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Il fondamento della competenza cautelare degli arbitri

2. La competenza cautelare degli arbitri

2.1. Il fondamento della competenza cautelare degli arbitri

In dottrina non esiste unanimità di pensiero per quanto riguarda la fonte regolante la competenza degli arbitri al cautelare. Alcuni la rin- vengono nella legge del luogo in cui l'arbitrato si svolge, alcuni in quella del luogo ove le misure sono destinate a spiegare effetto, altri nella legge che regola la procedura arbitrale; vi è poi chi pone il mas- simo accento sulla volontà delle parti, oppure sulle varie teorie elabo- rate, quali quelle dei poteri impliciti e dei poteri inerenti.

less the party shows that an application to the arbitral tribunal for the measure of protection from the court is necessary to protect their rights”.

107In questo senso si sono espresse due emblematiche sentenze americane. La Sim-

ula Inc. v. Autoliv Inc., 9th Cir., 1999, e la Ever – Gotesco Resources and Holdings Inc.

v. Pricesmart Inc., S.D. CA, 2002.

108LAUDISA, “L'arbitrato internazionale e tutela cautelare”, in Riv. Arb., 2005, pp.

460 e ss.; BERNARDINI, “Arbitrato commerciale e misure cautelari”, in Riv. Arb., 1993, pp. 15 e ss.

Per quanto riguarda il criterio della legge disciplinante il procedimen- to arbitrale, esso si rivela inefficace per svariate ragioni: innanzitutto in ben pochi casi l'arbitrato si svolge secondo una specifica disciplina nazionale; ed anche qualora accada, tale disciplina presenta spesso vaste lacune, con la conseguenza che alle parti viene data la possibili- tà di derogarvi e integrarla con altre fonti.

La legge di procedura si distingue nettamente da quella che regola l'arbitrato, la cosiddetta lex arbitri, che è quella cui fare riferimento per determinare la competenza cautelare, costituendo essa un vera e propria questione di competenza che deve essere risolta in base ap- punto alla lex arbitri, che nella maggior parte dei casi si identifica con la legge ove l'arbitrato ha avuto sede.

Qualora poi le parti abbiano convenuto di assoggettare il procedi- mento alla legge di un ordinamento differente da quello della sede, non sarà sufficiente guardare ad esso, ma bisognerà dare comunque la prevalenza alle disposizioni imperative proprie dell'ordinamento della sede.

Con riguardo al criterio della legge del luogo dove le misure andranno a spiegare effetti, esso non sembra sufficientemente idoneo, perchè, nonostante in alcuni casi il luogo di esecuzione dei provvedimenti sia facilmente individuabile, come avviene quando si tratta di beni im- mobili, in altri non lo è, per cui ci si rifarebbe al luogo probabile, e non effettivo, di esecuzione. Nonostante abbiamo constatato che il criterio della sede sia il più adatto, c'è da rilevare come anche quello della volontà delle parti rivesta una certa rilevanza. Questo perchè, per rimanere in tema, esse sono libere di scegliere la sede dove l'arbi- trato si svolgerà, scelta che tiene conto delle maggiori o minori prero-

gative, cautelari in questo caso, che quell'ordinamento attribuisce ap- punto agli arbitri. Il criterio della sede incide su quello della volontà delle parti nel senso di circoscriverlo; qualora la legge della sede non contenga disposizioni in materia cautelare, entrerà in gioco la volontà delle parti. Tale volontà deve essere desunta anche dall'interpretazio- ne della convenzione arbitrale, per cui se le parti hanno stipulato un accordo espresso, o esiste un regolamento arbitrale che attribuiscano agli arbitri il potere cautelare, essi verranno applicati soltanto se con- formi e quindi non contrastanti con le disposizioni imperative vigenti nel luogo dove l'arbitrato si svolge.

La volontà dei soggetti può operare anche nel senso di limitare la competenza cautelare arbitrale; può, ad esempio, delimitare l'ambito delle misure disponibili, escluderne alcune, oppure escludere l'inter- vento della giurisdizione del giudice ordinario, come accade in diversi ordinamenti, fra cui Germania e Francia.109

Un accenno merita la teoria dei poteri cautelari impliciti, secondo la quale, nel caso in cui manchi un accordo delle parti espresso riguardo la competenza arbitrale in materia cautelare, tale competenza può essere desunta sulla base di una volontà implicitamente contenuta nell'accordo compromissorio. La necessità di rinvenire poteri cautela- ri impliciti si profila però soltanto qualora la legge della sede dell'arbi- trato nulla preveda al riguardo, e comunque tali poteri non potrebbe- ro in nessun caso porsi in contrasto con disposizioni di legge indero- gabili. Per rinvenire i poteri impliciti arbitrali è necessario dunque

