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L’effetto delle pratiche di management sulle performance delle aziende

Fin dalla loro nascita come disciplina scientifica autonoma grazie al lavoro di Taylor e dei suoi contemporanei, gli studi di management hanno assunto come presupposto di base l’esistenza di un legame fra l’adozione di buone pratiche manageriali e le performance prodotte dalle aziende99. Le diverse scuole di pensiero, infatti, erano animate dalla convinzione di poter individuare il modello più efficace, l’insieme di pratiche manageriali in grado di garantire il miglior utilizzo delle risorse a disposizione (materiali, immateriali, umane o economico- finanziarie) e conseguentemente produrre un livello di prestazioni più elevato (in termini di produttività, di equilibri economico-finanziari, efficacia e qualità) per le aziende che le adottano. Corollario di tale presupposto è che l’azienda che non adotta le migliori pratiche sia fatalmente destinata a produrre livelli prestazionali inferiori.

Tale convinzione si è radicata ed è divenuta una colonna del pensiero manageriale moderno ed ha influenzato ricercatori, studiosi e professional di diversi settori dell’attività economica, anche ove tradizionalmente minore è stata l’influenza del pensiero manageriale. Si pensi all’ampio movimento riformatore del settore pubblico che ha posto l’accento, per garantire un miglioramento generalizzato nella produzione e nell’offerta di servizi, sull’adozione di adeguati strumenti manageriali derivati dal business management.

Per tale ragione chiedersi se le differenze nelle pratiche manageriali siano capaci di spiegare le variazioni delle performance d’insiemi di aziende pare un

99 Scrive Taylor in The principles of scientific management: “The writer found that there are

three question uppermost in the mind of men when they become interested in scientific management. […] Why are better result attained under scientific management than under the other types?” Cfr. TAYLOR,F.W., The Principles of Scientific Management, op. cit., pag. 30.

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quesito dalla risposta scontata100. Non sorprende di rilevare che, nella letteratura di management d’impresa (intendendo con quest’accezione, gli studi legati alle organizzazioni produttive private e orientate al profitto) non esista un’estensiva trattazione. Invero tale gap può essere, almeno in parte, riconducibile sia alla mancanza di database sistematici sia alla complessità di definire tecniche e strumenti in grado di fornire un giudizio sintetico, oggettivo e comparabile101.

Nell’ultimo decennio il dibattito scientifico in materia si è arricchito grazie ad un vasto e imponente lavoro di ricerca, coordinato da Nicholas Bloom e John Van Reenen e che ha coinvolto anche ricercatori di numerose istituzioni internazionali, volto al contempo a comprendere se è possibile misurare oggettivamente le pratiche di management e se in forza di questa sia possibile ottenere una più chiara visione delle marcate variazioni di produttività esistenti nel sistema economico fra gruppi di aziende, all’interno di settori o di contesti territoriali specifici e se può identificarsi un legame fra la qualità delle pratiche manageriali adottate e le performance102.

100 “Are organizations more likely to succeed if they adopt good management practices? […]

That may seem like a foolish endeavor - isn’t the obvious answer yes? But as classically trained economists, we believe in reexamining long-held assumptions to see whether they stand the test of time.” Cfr. BLOOM,N.,SADUN,R.,VAN REENEN,J., Does management really works?, “Harvard Business Review”, 2012 (November), pagg. 76-82,

101 “Unfortunately, analyzing to what extent this heterogeneity in productivity is due to

management and organizational practices, unmeasured inputs, or other technologies has been held back by a lack of data. National statistical agencies do not usually collect data on the internal organization of companies, nor do firms report this in their accounts. Recently, however, social scientists have been starting to fill this gap […]” Cfr. BLOOM, N., VAN REENEN, J., New approaches to survey organizations, “American Economic Review: Papers & Proceedings”, 2010, 100 (May), pagg. 105-109.

102 Il lavoro cui si fa riferimento nel testo ha coinvolto la Stanford University la Harvard

Business School e la London School of Economics. Originariamente coordinato da Bloom e Van Reenen, oggi è guidato anche da Raffaella Sadun (Harvard Business School) e Christos Genakos (London School of Economics e Università di Atene). Per approfondimenti si rimanda a BLOOM, N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries,

“The quarterly journal of economics”, 2007, 122(4), pagg. 1351-1408, BLOOM,N.,DORGAN,S.,

DOWDY,J., VAN REENEN,J.,Management practice and productivity: why they matter, Londra, Centre for Economic Performance – London School of Economics, Luglio 2007, BLOOM,N.,VAN

