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L’attuale struttura del Servizio Sanitario Nazionale è il risultato della complessa azione di numerosi provvedimenti normativi riformatori che, in oltre trenta anni, hanno modificato la sua articolazione istituzionale, i rapporti di forza fra i diversi attori coinvolti e i principi che ne ispirano il funzionamento senza, però, alterarne lo spirito e l’obiettivo di fondo.

Il SSN presenta, ad oggi, tre livelli decisionali: il primo è occupato dallo Stato (tramite il Ministero della Salute), in quello mediano sono poste le Regioni e al terzo sono presenti le aziende sanitarie.

La suddivisione in parola, oltre a ricercare una maggiore specializzazione e una più chiara separazione di ruoli fra finanziatori ed erogatori è uno degli elementi58 caratterizzanti il filone teorico59 della “quasi-market theory” che ha ispirato la riforma della sanità inglese degli anni ’9060 e quella italiana del 199261.

58 Un quasi-mercato, secondo quando descritto dal filone teorico della quasi-market theory,

presenta alcune caratteristiche peculiari. Una sintetica elencazione ricomprende: (1) la presenza di organizzazioni pubbliche e private in competizione per contratti pubblici; (2) l’accentramento delle risorse per l’acquisto dei servizi in capo a singole agenzie o, in alternativa, conferite ai singoli attraverso il meccanismo dei voucher per finanziare l’acquisto di prestazioni; (3) la rappresentanza dei cittadini sul mercato da parte di organizzazioni che li riuniscono. Va però sottolineato che l’elemento che caratterizza i modelli di quasi mercato in misura decisiva è sicuramente la separazione delle responsabilità fra le funzioni di finanziamento ed erogazione. Cfr.

POWELL,M.,Quasi-markets in British Health policy: a longue durée perspective, in “Social policy

& administration”, 2003, 37(7), pagg. 725-741.

59 Il termine “quasi-mercato” ha trovato una larga diffusione in letteratura ma è complesso

individuarne una definizione esaustiva. Rileva Powell: “Despite much attention, the precise definition of a “quasi-market” is not fully clear. Le Grand and Bartlett explain that they are “markets” because they replace monopolistic state providers with competitive independent ones. They are “quasi” because they differ from conventional markets in one or more of three ways”, Cfr. POWELL,M.,Quasi-markets in British Health policy, op. cit., Si veda anche LE GRAND,J., BARTLETT,W., Quasi-markets and Social Policy, Basingstoke, Macmillan, 1993.

60 Il modello di quasi mercato diviene di attualità a seguito dei processi di marketization

introdotti dai governi conservatori inglesi sul finire degli anni Settanta e che trovarono la loro più compiuta realizzazione nella riforma del National Healthcare Service avviata dal governo Thatcher negli anni Novanta. L’impostazione teorica è ricondotta al lavoro di Alain Enthoven e alla successiva sistematizzazione operata da Julian Le Grand (va rilevato che già Williamson, nel 1975, aveva utilizzato la definizione di “quasi mercati”). In estrema sintesi l’impostazione in parola prevedeva percorsi di miglioramento nei servizi pubblici tramite modelli ispirati alla logica di mercato. Per approfondimenti si rimanda a ENTHOVEN,A.C., Reflections on the management of the National Health Service, The Nuffield Provincial Hospital Trust, 1985, LE GRAND,J., Quasi-

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Con la riforma del 1992, infatti, il Legislatore ha iniziato a percorrere questa strada promuovendo lo scorporo dei presidi ospedalieri più grandi dalle USL di appartenenza (si veda l’art. 4 D.lgs. 502/1999) e la loro trasformazione in aziende ospedaliere autonome, attraverso l’introduzione di meccanismi di finanziamento di tipo tariffario62 e, più in generale, cercando di introdurre meccanismi di tipo concorrenziale attraverso la separazione delle funzioni fra ASL e altri attori63.

market and socialy policy, “The economic journal, 1991, 101(408), pagg-. 1256-1267; EXWORTHY,M.,POWELL,M., MOHAN,J., Markets, Bureaucracy and Public Management: The NHS: Quasi-market, Quasi-hierarchy and Quasinetwork?, in “Public money & management”, 1999, 19(4), pagg. 15-22.

