Corso di Laurea magistrale
(ordinamento ex D.M. 509/1999)
in Lingue e Culture dell’Asia Orientale
Prova Finale di Laurea
Il Grande Balzo in Avanti
delle donne cinesi:
retorica, propaganda e limiti
di una Liberazione
(1958-1961)
Relatore
Chiar.ma Prof.ssa Laura De Giorgi
Correlatore
Chiar.ma Prof.ssa Sofia Graziani
Laureanda
Enrica Bovetti
Matricola 818951
Anno Accademico
2011 / 2012
Ringraziamenti
Arrivata alla fine del mio lavoro, desidero, innanzitutto, ringraziare la professoressa Laura De Giorgi, per gli insegnamenti che mi ha impartito durante il mio percorso universitario e per il tempo dedicato alla mia tesi. Un sentito ringraziamento, in secondo luogo, alla professoressa Sofia Graziani, che mi ha aiutato, in questi mesi, nella ricerca del materiale e nella stesura della tesi, dandomi sempre utili consigli e supportandomi nei momenti di difficoltà. La mia riconoscenza va poi, alla professoressa Luisa Prudentino che, durante il mio periodo di studi a Parigi nell’ambito del progetto Erasmus, ha chiarito molti dubbi e mi ha fornito materiale filmico fondamentale per il mio lavoro.
Sono altresì riconoscente al personale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Università di Leiden per avermi aiutato a reperire i numeri della rivista
Zhongguo Funü (Donne Cinesi) dal 1958 al 1961, indispensabili nella
realizzazione della tesi.
Nel ripercorrere il mio iter universitario, il mio pensiero non può non andare ai miei genitori, Rere e Gian Carlo e ai miei fratelli, Mario, Alberto e Clara, che mi hanno sempre sostenuto, aiutato, supportato e sopportato con molta pazienza, in particolare nei mesi di scrittura della mia tesi di laurea magistrale.
Ringrazio Alessandra, amica e compagna di studi a Parigi che, nei mesi dedicati alla mia ricerca, ha saputo consigliarmi e ha partecipato attivamente al mio entusiasmo o al mio sconforto. Un sentito grazie anche a Carlotta che, nello stesso periodo, mi è stata vicina aiutandomi moltissimo.
Rivolgo un affettuoso pensiero alla mia migliore amica Anna che, laureanda come me, è stata un’importante compagnia nelle ore passate davanti allo schermo del computer.
Infine, ringrazio con tutto il cuore Stefano, per il suo appoggio, per la sua comprensione e per la forza che ha saputo infondermi in questi mesi, soprattutto quando dicevo che non sarei mai riuscita a …tagliare il traguardo.
前言
中国妇女的“大跃进”
本文分析讨论中国在转型为现代“新”强权国家的过程中,女性地位的转变与 革新也是不可忽视的,尤其是女性在社会里所扮演的角色。 中国女性的地位演变与中国在经济和政治上的变化,有极深切的关联。 在经历了1895 年甲午战争、1900 年义和团运动的压迫和一连串西方列强的入 侵,在满清政府中诞生了改革的需求。“女权”一词就是在此种社会背景下出 现的,与“人权”、“民权”同时并行着。而女性主义运动的领导人,更是坚 持倡导着“男女平等”的思想理念。 在二十世纪初,追求女性平等受教育、经济独立和参与政治等权力,不仅 是女权运动的拥护者,更是许多知识份子与改革者极力倡导的。 因为为了使中国能够逾越殖民势力统治和清帝国崩塌 (1911) 造成的政治危机, 就要从西方模式中汲取灵感并向令人垂涎的现代化国家发展,而儒家模式则无 法保证。“新女性”,正是产生在这样的一个历史环境下,成为新中国的标志, 完全不同于那个曾经只有儒家思想但毫无国际竞争力的旧中国。这样的思想一 直延续到新文化运动 (1915-‐1924)与五四运动的爆发(1919),这一系列思想与 文化思潮,孕育了许多在 1921 年创立中国共产党的重要领导者. 第一章介绍了,中国共产党自建党以来以及到后来建立中华人民共和国以 后,中国共产党的领导者从一开始,就展现出他们对女权主义思想的重视。中 国共产党始终坚持提倡男女平等,以及共同享有参政、议政的权利,因此许多 女性积极地加入支持这一党派。 二十年代末期,中共向马克思主义思想的转变,使中国共产党领导人以社会主 义的角度重新审视女性在当时社会中所扮演的角色,并进而认定女性解放是阶 级斗争的组成部分。因此对于那些女权运动的反对者,大多数均被视为有罪的 “资产阶级”。因此,很快地很快产生所谓的“资产阶级女权运动”和“无产阶级妇女解放运动”的区别。因为对于中国共产党而言,女性如果想获得到真 正的解放,须要为无产阶级而革命:任何反对为无产阶级革命的思想,都是错 误的。 自此之后,中共的关于女性议题的政策就朝着集中追求男女平等的方向发展。 在重新整理马克思、恩格斯的思想后,党内领导更加坚定地主张,女性只有能 为社会服务并得到经济上的独立自主能力后,才能得到真正的解放。在中华人 民共和国建国以后,1949 年十月,在中国共产党的领导下创立了中华全国民 主妇女联合会(ACDWF),联会目标是为追求男女平等以及女性追求自身在社会 的权利。在毛泽东领导的中国共产党时期,过去中国女性在婚姻里的不自由被 解放了,而且中华全国民主妇女联合会与中国共产党在政治和经济方面给予很 大的支持。 1958 年,中国共产党为了在短时间内赶超西方世界资本主义国家的目标开 展了大跃进运动(1958-1961)。为了达成目标,中共动员了全中国人民,尤其 是在具有大部份劳动力与大量生产力的农村地区,为发展中的工业国家打下了 重要的基础. 在大致描写了五十年代中国在经济和政治的情况后,第二章中,我叙述了女性 在城市与农村中劳动工作的情况。大跃进运动初期,约有百分之九十的中国女 性走出家庭,参与了原先只允许男性可作的工作。根据 1958 到 1960 年间中 国共产党的大跃进宣传海报,我们可以看到大量在工厂中工作的女性。而在农 业生产中,她们甚至都拥有在经济上独立的能力,这象徵着真正的女性解放。 特别是在详读与分析了大跃进期间所出版的“中国妇女”中的文章,及中华全 国民主妇女联合会(1957 年正式更名为中华全国妇女联合会;ACWF)出版的会 刊,我从中注意到妇女联合会向女性传达的思想,与党在经济及政治上的策论 是相当契合的。在中国共产党的领导之下,中国妇女终于解放了,随着大跃进 运动展开,中国妇女参与并成为社会主义的一份子,随着中国一同进入了共产 主义世界。