REENEN,J., New approaches to survey organizations, “American Economic Review: Papers &

Proceedings”, 2010, 100 (May), pagg. 105-109, BLOOM,N.,SADUN,R.,VAN REENEN,J., Recent advances in the empirics of the organizational economics, “Annual review of economics”, 2010, 2, pagg. 105-137, BLOOM,N.,GENAKOS,C.,SADUN,R.,VAN REENEN,J., Management practices across firms and countries, “Academy of management perspective”, 2012, 26(1), pagg. 12-33, BLOOM, N.,SADUN,R., VAN REENEN,J., Does management really works?, “Harvard Business

Il lavoro103 di Bloom e Van Reenen 104 rappresenta un riferimento imprescindibile, poiché ha il merito di aver prodotto un avanzamento deciso nella comprensione del ruolo delle pratiche di management nell’indirizzare i risultati aziendali.105

L’osservazione del sistema economico suggerisce l’esistenza di una profonda variabilità nelle performance fra gruppi d’imprese simili o fra aggregati di più grande dimensione (settori economici, aree geografiche o paesi). Questa variabilità, non essendo legata a casualità o a elementi aleatori o non prevedibili, deve essere ricondotta a elementi oggettivi che incidono sul funzionamento aziendale, per meglio comprendere quali siano in grado di produrre influenze positive o negative sulle performance.

Nel novero degli elementi che possono favorire o deprimere i livelli di produttività delle aziende, come già si è detto, è convinzione diffusa che il management giochi un ruolo primario. Per trovare una conferma sperimentale a tale assunto di base, il progetto di ricerca di Bloom e Van Reenen ha declinato il problema conoscitivo grazie a diverse domande di ricerca. Perché nel sistema economico convivono buone e cattive pratiche manageriali106? È possibile

Review”, 2012 (November), pagg. 76-82, BLOOM,N.,EIFERT,B.,MAHAJAN,A.,MCKENZIE,D., ROBERTS, J, Does management matters? Evidence from India, “The quarterly journal of

economics”, 2013, 128(1), pagg. 1-51.

103 Nel testo si fa riferimento al lavoro di Bloom e Van Reenen, ricomprendendo in questa

definizione, i due progetti di ricerca svolti dal loro team. Il primo, iniziato nel 2001 e i cui risultati sono stati pubblicati fra il 2006 e il 2007, ha testato le ipotesi generali e ha permesso di costruire, sottoporre a validazione ed applicare gli strumenti per l’indagine e la determinazione dello score manageriale in un campione composto esclusivamente da imprese manifatturiere. Sulla scorta dei risultati di quest’ultimo, è stato avviato un secondo progetto che ha ampliato il raggio d’osservazione sia da un punto di vista geografico che da un punto di vista economico-produttivo. Difatti si è deciso di sottoporre ad analisi le organizzazioni produttive dei settori dell’educazione e della salute.

104 Per un approfondimento completo e l’accesso ai report più recenti dell’intero progetto si

rimanda a http://www.worldmanagementsurvey.org, portale istituzionale del progetto di ricerca, ove sono condensati i lavori, le pubblicazioni, i paper e gli strumenti metodologici utilizzati dal gruppo di lavoro.

105 “Bloom and Van Reenen […] offer one of the most comprehensive studies relating

management practices (though not managers per se) to productivity.” Cfr. SYVERSON,C., What determines productivity?, “National Bureau of Economic Research working paper series”, 2010 (January), pagg. 1 – 60.

106 Nel testo si manterrà, in analogia ai lavori analizzati, la suddivisione in “Buone” e “Cattive”

pratiche di management, accogliendo la semplicità terminologica utilizzata dagli Autori nel loro lavoro ove si parta di “good and bad management practices”.

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definire quali sono buone pratiche manageriali e quali sono, a contrario, cattive? Quali sono le pratiche manageriali da sottoporre ad indagine? E’ possibile dare un punteggio a queste?

Perché convivono buone e cattive pratiche manageriali nel sistema economico?

