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Il diritto costituzionale alla sicurezza

L'entrata in vigore della costituzione nel 1948, per ovvie ragioni, deve essere considerata uno spartiacque necessario nella materia della nostra trattazione. D'altronde è indubbio che l'attività dei Servizi di informazione pone diversi problemi di ordine costituzionale.

Se, infatti, da un lato l'attività dell'intelligence appare caratterizzata da organizzazione, compiti e responsabilità del tutto peculiari in modo da potersi identificare e qualificare come centro autonomo all'interno di un'amministrazione statale, dall'altro, la suddetta attività deve essere inquadrata nell'ambito di un ordinamento costituzionale ispirato a determinati valori, figli del costituzionalismo liberaldemocratico63. Proprio per questo, appare comunque difficile riuscire a trovare un punto di equilibrio tra le norme inserite all'interno di un determinato ordinamento, e gli istituti volti a tutelare esclusivamente un particolare interesse pubblico, quale è appunto la sicurezza (interna ed esterna) dello Stato.

Tuttavia la nascita e il consolidamento dei diritti sociali (le c.d. libertà positive) ha imposto allo Stato di agire attraverso determinati interventi attivi non tanto (e non solo) in chiave di garanzia dei singoli diritti individuali, ma anche in chiave di vera e propria promozione dei diritti della persona e della sua dignità sociale. L'evoluzione di tale impostazione, deve oggi confrontarsi con le trasformazioni delle società moderne, del multiculturalismo, della continua evoluzione tecnologica; si affermano in questo modo tutte le caratteristiche di quello che è stato individuato come lo Stato di prevenzione, il cui compito non è tanto quello di garantire un preteso diritto alla sicurezza

63T. F. GIUPPONI, La riforma del sistema di informazione per la sicurezza

della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di stato, in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010.

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personale dei singoli individui, quanto la complessiva sicurezza dei cittadini e dei beni giuridici loro sottesi64.

La questione veramente significativa, però, rimane quella di definire cosa realmente racchiuda il termine sicurezza data la sua connotazione costituzionale poco chiara e priva di qualsivoglia dettagliata descrizione.

Partendo dal presupposto che nella Costituzione un diritto alla sicurezza non trova un esplicito riferimento, la dottrina costituzionalistica si è lungamente interrogata sulla definizione di sicurezza e sul suo fondamento costituzionale, a partire dai molteplici significati che ad essa possono essere assegnati65. In effetti numerose sono le norme che espressamente o implicitamente, all'interno della nostra carta costituzionale, sono riconducibili al termine "sicurezza". A partire dall'art 5 -che costituzionalizza l'unità e l'indivisibilità dello Stato- fino all'art. 126 (per il quale è possibile lo scioglimento dei Consigli regionali per ragioni di sicurezza nazionale) passando per gli artt. 16 (limitazioni circa la libertà di circolazione e soggiorno), 17 (divieto di riunioni in luogo pubblico), 52 e 57 in merito alla difesa della Patria66.

A ben vedere, e dopo un'attenta analisi di fondo (quale che sia la ricostruzione semantica e linguistica da seguire nelle diverse disposizioni considerate), appare evidente come i padri costituenti si siano preoccupati soprattutto di garantire la pace sociale come condizione fondamentale per la tutela della propria sicurezza individuale, la quale si sostanzia nella possibilità di esercitare tutti quei

64T. F. GIUPPONI, La sicurezza e le sue “dimensioni” costituzionali, in

Diritti umani. Teorie, analisi, applicazioni, a cura di S. VIDA, Bologna, 2008.

65M. RUBECHI, Sicurezza, tutela dei diritti fondamentali e privacy: nuove

esigenze, vecchie questioni (a un anno dagli attacchi di Parigi), in Rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo, Urbino, 2016

66 U. FRAGOLA, L’amministrazione invisibile. I problemi giuridici

dell’apparato dei servizi segreti., Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 1998, pag. 18 e ss.