中国劳动妇女在全国工农业和其他各经济环节,做出了巨大的贡献。但在这样 的运动下,中国共产党也极力坚持着传统女性在身为人妻及母角色上的重要性 主张着女性先天的母性与生育能力,仍是建造社会的根本。 基于根深蒂固的中国传统文化,中国共产党也对全国人民提出推广这样的 一个规模典范。在第三章中指出了中国社会对富有中国文化传统美德人的重视 尤其在毛泽东执政时期更是被推崇的女性劳动模范天的人民公社中,许多妇女 团体丰盛的劳动成果,成为更多其他女性劳动者的模范。 在不少出版刊物关于妇女的文章中指出,每位女性劳动者都能达到不同劳动计 划中的目标,并不断地超越自我,为了使自己能不断的为正在成长的中国共产 党目标服务,尽心尽力。中共同时在平民文学中,极力赞扬这些劳动者,并宣 传此范例。李准于 1959 年创作的故事中女主人公李双双,在大跃进运动期间 就非常炙手可热。 她嫁给了一个思想守旧、认为女性在社会经济与政治中毫 无地位的传统男人,李双双把握了大跃进运动所带来的机会,积极地在当地集 体食堂服务,反抗丈夫的旧思想,大力带动其他妇女投入社会劳动,并忠诚地 追随着终于解放了女性的中国共产党。 在大跃进运动期间,中国共产党所描绘的美好蓝图却渐渐与现实产生了巨 大的冲突与矛盾。虽然毛泽东创建人民公社的目的是为了保障温饱与粮食充裕 创造了共产主义的巅峰状态,但大跃进运动,却是人类文明史上造成严重大饥 荒的原因之一。在第四章中的第一部分,对照比较出共产党领导人所作的诺言 与官方报刊所呈现出人民实际的生活情况,证实了大跃进运动一连串的失败以 及政治或经济的错误动机所带来的惨痛教训。在对宣传政策与真实状况之间的 矛盾分析后,我描绘了在劳力动员和食物的缺乏情况下,对妇女在无论是于身 体或生育健康所带来的严重影响。过长时间的农产劳动工作、对女性劳动者健 康的忽视,和医疗服务的不完善,都造成了无法保障妇女仍保有对家庭生活与 家庭工作的掌握,而这都违背了中国共产党和全中国妇女工商联会所宣传的宗 旨。但这样的信念,却使毛泽东和大跃进运动的政治家的思想更加盲目,并更 激进地组织了生产队。不断地超越自我的极限、不择手段地达到中央政府所下
达的目标,以及对女性劳动者身体状况的极度不重视等,都是这类政策的恶果 也正因如此,它们进而给许多妇女们带来了痛苦不堪的生活。 我的研究特别专注于,在大跃进运动期间中国共产党关于妇女议题的政策、 宣传以及真实民间情况的联系,和大跃进运动对中国妇女生活所产生的影在仔 细详读在“中国妇女” 和“人民日报”中出 版的文章和中国共产党及中华全 国妇女联合会官方文件后,我开始分析中共对妇女的宣传用语,并了解党内对 妇女解放运动的相关政策。根据可搜集到的资料研究,在深入认识社会主义的 建构机制过程后,更使我进而探讨更偏僻的农村生活。 事实上,关于大跃进运动的西方研究均从七十年代开始,更多是集中在对农村 居民生活情况上的研究上。首先,这是因为大多数中国居民都是定居在农村地 区,并都是以务农为生,而农业则是中国最根本的资源与经济基础。 举例来
说, 从由Gail Hershatter 和 Kimberley Ens Manning 所主导的访问中,能够帮
助我们更加了解在毛泽东执政期间,农村妇女的生活情况。同样地,从其他关 于谈论大跃进运动的失败,及西方国家在八十和九十年代、最近十年中国对大 饥荒时期的研究,我们可发现几乎都显示出在农村的悲剧影响。 其中,我将张乐天于 1998 年,对于人民公社的制度和中国共产党政策的有限 的分析、杨济生在 2008 年对大饥荒状况所造成后果的调查,部分段落翻译成 意大利文。 原先在中国大陆被列为禁论议题的大饥荒与大跃进运动严重的影响,现今 却是许多中国研究者和记者讨论的话题。许多当年被封禁的与大跃进运动相关 的文件资料,如今却可从不同角度观点审视。2012 年六月出版的“中国大饥 荒”一书中,周逊将许多从 1957 年到 1961 年间、由地方党部所编写,关于 大饥荒时期偏僻乡村地区,百姓无止尽的痛苦磨难生活写照的相关政府文件地 方资料,译成英文。这些资料给了我们机会,以更精确的角度来看待和评论当 时的政策宣传与真实状况间的差异,并更了解中国共产党在“解放”中国妇女 显而易见的局限之处。
Indice
Il Grande Balzo in Avanti delle Donne
Cinesi: retorica, propaganda e limiti
di una Liberazione (1958-1961)
Introduzione
p. 11. La politica di genere del Partito Comunista
Cinese dalle origini alla fondazione della RPC
1.1 La “questione femminile” all’indomani della nascita della Repubblica p. 7 1.2 La formazione della politica di genere del PCC p. 16 1.3 Il PCC e le donne nella Cina rivoluzionaria:
l’esperienza nel Jiangxi e a Yan’an p. 21
2. un Grande Balzo in Avanti: le donne cinesi,
protagoniste attive della costruzione socialista
2.1 Economia e società dal 1949 al Grande Balzo in Avanti:
un quadro d’ insieme p. 33 2.2 La Federazione Nazionale Democratica delle Donne Cinesi:
verso un coinvolgimento di massa delle donne nel socialismo p. 46
2.2.1 La nascita della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi 2.2.2 La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi, il PCC
e la costruzione socialista: dai primi anni Cinquanta al Grande Balzo in Avanti
2.3 Le donne e il lavoro durante il movimento di collettivizzazione
e il Grande Balzo in Avanti p. 60
2.3.1 Le donne e il lavoro nelle aree rurali 2.3.2 Le donne e il lavoro nelle aree urbane
3. Il grande balzo in avanti e i modelli di ruolo
nella propaganda del PCC
3.1 Modelli di ruolo nella cultura cinese: il periodo maoista
e l’eredità confuciana p. 79 3.2 Le donne e i modelli di emulazione:
dal “Lienü Zhuan” alle “nüjie diyi” p. 92 3.3 Modelli di emulazione femminili durante il Grande Balzo in Avanti p. 104
4. Il disastro del Grande Balzo in Avanti:
Illusioni e limiti di una Liberazione
