parte degli ordinamenti nazionali, di motivi tassativi dei vizi che comportano annullamento, e del fatto che essi possano essere rilevati, tranne in due casi, solo su eccezione di parte.

Dalla disciplina delle impugnazioni va tenuta distinta quella dell'op-posizione al riconoscimento e all'esecuzione; esistono però punti di contatto fra esse. Innanzitutto i motivi sono pressochè identici sia nell'una sia nell'altra; essi sono indicati innanzitutto nell'art. V, (1) della Convenzione di New York, e nell'art. 34 della Model Law.

Essi sono i seguenti, rilevabili solo su istanza di parte:

a) incapacità di una parte di compromettere per arbitri oppure invali-dità dell'accordo arbitrale in base alla legge scelta dalle parti o in mancanza alla legge dove l'arbitrato si svolge;

b) mancata instaurazione del contraddittorio per la parte convenuta, dovuta alla mancata comunicazione della designazione dell'arbitro o

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della procedura arbitrale, o all'impossibilità, per tale parte, di far vale-re i propri mezzi;

c) ultra o extra-petizione dell'accordo compromissorio;

d) irregolare costituzione del collegio arbitrale o della procedura arbi-trale rispetto a quanto statuito nell'accordo compromissorio, o in mancanza, alla legge del Paese sede dell'arbitrato;

e) la decisione non è ancora divenuta vincolante (“binding”) tra le parti, oppure è stata annullata o sospesa dall'autorità competente nel Paese in cui, o secondo la cui legislazione essa è stata emanata.

Il comma successivo prevede poi altri due motivi, rilevabili però an-che dal giudice ex officio:

a) la materia oggetto della controversia non è definibile per via arbi-trale;

b) il riconoscimento o l'esecuzione sono contrari all'ordine pubblico del Paese richiesto.

Altro elemento di convergenza tra i due procedimenti è dato dal fatto che alcuni ordinamenti prevedono una sorta di coordinamento tra essi, con la conseguenza che il lodo sarà eseguibile solo in mancanza della pendenza di un giudizio di impugnazione.

Questo è quanto accade in Francia, dove l'impugnazione del lodo arbitrale comporta di pieno diritto il ricorso avverso l'ordinanza che ne dispone il riconoscimento e il procedimento di esecuzione viene sospeso durante il termine per impugnare il lodo e per tutta la durata del giudi-zio di impugnazione.38

(36)

Secondo la legge belga i termini per impugnare vengono stabiliti in relazione all'avvenuto o denegato riconoscimento del lodo nell'ordi-namento straniero, con la conseguenza che la parte soccombente può decidere se attendere la fine del giudizio di riconoscimento pri-ma di impugnare la sentenza arbitrale nel Paese d'origine.39

In Inghilterra vige invece il principio per il quale i due procedimenti, di impugnazione e riconoscimento, sono completamente distinti ed indipendenti tra loro.40

Nel nostro ordinamento, infine, ai sensi dell'art. 827, c. 2 c.p.c., l'im-pugnazione del lodo è promuovibile indipendentemente dal suo de-posito ai fini del riconoscimento: “i mezzi di impugnazione possono

essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo”.

In quegli ordinamenti dove il lodo è esecutivo fin dalla pronuncia, l'impugnazione di esso non esplica effetti all'interno del procedimen-to di esecuzione; questa eventualità è però possibile, e la sospensio-ne si verificherà in presenza di determinate circostanze, stabilite dalle singole legislazioni: la L.D.I.P. svizzera, per esempio, prevede, all'art. 191, c. 1 che potrà essere disposta la sospensione quando vengano allegati i due requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora; l'art. 830, c. 4 del nostro Codice di Procedura stabilisce che l'efficacia del lodo impugnato è sospesa solo al ricorrere di gravi motivi.41 Per

quanto riguarda i termini di impugnazione, essi sono lasciati alla

de-39Vd. gli artt. 1711-1713 del Code Judiciare. 40Vd. gli artt. 67-70 dell'Arbitration Act del 1996.

41Il comma in oggetto recita: “ Su istanza di parte, anche successiva alla proposta di

impugnazione, la corte d'appello può sospendere con ordinanza l'efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi”.

