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La sicurezza della Repubblica. Profili di diritto costituzionale e comparato.

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CAPITOLO PRIMO

L’evoluzione storico-giuridica dei servizi di

informazione per la sicurezza della

Repubblica

1. Premessa

Lo spionaggio ha accompagnato la storia dell'uomo fin dalle sue origini, in quanto strumento di conoscenza e di scoperta, nonché di difesa e protezione d'informazioni e conoscenze vitali. Peraltro, l'arte dello spionaggio ha rappresentato uno dei principali strumenti di progresso dell'uomo, almeno da quando la naturale esigenza di socialità (che è caratteristica del genere umano), è stata temperata e limitata dall'inevitabile necessità di mantenere segrete determinate conoscenze o informazioni a scopo di controllo sociale e di dominio, o comunque per scopi più generici di tipo politico, economico e sociale.

Seppur con forme e modi differenti a seconda delle diverse epoche storiche, lo scopo ultimo dell'intelligence è stato sempre e soltanto uno: conoscere i segreti altrui e proteggere i propri dall'altrui conoscenza. Appare evidente che il raggiungimento di un obiettivo di tale portata non possa essere ottenuto attraverso modalità d'azione sempre e solo "leali" ed "etiche", ed è per questo che il mondo delle spie nel corso della storia ha significato infiltrazione, manipolazione, doppio gioco, tradimento1.

1Da: “cultura della sicurezza”, sito ufficiale del Sistema di informazione per

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Non a caso la parola "spia", anche da un punto di vista prettamente etimologico, riporta alla mente l'utilizzo di qualsiasi mezzo per il raggiungimento dei fini prefissati, e comunque mantiene un'accezione e una valenza fortemente negativa.

Ed in effetti in Italia esiste oggi un clima culturale certamente non favorevole al riconoscimento della funzione esercitata dagli apparati della sicurezza nazionale; in certi casi si incontrano persino delle similitudini e/o divergenze di tipo linguistico, addirittura semantico, ed il risultato complessivo è l’insufficiente comprensione dell’apporto conoscitivo che i servizi di informazione per la sicurezza forniscono al funzionamento delle strutture dello Stato. La diffidenza nei confronti degli organismi informativi nasce certamente da quell’idea di “servizi deviati” ormai radicata nella pubblica opinione a causa di una lunga sequenza di avvenimenti da cui è stata segnata la storia italiana della seconda metà del Novecento.

Ed è forse proprio per la loro storia che dei servizi di informazione -per la verità non solamente in Italia- si parla quasi esclusivamente -per mettere in evidenza ciò che non va, mentre viene spesso tenuto nell’ombra il contributo informativo che i servizi forniscono al funzionamento delle strutture pubbliche e oggi anche dell’impresa privata. In tal modo si è finito col rafforzare proprio l’idea di servizi di informazione come strumenti comunque di parte, mentre, al contrario, quella che deve affermarsi al più presto è l’idea che gli apparati della sicurezza sono strutture essenziali dello Stato attraverso le quali si esprime la sovranità nazionale, istituzioni permanentemente impegnate nella difesa degli interessi del sistema-Paese e del bene supremo costituito dalla salus rei publicae2.

Ciò premesso, la promozione e la diffusione della cultura della sicurezza richiedono un lavoro specifico per migliorare la percezione

2Da: Gnosis, rivista italiana di intelligence, De Luca Editori D’Arte, marzo

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che la società civile ha degli apparati della sicurezza dello Stato, delle missioni loro affidate e, per quanto possibile, di ciò che fanno per svolgerle con efficacia, nel rispetto della Costituzione e delle leggi.

2. Intelligence: definizione e caratteristiche

L'intelligence assume il significato di attività orientata ad ottenere informazioni utili al fine di tutelare la sicurezza nazionale, di difendere luoghi, informazioni, e documenti che riguardano tale sicurezza, e che non si vuole siano (anche soltanto potenzialmente) messi a conoscenza di chi sia ritenuto avversario.

Essa è così diventata nel tempo uno strumento assolutamente indispensabile cui ogni Paese non rinuncia e che viene spesso utilizzato per le finalità istituzionali previste dalle leggi e dallo Stato. Lo stesso significato di intelligence, poi, molte volte viene ricollegato agli organismi preposti alla correlata attività il cui operato è contraddistinto dalla tendenziale segretezza (la quale è caratteristica fondamentale dei metodi operativi impiegati) soprattutto in quelle situazioni formalmente definite illecite ma che diventano legittime proprio dalle richiamate finalità istituzionali poste a tutela degli operati dei Servizi di intelligence3. Dunque, si può affermare che

l'intelligence costituisca -non tanto una finalità, quanto piuttosto- un

3Così scrive autorevolmente anche F. COSSIGA, ne I servizi e le attività di

informazione e di controinformazione. Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune, Soveria mannelli, 2002: “Per «servizi speciali», detti altrimenti «servizi di informazione e sicurezza» o più comunemente […] «servizi segreti», si intendono quegli apparati dello Stato (sia uffici del Governo in quanto tale, sia uffici particolari inquadrati in una specifica amministrazione dello Stato ed istituiti ed organizzati per i fini particolari di essa), che svolgono […] attività informativa secondo modalità e con mezzi non convenzionali, nel senso che non sono in massima parte loro propri, e non comuni ad altre amministrazioni, e la cui legittimità si fonda su interessi fondamentali dello Stato; per cui la legittimità dei fini viene a prevalere sulla legalità dei mezzi”.

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mezzo utilizzato per raggiungere determinati obiettivi, siano essi di natura privata o pubblica.

Nell'ambito delle strutture pubbliche infatti, l'intelligence è usata con diverse finalità: le Forze di polizia la utilizzano per assicurare la giustizia, tutelare la sicurezza e l'ordine pubblico, svolgendo allo stesso modo un'azione di natura repressiva e preventiva nei confronti di chi viola la legge; le strutture dei Servizi di informazione usano invece l'intelligence per garantire la sicurezza interna ed esterna dello Stato (la sicurezza nazionale, appunto). Infatti, nell'odierna normativa che disciplina espressamente l'attività di intelligence, tale finalità è dichiarata in molti dettati che individuano il Sistema di informazione finalizzato alla sicurezza della Repubblica e delle sue strutture istituzionali4.

Detto ciò, veniamo al punto: si parla dell'intelligence, in un primo caso, per riferirsi alle informazioni necessarie al governo per elaborare ed attuare una politica del paese che tenga in considerazione la sicurezza della Nazione e difenda quest'ultima da qualsiasi ingerenza o potenziale minaccia interna ed esterna ai suoi interessi politici, militare, economici e sociali. Si tratta pur sempre di informazioni (si potrebbe pensare), ma di informazioni riservate o segrete che rivestono una certa importanza una volta analizzate e valutate; ciò rappresenta poi il prodotto tipico dell'attività informativa.

Da un secondo punto di vista, si utilizza l'espressione intelligence per riferirsi più propriamente al processo informativo che è organizzazione e gestione delle informazioni; le stesse, di norma, vengono ricercate e raccolte al fine di incrementare la politica di sicurezza nazionale5.

4C. MOSCA e A. MASSERA, I servizi di informazione, in trattato di

diritto amministrativo volume I parte speciale a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Milano, Giuffrè 2003, pag. 532 e ss.

5C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 194 e ss.

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La ricerca e raccolta delle informazioni avviene in territorio straniero attraverso lo spionaggio, la fotografia, le fonti e le intercettazioni delle comunicazioni; sul territorio nazionale prevalentemente utilizzando ogni tecnica operativa ritenuta necessaria e utile allo scopo.

Un vero e proprio processo informativo, dunque, che attraverso l'elaborazione delle notizie, degli elementi raccolti, la loro analisi, comparazione, valutazione e interpretazione, si conclude con l'utilizzazione e l'eventuale diffusione delle informazioni ottenute6. In sostanza, alle tradizionali attività di ricerca informativa fanno capo pure quelle condotte dai Servizi informativi degli altri Paesi, in particolare quelli non amici (o comunque non alleati), e questo avviene negando loro l'accesso alle proprie informazioni classificate e ingannandoli circa il contenuto delle informazioni medesime.

