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Il grado di managerialità delle aziende sanitarie. Risultati di un caso di studio nel Sistema Sanitario Nazionale

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI PISA. Dipartimento di Economia e Management Scuola di Dottorato “L. Fibonacci” Corso di Dottorato in Economia Aziendale (SECS –P/07). Il grado di managerialità delle aziende sanitarie. Risultati di un caso di studio nel Sistema Sanitario Nazionale. Relatore Chiar.mo Prof. Luca DEL BENE Candidato Dott. Alberto EZZA. Ciclo XXVI.

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(3) II. Introduzione Capitolo I Gli studi di public management. Fra burocrazia e managerialità 1.1 Il paradigma tradizionale della public administration: il predominio della burocrazia. ............. 2 1.2. Il New Public Management e la rivoluzione manageriale ........................................................ 10 1.3 Le prospettive alternative: la New Public Governance ............................................................. 23 1.4 Le prospettive alternative: il Neo-Weberian State..................................................................... 28 1.5 Le amministrazioni pubbliche nella prospettiva economico-aziendale. .................................... 32 Bibliografia ..................................................................................................................................... 38. Capitolo II Does management matter? Il ruolo del management come leva per migliori performance. 2.1 L’evoluzione degli studi di management. La nascita della scienza manageriale fra XIX e XX secolo. ............................................................................................................................................. 43 2.2 L’evoluzione degli studi di management: le altre scuole di pensiero del Novecento ................ 60 2.3 L’evoluzione dell’Economia Aziendale e il rapporto con le teorie manageriali ....................... 75 2.4 L’effetto delle pratiche di management sulle performance delle aziende ................................. 84 2.5 Uno schema per la valutazione del management dei servizi pubblici ....................................... 94 Bibliografia ................................................................................................................................... 102. Capitolo III Il sistema sanitario italiano: dalle Mutue alle Aziende Sanitarie 3.1 La sanità italiana nell’era dell’assistenza benefica .................................................................. 109 3.2 La nascita di un modello universale per la sanità italiana ....................................................... 116 3.3 Le riforme degli anni Novanta: l’aziendalizzazione del Sistema Sanitario Italiano ................ 122 3.4 La governance del Sistema Sanitario Italiano ......................................................................... 128 Bibliografia ................................................................................................................................... 136.

(4) III. Capitolo IV Il grado di managerialità delle aziende sanitarie pubbliche. Definizione di un modello per la sua valutazione. 4.1 Obiettivo della ricerca ............................................................................................................. 139 4.2 Il contesto di indagine: il Sistema Sanitario Sardo .................................................................. 144 4.3 Gli strumenti per l’indagine empirica...................................................................................... 152 4.4 La metodologia d’indagine...................................................................................................... 155 4.5 Gli item inclusi nel questionario ............................................................................................. 158 4.6 Analisi del caso di studio, riflessioni conclusive e future implicazioni della ricerca. ............. 165 Bibliografia ................................................................................................................................... 177 Appendice ..................................................................................................................................... 178.

(5) IV. Introduzione Gli studi di management, fin dalla loro nascita, hanno assunto un presupposto teorico di base. L’adozione di pratiche manageriali corrette è, per le aziende, un elemento imprescindibile per il raggiungimento di livelli adeguati di performance. Corollario di tale asserzione è l’individuazione del ruolo cruciale che il management, con la propria attività, riveste nell’influenzare direttamente i risultati conseguiti. Questo concetto ha informato la teoresi della scienza manageriale e, pur in considerazione delle differenze che esistono fra le numerose impostazioni teoriche che si sono alternate nel corso dei decenni è possibile concludere che l’obiettivo finale di fondo delle diverse “scuole” era individuare la one best way, ovvero la via da perseguire per garantire alle organizzazioni risultati positivi e soddisfacenti. L’osservazione del sistema economico mondiale nel corso degli ultimi decenni però pone un dubbio principale. Se la scienza manageriale è in grado di definire un modello teorico, perché esistono differenziali così marcati di performance fra aziende dello stesso settore o fra diversi segmenti del mercato? Perché tali variazioni, ancor più forti, esistono fra contesti geografici? L’intuitiva risposta è che, pur in presenza di un modello teorico di riferimento, non vi è la sua omogenea e uniforme adozione. La perfetta trasmissibilità e diffusione rappresentano condizioni valide solo a livello teorico, ipotizzando l’esistenza di informazione completa e razionalità illimitata degli individui. Risulta quindi condivisibile ipotizzare che le diversità nel mix di pratiche manageriali adottate sia in grado di spiegare il differenziale di prestazioni che esiste. In tal senso un contributo importante è giunto dalla letteratura di business management riconducibile al filone del “management matter”. In uno dei lavori più noti e rilevanti (Bloom e Van Reenen 2007) il tema in oggetto è stato affrontato con sistematicità avendo a riferimento il settore manifatturiero in una prima fase e altri settori (educazione, sanità, retailing) in momenti successivi..

(6) V. Il lavoro del team di ricerca coordinato dai due Autori ha permesso di verificare l’ipotesi principale. I differenti livelli di performance riscontrabili fra aziende diverse sono positivamente correlati con la “bontà” o la “negatività” delle pratiche manageriali adottate. Tale conferma rappresenta il punto di partenza per il presente lavoro che si pone come obiettivo di fondo l’individuazione di un modello di indagine che permetta di valutare se tale relazione è esistente nel settore pubblico. L’interesse conoscitivo in tal senso si giustifica con riferimento alla fase riformista che persegue l’aziendalizzazione della Pubblica Amministrazione in analogia con il filone del New Public Management (NPM) che ha costituito il a partire dagli anni Settanta. L’obiettivo primario del NPM – ricercare il complessivo miglioramento dei livelli di prestazione raggiunti dalle pubbliche amministrazioni – fu perseguito tramite la sostituzione del paradigma preesistente (d’ispirazione burocratica) con un nuovo modello che verteva sull’adozione delle logiche e dei principi sviluppati in seno al business management. È chiaramente rinvenibile nelle scelte dei governi che hanno perseguito tali riforme, ivi compreso il caso italiano, la fiducia nella possibilità di importare gli strumenti nati con riferimento alle imprese private nel settore pubblico e di ottenere un miglioramento nelle performance. In estrema sintesi, quindi, il NPM fondava la sua costruzione teorica sull’assunto teorico citato che riconosce al buon management la capacità di incidere positivamente sui risultati aziendali. Pare però ragionevole domandarsi, in particolare considerando le specificità proprie delle attività svolte dal settore pubblico, se tale relazione mantenga la propria validità o se sia mediata o limitata dall’incidenza di fattori esogeni legati al contesto. Per tale ragione questo lavoro si propone di sviluppare una metodologia d’indagine che sia in grado di definire una misura per la valutazione della qualità delle pratiche manageriali adottate con primario riferimento al settore sanitario pubblico italiano. Il fine primario di questo scritto è, pertanto, analizzare le peculiarità del sistema di management delle Aziende Sanitarie Locali (unità.

(7) VI. fondante del Sistema Sanitario Nazionale) e individuare un insieme di pratiche manageriali che possano costituire un opportuno parametro per la valutazione complessiva del grado di managerialità, sviluppando poi una metodica d’analisi che permetta di giungere alla formulazione di uno specifico score per misurarlo?. La complessità insita in tale operazione, rende necessario sottoporre lo strumento sviluppato a una primaria verifica sperimentale. Si proporrà, pertanto una prima sperimentazione svolta con riferimento ad un unico sistema sanitario regionale, al cui interno sarà possibile svolgere osservazioni multiple. La scelta di un segmento ristretto ed omogeneo del Sistema Sanitario Nazionale permetterà di enucleare le criticità e gli elementi di forza per poter, in una seconda fase, proporre un’indagine sull’intero universo delle ASL italiane e valutare la validità dell’ipotesi di fondo – management matter nel settore sanitario italiano. Il lavoro è articolato in quattro capitoli. Il primo vuole fornire una panoramica di riferimento per comprendere quali siano state le traiettorie di riforma perseguite a livello internazionale e nel nostro Paese per il cambiamento della struttura e del funzionamento della PA. Muovendo, infatti, dalla descrizione del paradigma dominante fino alle soglie degli anni Ottanta – il modello burocratico di ispirazione weberiana – si analizzerà il contenuto teorico del NPM. Alla luce delle critiche e delle proposte evolutive che hanno colpito il “paradigma manageriale” nel settore pubblico saranno analizzate due delle più recenti e autorevoli impostazioni alternative (la New Public Governance e il Neo-Weberian State). Per comprendere al meglio le specificità del contesto italiano, infine, si descriverà succintamente l’evoluzione della dottrina economico aziendale sul concetto stesso di azienda. Il secondo capitolo focalizza la propria attenzione sull’evoluzione del pensiero manageriale. Partendo dal contributo dei suoi “padri” fondatori si descrive l’evoluzione delle scuole di management, fornendo, inoltre, un focus di approfondimento legato all’interazione fra studi economico-aziendali e scienza manageriale.. La. seconda. parte. del. capitolo,. invece,. è. dedicata. all’approfondimento di due modelli teorici necessari per l’impostazione degli.