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diritti storicamente ricondotti alla libertà personale (artt. 13, 14, 15 Cost.), al riparo da indebite limitazioni da parte delle pubbliche autorità, oltre che dagli stessi consociati. Stessa rilevanza viene però data a quelle libertà esercitate in forma collettiva: si pensi ad esempio agli artt. 16, 17, 25 e 41 Cost.

Orbene, in tal caso, acquista significato un concetto di sicurezza certamente più ampio, il quale costituisce -o meglio può comportare- uno strumento di limitazione di questi diritti. Insomma, quando si ha a che fare con siffatte libertà, è necessario garantire un equilibrio tra esigenze individuali (esercizio del diritto) e collettive (facoltà di limitare il diritto proprio per ragioni di sicurezza)67.

A fini prettamente esemplificativi si potrebbe menzionare l'art. 13 comma 2 e 3, e l'art. 14 commi 2 e 3 Cost. dove viene richiamata la libertà personale e domiciliare; in questo caso il limite stabilito dalla "sicurezza" non è esplicito ma si può ricavare dalla lettura della disposizione. In particolare l'art. 13, terzo comma, ammette una compressione della libertà personale "in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge"; inoltre possono essere adottate misure temporanee necessariamente soggette alla convalida del giudice in veste di "autorità di pubblica sicurezza"68.

In altre parole, la compressione di un diritto tanto rilevante quanto la libertà personale e/o domiciliare, può avvenire esclusivamente quando questa sia assolutamente necessaria e limitatamente ai casi previsti dal legislatore; a sua volta, detta garanzia va intesa nella sua accezione più ampia: invero, come sottolineato dalla Corte Costituzionale in una fondamentale decisione riguardante l'espulsione dello straniero dal

67T.F. GIUPPONI, Sicurezza personale, sicurezza collettiva e misure di prevenzione. La tutela dei diritti fondamentali e l’attività di intelligence, in http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum /paper/0043_giupponi.pdf.

68M.RUOTOLO, Costituzione e sicurezza tra diritto e società, in

Costituzioni e sicurezza dello Stato, a cura di A. TORRE, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2013, pag. 587 e ss.

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territorio dello Stato69 (n.105 del 2001), la verifica del giudice deve "estendersi a tutti i presupposti del trattenimento" presso i centri di permanenza temporanea e assistenza, avendo riguardo, dunque, a tutti "i motivi che hanno indotto l'amministrazione procedente a disporre quella peculiare modalità esecutiva dell'espulsione (l'accompagnamento alla frontiera) che è causa immediata della limitazione della libertà personale dello straniero”. Ma ciò che più rileva è che il controllo in esame non può mai venire meno, neanche laddove ricorrano motivi di ordine pubblico e sicurezza.

In proposito, giova ribadire quanto affermato dalla Corte medesima in un'altra fondamentale decisione (n.222 del 2004) concernente ancora una volta l'espulsione dello straniero70.

In particolare, la disposizione impugnata prevedeva che il provvedimento del questore col quale veniva disposto l'accompagnamento alla frontiera dello straniero fosse immediatamente esecutivo e, dunque, da eseguire prima della convalida da parte dell'autorità giudiziaria. Insomma, lo straniero poteva essere allontanato coattivamente dal territorio nazionale senza che il giudice avesse potuto pronunciarsi sul provvedimento restrittivo della sua libertà personale; e, pertanto, secondo i giudici della Corte, detta disciplina andava a contrastare proprio con l'art.13, terzo comma, Cost., che, come visto, impone la convalida71.

In estrema sintesi: nel potenziale "conflitto" tra la tutela (collettiva) della sicurezza pubblica e i diritti (individuali e inviolabili) alla difesa e alla libertà personale deve essere accordata prevalenza a questi ultimi. Ciò non significa che ragioni di ordine pubblico e sicurezza non possano mai comportare una menomazione della libertà in esame,

69 Così Corte cost. 10 aprile 2001, n. 105, punto 5 del Considerato in diritto,

in Giur. cost., 2001, pag. 675 ss.

70 Corte cost. 15 luglio 2004, n. 222, in Giur. cost., 2004, pag. 2340 ss. 71 La Corte accoglieva la questione, asserendo che assieme alla libertà

personale era violato anche "il diritto di difesa dello straniero nel suo nucleo incomprimibile”.

