Il grande balzo in avanti e i modelli di ruolo nella propaganda del PCC
3.1 Modelli di ruolo nella cultura cinese: il periodo maoista e l’eredità confuciana
La fase iniziale del Grande Balzo in Avanti fu, per la Cina, un periodo di grande fervore ideologico, politico ed economico. La costruzione delle comuni popolari, cominciata nell’estate del 1958, avrebbe permesso alla Cina di entrare finalmente nel comunismo e la propaganda del PCC si impegnò a coinvolgere direttamente la popolazione cinese in questa nuova rivoluzione, esaltando i benefici che il sistema avrebbe portato al paese. Nell’agosto del 1958, durante la sua visita alle diverse province cinesi, Mao si recò anche nello Henan, dove, nel giro di pochi mesi, erano state create le prime comuni popolari.1 Fu qui che Mao, dopo aver visitato la comune di Qiliying, pronunciò la celebre frase “le comuni popolari sono buone” (renmin gongshe hao).2 Le parole del Grande Timoniere da quel momento divennero uno slogan conosciuto in tutto il paese, e portarono alla definizione delle prime comuni “modello”. Come sottolineato in precedenza, gli obiettivi di produzione fissati in questa fase dal PCC erano molto ambiziosi e presupponevano un impiego massiccio della forza-‐lavoro cinese. Per questo motivo la leadership del partito si rese conto della necessità di promuovere una campagna di emulazione, che mettesse le province, le comuni popolari e le squadre di lavoro in competizione l’una con l’altra. Mediante la promozione di modelli, si voleva spronare la popolazione a raggiungere i target di produzione
1 DOMENACH, Aux Origines…, cit., p. 153. 2 Ibid.
stabiliti dal PCC e a dimostrare la fede cieca nei valori dell’ideologia maoista, che stava alla base delle politiche del Grande Balzo in Avanti. 3
La pratica di creare modelli di ruolo, simbolo di determinati valori da mostrare al popolo, si presenta come una caratteristica costante della propaganda del PCC fino ai giorni nostri. Nondimeno, come sottolineano alcuni studiosi, essa affonda le sue radici nella tradizione culturale cinese.4Lo stato cinese, infatti, fin dall’antichità, aveva sviluppato una forma di propaganda che, attraverso l’uso di modelli di ruolo, si proponeva di forgiare il modo di pensare e i comportamenti delle persone.5 Questo tipo di iniziativa trovava riscontro nella tradizione confuciana, che per secoli ha dominato la società cinese. Confucio (551 a.C. -‐ 479 a.C.) era convinto che la caratteristica principale della natura umana fosse la sua malleabilità. L’individuo non nasceva con un’umanità dalle caratteristiche definite, ma doveva modellare il proprio essere e il proprio carattere con l’educazione e lo studio.6 Grazie ai propri sforzi e agli esempi degli antichi saggi, ogni uomo, popolano o appartenente all’élite culturale, poteva raggiungere alte forme di virtù e saggezza, poiché per Confucio, erano più importanti le qualità morali rispetto alla famiglia e al ceto di appartenenza.7
Confucio invitava gli uomini a cercare la Via del passato (dao), che era stata percorsa dai saggi e dai sovrani dell’antichità e che aveva permesso loro di governare con giustizia e in armonia.8 I modelli passati costituivano dunque un esempio di rettitudine, moralità e virtù. La rivelazione della Via non era, nella dottrina confuciana, un obiettivo semplice da ottenere, ma poteva essere raggiunta solo attraverso un’incessante ricerca interiore, il continuo studio, la
3 Frank DIKOTTER, Mao’s Great Famine, London, Bloomsbury Publishing, 2010, p. 35.
4 Cfr. Mary SHERIDAN, “The Emulation of Heroes”, in The China Quarterly, no 33, 1968; Donald J.
MUNRO, The Concept of Man in Contemporary China, The University of Michigan Press, 1977, pp. 135-‐157; Gay Garland REED, “Moral/Political Education in the People’s Republic of China: Learning through Role Models”, Journal of Moral Education, vol. 24, no. 2, pp. 99-‐111.