(8) VII. strumenti di indagine. Il primo (Bloom e Van Reenen) citato in precedenza costituisce il punto di riferimento per il lavoro. Si vuole, infatti, a seguito di un processo di adattamento, adottare tale metodica per lo studio delle pratiche manageriali nel settore sanitario italiano. L’adattamento in parola si propone in particolar modo di considerare adeguatamente la natura pubblica del SSN e gli specifici elementi di condizionamento che ne derivano. In tal senso viene proposta, quale guida in questo processo, l’analisi e il contributo di George A. Boyne. Il terzo capitolo permette di approfondire il contesto di riferimento – il settore sanitario italiano – proponendo una sintetica descrizione dell’evoluzione che questo ha conosciuto dall’unificazione del Regno d’Italia fino ai giorni nostri. Oltre a descrivere il momento di “rivoluzione” avutosi nel 1978 con l’abbandono del modello mutualistico a favore di un modello universale, il capitolo si propone di evidenziare la ratio delle riforme che dal 1992 si sono riproposte di cambiare il funzionamento delle ASL attraverso l’adozione di un modello di stampo manageriale. Il quarto capitolo, infine, mostra il primo risultato del lavoro di ricerca. Si propone, infatti, il processo di definizione e costruzione del questionario e l’analisi delle pratiche ivi incluse. Si descrivono, inoltre, le scelte metodologiche adottate per lo svolgimento della ricerca. Lo strumento così costruito viene poi sottoposto a una prima sperimentale applicazione grazie al coinvolgimento delle ASL del sistema sanitario della Regione Autonoma della Sardegna. Ciò ha consentito di sottoporre a verifica la validità del questionario e delle scelte metodologiche originariamente formulate. La possibilità di verificare la validità del questionario e l’efficacia della metodologia nel definire un percorso oggettivo per la definizione di uno score manageriale rappresenta un outcome di fondamentale importanza..

(9) CAPITOLO I GLI. STUDI DI PUBLIC MANAGEMENT.. FRA. BUROCRAZIA E MANAGERIALITÀ. Sommario 1.1 Il paradigma tradizionale della public administration: il predominio della burocrazia. ............. 2 1.2. Il New Public Management e la rivoluzione manageriale ........................................................ 10 1.3 Le prospettive alternative: la New Public Governance ............................................................. 23 1.4 Le prospettive alternative: il Neo-Weberian State..................................................................... 28 1.5 Le amministrazioni pubbliche nella prospettiva economico-aziendale. .................................... 32 Bibliografia ..................................................................................................................................... 38.

(10) 2. 1.1 Il paradigma tradizionale della public administration: il predominio della burocrazia. Il Novecento è il secolo della rivoluzione manageriale del settore pubblico Si può, infatti, osservare nella seconda metà del secolo un fervore riformista che, seppur in misura diversa, si è diffuso a livello globale e ha prodotto una profonda trasformazione delle modalità di funzionamento della pubblica amministrazione. I diversi filoni teorici che approfondirono tale fenomeno e i percorsi di cambiamento che vennero intrapresi a livello internazionale, pur presentando elementi di eterogeneità, condividono un fine comune. Mutuando le parole di Pollitt e Bouckaert è possibile definire le riforme manageriali attuate in quel periodo storico nel settore pubblico come l’insieme di cambiamenti imposti alle strutture e ai processi con l’obiettivo di ottenere performance superiori1. Alla base di tale mutamento vi è la convinzione comune che il paradigma allora dominante – riconducibile alla visione della burocrazia organizzata di stampo weberiano – avesse esaurito la propria utilità e palesasse criticità tali da impedire il raggiungimento di risultati adeguati. Non si vuole qui fare esclusivamente riferimento all’ondata riformatrice che ha individuato nella managerializzazione del settore pubblico la via da percorrere per. favorire. un. cambiamento. nell’organizzazione. e. nelle. logiche. di. funzionamento proprie del sistema pubblico 2 . Il Novecento, infatti, ha visto. 1. “We focus on public management reform, defined for our purpose as: deliberate change to the structures and processes of public sector organizations with the objective of getting them (in some sense) to run better.” Cfr. POLLITT, C., BOUCKAERT, G., Public management reform, Oxford, Oxford University Press, 2011, pag. 2. 2 I processi riformatori che hanno segnato gli ultimi decenni di evoluzione delle amministrazione pubbliche hanno individuato nella loro managerializzazione il percorso principe per il raggiungimento di una maggiore efficienza e di una superiore efficacia in condizioni di economicità. Evidenziano Guy Peters and Pierre “The reform of public administration over the past several decades has concentrated on the managerial aspect of government, attempting to make government more efficient, effective and economical. These three Es have driven a massive change in the public sector, much of it focusing on the role of the market as an example for good management”. Cfr. GUY PETERS, B., PIERRE, J., Introduction: the role of public administration in.

(11) 3. mutare la concezione del ruolo assunto dallo Stato che da “Stato di diritto” ha attraversato diverse fasi che hanno richiesto un adattamento delle funzioni svolte dalle pubbliche amministrazioni3. Per quanto attiene l’evoluzione degli studi di public administration si possono identificare, a fini esclusivamente descrittivi, tre fasi principali. La prima abbraccia il periodo che, dalla nascita degli stati democratici, arriva fino alle riforme anni Settanta e Ottanta. In letteratura si fa riferimento al paradigma dominante all’epoca con l’espressione di “old public administration” o “modello tradizionale burocratico” 4 . La seconda, invece, comprende i decenni in cui il settore pubblico è stato trasformato in senso manageriale (identificabile con il New Public Management - NPM). Com’è ovvio non è possibile identificare una frontiera temporale netta ed univoca, ma si può evidenziare come il cambiamento fu favorito e spinto dalla presenza di un sentimento negativo legato alla percezione diffusa dei limiti e delle criticità che impedivano alla PA di operare. governing” in GUY PETERS, B., PIERRE, J., (A CURA DI), The SAGE handbook of public administration, Londra, SAGE Publications, 2008, pag. 5. 3 Giovanelli individua diverse configurazioni del ruolo svolto dallo Stato evidenziando come ad ognuna di queste sia riconducibile uno specifico concetto di pubblica amministrazione. In primo luogo si può individuare il modello dello stato di diritto in cui emerge una concezione unitaria della pubblica amministrazione in cui le attività economiche svolte sono prevalentemente di consumo e finanziate attraverso la fiscalità generale. Lo shock legato ai due conflitti mondiali e alle fasi di ricostruzione hanno condotto al mutamento del ruolo del settore pubblico che ha assunto la configurazione di welfare state o di stato-imprenditore. In questa fase l’attività svolta si estende ben oltre la sola garanzia dei diritti e dell’ordine pubblico e l’allargamento del concetto di “interesse pubblico” per comprendere non solo gli interessi collettivi e indivisibili ma anche quelli a domanda individuale. La concezione unitaria, mantenuta ancora in queste fasi viene meno nella successiva configurazione di stato dei servizi in cui si realizza una specializzazione attraverso la suddivisione dell’attività a favore di singole unità o agenzie pubbliche. Negli anni ’80 si osserva, invece, un’inversione di tendenza: lo Stato intraprende una riduzione della propria estensione e del peso della propria attività a favore del mercato riconoscendo a sé stesso il coordinamento e la regolazione del sistema economico (modello dello stato regolatore). Le prospettive future fanno presupporre una nuova evoluzione del ruolo dello Stato la cui principale funzione è garantire un incremento nelle performance dell’intero sistema socio-economico del Paese. Cfr. GIOVANELLI, L., Modelli contabili e di bilancio in uno Stato che cambia, Milano, Giuffrè, 2000, pagg. 5 e ss. 4 Le diverse correnti teoriche che hanno delineato le riforme del settore pubblico nella seconda metà del Novecento presentavano, quale elemento di comunanza, la volontà di superare il precedente paradigma. Questo era identificato con il modello burocratico descritto da Weber e riconducibile a una serie di elementi (verticalità della gerarchia, rigidità, centralità delle regole) che ne descrivevano i confini. Cfr. HOOD, C., Paradoxes of public-sector managerialism, old public management and public service bargains, in “International Public Management Journal”, 2000, 3, pagg. 1-22..

