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Il bilancio sociale: strumento di miglioramento della trasparenza e dell'accountability di una water utility. Il caso ASA Spa.

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea magistrale in Strategia, Management e Controllo

Tesi di laurea

Il bilancio sociale: strumento di miglioramento della trasparenza e

dell'accountability di una water utility. Il caso ASA spa.

Il Candidato

Il Relatore

Roberta Zullo

Dott.ssa Giulia Romano

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2

INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1... 5

1.1 Considerazioni introduttive ... 5

1.2 Il processo della comunicazione aziendale ... 8

1.3 La comunicazione dovuta, voluta e derivata. ... 11

1.3.1 La comunicazione dovuta ... 13

1.3.2 La comunicazione voluta ... 18

1.3.3. La comunicazione derivata ... 23

CAPITOLO 2 ... 26

Il bilancio sociale ... 26

2.1 Responsabilità sociale d’impresa e bilancio sociale ... 26

2.2 Definizioni e modelli di bilancio sociale ... 33

2.3 Cenni storici e normativi del bilancio sociale. ... 40

2.4 Il bilancio sociale come strumento di trasparenza e comunicazione ... 45

2.5 Il bilancio sociale nella realtà italiana. ... 47

2.6 L’evoluzione della normativa sul bilancio sociale ... 51

CAPITOLO 3 ... 55

LE WATER UTILITIES ... 55

3.1 Le water utilities in Italia ... 55

3.2 Inquadramento normativo ... 62

3.3 Accountability nelle water utilities ... 68

CAPITOLO 4 ... 76

LA REDAZIONE DEL BILANCIO SOCIALE: IL CASO A.S.A Spa ... 76

4.1 A.S.A Spa ... 76

4.2 Il bilancio sociale esistente: il punto di partenza per valutare le opportunità di miglioramento . 77 4.3 Il processo di redazione del nuovo bilancio sociale ... 79

4.4 L’area sociale del bilancio Socio Ambientale ... 82

4.5 Confronto finale tra il vecchio e il nuovo bilancio ... 89

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ... 95

(3)

3

INTRODUZIONE

Il lavoro di seguito presentato è frutto di un’esperienza di tirocinio della durata di cinque mesi presso l’azienda ASA Spa di Livorno finalizzato a supportare la redazione del bilancio Socio Ambientale 2016. Per la riuscita del lavoro è stata necessaria la supervisione del Presidente del Consiglio di gestione e della Responsabile dell’area Comunicazione, oltre alla collaborazione di tutti i responsabili delle aree aziendali per il reperimento dei dati necessari alla stesura del documento.

Per poter giungere all’importanza che un bilancio Socio Ambientale, nello specifico la parte sociale, ricopre all’interno di una water utility è stata effettuata un’analisi teorica dell’evoluzione della comunicazione aziendale, del bilancio sociale e del settore del servizio idrico per poi giungere all’esperienza del tirocinio e ai risultati conseguiti.

Nel capitolo 1 è stato introdotto il concetto di comunicazione aziendale prima nella sua accezione generale e poi nelle sue tre diverse accezioni: obbligatoria, volontaria e derivata e come queste interagiscono tra di loro. Inoltre è stato analizzato anche il processo della comunicazione aziendale.

Nel capitolo 2 è stato analizzato il concetto di responsabilità sociale d’impresa e gli strumenti che supportano tale approccio delle aziende. Soprattutto è stata analizzata l’evoluzione del concetto del bilancio sociale e degli strumenti che possono essere utilizzati dalle aziende per divulgare informazioni non strettamente economico finanziarie e che rientrano nella tipologia di comunicazione volontaria. Oltre ai vari strumenti è stata analizzata anche tutta la normativa che, nel tempo, è intervenuta per disciplinare tale tipologia di comunicazione, che da volontaria è divenuta, in alcuni casi, obbligatoria.

Nel capitolo 3 viene analizzato il settore idrico, evidenziando le caratteristiche dello stesso e gli interventi normativi effettuati nel tempo per poter comprendere l’ambito di attività dell’azienda in cui è stato svolto il tirocinio oggetto del presente lavoro. Inoltre, vi è anche una sezione, all’interno dello stesso capitolo, dedicata all’accountability delle water utilities per poter introdurre l’argomento oggetto del tirocinio e analizzare la situazione che attualmente è presente nel nostro paese.

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4 Nel capitolo 4 viene effettuata una descrizione del lavoro di tirocinio

svolto in azienda per la redazione del bilancio Socio Ambientale 2016 con particolare attenzione all’area sociale e partendo dal lavoro svolto dall’azienda stessa fino ad ora.

In ultimo sono presentate le considerazioni conclusive alle quali sono giunta dopo aver svolto sia le analisi teoriche che l’attività di tirocinio presso l’azienda.

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5

CAPITOLO 1

La comunicazione aziendale

1.1 Considerazioni introduttive

L’azienda, intesa come sistema aperto che intrattiene scambi con l’ambiente esterno, sia in entrata che in uscita1, necessita di un sistema

informativo. Quest’ultimo rappresenta uno dei sistemi generali necessario per permettere a tutti i soggetti interessati di poter verificare e analizzare gli andamenti dell’azienda stessa. Dall’informazione, concepita come elaborazione dei dati per poter prendere decisioni in modo razionale, si distingue la comunicazione, intesa come sottosistema del più ampio sistema generale informativo, la quale consiste nello scambio di informazioni tra un mittente ed un destinatario2.

Prima di inoltrarsi nella disanima sulla comunicazione e, nello specifico, della comunicazione aziendale è doveroso fare una premessa: “per comunicazione si intende tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide (modificandoli o rinforzandoli) sugli atteggiamenti e sui comportamenti delle persone”3.

Tra l’informazione e la comunicazione, quindi, ci sono sostanziali differenze: la prima, non esistendo un’interazione tra le parti, è un’attività svolta da un solo soggetto senza interazione4. La seconda,

invece, è la trasmissione dell’informazione accompagnata da attività complementari come la ricerca della tipologia di informazione di cui ha bisogno il destinatario e l’analisi degli effetti che il messaggio ha prodotto nei riceventi5.

Ciò non vuol dire che l’informazione non abbia un valore economico a livello di costi da sostenere o ritorni economici da attendere, bensì risulteranno difficilmente quantificabili. Infatti un sistema informativo

1 Bertini U., Il sistema d’azienda. Giappichelli, 1990 p.18: definizione di azienda come sistema aperto. 2 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P. 145

3 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P. 5

4 M. Zavani, Il valore della comunicazione aziendale. Rilevanza e caratteri dell’informativa sociale e ambientale.

Giappichelli, 2000. P. 8

5 V. Piscitelli, Il sistema unico integrato a supporto dei principi contabili internazionali IAS/IFRS. FrancoAngeli,

(6)

6 efficiente necessita di investimenti, ma i benefici che si possono trarre

da un buon sistema informativo non possono essere quantificati con facilità. Ad esempio, l’accettazione dell’azienda nel sistema sociale o la preferenza dei clienti/utenti rispetto ad un’altra azienda possono essere considerati ritorni dell’investimento effettuato nel sistema informativo, pur non essendo benefici economici che si possono contabilizzare.

“Le posizioni più recenti ritengono che si possa parlare di processo di comunicazione solo quando lo stesso coinvolga due o più soggetti e tra i medesimi venga a instaurarsi un rapporto di scambio paritetico e partecipativo”6.