5 Stefan R. LANDSBERGER, Chinese Propaganda Posters: from Revolution to Modernization,
Amsterdam, M. E. Sharpe, 1996, p. 18.
6 TU Wei Ming, Way, Learning and Politics. Essays on the Confucian Intellectuals, Albany, State
University of New York Press, 1993, p. 30.
7 John BERTHRONG, Evelyn BERTHRONG, Confucianesimo. Una introduzione, tr. Marcello
Ghilardi, Roma, Fazi Editore, 2004, p. 58.
disciplina e l’osservanza di antiche regole di comportamento sociale.9 Il cammino che l’individuo intraprende, non privo di ostacoli, deve essere compiuto al fianco di modelli ed esempi da emulare o dai quali allontanarsi:
Il Maestro disse: “Quando incontrate persone virtuose cercate di emularle, quando incontrate persone che tali non sono, guardate in voi e meditate”. (IV, 17)10
Presentando le gesta virtuose di governanti del passato e figure di personaggi dal comportamento irreprensibile, Confucio si poneva come primo obiettivo quello di insegnare ai sovrani dei vari regni da lui visitati il modo corretto di governare.11 Il buon governo, tipico dell’epoca d’oro delle dinastie Xia, Shang e Zhou occidentali,12era caratterizzato dall’osservanza delle corrette regole di comportamento e delle norme rituali (li), che dovevano continuare a essere tramandate per permettere una perpetua meditazione e il raggiungimento della serenità interiore tipica dell’uomo nobile d’animo.13
Nel rispettare le antiche norme comportamentali, l’uomo, secondo Confucio, distingueva la propria natura da quella animale, in particolare grazie al
9 Ibid.
10 Tradotto in LIPPIELLO (a cura di), Confucio. Dialoghi, cit., p. 39.
11 Il continuo riferimento alle epoche precedenti e all’ammirazione nei confronti del buon
governo del passato è dovuto all’inserimento di Confucio in un contesto storico molto travagliato: egli visse, infatti, tra il periodo delle Primavere e degli Autunni (770-‐ 454 a. C.) e il periodo degli Stati Combattenti (453-‐ 222 a.C.). Quest’ultimo fu caratterizzato da una profonda frammentazione territoriale e dalla lotta continua tra sette principati che cercavano di contendersi il potere. Cfr. LIPPIELLO (a cura di), Confucio. Dialoghi, cit., p. 9.
12 La dinastia Xia è collocata tradizionalmente nel secondo millennio a. C., la dinastia Shang nel
settimo secolo a. C. Quella Zhou, invece, rovesciò la dinastia Shang nell’undicesimo secolo e durò fino al 222 a.C. La prima data certa della storia cinese è l’841 a.C., anno di inizio del periodo Gonghe della dinastia Zhou. Le date riportate tradizionalmente per i periodi precedenti sono dunque scarsamente attendibili, nonostante grazie a scavi archeologici sia stata verificata la veridicità storica dell’esistenza delle tre dinastie. Cfr. SABBATINI, SANTANGELO, Storia della Cina, cit., p. 41.
13 L’uomo nobile d’animo (junzi) è, secondo Confucio, colui che ha intrapreso il cammino
impervio della Via, e che, grazie alla meditazione, allo studio e al dominio dei propri sentimenti egoistici, consegue la vera virtù, vale a dire l’umana benevolenza (ren). Il junzi arriva a costruire la propria personalità con armonia e in maniera appropriata, basandosi sull’osservanza dei riti e di un “contegno appropriato” (yi). In questa maniera egli potrà conformarsi al modello del dao un punto di riferimento ed esempio per gli altri. Cfr. Maurizio SCARPARI, Il Confucianesimo. Fondamenti e testi, Torino, Einaudi, 2010, p. 175.