61 L’esperienza britannica fu d’ispirazione per il Legislatore italiano nell’adozione di modelli

di quasi mercato. In tal senso rilevano France et al. “The 1992 reform was weak on detail but seemed to contain the basis for transforming the highly vertically integrated SSN into a system of quasimarkets similar to that introduced in the UK in 1991. […] However, the new arrangements adopted in Italy differed for what regards each of the three defining features of English quasi- markets. First, general practitioner (GP) fundholding was never envisaged in Italy, except for indicative budgeting in a limited number of ASLs in a few regions and then only for drug prescribing (see below). Second, hiving-off was never intended to be anything like complete, but was limited to hospitals of ‘national importance’ and excluded non-hospital specialist care. Moreover, unlike in the UK, hived-off hospitals had no special status regarding staff nor were they subject to particular financial requirements except that they could lose their independence from the ASL if they ran repeated deficits (a sanction never applied). Third, the ASL had little possibility to act as a purchaser in those regions adopting the region-centered template.” Cfr. FRANCE, G.,

TARONI,F.,DONATINI,A., The italian health-care system, in “Health economics”, 2005, 14, pagg. S187-S202.

62 Il finanziamento tariffario è stato applicato sia per le prestazioni ambulatoriali che per quelle

di tipo ospedaliero. L’elemento di maggiore innovatività in tale fase fu rappresentato dall’introduzione del sistema di classificazione dei DRG/ROD (Diagnosis Related Group/Raggruppamenti omogenei di diagnosi) e di un sistema di tariffazione dei ricoveri ospedalieri ad esso correlato. “I DRGs costituiscono un sistema di classificazione dei ricoveri ospedalieri, fondato sull’individuazione di classi clinicamente significative, omogenee in relazione agli iter diagnostico terapeutici e, mediamente, in relazione al consumo di risorse. In altri termini si tratta di classi di ricovero iso-risorse, cioè individuate in base ad una omogeneità di fondo nei consumi di risorse.” MARINÒ, L., La ricerca dell’economicità nelle aziende sanitarie locali. Concetti, modelli, decisioni, op. cit., pag. 109. Si veda, inoltre,TARONI,F., DRG/ROD e nuovo sistema di finanziamento degli ospedali. Il pensiero scientifico, 1996.

63 Il sistema disegnato dalla riforma non riuscì a realizzare appieno l’obiettivo di separare ASL

e AO. I limiti imposti dalla normativa per creare un’AO autonoma, infatti, impedirono a molti presidi ospedalieri di ottenere tale qualificazione che, pertanto, rimasero all’interno dei confini della ASL di origine. Si ha, quindi, una situazione non omogenea in cui permangono ASL integrate (ASL la cui struttura è sostanzialmente analoga a quanto originariamente disposto dalla 833/1978 e che mantiene al suo interno i presidi ospedalieri senza aver nel proprio territorio una AO autonoma) accanto ad ASL miste (ASL che hanno subito lo scorporo di almeno un presidio ospedaliero e la sua trasformazione in AO, ma che mantengono al loro interno altri presidi ospedalieri). L’analisi di alcuni dati aiuta a comprendere come sia tutt’ora forte il ruolo giocato dalle ASL nell’erogazione di servizi sanitari attraverso strutture proprie, (in tal caso le ASL mantengono il doppio ruolo di finanziatore e erogatore di servizi): nel 2005 (dati FORMEZ) il 65% delle le 180 ASL esistenti, 113 erano di tipo integrato, mentre solo il 27% (48) erano ASL

A livello apicale è posto lo Stato, il quale svolge la funzione primaria di coordinamento e di definizione degli obiettivi strategici del SSN. Il complesso insieme delle decisioni che danno attuazione a questo obiettivo trovano una sintesi complessiva nel Piano Sanitario Nazionale (PSN) documento fondamentale di pianificazione introdotto dal D.lgs. 229/199964, in risposta alla necessità del governo centrale di dotarsi di un efficace strumento di pianificazione strategica attraverso il quale garantire il perseguimento degli obiettivi propri del sistema (tutela del diritto alla salute dei cittadini italiani e garanzia dell’accesso per i cittadini a prestazioni connotate da livelli uniformi ed essenziali di assistenza in un’ottica di preservazione degli equilibri della finanza pubblica) in un quadro di devoluzione di potere a favore degli Enti Locali (Regioni in primo luogo).