(37)

terminazione dei vari giudici nazionali, sia in relazione alla durata, sia in relazione al dies a quo; questo coincide di regola con la data di emanazione del lodo (secondo l'art. 70, (3) dell'Arbitration Act ingle-se) , o con la data della notifica alle parti, secondo l'art. 34, (3) della Legge Modello UNCITRAL. Il termine è di regola tassativo per la mag-gior parte degli ordinamenti, ma in alcuni casi è consentito allungarlo da parte dell'autorità giudiziaria, quando la parte dimostri di non aver potuto impugnare entro i termini per causa indipendente dalla pro-pria volontà.

2. Le decisioni impugnabili

Oggetto di impugnazione possono essere soltanto le decisioni quali-ficate come lodi, con esclusione perciò delle ordinanze e di altri atti che statuiscono solo su questioni interne al processo. La qualificazio-ne di una decisioqualificazio-ne in un senso o qualificazio-nell'altro viequalificazio-ne data dal giudice adi-to per il ricorso, indipendentemente da quella data dal collegio arbi-trale; l'assenza nella decisione di requisiti formali richiesti per la sua validità inciderà solo su essa, e non sulla eventuale qualificazione. Non possono essere impugnate le decisioni preliminari relative all'or-ganizzazione del procedimento (ad esempio quelle relative alla lingua da adottare o alla sede) né i provvedimenti di amministrazione del procedimento (come quelli che regolano l'organizzazione delle udien-ze o la determinazione delle spese processuali).

Per quanto riguarda i lodi parziali, la loro impugnabilità è ammessa da quegli ordinamenti che non fanno distinzione tra definitivo – parziale,

(38)

come avviene anche ai sensi dell'art. 34 della Legge Modello UNCI-TRAL. Essi possono essere impugnati subito, con termine decorrente dalla emissione, oppure insieme al lodo finale.

Nel nostro ordinamento, grazie alla riforma del 1994, è stata intro-dotta la distinzione tra lodo parziale in senso stretto, ossia quel lodo

“che decide in parte sul merito della controversia” e lodo che invece “risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio”, che è

impugnabile soltanto insieme a quello finale. Vengono intesi come lodi parziali finali quelli che statuiscono su una questione di merito, come quelli che decidono riguardo all'an debeatur, riservando la quantificazione del quantum al lodo finale; oppure quelli che decido-no una questione pregiudiziale o preliminare. Le statuizioni arbitrali relative alla propria competenza sono da sole impugnabili solo se a contenuto negativo, poiché pongono fine all'arbitrato, definendo quindi il giudizio.

Non accolgono questa soluzione l'ordinamento olandese, il quale statuisce all'art. 1052, c. 5 WBR che in caso di declinazione, da parte degli arbitri, della propria competenza, rimette la stessa all'autorità giudiziaria, e anche la Legge Modello, che, all'art. 16, (3) prevede la possibilità di impugnare tali pronunce, solo se a contenuto positivo.42

42L'art. 16, (3) così dispone: “The arbitral tribunal may rule on a plea referred to in

paragraph (2) of this article either as a preliminary question or in an award on the merits. If the arbitral tribunal rules as a preliminary question that it has jurisdiction, Any party may request, within thirty days after having received notice of that rul-ing, the court specifi ed in article 6 to decide the matter, which decision shall be subject to no appeal; while such a request is pending, the arbitral tribunal may con-tinue the arbitral proceedings and make an award”.

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2.1. Il giudice dell'impugnazione

Di regola il giudice competente per l'impugnazione è quello del luo-go in cui l'arbitrato si è svolto. Questo è quanto previsto sia dalla Leg-ge Modello UNCITRAL agli artt. 6 e 34, (1), sia dalle singole legislazio-ni nazionali. E' prevista tuttavia la possibilità di allargare lo spettro della competenza anche alla legge del luogo che disciplina l'arbitrato, se diversa da quella ove esso si è svolto; questo è quanto è stato af-fermato in due famose decisioni: la prima della Corte Suprema Au-striaca, la quale ha dettato il principio per il quale “l'annullamento di

una decisione arbitrale è regolato dalla legge dello Stato in cui essa è stata resa, mentre gli altri Stati possono pronunziarsi sul riconosci-mento e l'esecuzione”. La seconda, adottata dalla Cour d'Appel di