109ROBERT, Arbitrage civil et commercial (droit interne et droit international), Parigi,

1967, p. 264; DE BOISSESON, Le droit francais de l'arbitrage interne et interna- tional, Paris, 1990; VAN COMPERNOLLE, Les mesures provisoires en droit belge, francais et italien, Bruxelles, 1998.

procedere con un'operazione di interpretazione della convenzione ar- bitrale; vengono banditi criteri di interpretazione restrittivi, sul pre- supposto del ruolo sempre più centrale che ormai l'arbitrato riveste all'interno del panorama internazionale quale metodo alternativo di risoluzione delle liti. Soprattutto la dottrina tedesca e francese si è concentrata sull'ammissibilità di una interpretazione il più estensiva possibile dei poteri arbitrali in materia cautelare.

L'altra teoria ampiamente diffusa è quella dei poteri inerenti (“inhe-

rent powers”), secondo la quale l'autorità investita del merito di una

controversia possiede per ciò stesso tutti i poteri necessari all'eserci- zio della funzione assegnatagli. Questa teoria è stata elaborata inizial- mente nei sistemi di common law, e successivamente ha trovato am- pio seguito in campo internazionale, producendo come immediata conseguenza l'attribuzione agli arbitri di tutti i possibili poteri neces- sari per svolgere la funzione loro affidata dalle parti, sul fondamenta- le presupposto che essi, oltre a prendere una decisione, hanno anche il correlato dovere di attuarla attraverso i vari strumenti messigli a di- sposizione. In quest'ottica, i poteri cautelari, in quanto funzionali a ri- solvere in modo soddisfacente la lite, andrebbero a costituire lo stes- so potere arbitrale di decidere nel merito della questione, e a diffe- renza di quelli impliciti non trovano origine nella volontà dei compro- mittenti, ma nel potere arbitrale tout court. Tale teoria trova riscontro in numerosissime pronunce giurisprudenziali, prima fra tutte la sen- tenza della Corte Internazionale di Giustizia nel caso concernente gli esperimenti nucleari che vide come protagonisti Nuova Zelanda, da un lato e Francia dall'altro, in cui la Corte stabilì di possedere “un

pouvoir inhérent qui l'autorise à prendre toute mesure voulue, d'une part pour faire en sorte que, si sa compétence ne se révèle pas vain,

d'autre part pour assurer le règlement régulier des tous les points en litige, et un povoir inhérent de ce genre découle de l'existence meme de la Cour, organ judiciaire établi par le consentement des Etats, et lui est conféré afin que sa fonction judiciaire fondamentale puisse etre sauvegardée”.110 Il contenuto di tale decisione è stato ripreso più vol-

te anche dal Tribunale Iran – Stati Uniti, che l'ha consacrata nel cele- berrimo caso E-System v. Iran, nel quale ha statuito tale Tribunale

“has an inherent right to issue such orders as may be necessary to conserve the respective rights of the parties and to ensure this Tribu- nal's jurisdiction and authority are made fully effective”.111

3. Gli strumenti coercitivi a disposizione degli arbitri

Uno dei limiti più evidenti della competenza degli arbitri in materia cautelare, che comporta l'inefficacia delle misure adottate, è l'assen- za in capo ad essi di poteri coercitivi. Questo aspetto assume rilievo qualora ci si trovi a dover attuare una misura, provvisoria o cautelare, che presenta profili comuni con la disciplina dell'esecuzione forzata; questo si verifica quando, per esempio, la misura va ad incidere nella sfera giuridica di terzi, in quanto i beni da esecutare si trovano in pos- sesso di questi.112 Bisogna poi sottolineare come la tutela cautelare si

presenti come una commistione tra processo di cognizione e proces- so esecutivo; in più essa è distinta in due fasi: la prima consente l'e-

110Si tratta della sentenza del 20 dicembre 1974, contenuta in I.J.I. Reports, 1974,

pp. 253 e ss.

111Si tratta dell'Interim Award del 4 febbraio 1983, contenuto in Iran – US C.T. Re-

manazione di un provvedimento autorizzativo sulla base di un accer- tamento delle condizioni; la seconda fase è deputata all'attuazione della misura, che segue le medesime regole procedurali proprie del- l'esecuzione forzata. Tale fase, in quanto espressione di un potere di imperium sconosciuto agli arbitri, è di competenza esclusiva della giu- risdizione statale. Dato però che sono state le parti ad investire gli ar- bitri del potere di decidere la controversia, essi devono necessaria- mente possedere strumenti che gli consentano di far ottemperare le statuizioni cautelari.