Nella formulazione originale della normativa, la predisposizione del PSN e la definizione dei LEA per il triennio era affiancata dall’individuazione da parte dello Stato del Fondo Sanitario Nazionale e della sua successiva suddivisione ai Sistemi Sanitari Regionali65 in base al sistema della quota capitaria corretta66. Il

miste. Le 15 ASL non ricomprese in questa classificazione (le 14 ASL lombarde e un’Azienda del Friuli Venezia-Giulia), sono organizzate secondo il modello della ASL separata che, invece, si presenta fortemente in linea con i dettami della quasi-market theory. Tali ASL, infatti, hanno espunto un elevatissimo numero di prestazioni sanitarie a favore di AO pubbliche o private agendo in modo esclusivo da fundholder in nome e per conto dei cittadini. Per la Regione Lombardia, modello prototipico delle ASL separate in Italia, si confronti la L.R. n. 31 dell’11 luglio 1997 recante “Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi sociali”. Per approfondimenti, cfr. BONI,S. (a cura di). I sistemi di governance dei servizi

sanitari regionali, Formez, Quaderni 57, Roma, 2007, pagg. 29 e ss.

64 Si vedano in particolare il comma 2 (definizione dei LEA da parte del PSN e assunzione

dell’erogazione di questi come obiettivo del SSN), il comma 4 (partecipazione delle Regioni alla redazione del PSN), il comma 5 (percorso di definizione della proposta del PSN da parte del Governo), il comma 6 (individuazione delle aree di offerta che il PSN deve individuare: assistenza ospedaliera, assistenza territoriale, assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e lavoro), il comma 9 (il quale fissa la durata triennale del piano), il comma 10 (il quale indica l’articolazione del PSN), il comma 13 (il quale lega i Piani Sanitari Regionali alla convergenza con il PSN) dell’art.1 del D.lgs. 229 del 19 giugno 1999.

65 Nel corso degli anni, a seguito della trasformazione in senso federale dello Stato il FSN

(inteso come ripartizione delle risorse statali raccolte attraverso la fiscalità generale) è stato abolito (ai sensi del D.lgs. 56 del 18 febbraio 2000) e sostituito da un budget che definisce il fabbisogno di ogni SSR. La locuzione “Fondo Sanitario Nazionale” viene comunque largamente utilizzata per indicare tale piano.

66 Il sistema della quota capitaria corretta cerca di realizzare un meccanismo allocativo delle

risorse di tipo predittivo. Il modello, attraverso l’individuazione di adeguate proxy, cerca di definire la dimensione del fabbisogno di servizi sanitari che promanerà dai cittadini di una data area territoriale. “La distribuzione delle risorse dal livello centrale a quello periferico regionale è

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FSN, sulla base dell’accordo periodicamente raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, è poi coperto da una contribuzione mista fra imposte nazionali (49%) e regionali (51%) per le Regioni a Statuto ordinario. Le Regioni a statuto speciale (ad eccezione della Sicilia) e le P.A. di Trento e Bolzano sono chiamate, invece, a coprire globalmente il proprio fabbisogno sanitario67.

Come già esposto in precedenza, pur se lo Stato mantiene un ruolo importante68 nella definizione degli obiettivi e dei percorsi di sviluppo del SSN, questo presenta una struttura di stampo regionale, come chiaramente definito dall’art. 1 del D.lgs. 229/1999 che recita “La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali”.

in altri termini legata a parametri espressivi della variabilità del consumo di servizi sanitari da parte delle diverse popolazioni. In generale, la suddetta variabilità è dipendente, oltre che dalla numerosità della popolazione, da due insiemi di fattori fondamentali. Al primo insieme appartengono i fattori demografici, epidemiologici, sociali, geografici; il secondo insieme include le dimensioni quantitative e caratteristiche qualitative dell’offerta, che nell’ambiente sanitario, a causa dell’assenza di meccanismi di scambio individuale, sono in grado di incentivare la domanda (ad es. posti letto disponibili, presenza di Università, efficienza delle strutture). Mentre il primo gruppo di fattori può legittimamente essere considerato tendenzialmente rappresentativo della variabilità dei consumi, le caratteristiche qualitative e quantitative dell’offerta possono invece condurre ad una ripartizione non equa delle risorse, nella misura in cui i diversi livelli di utilizzo dei servizi dipendessero principalmente dalle caratteristiche stesse dell’offerta e non da differenze reali nei bisogni di salute delle popolazioni. Cfr. MARINÒ, L., Dinamiche di finanziamento, economicità ed eguaglianza nei servizi sanitari. Condizioni, limiti ed implicazioni, in GIOVANELLI,

L.(A CURA DI), La valutazione delle performance in ambito sanitario. Profili teorici ed evidenze empiriche, Torino, Giappichelli, 2013, pagg. 108 e ss.