Queste ultime attività sono definite di controinformazione, controspionaggio -o ancora meglio, counterintelligence- e consistono in normali operazioni investigative orientate a scoprire le spie altrui, o a cifrare le comunicazioni proprie per proteggerle, ma anche a trarre in inganno l'avversario diffondendo abilmente false informazioni e avvalendosi di doppi agenti7.

Come detto, il processo di intelligence si sviluppa in varie fasi. Volendole analizzare analiticamente, la prima è rappresentata dalla ricerca e raccolta di notizie che alimentano il c.d. ciclo informativo. Nel fare riferimento alle notizie che potrebbero essere di rilievo per la sicurezza e l'interesse nazionale, i Servizi si avvalgono anche delle fonti aperte, altrimenti non ottenibili se non con il compimento di azioni di infiltrazione, intercettazione e documentazione visiva.

6A. GIANNULI, Come funzionano i servizi segreti, Adriano Salani editore,

Milano, 2009.

7C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 194 e ss.

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La seconda fase è quella che apre il processo vero e proprio di informazione del "sapere informativo"; consiste nell'elaborazione di quanto raccolto nella prima fase, tramite una serie di attività tecnico-operative. Si tratta, più nello specifico, di "processare"8 appunto le notizie al fine di ottenere un'informazione, integrandole e coordinandole con le altre notizie già possedute, cercando di valutare attentamente l'attendibilità e la veridicità della fonte.

La terza fase del processo di intelligence è rappresentata dalla produzione della notizia nella sua forma completa; la stessa informazione verrà, a questo punto, messa a disposizione e utilizzata dagli organi di Governo e dalle Amministrazioni che potranno avvalersi del prezioso prodotto dell'intelligence per assumere con più consapevolezza le loro decisioni o per attivare, integrare o modificare le loro azioni sul piano politico, economico, amministrativo e sociale. Inoltre, per completezza di esposizione, l'attività di intelligence può prevedere un'ulteriore fase del processo informativo consistente in una valutazione e analisi circa materie di interesse globale, riferiti cioè a teatri strategici più ampi, a livello europeo o mondiale. In queste particolari ipotesi si tratta di un prodotto di intelligence che risulterà molto utile alle scelte del Governo nazionale e pertanto necessariamente preso con qualsiasi cautela possibile. Ciò, a maggior ragione, se dovesse essere in pericolo la sicurezza della Nazione o di Nazioni alleate a causa di aspetti potenzialmente in grado di ledere gli interessi del Paese9.

Questo ciclo informativo descritto in sintesi, per le sue caratteristiche, deve essere dunque improntato a duttilità e flessibilità in modo da

8Specificando: prodotto scaturito da un attento processo di intelligence di

elaborazione, analisi, di comparazione, di integrazione, di interpretazione, e di valutazione di quanto raccolto. Da A. GIANNULI, Come funzionano i servizi segreti, Adriano Salani editore, Milano, 2009.

9F. COSSIGA, I servizi e le attività di informazione e di controinformazione.

Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune, Soveria mannelli, 2002, pag. 22.

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rispondere in maniera funzionale e organica alle diverse esigenze che possono verificarsi.

Non a caso (soprattutto in dottrina), si distinguono varie forme di intelligence -intelligence disciplines- proprio in relazione alla tipologia di fonti informative alle quali si ricorre; ciascuna, infatti, richiede specifiche competenze e professionalità nelle articolate fasi dell'intero processo che consente di muovere la notizia per raggiungere una determinata informazione in senso tecnico10.

La prima categoria viene tradizionalmente indentificata nell'HUMINT (Human Intelligence), definita come la raccolta di informazioni attraverso agenti addestrati per lo specifico impiego, in grado di acquisire elementi d'interesse utile a conoscere identità, intendimenti, strategie e tattiche, equipaggiamento di qualsiasi oggetto ritenuto potenzialmente ostile, così come delle relazioni intrattenute con altri soggetti. Ovviamente, ci troviamo di fronte alla forma più antica di attività di intelligence; quella che interagisce direttamente sul campo e nel contesto, che si affida più di ogni altra cosa alla componente umana, in grado molte volte di apprendere più di quanto si potrebbe fare attraverso il naturale target informativo.

La seconda categoria viene individuata come IMINT (Imagery

Intelligence), alimentata dall'interpretazione e lo sviluppo di immagini

raccolte attraverso la ripresa fotografica visiva classica, oppure assistita dalle tecnologie più sofisticate quali il laser, l'infrarosso, il radar.

Alle prime due categorie si affianca il SIGINT (Signals Intelligence), che coincide con lo sfruttamento, congiunto o separato, di tutte le informazioni riguardanti le comunicazioni (COMINT), le altre emissioni elettromagnetiche (ELINT), o i segnali prodotti dalle strumentazioni tecniche altrui (FISINT).

10C. MOSCA e A. MASSERA, I servizi di informazione, in trattato di diritto

amministrativo volume I parte speciale a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Milano, Giuffrè 2003, pag. 532 e ss.

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Quarta categoria, ma non meno importante, è il MASINT (Measurement and Signatures Intelligence), che rappresenta l'evoluzione tecnica di individuare, identificare, localizzare e/o descrivere le caratteristiche specifiche di determinati obbiettivi dinamici o statici.

Resta comunque da individuare un'ulteriore categoria (in costante sviluppo e che esula completamente dagli ambiti tradizionali dell'intelligence) indicata generalmente con l'acronimo OSINT (Open

Sources Intelligence), che si alimenta dall'OSIF (Open Sources Informations); va da sé che si tratta dell'ottanta per cento delle

informazioni raccolte e analizzate dai Servizi di informazione, proprio perché acquisite da fonti non segrete, quali la stampa quotidiana e periodica, i media radio-televisivi, internet11.

Per finire, il TECHINT (Technical Intelligence), che ha il preciso compito di raccogliere e analizzare l'equipaggiamento e le dotazioni dei target informativi con lo scopo di prevenire il rischio di essere presi alla sprovvista dalle tecniche di intelligence altrui, e -eventualmente- adottare ed elaborare adeguate contromisure per contenere l'eventuale vantaggio tecnologico acquisito da soggetti potenzialmente ostili12.

11C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 197 e ss.

12 Molto interessante a questo proposito, è il caso “Echelon”; fiore

all’occhiello della rivoluzione tecnologica in ambito di registrazione e ascolto delle informazioni, questo identifica un sistema di sorveglianza globale organizzato (a partire dagli anni Settanta) dai cinque Paesi del c.d. “patto UK-USA” del quale facevano parte Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda (i Paesi di lingua inglese insomma). Il progetto, orchestrato dalla NSA e dalla CIA, utilizzava i satelliti spia di nuova generazione incrementando così le intercettazioni attraverso cavi sottomarini per controllare le trasmissioni web. Tutto questo comportava, ovviamente, una mole non indifferente di informazioni, per analizzare le quali venne adottato un sistema di parole chiave incrociate che segnalavano i messaggi da controllare. Alle parole chiave, in un secondo momento, vennero aggiunti programmi per il riconoscimento vocale. Nonostante la potenza di Echelon e le aspettative che si nutrivano nei confronti del progetto durante gli anni novanta, l’attacco alle torri gemelle, ha ridimensionato molto gli entusiasmi; una cellula di Al Qaeda era riuscita a sfuggire a tutti i controlli

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Non a caso, la consapevolezza degli sforzi altrui per sviluppare intelligence, ha indotto tutti i Paesi a dotarsi di assetti di

counterintelligence (CI) destinati cioè ad identificare, analizzare,

prevenire e neutralizzare i tentativi di penetrazione informatica sviluppata ai propri danni. Il controspionaggio, infatti, è stato definito come la conduzione di operazioni e la raccolta di informazioni volte a proteggere il Paese contro lo spionaggio e le altre attività di intelligence condotta da altri Governi, organizzazioni straniere, e più in generale architettate dal terrorismo internazionale, al solo scopo di realizzare stragi e sabotaggi.