La comunicazione non trasmette un’informazione preesistente, ma il significato dell’informazione divulgata si crea durante il processo stesso di comunicazione. Ad esempio, la mancata comunicazione di una qualsiasi informazione ha essa stessa un significato che viene attribuito dal ricevente in virtù della mancanza di informazione.

È importante, inoltre, sottolineare il rilievo che assumono i processi di comunicazione e informazione anche nella diffusione del valore di un’azienda. Difatti, una delle vie per poter trasmettere l’eventuale creazione, ma anche distruzione, del valore di un’azienda è proprio la comunicazione-informazione, in alternativa agli interventi sul mercato7. Uno dei motivi per il quale si percepisce la necessità di

comunicare il valore dell’azienda, oltre le varie ragioni che verranno elencate nel corso del capitolo, è quello di contrastare eventuali percezioni della realtà aziendale che si creano spontaneamente senza l’intervento di programmi e organizzazione da parte dell’azienda interessata8. Questo porta a dover diffondere il valore dell’azienda in

modo corretto, tempestivo e con informazioni non manipolate9, per

cercare di allineare la percezione che si è sviluppata in modo spontaneo con quella che è la realtà aziendale.

L’informazione e la comunicazione aziendale possono essere considerati dei veri e propri invisible assets di un’azienda ricoprendo

6 M. Zavani, Il valore della comunicazione aziendale. Rilevanza e caratteri dell’informativa sociale e ambientale.

Giappichelli, 2000. P.4

7 L. Guatri, M. Massari. La diffusione del valore. EGEA, 1992. P.52 8 L. Guatri, M. Massari. La diffusione del valore. EGEA, 1992. P.52

(7)

7 un ruolo di fondamentale importanza per la sopravvivenza e il successo

concorrenziale della stessa10. Il vantaggio competitivo acquisito

dall’azienda, per essere duraturo, deve basarsi anche su questi beni immateriali i quali, non solo permettono di diffondere il valore dell’azienda presso il pubblico destinatario, ma sono essi stessi un valore aziendale. È lecito sostenere che l’importanza e l’aumento nel tempo degli stakeholder abbiano incrementato la rilevanza acquisita dalla comunicazione nel raggiungimento, o mantenimento, del vantaggio competitivo. Di fatto le aspettative dei soggetti coinvolti, qualora non dovessero essere soddisfatte, potrebbero portare alla mancanza di soggetti fondamentali per l’azienda sia a livello di fiducia che di competenze che verrebbero a mancare. Infatti, un’azienda che dimostra di avere degli elevati margini di profitto può essere vista in un’ottica migliore rispetto alle altre anche prima che i soggetti interessati abbiano intrapreso un rapporto che può essere di tipo lavorativo o meno con la stessa.

La comunicazione può essere: “comunicazione ad una via”11 o, come

definita dal Prof. Mauro Zavani, “comunicazione unidirezionale” quando il messaggio va dal mittente (azienda) al ricevente (soggetto interessato all’informazione). Il destinatario però, dopo aver decodificato il messaggio, può cercare di non limitarsi alla semplice ricezione dell’informazione ma dargli un’interpretazione critica rispetto alla propria attività pregressa. Inoltre, la comunicazione può entrare in una terza fase nella quale il ricevente può decidere di mandare un feedback al mittente con la propria interpretazione del messaggio ricevuto. Quando vi è una comunicazione tra l’azienda e il destinatario, in entrambe le direzioni, si parla di “comunicazione bidirezionale”12.

Fondamentale per l’azienda che comunica con l’ambiente esterno è la consapevolezza del contesto sociale nel quale opera e con il quale interagisce.

La comunicazione aziendale negli anni precedenti veniva classificata in interna ed esterna usando come discriminanti i destinatari delle

10 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

teorici in un modello ''ideale'' di comunicazione. Giappichelli editore 2015. P. 167.

11 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. p.148

12 M. Zavani, Il valore della comunicazione aziendale. Rilevanza e caratteri dell’informativa sociale e ambientale.

(8)

8 informazioni che si volevano trasmettere. Questa tipologia di

distinzione ha perso nel tempo la sua valenza a causa della sovrapposizione dei destinatari, ovvero, ad oggi, non è più così semplice distinguere gli interlocutori completamente esterni all’azienda da quelli interni.

Per questo motivo si è resa necessaria una differente classificazione basata sugli obiettivi, contenuti e i destinatari della comunicazione. Si può dividere, quindi, la comunicazione in quattro aree differenti presenti in tutte le aziende, seppur con importanze diverse:

1. “Comunicazione commerciale; 2. Comunicazione istituzionale; 3. Comunicazione gestionale;

4. Comunicazione economico-finanziaria13

Nell’ambito di questo lavoro l’area di maggiore interesse è la “comunicazione economico-finanziaria” che si pone come obiettivo quello di mantenere relazioni con i portatori di risorse, documentando gli andamenti economico-finanziari e la sua capacità di creare valore. Nel dettaglio si analizzerà nel proseguo la triplice ripartizione in comunicazione voluta, dovuta e derivata.

1.2 Il processo della comunicazione aziendale

Come scritto in precedenza, la comunicazione aziendale può essere distinta in diverse aree utilizzando come discriminanti gli obiettivi, i contenuti e i destinatari. Proprio per questo motivo, ogni tipologia di comunicazione deve essere strutturata in modo diverso in base alla funzione che svolge14.

In primo luogo, è fondamentale cercare di capire quale sia il pubblico e le sue caratteristiche a cui l’informazione viene fornita, in modo tale da poter strutturare la comunicazione in relazione agli obiettivi e le aspettative che tale pubblico ha, poiché qualsiasi processo decisionale

13 M. Zavani, Il valore della comunicazione aziendale. Rilevanza e caratteri dell’informativa sociale e ambientale.

Giappichelli, 2000. P.18

14 M. Zavani, Il valore della comunicazione aziendale. Rilevanza e caratteri dell’informativa sociale e ambientale.

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9 richiede una fase di analisi della situazione e, nel caso specifico, dei

destinatari cui si rivolge l’azienda15.

Ogni azienda valuta in maniera diversa gli stakeholder con i quali intrattiene rapporti, diretti o indiretti, attribuendo un maggiore o minore peso a quelli che essa ritiene più o meno strategici. L’importanza strategica varia in base alla tipologia di azienda, ai mercati di riferimento, ecc. In relazione al rapporto che essi instaurano con l’azienda e alla collaborazione che gli stessi sono disposti a fornire, si possono distinguere quattro tipologie di stakeholder:

1. Supportive stakeholder 2. Non supportive stakeholder 3. Mixed blessing

4. Marginal stakeholder16

I primi sono soggetti dai quali ci si può aspettare di ricevere collaborazione. Con i secondi, al contrario, è lecito pensare che non ci sarà alcun tipo di collaborazione. I terzi, mixed blessing, sono coloro il cui giudizio dipende dal rapporto che si instaura con l’azienda, rapporto fortemente influenzato dalla comunicazione dell’azienda. Gli ultimi, invece, non hanno particolare importanza per l’azienda e, di conseguenza, non richiedono sforzi relazionali. Tali distinzioni permettono di decidere se la politica della comunicazione aziendale debba essere di coinvolgimento, collaborativa, di difesa o di monitoraggio17 .

Definito il target dei destinatari e le loro peculiarità, bisogna delineare gli obiettivi che la comunicazione intende perseguire. L’obiettivo principe della comunicazione è quello di procurare un cambiamento nel soggetto che riceve l’informazione che, in termini accademici, viene definito come “ricerca di una risposta cognitiva, affettiva e comportamentale”18.