67 Cfr. MAPELLI,V., Il sistema sanitario italiano, op. cit., pagg. 109 e ss.

68 L’ampiezza del ruolo dello Stato nel sistema sanitario è stato elemento di dibattito nei lavori

preparatori la riforma ter della sanità. In quelle fasi, infatti, sembrava possibile realizzare una devoluzione complessiva dei poteri alle Regioni con il conferimento di un’ampia potestà legislativa. La scelta del Legislatore di regolare la materia con una normativa analitica e di dettaglio con l’obiettivo di garantire al massimo la tutela del diritto alla salute del cittadino pare aver escluso la decentralizzazione del potere alle Regioni per conservare un ruolo attivo dello Stato più ampio del solo ruolo di indirizzo e coordinamento. Cfr. CLAUDI,M.C., L’evoluzione normativa delle aziende sanitarie: le ragioni della loro istituzione e la criticità dei modelli istituzionali, in VANARA,F., Il governo dell’azienda sanitaria, Bologna, Il Mulino, 2008, pagg.

Le Regioni (nel corso di questo lavoro con il termine Regioni si farà riferimento all’Ente territoriale posto al vertice di un sistema sanitario e, pertanto, alle 19 Regioni e le 2 P.A. di Trento e Bolzano) rappresentano il vertice decisionale e il vero soggetto economico del sistema sanitario69, come si può evincere dall’elencazione delle funzioni assegnate loro dall’articolo 2 del D.lgs. 502/1992 come modificato a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. 299/1999. Questo prevede in capo alle Regioni:

- la funzione legislativa ed amministrativa nel quadro delle normative nazionali;

- la determinazione dei principi organizzativi e dell’attività sanitaria a tutela dei cittadini, dei criteri di finanziamento (in particolare la suddivisione del FSR alle ASL in base al principio della quota capitaria) e l’attività di supporto tecnico alle ASL e AO;

- la definizione (e le successive revisioni) dell’articolazione territoriale della Regione e dei confini istituzionali delle ASL;

- l’individuazione dei principi per l’adozione dell’Atto Aziendale e dei criteri per la definizione dei distretti;

- la regolamentazione delle attività di vigilanza e di controllo, - la gestione dell’attività di accreditamento;

- le modalità con cui è possibile prevedere e finanziare l’erogazione di attività sanitarie non comprese nei LEA.

La devoluzione di potere alle Regioni da parte dello Stato ha subito un’ulteriore accelerazione a seguito della riforma del finanziamento del sistema ad opera del D.lgs. 56/2000 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133)70 che però, come già è stato evidenziato, non produsse un significativo impatto. La riforma fu, infatti,

69 Cfr. MARINÒ, L., La ricerca dell’economicità nelle aziende sanitarie locali. Concetti, modelli, decisioni, op. cit., pag. 65.

70 In particolare l’articolo 1 lettera d prevede la sospensione dei trasferimenti erariali alle

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“disattivata” dalla sopravvivenza della contrattazione fra Stato e Regioni in seno alla conferenza permanente che manteneva ancora in essere una larga parte del meccanismo previgente71. Il lungo e lento processo di federalizzazione dello Stato fu, infine, completato con la riforma che incise sul Titolo V della Costituzione.

Le ASL e le AO rappresentano il terzo livello di governo del sistema sanitario. Introdotte con la riforma del 1992 in sostituzione delle USL come enti autonomi dotati di personalità giuridica pubblica presentano un’articolazione dei poteri che ha cercato di favorire un sistema di governo in cui un soggetto chiaramente identificato – il Direttore Generale – sia responsabilizzato per i risultati della gestione. L’articolazione istituzionale di ASL e AO, identica nel disegno normativo, prevede quindi un general manager posto al vertice nominato dalla Regione chiamato a svolgere la propria attività coadiuvato da un Direttore Sanitario e un Direttore Amministrativo (nominati dal DG). La sua attività è regolata da un contratto di diritto privato (di norma della durata di 5 anni, periodo analogo alla legislatura regionale) con il quale, spesso, sono assegnati obiettivi specifici da raggiungere durante il mandato. Il rapporto fra nominato e Regione è connotato da un legame di tipo fiduciario e porta con sé, quale corollario, la possibilità per la Regione di revocare l’incarico e procedere alla sostituzione del DG a seguito della valutazione delle performance prodotte e dal (mancato) raggiungimento degli obiettivi.

La dimensione dell’attività svolta da un’ASL impone di considerare il vertice strategico come un elemento complesso e multiforme, in cui si ha la partecipazione delle diverse anime del vertice strategico. Tuttavia questa considerazione non scalfisce la centralità ad esso riconosciuta.

