Il grande balzo in avanti e i modelli di ruolo nella propaganda del PCC
3.2 Le donne e i modelli di emulazione: dal “Lienü Zhuan” alle “nüjie diyi”
Nel periodo Han l’introduzione delle Cinque Relazioni e del pensiero confuciano come ideologia politica, enfatizzò il carattere gerarchico della società cinese. La famiglia era considerata un microcosmo della società, in cui il ruolo di ciascun individuo doveva essere definito e rispettato per garantire stabilità e armonia.53 Alle donne, nel microcosmo familiare, era richiesto di conformare il proprio comportamento in base alle virtù di castità, modestia, tranquillità. Inoltre, nella relazione tra marito e moglie, la donna doveva occupare un posto di subordinazione, in quanto gerarchicamente sottomessa alla figura maschile. Il tradizionale ruolo di inferiorità della donna, presente nella cultura cinese già dalla dinastia dei Zhou Occidentali (1122 a.C. -‐770 a.C.), venne ribadito in epoca Han dalle teorie cosmologiche codificate da Dong Zhongshu (179 a.C.-‐104 a.C.), pensatore solitamente associato all’introduzione e alla promozione del confucianesimo come ideologia di stato dell’impero.54 Egli affiancò le relazioni umane al principio astratto cosmologico dello yang (elemento dominante) e dello yin (elemento sottomesso): “il sovrano è yang e i sudditi sono yin; il padre è yang e i figli sono yin; il marito è yang e la moglie è yin”.55
I tre yang (sovrano, padre e marito) nell’interpretazione di Dong, dovevano ricoprire il ruolo di standard comportamentali per i tre yin (sudditi, figli e moglie). In base alla formulazione di Dong, il rapporto tra i due elementi divenne simbolo di armonia, equilibrio e stabilità nella società cinese: fare in
53 TU Wei Ming, “Probing…”, cit., p. 122.
54 Cfr. Michael LOEWE, Dong Zhongshu, a Confucian ‘Heritage’ and the “Chunqiu Fanlu”, Leiden,
Brill Academic Publishing, 2011, p. 37
55 Citato in Lijun YUAN, Reconceiving Women’s Equality in China, Lanham, Rowman and
Littlefield, 2005, p. 8. Diversi studi evidenziano come nel primo periodo imperiale i concetti di ying e yang non fossero due elementi posti in relazione gerarchica, ma fossero assolutamente complementari. Cfr. Lisa RAPHALS, Sharing the Light: Representations of Women and Virtue in Early China, Albany, State University of New York Press, 1998, pp. 153-‐162; Bret HINSCH, Women in Early Imperial China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2002, pp 152-‐156; Sherry J. MOU, Gentlemen’s Prescriptions for Women’s Lives, New York, M.E. Sharpe, 2004, pp. 7-‐8.
modo che ognuno ricoprisse il proprio ruolo, dunque, era fondamentale per il mantenimento di pace e unità. 56
Per questo motivo, tradizionalmente, le donne venivano educate a divenire donne “ideali”, ricoprendo una posizione di inferiorità e subordinazione, fin dalla più tenera età. A dieci anni circa le bambine appartenenti a famiglie abbienti e nobili erano rinchiuse nel gineceo e addestrate severamente alle buone maniere, alla docilità e all’obbedienza, alla precisione e alla parsimonia. Il matrimonio era, ovviamente, combinato dalle famiglie, e la donna non aveva voce in capitolo. La sposa doveva dedicare la sua vita alla cura del marito e, solitamente, era per lei vietato contrarre seconde nozze nel caso fosse rimasta vedova.57
Intorno al primo secolo a.C., le virtù e le caratteristiche della donna “ideale” cominciarono ad essere incarnate da figure femminili di spicco, le cui azioni erano rappresentate da un nuovo genere letterario, chiamato Lienü Zhuan (Vite
di donne). Il capostipite di questo genere fu, senza dubbio, il Lienü Zhuan,
tradizionalmente attribuito a Liu Xiang (79 -‐ 8 a.C.).58 Composta di sette libri,
l’opera nasceva con lo scopo di codificare i compiti e i ruoli della donna cinese e rafforzarne la morale, presentando le biografie di figure femminili vissute in epoca pre-‐imperiale. I primi sei libri tracciano una breve storia e una serie di aneddoti significativi di donne che si sono distinte nel mostrare le virtù tipiche di una donna “ideale”. Sono madri irreprensibili, donne caste e fedeli; hanno spiccate doti dialettiche e sono dotate di profonda saggezza, ma, allo stesso tempo sono discrete e ubbidienti e svolgono i propri compiti con dedizione, in alcuni casi arrivando persino a sacrificare la propria vita.59Le ottantanove “vite
di donne” raccolte nei primi sei libri dovevano rappresentare per mogli e madri cinesi dell’epoca un vero e proprio modello comportamentale cui conformarsi. Alla completa formazione morale delle donne cinesi, però, contribuiva anche il settimo libro, Niebi Zhuan (Vite di concubine dissolute) composto dalla
56 YUAN, Reconceiving…, cit., p. 8-‐9.
57 Riccardo FRACASSO (a cura di), Quindici donne perverse. Il settimo libro del “Lienü zhuan”,
Costabissara, Vicenza, Angelo Colla Editore, 2005, p. 9.