In particolare, la minaccia e lo sviluppo del terrorismo internazionale negli ultimi anni, hanno indotto a riconsiderare con attenzione questo specifico settore, cercando di potenziarne le capacità tecniche; si è pertanto rianimata la riflessione su un concetto di offensive

counterintelligence (ormai quasi abbandonata), distinta da quella

meramente difensiva13.

Scendendo ancora più nel dettaglio, convenzionalmente si è soliti distinguere, per l'appunto, le attività di intelligence in difensive ed offensive.

di intercettazione e spionaggio militare. Proprio a causa dell’inatteso “fallimento” della SIGINT e TECHINT, ancora oggi la parte più cospicua del flusso informativo non viene elaborata da questo genere di attività, ma dalle fonti umane (la HUMINT, appunto); e la ragione di ciò -proprio a margine di quanto appena detto- non è difficile da immaginare.

13La counterintelligence è stata definita da un autorevole autore come "la

penetrazione dell'apparato operativo segreto dell'avversario, allo scopo di giungere a conoscere preventivamente le intenzioni dello stesso, fornendogli informazioni utili ad alterare i processi analitici, decisionali ed operativi, con lo scopo ultimo di influenzarne le valutazioni ed indurlo a fare, volontariamente e per propria scelta, ciò che è più dannoso per il medesimo e più utile per chi conduce l'operazione a tutela del proprio Paese”. Definizione propria di M.K. VAN CLEAVE, Counterintelligence and National Security, articolo dell’aprile 2007; rinvenibile in C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 200.

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Le attività difensive non pongono particolari problematiche di legittimità. Esse sono volte al contrasto di attività di spionaggio, terrorismo, eversione o quant’altro impedisca il funzionamento delle istituzioni democratiche. Sono attività in linea di massima interne che si devono svolgere nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge e che generalmente hanno implicazioni di carattere penale.

Le implicazioni che maggiormente rilevano quando si mettono in atto tecniche d’intelligence sono quelle che riguardano lo strumento d’intelligence di carattere offensivo. Tale strumento a sua volta si presta ad una triplice distinzione interna: vi sono infatti attività offensive a carattere ordinario, non ordinario ovvero straordinario. Le prime si qualificano per l’essere attività di semplice spionaggio condotte verso un Paese estero (per tale ragione sono da considerarsi di carattere offensivo), le seconde invece sono volte a orientarne, deviarne o influenzarne il processo decisionale, quelle straordinarie invece a colpire lo Stato estero tramite azioni di sabotaggio contro le sue strutture militari e scientifiche14.

Risulta agilmente intuibile la portata della ripercussione in campo internazionale di siffatte attività: l’azione dei Servizi è configurata con l’obbiettivo di garantire la sopravvivenza e la sicurezza dello Stato e delle istituzioni democratiche, le quali però si prestano ad essere messe a repentaglio dalla stessa azione dei Servizi, qualora venga condotta in maniera sconsiderata.

Si capisce come sia pertanto necessario un controllo di tipo governativo ex ante prima di quello parlamentare posteriore all’azione, in particolar modo avendo riguardo ad azioni di carattere straordinario che potrebbero portare, nel migliore dei casi, il Governo stesso ad avere rilevanti complicazioni nei rapporti col Governo estero. È da leggere dunque in quest’ottica l’assetto delineato dalla

14C. MOSCA e A. MASSERA, I servizi di informazione, in trattato di diritto

amministrativo volume I parte speciale a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Milano, Giuffrè 2003, pag. 532 e ss.

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legge n. 124 del 2007, il quale affida al Presidente del Consiglio l’alta direzione e la responsabilità della politica dell’informazione, e prescrive la rispondenza dei Servizi allo stesso Presidente insieme con il dovere di tenere informati i vari Ministri (tra cui quello degli Affari Esteri), per i profili di propria competenza.

3. Le origini storiche dei Servizi

Da tutto ciò che è stato summenzionato possiamo asserire che quando nel mondo attuale si fa riferimento all'operatore di intelligence, si deve quindi pensare ad un abile professionista che ha ricevuto una formazione di altissimo livello, che possiede una vasta conoscenza in settori scientifici d'analisi, che si avvale di strumenti informatici e tecnici per raccogliere e discriminare informazioni, che le elabora e le processa con rigore scientifico e capacità di collegare insieme persone, luoghi e accadimenti di natura spesso diversa e apparentemente senza alcuna correlazione, che è capace di espandere le possibilità di conoscenza e di previsione di determinati fenomeni15.

Tuttavia, se ad oggi il mondo dell'intelligence è contraddistinto dai suddetti professionisti e da un apparato altamente qualificato, questo lo si deve soprattutto all'evoluzione storica, giuridica e organizzativa che nel corso dei secoli ha teso a dare sempre maggiore importanza al fenomeno.

Non sempre è stato un percorso facile; molto spesso la storia dei servizi segreti è stata avvolta nel mistero, disseminata di episodi, vicende internazionali, complotti e personaggi ambigui che, attraverso

15Da: “cultura della sicurezza”, sito ufficiale del Sistema di informazione

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la loro attività clandestina, sono riusciti molte volte a cambiare il corso degli eventi16.

Ripercorrendo per gradi la trattazione, lo spionaggio trae origini antichissime; quest'ultimo infatti nasce inizialmente con una duplice funzione: di difesa, per garantire la sicurezza del popolo e difendere le istituzioni politiche; di attacco, come supporto ai conflitti di guerra17.

Se lo spionaggio fu presto concepito come elemento imprescindibile nella conduzione delle guerre il merito è sicuramente da attribuire all'opera del generale cinese Sun Tzu "L'arte della guerra"18.

Di spie e spionaggio, in effetti, si parla già sin dal 18° sec a.C. quando Hammurabi -fondatore dell'impero babilonese- per raccogliere maggior quantità possibile di informazioni utili ai fini delle guerre che aveva intenzione di condurre, era solito infiltrare propri uomini tra le file degli eserciti dei nemici. Altrettanta attenzione fu riservata all'intelligence, non soltanto da Mosè -come racconta la stessa Bibbia- ma anche dai Greci ai quali deve essere riconosciuta la prima teorizzazione dottrinale proprio sull'intelligence militare tattica. La storia, poi, ci ha consegnato l'abilità di Annibale che, prima di attaccare Roma, aveva predisposto nel territorio romano un'ingente rete di spie in grado di fornirgli utilissime informazioni sullo stato economico, sociale, politico e soprattutto militare della Repubblica romana19.

Volgendo lo sguardo all'età augustea, possiamo notare come il reparto militare responsabile dell'incolumità dell'imperatore fosse la Guardia Pretoriana; di questa facevano parte gli "speculatores" addetti alla

16 C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 5.

17Da: “storia d’intelligence”, sito ufficiale del Sistema di informazione per

la sicurezza della Repubblica, in http://www.sicurezzanazionale.gov.it.

18Dove si scriveva: “esistono agenti segreti di cinque tipi: agenti locali,

agenti, agenti del controspionaggio, agenti letali e agenti di sicurezza".

19. C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, op.

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sicurezza interna, e gli "exploratores" che svolgevano la funzione di studiare le abitudini dei nemici e garantire la sicurezza esterna. Per sentir parlare di vere e proprie spie professionistiche, però, bisognerà aspettare l'età di Domiziano quando vennero istituiti i "frumentarii" (corpi speciali dell'esercito ai quali era attribuita la raccolta delle informazioni). Questi ultimi caddero in disgrazia sotto il regno di Diocleziano e furono sostituiti dagli "agentes in rebus" aventi funzioni di raccolta, controllo e trasmissione delle informazioni.