(12) 4. adeguatamente5. La terza, attualmente in divenire, è caratterizzata dai processi di revisione critica del NPM e dall’affermarsi di nuove visioni teoriche quali la New Public Governance o il Neo-Weberian State. Gli studi di public management hanno una storia recente. La loro genesi può essere ricondotta, infatti, all’attività svolta in diversi settori disciplinari (le scienze politiche in prima istanza, ma anche la sociologia e la giurisprudenza) in apertura del XX secolo 6 . L’obiettivo fu giungere ad una sistematizzazione e ad una trattazione. “scientifica”. delle. problematiche. legate. all’amministrazione. specificamente rivolte al settore pubblico. L’impostazione tradizionale, infatti, in luce degli elementi di distanza che esistono fra pubblico e privato, considerava questi come due elementi diversi, da sottoporre a trattazione e regolamentazione separata7.. 5. In tal senso si può fare riferimento al noto contributo di David Osborne e Ted Gaebler. Focalizzando la crisi vissuta dalla pubblica amministrazione americana rilevano “Alla fine degli anni Ottanta, la rivista Time titolava: La pubblica amministrazione è morta? Agli inizi degli anni Novanta sembra che, per molti americani, la risposta al quesito sia sì. Le scuole pubbliche americane sono le peggiori al mondo. Il sistema sanitario è sfuggito ad ogni forma di controllo. […] La fiducia nella pubblica amministrazione è scesa a livelli record. […] Ciononostante esiste ancora speranza. Lentamente, silenziosamente, lontano dai riflettori stanno emergendo nuovi modelli di istituzioni pubbliche. Sono istituzioni snelle, decentralizzate ed innovative. […] Sono il nostro futuro”. Cfr. OSBORNE, D., GAEBLER, T., Dirigere e governare, Milano, Garzanti, 1995. 6 Rileva Lane: “A number of scholars contributed to the emergence of a science of the public sector in the twentieth century. One may perhaps say that the key figure was Max Weber, formulating the theory of the bureau as the chief institutional mechanism in the public sector, but he was certainly not the only major theoretician. One may wish to mention a name like Fayol and especially the early Americans, for instance, Wilson, Taylor and Gulick” Cfr. LANE, J-E., New public management, Londra, Routledge, 2000. 7 Wilson sostenne inizialmente che le teorie sulle amministrazioni pubbliche potevano essere considerati come parte integrante del più generale insieme degli studi sul business. Identificò, pertanto, una naturale vicinanza fra i valori propri della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica da un lato e le logiche del settore privato dall’altro. In scritti successivi, però, l’Autore ridusse di molto la portata di tale conclusione, evidenziando che non sempre è possibile sostenere che buone regole manageriali siano automaticamente regole di buon governo. L’evoluzione del suo pensiero giunse fino a porre in discussione l’ipotesi iniziale e dubitare della similarità fra amministrazione pubblica e business. Va rimarcato in tal senso che, pur se tale convinzione è largamente condivisa in letteratura non si deve ricondurre a Wilson la teorizzazione della dicotomia politica – amministrazione. Cfr. RABIN, J., BOWMAN, J. S., (A CURA DI), Politics and administration: Woodrow Wilson and American public administration, CRC Press, 1984, n. 81 e ROSENBLOOM, D., The politics–administration dichotomy in US historical context, in “Public administration review”, 2008, 68 (1), pagg. 57-60..

(13) 5. Sebbene sia il portato del contributo di diversi autori, di differente estrazione e provenienza scientifica, la genesi della Public Administration8 quale disciplina autonoma può ricondursi al rilevante contributo di Woodrow Wilson pubblicato nel 1887. Wilson, ventottesimo presidente degli USA, contribuì in maniera decisiva allo sviluppo della public administration quale disciplina autonoma. Come rileva Mussari “le origini dell’approccio manageriale allo studio ed alla conduzione della P.A. vanno fatte risalire al ben noto saggio di Woodrow Wilson, pubblicato nel 1887 sulla Political Science Quarterly Review ed intitolato “The study of administration” da molti considerato il primo contributo teorico proprio della Public Administration intesa come disciplina” 9. Rilevò in misura determinante inoltre, specie nello sviluppo di una cultura di Public Administration europea, il contributo di Max Weber e le teorizzazioni sul modello burocratico. Il paradigma allora dominante era incardinato su due principi di base che ne rappresentano le architravi portanti. Su questi due elementi – principio di legalità e “dicotomia politica amministrazione professionale” nell’erogazione dei servizi – si è fondata l’organizzazione degli Stati democratici fino almeno al termine della seconda guerra mondiale10. Centralità del principio di legalità e dell’organizzazione gerarchica. Uno dei tratti distintivi del tradizionale modello burocratico risiede nel riconoscimento al sistema normativo e alla verifica costante dell’adempimento delle sue regole – in particolare di quelle tese a disciplinare puntualmente l’attività delle amministrazioni pubbliche – un fondamentale meccanismo di governance. 8. In molti scritti si fa riferimento a tale paradigma con l’etichetta di Old public administration per segnare la distanza fra tali impostazioni teoriche e quelle nate in momenti successivi. Cfr. a titolo di esempio DUNLEAVY, P., HOOD, C., From old public administration to new public management, in “Public money & management”, 1994, 14(3), pagg. 9-16. 9 Cfr. MUSSARI, R., Il management delle aziende pubbliche, Padova, CEDAM, 1994, pag. 41. Si rimanda, inoltre, al contributo originale dell’Autore. WILSON, W., The study of administration, in “Political science quarterly”, 1887, 2(2), pagg. 197-222. 10 Cfr. LYNN, L. E., The Myth of the Bureaucratic Paradigm: What Traditional Public Administration Really Stood for, in “Public Administration Review”, 2001, 61(2), pagg. 144-160 e OSBORNE, S. P., The New Public Governance?, in “Public Management Review” 2006, 8 (3), pagg. 377-387..

(14) 6. In stretta correlazione a questa considerazione, si può individuare la centralità della gerarchia quale secondo elemento cardine del modello tradizionale della public administration11. L’assunzione di questi due elementi – legalità e gerarchia – come decisivi meccanismi di governo, evidenzia con chiarezza il contributo e l’influenza della impostazione weberiana. Weber infatti, dopo aver codificato le diverse tipologie di potere che possono essere esercitate, sviluppò la sua visione di pubblica amministrazione, prevedendo il predominio del potere di carattere razionale, quale fonte della legittimazione per l’esistenza di relazioni di tipo gerarchico 12 . La struttura burocratica weberiana individua, per la sua fattiva esistenza, la presenza contemporanea di diverse condizioni. Riprendendo la schematizzazione fornita dall’Autore, una burocrazia organizzata per svolgere efficacemente i propri compiti istituzionali deve presentare le seguenti caratteristiche: 1. l’esercizio di funzioni vincolate a regole normative; 2. l’esistenza di un insieme specifico di doveri da compiere e di un potere impositivo conferito ad un soggetto posto al vertice. Quest’ultimo, in forza del riconoscimento da parte della norma di poteri di coercizione o di imposizione, è legittimato a guidare l’operato di gruppi di soggetti. Il predominio della norma, però, richiede l’esercizio di tale potere solo in relazione alla funzione svolta e, pertanto, sono definiti dalla normativa i limiti e i metodi in cui questo può essere utilizzato; 3. il principio gerarchico degli uffici; 4. la convivenza fra regole tecniche per l’esercizio delle diverse attività e le norme impositive; 11. Cfr. LANE, J-E., New public management, op. cit., pagg. 21 e ss “Vi sono tre tipi puri di potere legittimo. La validità della sua legittimità può essere infatti, in primo luogo: 1) di carattere razionale – quando poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere (potere legale) in base ad essi; 2) di carattere tradizionale – quando poggia sulla credenza quotidiana nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre e nella legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire una autorità (potere tradizionale); 3) di carattere carismatico – quando poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona e degli ordinamenti rivelati o creati da essa (potere carismatico). Cfr. WEBER, M., Economia e società. Vol I – Teoria delle categorie sociologiche, Torino, Edizioni di Comunità, 1999, pag. 210. 12.