4.1 Il fallimento del Grande Balzo in Avanti:
una tragedia umana p. 117 4.2 Essere donna e madre durante la grande carestia p. 138 4.3 Il lavoro, la liberazione e la partecipazione politica delle donne
durante il Grande Balzo: dove finisce l’utopia e inizia la realtà p. 148
Conclusione
p. 162Glossario
p. 166Bibliografia
p. 171Documenti tratti dalla rete
p. 184Filmografia
p. 186Introduzione
Nell’analizzare il percorso della nazione cinese verso la trasformazione in un paese moderno forte e “nuovo”, è impossibile trascurare l’evoluzione della figura della donna e, soprattutto, del suo ruolo nella società.
Le discussioni riguardo ai diritti delle donne furono, alla loro nascita, profondamente legati alla situazione economica e politica della Cina. L’oppressione delle potenze straniere, la guerra contro il Giappone del 1895 e la repressione della Rivolta dei Boxer nel 1900, portarono alla nascita di esigenze riformiste in seno al governo della dinastia Qing. Il termine nüquan, “diritti della donna”, emerse proprio in tale ambito, insieme alla promozione dei “diritti naturali”(tianfu renquan) e dei “diritti civili”(minquan). I movimenti femministi formatisi in questo periodo, si fecero portavoce di tali diritti e del concetto di “uguaglianza tra uomo e donna” (nannü pingdeng).
Nei primi decenni del Novecento il diritto all’educazione, all’indipendenza economica e alla partecipazione politica per le donne, si presentava come obiettivo comune sia delle attiviste legate ai gruppi femministi, sia di molti intellettuali e riformisti. Perché la Cina potesse superare la crisi politica causata dal dominio delle potenze colonialiste e dal crollo dell’impero (1911), si doveva trarre ispirazione dall’esempio occidentale e progredire verso la tanto agognata modernità, che il modello confuciano non poteva garantire. La figura della “donna nuova” (xin nüxing) nacque in tale ambito, come emblema di una nuova
Cina opposta alla vecchia Cina confuciana, considerata inadeguata a rappresentare un paese competitivo a livello internazionale. Questo genere di idee fu portato avanti dal Movimento di Nuova Cultura (1915-‐1924) e dal Movimento del Quattro Maggio scoppiato nel 1919, da cui emersero molti intellettuali che nel periodo successivo divennero attivi nel Partito Comunista Cinese (PCC), nato nel 1921.
Come messo in evidenza nel primo capitolo introduttivo, dedicato alle politiche di genere del PCC dalla sua nascita fino alla fondazione della Repubblica
Popolare Cinese (RPC), i leader comunisti inizialmente mostrarono un genuino interesse verso le istanze femministe. Molte donne aderirono con entusiasmo al nuovo partito, che sosteneva l’uguaglianza tra i sessi e l’importanza della partecipazione delle donne nella politica e nell’economia.
La conversione al Marxismo alla fine degli anni Venti, portò la leadership del partito a leggere in chiave socialista i dibattiti sul ruolo della donna nella società, e a identificare l’emancipazione del sesso femminile come parte integrante della lotta di classe. Le attiviste che si opponevano alla convergenza degli interessi delle donne con quelli del partito venivano, nella maggior parte dei casi, accusate di tendenze “borghesi” (zichan jieji). Si venne ben presto a tracciare una forte linea di demarcazione tra il “movimento borghese femminista” (zichan
jieji nüquan yundong) e il “movimento proletario di emancipazione femminile”
(wuchan jieji funü jiefang yundong). Secondo il PCC, dunque, la rivoluzione
proletaria costituiva il presupposto essenziale per raggiungere la vera liberazione della donna: nessuna idea in contrasto con queste condizioni poteva essere accettabile.