Caduto l'impero romano, anche gli agenti in missione vennero meno e fu necessario attendere molto tempo prima che lo spionaggio riprendesse vigore20. Soltanto nel 13°sec fu Gengis Khan il primo ad avvalersi di un vero e proprio servizio di spionaggio per potersi insediare nell'Europa orientale. L'imperatore mongolo, utilizzando agenti nati nei Paesi in cui intendeva operare e tramite una sottile tecnica di disinformazione, riusciva molto spesso nell'intento di confondere l'avversario.

Nello stesso periodo tra Gengis Khan e la Repubblica di Venezia -nota all'epoca per essere un'importante base per i commerci internazionali- nacque una fitta rete di rapporti di alleanza tesa a fronteggiare le altre Repubbliche marinare. Fu proprio dal rapporto con Gengis Khan che Venezia riuscì a dare un ulteriore impulso allo sviluppo di un moderno servizio di intelligence strategica stanziando numerosi agenti all'estero al solo scopo di svolgere compiti di spionaggio.

L'esempio di Venezia fu subito imitato dagli altri Stati europei e da una gran parte dei governi presenti sulla penisola italiana certi del fatto che, attraverso la raccolta delle informazioni e quindi la conoscenza delle popolazioni straniere, si potesse comprendere la possibilità di importazione ed esportazione delle merci in Oriente.

20Da: “storia d’intelligence”, sito ufficiale del Sistema di informazione per

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In Inghilterra, ad esempio, è noto il Segretario di Stato -nonché capo dei Servizi di informazione della regina Elisabetta- sir Walsingham per aver sviluppato l'arte della crittografia e dei codici sicuri per le proprie comunicazioni, che resero l'intelligence inglese la migliore nel settore. A dimostrazione di quanto appena detto, il primo Dipartimento di intelligence fu creato proprio in Inghilterra nel 1653 dal Segretario di Stato di Cromwell, sir Thurloe, che, contando su una rete di spie considerevole nei vari Paesi europei, riuscì a supervisionare tutta la posta in arrivo e in partenza da Londra.

Nel corso del 18° sec le cose cambiarono radicalmente; i servizi di spionaggio furono anch'essi travolti dall'avvento della Rivoluzione francese che portò un'articolazione dei servizi segreti in due branche: quella della sicurezza interna e quella della sicurezza esterna. La prima rivolta soprattutto a fronteggiare le minacce crescenti che minavano la stabilità dei regimi, dovute proprio alla diffusione tra la popolazione delle idee di libertà, uguaglianza e fraternità; la seconda, con a capo il ministro Fouchè, era necessaria al fine di acquisire informazioni belliche, sulla configurazione dei luoghi di battaglia e sullo stato delle truppe. Lo stesso Napoleone esaltava a tal punto l'opera "maledetta e invisibile" delle spie e del servizio di controinformazione da considerarla l'arma indispensabile per decidere le sorti di una guerra. Un dispositivo spionistico di tale portata fece nascere anche negli altri Stati europei l'esigenza di prendere maggiormente in considerazione l'attività di intelligence, proprio allo scopo di contrastare lo strapotere francese.

E così fu fatto in effetti, soprattutto dalla Prussia che, nel periodo della Restaurazione e per tutto il corso del 19° sec, assunse come base preliminare per lo sviluppo di ogni strategia e azione bellica proprio le informazioni fornite dall'attività di spionaggio21. La Prussia, a

21C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 8 e ss.

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differenza di quanto fece poco tempo prima la Francia, organizzò lo svolgimento di tutta l'attività di intelligence in un solo corpo, con a capo di tutta l'organizzazione un certo Stieber; quest'ultimo, grazie al carattere sistematico della raccolta informativa e la connessa organizzazione stabile di una rete capillare di informatori, riuscì ad avere la meglio sull'Austria e sulla Francia rispettivamente nelle battaglie del 1866 e del 1870 a Sedan22. Dal punto di vista dell'attività di controspionaggio, il servizio segreto prussiano (il più attivo dell'epoca appunto) cercò di farsi strada tra i rivoluzionari intenzionati in particolar modo a destabilizzare i governi organizzando tumulti e sommosse. Ma più in generale, tutti i servizi segreti di quel tempo avevano preso le sembianze di agenti provocatori che, attraverso metodi repressivi, svolgevano quasi attività di polizia politica. Il fiorire dell'importanza dei Servizi di informazione nei governi europei (soprattutto nella conduzione delle guerre) agli inizi del 20° sec. perse un po’ del suo spessore, e ciò lo si può anche comprendere visti i scarsi risultati riportati durante le battaglie del 180023.

Così, alla fine della guerra anglo-boera nel 1902, in particolar modo in Inghilterra, si cercò di dare uno slancio nuovo all'attività di intelligence, istituendo due servizi denominati MI6 per lo spionaggio militare e MI5 per il controspionaggio e la controinformazione. Lo stesso fecero gli Stati Uniti con l'introduzione del G2 nel 1903; divisione che da quel momento sarebbe stata in grado di definire il servizio segreto dell'esercito statunitense. Allo stesso modo, in Francia e in Germania agli albori del 1900, si mise mano ad una ristrutturazione quasi completa di quell'attività che aveva perso ogni vigore.

22A. GIANNULI, Come funzionano i servizi segreti, Adriano Salani editore,

Milano, 2009, pag. 33.

23C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 8 e ss.

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In questo contesto di potenziamento dei servizi segreti nazionali, si assistette alla prima grande guerra dove si parla di uno stanziamento di addirittura venticinquemila spie impegnate dagli imperi centrali. Sino a quel momento, in effetti, l'azione delle spie non era mai stata molto costante; soprattutto in periodi di pace, l'attività informativa non si era quasi mai resa necessaria. La guerra franco-prussiana, d'altronde, aveva insegnato che le forze impiegate all'interno dell'intelligence, si erano rivelate alquanto utili nell'economia finale della guerra stessa.

Così nella prima "guerra totale" della storia, il ruolo delle spie iniziò ad avere un certo peso non soltanto nel campo vero e proprio dell'attività informativa ma anche in quello (sottovalutato ma decisivo) della propaganda24. Coloro i quali si contraddistinsero dagli altri apparati di intelligence furono proprio i servizi segreti della riorganizzata marina britannica, capace di decrittare una serie infinita di messaggi tedeschi e che ebbero un peso non indifferente quando si trattò di proclamare vincitori e vinti.

Nella seconda guerra mondiale, invece, gli stati che ne furono i protagonisti vantavano la presenza di un servizio segreto difensivo a carattere prevalentemente politico e di uno offensivo tipicamente militare. In Germania molto famose furono le SS, che sostanzialmente finirono per svolgere un'attività simile a quella del servizio militare servendosi di strumenti tecnici mai utilizzati prima per poter decifrare e decrittare informazioni provenienti dagli avversari o utilizzando materiali chimici capaci di nascondere i propri messaggi. L'altro lato della medaglia ci mostra invece l'intelligence britannica che, con l'MI6, riuscì a contrastare lo spionaggio delle SS attraverso importanti opere di propaganda clandestina, sabotaggio e operazioni militari di guerriglia. La Francia venne in soccorso all'intelligence inglese

24A. GIANNULI, Come funzionano i servizi segreti, Adriano Salani editore,

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soltanto nel novembre 1943 quando venne istituita la Direzione generale dei servizi speciali che riuniva al suo interno tutti i servizi di informazione di controspionaggio sotto la direzione di Soustelle. In questo quadro, non si può non menzionare l'intelligence statunitense, forse la più importante. Nel 1941 il Presidente Roosevelt affidò al generale Donovan il compito di gestire tutta l'intelligence per la sicurezza nazionale; egli si mise a capo di un Comitato di informazione che assolveva compiti di coordinamento, sempre sotto l'autorità dello stesso Presidente. Un anno dopo, il Comitato fu sostituito dall'OSS (Office of Strategic Services) che contava più di trentamila agenti e spie e che divenne, con il passare degli anni, il servizio segreto preponderante nel panorama internazionale25.