Se, come ipotizzato, esistono pratiche manageriali capaci di incidere positivamente sulle prestazioni, è lecito chiedersi perché le aziende non le adottino. Secondo un approccio razionale, infatti, ci si dovrebbe attendere una pronta implementazione delle pratiche manageriali che si rivelano più efficaci. È possibile fornire una sintetica spiegazione di tale fenomeno fornendo quattro motivazioni principiali, tre di tipo statico e una di tipo dinamico107. In primo luogo, va rimarcato che l’adozione di rinnovate pratiche manageriali non è un’operazione economicamente neutra, ma comporta l’insorgenza di costi relativi all’emersione di nuove necessità informative, operative e di struttura (si pensi, quale esempio, alle strutture informatiche necessarie per supportare pratiche di automazione e il correlato bisogno di formazione del personale). È evidente che, talvolta, a seguito della valutazione di costi e benefici correlati, il vantaggio potenzialmente ottenibile possa apparire insufficiente a giustificarne gli oneri. In secondo luogo la persistenza di pratiche manageriali deteriori può essere ricollegata a comportamenti opportunistici dei manager108 che, in relazione alle difficoltà di implementazione, ne ostacolano l’adozione. In terzo luogo, la resistenza di pratiche inefficaci può essere il risultato di un profilo di eterogeneità, di fatto ineliminabile che condiziona le scelte aziendali e può dare vita a strutture manageriali differenti. Infine, in una visione dinamica, le pratiche manageriali

107 Cfr. BLOOM,N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, op. cit.

108 Si fa riferimento all’esistenza di un rapporto di agenzia fra gli azionisti/proprietari e i loro

manager. In forza dell’asimmetria informativa che caratterizza tale rapporto e in assenza di meccanismi contrattuali che eliminino il conflitto d’interesse fra principale e agente i manager potrebbero non presentare adeguati incentivi ad adottare una pratica che comporta un elevato sforzo professionale e l’assunzione del rischio del mancato o inefficace implementazione delle pratiche manageriali.

migliori non sono immediatamente applicabili per la presenza di meccanismi ostruttivi o frizionali all’innovazione. Più, infatti, l’ambiente aziendale è contrario alle rinnovate pratiche manageriali, più sarà lenta e tortuosa la sua applicazione109.

È possibile definire quali sono buone pratiche manageriali e quali sono, a contrario, cattive? Quali sono le pratiche manageriali da sottoporre ad indagine?

Individuare un percorso logico e sostenibile per suddividere le pratiche manageriali in buone e cattive rappresenta uno degli aspetti più sfidanti dell’intero progetto di ricerca. Utilizzando a supporto un modello di valutazione sviluppato in collaborazione con McKinsey110, gli autori sono stati in grado di isolare un set di pratiche manageriali da sottoporre a giudizio che non fossero condizionate in misura eccessiva dallo specifico ambiente aziendale111.

Lo sforzo ha condotto a individuare quattro aree principali112:

• operations: le pratiche ricomprese in quest’area fanno riferimento all’introduzione di pratiche di lean manufacturing e alla documentazione e all’analisi delle logiche seguite per il processo di rinnovamento adottato;

109 I meccanismi frizionali cui si fa riferimento sono causati da due ordini di fattori: effetti

dell’apprendimento e costi di adattamento. La diffusione di nuove pratiche manageriali, e più in generale di pratiche innovative all’interno di un’organizzazione, può essere rallentata per la lunghezza del processo di apprendimento dei soggetti coinvolti e per la necessità di adottare comportamenti adattivi.

110 “Using a business-assessment tool we developed with McKinsey partners John Dowdy and

Stephen Dorgan, we looked closely at 18 practices” Cfr. BLOOM,N.,SADUN,R.,VAN REENEN,J., Does management really works?, op. cit. Si veda anche BLOOM,N.,DORGAN,S.,DOWDY,J.,VAN

REENEN,J., Management practice and productivity: why they matter, Londra, Centre for Economic Performance – London School of Economics, Luglio 2007,

111 “To measure management requires codifying the concept of "good" or "bad" management

into a measure applicable to different firms across the manufacturing sector. This is a hard task, as good management is tough to define and is often contingent on a firm's environment. Our initial hypothesis was that while some management practices are too contingent to be evaluated as "good" or "bad," others can potentially be defined in these terms, and it is these practices we tried to focus on in the survey. To do this we used a practice evaluation tool developed by a leading international management consultancy firm.” Cfr. BLOOM,N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, op. cit.

112 Nelle elaborazioni successive, le aree di analisi delle pratiche manageriali divengono tre,

mantenendo inalterato sia il contenuto sia il numero degli item. Scompare l’area delle operations, nella quale erano ricomprese le prime 3 pratiche.

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• monitoring: le pratiche ricomprese in quest’area sono riferite alla funzione di rilevazione, misurazione e gestione delle performance; • targets: le pratiche ricomprese in quest’area sono analizzate in

relazione alla tipologia di obiettivi adottati, al loro realismo, la trasparenza e la coerenza di questi nei diversi livelli dell’organizzazione;

• incentives: le pratiche ricomprese in quest’area sono correlate all’insieme di meccanismi incentivanti e premiali e il loro legame con le performance individuali.