(15) 7. 5. la separazione netta fra ruolo pubblico e sfera personale. Nell’esercizio delle loro attività, infatti, i funzionari pubblici amministrano risorse di cui non sono proprietari e del cui utilizzo sono chiamati a rendere conto; 6. l’ufficio e il funzionario che vi opera sono due soggetti separati. Non vi dev’essere, in alcuna forma, personalizzazione del ruolo rivestito (salvo qualora questo sia servente all’indipendenza del funzionario come nel caso dei magistrati). Correlato a tale principio devono operarsi due considerazioni: da un lato è richiesta la stringente “neutralità” nello svolgimento della propria funzione e, dall’altro, il rispetto delle regole che costituisce l’architrave di tale modello è diretto agli ordinamenti impersonali che formano il sistema e non alla persona che riveste una data posizione. Dicotomia politica – amministrazione professionale nell’erogazione dei servizi. La. separazione. fra. politici. e. amministratori. e. la. necessaria. professionalizzazione di questi ultimi, rappresentano due elementi che possono essere osservati congiuntamente poiché sono espressione di una comune radice teorica e sono legati da una relazione stringente13. L’attività di un’amministrazione pubblica, in particolare di quelle in cui si ha un particolare legame di tipo democratico con il territorio (elezione dei rappresentanti da parte dei cittadini), richiede il congiunto operare di due gruppi di soggetti. I primi, i politici, ricevono la legittimazione all’esercizio del loro potere attraverso il voto. I secondi (i burocrati o, per utilizzare una dizione più moderna, dirigenti pubblici), invece, sono legati da rapporti di lavoro con la PA e sono chiamati a tradurre in pratica le scelte adottate dall’organo politico. Il 13. “At the heart of the practice of public administration is the relationship between administrators, on one hand, and political leaders and the public on the other hand. The nature of that relationship and the proper role of administrators in the political process have been the subject of considerable debate. […] Anxiety about administrative legitimacy has been particularly intense in the United States, where the rise of the administrative state was out of synch with a democratic society, but similar issues have arisen in other countries as well. As the field emerged, it was important to differentiate a practice based on professional knowledge and values from political particularism” Cfr. SVARA, J. H., The myth of the dichotomy: Complementarity of politics and administration in the past and future of public administration, in “Public administration review”, 2001, 61 (2), 176-183..

(16) 8. rapporto relazionale fra queste due categorie fu regolato dalla public administration individuando una netta separazione fra loro. Tale distanza era considerata un elemento necessario per la ricerca di adeguate performance e per garantire la correttezza formale nell’esercizio delle funzioni. Oltre a tale funzione garantista, la dicotomia risultava servente rispetto ad un ulteriore elemento. La creazione di una separazione fra burocrati e politici creò due spazi d’azione definiti, cui si accompagnò una specializzazione disciplinare. La scienza politica, infatti, poté concentrare il proprio ambito sull’attività di governo, mentre alla public administration era demandato il compito di affrontare le peculiarità dell’attività burocratica. Influenzata in misura sensibile dalla dirompente emersione dello scientific management14 la disciplina amministrativa si pose l’obiettivo di individuare regole generali ed universali che favorissero efficienza, equità ed efficacia delle politiche pubbliche, favorendo l’affermazione di una professione autonoma 15 che fosse in grado di perseguire la massima razionalità tecnica 16 . Come già evidenziato, però, l’evoluzione della public administration fu condizionata in misura rilevante dall’esperienza del management scientifico (oggetto d’approfondimento nel successivo capitolo secondo). Anche con riferimento alle amministrazioni pubbliche, pertanto, si ritenne possibile identificare un modello ideale di gestione e questo causò una. 14. Per approfondimenti si rimanda al capitolo secondo del seguente lavoro. WALDO, D.. The Perdurability of the Politics–Administration Dichotomy in RABIN, J.,. BOWMAN, J. S., (A CURA DI), Politics and Administration: Woodrow Wilson and American Public Administration, CRC Press, 1984, n. 81, pagg. 219-233. 16 La professionalizzazione della burocrazia pubblica ad opera della public administration fu in parte frustrata dal legame con la dicotomia politica-amministrazione. “There has been a disconcerting tendency in public administration to caricature ideas that are criticized rather than identifying shortcomings and building on strengths. Along with the strict dichotomy as a strawman model-and the bureaucratic paradigm-have come the neutering of neutral competence and the assertion that "technical-rationality" is the dominant and all-encompassing mind-set of traditional public administration. […] This defining characteristic of public administration-its professional independence-was transformed by its linkage to the strict-dichotomy model into either passivity or valueless even amoral, disinterest in the ends of government, that is, neutrality has been divorced from statesmanship” Cfr. SVARA, J. H., The myth of the dichotomy: Complementarity of politics and administration in the past and future of public administration, op. cit. 15.

(17) 9. sostanziale compressione del ruolo dei burocrati che divennero esecutori di procedure strettamente codificate in manuali e guide17. L’impostazione tradizionale nata e sviluppatasi nel Novecento ha conosciuto nella seconda metà del secolo una fase di declino che ha aperto la strada a nuove teorie e paradigmi 18 . Il superamento di tale impostazione, comunque, non deve suggerire l’idea di un completo abbandono dei caratteri dominanti di tale visione. Infatti va, in primo luogo, ricordato come la cultura burocratica abbia esercitato una rilevantissima influenza che pare complesso sostituire o attenuare. In secondo luogo, come sottolinea Hood, la volontà di superare gli elementi principali che caratterizzavano il precedente modello (in particolare la semplificazione della loro attività attraverso una riduzione della burocrazia e la trasformazione delle PA in strutture business like) creò il paradossale effetto di maggiorarne il peso e l’incisività19. 17. Cfr. RUGGIERO, P., Le capacità manageriali delle amministrazioni pubbliche. Aspetti teorici e gestionali, Padova, Cedam, 2007, pagg. 71 e ss. 18 In letteratura si è spesso considerato il superamento della Public Administration come un cambiamento di paradigma in linea con la definizione sviluppata da Thomas Kuhn nel 1970. Scrivono Gray and Jenkins: “The idea of a paradigm is, of course, borrowed from the work of the philosopher of science, Thomas Kuhn (1970). It relates to the evolution of scientific disciplines and in particular when the commonly held value consensus breaks down and is replaced by a new and generally externally constructed set of values and assumptions. […]. Nevertheless, numerous claims of a paradigm shift have been made: for example, the move to a 'postbureaucratic' paradigm or from bureaucratic to entrepreneurial government. There has also been extensive discussion of the shifting set of values that underlies the transition from traditional or 'progressive' public administration to the new public management (Hood 1991; Dunleavy and Hood 1994).” Aggiungono Gow e Dofour “In the field of public administration and management, the approach known as ‘New Public Management’ (NPM) has been seen by many as the new paradigm that is replacing the classic bureaucratic or Weberian paradigm of ‘public administration’ (PA). However, there has been little reflection concerning the validity of using in this way the notion as it was developed by Thomas Kuhn” Cfr. GRAY, A., JENKINS, B, From public administration to public management: reassessing a revolution?, in “Public administration”, 1995, 73 (1), pagg. 7599, GOW, J. J., DUFOUR, C., Is the new public management a paradigm? Does it matter?, in “International Review of Administrative Sciences”, 2000, 66 (4), pagg.573-597. Si veda anche il contributo originale KUHN, T. S., The structure of scientific revolutions, Chicago/London (1970). 19 “Paradoxical for this interpretation of the central thrust of the public-sector management movement from the 1980s are two related observations. One is Maor’s claim that reforms ostensibly intended to make the service-delivery aspects of government more ‘business-like’ (by establishing various kinds of nominally arms-length relationships between goal-setters and managers) in fact produced more, not less, politicization of the bureaucracy. […] A related paradox is […] that along with the emphasis on creating more ‘space’ for managerial discretion in the UK went a substantial increase in new process rules and additional oversight through armslength regulators of public services. […] But ostensible moves to liberate managers from a much berated ‘rules-based, process-driven’ style of bureaucracy that end up producing yet more.