Non è il luogo più adatto per approfondire ulteriormente la trattazione storica dell'intelligence a livello europeo e internazionale. Risulta comunque chiaro che le molteplici entità territoriali e statali che si sono susseguite nei secoli abbiano preso in considerazione (chi più, chi meno) la rilevanza dei Servizi di intelligence e il ruolo svolto dalle spie.

A questo punto, però, è necessario volgere lo sguardo all'importanza che hanno rivestito i Servizi all'interno del nostro ordinamento, e alle variegate vicende che li hanno visti come protagonisti nel corso della storia.

4. I servizi segreti italiani: excursus storico (1854-1976)

Qualcuno ritenne e ritiene ancora oggi che un discorso giuridico sui Servizi segreti non sia possibile; vuoi perché sono un apparato al quale non si addice il principio della trasparenza degli atti e dei

25. C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 12 e ss.

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comportamenti amministrativi, vuoi perché, al fine di tutelare al massimo la segretezza, sfugge dal consueto formalismo degli atti26. Qualunque sia il pensiero da seguire, la storia dei Servizi segreti italiani non può non recepire le proprie basi all'interno dell'amministrazione sabauda.

In effetti fu proprio Camillo Benso conte di Cavour che per primo utilizzò più intensamente gli agenti segreti. Egli stesso, nel 1836, fu chiamato direttamente dal re Carlo Alberto a far parte di una “Commissione superiore di Statistica” che era divenuta il centro della raccolta di informazioni. Sulla base della sua esperienza all’interno di questo istituto, Camillo Benso (una volta diventato parlamentare nel 1848, e poi ministro) creò una rete informativa di altissimo livello teorizzando l’uso politico delle spie anche in un discorso tenuto alla Camera27.

La nascita del primo Servizio segreto “ufficiale”, però, si avrà soltanto nel 1854. Quest’ultimo fu affidato alla gestione e amministrazione del Ministro degli Esteri e gli si affiancarono, l'anno successivo, veri e propri Servizi segreti militari che -secondo una ricostruzione storica piuttosto attendibile- risulteranno essere almeno in sei al momento dell'unificazione del Regno d'Italia.

Per porre ordine in un sistema a quanto pare molto frastagliato, nel 1863 fu istituito l'Ufficio informazioni dello Stato Maggiore che si configurava come il primo organo di polizia informativa, sotto la direzione del colonnello Edoardo Driquet. Sciolto già tre anni dopo in seguito alle sconfitte contro l'esercito austriaco a Custoza e a Lissa (delle quali si ritenne responsabile proprio l'inefficienza del servizio),

26 U. FRAGOLA, L’amministrazione invisibile. I problemi giuridici

dell’apparato dei servizi segreti., Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1998, pag. 13 e ss.

27G. DE LUTIIS, I servizi segreti -come funzionano, a che cosa servono,

come controllarli, Editore Centro cultura legalità democratica, Firenze, 2000, pag. 7.

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l'Ufficio informazioni fu ricostituito nel 1890 con precisi compiti di polizia28.

Nei primissimi anni del '900 la crisi istituzionale e politica del Paese portarono anche ad un deterioramento dei compiti affidati ai Servizi di informazione sia interna che esterna; il che spinse i vertici militari ad istituire unUfficio Riservato del Ministero dell'Interno, che segna il passaggio storico al "doppio binario" dell'intelligence italiana: civile per la sicurezza interna; militare per la sicurezza esterna. In particolare, i compiti di controspionaggio vennero affidati in un primo momento ai Reali Carabinieri, i quali consegnarono il testimone subito dopo ad un ufficio centrale di investigazione presso la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza durante la prima guerra mondiale29.

A conclusione della prima Grande Guerra, lo Stato italiano procedette -nel 1919- alla costituzione della DAGR (Divisione affari generali e riservati). Questa era suddivisa in due rami specifici: la Sezione ordine pubblico, con controllo delle azioni sovversive e competenze circa la difesa della sicurezza dello Stato; la sezione Divisione stranieri, con il precipuo compito di raccolta di informazioni sui cittadini di altre nazioni e residenti nel nostro Paese30.

Con l'avvento del fascismo, poi, si svilupparono molte branche dei servizi di informazione; il più importante tra questi era sicuramente il SIM, istituito dal r.d.l. n. 1909/1925, affiancato da un organo informativo tecnico di ricerca. Lo stesso SIM subì una profonda revisione nel corso dei primi anni trenta con la creazione di undici centri di controspionaggio e strutture speciali per le operazioni sotto copertura. Nonostante si stesse cercando di dare un certo grado di

28Da: “la nostra storia”, sito ufficiale del Servizio di informazione per la

sicurezza della Repubblica, in http://www.sicurezzanazionale.gov.it.

29G. DE LUTIIS, I servizi segreti -come funzionano, a che cosa servono,

come controllarli, Editore Centro cultura legalità democratica, Firenze, 2000, pag. 27 e ss.

30Da: “la nostra storia”, sito ufficiale del Servizio di informazione per la

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unicità all'intelligence italiana, l'eterogeneità degli assetti informativi veniva subito alla luce data la presenza di diverse branche di controspionaggio all'interno di ciascuna forza armata; basti pensare al SIA (servizio di informazione aereonautica) istituito nel 1940, al SIE (servizio informazione esercito) istituito nel 1941, al SIS (servizio informazioni e sicurezza della marina).

Ovviamente, una volta debellato il fascismo, si sciolse quasi in contemporanea anche il SIM che venne sostituito dal SID (Servizio Informazione Difensive), rimasto in vigore soltanto fino alla liberazione di Roma31. Nel 1944, a seguito di una prima piccola riforma della sicurezza impostata dal Governo Badoglio, venne istituita una struttura denominata SIS (Servizio informazioni speciali) cui vennero assegnate in via provvisoria le competenze del DAGR in materia di investigazione politica. Il SIS rimase in vigore soltanto fino al 1948 quando venne sostituito nelle sue funzioni dall'Ufficio Affari Riservati del Ministro dell'Interno32.

Al termine della seconda guerra mondiale e con l'avvento della Costituzione nell'ordinamento giuridico, il primo intervento legislativo che si diede ai Servizi fu il d.lgs. 21 aprile 1948 n.955 che riorganizzò l'intelligence italiana ponendola sotto la stretta dipendenza del Ministro della difesa al quale spettava anche il coordinamento delle operazioni.

Nel 1949 vennero affidati i compiti di spionaggio e controspionaggio al SIFAR (Servizio informazioni delle forze armate), mentre ai SIOS (Servizi di informazioni operative e situazioni) delle tre forze armate33

31C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 17 e ss.

32Da: “la nostra storia”, sito ufficiale del Sistema di informazione per la

sicurezza della Repubblica, in http//www.sicurezzanazionale.gov.it.

33Qualche anno dopo, in un documento del Comitato parlamentare, si avanzò

la proposta di unificare i tre SIOS di forza armata in un unico organismo di intelligence militare. Pur essendo stata accolta dalla dottrina, la proposta non

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-esercito, marina, aviazione- i compiti di coordinamento delle operazioni, sempre alle dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa34.

Successivamente, un'ulteriore regolamentazione della materia si avrà soltanto nel 1965 quando, in attuazione della legge di delega n. 1862 del 12 dicembre 1962, il d.P.R. n.1477 ribadì l'organizzazione del servizio35; il decreto indicava obiettivi e contenuti delle attività del servizio, metteva in luce la connessione tra la tutela del segreto militare e i compiti informativi. Tutto questo sotto la sovrintendenza del Capo di Stato Maggiore della Difesa e al precipuo scopo di assicurare la sicurezza del Paese e prevenendo azioni dannose al potenziale militare e difensivo dello Stato36.

Nel giugno del 1966 venne ridisegnato un nuovo assetto al servizio d'intelligence; in seguito ad una circolare del ministro Tremelloni37, il SIFAR cambiò denominazione in SID (Servizio informazioni difesa), posto sotto la stretta direzione del ministro della difesa.