Nel dettaglio, possono essere delineati quattro tipologie di obiettivi suddivisi così dal Prof. Coda nei suoi diversi scritti:

15 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P.36 16 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P.38 17 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007 p.38 18 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007 p. 39

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10 • Di sensibilizzazione: per modificare positivamente gli atteggiamenti

degli stakeholder nei confronti dell’azienda;

• Di mobilitazione: riguardano principalmente il management, i quadri, il personale e le reti di vendita;

• Commerciali: iniziative riguardanti i clienti o utenti finali;

• Di notorietà: puntano a diffondere la conoscenza dell’azienda in paesi o mercati dove non è ancora conosciuta.19

Una volta svolte le attività precedentemente descritte, le quali rientrano nell’ambito dell’analisi, bisogna definire delle strategie coerenti con la politica aziendale, implementando e attribuendo alle varie aree aziendali le attività da svolgere, in modo da valutare e controllare costantemente il processo di comunicazione per poter, successivamente, intervenire nel caso in cui ci si renda conto che la direzione intrapresa risulti essere errata.

Come detto, le strategie devono essere coerenti con la politica aziendale che ritrova i suoi princìpi fondamentali all’interno della mission, la quale deve essere esplicitata sia all’interno che all’esterno dell’azienda per far comprendere a tutti gli interlocutori i cardini sui quali si fonda l’attività aziendale e ottenendo, in questo modo, la collaborazione di tutti i soggetti. Inoltre, attraverso la pubblicazione della mission, oltre alla collaborazione, è facilitata anche la coesione di coloro i quali partecipano alla formazione del processo comunicativo.

La comunicazione non sempre raggiuge l’obiettivo per la quale era stata programmata poiché possono insorgere delle barriere che non permettono la percezione del messaggio in modo efficiente. Tali barriere possono esser dovute sia al contesto sociale e culturale del pubblico al quale ci si riferisce (sia a livello di vocabolario utilizzato che di età media del pubblico), ma anche alla capacità di riuscire a catturare l’attenzione dei destinatari20.

La comunicazione di un’impresa consta di diversi momenti e di diversi approcci comunicativi che vanno dalla pubblicità dei prodotti al rapporto con i mezzi di comunicazione, alla pubblicità istituzionale. Le diverse tipologie di comunicazione che coesistono all’interno di un’azienda non possono essere gestite in modo indipendente l’una

19 V. Coda, Comunicazione e immagine nella strategia dell’impresa. Giappichelli, 1991. Pp. 29-30. 20 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. Pp. 40-42.

(11)

11 dall’altra, quindi vi è la necessità di una gestione integrata della

comunicazione stessa.

La comunicazione integrata si pone degli obiettivi che possono essere distinti in generali e specifici: tra i primi rientrano l’affermazione della propria identità, il coinvolgimento dei soggetti interessati e la motivazione delle persone all’interno dell’azienda per poter affrontare problemi e soddisfare bisogni ed infine esporre le idee ed imporre le proprie posizioni. Gli obiettivi specifici, invece, riguardano l’attenuazione delle critiche, la differenziazione rispetto alla concorrenza, la divulgazione di informazioni di vari contenuti, lo sviluppo di autorevolezza, la creazione di un clima positivo sia per i soggetti interni che esterni, ecc. 21

In generale, si può affermare che il cardine della comunicazione sia la definizione dell’immagine aziendale che altro non è che l’ ”identità percepita dell’impresa”22. L’attrattività e la forza dell’immagine

aziendale dipendono da diversi fattori tra i quali si possono annoverare: l’impegno profuso nella creazione dell’immagine, la coerenza delle attività svolte per definirla, il livello di soddisfazione suscitato nelle varie categorie di stakeholder23.

1.3 La comunicazione dovuta, voluta e derivata.

Partendo dal presupposto che “il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie <<esterne>> ha come obiettivo quello di consentire un opportuno scambio di informazioni relative agli aspetti economici, finanziari e patrimoniali della gestione tra l’azienda ed i soggetti interessati ai suoi andamenti in relazione alle reciproche necessità ed esigenze”24 si può evidenziare come all’interno della

comunicazione economico-finanziaria si distinguono due principali tipologie di comunicazione: la comunicazione dovuta e la comunicazione voluta. La prima è regolata da norme che obbligano l’azienda a fornire determinate informazioni all’ambiente esterno con il

21 L. Guatri, M. Massari. La diffusione del valore. EGEA, 1992. P.54.

22 V. Coda. Strategie d’impresa e comunicazione: il legame mancante. (in “Finanza, Marketing e Produzione” n.

1, 1990).

23 L. Guatri, M. Massari. La diffusione del valore. EGEA, 1992. Pp.54-55.

24 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

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12 quale opera (“bisogni legislativi”). La seconda, d’altro canto, nasce

dall’iniziativa dell’impresa stessa (“bisogni di carattere aziendale”) la quale vuole trasmettere informazioni particolarmente premianti per la sua attività. Un’altra categoria di bisogni , “bisogni di mercato”25,

vengono percepiti dall’azienda attraverso una continua attività di analisi delle informazioni richieste dagli interlocutori interni ed esterni. Come scritto in precedenza, nel momento in cui viene divulgata l’informazione dall’azienda, i destinatari valutano la stessa e svolgono un’attività di revisione e analisi dei dati. Questa revisione avviene partendo dai dati di bilancio per poi valutare se rispetto alle altre informazioni rilasciate dall’azienda esiste omogeneità e coerenza. Ciò avviene poiché i soggetti destinatari dell’informazione non hanno la possibilità di verificare l’attendibilità dei dati, contrariamente ai soggetti interni, rimanendo sempre nel dubbio di un utilizzo strumentale da parte dell’azienda dell’informazione stessa.

Questa posizione, che si potrebbe definire di “svantaggio” da parte dei soggetti esterni all’accesso a tutte le informazioni dell’azienda, viene definita “asimmetria informativa”, ovvero la differenza di possibilità di conoscenza dei diversi interlocutori delle informazioni. Il concetto di asimmetria informativa fu introdotto negli anni ’70 da studi sulla finanza aziendale la quale la definisce come “non paritaria distribuzione di informazione tra venditori e acquirenti di beni”26. Nello specifico, i

venditori conoscendo la reale qualità del bene, e non comunicandola agli acquirenti, possono intraprendere atteggiamenti di moral hazard volti a collocare sul mercato beni oggettivamente di qualità inferiore a prezzi elevati. Detto comportamento, ovviamente, può avere delle ripercussioni anche sull’atteggiamento degli acquirenti i quali, non avendo tutte le informazioni per poter selezionare il bene per loro maggiormente di qualità, o che comunque abbia delle caratteristiche di qualità e di prezzo consone per i loro gusti, tende a fare una stima di un prezzo medio dei beni offertigli sottostimando così i beni di qualità superiore e sovrastimando quelli di qualità inferiore (adverse selection). Il meccanismo che si va a creare spinge le aziende a dare più informazioni possibili al mercato per poter permettere di conoscere la

25 La classificazione dei bisogni legislativi, di carattere aziendale e i bisogni di mercato è stata estrapolata da E.

Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P. 163

(13)

13 reale qualità dei beni da essa proposta e vedersi riconosciuto un prezzo

maggiore27. Questo ragionamento vale anche dopo l’acquisto o la

stipula di un contratto poiché la possibilità di misurare a consuntivo le performance, e rapportarle alle informazioni fornite prima dell’acquisto, risulta fondamentale, per un acquirente, nella decisione di continuare a dare fiducia a quel venditore o, se conviene, valutare altre opzioni. Il problema che viene a crearsi, quindi, è basato sul fatto che chi ha interessi, diretti o indiretti, nell’azienda può fondare le proprie decisioni solo sul flusso informativo fornito dall’azienda stessa. Queste asimmetrie informative portano i soggetti interessati a rielaborare le informazioni ottenute dalle due classi di comunicazione in modo da ottenere dei dati coerenti con l’andamento aziendale. In questo modo, nasce una terza tipologia di comunicazione che è quella derivata, ovvero la creazione di nuova informazione da parte dei destinatari sulla base delle informazioni recepite dalla comunicazione dovuta a voluta.