(18) 10. 1.2. Il New Public Management e la rivoluzione manageriale I primi tentativi di superamento delle logiche della public administration possono essere individuati già nel secondo dopoguerra. In quegli anni, infatti, iniziano a prendere forma progetti d’innovazione nella gestione delle unità del settore pubblico che si presentavano comunque come isolati tentativi di correzione e integrazione dell’ esistente di norma a carattere “locale”, senza che potesse rilevarsi la genesi di un nuovo filone di studi a livello internazionale capace di segnare la transizione fra il paradigma tradizionale e uno innovativo20. La crisi che colpì il sistema economico mondiale negli anni Settanta fornì la spinta decisiva per un ripensamento a livello internazionale delle logiche e dei principi di funzionamento del settore pubblico. Furono, infatti, messi in discussione configurazione, ruolo e peso dello Stato nell’economia in diversi Paesi, con particolare riferimento a quelli di cultura anglosassone (Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada, Regno Unito)21. Nell’analisi dei modelli di gestione e funzionamento adottati nel public sector si deve primariamente sottolineare che questi presentano una naturale condizione di “dualismo”, poiché sono il risultato dell’interazione sinergica di. compliance-oriented oversight and regulation over the public service look like a modern-day equivalent to de Tocqueville’s (1949) famous paradox of administrative reform in postrevolutionary France. It may be recalled that de Toqueville’s paradox was that postrevolutionary France, apparently sweeping away all the administrative practices and methods of the ancien regime, only succeeded in developing them to a higher degree. We do not yet know if that will prove to be the epitaph for new public management.” Cfr. HOOD, C., Paradoxes of public-sector managerialism, old public management and public service bargains, op. cit. 20 POLLITT, C., BOUCKAERT, G., Public management reform, op. cit., pag. 6 21 Le riforme neo manageriali nel settore pubblico hanno sì interessato un numero elevato di paesi ma per molti autori rimangono un fenomeno fondamentalmente confinato a Paesi di cultura Anglosassone. Sottolinea Kickert: “The call for more business-like management in government can be heard loud and clear, particularly in the United States, the United Kingdom and other Anglo-Saxon countries. It is no surprise that in the ‘motherland’ of business management, twentieth century United States, such a development also penetrated the public sector […] Although the introduction of business-like management in government occurred in some continental European states the clear examples are usually located in Anglo-Saxon Commonwealth countries, the well-known, most extreme example being New Zealand” Cfr. KICKERT, W. J. M., Public Governance in the Netherlands: An Alternative to AngloAmerican Managerialism, in “Public administration”, 1997, 75 (4), pagg. 731-752..

(19) 11. teorie generate dalla comunità scientifica e di provvedimenti e normative adottate nella pratica operativa da parte dei governi nazionali 22 . Tale asserzione (in particolare la rilevanza del ruolo della politica) trova un’agevole conferma ripercorrendo le prime fasi di genesi del movimento neomanageriale che vide in Ronald Reagan per gli USA e in Margaret Thatcher per il Regno Unito due attori principali. La loro azione politica, infatti, fu indirizzata in misura rilevante all’individuazione di soluzioni innovative alle problematiche emergenti nel funzionamento della pubblica amministrazione 23 . In particolare fu ricercata la riduzione dell’attività dello Stato, imputato di “gigantismo”. Il malcontento verso una così massiccia presenza pubblica nel settore economico era, inoltre, acuito dal livello inadeguato delle performance raggiunte. Si propugnò pertanto la riduzione del raggio d’azione dello Stato nel sistema economico attraverso l’abbandono di tutte le attività in cui la presenza pubblica non era espressamente necessaria e l’affidamento di queste alle forze di mercato24. Il superamento del tradizionale modello di public administration può essere analizzato avendo a riferimento tre fasi fondamentali: la prima abbraccia gli anni Sessanta e Settanta e vede un primo sviluppo di metodiche e tecniche gestionali legate alla pianificazione e al controllo dei costi (es. analisi costi benefici, rational planning, etc.); la seconda, che verrà delineata nel presente paragrafo, è connotata da un “paradigma” dominante – il New Public Management; la terza, infine, 22. Cfr. MELE, V., New public management e il passaggio da government a governance, in BORGONOVI, E., FATTORE, G., LONGO, F., Management delle istituzioni pubbliche, Milano, Egea, 2009, pagg. 85 e ss. 23 Per un approfondimento delle riforme dei governi Thatcher e Reagan si rinvia a WALSH, K., Public service and market mechanism. Competition, contracting and the new public management, Basingstoke, Macmillan, 1995, pagg. 64 e ss. 24 Lane propone, per semplificare l’analisi delle tendenze riformiste degli anni Novanta, un modello d’analisi che verte su tre elementi: Deregulation, Privatization e Marketization (DPM). L’autore utilizza questo framework per proporre una disamina complessiva delle tendenze e analizzarne la reale attuazione a livello globale. Il lavoro di Lane permette di evidenziare due elementi rilevanti: il framework delineato trovò un’eterogenea applicazione a livello mondiale: l’autore utilizza quali riferimenti polari Nuova Zelanda e Australia da un lato (nazioni che lo hanno applicato in modo ortodosso) e le nazioni scandinave (nazioni che hanno utilizzato il DPM in misura molto più morbida) evidenziando come fra i due estremi esista un insieme vario e differenziato di politiche pubbliche che rendono difficoltoso individuare un unico filone. In secondo luogo l’Autore evidenzia l’intrinseca incapacità del modello di dar vita a riforme che garantissero equità e imparzialità. Cfr. LANE, J. E., Public sector reform: rationale, trends and problem, Londra, Sage Publications, 1997..

(20) 12. attualmente in essere presenta una maggiore fluidità nella teoria e nella pratica applicativa e l’assenza di un modello di riferimento25. Nella seconda fase citata sembra realizzarsi una convergenza verso una teoria unificante e globale, che permette di comprendere i cambiamenti in atto nei Paesi industrializzati alla luce di una radice comune. Componente dottrinale. Obiettivo. Ratio. Management partecipativo e professionale.. Favorire l'emersione di un management libero di gestire, che sia visibile ed identificabile.. La visibilità del manager pubblico, unitamente alla chiara definizione dei compiti favorisce l'accountability.. Utilizzo di standard e di misure di performance esplicite.. Definire obiettivi, target ed indicatori con misure chiare, oggettive e di tipo quantitativo.. La chiarezza degli obiettivi e l'oggettiva misurabilità sono condizioni basilari per l'accountability.. Enfasi sul controllo dei risultati.. Favorire l'allocazione di risorse e di incentivi in base alle performance.. Porre in primo piano i risultati piuttosto che le procedure.. Divisione delle unità pubbliche.. Superare la visione "monolitica" della P.A. a favore di unità separate e più specializzate.. Creare unità più gestibili alla ricerca di maggiore efficienza e capaci di utilizzare contratti o altre forme di rapporto sia con unità interne al settore pubblico che con soggetti esterni.. Ricerca di maggiore competizione nel settore pubblico.. Favorire l'utilizzo di contratti a Una superiore "rivalità" favorisce termine e limitazione della stabilità migliori risultati. delle posizioni.. Stress sulle tecniche manageriali derivate dal settore privato.. Superare l'etica previgente (burocratica, gerarchica) a favore di maggiore flessibilità.. Gli strumenti e le tecniche hanno dimostrato la loro efficacia nel settore privato.. Ridurre l'utlizzo inefficiente delle risorse, ridurre i costi e gli sprechi.. L'attenzione all'efficienza dell'attività svolta dal settore pubblico permette di ridurre il consumo di risorse e i costi correlati ("do more with less").. Stress sull'efficiente utilizzo delle risorse.. Tabella 1.1: componenti dottrinali del NPM (adattamento di Hood 1991). La dizione di New Public Management (NPM) è stata proposta da Christopher Hood26 nel 1991 per ricondurre all’interno di una teoria unificante il vivace dibattito politico e dottrinale che animò i paesi industrializzati negli anni. 25. Cfr. POLLITT, C., BOUCKAERT, G., Public management reform, op. cit., pag. 11. Cfr. HOOD, C., A public management for all seasons?, “Public administration”, 1991, 69 (1), pagg. 3-19. 26.