N. Pratica manageriale Area

1 Introduzione di pratiche moderne di fabbricazione Operations

2 Fondamento logico dell’introduzione delle nuove pratiche Operations

3 Documentazione dei processi Operations

4 Mappatura delle performance Monitoring

5 Revisione delle performance Monitoring

6 Condivisione e dialogo nel processo di valutazione Monitoring

7 Conseguenze del processo di valutazione Monitoring

8 Ampiezza degli obiettivi Target

9 Interconnessione degli obiettivi Target

10 Orizzonte temporale degli obiettivi Target

11 Obiettivi sfidanti Target

12 Chiarezza e comparabilità delle misure di performance Monitoring

13 Gestione del capitale umano Target

14 Ricompensa delle migliori performance Incentives

15 Rimozione degli individui che producono performance negative Incentives

16 Promozione degli individui che producono performance elevate Incentives

17 Attrazione di capitale umano Incentives

18 Mantenimento del capitale umano Incentives Tabella 2.1 – Le 18 pratiche manageriali sottoposte a valutazione (Adattamento di Bloom et al.

2006; Bloom et al. 2007).

Le 18 pratiche individuate (si veda la Tabella 2.1) sono poi sottoposte ad una valutazione da 1 (pratica pessima) a 5 (best practice) sulla base di una specifica metodologia che verrà illustrata nella sezione successiva.

E’ possibile dare un punteggio alle pratiche manageriali?

La fase di raccolta dei dati ha rappresentato il punto di maggiore importanza e, al contempo, di maggiore criticità per l’efficace completamento dell’indagine. La metodologia adottata da Bloom e Van Reenen ha previsto di demandare agli intervistatori il compito di determinare il punteggio sulla base delle informazioni raccolte durante i colloqui con i manager al fine di eliminare il condizionamento legato alle risposte degli intervistati113. Se questa scelta è immediatamente condivisibile, poiché evita che il punteggio sia influenzato delle aspirazioni dell’intervistato e non il risultato di una razionale diagnostica della realtà, non elimina il bias citato pur limitandone in misura rilevante l’impatto, ma ne aggiunge un secondo legato ai preconcetti di cui può essere portatore l’intervistatore. La metodologia adottata ha cercato di evitare quanto succintamente descritto sulla base delle seguenti soluzioni114:

• si è scelto di non comunicare all’intervistato la volontà di sottoporre a giudizio quantitativo il contenuto delle risposte fornite. Inoltre, per favorire una descrizione ampia e dettagliata, l’intervista era condotta con domande aperte e di ampio respiro;

• all’intervistatore non sono state fornite informazioni sulle condizioni economico-finanziarie dell’azienda oggetto d’indagine;

• sono stati scelti manager che presentassero un’adeguata esperienza che permettesse loro di avere una sufficiente conoscenza delle caratteristiche dell’azienda, ma che non fosse troppo distante dall’area operativa.

Con la metodologia somministrata sono state analizzate, nella prima fase avviata nel 2004, 732 aziende americane, britanniche e francesi. Tale numero

113 Per una descrizione della metodologia si rimanda a BLOOM,N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, “Centre for economic performance Working Paper” n. 719, Londra, 2006.

114 Cfr. BLOOM,N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, op. cit.

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cresce fino ad oltre 10.000 unità di 21 Paesi nelle ultime rilevazioni operate115. I dati emersi dall’applicazione sperimentale del framework teorico di Bloom e Van Reenen hanno permesso di confermare le assunzioni teoriche di base116. In primo luogo è possibile costruire e calcolare un indice capace di produrre un giudizio quantitativo sulle pratiche manageriali adottate. In secondo luogo è emersa una relazione fra l’utilizzo di best practice e un più elevato livello nelle prestazioni117. L’analisi ha fornito, inoltre, un rilevante spunto interpretativo per spiegare la persistenza di pratiche manageriali inefficaci. La loro esistenza è favorita dall’insufficiente competizione sui mercati e dalle distorsioni legate al capitalismo familiare. La limitata competizione, infatti, non facilita l’eliminazione dei player meno performanti e, quindi, rende possibile alle imprese la sopravvivenza anche in presenza di elementi di inefficacia, mentre la prevalenza di un capitalismo familiare che conduce alla trasmissione ereditaria del potere fra genitori e figli (spesso con rigidi schemi successori che impediscono l’adozione di valutazioni più razionali sulle caratteristiche dell’erede) cristallizza le pratiche manageriali, ivi comprese quelle più negative.