sentimento di amore filiale (xiao), tipico solamente degli esseri umani.14 Il rispetto del figlio verso i propri genitori, soprattutto verso il padre, faceva parte delle Cinque Relazioni (wulun), di fondamentale importanza in un corretto modo di agire. La dottrina delle Cinque Relazioni (sovrano-‐ministro; padre-‐ figlio; marito-‐moglie; fratello maggiore-‐fratello minore; amico-‐amico) non fu codificata da Confucio, ma fu fissata in seguito e posta alla base di ogni tipo di relazione sociale. Ogni altro tipo di relazione umana, infatti, può essere ricondotta a una delle cinque relazioni, e il ruolo dell’individuo nella società dipende dal suo modo di mettersi in relazione con l’altro.15
Il senso della gerarchia insito in questo principio, rafforzava la necessità di guardare all’esempio di un superiore e di conformarsi al suo comportamento. Per questo motivo in epoca Han (206-‐ 220 d.C.) il confucianesimo divenne l’ideologia di stato. Le Cinque Relazioni, e in particolare il rapporto sovrano-‐ ministro, figlio-‐padre e marito-‐moglie, divennero parte integrante del programma di educazione morale imposto dal governo centrale, volto a garantire ordine sociale e subordinazione del popolo alle autorità superiori.16 L’introduzione di modelli di emulazione per il popolo continuò durante le dinastie successive e affondava le sue radici nella diffusa convinzione che le idee corrette avessero origine da un modo di agire corretto. I modelli, sia quelli positivi sia quelli negativi, dovevano fungere da strumento per perfezionarsi e continuare il proprio percorso nella coltivazione di sé, andando a personificare i principi morali astratti promossi dallo stato.17 L’educazione a questo tipo di virtù e ai codici comportamentali ad esse legati, costituiva uno degli strumenti principali per controllare le azioni della popolazione e, automaticamente, portava all’accettazione del codice etico confuciano come principio assoluto di pensiero e di condotta.18 Tra i classici confuciani, posti a fondamento dell’educazione formale, era annoverato, ad esempio, il “Classico della pietà
14 Ibid., p. 21.
15 Lee Diane RAINEY, Confucius and Confucianism. The Essentials, London, Wiley-‐Blackwell,
2010, p. 28.
16 TU Wei Ming, “Probing the ‘Three Bonds’ and ‘Five Relationship’ in Confucian Humanism”, in
George A. DE VOS, Walter H. SLOTE (a cura di), Confucianism and the Family, Albany, State University of New York Press, 1998, p. 122.
17 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 19. 18 Ibid.
filiale” (Xiaojing) composto nel 239 a.C. circa, che promuoveva il rispetto e la sottomissione ai genitori come la principale virtù che ognuno avrebbe dovuto coltivare.19
La pietà filiale continuò a mantenere la propria fondamentale importanza nella cultura cinese, tanto che, durante la dinastia Yuan (1279-‐1368), venne composta l’opera “Ventiquattro esempi di pietà filiale” (Ershisi xiao), che proponeva le storie di ventiquattro giovani distintisi nella devozione nei confronti dei propri genitori, fornendo un modello da emulare per la popolazione.20
Erano anche diffuse, poi, e costituivano materiale di studio, versioni scritte di canzoni popolari, aneddoti rilevanti delle storie dinastiche, libri di morale, ecc.21 Questo tipo di educazione, però, poteva essere riservata solamente a una classe abbiente, in grado di dedicare tempo e denaro allo studio dei classici confuciani. Coloro che passavano gli esami imperiali, basati fondamentalmente su questo tipo di conoscenza, entravano a far parte non solo dell’élite culturale, ma anche della classe politica e andavano ad esercitare il potere conformemente alle prescrizioni confuciane. Il legame tra etica confuciana e comportamento sociale si faceva, dunque, sempre più stretto.22
A partire dalla dinastia Ming (1368-‐1644), però, si cercò di diffondere questo tipo di valori e modelli di emulazione anche tra le fasce più umili della popolazione, grazie alla lettura ad alta voce nei villaggi di testi di fondamentale valore educativo.23 In epoca Qing (1644-‐1911) questo tipo di sistema fu ripreso e rafforzato, con la lettura pubblica delle “Sei Massime” (Liu Yu), scritte dall’imperatore Shunzhi (1644-‐1661). Il testo invitava all’osservanza delle Cinque Relazioni e in particolare alla lealtà nei confronti del sovrano, alla pietà