58 Ibid., p. 13. 59 Ibid., p. 9.
descrizione di quindici donne che, con il loro comportamento “perverso” causarono la fine di casate nobiliari o di intere dinastie. Il loro modello era presentato perché fosse evitato e disprezzato dalle donne cinesi, e perché i sovrani fossero avvertiti sul pericolo di lasciarsi ammaliare dalle stranezze e dai capricci di donne non virtuose.60 La prima di queste brevi biografie, ad esempio,
è dedicata ad una donna che, con il suo comportamento licenzioso, ha portato alla rovina un regno:
Mo Xi, consorte di Re Jie di Xia, era molto bella d'aspetto, ma anche di poca virtù, intrigante, perfida e priva di principi. Pur essendo palesemente una donna, celava in sé il cuore di un uomo, e amava mostrarsi in pubblico con berretto da ufficiale e spada al fianco.
Dopo il suo arrivo Re Jie rigettò i principi di ritualità e giustizia per sprofondare al suo fianco nella lussuria. Non pago, si accaparrò le donne più belle del regno e le ammassò nel proprio harem, riempiendo il palazzo di musici, cantanti e danzatrici, nani, teatranti, acrobati e crapuloni. Durante le udienze era solito far sedere Mo Xi sulle sue ginocchia e ascoltarne i consigli, fomentando così il caos, allontanandosi dalla Via e mostrandosi arrogante e dissoluto.61
Il primo testo specificamente dedicato all’educazione delle donne cinesi, invece, fu Nüjie (Lezioni per le donne), compilato da Ban Zhao (48 -‐ 116 d.C.), primo storico di sesso femminile della Cina imperiale.62 L’autrice che, dopo essere rimasta vedova, rifiutò di risposarsi per rispettare la virtù della castità richiesta alle donne cinesi, dedicò alla figlia sette brevi capitoli in cui dava indicazioni comportamentali per ottenere l’armonia familiare e una vita serena.63 Il quarto dei sette brevi capitoli, intitolato “Requisiti Femminili”, afferma:
60 Ibid.
61 Tradotto in FRACASSO, Quindici donne perverse…, cit., p. 27.
62 Robin R. WANG, Images of Women in Chinese Thought and Culture: Writings from the Pre-‐Qin
period through Song Dynasty, Indianapolis, Hackett, 2003, p. 177.
63 Ibid. Come evidenziato da Robin Wang, sebbene l’idea di Ban Zhao riguardo l’educazione
Una donna dovrebbe rispettare quattro requisiti: virtù femminili; parole femminili; portamento femminile; compiti femminili. […]
Mantenersi casta e controllare le proprie azioni attentamente; mostrare modestia in ogni movimento e scegliere sempre il giusto comportamento, queste sono le virtù femminili.
Scegliere le parole con cura, non utilizzare un linguaggio volgare, parlare nei momenti appropriati e non annoiare gli altri con troppe chiacchiere, queste solo le parole femminili.
Lavar via la sporcizia, abbigliarsi in modo pulito e fresco, lavare il capo e il corpo regolarmente, liberare la propria persona da sozzura, sono caratteristiche di un corretto portamento femminile.
Tessere e cucire con il cuore pieno di devozione; non ridere sguaiatamente né amare il pettegolezzo; preparare bevande e cibo per i pasti nella pulizia e nell’ordine, sono le caratteristiche tipiche del lavoro femminile.64
Con il venir meno del confucianesimo come ideologia dominante dell’impero, ogni valore promosso dalla dottrina che per secoli ha dominato la società cinese fu posto sotto accusa. Hu Shi (1891-‐1962), letterato che collaborò alla rivista Xin
Qingnian fondata da Chen Duxiu nel 1915, criticò aspramente la virtù
tipicamente femminile di castità. Secondo Hu Shi, infatti, l’uomo e la donna dovevano essere valutati in base ai medesimi standard morali. La sua critica, condivisa da tutti gli attivisti del Movimento di Nuova Cultura, nonché dalla futura leadership del PCC, mirava a contrastare la tradizione che per secoli aveva permesso agli uomini di avere numerose amanti e concubine e aveva
leggermente differente. Afferma, infatti, che lo studio e la conoscenza dei Classici confuciani siano fondamentali agli uomini e alle donne per una completa comprensione dei ruoli familiari.