I compiti del nuovo organismo vennero strutturati nel modo seguente: 1) raccolta e relativo coordinamento delle informazioni utili per la difesa e sicurezza nazionale all'esterno e all'interno;

passò però dal Parlamento, e la suddetta ristrutturazione interna rimase sempre coperta da un certo velo di riservatezza e ambiguità.

34In particolare, come afferma G. DE LUTIIS, ne I servizi segreti -come

funzionano, a cosa servono, come controllarli-, “…i SIOS avevano il compito -insieme al SISMI, il servizio per le informazioni e la sicurezza militare- di controllare che non vi fossero ufficiali italiani che vendevano a servizi segreti di Paesi non alleati informazioni riservate sulla consistenza, la dislocazione e l’armamento delle nostre forze armate, e avevano anche il compito di impedire che germi antidemocratici, sia di estrema destra che di estrema sinistra, penetrassero nelle forze armate”.

35A causa dello scandalo che ha colpito il SIFAR e uno dei suoi maggiori

rappresentanti, il generale De Lorenzo.

36C. MOSCA e A. MASSERA, I servizi di informazione, in Trattato di

diritto amministrativo volume 1 parte speciale, a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Giuffrè editore, Milano, 2003.

37CAMERA DEI DEPUTATI – lavori preparatori, atti parlamentari, VII

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2) coordinamento di tutte le attività informative, contro informative e di sicurezza dei Sios;

3) tutela del segreto politico e militare.

Nello stesso periodo, intanto, veniva istituito un Ispettorato antiterroristico38 che nel 1976, in seguito agli "anni di piombo" e alla situazione di emergenza terroristica interna generata dalle Brigate Rosse, fu trasformato in SdS (Servizio di sicurezza) dall'allora ministro Cossiga, secondo una linea politica che già stava ponendo le basi per la nascita di un servizio di informazione e sicurezza interna39.

5. Le “deviazioni” dei servizi segreti

Di sicuro quello a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70 è stato un periodo molto oscuro nella vita istituzionale del nostro Paese. Tutto era alimentato dalle numerose 'deviazioni' che hanno colpito i nostri Servizi segreti e che hanno visto come protagonisti non solo spie appartenenti agli stessi Servizi di intelligence ma anche, e soprattutto, personalità che rappresentavano l'Italia dal punto di vista istituzionale, imprenditoriale, giuridico ed economico40.

Nel loro complesso, tranne lodevoli eccezioni, i servizi segreti hanno condotto in particolare tra il 1964 e il 1981 una serie di attività che possono essere indicate come azioni di tutela dell'illegalità41.

38 Meglio definito IGAT (Ispettorato generale per l’azione contro il

terrorismo).

39Qualche anno prima, e in via del tutto provvisoria, a gestire l’ambito della

sicurezza interna del Paese vi era il SIGSI (Servizio informazioni generali e sicurezza interna).

40C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 19 e ss.

41Non a caso, la consapevolezza del necessario aggiornamento della materia,

è emersa sempre in seguito a scandali e inchieste giudiziarie che hanno riguardato anche e soprattutto soggetti appartenenti ai nostri servizi. Si pensi, ad esempio, alla riforma di cui al d.p.R. n. 1477 del 1965 relativa al caso De

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Questi presunti interventi si sarebbero sostanziati nel sabotaggio di istruttorie volte alla scoperta dei responsabili delle stragi42, al reperimento di falsi testimoni, alla distruzione di reperti utili alle indagini sulle stesse; tutto con il solo e ultimo scopo di condurre i magistrati verso obiettivi depistanti a discapito di una corretta ricerca della verità43.

Condizione necessaria per l'espletamento di tale tipo di attività è stata ovviamente la più assoluta segretezza, che assunse una veste alquanto particolare: era finalizzata infatti a rendere più sicure le operazioni di destabilizzazione politica alla quale miravano soprattutto alcune massonerie e organizzazioni eversive di centro destra44.

Emblematico è l'esempio rappresentato dalla loggia massonica P2 capeggiata da Licio Gelli. Fondata nel 1877 con il nome di Propaganda massonica, con il passare del tempo, assunse forme eversive nei confronti dell'ordinamento giuridico italiano ed una forma deviata rispetto agli statuti della massoneria stessa. In particolar modo, una volta rivelata al pubblico l'esistenza di una lista con gli appartenenti alla stessa loggia massonica, saltò subito all'occhio come molti di loro fossero proprio i rappresentati più importanti dei Servizi segreti a quel tempo vigenti, tra questi: Vito Miceli45 (capo del SIOS e successivamente direttore del SID), Giuseppe Santovito (nel riformato

Lorenzo e allo scandalo del SIFAR; ma anche all’approvazione della stessa legge 24 ottobre 1977, n.801 (connessa alle vicende che coinvolsero i vertici del SID); A ben vedere, anche la legge 3 agosto 2007 n.124 è stata approvata in concomitanza con l’esplosione del caso “Abu Omar”, cha ha coinvolto i vertici del SISMI.

42Il caso più clamoroso fu la promozione e l’organizzazione da parte del SID

nel 1973 della fuga di Guido Giannettini, indiziato numero uno della strage di piazza Fontana. Una volta arrestato, lo stesso confermerà davanti ai magistrati di Catanzaro: “Siamo stati indotti a comportarci in questo modo da un servizio segreto amico”.

43G. DE LUTIIS, Il lato oscuro del potere, associazioni politiche e strutture

paramilitari segrete dal 1946 a oggi, Editori Riuniti, Roma, 1996, pag. 77.

44G. DE LUTIIS, op. cit., pag. 78.

45 Il quale, tra l’altro, aveva partecipato al “golpe Borghese” nel 1970, e al

quale fu attribuita la responsabilità di aver appoggiato numerose organizzazioni eversive di centro destra.

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SISMI), Giulio Grassini (nel riformato SISDE), Giovanni Allavena (responsabile dei fascicoli del SIFAR) e molti altri46.

Va osservato come la funzione cardine dei Servizi sia proprio quella di infiltrarsi all'interno di queste organizzazioni potenzialmente in grado di sovvertire l'ordine nazionale. Tuttavia, ancora oggi, non risulta chiaro ai più come sia possibile una così ingente quantità di "spie" di elevato grado in un'organizzazione -come quella di Licio Gelli appunto- capace di essere invischiata nelle più grandi stragi di quel tempo47.

Si ricorda, infatti, che alla suddetta loggia massonica furono attribuiti (oltre ai vari tentativi di cospirazione per detenere il controllo del Paese) il presunto coinvolgimento nella strage dell'Italicus, il depistaggio nella strage di Bologna, lo scandalo del Banco Ambrosiano, l'ipotetico assassinio di Papa Albino Luciani (Giovanni Paolo 1°), il depistaggio nel rapimento di Aldo Moro, alcune affiliazioni nello scandalo di Tangentopoli.

Tutte le deviazioni delle nostre strutture di intelligence erano poi state confermate da alcuni esponenti delle più importanti organizzazioni eversive di quel tempo; tra le quali, oltre alla già menzionata P2, si ricordano soprattutto le organizzazioni dichiaratamente fasciste come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e le stesse Brigate Rosse dal 1974 in poi. Vincenzo Vinciguerra (uomo di spicco appartenente all'organizzazione eversiva di destra Ordine Nuovo), in seguito al suo arresto conseguente all'attentato avvenuto a Peteano il 31 maggio 1972, che lo aveva visto come esecutore materiale, affermava: "tutte

46 Non a caso, è da notare come gli stessi Santovito e Grassini furono posti

proprio ai vertici dei neo Servizi segreti nel 1978 (rispettivamente il SISMI e il SISDE) a discapito di colui il quale doveva essere il candidato naturale alla guida del SISDE, Emilio Santillo. Uomo di grande professionalità e non appartenente alla P2 ovviamente, Santillo fu relegato alla carica poco più che onorifica di vice capo di Polizia e partecipò molto marginalmente alle attività investigative sul sequestro e assassinio di Aldo Moro. Semplice coincidenza?