19 L’elevazione della pietà filiale a fondamento di ogni virtù aveva anche uno scopo politico.
Servire il sovrano e i propri superiori rientrava, infatti, nell’osservanza della pietà filiale e dava un significato politico ad un principio comportamentale in origine legato all’etica e ai valori della famiglia. Cfr. Lee Cheuk YIN, “Emperor Chengzu and imperial filial piety of the Ming Dynasty”, in Alan K. L. CHAN, Soor-‐hoon TAN (a cura), Filial Piety in Chinese Thought and History, London, Routledge Curzon, 2004, p. 146.
20 Theodore DE BARY, Richard LUFRANO, Sources of Chinese Tradition, vol. 2, Columbia
University Press, 2000, p. 139.
21 Ibid. 22 Ibid., p. 20. 23 Ibid.
filiale e al rispetto degli anziani, attraverso l’esposizione orale di buoni e cattivi esempi che andavano emulati o evitati.24 Dal 1670 le “Sei Massime” furono sostituite dal “Sacro Editto Imperiale” (Sheng Yu), compilato dall’imperatore Kangxi (1662-‐1723). Esso si componeva di sedici massime, ognuna di sette caratteri, che fornivano al popolo indicazioni su un corretto comportamento secondo i canoni tipici dell’etica confuciana. La prima prescrizione, ad esempio, recitava:
Abbiate in grande considerazione la pietà filiale e la sottomissione al fratello maggiore, perché alle relazioni sociali sia data la dovuta importanza.25
Le letture di queste opere erano accompagnate da rappresentazioni teatrali, racconti di miti e leggende, canzoni popolari che, composte da burocrati e intellettuali locali, avevano lo scopo di immergere il popolo nelle cultura e nell’osservanza dell’etica confuciana. Le illustrazioni diffuse tra la popolazione, poi, permettevano di visualizzare e focalizzare esempi di comportamenti desiderabili e da emulare.26 L’utilizzo di modelli di generosità, di pietà filiale, diligenza o qualunque tipo di valore cui si volesse educare la popolazione, contribuiva, in primo luogo, ad assicurare alla dinastia il favore del popolo e la continuità dell’autorità morale necessaria per governare. Secondo la tradizione, infatti, solo al sovrano che possedesse virtù e forza morale, plasmate sul modello proposto dall’etica confuciana, era conferito il “mandato celeste” (tianming), che legittimava il suo potere. 27
24 Zhengyuan FU, Autocratic Tradition and Chinese Politics, Cambridge, Cambridge University
Press, 1993, p. 101.
25 Il testo delle sedici massime è tradotto e riportato in Victor H. MAIR, “Language and Ideology
in the Written Popularization of the ‘Sacred Edict’”, in David JOHNSON, Andrew J. NATHAN, Evelyn S. RAWSKI (a cura di), Popular Culture in Late Imperial China, Berkeley and Los Angeles, California University of California Press, 1985, p. 325.
26 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 21.
27 L’introduzione del concetto di “mandato celeste” risale all’antica dinastia Zhou: secondo i
sovrani Zhou, infatti, la divinità (shang) collocata nel cielo (tian) e identificata con esso, aveva conferito loro il diritto di governare e aveva rotto il legame con il sovrano della dinastia precedente. Il mandato era stato trasferito alla nuova dinastia perché il sovrano Zhou possedeva il de, letteralmente “virtù”. In questo periodo, però, il termine de non aveva ancora assunto il
Il confucianesimo ha, dunque, svolto per secoli il ruolo di ideologia di stato, influenzando e determinando i principali meccanismi di potere della Cina imperiale. In questi anni, di conseguenza, valori e modelli confuciani hanno costituito il punto di riferimento per generazioni di cinesi, andando a condizionare le loro vite e il loro modo di pensare e agire.