Pari-gi, la quale ha statuito che: “ rilevato che la decisione arbitrale era

stata resa in base ad una procedura diversa da quella francese, e dunque non collegata a tale ordinamento, e non considerabile quindi francese, concludeva che i mezzi di impugnazione contro tale decisio-ne sono quelli disponibili contro le decisioni straniere e che dunque l'appel en nullité proposto doveva essere dichiarato inammissibile”.43

In tal senso si esprimono anche la Convenzione di New York all'art. V, (1) lett. e) e quella di Ginevra del 1961 all'art. IX, (1), dove viene san-cito che il rifiuto di procedere al riconoscimento si realizza quando il lodo sia stato annullato o sospeso dai giudici dello Stato in cui, o se-condo la legge del quale è stata emessa la sentenza.

43Si tratta rispettivamente delle decisioni Norsolor S.A. c. Pabalk Ticaret Ltd. ,Corte

Suprema Austria, 18 novembre 1982, in Yearbook Commercial Arbitration,1982, vol. VII, pp. 312-314; General National Maritime Transport Company c. Sté Gotaver-ken Arendal AB, App. Parigi 21 febbraio 1980, in Rev. Arb., 1980, p. 524.

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2.2. La rinuncia delle parti all'impugnazione

Abbiamo sottolineato già come lo scopo principale del ricorso alla procedura arbitrale sia quello di definire rapidamente e definitiva-mente la controversia che ne forma l'oggetto; per questo si registra una sostanziale tendenza a negare o comunque limitare fortemente la possibilità per le parti di rinunciare preventivamente all'impugna-zione, in modo che la questione trovi dunque rapida definiall'impugna-zione, sen-za allungare i tempi lunghi necessari all'attesa della pronuncia del giu-dizio di secondo grado. In questa prospettiva si pongono infatti nu-merosi testi convenzionali, quali l'art. 24 CCI per il quale il lodo è

defi-nitivo. Per il fatto di sottoporre la controversia ad arbitrato, le parti si impegnano alla pronta esecuzione del lodo e rinunciano a tutti i mez-zi di impugnamez-zione cui possono rinunciare.

Di tale avviso anche il Regolamento Internazionale della Camera Arbi-trale di Milano, il quale dispone all'art. 18 che “con l'instaurazione del

procedimento di fronte alla Camera Arbitrale Internazionale, le parti rinunciano espressamente al potere di impugnare la decisione arbi-trale”; e così anche il Regolamento UNCITRAL del 1976, dove, all'art.

32, (2) prevede che “la sentenza arbitrale sarà redatta per iscritto e

sarà definitiva e vincolante per le parti. Esse si impegnano a darle esecuzione senza indugio”.

Non sempre però la rinuncia produce pieni effetti: essi saranno infatti regolati dalla legge procedurale applicabile. Il diritto italiano prevede, per esempio, che la rinuncia all'impugnazione non vale verso la revo-cazione, e in caso di impugnazione per nullità, la rinuncia è ammessa

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soltanto con riguardo alla non osservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto.44 La rinuncia può riferirsi all'impugnabilità totale, o a

singoli motivi, è maggiormente ampia nell'arbitrato internazionale ed in riferimento a quei motivi di impugnazione che comportano un riesame del merito; in Francia, per esempio, la rinuncia è prevista sol-tanto in relazione all'arbitrato interno ; in Italia, prima della riforma del 1994, l'art. 838 c.p.c., ora abrogato, consentiva il ricorso in annul-lamento, per l'arbitrato internazionale, per i soli motivi dell'art. 829 c.1. c.p.c., con esclusione dell'annullamento per violazione di regole di diritto, previsto invece per l'arbitrato nazionale, della revocazione straordinaria e dell'opposizione di terzo.

Con la nuova formulazione dell'art. 829, c. 3, è stata uniformata la disciplina internazionale con quella interna, estendendo l'esclusione dell'impugnazione per violazione delle norme di diritto all'arbitrato interno, salvo diverso accordo delle parti. Per essere considerata effi-cace, la rinuncia deve risultare in modo espresso, diretto ed inequivo-cabile, non essendo sufficiente una rinuncia implicita o per fatti con-cludenti.