Di seguito verranno analizzate le tre tipologie di comunicazione nel dettaglio.

1.3.1 La comunicazione dovuta

La comunicazione dovuta è costituita da informazioni che l’azienda deve fornire, perché obbligata da leggi o regolamenti, per far sì che le informazioni minime della stessa vengano divulgate ai soggetti destinatari a causa della mancata produzione di informazioni economico-finanziarie, le quali, se non fossero imposte in modo obbligatorio da poteri pubblici, sia a livello qualitativo che quantitativo, non sarebbero prodotte in modo esaustivo dal mercato. Inoltre, la produzione esterna risulterebbe più onerosa rispetto ad una interna all’azienda stessa che, comunque, produrrebbe già per se stessa l’informativa per una propria valutazione dell’andamento delle performance28. L’intervento pubblico ha come obiettivo la tutela degli interessi dei soggetti che non hanno la possibilità di intervenire alla

27 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. Pp.14-15. 28 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. P.17.

(14)

14 redazione del bilancio, il quale è il documento principe della

comunicazione dovuta29.

Gli stakeholder che gravitano intorno all’azienda tendono ad aumentare sempre di più comportando, da parte della stessa, l’obbligo di rispondere, tramite la comunicazione, a molteplici tipologie di interessi. Ciò non può avvenire tramite redazioni di più bilanci, ognuno per ogni tipologia di interesse, altrimenti si andrebbe contro il principio di unicità del bilancio stesso. Per tale motivo, l’intervento pubblico che delinea il livello minimo di informazione da fornire, sia a livello qualitativo che quantitativo, interviene per far sì che la redazione di un unico bilancio di esercizio venga adattato ai diversi interessi tramite emanazione di criteri e princìpi da seguire30.

Il bilancio di esercizio, proprio perché persegue una pluralità di obiettivi, in relazione agli interessi dei soggetti coinvolti nell’azienda fornendo le informazioni minime per tutti, rischia di essere un documento poco esaustivo o comunque non completamente aderente alle aspettative dei soggetti destinatari. Tale documento può essere descritto come l’interpretazione della realtà da parte di chi lo redige ma ciò non vuol dire che non sia un bilancio reale: possono essere redatte diverse tipologie di bilancio, ognuno con la propria interpretazione della realtà. La realisticità del bilancio, però, risiede proprio nell’adeguamento a norme e princìpi definite. Proprio l’aderenza a tali norme e princìpi, però, rende tutti i bilanci delle aziende quasi omogenei non permettendo, così, una differenziazione che gioverebbe alle imprese a livello di concorrenza soprattutto sul mercato dei capitali31.

Questo carattere soggettivo del bilancio fa sì che una volta diffusasi l’informazione debba essere interpretata da coloro i quali mantengono rapporti con l’azienda e, di conseguenza, sono interessati al suo andamento. La presenza di molteplici soggetti come destinatari del bilancio giustifica la complessità del documento che deve essere redatto cercando di soddisfare le richieste di tutti i destinatari e deve contenere

29 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P.154.

30 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P.155 e ss.

31 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

(15)

15 le informazioni sufficienti per eventuali analisi ed elaborazioni richieste

da alcune tipologie di stakeholder.

Appurato che il bilancio è uno strumento di informazione, bisogna analizzare i limiti insiti in questo documento.

Possono essere evidenziati tre limiti principali:

1. La conoscenza dei simboli con i quali viene redatto il bilancio è fondamentale per la comprensione del documento;

2. Nessuna tipologia di soggetto interessato all’andamento dell’azienda riesce ad estrapolare informazioni esaustive rispetto ai suoi obiettivi, attraverso la lettura del bilancio;

3. Le informazioni, benché pubbliche, probabilmente non riusciranno a raggiungere la diffusione che l’importanza del bilancio richiederebbe.

32

Tenendo conto della vastità dei soggetti cui il bilancio è destinato, sorge inevitabilmente il problema della decodifica del messaggio da parte dei destinatari, i quali, non sempre - come già scritto - sono culturalmente e socialmente preparati per poter interpretare la terminologia e la simbologia utilizzata per la redazione del bilancio. Anche dalla parte del mittente esistono problemi legati alla conversione degli andamenti aziendali in cifre e queste ultime in andamenti economici, attività fondamentale per poter valutare l’equilibrio dell’azienda. Se questa attività non dovesse esser svolta da professionisti e portatori di interessi omogenei, si rischierebbe di abbassare la qualità del messaggio a causa “della inevitabile convenzionalizzazione dello stesso in simbologia contabile”33.

Il problema dell’ampiezza del pubblico al quale è indirizzato il bilancio rischia di portare ad una sbagliata interpretazione del documento con conseguenti azioni di soggetti terzi non in linea con le aspettative che il soggetto economico aveva quando ha reso pubblico il bilancio. Per quanto questo documento abbia come scopo quello di comunicare e fornire informazioni direttamente al ricevente, l’aumento della platea di riceventi rischia di non portare al corretto apprezzamento del messaggio, risultato che si sarebbe ottenuto con destinatari selezionati.

32 Classificazione dei limiti presente in G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella

realtà aziendale moderna. Giuffrè, 1990. P. 157

33 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

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16 Un altro limite - se di limite si può parlare - è l’unidirezionalità del

bilancio: rappresentazione tipica della “comunicazione ad una via”. Ciò comporta una mancanza di feedback il quale, invece, sarebbe utile per l’emittente per porsi in linea con i bisogni dei destinatari, coinvolgendo maggiormente questi ultimi.

L’utilizzo della r0elazione degli amministratori e delle relative note all’interno del bilancio ha permesso che l’interpretazione del messaggio sia accessibile a tutti, o per lo meno più comprensibile. Questo comporta che solo pochi leggano la parte contabile, mentre i più si soffermano sulla parte descrittiva facendo perdere così la natura sistemica del bilancio.

La molteplicità dei soggetti ha portato nel tempo ad una neutralizzazione del messaggio contenuto nel bilancio evitando quelle politiche indirizzate a determinati interessi a scapito di altri, abbassando la qualità media del messaggio34.

Una parte della dottrina sostiene che il bilancio debba essere indirizzato agli esperti della ragioneria e non all’eterogeneità dei soggetti coinvolti, o comunque deve essere verificata la sua capacità di comunicazione basandosi sul livello di conoscenza di questi soggetti e non del pubblico in generale35.

Correlando la redazione del bilancio con la dimensione aziendale, si può sostenere che, all’aumentare della stessa, aumenti anche la complessità del bilancio e gli interessi coinvolti: più è piccola l’azienda e più è comprensibile il bilancio, più diventa grande e più deve essere indirizzato ad un pubblico di esperti, ricorrendo l’inserimento di informazioni che aiutino l’interpretazione del suo contenuto.