47 F. NICASTRO, Mafia, 007 e massoni- il caso contrada, le trame di boss,

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le stragi che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969 appartengono ad un'unica mente organizzativa...e questo comprendeva i carabinieri, il Ministro dell'Interno, la polizia di frontiera e i servizi di intelligence civile e militare che accettavano tutti il ragionamento ideologico che stava dietro agli attentati"48.

La mostruosità di questo piano diabolico orchestrato da Servizi segreti, logge massoniche e importanti esponenti istituzionali, venne alla luce molto lentamente ed ancora oggi non si conosce parte della verità a causa della mancanza di documenti originali in grado di dare certezza a quanto appena detto. Tutto "sembra" con il solo e ultimo scopo di cancellare la sinistra e il comunismo dall'Europa cercando, attraverso un indirizzo ideologico degli attentati, di destabilizzare l'apparato giuridico-istituzionale del Paese.

Tra le strutture organizzative anticomuniste e protette dai Servizi vi erano, oltre al già citato Ordine Nuovo: Gladio49 (Organizzazione di

carattere internazionale e scoperta qualche anno dopo), NDS (Nuclei per la difesa dello stato), Anello, Osoppo e la famigerata Rosa dei Venti.

Molto curiosa, ai fini della nostra trattazione, è la storia che lega la Rosa dei Venti ai Servizi segreti italiani; nata come organizzazione eversiva di stampo neofascista, nel 1973 cercò di pianificare un colpo di Stato (sulla scia di quello tentato e poi fallito dal generale Junio Valerio Borghese qualche anno addietro). Alla fine di quello stesso anno, il giudice padovano Giovanni Tamburino aveva indagato sulla

48 D. GANSER, Gli eserciti segreti della NATO, operazione Gladio e

terrorismo in Europa occidentale, Fazi editore, Roma, 2005, pag. 9 e ss.

49 Organizzazione segreta operante in Italia dal 26 novembre 1956 al

novembre 1990 a carattere prevalentemente anticomunista, come emerge anche da un documento datato 1959, relativo al reclutamento dei capi nucleo che avrebbero dovuto operare nelle zone designate previamente dalla stessa organizzazione. Testualmente si legge: “…la sua collaborazione deve essere basata esclusivamente su motivi ideologici (anti-comunismo, spirito di avventura). Deve avere una ottima situazione finanziaria che gli consenta una indipendenza economica e tale che da essa tragga interesse ad opporsi al comunismo.”

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natura della stessa organizzazione e aveva scoperto legami abbastanza stretti con i Servizi segreti della NATO e con i Servizi italiani. Proprio in seguito a questa stupefacente scoperta, il giudice Tamburino aveva ordinato di procedere all'arresto di Vito Miceli, capo del SID, con l'accusa di "aver promosso, preordinato e organizzato in concorso con altri, un'associazione segreta di militari e civili allo scopo di provocare un'insurrezione armata rivolta a ottenere un cambiamento illegale della Costituzione e della forma di governo". A propria discolpa, nel corso del 1974, Miceli confermò l'esistenza dell'organizzazione contestata ma negò categoricamente la propria volontà di procedere ad un colpo di Stato; era la volontà degli Stati Uniti e della NATO a chiedergli di farlo50!

Tutto ciò sconvolse non poco l'opinione pubblica, già colpita dalla pressione rappresentata dal terrorismo interno e dalla crisi politico-istituzionale che sarebbe poi sfociata nel rapimento e nell'uccisione di Aldo Moro.

Anche dal punto di vista internazionale, l'Italia era diventata ormai terra di scontro strategico preferito tra Russia e Stati Uniti all'apice della Guerra fredda, ma anche di numerosi servizi segreti (CIA e KGB ovviamente)51. Così, i nostri Servizi di sicurezza nazionale, che avrebbero dovuto difendere il Paese da ogni tipo di sovversione, si ritrovavano ad essere i principali indiziati della crisi.

Da qui la necessità di addivenire ad una disciplina, semplice e razionalizzata allo stesso tempo, che per la prima volta offrisse una compiuta regolamentazione dei profili organizzativi, delle attività e dei compiti affidati ai Servizi di intelligence.

50 D. GANSER, Gli eserciti segreti della NATO, operazione Gladio e

terrorismo in Europa occidentale, Fazi editore, Roma, 2005, pag. 15 e ss.

51 A. DE FEO, Il segreto di stato, storia di imbrogli e di ricatti, Editrice

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6. La legge n. 801 del 24 ottobre 1977

La complessità del profilo storico e giuridico del Sistema di sicurezza nazionale fino al 1977 mette in luce la scarsa convinzione che i servizi segreti italiani potessero operare in maniera efficiente e senza alcun tipo di deviazione, pur avvalendosi di qualche tecnica di intelligence. Prima della legge n.801/1977, infatti, non c'era stata alcuna regolamentazione legislativa in grado di definire in maniera organica tutta la materia e depauperare il potere dei soli Ministri dell’Interno e di Grazia e Giustizia dall'esclusiva potestà organizzativa della pubblica amministrazione. Ed in effetti questo potere dei singoli Ministri si poteva intravedere, in modo anche abbastanza netto, a maggior ragione all'interno degli apparati di intelligence data la loro natura segreta -o comunque poco palese- e militarizzata.

La menzionata impostazione ha costituito per lungo tempo una coperta di protezione giuridica dell'ordinamento dei Servizi di informazione e sicurezza che, fin dalla loro prima architettura normativa e funzionale, era stata oggetto di numerose critiche52.

Non a caso, la Corte Costituzionale, nello stesso 1977 (pochi mesi prima della riforma) aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 342 e 352 dell’allora vigente c.p.p., «nella parte in cui conferiscono il potere di decidere definitivamente sulla conferma o meno del segreto di Stato al Ministro di grazia e giustizia»53. In base all’art. 95 della Costituzione, infatti, è proprio il Presidente del Consiglio dei Ministri che «dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile» ed a lui è inoltre affidato il compito di gestire tutta l’attività dei ministri; quindi -precisa la stessa Corte- sicuramente a lui

52C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 24 e ss.

53Così, in particolare, la sentenza della Corte Costituzionale n.86, 24 maggio

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spetta il coordinamento e la direzione di quella suprema attività politica consistente nella difesa dello Stato; non può non essere attribuita al Capo del Governo la titolarità esclusiva in materia di politiche di sicurezza nazionale54.

Va da sé, però, che (nello stesso periodo) una parte della dottrinaaveva nutrito non poche perplessità circa l’enorme attribuzione di compiti affidati nelle mani di un unico soggetto; potestà che avrebbero anche potuto oltrepassare l’area di quelle normalmente allo stesso ricollegate nella specifica funzione di governo. Tuttavia, pur nel contesto di una problematica ed incerta valutazione circa la compatibilità delle nuove funzioni con il complesso degli equilibri istituzionali, si era ritenuto comunque compatibile il valore strumentale della politica di informazione e sicurezza con la funzione di governo vera e propria. Proprio in questo clima per nulla favorevole, alimentato da dubbi e perplessità, il legislatore seppe produrre un intervento molto oculato, esattamente in linea con gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali del tempo, in tema di sicurezza dello Stato; argomento fino ad allora forse troppo trascurato e considerato marginale negli studi costituzionali, penalistici e amministrativi.

La volontà del Legislatore era chiara: disciplinare la materia per la prima volta in maniera realmente organica; la inequivocabile determinazione delle finalità dell'attività; l'istituzione di Servizi composti anche da personale civile; la demilitarizzazione dei Servizi con annesso controllo di carattere parlamentare; la decisione di non qualificare più gli appartenenti alle strutture dell'intelligence come agenti o ufficiali di polizia giudiziaria (a denotare la volontà di differenziare la funzione informativa rispetto ai compiti degli altri

54T. F. GIUPPONI, La riforma del sistema di informazione per la sicurezza

della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di stato, in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 66.