Da quel momento le politiche che il PCC portò avanti riguardo alla questione femminile si concentrarono sul raggiungimento dell’uguaglianza tra uomo e donna. Rifacendosi al pensiero di Engels e Marx, la leadership del partito sosteneva con fermezza che la donna sarebbe stata liberata diventando parte attiva della società e raggiungendo l’indipendenza economica. La Federazione Nazionale delle Donne Cinesi (Zhonghua quanguo minzhu funü
lianhehui ;ACDWF1) istituita pochi mesi dopo la nascita della RPC nell’ottobre del 1949, si presentava come un’organizzazione di massa sotto la guida del PCC, con lo scopo di promuovere la partecipazione delle donne nella costruzione del socialismo e l’uguaglianza tra i sessi. I successi ottenuti dalle donne grazie al PCC come l’abolizione del sistema tradizionale di matrimonio che prevedeva una completa sottomissione della donna, furono accompagnati, durante tutto il periodo maoista, da un totale appoggio da parte dell’ACDWF alle politiche economiche e alle campagne sociali promosse dal partito.
1 D’ora in poi per indicare la Federazione Democratica delle Donne Cinesi sarà utilizzato
Nel 1958 il PCC lanciò il Grande Balzo in Avanti (1958-‐1961), con l’obiettivo di trasformare la Cina in una forte potenza industriale socialista e superare, nel giro di pochi anni, la produzione delle più avanzate nazioni occidentali. Per raggiungere tale obiettivo l’intera popolazione cinese fu mobilitata in particolare nelle campagne, dove si concentrava la maggior parte della manodopera e dove un aumento massiccio della produzione agricola doveva fornire il surplus fondamentale per lo sviluppo industriale del paese.
Nel secondo capitolo, dopo aver inquadrato a grandi linee la situazione economica e politica della Cina negli anni Cinquanta, ho descritto il rapporto tra le donne e il lavoro sia nelle città che nelle campagne. Con l’inizio del Grande Balzo in Avanti, circa il 90 percento delle donne cinesi fu coinvolto in attività e lavori fuori dalle mura domestiche, andando a ricoprire ruoli in precedenza di competenza esclusivamente maschile. Secondo la propaganda diffusa dal PCC tra il 1958 e il 1960, l’entrata di massa delle donne nel settore industriale e in particolare in quello agricolo, poteva garantire loro indipendenza economica e, dunque, una vera emancipazione. Analizzando gli articoli pubblicati in quegli anni su “Donne Cinesi” (Zhongguo Funü), la rivista ufficiale dell’ACDWF (che nel
1957 cambiò il proprio nome in Federazione Nazionale delle Donne Cinesi; ACWF), ho potuto notare come il messaggio lanciato alle donne dalla Federazione fosse in perfetta armonia con quello delle politiche economiche promosse dal partito. Sotto la guida del PCC, le donne erano state finalmente liberate, e con il Grande Balzo in Avanti potevano, insieme alla nazione intera, entrare nel comunismo e partecipare alla costruzione socialista. Frequenti sono, sul mensile, i riferimenti al contributo della manodopera femminile nell’agricoltura, nella fusione dell’acciaio e in ogni ambito dell’economia del paese. Nonostante il forte appello al lavoro, però, i discorsi ufficiali del PCC continuarono a sostenere l’importanza del ruolo tradizionale di mogli e madri, ponendo la maternità e la protezione della salute procreativa della donna al centro della costruzione socialista.
Seguendo una tradizione consolidata nella cultura cinese, il partito promosse la pubblicizzazione di modelli che, a seconda del messaggio politico che si voleva trasmettere, dovevano fungere da esempio per la popolazione intera o per un
determinato gruppo sociale. Il terzo capitolo è, dunque, dedicato all’importanza dei modelli di emulazione nella cultura cinese fin dall’antichità e, in particolare, a quelli proposti alle donne in epoca maoista. Durante il Grande Balzo in Avanti, nelle comuni popolari, istituite nel 1958 e divenute il simbolo della nuova campagna economica, numerosi team di produzione femminili si distinsero per i risultati ottenuti e divennero degli esempi per molte lavoratrici. Leggendo gli spazi dedicati dalla stampa alle donne, ogni lavoratrice poteva apprezzare i traguardi raggiunti dalle diverse brigate di produzione e mettersi in competizione con esse per servire gli obiettivi del PCC in un crescente clima d’isteria e fermento politici. Anche la letteratura popolare contribuì alla creazione di personaggi nei quali il popolo potesse identificarsi e di cui potesse ammirare le virtù. Li Shuangshuang, la protagonista del racconto scritto da Li Zhun nel 1959, divenne molto popolare durante gli anni del Grande Balzo in Avanti. Sposata con un uomo di mentalità arretrata, contrario alla possibilità per le donne di dare un contributo alla società e all’economia cinese, Li Shuangshuang coglie le opportunità offerte dal Grande Balzo in Avanti. Promuove attivamente il servizio di mensa collettiva nella propria comune, si ribella all’autorità del marito e spinge le altre donne a lavorare per la costruzione socialista e a seguire fedelmente il PCC, che le avrebbe finalmente guidate verso la vera emancipazione.