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semplicemente è necessario individuare quella soluzione che, sempre a dire della Corte Costituzionale, "riduca al minimo il sacrificio per la libertà personale72" medesima.

Ma questo è sufficiente a stabilire se la sicurezza esista come diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione?

Altra norma costituzionale che può essere da supporto in questo senso è quella riguardante le misure di sicurezza (art. 25 Cost.) secondo cui "nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge". Anche questa disposizione risulta limitativa della libertà personale e, come nel caso della precedente, il costituente indirizza l'opera di bilanciamento prevedendo ancora una volta la riserva di legge assoluta73.

Del resto, in uno Stato Costituzionale, il concetto di limite è insito nel concetto stesso di libertà: questa, in quanto situata in un definito ordinamento di valori, è limitata, nel senso che la soluzione dell'opposizione dialettica tra libertà e limiti non è più lasciata alla discrezionalità del legislatore, ma è già prefigurata nella positiva "legge superiore", quale appunto la Costituzione.

72Corte cost. 18 luglio 1998, n. 298, punto 4 del Considerato in diritto, in

Giur. cost., 1998, pag. 2273.

73 In proposito, vale la pena di richiamare la decisione della Corte

costituzionale n. 253 del 2003, attraverso la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 c.p., nella parte in cui non consentiva al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero

in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale. Nel motivare tale censura, la Corte ha sostenuto, con estrema chiarezza, che “l’automatismo di una misura segregante e totale come il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, imposta pur quando essa appaia in concreto inadatta, infrange l’equilibrio costituzionalmente necessario e viola esigenze essenziali di protezione dei diritti della persona, nella specie del diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione”. Insomma, le ragioni del tutto legittime di tutela che questa misura detentiva si proponeva (e si propone) di realizzare devono, ancor una volta, venire meno quando vengono in essere diritti fondamentali della persona.

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A ciò va aggiunto che siffatto concetto è stato ripreso anche dalla Corte Costituzionale, la quale, sin dalla sua prima decisione (n.1 del 1956), ha affermato che "la norma la quale attribuisce un diritto non esclude il regolamento dell'esercizio di esso. Una disciplina delle modalità di esercizio di un diritto, in modo che l'attività di un individuo rivolta al perseguimento dei propri fini si concili con il perseguimento dei fini degli altri, non sarebbe perciò da considerare di per sé violazione o negazione del diritto. E se pure si pensasse che dalla disciplina dell'esercizio può anche derivare indirettamente un certo limite al diritto stesso, bisognerebbe ricordare che il concetto di limite è insito nel concetto di diritto e che nell'ambito dell'ordinamento le varie sfere giuridiche devono di necessità limitarsi reciprocamente, perché possano coesistere nell'ordinata convivenza civile74".

Inoltre i predetti limiti e, più in particolare, quelli di ordine pubblico e sicurezza si riflettono anche sul piano del diritto internazionale e del diritto comunitario75.

Orbene, in tutte queste ipotesi, essi vanno a -o meglio potrebbero- comportare una menomazione di alcune libertà fondamentali. Proprio partendo da tale impostazione, dalla lettura composita del complesso di disposizioni analizzate, si possono trarre alcune conclusioni di fondo: a) la sicurezza è sicuramente un bene di rilievo costituzionale; b) la sicurezza è un limite di alcuni diritti fondamentali; c) la sicurezza è uno specifico compito degli apparati dello Stato.

Dal primo punto di vista, la lettura complessiva delle citate disposizioni fa emergere subito una precisa dimensione della sicurezza quale bene costituzionalmente tutelato. Solamente un interesse ritenuto degno di tutela da parte della collettività organizzata, infatti,

74Così Corte cost. 14 giugno 1956, n. 1, in Giur. cost., 1956, pag. 1 e ss. 75Si pensi, in proposito, agli artt. 3 e 29 della Dichiarazione universale dei

diritti del 1948, agli artt.5, 8, 9, 10 e 11 della Convenzione europea dei diritti del 1950 (c.d. CEDU), all'art.9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e, infine, all'art. 6 della Carta europea dei diritti del 2000.