L’etica confuciana, però, fu messa in discussione alla fine del Diciannovesimo secolo e il suo ruolo come ideologia di stato venne definitivamente meno con la caduta dell’impero, nel 1911. Ciò nondimeno, l’utilizzo di modelli comportamentali continuò negli anni successivi ad essere considerato importante, e diventò una componente essenziale della propaganda del PCC dal periodo di Yan’an fino ai nostri giorni. Pur rifiutando i principi tradizionali confuciani, la leadership comunista continuava a credere, infatti, nella malleabilità della natura umana. 28 L’educazione attraverso modelli che incarnassero i valori propugnati dal comunismo, avrebbe contribuito a formare una coscienza rivoluzionaria nel popolo e, quindi, un forte consenso verso le politiche del partito. L’educazione fornita dal PCC mirava alla creazione di un “uomo nuovo” (xin ren), frutto della nascita di nuove relazioni sociali e della partecipazione attiva nella rivoluzione e nella costruzione socialista.29
I primi modelli di emulazione furono proposti dal partito tra il 1943 e il 1944. In quel periodo l’esercito del GMD aveva circondato Yan’an, mettendo in grave difficoltà i comunisti e rendendo difficoltoso l’approvvigionamento di cibo e vettovaglie.30 In tali condizioni, l’introduzione di modelli di lavoratori forti e instancabili aveva lo scopo di spronare la popolazione alla produzione per (segue nota) significato etico confuciano che andrà a ricoprire in epoca Han, ma indicava semplicemente una “forza magica”, probabilmente legata a pratiche sciamaniche e rituali. Cfr. SABBATINI, SANTANGELO, Storia della Cina, cit., p. 67.
28 LANDSBERGER, Chinese Propaganda…, cit., p. 24.
29 Lo scopo principale della rivoluzione comunista era quello di creare un nuovo modello di
essere umano, moralmente e psicologicamente superiore ad ogni tipo di uomo fino a quel momento conosciuto. L’uomo nuovo comunista, partecipando alla rivoluzione, contribuiva alla creazione di una nuova società, allo stesso modo superiore rispetto a tutte le altre. Questo concetto, sviluppato in Russia, al tempo della Rivoluzione d’Ottobre, era stato portato avanti da Lenin e Stalin. Mao Zedong, ispirandosi al modello sovietico, portò in Cina l’esempio dell’uomo nuovo comunista, cui la popolazione doveva ispirarsi nella costruzione socialista. Cfr. Yigong CHENG, Creating the New Man: from Enlightenment Ideals to Socialist Realities, University of Hawaii Press, 2009, p. 4.
sopravvivere all’attacco dell’esercito nemico. Nel dicembre del 1943, dunque, sulle pagine del Jiefang Ribao vennero pubblicate quotidianamente le storie di lavoratori modello. A un breve ritratto dell’eroe in questione seguiva una sua breve biografia e una spiegazione del suo background sociale. Infine, ampio spazio era dedicato ai suoi risultati in campo lavorativo e alle sue invenzioni e scoperte. Chiamati “eroi del lavoro” (laodong yingxiong), essi personificavano la saggezza e l’abilità del popolo, elogiate da Mao.31 Il loro esempio diede il via alla tradizione di eleggere e premiare i lavoratori che, nei diversi ambiti, ottenevano i migliori risultati. La celebrazione pubblica di queste figure era modellata sull’esempio di quella dell’eroe ucraino Stakhanov (1906-‐1977), minatore che nel 1935 aveva estratto in un solo turno di lavoro ben 120 tonnellate di carbone. Si trattava di un record assoluto che fece di Stakhanov un simbolo del socialismo e che diede il via alla nascita di un movimento di emulazione delle sue gesta, chiamato “stacanovista”. L’uomo era divenuto, secondo Stalin, l’emblema vivente della vittoria del comunismo sul capitalismo.32
Anche dopo la fondazione della RPC, gli “eroi del lavoro” continuarono a rappresentare un’importante tipologia di modelli nella propaganda comunista. La necessità di sviluppare l’economia agricola e industriale spinse il PCC a promuovere e amplificare i traguardi raggiunti in ambito economico da parte di contadini e operai. La lealtà al partito, la fede nella causa socialista, la saggezza e l’abilità popolare permettevano a questi individui di distinguersi nel loro lavoro. Essendo persone provenienti dal popolo, costituivano un efficace esempio per chiunque volesse aspirare a diventare celebre in tutta la nazione e glorificato dal partito e da Mao in persona.33 Ovviamente le caratteristiche specifiche dei diversi lavoratori modello (laodong mofan) cambiarono nel corso degli anni, sulla base dei valori e degli obiettivi che il PCC voleva esaltare nelle differenti campagne economiche e politiche. Secondo l’analisi di Ai Jun, infatti, i lavoratori elevati a modello per la nazione dal partito hanno rappresentato, attraverso le