Il sogno di prosperità e ricchezza delineato dal PCC durante il Grande Balzo in Avanti, però, andò a scontrarsi con la realtà. Sebbene l’entrata nel comunismo auspicata da Mao Zedong con la costruzione delle comuni avrebbe dovuto garantire cibo in abbondanza, il Grande Balzo in Avanti fu la causa di una delle più terribili carestie della storia dell’umanità. Il quarto capitolo, nella prima parte, ponendo a confronto le promesse fatte dalla leadership comunista e dai media ufficiali con le effettive condizioni vissute dalla popolazione, mette in luce le conseguenze del fallimento del Grande Balzo in Avanti e le motivazioni politiche ed economiche che portarono ad una simile tragedia. Proseguendo nell’analisi delle discrepanze tra propaganda e realtà, ho descritto gli effetti che la mobilitazione nel lavoro e la diffusa mancanza di cibo hanno avuto sul fisico delle donne e sulla loro salute procreativa. Le lunghissime ore trascorse nei
campi, le scarse attenzioni dedicate alla tutela della salute delle lavoratrici e l’inadeguatezza dei servizi collettivi che avrebbero dovuto garantire alle donne la liberazione dai lavori domestici, si posero in netto contrasto con i messaggi lanciati dal PCC e dall’ACWF. La fede cieca nel pensiero di Mao e nelle politiche del Grande Balzo in Avanti, poi, contribuì alla formazione di episodi di radicalismo politico tra diverse attiviste a capo di squadre di produzione. Il superamento dei propri limiti, il raggiungimento ad ogni costo dei target di produzione imposti dal governo centrale e il disinteresse per la tutela del corpo femminile, erano alla base di questo tipo di idee, che portarono patimenti e sofferenza a moltissime donne.
Il mio studio si focalizza, in particolare, sulla propaganda del PCC riguardo alla questione femminile durante il Grande Balzo in Avanti, sul rapporto tra retorica e realtà e sulle conseguenze che la campagna economica promossa in questi anni ha avuto nella vita delle donne cinesi.
Basandomi sulla lettura diretta in lingua cinese della rivista “Donne Cinesi”, del “Quotidiano del Popolo” e di documenti ufficiali del PCC e dell’ACWF, ho potuto analizzare direttamente il linguaggio della propaganda destinata alle donne e comprendere le politiche di genere adottate dal partito nel movimento di emancipazione femminile. Nell’approfondire i meccanismi di partecipazione nella costruzione socialista, le fonti cui ho potuto accedere mi hanno permesso di dedicare maggiore attenzione alle condizioni di vita nelle aree rurali. Gli studi principali condotti in Occidente sul Grande Balzo in Avanti dagli anni Settanta, infatti, si concentrano soprattutto sulla situazione della popolazione contadina Prima di tutto, la maggior parte dei cinesi risiedeva nelle aree rurali ed era dedita alle attività agricole e contadine, da sempre una risorsa fondamentale della nazione. In secondo luogo, nelle campagne cinesi le innovazioni e i terribili effetti del Grande Balzo in Avanti furono vissuti con maggiore intensità. Le interviste condotte da Gail Hershatter e Kimberley Ens Manning, ad esempio, aiutano a comprendere la situazione delle donne residenti nei villaggi rurali durante il periodo maoista. Allo stesso modo, anche gli studi sul fallimento del Grande Balzo in Avanti e sulla carestia compiuti in Occidente negli anni Ottanta e Novanta e in Cina negli ultimi dieci anni, si focalizzano quasi esclusivamente
sugli effetti della tragedia nelle comuni rurali. Ne sono un esempio, l’analisi di Zhang Letian del 1998 sul sistema delle comuni popolari e sui limiti della propaganda del PCC e quella dedicata alle conseguenze della carestia condotta da Yang Jisheng nel 2008, di cui ho riportato alcune parti in traduzione italiana. La carestia e i gravi effetti del Grande Balzo in Avanti, in precedenza argomento tabù nella Cina continentale, hanno cominciato a diventare dunque oggetto di discussione da parte degli studiosi e dei giornalisti cinesi. La possibilità di accedere a documenti prima impossibili da consultare, ha permesso, inoltre, di analizzare gli anni del Grande Balzo in Avanti da diversi punti di vista. In “The Great Famine in China”, pubblicato nel giugno del 2012, Xun Zhou rende disponibili in traduzione inglese documenti provenienti da numerosi archivi locali, relativi al periodo compreso tra il 1957 e il 1961. Si tratta, per lo più, di rapporti compilati da quadri di partito locali sulle condizioni di profonda sofferenza vissute dalla popolazione rurale durante la carestia. Fonti come queste ci danno l’opportunità di commentare con maggiore precisione le profonde contraddizioni esistenti tra propaganda e realtà e di individuare i limiti evidenti della “liberazione” della donna cinese promessa dal PCC.
Capitolo Primo
La politica di genere del Partito
Comunista Cinese dalle origini alla
nascita dei grandi movimenti di massa
degli anni Cinquanta
1.1 La “questione femminile” all’indomani della
nascita della Repubblica
Nel 1905 Zhu Zhixin (1884-‐1920), uno studente che apparteneva al gruppo di rivoluzionari di Sun Yat-‐Sen (1866-‐1825) in esilio in Giappone, fu il primo a tradurre in lingua cinese una parte degli scritti di Karl Marx. Si trattava di alcuni passaggi presenti nella seconda parte del Manifesto del Comunismo, che Zhu utilizzò come introduzione per uno dei suoi due articoli intitolati “Brevi biografie di rivoluzionari sociali tedeschi”.1 Sebbene già nel 1903 fossero stati introdotti in Cina alcuni saggi giapponesi sulla storia del socialismo in Europa e vicini al pensiero marxista, solamente dal 1905, anno in cui la prima Rivoluzione Russa raggiunse il suo apice,2iniziarono a diffondersi influenze di tipo socialista nei circoli rivoluzionari Cinesi.
1 Maurice MEISNER, Li Ta-‐ Chao and the Origins of Chinese Communism, Cambridge, Mass:
Harvard University Press, 1967, pp. 53-‐54.