Nel tempo sono subentrate nella prassi altre forme di comunicazione, le quali svolgono un’attività di rielaborazione delle informazioni divulgate dall’azienda con l’obiettivo di utilizzare i dati analizzati o facilitarne la divulgazione al pubblico. Queste attività possono rientrare sia nell’area della comunicazione “voluta” (se partono dall’iniziativa dell’azienda stessa e sono indirizzati a soggetti specifici), sia in quella

34 Limiti del bilancio di esercizio: G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà

aziendale moderna. Giuffrè, 1990. Pp.157-162

35 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

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17 “dovuta” (quando sono indirizzati al mercato generale e di conseguenza

sono regolati da autorità regolatrici)36.

Gli interventi normativi che sono stati svolti in questo campo sono rivolti soprattutto alle società quotate con l’obiettivo di tutelare i risparmiatori. Infatti, tali società hanno obblighi di informativa integrativa rispetto a quelle che non ricorrono al mercato dei capitali, nei confronti della CONSOB (autorità di controllo). L’aumento di informazioni rese pubbliche non va a ledere l’azienda a livello di informazioni sensibili che non possono essere divulgate al mercato: la CONSOB pubblicherà solo ciò che riterrà utile per i risparmiatori e che non recherà gravi danni all’azienda.

In questo caso il bilancio cessa di essere uno strumento di comunicazione ad una via - come definito precedentemente - ma riceve un feedback da parte della CONSOB sotto forma di richiesta di ulteriori dati37.

Nonostante la comunicazione dovuta sia obbligatoria a livello normativo e siano definiti i contenuti minimi che devono essere inseriti (quindi da un certo punto di vista sia standardizzata a livello di quantità di informazioni che ogni azienda deve rendere), l’evoluzione e il dinamismo dei mercati ha portato ad una maggiore richiesta di piani strategici a lungo termine all’interno dell’informativa societaria. Inoltre, la concorrenza, come in un qualsiasi altro campo di competizione aziendale, ha reso necessaria una differenziazione delle imprese anche a livello di informativa tra quelle aziende che intrattengono un rapporto più dinamico con i propri interlocutori38.

Uno dei limiti della comunicazione dovuta è che, il più delle volte, rimane una pubblicazione di dati meramente quantitativi e non espressivi del reale andamento della gestione di un’azienda. Per questo motivo le imprese sentono il bisogno di dover divulgare ulteriori informazioni.39

Ecco che si inserisce l’informazione volontaria.

36 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P.164.

37 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P.166-174.

38 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P. 164.

(18)

18

1.3.2 La comunicazione voluta

La comunicazione voluta nasce dall’iniziativa dell’azienda stessa. La domanda che sorge spontanea è: “perché l’azienda dovrebbe realizzare la comunicazione voluta dato che la gran parte delle informazioni economico-finanziarie sono contenute nel bilancio di esercizio?”40

La comunicazione voluta sopperisce alle carenze che derivano dalla comunicazione dovuta, la quale non è in grado di soddisfare le aspettative di tutti gli stakeholder. Questo aspetto, però, non deve portare a considerare questa comunicazione come residuale rispetto a quella dovuta, ma, piuttosto, un “canale aperto tra l’azienda e il mondo esterno”41. Proprio questa sua struttura di canale aperto permette di

creare valore aggiunto per l’azienda oppure, considerandola complementare a quella dovuta, la sua importanza dipende dall’ampiezza dell’informativa obbligatoria stessa.

La trasparenza verso l’esterno non può che essere raggiunta tramite la combinazione della comunicazione dovuta e voluta. Nel momento in cui l’azienda adotta la decisione di investire in un piano di comunicazione che comprenda sia la parte dovuta che quella voluta mira ad abbandonare un approccio passivo42 basato esclusivamente

sull’informativa minima imposta per legge. Al contrario, in questo modo l’azienda utilizza un atteggiamento attivo che, tramite la trasmissione di informazioni chiare, complete e tempestive, aumenta il consenso di tutte le tipologie di stakeholder che gravitano nella sua sfera aziendale.

A differenza della comunicazione dovuta, quella su base volontaria è più flessibile a livello di contenuti e di mezzo di comunicazione permettendo, in un certo senso, di personalizzare il messaggio in base ai destinatari43. Non si è più nella sfera obbligatoria dove la quantità e

40 V. Piscitelli, Il sistema unico integrato a supporto dei principi contabili internazionali IAS/IFRS. FrancoAngeli,

2013. P.40

41 V. Piscitelli, Il sistema unico integrato a supporto dei principi contabili internazionali IAS/IFRS. FrancoAngeli,

2013. P.40

42 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

teorici in un modello ''ideale'' di comunicazione. Giappichelli editore 2015. P. 141

(19)

19 la tipologia di informazioni erano ben definite: qui l’azienda può

spaziare. Il problema che sorge, però, è la coerenza dei messaggi inviati ai propri interlocutori: se si decide di trasmettere informazioni diverse a diversi soggetti, è fondamentale che siano coerenti tra di loro. La coerenza deve estendersi anche alle informazioni che rientrano nella sfera obbligatoria: se i messaggi inviati non fossero tra loro coerenti, l’azienda, invece di giovare di questa ulteriore comunicazione, perderebbe credibilità danneggiando la sua immagine44.

Oltre alla coerenza, è fondamentale che l’informazione divulgata sia veritiera. Non si può decidere di comunicare determinate informazioni se poi le stesse non rispecchiano le politiche e le attività correnti dell’azienda45.

Per quanto riguarda il sistema sanzionatorio, rispetto all’informativa obbligatoria, per la volontaria è molto meno efficace, infatti non ci sono norme che ne disciplinano la forma e il contenuto46. Proprio perché si

tratta di un’attività posta in essere volontariamente dall’azienda (anche se ciò non è sempre vero poiché dipende dalla forza contrattuale degli interlocutori), questa deve giovare all’immagine della stessa quindi deve essere trasparente, tempestiva e attendibile. Queste caratteristiche aumentano l’utilità dell’informativa per i destinatari. È compito dell’azienda stessa, quindi, autoregolarsi per non incorrere in un danneggiamento della sua immagine per un’attività volontaria, se questa non dovesse essere effettuata in maniera corretta.

L’informativa trasparente, però, non è sempre considerata positiva dalle aziende, poiché, a fronte dei vantaggi che può comportare essere trasparenti con il mercato e gli stakeholder, un’eccessiva quantità di informazioni potrebbe far correre all’azienda il “rischio reputazionale” ovvero incorrere in situazioni dove il mercato non apprezza o non crede alle informazioni divulgate, oppure rischierebbe di incorrere in una distorsione delle informazioni47. Un’azienda, quindi, potrebbe decidere

di non correre il rischio e fornire solo le informazioni imposte dalla

44 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. Pp.175-179.

