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La Tabella 3.4 illustra i 19 item che compongono il questionario sviluppato. Come si può notare questi sono stati raggruppati in 5 macro aree di osservazione: operation, gestione delle risorse umane (RU) e incentivi, monitoraggio, target, e innovazione.

N. Pratica manageriale Area

1 Il percorso di cura dei pazienti e il layout aziendale Area operativa

2 Percorsi integrati di cura Area operativa

3 Standardizzazione delle procedure Area operativa

4 Adeguato utilizzo delle risorse umane Gestione RU e incentivi

5 Miglioramento continuo Monitoraggio

6 Misurazione delle performance Monitoraggio

7 Controllo delle performance Monitoraggio

8 Conseguenze della valutazione sulle strutture Monitoraggio

9 Target Target

10 Caratteristiche degli obiettivi Target

11 Tipologia degli obiettivi Target

12 Chiarezza degli obiettivi e dei target Target

13 Gestione dei best performer Gestione RU e incentivi

14 Gestione dei bad performer Gestione RU e incentivi

15 Mantenimento dei talenti Gestione RU e incentivi

16 Formalizzazione e centralizzazione delle procedure Area operativa

17 Autonomia e proattività nell’innovazione Innovazione

18 Individuazione dei top manager delle “divisioni” aziendali. Gestione RU e incentivi

19 Innovazione manageriale (endorsment) Innovazione Tabella 4.3: gli item inclusi nel questionario e la macro area di appartenenza.

Nella descrizione delle 5 macroaree sono state sintetizzate le ipotesi di fondo e gli elementi che, nell’intervista operata con i manager delle diverse aziende, permettono di formulare un giudizio quantitativo.

Area operativa

La prima macroarea racchiude l’insieme di pratiche manageriali adottate per definire, integrare e correggere la struttura, l’organizzazione e il ciclo produttivo di un’azienda sanitaria. Nello specifico, la volontà di costruire uno strumento

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d’indagine capace di valutare le pratiche manageriali delle aziende sanitarie italiane ha imposto di osservare elementi tipologici di questa.

Questo si può notare osservando il primo ed il secondo item riferiti alle scelte di localizzazione (fisica ed organizzativa) delle strutture e all’utilizzo risorse coinvolte nei progetti erogativi. La volontà di garantire un miglior servizio al paziente ha richiesto una profonda revisione dell’impostazione tradizionale. In tal senso si può citare quale esempio la transizione verso il modello dipartimentale, il quale perseguiva la riconfigurazione organizzativa attraverso l’aggregazione di attività diverse ma caratterizzate da omogeneità e da interdipendenza20 al fine di perseguire maggiore razionalità nell’utilizzo delle risorse, qualità, efficacia e appropriatezza delle prestazioni a seguito dell’integrazione sinergica.

Un secondo input di riflessione in tema è dato dalla presenza e dal percorso implementativo di percorsi che integrino le diverse aree clinico-sanitarie (in particolare si fa riferimento alla continuità fra cure ospedaliere e cure territoriali) in relazione a specifiche patologie. Da un punto di vista organizzativo questi permettono di razionalizzare l’uso delle risorse attraverso la precisa individuazione delle responsabilità dei diversi soggetti che compongono la filiera sanitaria (Presidi ospedalieri, distretti, medici di medicina generale o pediatri di libera scelta), cercando di favorire l’utilizzo delle strutture territoriali, le quali presentano un profilo di onerosità marcatamente inferiore rispetto a quelle ospedaliere. Va però notato che tale riforma ha un primario riferimento nei

20 “Il dipartimento, favorendo il coordinamento dell’atto medico teso a gestire l’intero percorso

di cura e lo sviluppo di comportamenti clinico-assistenziali basati sull’evidenza, costituisce l’ambito privilegiato nel quale poter contestualizzare le attività di Governo clinico nelle sue principali estensioni ovvero la misurazione degli esiti, la gestione del rischio clinico, l’adozione di linee-guida e protocolli diagnostico-terapeutici, la formazione continua, il coinvolgimento del paziente e l’informazione corretta e trasparente.” MINISTERO DELLA SALUTE, DIREZIONE GENERALE E DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA, DEI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA E DEI PRINCIPI ETICI DI SISTEMA, Il dipartimento, Roma 23 febbraio 2005. Per approfondimenti si rimanda GUZZANTI E.,MASTRILLI F.,MASTROBUONO I.,MAZZEO M.C., Aree funzionali omogenee e dipartimenti, in «Federazione Medica», 1994, 11, pagg. 4-8.a ANESSI PESSINA,E.,CIFALINÒ,A.,

D’ANGELO,G.,MEMMOLA,M., La diffusione dei modelli dipartimentali e l’impatto sulla gestione

delle aziende sanitarie: profili economico-aziendali, in “Tendenze Nuove”, 2002, 1, pagg. 103- 138 e CAPPELLETTI, P., Il Dipartimento: un’isola non trovata Parte II. Il Dipartimento di Medicina di Laboratorio. Inchiesta nazionale SIMeL, in “RML JLM” 2004, 1, pagg. 20-32.

pazienti, poiché agevola loro nel rapporto con i diversi professionisti e le diverse strutture sanitarie coinvolte. L’area operations, inoltre, contiene un item diretto ad osservare l’utilizzo di procedure e checklist quali strumenti per diffondere e stabilizzare le conoscenze sviluppate in azienda e, soprattutto, per ridurre gli errori e gli elementi di rischio, tema particolarmente rilevante nel contesto sanitario.