2.3. I motivi di impugnazione

I singoli casi di impugnazione sono lasciati alla disciplina degli ordi-namenti nazionali, senza che i testi convenzionali li condizionino o li-mitino più di tanto. Essi ricalcano comunque largamente quelli conte-nuti nella Legge Modello UNCITRAL all'art. 34, il quale a sua volta è ispirato all'art. V della Convenzione di New York.

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In tutti gli ordinamenti è valevole il principio di tassatività dei motivi di impugnazione, per cui ogni vizio non rientrante nell'elenco non permetterà di impugnare il lodo, ai sensi dell'art. 34, (2) della Model

Law. La cognizione del giudice dell'impugnazione si limita ai motivi

dedotti nell'atto di impugnazione, con alcune eccezioni in base a quanto prevedono le normative nazionali: in Italia, la Corte d'Appello, che è l'organo competente a decidere sull'impugnazione, non può ri-levare vizi diversi da quelli presentati dalla parte impugnante, ad ec-cezione della nullità del patto compromissorio, che può essere ecce-pita anche dopo la scadenza del termine per impugnare o in sede di opposizione all'esecuzione.

In Francia il controllo giudiziale si limita ai vizi espressamente previ-sti dalla legge, ma non per forza ai motivi dedotti dall'impugnante.

Per quanto riguarda la possibilità per il giudice di riesaminare anche il merito, le varie legislazioni nazionali sono divise al riguardo: in Italia essa è ammissibile solo in caso di impugnazione per violazione delle regole di diritto, e solo se tale motivo è stato previsto dalla parte nel-l'accordo o dalla legge, oppure per contrarietà all'ordine pubblico.

In Francia, dopo un orientamento iniziale più aperto, si è giunti ad ammettere la possibilità del riesame degli elementi di fatto e di dirit-to solo se l'impugnazione proposta è sorretta da una contrarietà al-l'ordine pubblico flagrante, effective et concréte.45

Atteggiamento maggiormente concessivo è adottato in Inghilterra, dove i giudici godono di ampia libertà nel riesame dell'accertamento

45Si tratta di un principio elaborato nell'ambito della decisione SA Thalès Air

Défense c. GIE Euromissile, App. Parigi, 18 novembre 2004, in Rev. Arb., 2005, pag. 529.

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dei fatti ad opera degli arbitri in caso di impugnazione relativa alla

substantive jurisdiction del collegio arbitrale; ai sensi dell'art. 67 Eng.

A.A., l'impugnazione comporta il rehearing of the case, e se la compe-tenza degli arbitri dipende da accertamenti di fatto , il giudice dell'im-pugnazione deve ammettere la cross examination.

I vizi che consentono l'impugnazione sono suddivisi in due categorie: vizi di procedura (errores in procedendo) e vizi riguardanti questioni di fatto e di diritto (errores in iudicando).

2.4. I singoli motivi: a) difetto di competenza dell'organo arbitrale e invalidità della convenzione

Il difetto di competenza può ricomprendere svariati motivi, ma quello più diffuso è l'invalidità della convenzione arbitrale: in tal sen-so si pronunciano l'art. IX della Convenzione di Ginevra, l'art. 34, (2), lett. a), (i) della Legge Modello, ed il nostro art. 829, c. 1 c.p.c. L'invali-dità della convenzione può dipendere dalla capacità delle parti o da altri vizi della volontà, quali errore, violenza, dolo, oppure dalla viola-zione di forme richieste a pena di nullità. L'incapacità delle parti deve essere valutata in relazione alla legge ad esse applicabile, che di solito coincide con quella di cittadinanza o di nazionalità; l'invalidità della convenzione per ulteriori motivi è regolata dalla legge scelta dalle parti. Abbiamo già specificato come vi sia autonomia tra la convenzio-ne arbitrale ed il contratto; per cui l'invalidità di esso non determina necessariamente l'invalidità anche di quella. L'inesistenza della con-venzione d'arbitrato comporta la nullità del lodo per difetto di com-petenza dell'organo arbitrale; questa causa non è regolata in modo

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