Sulla scorta delle evidenze empiriche emerse, il gruppo di ricerca ha esteso in due direzioni la propria ricerca per confermare e replicare i risultati ottenuti.

Una prima estensione, in collaborazione con World Bank, ha permesso di sottoporre ad indagine un gruppo di aziende tessili di un distretto indiano (Tarapur)118. Il lavoro compiuto in India presenta diversi elementi di peculiarità. Il

115 “One of the purposes of this paper is to present a survey instrument for the measurement of

managerial practices. We collect original data using this survey instrument on a sample of 732 medium sized manufacturing firms in the US, UK, France and Germany.” Cfr. BLOOM,N.,VAN

REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, op. cit.

116 “…we find that these measures of better management practice are strongly associated with

superior firm performance in terms of productivity, profitability, Tobin’s Q, sales growth, and survival. We also find significant variation across countries, with U.S. firms on average much better managed than European firms” Cfr. BLOOM,N.,VAN REENEN,J., Measuring and explaining management practices across firms and countries, op. cit.

117 Cfr. BLOOM, N., DORGAN, S., DOWDY, J., VAN REENEN, J., Management practice and productivity: why they matter, Londra, Centre for Economic Performance – London School of Economics, Luglio 2007

118 I risultati della ricerca sono estensivamente descritti in BLOOM,N.,EIFERT,B.,MAHAJAN,

A.,MCKENZIE,D.,ROBERTS,J, Does management matters? Evidence from India, “The quarterly

gruppo, infatti, per la prima volta ha sottoposto a indagine grandi aziende, ha riguardato esclusivamente aziende operanti in un’economia di un paese in via di sviluppo e, infine, ha adottato una prospettiva temporale in grado di far emergere le variazioni nelle performance all’introduzione di rinnovate pratiche manageriali in aziende che presentano strutture produttive arretrate rispetto agli standard dei paesi occidentali. Dall’indagine è emerso che le conclusioni in precedenza evidenziate rimangono valide anche in tale mutato contesto. Inoltre è stato rilevato che il mutamento delle pratiche manageriali ha condotto ad un miglioramento delle prestazioni.

Il secondo filone, invece, ha riguardato il coinvolgimento nelle rilevazioni di organizzazioni economiche diverse dalle imprese manifatturiere. Adattando il framework teorico119 esposto è stato, infatti, possibile operare tale indagine coinvolgendo anche a scuole in USA, Regno Unito, Germania, Italia, Svezia e India e ospedali in USA, Regno Unito, Germania, Italia, Svezia, Francia e India (per gli item utilizzati nel questionario “healthcare” si rimanda alla Tabella 2.2).

N. Pratica manageriale N. Pratica manageriale

1 Layout del percorso dei pazienti 11 Interconnessione degli obiettivi 2 pratiche di standardizzazione o di gestione dei Fondamento logico dell’introduzione di

percorsi di cura

12 Orizzonte temporale degli obiettivi 3 Standardizzazione e protocolli 13 Obiettivi sfidanti

4 Efficace utilizzo delle Risorse Umane 14 Chiarezza e comparabilità delle misure di performance 5 Miglioramento Continuo 15 Ricompensa delle migliori performance 6 Mappatura delle performance 16 Rimozione degli individui che producono performance negative 7 Revisione delle performance 17 Promozione degli individui che producono performance elevate 8 Condivisione e dialogo nel processo di valutazione 18 Gestione dei talenti

Conseguenze del processo di valutazione 19 Mantenimento dei talenti 10 Ampiezza e bilanciamento degli obiettivi 20 Attrazione dei talenti

Tabella 2.2 – Le 20 pratiche manageriali sottoposte a valutazione in healthcare (Adattamento

da htttp://www.worldmanagementsurvey.org)

119 In nota a BLOOM,N.,GENAKOS,C., SADUN,R., VAN REENEN,J.,Management practices across firms and countries, (pag. 13, nota n. 7) si legge che l’adattamento degli strumenti d’indagine ha riguardato prevalentemente l’adattamento terminologico degli strumenti, originariamente formulato per imprese manifatturiere, alle caratteristiche di scuole e ospedali.

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Confermando le conclusioni dei lavori precedenti, è emerso che in questi settori le variazioni dello score manageriale sono ancor più marcate che nel settore manifatturiero e che, anche in questi settori l’effetto delle politiche di management sembra positivamente correlato alle performance.

Il modello di Bloom e Van Reenen, nonostante l’ampia e crescente diffusione, è stato sottoposto ad un insieme di critiche sulla validità delle diverse