2 La cosiddetta “prima Rivoluzione Russa” può essere fatta risalire all’autunno del 1904. I primi
a ribellarsi all’opprimente sistema zarista furono intellettuali borghesi liberali, poi seguiti nella protesta da altri gruppi sociali che aspiravano a un profondo cambiamento politico. Dalla fine del 1904 a quella del 1905 l’atteggiamento dell’impero zarista oscillò tra accordi e repressioni nei confronti dei rivoltosi, uscendo sempre più indebolito dall’esperienza. La rivoluzione, che raggiunse il culmine della violenza nell’ottobre del 1905 e terminò solo nel 1907, non permise ai gruppi in lotta di ottenere una caduta del regime zarista, tuttavia compromise irreparabilmente il sistema. Qualcosa si era rotto nella macchina assolutista dell’impero, e la prima rivoluzione, secondo l’interpretazione che in seguito Lenin darà dell’avvenimento storico, costituì una “prova generale” per il successo della celebre Rivoluzione d’Ottobre del 1917.
(segue nota) Cfr. Abraham ASCHER, The Revolution of 1905: a Short History, Standford, Standford University Press, California, 2004.
Molti rivoltosi esuli in Giappone come Zhu Zhixin, iniziarono ad avvertire una sorta di profondo legame con i protagonisti della rivolta russa, la cui lotta contro l’assolutismo zarista era messa a confronto con la loro personale avversione nei confronti del governo mancese.3 Appare perciò evidente come fossero considerati necessari cambiamenti e riforme nella società cinese dell’inizio del Novecento. Dopo la caduta dell’impero avvenuta nel 1911 emersero nel paese nuovi fermenti sociali e culturali che culminarono nei movimenti di Nuova Cultura4 e del Quattro Maggio: di essi furono protagonisti gli intellettuali che nel luglio del 1921 avrebbero fondato il Partito Comunista Cinese. L’avvio del Movimento di Nuova Cultura coincise con la pubblicazione nel 1915 del primo numero della rivista Xin Qingnian (Gioventù Nuova), fondata da Chen Duxiu, intellettuale e futuro primo segretario del PCC. Dalle pagine del neonato periodico molti intellettuali lanciarono messaggi che contribuirono a forgiare il pensiero di tanti studenti universitari. Iniziava a farsi strada la convinzione che i valori confuciani ormai da secoli radicati nella cultura cinese fossero obsoleti e non potessero permettere alla Cina di competere con le altre nazioni moderne. A poco a poco l’idea dominante negli ambienti intellettuali ed accademici
3 Meisner descrive l’influenza che la Rivoluzione Russa ebbe sugli intellettuali cinesi del periodo
e percorre le tappe dell’introduzione della dottrina marxista in Cina negli anni immediatamente precedenti alla caduta dell’Impero Qing e al Movimento del Quattro Maggio. I rivoluzionari cinesi nel periodo tra la Rivoluzione Russa del 1905 e la Rivoluzione Bolscevica del 1917 si dimostrarono più attratti dalle teorie anarchiche che dal pensiero marxista. Quest’ultimo non forniva una risposta immediata a quella che per essi era la priorità di quel momento storico: il rovesciamento dell’impero mancese. La dottrina del filosofo tedesco si rivolgeva ad una società in cui fosse presente una classe capitalista e un proletariato urbano. Non era questa la condizione dell’impero cinese agli inizi del Novecento. La fine della Prima Guerra Mondiale contribuì a minare l’immagine di un Occidente stabile e democratico diffusa tra gli intellettuali cinesi. Con il trattato di Versailles del 1919 e l’umiliazione subita dalla nazione cinese, molti studenti ed intellettuali iniziarono a guardare con maggiore interesse alle idee anticapitaliste e anti imperialiste del marxismo-‐leninismo. MEISNER, Li Ta-‐ Chao…, cit., pp. 53-‐54; Maurice MEISNER, Mao e la Rivoluzione cinese, Torino, Einaudi, 2010, pp. 39-‐ 40.
4 Il Movimento di Nuova Cultura, sviluppatosi tra il 1915 e il 1919, vide la radicalizzazione del
pensiero di giovani studenti attivisti di quegli anni, come Mao Zedong. Nato dopo la caduta dell’impero costituì la fase iniziale del movimento del Quattro Maggio e “rappresentò un momento di occidentalizzazione del pensiero e di iconoclastia intellettuale”(MEISNER, Mao…, p. 9). E’ curioso notare come il motto del movimento lanciato dalle pagine della rivista “Gioventù Nuova” fosse “distruggere prima di costruire”, più celebre come parola d’ordine maoista ai tempi della Rivoluzione Culturale. MEISNER, Mao…, cit., p. 9.
divenne quella che la sopravvivenza del sistema di valori tradizionale non poteva far altro che impedire la realizzazione e la libertà dell’individuo.5
Il trattato di Versailles del 1919 stabilì la cessione al Giappone dei possedimenti tedeschi in Cina; un avvenimento che fu accolto dagli intellettuali cinesi come un vero e proprio tradimento da parte delle potenze occidentali e fu il motivo scatenante della rivolta del 4 maggio 1919, giorno in cui circa tremila studenti universitari protestarono nella città di Pechino. Era iniziato quello che ancora oggi è conosciuto come il Movimento del Quattro Maggio, che per circa un decennio portò a trasformazioni soprattutto di orientamento anti-‐tradizionale.6 In questi anni, studenti e professori che aderirono alla protesta del Quattro Maggio, si orientarono verso teorie socialiste, accantonando quelle anarchiche e portando avanti un pensiero che contrastava sia l’imperialismo occidentale, sia la società tradizionale.7 Il simbolo principale del sistema di valori confuciano era la famiglia cinese, che poteva essere considerata come una rappresentazione in scala minore della società e nella quale la donna aveva da sempre rivestito un ruolo di subordinazione e inferiorità. La tendenza a valutare la posizione della donna come un modo per valutare il grado di progresso di un paese si affermò durante il movimento di Nuova Cultura e del Quattro Maggio, ma affondava le sue radici in tarda epoca Qing. Celebri riformisti come Liang Qichao (1873-‐ 1929) e Kang Youwei (1858-‐1927) avevano sostenuto che fosse necessario per le donne accedere all’’istruzione e ricoprire un ruolo più importante nella società.8 La donna doveva dunque riscattarsi, sciogliere le catene che da secoli la opprimevano e divenire il simbolo vivente di una riscossa della Cina. Allo stesso tempo il corpo della donna ridotto in schiavitù da pratiche barbare, come quella
