Pasquale Costanzo all'interno del volume "Videosorveglianza e privacy" scrive: "Le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno invaso la nostra vita per il meglio come per il peggio. (...) Sta però di fatto che ciascuno di noi, a meno che non viva in territori deserti o isolati, ogni giorno è, come si dice in gergo, tracciato decine di volte"83. Il progredire della tecnologia, in effetti, e le emergenze che in determinati momenti storici possono verificarsi, sono fattori che incrementano la richiesta di sicurezza ma al contempo i rischi nella tutela alla riservatezza.
Sarebbe quindi corretto chiedersi se, per perseguire efficacemente le politiche di sicurezza, pubblica o nazionale che siano, debba esserci sempre un restringimento dello spazio che dovrebbe invece essere garantito ai diritti di libertà.
In altre parole, quella tra sicurezza e privacy deve essere sempre una relazione per cui più sicurezza equivale a meno privacy? O dovrebbe essere ormai superata la visione della tutela alla riservatezza come un ostacolo al raggiungimento effettivo della sicurezza?
Il diritto alla sicurezza pubblica e privata e il diritto alla riservatezza, se da un lato rappresentano profili differenti del diritto all’inviolabilità
82T. F. GIUPPONI, La riforma del sistema di informazione per la sicurezza
della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di stato, in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 57 e ss.
83 P. COSTANZO, Videosorveglianza e internet, in M. MANETTI, R.
BORRELLO (a cura di), Videosorveglianza e privacy, Angelo Pontecorboli editore, Firenze, 2010.
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della persona e del principio di non aggressione, risultano sotto aspetti diversi in contrasto tra loro e necessitano di un giudizio di bilanciamento.
È agevole, infatti, rilevare che il progresso tecnologico consente una sempre maggiore possibilità di sottoporre la vita quotidiana delle persone a controlli sofisticati e mirati, capaci certamente di contribuire a realizzare frontiere sempre più avanzate in termini di sicurezza privata e pubblica, ma altrettanto capaci di inserirsi in misura sempre più penetrante ed invasiva nella sfera privata degli individui, non sempre distinguendo in via preventiva ed esatta l’invasione, per così dire, “propria” da quella ingiustificata o comunque sproporzionata84. L'ordinamento nazionale e sovranazionale, a questo punto, è chiamato ad intervenire e offrire tutela giuridica a quella particolare sfera della vita privata o intima, che potrebbe essere compromessa da ingiustificate interferenze o altre indebite forme di indiscrezione provenienti dall'esterno.
La suddetta tutela è stata predisposta attraverso la previsione di appositi strumenti volti all'esclusione della diffusione di dati, fatti e informazioni che possano toccare un individuo nello sviluppo della sua area strettamente riservata e personale.
La riservatezza si distacca così dall'individuo fisico per estendersi ai dati e alle informazioni che a questo stesso individuo possano essere riferite85. Da una dimensione socio-relazionale, quindi, si è passati a
definire la riservatezza anche sulla base delle informazioni che si possono trarre sulla vita di un determinato individuo, e sulla necessità
84 Da: A. AMBROSI, Sicurezza e Privacy, Ufficio del Garante per la
protezione dei dati personali, pag. 1 e ss.
85L. CALIFANO, Privacy e sicurezza, in A. TORRE (a cura di) Costituzioni
e sicurezza dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2013, pag. 564 e ss.
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di difenderlo dai molteplici casi in cui sarebbe possibile configurare un controllo sui cittadini tramite i loro dati personali86.
La Costituzione italiana non tratta espressamente del diritto alla riservatezza; tantomeno si occupa della protezione dei dati personali. A questo proposito si osserva che la riservatezza non viene trattata come tutela della sfera intima della persona, al contrario di quanto fanno, invece, le carte internazionali europee e comunitarie. Quest'assenza non è tanto da ricercare nell'insussistenza di una tutela della privacy al tempo dell'Assemblea Costituente (a maggior ragione gettando uno sguardo agli altri ordinamenti di quel tempo, che avevano in qualche modo offerto i primi strumenti giuridici in proposito, Regno Unito e USA su tutti) quanto piuttosto in una poca attenzione verso il fenomeno.