Il suo ruolo è profondamente mutato nel corso degli anni e, da organo prevalentemente focalizzato sulla gestione interna, ha progressivamente proiettato

71 Si rimanda a ZUCCATELLI, G., CARBONE, C., LECCI, F., Trent’anni di servizio sanitario nazionale. Il punto di vista di un manager, Milano, EGEA, 2008, pagg. 107.

all’esterno dell’azienda la propria d’attività, divenendo il perno di un complesso insieme di relazioni di network72.

Le considerazioni appena svolte permettono di formulare qualche osservazione di carattere generale in merito al modello manageriale e alle difficoltà che questo incontra in sanità. In primo luogo l’introduzione del Direttore Generale al vertice delle ASL è coerente con le indicazioni del NPM e, in particolare, con la necessità di identificare un manager visibile e attivo, in risposta alle esigenze di accountability73. L’obiettivo, infatti, fu quello di superare il modello previgente che, in relazione al modello democratico istituito dalla L. 833/1978, non permetteva di responsabilizzare i singoli ma confondeva i comportamenti in seno ad un’assemblea. In secondo luogo, va sottolineato come il legame con il potere politico possa essere una fonte di instabilità che spesso genera un diffuso turnover74 fra i dirigenti delle aziende sanitarie. La sostituzione di un DG, inoltre, non è sempre il risultato di una valutazione razionale ed oggettiva ma risponde ad altre esigenze, quali, ad esempio, l’avvicendamento fra diverse forze politiche al vertice della Regione75. La riduzione della durata media

72 Cfr. FERRÈ,F.,RICCI,A., La struttura del SSN, in ANESSI PESSINA,E.,CANTÙ,E.,FERRÈ,F.,

RICCI,A.(A CURA DI),L’aziendalizzazione della sanità in Italia: rapporto OASI 2012, Milano, EGEA, 2012, pagg. 39 e ss.

73 Cfr. HOOD, C.,The “New Public Management” in the 1980s: variations on a theme, in Accounting, organizations and society”, 1995, 20(2), pagg.93-109.

74 Nel periodo 1996 – 2012 la durata media dell’incarico dei DG è stata di 3,6 anni, attestato

quindi su un valore distante dal valore massimo (5 anni) previsto dal contratto. Questo valore presenta poi un’elevata variabilità: il valore minimo è di 1,5 anni in Calabria mentre il valore massimo è di 9,8 anni per la P.A. di Bolzano. Meritano d’essere sottolineati che, fra le Regioni più grandi i valori maggiori sono registrati in Veneto (5,5 anni) Toscana (4,3 anni) e Emilia Romagna (4,2 anni). Cfr. FERRÈ,F.,RICCI,A., La struttura del SSN, op. cit.,pagg. 41.

75 “L’idea che le persone nominate debbano rispondere dei risultati raggiunti e che, in presenza

di risultati considerati insoddisfacenti, possano essere sostituiti è la rottura più evidente, e comunemente percepita, con il paradigma burocratico. […] Al di là di ogni considerazione sulla reale capacità di governo che i DG sono in grado di esprimere sui comportamenti complessivi dell’azienda, è indubitabile che le aziende sanitarie pubbliche sono oggi estremamente reattive alla figura del DG e al suo grado di stabilità […] in mancanza di un meccanismo di stabilizzazione come quello rappresentato dalle esigenze che il mercato pone ai comportamenti aziendali, al cambiamento del DG si accompagna spesso una inversione delle scelte e un ricambio del gruppo dirigente, in termini di posizioni attribuite, che sovente eccede il necessario. […] Infatti potenziali cambiamenti sono legati non tanto e non solo a giudizi sull’operato del DG in relazione ai risultati dell’azienda, quanto alle dinamiche istituzionali e politiche. Queste determinano, oltre alle naturali predeterminate scadenze dei contratti dei direttori, potenziali instabilità in relazione sia alle scadenze di legislatura, e ai connessi rischi di modificazione delle maggioranze e degli equilibri

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del mandato di un DG implica, da un lato, la contrazione della prospettiva temporale in cui è possibile adottare riforme e politiche di riforma della gestione. Dall’altro la sostituzione (in particolare se questa è legata al mutamento del “colore politico” al vertice della Regione) implica spesso il mutamento delle politiche attuate in precedenza.

In secondo luogo l’attività svolta dalle ASL presenta rilevanti elementi di complessità sia per la necessità di coniugare la missione istituzionale di matrice sociale con i vincoli e i principi di natura aziendale sia per la necessità di far sì