(21) 13. Ottanta.27 Pur accreditato della paternità del NPM, Hood non ne fu uno strenuo sostenitore. Merita, infatti, di essere ricordato che già nel contributo del 1991 l’Autore definì l’etichetta di NPM come “un termine vago, la cui utilità giace nella sintetica denominazione di un insieme ampio di dottrine amministrative che dominavano le agende dei paesi OCSE” 28 . Hood, infatti, non diede una definizione della nascente dottrina 29 ma si limitò a fornire l’elencazione degli elementi che la costituiscono 30 (vedi Tabella 1.1). Le architravi della nascente disciplina sono individuate, merita d’essere ricordato, avendo come primario riferimento i cambiamenti in atto nella PA e sono unificati “artificialmente” dall’Autore per ricreare un agenda di riforme che, nella realtà, non esistette31. Il NPM, quindi, nella costruzione teorica di Hood nasce come una sistematizzazione di elementi, politiche, teorie e dottrine che in larga parte erano già esistenti e ricondotte ex post ad unità32. 27. Pur divenendo la denominazione di riferimento, nella cultura USA si fa spesso riferimento a tali riforme con la locuzione di reinventing government. La definizione nasce a seguito del contributo di David Osborne e Ted Gaebler che divenne noto e profondamente influente. L’insieme delle idee e delle proposte di cambiamento contenute nel volume pubblicato nel 1992 furono, poi, assunte come riferimento per le riforme adottate durante la presidenza Clinton. Cfr. OSBORNE, D., GAEBLER, T., Dirigere e governare, op. cit. 28 “NPM, like most administrative labels, is a loose term. Its usefulness lies in its convenience as a shorthand name for the set of broadly similar administrative doctrines which dominated the bureaucratic reform agenda in many of the OECD group of countries” Cfr. HOOD, C., A public management for all seasons?, op. cit. 29 Si riporta la nota definizione di NPM fornita da Behn: “I am defining the “new public management” paradigm as the entire collection of tactics and strategies that seek to enhance the performance of the public sector”. Cfr. BEHN, R. D., Rethinking democratic accountability, New York, Brooklin institution press, 2001, pag. 26. 30 Osborne e McLaughlin rilevano in tal senso che, anche se vi fu un ampio dibattito circa la natura e il contenuto del NPM e del suo effettivo ruolo nel supportare le riforme delle politiche pubbliche, l’elencazione dei sette elementi dottrinali operata da Hood riuscì a generare una rilevante convergenza. Gli autori propongono poi l’integrazione di un ottavo elemento – la separazione fra decisione politica e decisione manageriale – che ha caratterizzato diversi processi riformatori. Cfr. OSBORNE, S. P., MCLAUGHLIN K., The new public management in context, in MCLAUGHLIN K., OSBORNE, S. P., FERLIE, E., New public management: Current trends and future prospects, Londra, Routledge, 2002, pagg. 10 e ss. 31 Scrive Hughes “What Hood did here [in riferimento all’elencazione dei 7 elementi, nda] was to put together a series of disparate changes, most notably from the UK, and package them together as if they were a consistent program. But a program it never was; an agenda it never was”. Cfr. HUGHES, O., What is, or was, New Public Management, in The 12th Annual Meeting of the International Research Society of Public Management, Brisbane. 2008, 27.. 32 Si veda, quale esempio, il punto n.1 identificato in Hood che può essere facilmente correlato alle riforme in materia di general management propugnate già nel 1983 da parte del Griffiths Report. Cfr. GRIFFITHS, R., NHS management inquiry, Department Health and Social Security,.

(22) 14. Fra gli elementi dottrinali fondanti elencati da Hood, due assunsero un peso rilevante nel superamento del paradigma burocratico tradizionale e furono in grado di generare un pervasivo mutamento delle logiche di gestione33. In primo luogo il NPM persegue il superamento della tradizionale dicotomia pubblicoprivato. Se nell’impostazione burocratica, infatti, l’amministrazione era distinta marcatamente dal business management, nella visione del NPM si propone un’inversione globale. I due segmenti sono da considerarsi, infatti, similari (se non sovrapponibili) e questa considerazione rappresenta il presupposto di fondo per poter perseguire la managerializzazione della PA alla ricerca di un superiore livello di performance. In secondo luogo, il NPM impone, con riferimento alla responsabilità che il settore pubblico assume nei confronti dei cittadini, la transizione da un focus sulle procedure (si rammenti la centralità del principio legale e dello stress posto sugli adempimenti normativi) ad uno sui risultati. Dopo oltre due decenni è ora possibile operare una valutazione critica ed oggettiva sull’effetto prodotto dai processi di managerializzazione del settore pubblico. L’osservazione di questo fenomeno impone riflessioni in diverse direzioni. Da un punto di vista teorico pare necessario chiedersi: il NPM ha rappresentato un reale cambiamento di paradigma o è stata una semplice fase di passaggio fra paradigmi diversi? Da un punto di vista applicativo è opportuno domandarsi: il NPM ha prodotto gli effetti previsti? Ha, come pareva inevitabile, assunto i connotati di un fenomeno globale e ha avuto un’omogenea (in termini temporali e sostanziali) diffusione fra i paesi?. 1983 e LAPSLEY, I., The NPM agenda: back to the future?, in “Financial Accountability and Management”, 2008, 24(1), pagg. 77-96. 33 Cfr. HOOD, C., The “New Public Management” in the 1980s: variations on a theme, in “Accounting, organizations and society”, 1995, 20(2), pagg. 93-109..

(23) 15. In apertura di un suo noto contributo Christopher Pollitt si chiede se il NPM sia stato principalmente una mania o una rivoluzione34. L’entusiastica adozione in diversi contesti nazionali e la fiducia in tal senso da parte di alcuni ricercatori è, nel tempo, mutata verso un approccio più prudente e critico. Se il NPM non ha sicuramente rappresentato una mania – sostiene l’Autore – non può rinvenirsi in questo movimento una reale azione rivoluzionaria. La risposta fornita rappresenta un punto di partenza cruciale per una valutazione del NPM: questo non è stato un movimento casuale e frutto di una moda o di una mania momentanea, ma gli effetti prodotti sono stati diversi rispetto a quanto ci si poteva attendere. Il NPM, infatti, si presenta come una teoria “camaleontica”, che è variata per essere adattata ai singoli contesti nazionali e che ha portato con sé diversi elementi di ambiguità 35 o che ha prodotto effetti difformi da quanto si era originariamente teorizzato36. Diversi lavori in letteratura hanno affrontato il tema dei paradossi della riforma manageriale nel settore pubblico. Il primo e probabilmente più noto elemento di dubbio generato dal NPM è legato alla sua estensione. Vi è, in tal senso, una spaccatura poiché una parte rilevante di autori identifica nel NPM un movimento globale ed unitario che ha dato vita ad un. 34. Cfr. POLLITT, C., The essential public manager, Philadelphia, Open university press, 2003. Si veda in particolare il capitolo II intitolato “The new public management: revolution or fad”? 35 Un’esemplificazione delle possibili ambiguità nel sistema teorico del NPM può rinvenirsi nella lettura di uno degli obiettivi cardine delle riforme: concedere libertà ai manager nella loro attività (“let managers manage”) e, al contempo, alla politica garantire la possibilità di operare un controllo e all’utente di avere libertà di scelta. Questi tre elementi, quando perseguiti congiuntamente, generano delle sovrapposizioni che impediscono la completa realizzazione dell’obiettivo. Scrive Mintzberg in tal senso: “Let the managers manage, people say. Many have great faith in managers trained in the so-called profession of management. […] These assumption, in my opinion, collapse in the face of what most government agencies do and how they have to work.” Cfr. MINTZBERG, H., Managing government, governing management, in “Harvard Business Review”, 1996, 74 (3), pagg. 75-83. 36 Hood e Peters analizzando il NPM nella sua fase di “mezz’età” e, enucleando gli elementi di ambiguità prodottisi, richiamano il concetto di effetto “mertoniano”, facendo riferimento allo schema di analisi proposto da Thomas Merton negli anni Trenta. La teoria mertoniana presuppone che la definizione di una soluzione chiara ad un problema, produce una serie di elementi negativi correlati e inattesi. Cfr. HOOD, C., PETERS, G.,. The middle aging of new public management: into the age of paradox, in “Journal of public administration research and theory”, 2004, 14 (3), pagg. 267-282 e MERTON, R. K., The unanticipated consequences of purposive social action, in “American sociological review”, 1936, 1 (6), pagg. 894-904..