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può trovare tali molteplici riferimenti costituzionali, a tal punto da far ritenere che, nel complesso, non solo rappresenti una delle esigenze tenute bene in considerazione dal nostro Costituente, ma abbia una sua concreta ed autonoma fisionomia.

Dal secondo punto di vista, vengono in rilievo in particolare gli art. 14, 16, 17, e 41 Cost., all'interno dei quali la sicurezza è richiamata quale limite all'esercizio di specifiche libertà (di domicilio, di circolazione, di iniziativa economica). Trattasi quindi di libertà che, in qualche modo, potenzialmente incidono o coinvolgono soggetti indeterminati, o a causa del loro godimento obbligatoriamente plurisoggettivo (riunione), o a causa delle concrete modalità di esercizio (circolazione e iniziativa economica).

Dal terzo punto di vista, si tratta delle disposizioni che specificamente fanno riferimento all'autorità di pubblica sicurezza (art. 13 Cost.) o, alla sicurezza dello Stato o all'ordine pubblico e alla sicurezza (art. 117 secondo comma, lett. d e h, Cost.) 76. A queste, infine, si aggiungono

le disposizioni che riguardano (nei rapporti Stato-Autonomie) l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo per motivi di incolumità e sicurezza pubblica (art. 120, secondo comma, Cost.), nonché lo scioglimento da parte del Capo dello Stato dei Consigli regionali per motivi di sicurezza nazionale (art. 126 Cost.)77.

Dunque, se volessimo iniziare ad ipotizzare un percorso di ricostruzione del contenuto della sicurezza nella sua dimensione costituzionale, potremmo sicuramente affermare che quest’ultima si manifesta, come sicurezza individuale/collettiva e interna/esterna. Ciò sembra confermato, a ben vedere, anche dalla lettura sistematica del nostro dettato costituzionale, che vede la prospettiva individuale

76T.F. GIUPPONI, La sicurezza e le sue “dimensioni” costituzionali, in

Diritti umani. Teorie, analisi, applicazioni, a cura di S. VIDA, Bologna, 2008.

77M. DOGLIANI, Il volto costituzionale della sicurezza, in G. Cocco (a cura

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sottolineata dalla previsione di una serie di libertà tradizionalmente connesse alla sfera intangibile della persona nei confronti non solo delle possibili incisioni da parte di terzi, ma anche dell'arbitrio dei pubblici poteri.

A tale dimensione, però, si affianca anche quella collettiva, con particolare riferimento alla sicurezza quale esplicita limitazione all'esercizio di determinate fattispecie di libertà.

Per quanto riguarda, invece, la dimensione interna una conferma la si riscontra nei compiti propri dell’amministrazione di pubblica sicurezza; mentre il particolare riferimento alla sicurezza esterna di natura militare la si nota nei compiti affidati all'amministrazione della difesa78. In questo senso, tra l’altro, l’esplicito riferimento al dovere di difendere la patria ispirato allo “spirito democratico della Repubblica” (art. 52 Cost.) e il dovere di fedeltà alla Repubblica, solennemente sancito all'art.54 Cost. non possono che essere da supporto e collegamento tra la sicurezza nelle sue diverse connotazioni e la specifica attività oggetto del presente lavoro.

Non a caso, tutte le ricostruzioni avanzate negli anni in dottrina, riconducono il fondamento costituzionale di questa peculiare attività agli artt. 52 e 54 Cost.

Secondo una prima ricostruzione, che farebbe risalire la funzione informativa all'art. 54 Cost., e quindi al dovere di fedeltà alla Repubblica, tale dovere -in relazione all'attività di informazione- si concretizzerebbe nella tutela delle garanzie costituzionali e democratiche, con particolare riferimento al principio democratico. Tutto questo partendo dal presupposto che l'art. 54 Cost. non si manifesterebbe in egual modo nei confronti di tutti i cittadini, ma si

78T. F. GIUPPONI, La sicurezza e le sue “dimensioni” costituzionali, in

Diritti umani. Teorie, analisi, applicazioni, a cura di S. VIDA, Bologna, 2008.