5 Ibid., pp. 10-‐11. 6 Ibid., p. 27. 7 Ibid., p. 28.
8 Laura DE GIORGI, “La società cinese tra l’ultima parte del XIX secolo e il 1949”, in Guido
SAMARANI e Maurizio SCARPARI (a cura di), La Cina Vol. III: Verso la modernità, Torino, Einaudi, 2009, p. 540. Questo tipo di pensiero trovava senza dubbio un riscontro in un’influenza occidentale: vennero conosciute nuove tipologie di figure femminili, portate da intellettuali e viaggiatori che erano entrati in contatto con le nazioni europee o dalle stesse donne straniere che vivevano in Cina. Requisito indispensabile per permettere alla nazione cinese di trasformarsi in una potenza moderna e competitiva era quello di permettere alle donne di uscire dalla loro condizione di subordinazione e partecipare alla vita attiva della società. In questo modo la liberazione della donna diveniva come uno strumento per raggiungere un obiettivo, non un vero e proprio obiettivo di per sé.
della fasciatura dei piedi,9diveniva l’incarnazione della nazione cinese, schiacciata dal giogo delle potenze capitalistiche sin dal tardo periodo Qing.10 Gli attivisti del movimento del Quattro Maggio cominciarono una critica forte e spietata del sistema di valori cinese, ponendo la questione femminile spesso al centro del dibattito sulla modernizzazione. La liberazione della donna, ideale che percorrerà la storia della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e che fa ancora discutere ai nostri giorni, divenne in quegli anni il punto di separazione fra la Cina arretrata e feudale e la Cina moderna. Studenti e intellettuali protagonisti della scena politica e culturale nei primi vent’anni del XX secolo e che saranno poi attivi nella vita del PCC, iniziarono a formare un proprio pensiero sulla questione femminile e a produrre molti scritti che “ponevano una sfida alla cultura dominante e invocavano una trasformazione sociale dei valori e delle relazioni interpersonali”.11
Chen Duxiu sulle pagine di Xin Qingnian, rivista che continuava a essere un punto di riferimento per studenti e intellettuali, criticava la famiglia confuciana, considerata per la donna una vera e propria prigione in una società arretrata. Come egli stesso scrisse nel 1916:
Le donne non hanno libertà e conducono una vita miserabile. Anno dopo anno queste promettenti giovani donne hanno vissuto
9 Per un approfondimento sulla pratica della fasciatura dei piedi in Cina:
Laura DE GIORGI, “Costume tortura? La fasciatura dei piedi in Cina”, DEP, (Deportate, esuli, profughe) Rivista telematica di studi sulla memoria femminile n.16, 2011, pp. 50-‐62.
10 Cfr. Dorothy KO, WANG Zheng (a cura di), Translating Feminism in China, Oxford, Blackwell,
2007. Il riferimento al corpo della donna, durante tutto il XX secolo è emerso come tema centrale in Cina nelle discussioni sui diritti delle donne e sulla loro liberazione (p. 9). Simbolo della sofferenza della nazione “violentata” dalle potenze occidentali, ma anche emblema di una volontà di riscatto e forza morale: il governo nazionalista negli anni Trenta incoraggiò le donne a fare attività sportiva e rinvigorire il proprio fisico per far fronte al periodo di crisi dovuto alla guerra contro il Giappone. Allo stesso tempo si lanciava un messaggio di purezza e moralità, poiché, con il movimento Nuova Vita, Chiang Kai-‐shek voleva mostrare una donna forte ma integra e legata alle tradizioni. Cfr. GAO Yunxiang, “Nationalist and Feminist Discourses on Jianmei (Robust Beauty) during China’s ‘national crisis’ in the 1930s”, in KO, WANG, Translating Feminism…, cit., pp. 104 -‐137.
11 Christina GILMARTIN, “The Politics of Gender in the Making of the Party”, in Tony SAICH, Hans VAN DE VEN (a cura di), New perspectives Chinese on the Communist Revolution,, New York, M. E. Sharpe , 1995, p. 33.
un’esistenza menomata nel fisico e nello spirito. Tutto questo non è che il risultato dell’insegnamento del decoro confuciano[…]. Le donne occidentali scelgono la loro professione, come quella di avvocato, fisico, impiegato. Ma nella dottrina confuciana il marito è lo standard che la donna deve perseguire. In questo modo la donna è supportata dal coniuge e non può gioire di un’esistenza indipendente. In Occidente genitori e figli solitamente non vivono insieme e le nuore, in particolare, non hanno l’obbligo di servire i suoceri. Nella dottrina confuciana, invece, la donna non deve disobbedire, non deve essere pigra nell’eseguire gli ordini dello sposo, dei genitori o dei suoceri. Questo è il motivo per cui la tragedia delle crudeltà subite dalle nuore non è mai cessata nella società cinese.12
Le nuove generazioni, cui la rivista di Chen Duxiu si rivolgeva, erano chiamate alla ribellione e alla lotta contro la “moralità schiavista” confuciana. L’invito dell’autore a essere “progressisti, non conservatori, indipendenti, non servili” doveva far presa anche sulle donne la cui condizione di “schiavitù” familiare non era più tollerabile.13
Anche il futuro “Grande Timoniere” della Cina, Mao Zedong (1893-‐1976), si fece in quegli anni che precedevano la fondazione del PCC e una sua vera e propria conversione al comunismo, portavoce di istanze sulla cosiddetta “questione femminile”. Nel 1919 egli fondò a Changsha il settimanale “Rivista del Fiume Xiang”, il cui primo numero fu pubblicato il 14 luglio.14 Sebbene il periodico fosse stato soppresso dopo la pubblicazione di appena cinque numeri, ebbe molto successo e gli scritti di Mao vennero apprezzati dagli intellettuali più influenti che collaboravano a Xin Qingnian, come Hu Shi (1891-‐1962) e Li
12 CHEN Duxiu 陈独秀, “Kongzi zhi dao yu xiandai shenghuo” 孔子之道与现代生活 (The Way of
Confucius and the Modern Life), in Xin Qingnian, 2, no 4, 16 dicembre 1916 pubblicato e tradotto in Elizabeth CROLL, Feminism and Socialism in China, London, Routledge and Kegan Paul, 1978, pp. 82-‐ 83.