In considerazione della dimensione della struttura aziendale, della “altezza” dell’organigramma aziendale si è voluto comprendere quale sia il grado di formalizzazione delle procedure e quale sia il livello di interazione e delega fra il vertice e gli altri livelli.. La valutazione di questo elemento, in ragione della già citata complessità organizzativa, muove da una considerazione di fondo: in un’azienda complessa quale una ASL un determinato livello di formalizzazione e centralizzazione delle procedure è necessario ed auspicabile sia per poter “tracciare” il flusso informativo correlato sia per evitare un’anomala interazione fra le diverse strutture aziendali. In particolare si ritiene che le interazioni fra la direzione aziendale e le strutture più operative dovrebbero essere sì facilmente realizzabili ma, al contempo, dovrebbero essere sottoposte ad un processo di “filtraggio” Si deve, pertanto, ritenere come non desiderabile sia la condizione di eccessiva formalizzazione e centralizzazione delle procedure, in cui la comunicazione e l’operatività aziendale è limitata dal peso della burocrazia e la delega di funzioni opera solo formalmente (per la volontà contraria dei vertici o per la mancanza di assunzione di responsabilità da parte dei dirigenti) sia la condizione opposta in cui vi è una apertura del management al vertice tale da costituire un freno al corretto funzionamento di questo.

Gestione delle risorse umane e incentivi

Il secondo gruppo di pratiche manageriali fa riferimento a diversi aspetti nella gestione delle risorse umane. L’elemento di interesse è comprendere se il management di un’azienda sanitaria sia in grado di utilizzare correttamente le

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professionalità esistenti e attivare processi incentivanti che facilitino il raggiungimento degli obiettivi influenzando i comportamenti dei dipendenti.

Le scelte relative all’utilizzo delle risorse umane in un’azienda sanitaria rappresentano un elemento di critica importanza in considerazione della numerosità degli individui coinvolti e dell’eterogeneità delle loro professionalità21.

Per tale ragione si è deciso di enucleare una macroarea autonoma, per poter produrre un’analisi circa le politiche di utilizzo delle RU. Si fa particolare riferimento all’adeguata gestione dei dipendenti che presentano performance superiori o inadeguate. Nel primo caso, è, infatti fondamentale riuscire ad identificare gli adeguati meccanismi incentivanti e di remunerazione premiale (non solo di tipo economico/finanziario) per i soggetti che riescono a garantire all’azienda un livello prestazionale superiore. A contrario, nel secondo caso, è necessario dotare l’azienda di adeguate procedure che perseguano, ove possibile, il massimo supporto (riallocazione, formazione, etc.) ai dipendenti che producono performance inadeguate.

Infine si è voluto comprendere quali siano le linee decisionali seguite per la scelta dei soggetti cui affidare i ruoli di vertice all’interno dell’azienda (si pensi, in tal senso ai ruoli di direzione delle principali strutture quali i presidi, i distretti o i dipartimenti). La valutazione di tale aspetto assume come condizione preferibile, l’adozione da parte del management di processi di scelta mediati da elementi quali l’esperienza, le performance precedentemente raggiunte, le competenze sviluppate e il possesso di un background variegato.

21 Si pensi, in particolare, alla necessità di attivare sistemi di gestione delle RU che permetta e

favorisca la convivenza e l’integrazione di professionalità piuttosto diverse in un unico processo produttivo volto all’erogazione di un servizio sanitario. Va ricordato, inoltre, che le ASL sono attività produttive di grandi dimensioni. Alcuni dati permettono di confermare tale affermazione: il SSN presentava (2010) complessivamente 439.578 dipendenti e, in media in ogni ASL operano 3.000 dipendenti. Nelle 8 ASL della Regione Sardegna, oggetto della prima sperimentale applicazione del questionario, operano 17.009 dipendenti (in media 2.126 per ogni ASL). Cfr. Banca dati del servizio sanitario nazionale – Ministero della Salute – 2010.