L'evidente lacuna della nostra Carta fondamentale, tuttavia, venne colmata da dottrina e giurisprudenza nel corso degli anni attraverso un graduale riconoscimento costituzionale anche a una situazione -come quella in esame, per l'appunto- inizialmente esclusa da considerazione. Nonostante i molti collegamenti con gli artt. 13, 14, 15, 21, 22, 24, 29, 32 della stessa Costituzione, è ormai consolidata e unanimemente condivisa in letteratura che la chiave per un riconoscimento costituzionale del diritto alla riservatezza, vada ricercato all'interno dell'art. 2 Cost. nella sua accezione a clausola a "fattispecie aperta", consentendo quindi al diritto alla riservatezza di trovare posto tra i diritti fondamentali della persona, in particolare nella sua configurazione di vero e proprio diritto della personalità87.
86In questo contesto ha acquisito importanza, in particolare, il ruolo svolto
da un apposito apparato autoritativo, il particolare, il ruolo svolto da un
apposito apparato autoritativo, il Garante per la protezione dei dati personali, cui è attribuito un complesso quadro di funzioni dirette all'obiettivo di tutelare il "diritto" di ogni individuo alla "protezione dei dati personali che lo riguardano”.
87L. CALIFANO, Privacy e sicurezza, in A. TORRE (a cura di) Costituzioni
e sicurezza dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2013, pag. 566 e ss.
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Di sicuro, il quadro giuridico sovranazionale ha dato una grossa mano e ha influito particolarmente su questa affermazione del diritto; ma anche dottrina e giurisprudenza (a partire dagli anni '60-'70) hanno contribuito all'esigenza di protezione della riservatezza dal punto di vista giuridico.
Non a caso, è stata proprio la Corte di Cassazione, nel 1975, a cogliere tutti questi segnali e ad imprimere una svolta fondamentale nel processo di "digestione" di questa nuova esigenza di tutela. Con la sentenza n.2129 del 1975, infatti, la Suprema Corte, nell'offrire tutela alla principessa Soraya dall'invasività dei fotografi scandalistici, ha emesso un'eccellente principio riguardo il diritto alla riservatezza, definendolo come "tutela di quelle situazioni e vicende strettamente personali e familiari, le quali, anche se verificatesi, contro le esigenze che, sia pure compiute con mezzi leciti, per scopi non esclusivamente speculativi e senza offesa per l'onore, la reputazione o il decoro, non siano giustificate da interessi pubblici preminenti"88.
Nel fare questo percorso di riconoscimento, la Corte ha costruito un sistema costituzionale di tutela della privacy intorno, non solo agli articoli 2 e 3 Cost., ma anche alle fattispecie degli artt. 13, 14, 15 Cost. che hanno una naturale predisposizione a proteggere la persona umana e a promuoverne lo sviluppo; si pensi anche agli artt. 29 e 41 Cost. che si preoccupano di tutelare, rispettivamente, l'intimità familiare e la persona nella sua attività professionale o imprenditoriale89.
Sulla stessa lunghezza d'onda si colloca anche la Corte Costituzionale che, qualche tempo dopo, nella sentenza n. 139 del 1990, riconosce il diritto alla riservatezza quale diritto ad uno spazio vitale libero da interferenze sgradite, in connessione con altre fattispecie
88Così la Corte Suprema nella sentenza n. 2129 del 27 maggio 1975, in
http://www.jus.unitn.it/users/pascuzzi/varie/sem-inf99/Cass_1975.htm.
89L. CALIFANO, Privacy e sicurezza, in A. TORRE (a cura di) Costituzioni
e sicurezza dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2013, pag. 567 e ss.
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costituzionali; in particolare: con l'inviolabilità del domicilio e con la segretezza delle conversazioni private90.