45 G. Di Stefano. Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna. Giuffrè,

1990. P.179.

46 A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005. P.27. 47 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

(20)

20 legge, ma il rapporto con aziende che, al contrario, puntano alla

trasparenza, porta gli stakeholder ad una maggiore richiesta di informazioni, che quasi obbliga l’azienda a fornire informazioni suppletive. Un altro fattore che spinge le aziende a propendere verso l’informazione volontaria è la correlazione - dimostrata da alcuni studiosi - che intercorre tra l’entità dell’informazione volontaria e la reputazione dell’azienda: al crescere dell’informativa, la reputazione si incrementa48. Ciò avviene perché si percepisce l’informazione

aggiuntiva come un’ intenzione dell’azienda di essere trasparente nei confronti del mercato e l’intento di soddisfare le richieste degli stakeholder. Gli stessi stakeholder rispondono a questo atteggiamento trasparente dell’azienda apportando risorse e dandole fiducia. Se da un lato, però, vi è una crescente richiesta di immediatezza di informazioni da parte degli stakeholder, dall’altro lato vi è la necessità di riservatezza da parte dell’azienda, la quale non può divulgare liberamente tutte le informazioni richieste. L’immediatezza delle informazioni richieste, molto spesso, risulta obbligatoria per le aziende quotate, evitando, così, che un numero esiguo di soggetti abbia notizie che permetta loro di dare origine a fenomeni di insider trading. L’azienda deve, quindi, porsi delle regole interne sulle notizie che può ed è necessario divulgare senza ledere se stessa, ma, soprattutto, cercando di fugare possibili dubbi circa la mancata pubblicazione volontaria da parte di soggetti che ne potrebbero trarre vantaggio, a discapito di altri che non possono accedere a determinate informazioni49.

Inoltre le informazioni divulgate in maniera volontaria da parte dell’azienda consentono di attrarre investitori con orizzonti temporali di lungo periodo50 per i quali è necessaria un’informativa che permetta

loro di valutare l’andamento della gestione oltre i semplici valori quantitativi che può fornire il bilancio di esercizio. Per le società quotate in Borsa un’informativa più ampia può avere ripercussioni anche sui manager stessi i quali, in questo modo, riuscirebbero a

48 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

teorici in un modello ''ideale'' di comunicazione. Giappichelli editore, 2015. P.142

49 L. Guatri, M. Massari. La diffusione del valore. EGEA, 1992. P.61

50 A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005: in questo

testo l’autore sostiene che l’attrazione di investitori con ottiche di lungo periodo sono sostenute da ricerche empiriche: “tale circostanza è facilmente spiegabile se pensiamo che un tal profilo di investimento richiede molta attenzione alle strategie aziendali, solitamente poco comunicate nella tradizionale informazione ai mercati centrata sulle performance finanziarie consuntive” p. 19.

(21)

21 pubblicizzare la loro figura in maniera positiva. Inoltre, se questa

strategia comportasse anche aumenti dei titoli di borsa, ne gioverebbero anche i dirigenti che godono di piani di stock option.51

Oltre alle motivazioni elencate fino ad ora, esistono altri fattori che possono incidere sull’informazione voluta, tra i quali i più rilevanti sono la dimensione aziendale, il ricorso al mercato per emissione di titoli e il livello di performance.52

In base alle ragioni che portano alla decisione di divulgare informazioni su base volontaria, possono essere distinte tre tipologie di informativa: implicita, reattiva ed esplicita.53 L’informativa implicita è una tipologia

di informativa dove l’azienda non provvede ad implementare una comunicazione vera a propria ( a titolo di esempio, le pubblicazioni di documenti) ma, attraverso determinate azioni, può influire sull’opinione e le decisioni degli stakeholder. L’informativa reattiva, invece, viene divulgata: a seguito di richieste esplicite degli stakeholder; al manifestarsi di eventi che necessitano chiarimenti o comunicazioni da parte dell’azienda; oppure per smentire voci che circolano riguardo presunte operazioni che non sono reali. Infine, l’informativa esplicita può essere associata all’informativa volontaria in senso stretto. Ovvero viene promulgata dall’azienda senza vincoli di alcun tipo, esclusivamente per volontà della stessa.

Nel momento in cui un’azienda dovesse decidere di divulgare informazioni di tipo volontario, dovrebbe eseguire un’analisi costi-benefici, ovvero considerare se, a fronte dei benefici precedentemente elencati, siano giustificati o convenienti i costi da sostenere.

I costi che può generare l’informativa volontaria possono essere raggruppati in tre tipologie:

- Competitivi: derivano dalla divulgazione di informative ai concorrenti. - Bargaining cost: derivano da un eventuale aumento di potere concorrenziale di alcune categorie di stakeholder i quali, nel momento

51 “Più in generale, la maggiore disclosure viene ritenuta da investitori e analisti (Eccles-Herz-Keegan-Phillips,

2001, pagg. 190-191) come un fattore che incrementa la credibilità dei manager, anche se a nostro avviso tale opinione potrebbe in pieno risaltare solo se l’azienda sia solita comunicare anche nei momenti negativi, cosa che raramente avviene”. A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005 p. 19.

52 Miller, 2002.

53 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

(22)

22 in cui dovessero venire a conoscenza di mancanze dell’azienda,

potrebbero trarne vantaggio.

- Litigation cost: insorgono nel momento in cui vengono intentate cause giudiziarie nei confronti dell’azienda per decisioni prese in conseguenza a notizie favorevoli diffuse e poi risultate infondate. Questo avviene soprattutto per le scelte di investimento e per la divulgazione di dati prospettici.

Un’ ulteriore tipologia di costi può essere riscontrata anche nei costi di continuità dell’informativa volontaria (generati da eventuali comunicazioni di andamenti negativi con conseguente perdita di immagine), in quanto un’azienda, per poter essere credibile, necessita di un’informativa volontaria che espliciti sia gli andamenti positivi che quelli negativi54.

Il confine tra informativa dovuta e voluta è molto labile, poiché ci sono situazioni dove, come già detto in precedenza, le aziende decidono di soddisfare i requisiti minimi dell’informazione obbligatoria aggiungendo rielaborazioni o informazioni volte alla migliore comprensibilità del messaggio da parte dei destinatari in modo volontario55. Oppure l’azienda decide volontariamente di trasmettere

determinate informazioni ma è obbligata a fornirle con contenuti e modalità definiti. In questo caso vi è volontà nella scelta di dare o meno l’informazione ma è vincolata nella forma e nel contenuto56. Infine vi è

un’ulteriore tipologia di informativa che può essere considerata volontaria nella modalità di trasmissione ma non nel contenuto e questo avviene quando vi sono degli stakeholder con un forte potere contrattuale che possono richiedere delle informazioni, la cui mancata erogazione inficerebbe la reputazione aziendale.

Se si volesse ordinare in maniera decrescente le tipologie di comunicazione utilizzando come discriminante l’obbligatorietà, si avrebbe: l’informativa obbligatoria, dopo quella volontaria ma con contenuto e forma obbligatori, infine quella volontaria in senso stretto57.

54 Classificazione ripresa dal testo: L’informativa volontaria per settori di attività. A cura di A. Quagli, C. Teodori.

P.25-27

55 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. P.26 56 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. P.26-27

57 E. Giacosa, La comunicazione economico-finanziaria d’impresa: Finalità, strumenti e comportamenti attuali e

(23)

23 Il lavoro di seguito descritto è focalizzato, nello specifico, al settore

delle utilities, o per meglio dire, delle water utilities. Quindi ho ritenuto opportuno usufruire di uno studio svolto dal prof. Marco Allegrini sul settore delle public utilities a livello di informativa volontaria58.

L’analisi di questo studio, anche se ormai datato, permette di capire cosa gli stakeholder di questa specifica categoria di aziende si aspettano a livello di informativa. Il campione analizzato comprende sia società quotate che società non quotate. Tra quelle quotate vi sono aziende del settore dell’energia elettrica come Enel e Edison ed ex-municipalizzate come Aem, Aem Torino e Acea, tra le società quotate invece ci sono tre aziende operanti nel settore del gas e dei servizi energetici (Butan Gas, Camuzzi e Italcogim) e una del settore postale (Poste Italiane)59. La

metodologia è stata quella di analizzare le relazioni sulla gestione allegata al bilancio individuale e consolidato relativi all’esercizio 2001. Dove fossero presenti, inoltre, sono stati analizzati anche i bilanci socio-ambientali e le relazioni sulla corporate governance dello stesso anno. Per ciascuna azienda è stata analizzata l’intensità di informativa volontaria60.