31 Ibid.
32 Serge SCHMEMANN, “In Soviet, Eager Beaver's Legend Works Overtime”, in New York Times,
31 agosto 1985, p. 2.
loro caratteristiche, lo spirito di ogni periodo.34 In ogni caso, gli esempi da cui trarre ispirazione erano (e sono) lavoratori che, distinguendosi ognuno in un preciso campo economico, fungono da stimolo per l’intera nazione cinese.
Con l’inizio del Grande Balzo in Avanti, però, comparve sulla scena un nuovo tipo di lavoratore, il “factotum” o “generalista” (duomianshou), in grado di svolgere ogni sorta di compito in qualsiasi ambito lavorativo. Questa figura si contrapponeva agli specialisti (yijizhichang), che possedevano una conoscenza settoriale e limitata ad un unico ambito lavorativo.35 La formazione di questi specialisti richiedeva parecchi anni e costi elevati mentre, secondo l’idea di Mao, moltissimi contadini, in soli pochi mesi, sarebbero potuti diventare preparati “generalisti”, capaci di operare nei diversi settori economici. La leadership del partito era fermamente convinta che operai di questo genere potessero essere integrati con più facilità nelle squadre di produzione, grazie ad uno svolgimento dei compiti di tipo “egualitario”, senza differenza tra un lavoratore e l’altro. Negli anni precedenti, infatti, le squadre erano formate da operai specializzati, e le premiazioni e gli incentivi per i lavoratori erano fatti su base individuale, a seconda del tipo di occupazione cui ognuno si dedicava. Con la creazione di squadre di lavoro formate da “generalisti”, le paghe degli operai erano calcolate su base collettiva, come già discusso nel capitolo precedente. Mao credeva che la mobilitazione sociale, più che le ricompense di tipo materiale, avrebbe potuto motivare contadini e operai. Portare i lavoratori a sentirsi parte di un gruppo solidale e motivato avrebbe, dunque, garantito risultati migliori in ambito produttivo.36 Per questo motivo, durante gli anni del Grande Balzo in Avanti, la propaganda del partito si concentrò particolarmente sulla promozione di modelli di emulazione di tipo collettivo. Comuni popolari, team di produzione, province o contee che si distinguevano in un determinato campo o per aver
34 Cfr. AI Jun 艾君, “laodong mofan yongyuan shi shidai de lingpaozhe” 劳动模范永远是时代的领
跑者 (I lavoratori modello costituiscono sempre lo stimolo di un’era), Guanming Ribao, 28 aprile 2008, accessibile all’indirizzo:
http://guancha.gmw.cn/content/2008-‐04/28/content_767559.htm.
35 SCHURMANN, Ideology…, cit., p. 100. 36 Ibid., p. 101.
raggiunto particolari quote di produzione, erano presi come esempio e come stimolo per le altre in una frenetica atmosfera di competizione.
La provincia simbolo del Grande Balzo in Avanti fu lo Henan che, già dal