Innanzitutto il provvedimento cautelare è dotato di una sicura effica- cia obbligatoria inter partes, che deriva dal potere conferito agli arbi- tri da parte dei soggetti, e che è consacrato nella convenzione d'arbi- trato; tale efficacia , accompagnata dall'obbligo in capo alle parti di comportarsi secondo buona fede per agevolare la soluzione della controversia, consente agli arbitri di sanzionare l'eventuale inosser- vanza del provvedimento attraverso rimedi ordinari, primo dei quali il risarcimento del danno.

Tale strumento non appare tuttavia soddisfacente, per varie ragioni. Innanzitutto la competenza arbitrale ad occuparsi anche delle conse- guenze derivanti dall'inosservanza della misura non è scontata, in quanto deve essere dimostrata caso per caso in riferimento alla con- venzione arbitrale o al regolamento in base ad essa applicabile. Se- condariamente, la violazione del patto compromissorio, causata dal- l'inosservanza del provvedimento, non è ritenuta idonea a provocare

112Ad esempio in Svizzera, la procedura per procedere a sequesto (séquestre) rap-

presenta un vera e propria misura di esecuzione forzata. Cfr. WALTER- BOSCH- BRONNIMANN, Internationale Schiedsgerichtsbarkeit in der Schweiz, Berna, 1991, p. 131 e ss.

un danno risarcibile. Da questa impostazione deriva quindi che, in as- senza del danno da risarcire, la parte debitrice ha come unico rimedio quello di chiedere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligazione, la quale, però, necessita di un accertamento autonomo ed ulteriore, in- compatibile con la situazione d'urgenza tipica della tutela cautelare. Per ovviare a questo inconveniente le parti potrebbero, in sede di sti- pula dell'accordo compromissorio, prevedere espressamente delle conseguenze in caso di mancata esecuzione del provvedimento cau- telare, quali, ad esempio, la corresponsione di una penale.

Uno strumento efficace può essere considerato quello, a disposizione degli arbitri, di trarre conseguenze sfavorevoli alla parte inadempien- te in sede di decisione di merito; infatti il rispetto spontaneo del prov- vedimento cautelare è dettato dal timore di non influenzare in modo negativo l'organo giudicante in pendenza di pronuncia di merito. Tut- tavia, in genere, un simile atteggiamento sfavorevole da parte degli arbitri durante la fase decisoria finale sembrerebbe del tutto privo di giustificazione.

Diverse eccezioni possono però ammettersi al riguardo, giustificando cioè il riflesso negativo della violazione del provvedimento cautelare sulla decisione di merito: innanzitutto un primo caso lo si potrebbe ri- cavare dall'art. 41, (6) dell'AA inglese, il quale, in materia di security

for costs prevede espressamente la soccombenza come naturale con-

seguenza del mancato rispetto all'ordine di prestare la garanzia113.

Una seconda ipotesi è rinvenibile nell'art. 41, (7) lett. b) del medesi- mo testo, che consente all'arbitro di trarre tali conclusioni negative

113Dal testo originale: “If a claimant fails to comply with a peremptory order of the

tribunal to provide security for costs, the tribunal may make an award dismissing his claime”.

“from the act of non compliance as the circumstances justify”, oppure

dall'art. 19, (1) del Regolamento internazionale dell'AIA114, il quale

sancisce che il tribunale arbitrale ha la facoltà di imporre, al momen- to dell'emanazione del provvedimento cautelare, la prestazione di cauzione al soggetto istante, o una penale al destinatario in caso inot- temperanza e consente agli arbitri, nel momento di emettere il lodo, di tener conto del comportamento delle parti riguardo ai provvedi- menti d'urgenza, potendo essi disporre della cauzione o della penale. Infine non incontra ostacoli la sanzionabilità dell'inottemperanza del- la misura in sede di decisione sui costi della procedura arbitrale, in re- lazione alla quale gli arbitri possono tener conto di circostanze diver- se dall'esito della controversia principale. Tale eventualità è espressa- mente prevista dall'art. 41, (7) lett. d) dell'AA inglese, secondo il qua- le gli arbitri hanno la facoltà di sanzionare il mancato rispetto del provvedimento cautelare, ma limitatamente ai costi che presentano un rapporto di causalità con il mancato rispetto.115

114Si tratta della Convenzione I adottata durante la seconda conferenza di pace,svol-

tasi all'Aja dal 15 luglio al 17 ottobre 1907, istitutiva tra l'altro della Corte Perma- nente di Arbitrato. La conferenza venne sollecitata in particolare dallo Zar Nicola II, dietro suggerimento dell'allora Presidente americano Roosvelt. Vi parteciparono 44 Paesi, tra i quali tutti quelli dell'America Latina.

115Il testo originale così dispone: “If a party fails to comply with any other kind of

peremptory order (diverso dalla sopracitata security for costs), then, without preju- dice to section 42, the tribunal may do any of the following […] d) make such order as it thimks fit as to the payment of costs of the arbitration incurred in