In primis, è necessario rendere note le informazioni circa la normativa e il sistema tariffario che vige in questi settori61, la produzione e la

distribuzione dei servizi, gli standard qualitativi raggiunti, informazioni circa la ricerca e sviluppo e gli impatti che l’attività aziendale può avere sull’ambiente. Infine, è raro trovare risultati sul contesto competitivo in quanto in molti settori delle utilities vigono situazioni di concorrenza limitata.

1.3.3. La comunicazione derivata

Se le prime due tipologie di comunicazione possono rientrare all’interno della comunicazione cosiddetta “primaria”, quest’ultima tipologia afferisce all’area della comunicazione “secondaria”. La comunicazione primaria viene elaborata e trasmessa dall’azienda

58 A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005, p.350 e ss. 59 A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005,

pp.350-351

60 A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005, pp.15-16.

Per la metodologia di rilevazione utilizzata ed i relativi punteggi vedere il testo a pag. 16.

(24)

24 stessa, quella secondaria, invece, elabora e analizza i dati producendo

ulteriori informazioni sulla base dell’informativa dovuta e voluta62.

Gli obiettivi e le funzioni per i quali nasce la comunicazione derivata sono fondamentalmente tre: “obiettivi di autoconsumo, prodotto autonomo da offrire sul mercato dell’informazione e come servizio accessorio nell’ambito di una politica del prodotto differenziata”63.

Obiettivo dell’autoconsumo: i soggetti svolgono queste analisi ed elaborazioni per esclusivo interesse personale. L’informativa viene elaborata per poter essere offerta come prodotto autonomo sul mercato dell’informazione quando i dati derivano da informazioni già rese disponibili. In ultimo, quando diventa un servizio accessorio nell’ambito di una politica del prodotto differenziata diventa un importante strumento per tutte quelle società che si interfacciano con i risparmiatori, come i consulenti finanziari e le società di intermediazione finanziaria. Infatti, il risparmiatore necessita di informazioni maggiori rispetto a quelle che si possono reperire tramite le prime due tipologie di comunicazione, quindi il soggetto al quale si rivolge deve essere in grado di fornire al risparmiatore stesso le informazioni di cui necessita in maniera puntuale e tempestiva. Questa tipologia di informativa è rivolta prevalentemente agli investitori, infatti è un modo per favorire scelte razionali e consapevoli degli stessi. Le sue funzioni sono quella di “ovviare ai limiti indotti dalla limitata razionalità degli investitori”64 ovvero serve a far emergere

dalla comunicazione dovuta i dati di reale interesse per l’investitore e questo comporta specializzazione e costi che possono essere sostenuti solo in caso di una reale valore elevato. L’informativa dovuta è comunque una divulgazione di notizie per gli investitori in generale, quindi per il singolo operatore è necessario un rapporto che soddisfi la sua specifica domanda: ciò può avere luogo solo se vengono stilati rapporti ad hoc da specialisti. Inoltre, solo attraverso l’informativa derivata gli investitori possono effettuare delle comparazioni tra le diverse aziende65. Di fatto, ogni singola impresa divulga la propria

informativa obbligatoria, poi è compito dell’intermediario informativo

62 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P.166 63 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P.167 64 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. P.19 65 A. Quagli (a cura di). Internet e la comunicazione finanziaria. FrancoAngeli, 2001. P.20.

(25)

25 stilare delle valutazioni di ognuna e presentare all’eventuale investitore

una relazione che possa permettergli di valutare la migliore opzione per le proprie esigenze.

In conclusione, queste tre tipologie di informativa non devono essere viste in modo separato l’una dall’altra. Infatti, tra l’informativa obbligatoria e quella volontaria la linea di demarcazione diventa estremamente sottile in determinate situazioni; così come il rapporto tra quella volontaria e quella derivata. Un aumento di informazioni di tipo volontario, difatti, tende ad aumentare anche la comunicazione derivata in quanto i costi per reperire le informazioni diminuiscono e di conseguenza aumentano gli analisti che seguono l’azienda. Questo comporta poi una richiesta di ulteriori informazioni e quindi di informativa volontaria.66

Si può quindi affermare che un’azienda, avente intenzione di differenziarsi dalle altre e cercare di attrarre e soddisfare il più ampio numero di soggetti coinvolti nella propria attività, necessita di una comunicazione trasparente e tempestiva delle informazioni (nei limiti dei propri interessi) e ciò può avvenire solo cercando di sfruttare al meglio la possibilità di riempire quei vuoti dovuti al minimo obbligatorio divulgato con l’informativa dovuta con ulteriori informazioni che partano dalla sua iniziativa. Il tutto, poi, si completerà con analisi svolte da terzi soggetti i quali, con maggiori informazioni, potranno stilare analisi il più puntuali e precise possibili.

66 Core (2001) evidenzia questa relazione circolare che sussiste tra quantità e informazioni e coverage degli

analisti. Citato nel testo A. Quagli, C. Teodori (a cura di), L’informativa volontaria per settori di attività. FrancoAngeli, 2005, pag. 19.

(26)

26

CAPITOLO 2

Il bilancio sociale

2.1 Responsabilità sociale d’impresa e bilancio sociale

All’interno della comunicazione volontaria, di cui si è parlato nel capitolo precedente, si possono distinguere tre direttrici degli oggetti sui quali si basa la suddetta informativa. Queste tre direttrici rappresentano le aree sulle quali si fonda l’evoluzione delle informazioni divulgate e nello specifico sono: i fattori tecnico-fisici che giustificano le performance economico-finanziarie sintetizzate all’interno del bilancio di esercizio, i bilanci di sostenibilità sia ambientale che sociale (include anche la parte organizzativa e di corporate governance) e i dati prospettici67.

Argomento di questo capitolo sarà proprio la seconda direttrice: la sostenibilità o meglio, più nel dettaglio, l’area sociale della sostenibilità. Anche se va evidenziato che ad oggi, con l’aumentare dell’attenzione all’ambiente e all’etica, non sempre si rimane all’interno di un’informativa voluta, bensì questa tipologia di informativa sta prendendo i connotati di un’informativa dovuta. Infatti, come vedremo in seguito, nel tempo, sono state emanate norme che obbligano alcune imprese a rendicontare l’impatto della loro attività produttiva sull’ambiente e sulla società in cui operano.

“L’unica responsabilità sociale di un’azienda è fare profitti”: così nel 1970 il premio Nobel per l’economia Milton Friedman screditava le teorie economiche che volevano introdurre nei bilanci delle aziende informazioni relative alla governance, al rispetto dei territori e delle comunità68.

Nel tempo, però, la responsabilità sociale d’impresa (o Corporate Social Responsability) ha acquisito sempre più importanza e tra le varie definizioni si riporta la seguente: “Per responsabilità sociale si intende

67 Le tre direttrici sono evidenziate nel testo L’informativa volontaria per settori di attività. (a cura di) A. Quagli,

C. Teodori. P. 29-33.

68

(27)

27 il dovere di un’organizzazione di massimizzare il proprio impatto

positivo sulla società e minimizzare quello negativo.”69 L’azienda nel

perseguire l’economicità (fine ultimo di una qualsiasi azienda) deve tener conto anche del ruolo sociale che svolge e che la legittima come organizzazione nell’ambiente in cui opera. Questi due obiettivi di economicità e di sostenibilità, se perseguiti in maniera equilibrata, si autoalimentano in un circolo virtuoso70. Infatti, all’interno del concetto

di sostenibilità, oltre all’area sociale ed ambientale, vi è proprio l’economicità intesa come perseguimento del fine ultimo dell’azienda in un’ottica, appunto, sostenibile.