Ad oggi, le cose sono sensibilmente cambiate; l’aspetto della tutela della riservatezza viene ad essere affiancato ed integrato dai profili riguardanti la protezione dei dati, in ragione del fatto che i dati, soprattutto se personali, rappresentano un presupposto irrinunciabile per lo svolgimento delle attività umane. Con questo cambiamento, muta dunque anche in parte sia l’oggetto della tutela (che evolve da sfera privata a contenuto inerente le informazioni dell’individuo), sia la qualità della stessa: da tradizionale libertà negativa (liberi da ingerenze esterne) ora viene ad essere integrata da un diritto all’autodeterminazione informativa posto in capo all’individuo91.
Tutta la questione, da alcuni decenni al centro di un vivace dibattito nazionale ed internazionale, viene in rilievo soprattutto con riferimento, non solo all'ampliamento di misure più sofisticate di intercettazione, ma anche all'istallazione di sistemi di videosorveglianza sempre più capillari; così come anche la creazione delle grandi banche dati per finalità di sicurezza, nonché alla possibilità di aggregare e analizzare enormi quantità di dati attraverso le nuove tecnologie92.
Di fronte all’avvento del terrorismo internazionale che di questi nuovi mezzi fa ampio uso per superare le barriere statuali ed eludere le
90 Così la Corte Costituzionale, in Giur. Cost., sentenza n. 139 del 7 marzo
1990.
91Viene infatti riconosciuta a ciascun soggetto la facoltà di scegliere che cosa
fare dei dati che lo riguardano, quali e quanti di questi mettere a disposizione degli altri, quali operazioni su di essi possono essere svolte, a quale ambito di circolazione essi possono essere destinati. Questo «concetto di autodeterminazione informativa» viene a trovare una sua dimensione concreta attraverso l’istituto del consenso al trattamento dei dati, come peraltro sancito anche dall’art. 8 della Carta di Nizza. Il consenso potrebbe dunque costituire il presupposto principale per la tutela dei diritti, divenendo l’«elemento centrale nella garanzia per l’effettività del diritto fondamentale».
92 Da: A. AMBROSI, Sicurezza e Privacy, Ufficio del Garante per la
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tradizionali tecniche di polizia, il potenziamento degli strumenti di prevenzione e di controllo occulto da parte delle autorità di pubblica sicurezza è importante al fine di garantire la sicurezza della popolazione. Ma al contempo è necessario che vengano individuati nuovi limiti e nuove tutele per il diritto alla privacy sia per ciò che concerne il suo profilo più tradizionalmente riconducibile alla riservatezza, sia per quel che riguarda la tutela dei dati personali e la loro, dunque, diffusione indiscriminata. Si tratta di una nuova modalità di leggere la tradizionale tensione fra la necessità di potenziare gli strumenti di polizia per garantire maggiore sicurezza da un lato e le eventuali compressioni ai diritti fondamentali dell’uomo derivanti da questa operazione. Ed è necessario trovare un punto di equilibrio di non semplice momento93.
Soprattutto in circostanze storiche in cui episodi terroristici mettono a repentaglio la vita dei cittadini e di conseguenza il sentimento della popolazione si indirizza verso una maggiore richiesta di misure di polizia e di prevenzione, si tende a considerare favorevolmente il potenziamento degli strumenti di controllo e protezione. In tempo di pace, invece, le misure legislative si concentrano maggiormente sulla tutela dei diritti, imponendo limiti stringenti all’azione delle forze di pubblica sicurezza.
La necessità di garantire la sicurezza dei cittadini da un lato e tutelare i loro diritti dall’altro oscillano dunque fra loro come un pendolo, che si sposta verso la tutela dei diritti quando le condizioni economiche e sociali sono più stabili o va nella direzione di una maggiore attenzione alle problematiche relative alla sicurezza, quando più decise sono le richieste in tal senso da parte della popolazione94.
93P. GUARDA, Profili giuridici della sicurezza informatica, in A. TORRE
(a cura di) Costituzioni e sicurezza dello Stato, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna, 2013, pag. 909 e ss.
94M. RUBECHI, Sicurezza, tutela dei diritti fondamentali e privacy: nuove
esigenze, vecchie questioni (a un anno dagli attacchi di Parigi), in Rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo, Urbino, 2016.
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