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articolerebbe sulla base di ogni singola funzione svolta da ciascun soggetto dell'ordinamento79.

Una seconda ricostruzione, invece, tende a riconoscere al combinato disposto degli artt. 52 e 54 della Cost. l'ossatura sulla quale si riscontrerebbe il fondamento costituzionale dell'attività dei Servizi. L'art. 52 rappresenterebbe il fondamento inerente alla sicurezza connessa alla difesa esterna, mentre l'art. 54 il riferimento normativo della sicurezza sul piano interno.

Altri ancora fondano l'attività dei Servizi di informazione sul collegamento possibile tra l'art. 52 Cost. e l'art. 5 Cost. che, attraverso l'affermazione del sacro dovere di difendere la Patria, dovrebbe declinare quale fine ultimo quello "di protezione della sicurezza dello Stato-comunità -intesa come indipendenza nazionale, unità e indivisibilità della Repubblica (...) e come complesso di caratteri che ne esprimono la democraticità- contro ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico"80.

Infine, un'ultima interpretazione dottrinale non confida in un valido approccio costituzionale della già menzionata attività, valutandone poteri e limiti soltanto alla luce del sistema della tutela del metodo democratico e delle libertà fondamentali.

In ogni caso e a prescindere da qualsivoglia filone dottrinale, l'idea è che ci sia una generalizzata riconduzione dell'attività di informazione per la sicurezza esterna all'art. 52 Cost; per quanto riguarda invece l'attività sul piano interno, il problema di una reale identificazione costituzionale della stessa è molto più complicato, dato il difficile (ma necessario) coordinamento con gli specifici compiti di prevenzione dei

79Cosi, per tutti, S. LABRIOLA, Le informazioni per la sicurezza dello Stato,

Giuffrè, 1978, pag. 40 e ss.

80T. F. GIUPPONI, La riforma del sistema di informazione per la sicurezza

della Repubblica e la nuova disciplina del segreto di stato, in Nuovi profili del segreto di stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. ILLUMINATI, G. Giappichelli editore, Torino, 2010, pag. 59.

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reati tradizionalmente attribuiti all'amministrazione di pubblica sicurezza.

Anche la giurisprudenza a più riprese ha trovato nell'art. 52 un fondamento costituzionale alla peculiare attività oggetto di questa trattazione. In particolare, nella sentenza n. 82 del 1976, la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare che supremo è "l'interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l'interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, indipendenza e alla sua stessa sopravvivenza. Interesse presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quali ne sia il regime politico, che trova espressione, nel nostro testo costituzionale, nella formula solenne dell'art. 52, che proclama la difesa della Patria sacro dovere del cittadino81". Tale presa di posizione della Suprema Corte è stata poi confermata nelle successive occasioni, precisando l'ambito operativo delle esigenze connesse alla difesa e alla sicurezza nazionale.

Pertanto, alla luce di quanto appena detto, si può parlare di sicurezza esterna dello Stato con rifermento alla necessità di protezione da ogni azione potenzialmente violenta o sovversiva dell'ordine democratico al quale si ispira la nostra Carta fondamentale; ad essa va affiancata una tutela, sul piano interno, delle istituzioni repubblicane e dei cittadini in generale.

Dunque, anche se in via approssimativa, sembra in qualche modo profilarsi una possibile ricostruzione generale, in base alla quale le esigenze primarie della sicurezza potranno rappresentare un limite all’esercizio di specifiche libertà (laddove espressamente richiamate in Costituzione), nonché alla luce di un bilanciamento effettuato caso per caso dal Giudice delle leggi in caso di contrasto con altri interessi primari. In ogni caso, la sicurezza e l'incolumità dello Stato -che pur deve essere garantita- non può mai ledere i diritti fondamentali della

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persona; tutto questo, però, non venne immediatamente recepito dagli apparati istituzionali che, nell'istituire i primi Servizi di informazione della Repubblica italiana, non diedero uno stampo di tipo garantista82.