“La realizzazione di obiettivi di economicità e di socialità non sono tra loro conflittuali, anzi appaiono complementari e sinergici per il perdurare dell’azienda nel tempo”71.Da ciò si può dedurre che la

responsabilità sociale di un’impresa non è un carattere marginale, ma può anche essere decisiva per la sopravvivenza dell’azienda stessa. L’azienda nel corso della sua vita non si interfaccia solo con soggetti con i quali è contrattualmente legata; infatti, la sua attività ha influenza anche su altri soggetti i quali, consapevolmente o meno, vengono condizionati dal suo operato. All’interno della responsabilità sociale quindi, devono rientrare anche il rispetto di obblighi “non palesi e fatti valere da gruppi sociali più o meno organizzati”72.

“Secondo i sostenitori della responsabilità sociale d’impresa (Csr), una corporation deve rendere conto non solo agli azionisti del proprio operato ma anche a tutti gli stakeholder coinvolti, direttamente e indirettamente, con le attività del business”73.

Da uno studio condotto dall’ente di certificazione DNV GL e da Ernst and Young (EY) “Seize the change” risulta che ormai la Csr è diventata parte integrante del 60% delle aziende del pianeta. Per le aziende la Csr non è più solo marketing e comunicazione ma influenza realmente gli affari delle aziende stesse, infatti per alcune è diventata il core business74.

69 E. Corvi, La comunicazione aziendale. Obiettivi, tecniche, strumenti. Egea, 2007. P.72 70 Di Giandomenico M.E., Il bilancio sociale e il modulo aziendale etico. Giuffrè, 2008. P.65-66. 71 Zavani M., Il valore della comunicazione aziendale. Giappichelli, 2000. P.48.

72 Matacena A. Impresa e ambiente. Il bilancio sociale. CLUEB, 1984. P.44 73

http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/trend/2017/03/13/news/il_business_sostenibile_conquista_le_aziende_italiane-160460916/

74 Dati relativi al marzo 2013. Fonte:

(28)

28 In Italia il 40% delle imprese dichiara di integrare la sostenibilità al

proprio core business. Tra le principali attività vi sono la mitigazione degli effetti (35%), le attività per la diffusione della cultura della sostenibilità (29%) e lo stakeholder engagement (19%)75.

La maggior parte delle aziende che ha introdotto la Csr all’interno della propria attività ha tratto benefici sia a livello di compliance normativa che a livello reputazionale. Inoltre, i grandi fondi di investimento utilizzano anche la Csr come indicatore per indirizzare i propri investimenti76.

Uno dei documenti per l’implementazione della responsabilità sociale d’impresa è il bilancio sociale.

La redazione di un bilancio sociale deve nascere dalla presenza di determinati valori intrinsechi all’interno dell’azienda facenti parte dell’orientamento strategico di fondo della stessa. Non può essere frutto della necessità di sopperire ad una mancanza o del perseguimento di una moda del momento; deve far parte della filosofia aziendale nel momento in cui questa non ha come obiettivo la sola rendicontazione economico-finanziaria ma l’impegno di una creazione di valore per tutte le tipologie di stakeholder anche lì dove non vi siano norme che ne disciplinano l’ obbligatorietà77.

“La redazione del bilancio sociale, inoltre, non può essere un’esperienza sporadica, ma bensì periodica e comparabile affinché da essa possa percepirsi il senso dell’evoluzione delle relazioni tra azienda e stakeholder”.78

La crescente domanda di “responsabilità sociale” dell’impresa da parte della comunità nasce dal susseguirsi di atti compiuti dalle aziende per poter generare valore prettamente economico con mezzi che possono essere ritenuti discutibili. Infatti non è la ricchezza generata dall’azienda che viene messa in discussione bensì la modalità con la quale si perviene a tale generazione. Viene richiesta una maggiore

75 Dati relativi al marzo 2013. Fonte:

http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/trend/2017/03/13/news/il_business_sostenibile_conquista_le_aziende_italiane-160460916/

76 Fonte:

http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/trend/2017/03/13/news/il_business_sostenibile_conquista_le_aziende_italiane-160460916/

77 Hinna L. (a cura di) Il bilancio sociale: scenari, settori e valenze, modelli di rendicontazione sociale, gestione

responsabile e sviluppo sostenibile, esperienze europee e casi italiani. Milano. Il sole 24 ore, 2002. Prefazione di

Vittorio Coda: pp. XIX-XXI.

78 Campedelli B. ( a cura di), Reporting aziendale e sostenibilità: i nuovi orizzonti del bilancio sociale.

(29)

29 responsabilità da parte dell’azienda nei confronti di temi quali la

trasparenza, i diritti umani, l’ambiente, le pari opportunità ecc. ed è proprio in questo momento che nascono le Autorità deputate al controllo sull’antitrust, la Corporate Governance ecc79.

L’aumento della domanda di rendicontazione sposta il nocciolo della questione dalla quantità della rendicontazione economica al “come” si è giunti alla produzione di quel valore economico80.

L’esigenza di un’accountability di carattere sociale può nascere sia dalla volontà dell’azienda, quindi avere un carattere volontario, sia essere dettata da norme. Il rapporto che intercorre tra etica e norme varia in modo sostanziale tra paese e paese e questo lo si nota in modo particolare in un contesto di globalizzazione. Infatti, ci si può trovare in situazioni dove un’impresa opera in paesi nei quali sono leciti comportamenti che agevolano economicamente la produzione di un prodotto o servizio (es. lavoro minorile, basso salario) che però possono essere ritenuti non eticamente corretti in altri luoghi. La decisione dell’impresa sta nel propendere per il comportamento ritenuto etico da determinati soggetti o la possibilità di poter produrre in situazioni vantaggiose o comunque operare in contesti dove un determinato comportamento non viene ritenuto particolarmente negativo. La scelta, in questo caso, va ad impattare l’andamento aziendale nel medio-lungo termine, poiché se gli stakeholder che hanno il potere e la forza di influenzare il futuro dell’azienda non reputano le sue decisioni eticamente sostenibili c’è il rischio di arrecare danni permanenti all’impresa stessa81.

Il rapporto tra etica, impresa e rendicontazione è stato oggetto di diversi studi: il professor Luciano Hinna cita nel suo elaborato tre approcci: - L’approccio della Procter & Gamble (P&G);

- L’approccio di un gruppo di studiosi della New Economics Foundation;

79Hinna L. (a cura di) Il bilancio sociale: scenari, settori e valenze, modelli di rendicontazione sociale, gestione

responsabile e sviluppo sostenibile, esperienze europee e casi italiani. Milano. Il sole 24 ore, 2002. P.13

80 Hinna L. (a cura di) Il bilancio sociale: scenari, settori e valenze, modelli di rendicontazione sociale, gestione

responsabile e sviluppo sostenibile, esperienze europee e casi italiani. Milano. Il sole 24 ore, 2002. P.13.

81 Hinna L. (a cura di) Il bilancio sociale: scenari, settori e valenze, modelli di rendicontazione sociale, gestione

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