(24) 16. processo riformatore convergente, mentre un’altra contrasta questa tesi 37 . La mancanza di una dimensione realmente internazionale non permette di ridurre la considerazione della capacità del NPM di incidere fattivamente sullo sviluppo del settore pubblico, ma si rivela necessaria per garantire l’adeguata prospettiva d’indagine verso altre formulazioni teoriche che verrebbero offuscate o sottodimensionate mantenendo una visione universalista e globale38. Si può aggiungere, inoltre, una seconda osservazione. È opinione diffusa che la nascita del NPM sia stata legata all’insufficiente efficienza, efficacia e qualità delle prestazioni del sistema pubblico causata dall’inadeguatezza del modello burocratico dominante. Un’osservazione attenta dell’elenco dei Paesi precursori impone un mutamento di tale considerazione: le realtà nazionali che avrebbero necessitato una maggiore e rapida applicazione di meccanismi correttivi sono state, in realtà, più lente e restie ad avviare la transizione. In tal senso l’esempio italiano – sostiene Hood – è emblematico poiché, pur presentando elementi di criticità che alimentarono una “domanda” di cambiamento nel funzionamento dello Stato, si ebbe un percorso riformatore frammentario ed esitante39. Infine deve essere rimarcato che il NPM condusse a risultati inattesi e, per certi versi paradossali e antitetici rispetto agli obiettivi. Si pensi, ad esempio, alla volontà di garantire ai manager maggiore libertà attraverso la riduzione del peso della politica. Le riforme in tale direzione spesso causarono l’effetto opposto 37. Il perdurare di una visione globalista circa il NPM è legata all’insistenza di alcune peculiarità. In primo luogo il dibattito scientifico in tema è stato svolto quasi esclusivamente in lingua inglese e, specie nelle prime fasi, si è avuta una centralità degli autori di lingua anglosassone in cui, come già detto, si è avuta la più ampia e pervasiva applicazione del NPM. Solo in un secondo momento l’apertura del dibattito scientifico ha visto il coinvolgimento di autori di altre nazionalità e l’emersione di impostazioni diverse e alternative. Il predominio del NPM, si aggiunga, è stato anche favorito dalla presenza decisiva di suoi strenui sostenitori in organi a livello mondiale (ad esempio la World Bank o la OSCE) che ne hanno facilitato la diffusione. Cfr. POLLITT, C., BOUCKAERT, G., Public mangement reform, op. cit. 38 HOOD, C., Paradoxes of public-sector managerialism, old public management and public service bargains, op. cit, 39 Per una sintetica analisi dell’evoluzione delle riforme ispirate dal NPM in Italia si rimanda a GIOVANELLI, L., Le amministrazioni pubbliche tra autonomia e vincoli di sistema, in “Azienda Pubblica”, 2013, 3, pagg. 293-307. Si veda anche MENEGUZZO, M., The study of public management in Italy. Management and the dominance of public law in KICKERT, W. (A CURA DI), The study of public management in Europe and US, Londra, Routledge, 2008, pag. 167..

(25) 17. poiché il potere politico recuperò gli spazi d’influenza persi attraverso il presidio dei meccanismi di nomina, valutazione, sostituzione o conferma dei dirigenti40. A quasi trent’anni dalla “nascita” del NPM è opportuno – seppur arduo – proporre una valutazione degli effetti da questo prodotto. Pur con le ambiguità che questo ha presentato e anche in ragione delle difficoltà di individuare un modello unico e coerente di riferimento, il modello neomanageriale ha avuto l’indubbio merito di sottoporre il funzionamento del settore pubblico a un processo di critica che ha dato il via ad un complessivo ripensamento e ha alimentato la crescita e lo sviluppo degli studi nel settore. Le riforme nate in luce del NPM, pur se non è possibile generalizzare tali conclusioni, sembrano aver favorito un miglioramento nell’efficienza e nell’efficacia delle prestazioni dei servizi pubblici e l’insorgenza di una maggiore sensibilità sul bisogno di una cultura aziendale all’interno delle unità del settore pubblico 41 . Va sottolineato, inoltre, che tali effetti benefici sembrano essere più forti in quei settori che, per la loro struttura e per le loro caratteristiche, si presentano più vicini al settore privato e alle sue peculiarità mentre paiono minori nei settori ove è più forte la natura sociale dell’intervento. Permane una domanda fondamentale. Il NPM ha terminato la sua ondata riformatrice ed è stato sostituito da nuovi paradigmi? O si deve individuare la convivenza di differenti approcci in cui il NPM mantiene una propria autonoma e specifica rilevanza? La risposta, com’è intuibile, non è facilmente individuabile, ma sembra potersi rilevare una convivenza fra teorie neomanageriali e visioni innovative in cui le prime sembrano perdere il tradizionale predominio che ha caratterizzato i primi decenni d’applicazione42. 40. Cfr. MAOR, M. The paradox of managerialism, in “Public Administration Review”, 1999, 59 (1), pagg. 5–18. 41 Per una disamina degli effetti positivi e negativi del NPM si rimanda a POLLITT, C., The essential public manager, Philadelphia, Open university press, 2003. 42 In letteratura non esiste una visione unitaria e, anzi, permangono posizioni profondamente opposte. Si riportano a titolo di esempio gli estratti di due contributi di due autori (Lapsley e Hughes) che nel medesimo anno (2008) sostengono due visioni opposte. “The New Public Management project forges ahead, despite criticisms of many aspects of NPM. These criticisms are far-reaching. There is some doubt as to what NPM is, and if there is a single NPM. There are doubts over key elements of the NPM, such as the measurement of performance, and the ability.