13 CHEN Duxiu 陈独秀, ”Jinggao qingnian” , 警告青年 (Call to Youth), 1915, tradotto in Ssu-‐yu
TENG e John K. FAIRBANK (a cura di), China’s Response to the West, A Documentary Survey, 1839-‐ 1923, New York, 1967, p. 240.
Dazhao (1888-‐1927). Per questo motivo, i suoi articoli continuarono a essere pubblicati su molte riviste, tra cui il periodico Dagongbao, molto importante a Changsha. Tra questi, rivelano grande coinvolgimento emotivo e passione i dieci scritti dedicati alla condizione della donna cinese, pubblicati sullo stesso
Dagongbao nel novembre 1919.15 Mao diede il via alla riflessione sulla questione femminile partendo da un episodio specifico che si verificò all’inizio di novembre, e che utilizzò per formulare la sua critica alla società confuciana e in particolare alla pratica dei matrimoni combinati.
La signorina Zhao, ventitré anni, era stata costretta dal padre a sposare un uomo anziano che non conosceva e di cui sarebbe dovuta diventare la seconda moglie. Durante il tragitto che stava compiendo sulla portantina nuziale, la donna si tagliò la gola con un rasoio e pose fine ai suoi giorni in un gesto di disperazione. Mao scelse questo caso, tra i moltissimi di donne che si tolsero la vita in circostanze simili, per la “spettacolarità” dell’atto commesso dalla giovane, la cui vicenda ben presto divenne celebre nell’intero paese.16 In due settimane il giovane Mao compose ben dieci articoli riguardanti la tragica fine della ragazza e che rientravano nella denuncia della condizione femminile da parte degli intellettuali legati al movimento del Quattro Maggio.17 Il 16 novembre del 1919, nel primo dei suoi dieci articoli, Mao affermava:
Quando qualcosa succede nella società, non dobbiamo sottovalutarne l’importanza. I retroscena di ogni avvenimento ne contengono i diversi motivi che l’hanno causato. Per esempio, la morte di una persona può essere spiegata in due modi. Uno è biologico e fisico, come nel caso di una morte in età avanzata, in “tempi maturi”. L’altro va contro fattori di tipo biologico e fisico, come nel caso di morti “premature” o “innaturali”. Il suicidio di una persona è determinato interamente dalle circostanze. L’intento originario della Signorina Zhao, era quello di trovare la morte? No, era quello di ricercare la
15 Ibid., p. 34.
16 Christina GILMARTIN, Engendering the Chinese Revolution: Radical Women, Communist Politics and Mass Movements in the 1920s, Berkeley: University of California Press, 1995, p. 26.
vita. Se, alla fine, ella ha scelto la morte è stato perché le circostanze l’hanno portata a ciò. Esse comprendevano: (1) la società cinese, (2) la sua famiglia che viveva nella residenza Zhao a Changsha, (3) la famiglia Wu del Giardino degli Aranci di Changsha, famiglia del futuro marito che ella non voleva. Questi tre fattori costituivano tre reti d’acciaio, che possiamo immaginare come una sorta di gabbia. In queste tre reti, in qualunque modo la signorina Zhao cercasse di vivere, non c’era per lei alcuna possibilità di farlo. Fu costretta a morire. Se una di queste reti si fosse aperta, la donna non sarebbe certamente morta. (1) Se i genitori non avessero fatto eccessiva pressione, ma avessero accettato la sua volontà, non sarebbe morta. (2) Se i genitori della ragazza le avessero permesso di esprimere la propria opinione alla famiglia dello sposo per spiegare il suo rifiuto e se, alla fine, i genitori di lui avessero accettato il suo punto di vista e rispettato la sua libertà, la signorina Zhao non sarebbe morta. (3)Anche se i suoi genitori e quelli dell’uomo non avessero accettato la sua libera scelta, se ci fosse stata nella società una opinione pubblica in grado di appoggiarla senza considerare il suo atto disonorevole, la signorina Zhao senza dubbio non sarebbe morta. Se la signorina Zhao è morta, oggi, è perché si trovava avviluppata in tre reti d’acciaio(la società, la sua famiglia, la famiglia dello sposo). Ha cercato la vita invano, e infine, è stata portata a cercare la morte.18
Mao Zedong dedicò al tema molta attenzione, ed è stato notato come esso lo coinvolgesse con “forza e intensità emotiva”.19 Ciò era probabilmente dovuto al fatto che egli, come altri intellettuali impegnati nel movimento, si sentiva personalmente vicino a situazioni di questo genere. Da poco era venuta a mancare l’amata madre di Mao, la quale, secondo il futuro Grande Timoniere, era stata trattata sempre ingiustamente dal padre. Inoltre, egli non poteva
18MAO Zedong, “Commentary on the suicide of Miss Zhao”, tradotto in Stuart R. SCHRAM (a cura
di), Mao’s Road to Power: Revolutionary Writings, 1912-‐1949, Vol.I, New York, M.E. Sharpe, 1992, pp. 421.