Target

La terza area di osservazione si concentra sulle pratiche manageriali dirette al processo di definizione degli obiettivi e del loro effettivo utilizzo ai vari livelli dell’organizzazione della loro traduzione in target chiari e misurabili. Il fine ultimo delle pratiche qui riunite è supportare l’azienda nel perseguimento dei propri obiettivi e nelle successive fasi di controllo e feedback. In questa sede, riferendoci alle aziende sanitarie, va primariamente ricordato che queste presentano una elevata fonte di condizionamento legato alla presenza di enti a livello sovraordinato (in particolar modo la Regione) che hanno la capacità di imporre obiettivi all’azienda. Si pensi, quale esempio, al condizionamento che deriva dalle linee strategiche espresse dai Piani Sanitari Regionali (e quindi, indirettamente, dai Piani Sanitari Nazionali) o dall’attribuzione ai Direttori Generali di obiettivi strategici di mandato22. Per tale ragione si è cercato di comprendere se il management aziendale sia in grado di dotarsi di un processo di definizione degli obiettivi “a cascata” che permetta di individuare coerenza e continuità fra quelli dei livelli apicali e quelli dei livelli operativi. Parallelamente si è cercato di ottenere elementi per valutare quali sono le logiche seguite dal management aziendale nell’adozione e nell’utilizzo di questi processi. Infine, a completamento dell’osservazione, si è voluto comprendere se tali tecniche siano omogeneamente applicate e comprese nelle diverse aree dell’attività aziendale. In particolare l’attenzione era rivolta a comprendere se il management è in grado di affidare obiettivi omogeneamente sfidanti alle diverse strutture, se le scelte adottate nella definizione degli obiettivi e dei target siano comprese in azienda e, in caso contrario, se esistono meccanismi correttivi o formativi per superare tali criticità.

22 Si consideri, a titolo di esempio, la Delibera n. 33/37 dell’8 agosto 2013 della Regione

Autonoma della Sardegna con la quale sono affidati gli obiettivi ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie. Gli obiettivi sono suddivisi in tre categorie (assistenziali, economici ed organizzativi). Ad essi è riconosciuto un peso del 60% alla prima e del 40% alle altre due e sono successivamente descritti analiticamente con la quantificazione dei livelli di raggiungimento di ciascun obiettivo.

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Monitoraggio

La quarta area individuata fa riferimento ad un insieme di funzioni manageriali che hanno conosciuto negli ultimi anni un’attenzione sempre crescente. Entro l’etichetta di “Monitoraggio” si è voluto includere anche la fase di valutazione delle performance, della loro misurazione e dell’insieme di meccanismi che sono correlati a tale fase. Nel settore pubblico italiano il tema della valutazione è ancora di stringente attualità (si pensi, quale esempio, alla riforma operata con il D.lgs. 150/2009) ma si presenta in linea con il più generale processo di riforma “aziendale” della PA. Il processo di valutazione e misurazione delle performance e l’insieme dei meccanismi che si attivano a seguito di questa (si pensi ai meccanismi retributivi incentivanti, alle conseguenze sulle progressioni di carriera) rappresentano un importante meccanismo manageriale di indirizzo dei comportamenti degli individui.

Innovazione

Si sono infine analizzate le pratiche riferite all’innovazione manageriale in un contesto peculiare come quello sanitario pubblico. In primo luogo, infatti, si è voluto comprendere come incidono i condizionamenti normativi esistenti nel sistema. Non vi è, infatti, dubbio alcuno che la genesi e lo sviluppo del sistema di management del sistema sanitario (ma considerazioni analoghe possono essere svolte con un riferimento più generale alla PA) sia il risultato di una lunga ed articolata serie di riforme adottate ex lege23. Si è, per tale ragione, voluto verificare l’atteggiamento e l’approccio del management aziendale in tema, per comprendere se è esistente un atteggiamento difensivo-adattivo (l’applicazione di una nuova norma richiede l’adempimento di un obbligo e si persegue questo

23 In merito Panozzo sostiene che il modello manageriale italiano sia, di fatto, un

managerialismo “per decreto” e a proposito rileva “The main paradox about this sort of “management by decree” is that the adoption of contingent, flexible and goal-driven managerial instruments and structures in public sector organizations is promoted by formal, centralized and bureaucratic enforcement. Such a situation accounts for the contradictory demands that are imposed on managerial accounting within the reform of the Italian public sector.” Cfr.PANOZZO, F., Management by decree. Paradoxes in the reform of the Italian public sector, in “Scandinavian Journal of Management”, 2000, 16(4), pagg. 57-373.

obiettivo esclusivo) o uno proattivo (la riforma normativa è occasione per revisionare il sistema esistente e adottare best practice innovative).

Il secondo item, invece, vuole valutare il ruolo rivestito dalla direzione aziendale a supporto del cambiamento e, in particolare, se questa è capace di assumere un ruolo di promozione e gestione dell’innovazione attraverso l’attivazione di tecniche e strumenti in grado di supportare l’efficace applicazione di questi strumenti.

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4.6 Analisi del caso di studio, riflessioni conclusive e future