(26) 18. 1.2.1 – Le riforme neomanageriali in Italia Come detto in precedenza, pur se i primi e i più forti sostenitori del NPM ne hanno proclamato la natura globale ed unificante, pare essere riduttivo e miope considerare le riforme adottate negli anni Ottanta, in particolare nell’Europa continentale, esclusivamente alla luce di tale paradigma. In tal senso l’esperienza italiana non rappresenta un’eccezione. L’analisi retrospettiva, infatti, sembra suggerire che l’insieme di cambiamenti che la PA italiana ha affrontato non siano complessivamente riconducibili al NPM, ma appaiono come il risultato di una selettiva adesione a diversi modelli teorici43. Le riforme nel nostro Paese prendono avvio in ritardo rispetto alle Nazioni guida del NPM e furono dirette all’avvio di un diffuso percorso di decentralizzazione e di transizione verso modelli manageriali in coerenza, almeno nelle sue intenzioni inziali, al NPM 44 . La lettura della Tabella 1.2 permette di evidenziare un of NPM regimes to incentivise managers. However, despite these cautionary observations from academic, policy-makers and other commentators, there is no slacking-off of the project that is NPM.” (Lapsley). “Despite all the words that have been expended about something called New Public Management, the fact remains that NPM is an apparition without a theorist, without agreed doctrine, without a program or an agenda and, more fundamentally, without agreed analytical content. NPM has been used a kind of shorthand for public sector reform of all kinds and used almost exclusively by critics carping about what practical public managers do.” (Hughes). Cfr. LAPSLEY, I., The NPM agenda: back to the future?, in “Financial Accountability and Management”, 2008, 24(1), pagg. 77-96 e HUGHES, O., What is, or was, New Public Management, in The 12th Annual Meeting of the International Research Society of Public Management, Brisbane. 2008, 27.. 43 Chepiku e Meneguzzo hanno proposto un approccio interpretativo delle riforme italiane che vede queste quale risultato di un mix fra NPM e Neo-Weberian State (approfondito nelle pagine successive del presente lavoro). In conclusione del loro lavoro sottolineano: “PA reform programs announced in the past two decades in Italy encompass several areas and tools which have been ascribed to the NPM such as hybrid organizations and new institutional arrangements, market-type mechanisms, introduction of several business management techniques, customer orientation, performance management, political administration separation, etc. However, two considerations come out of the analysis of reform implementation. On the one hand, many of the abovementioned reforms have been announced and formally adopted (i.e., a law was approved) without producing any substantial effect. On the other hand, PA reforms have included components such as inter-institutional networks and partnerships, consultation and participatory decision making, creation of a professional culture of quality and service, a focus on results but without abandoning ex ante controls, etc.. These characteristics resemble what has been called the NewWeberianism” Cfr. CHEPIKU, D., MENEGUZZO, M., Public Administration Reform in Italy: A Shopping-basket Approach to the New Public Management or the New Weberianism?, in " International Journal of Public Administration”, 2011, 34 (1-2), pagg. 19-25. 44 KUHLMANN, S., New Public Management For The ‘Classical Continental European Administration’: Modernization At The Local Level In Germany, France And Italy, in “Public.

(27) 19. fondamentale elemento che caratterizza l’esperienza italiana: il cambiamento del settore pubblico fu perseguito tramite l’adozione di un numero piuttosto ampio di leggi e decreti. Si realizzò, quindi, un percorso di cambiamento paradossale che perseguì la deregolamentazione delle politiche pubbliche tramite un’ampia e pervasiva normativa45.. Intervento normativo. Denominazione. Legge 8 giugno 1990 n. 140. Ordinamento delle Autonomie Locali. Legge 7 agosto 1990 n. 241. Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.. D.l. 11 luglio 1992 n. 333 poi convertito nella Legge 8 agosto 1992, n. 359. Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica. Legge 23 ottobre 1992 n. 421. Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale. D. lgs 30 dicembre 1992 n. 502.. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.. D. lgs 30 dicembre 1992 n. 504. D. lgs. 3 febbraio 1993 n. 29. Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.. Administration”, 2010, 88 (4), pagg. 1116-1130. 45 “The Italian attitude to innovate by law generated a reform that contained an oxymoron of a deregulating regulation. This caused an exasperated articulation through the chain delegating law/delegated decrees/executive regulations/implementing regulation” MENEGUZZO, M., MELE, V., Designing and implementing innovation policy in the public sector: the Italian experience, in CHEPIKU, D., MENEGUZZO, M., SENESE, M., Innovations in public management and governance in Italy, Roma, Aracne editore, 2008, pagg. 19 e ss..

(28) 20. Intervento normativo. Denominazione. Legge 25 marzo 1993, n. 81. Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale. D. lgs 7 dicembre 1993 n. 517. Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.. D. lgs 25 febbraio 1995 n. 77. Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.. Legge 15 marzo 1997 n. 59 (cd. Legge Bassanini). Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa". Legge 3 aprile 1997, n. 94. Modifiche alla legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni, recante norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio. Delega al Governo per l'individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato. Legge 15 maggio 1997 n. 127 (cd. Legge Bassanini bis). Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. D. lgs. 7 agosto 1997 n. 279. Individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato.. Legge 16 giugno 1998, n.191 (cd. Legge Bassanini ter). Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica". Legge 30 novembre 1998 n. 419. Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Legge 8 marzo 1999 n. 50 (cd. Legge Bassanini quater). Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi -.

(29) 21. Legge di semplificazione 1998. Intervento normativo. Denominazione. D. lgs 19 giugno 1999 n. 229. Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419". Legge 30 novembre 1998 n. 419. Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. D. lgs 19 giugno 1999 n. 229. Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419". D. lgs. 30 luglio 1999 n. 286. Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo. Tabella 1.2 – Principali interventi normativi di riforma adottati in Italia negli anni Novanta.. Le riforme nascono in un periodo storico caratterizzato da una profonda crisi economica e politica e da una delegittimazione della classe dirigente del Paese. Una condizione di siffatta criticità impose un generale programma di moralizzazione delle attività pubbliche e, in questo contesto, le riforme di tipo manageriale furono di fatto considerate inevitabili 46 . In estrema sintesi, il fine ultimo in questa fase fu la ricerca di un superiore livello di controllo della spesa 46. “With the end of the so-called ‘First Republica’ (1992) - which had been marked by the widespread misuse of public resources and episodes of fraudulent behavior among party politicians and civil servants - demands for greater efficiency, effectiveness and transparency a in the Italian Public Administration began to be widely heard. Probably because of its origins in a situation of deep institutional and political crisis, the call for the managerialisation of the Italian public sector became more or less inevitably part of a more general moral drive for the cleaning-up of the whole public domain. For instance, the image and reputation of newly established political parties have been successfully established on the entrepreneurial and managerial capabilities of their leaders and on their alleged ability to transfer these to the management of the state. Accordingly a number of attempts have been made to give a technical shape to the political rhetoric calling for better administration by infusing various public sector organizations - ranging from hospitals to local governments - with the language and instruments of management.” Cfr. PANOZZO, F., Management by decree. Paradoxes in the reform of the Italian public sector, in “Scandinavian Journal of Management”, 2000, 16 (4), pagg. 357-373..

(30) 22. pubblica e di una maggiore trasparenza delle attività attraverso la creazione di forti relazioni di accountability dei dirigenti e, più in generale, di tutto il sistema e lo sviluppo di un modello gestionale ispirato ai valori della scienza manageriale. Ad oltre vent’anni dall’avvio delle riforme degli anni Novanta in Italia è possibile osservarne gli outcome. Queste hanno facilitato la diffusione di una maggiore sensibilità in tema di gestione delle strutture pubbliche favorendo, almeno a livello formale, l’adozione di strumenti e tecniche di derivazione economico-aziendale. Deve essere, però sottolineato, che il fine complessivo della riforma non pare completamente raggiunto. Si può, infatti, individuare un gap di implementazione - per utilizzare le parole di Ongaro e Valotti - che ha caratterizzato la fase di aziendalizzazione delle pubbliche amministrazioni. in Italia. Esiste, infatti, una profonda diversità fra la configurazione manageriale che le normative esposte nella precedente Tabella 1.2 avevano progettato e la loro sostanziale applicazione. In tal senso, infine, va notato che molte riforme sono state – a livello formale – pienamente adottate poiché risultato dell’adempimento ad un obbligo posto da una norma. La natura adempimentale di questa transizione sembra, almeno in una sua prima fase, aver frustrato il fine della riforma e impedito ai meccanismi manageriali di dispiegare i propri effetti perché non sempre si realizzò un reale mutamento nella cultura aziendale47.. 47. Cfr. ONGARO, E., VALOTTI, V., Public management reform in Italy: explaining the implementation gap, in "International Journal of Public Sector Management”, 2008, 21 (2), pagg. 174-204..

Figura

Tabella  1.3  –  definizioni  del  concetto  di  public  governance  (Nostra  elaborazione  di  O SBORNE E  M C L AUGHLIN  2009)
Figura 1. Schema delle relazioni e delle interdipendenze fra aspetto oggettivo e soggettivo  nel modello di Ferrero (adattamento da F ERRERO , 1988)
Tabella  2.1  –  Le 18 pratiche manageriali sottoposte a valutazione (Adattamento di Bloom et al
Figura 3.1 – Peso percentuale della spesa sanitaria in Italia in rapporto al totale della spesa  pubblica anni 1990 – 2008 (Fonte M INISTERO DELL ’E CONOMIA E DELLE  F INANZE , 2011)
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