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corpi di polizia) e l'avvio di una disciplina unitaria riguardante il Segreto di Stato55.

Il disegno di legge venne presentato dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti il 2 novembre 1976, di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia Bonifacio, il Ministro dell'Interno Cossiga, il Ministro della Difesa Lattanzio e del Tesoro Stammati56. La legge,

approvata definitivamente il 24 ottobre 1977 e pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 7 novembre successivo, costituisce ancora oggi la prima disciplina organica della materia oggetto della nostra trattazione.

Indubbiamente la riforma si pone come base fondante di una nuova regolamentazione che, già nell'art.1, vede come protagonista il ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri (assolutamente centrale e preminente nel riformato sistema d'intelligence) e che, nei primi otto articoli, tratteggia i confini essenziali del quadro ordinamentale di riferimento circa le competenze, la responsabilità e le relazioni tra le varie istituzioni. Così, rispetto alla pregressa organizzazione, le funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri venivano particolarmente rafforzate in luogo di una più importante responsabilità in materia di sicurezza nazionale, di un più ampio potere decisionale e di un contemporaneo coordinamento della politica informativa; tutto ciò con la conseguente potestà di impartire direttive ed emanare ogni disposizione necessaria per il funzionamento e l'organizzazione delle relative attività57.

A tali compiti si aggiungono: la nomina e la revoca del Direttore generale e di uno o più Vice Direttori generali del Dipartimento per le

55C. MOSCA, S. GAMBACURTA, G. SCANDONE, M. VALENTINI, I

servizi di informazione e il segreto di stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Giuffrè editore, Milano, 2008, pag. 25.

56CAMERA DEI DEPUTATI - lavori preparatori, atti parlamentari, VII

legislatura – documenti - disegni di legge e relazioni, n 696.

57 C. MOSCA, A. MASSERA, I servizi di informazione, in trattato di diritto

amministrativo volume I parte speciale a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Milano, Giuffrè 2003, pag. 522.

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informazioni e la sicurezza; la nomina e la revoca dei Direttori e Vice Direttori dei due Servizi; la determinazione dell'ammontare annuo delle risorse finanziarie da stanziare al Dipartimento e ai Servizi58. Tutto l'assetto appena mostrato, mette a fuoco l'intenzione ultima del Legislatore di rafforzare l'architettura di alta direzione politica del Sistema di informazione e sicurezza e rimetterlo nelle mani di un unico soggetto.

A conferma di quanto appena detto, il ruolo assolutamente preminente nella nuova organizzazione dei Servizi da parte del Presidente del Consiglio dei ministri si poteva intravedere anche all’interno dei nuovi organismi, nati a seguito della legge più volte ricordata: il SISMI (Servizio informazione per la sicurezza militare), e il SISDE (Servizio informazione per la sicurezza democratica) 59. Pur essendo sotto la formale direzione rispettivamente del Ministro della difesa e del Ministro dell’Interno, i due nuovi istituti erano comunque vincolati alle direttive e alle disposizioni del Presidente del Consiglio; non a caso, molto spesso si è parlato di subordinazione degli stessi ministri nei confronti del capo del Governo.

Inoltre, a supporto di quanto la legge n.801 del 1977 affidava nelle mani del Presidente del Consiglio, si prevedeva un'apposita struttura diretta a coadiuvare le attività del Capo del Governo in tema di sicurezza e politica informativa: il CESIS (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza). Accanto a questo veniva disposto anche l'insediamento del CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza) con precisi compiti di consulenza e proposta, che già dopo qualche anno perderà sensibilmente di importanza.

58 C. MOSCA, A. MASSERA, I servizi di informazione, in trattato di diritto

amministrativo volume I parte speciale a cura di S. CASSESE, 2 edizione, Milano, Giuffrè 2003, pag. 523 e ss.

59U. FRAGOLA, L’amministrazione invisibile. I problemi giuridici

dell’apparato dei servizi segreti., Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1998, pag. 26 e ss.

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L'assoluta monocraticità nella gestione delle politiche di informazione e sicurezza erano poi state confermate dalla specifica apposizione di un organo di controllo parlamentare -il COPACO (Comitato parlamentare di controllo, appunto) - che aveva come interlocutore preferenziale proprio il Capo del Governo60.

Il summenzionato Comitato parlamentare, composto da quattro deputati e quattro senatori eletti sulla base di un criterio di proporzionalità, aveva il preciso scopo di esercitare il controllo sull’applicazione dei principi stabiliti dalla stessa legge. Tuttavia, il Comitato riuscì soltanto parzialmente nella sua funzione, soprattutto nei primi anni dalla sua nascita; l’evidente carenza legislativa fu dovuta probabilmente al fatto che, all’epoca, una forma di controllo sull’attività dei servizi segreti rappresentava comunque una novità rilevante e il legislatore non volle spingersi oltre61.

In conclusione, dall'intero quadro delineato si può desumere in maniera anche abbastanza palese come le volontà iniziali del legislatore fossero state tutto sommato confermate al momento della stesura della legge.

È da apprezzare, in relazione soprattutto al periodo storico in cui è stata emanata, che la legge n.801/1977 abbia cercato di ridurre il gap con le altre strutture di intelligence europea, e abbia in qualche modo provato a rendere organica una materia fino ad allora completamente disorganica cercando quantomeno di assestare l'intelligence all'interno dei confini sanciti dalla Costituzione (ad esempio introducendo un controllo di tipo parlamentare).

60 T. F. GIUPPONI, La riforma del sistema di informazione per la sicurezza

della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di stato, in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 65 e ss.

61G. DE LUTIIS, I servizi segreti -come funzionano, a che cosa servono,

come controllarli, Editore Centro cultura legalità democratica, Firenze, 2000, pag. 44.

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Tuttavia dobbiamo ricordare come, purtroppo, ci sono stati avvenimenti che, già negli anni successivi al procedimento di approvazione della legge, avevano portato molto discredito ai Servizi. Basti semplicemente pensare a tutti gli incresciosi fatti verificatasi dal 1978 agli inizi degli anni novanta: il rapimento e l'uccisione del segretario della Democrazia Cristiana Aldo Moro nel 1978, la strage di Ustica del 27 giugno 1980, la strage della stazione di Bologna del 2 agosto dello stesso anno, la nascita di numerose associazioni malavitose e/o criminali62 che sfoceranno poi negli attentati del 1992 ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Tutto questo per sottolineare come, nonostante l'avvento di una riforma unitaria ed organica della materia, nei primi anni di presunta attualizzazione della stessa, non ci fossero Servizi di informazione e sicurezza -almeno di carattere ufficiale- in grado di porre un freno allo stragismo e al progredire delle criminalità organizzate che si andavano contrapponendo al potere dello Stato.

Per fortuna, dal 1994 in poi, la situazione si è progressivamente stabilizzata dal punto di vista politico-sociale e di conseguenza gli istituti di intelligence ne trovarono giovamento.

Così, la legge del 24 ottobre 1977 si è andata consolidando nel tempo e pure l'efficienza dei Servizi -il SISMI e il SISDE appunto- ha ripreso vigore e riacquistato credibilità, forse anche frutto di azioni criminali e/o sovversive dell'ordinamento dello Stato a carattere più sporadico. Nonostante ciò, l'assetto giuridico delineato dalla legge del 1977 rimarrà in vigore fino al 3 agosto del 2007, quando, con la legge n. 124, ci sarà una seconda revisione dell'istituto dei Servizi di sicurezza e informazione e che ci accingeremo ad illustrare nel prossimo capitolo.

62Tra tutte: la mafia in Sicilia, la ndrangheta in Calabria, la Camorra in

Campania, la sacra Corona Unita in Puglia, la mafia del Brenta nel Veneto, l'Anonima in Sardegna, la banda della Magliana a Roma, la banda della Comasina in Lombardia, la Banda della Uno bianca in Emilia Romagna.

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