vietato alle donne, invece, di contrarre nuove nozze dopo la morte del primo marito.65
Nella sua lotta contro l’oppressione della donna cinese, Hu Shi, che aveva studiato per alcuni anni negli Stati Uniti, proponeva alle donne cinesi di seguire il modello americano. In un discorso tenuto presso la Scuola Normale femminile di Pechino nel 1918, sostenne che le donne americane avevano combattuto per diventare libere, e le donne cinesi avrebbero dovuto guardare al loro esempio di autonomia e indipendenza, per spezzare finalmente le catene dell’oppressione imposte dalla società.66
Sebbene durante il periodo del Movimento di Nuova Cultura e del Quattro Maggio i futuri fondatori del PCC avessero subito il fascino del modello occidentale, negli anni successivi la leadership del partito guardò all’Unione Sovietica come punto di riferimento. Come già discusso nel capitolo precedente, secondo Mao e altri membri del PCC, l’inserimento delle donne nella forza lavoro e la loro indipendenza economica erano imprescindibili fattori di progresso e di emancipazione femminile. Dalla fondazione della RPC nel 1949, il modello venne fornito dall’ esperienza della Russia sovietica.
Insieme ai tecnici e agli esperti sovietici inviati in Cina per sostenere il piano di industrializzazione, alcune delegazioni di donne russe fecero il loro arrivo a Pechino, con il compito di promuovere i rapporti di amicizia tra i due paesi e l’educazione delle donne, soprattutto per quanto riguardava la tutela della salute.67 Allo stesso tempo, cominciarono a circolare, nell’ultimo periodo della guerra civile e subito dopo il 1949, immagini e film riguardanti la storia di lavoratrici modello dell’Unione Sovietica. Grazie a questo tipo di materiale, la maggior parte della popolazione cinese acquisì familiarità con i risultati e i traguardi raggiunti dalle donne russe.68 Queste lavoratrici personificavano il
65 WANG Zheng, Women in the Chinese Enlightenment, Los Angels, University of California Press,
1999, p. 52.
66 Ibid., p. 50.
67 Tina Mai CHEN, “Socialism, Aestheticized Bodies, and International Circuits of Gender: Soviet
Female Film Stars in the People’s Republic of China”, in Journal of the Canadian Historical Association, vol. 18, no 2, 2007, p. 59.
successo dei programmi di modernizzazione ed emancipazione femminile che il PCC si auspicava per la neonata RPC.
Le immagini di lavoratrici sovietiche, promosse come esempi per operaie e contadine cinesi nei primi anni Cinquanta, posero le basi per la nascita e la diffusione di una nuova tipologia di icone femminili, le lavoratrici modello nüjie
diyi (letteralmente traducibile in “prima categoria di donne”).69 Si trattava di donne che, per prime, si erano distinte alla guida di locomotive e trattori, come paracadutiste, e così via. Le nüjie diyi (o semplicemente diyi) divennero, nella prima metà degli anni Cinquanta, delle figure di riferimento di primo piano per le donne cinesi. Storie e aneddoti riguardanti queste lavoratrici cominciarono a circolare come rappresentazione e simbolo concreto del progresso scientifico e storico che la Cina stava vivendo sotto la guida del PCC.70 Tina Mai Chen le definisce “icone di tutti i giorni”, poiché, provenendo da condizioni sociali umili, potevano stimolare milioni di lavoratrici ad emularne le azioni e ad identificarsi con esse.71 Mettendosi in netto contrasto con i valori e le virtù proposte dalla tradizione confuciana per le donne, le nüjie diyi rappresentavano la nuova “donna ideale” della Cina socialista.72
Nel 1955, ad esempio, la rivista “Nuove Donne Cinesi” riportò la storia di Guo Shulan, una giovane operaia che lavorava come saldatore, un ruolo solitamente di competenza maschile. Dopo aver passato gli esami di accesso ad una scuola tecnica, sotto la guida del proprio maestro e di un esperto sovietico, divenne ben presto una lavoratrice modello, ammirata e rispettata nella propria unità. 73 “Nuove Donne Cinesi” promuoveva Guo Shulan come un modello da emulare per ogni donna cinese che, grazie al PCC, poteva ora finalmente divenire parte attiva della società e della forza-‐lavoro.
La lavoratrice più celebre in questi anni fu senz’altro Liang Jun, la prima conduttrice di trattori della Cina socialista divenuta una vera e propria icona della modernizzazione agricola nel paese. Dal 1950 la propaganda di partito fece
69 Tina Mai CHEN, “Female Icons, Feminist Iconography?Socialist Rhetoric and Women’s Agency
in 1950s China”, in Gender and History, vol. 15, no 2, agosto 2003, p. 271.
70Ibid. 71 Ibid., p. 270. 72 Ibid., p. 272. 73 Ibid., p. 273.
conoscere la storia di Liang Jun all’intera popolazione, attraverso poster, immagini, libri scolastici.74
Nata vicino ad Harbin da poveri genitori contadini nel 1930, all’età di dodici anni Liang Jun fu venduta come sposa bambina ad una ricca famiglia di proprietari terrieri. Quando la zona fu liberata dall’occupazione giapponese nel 1945, Liang riuscì a sfuggire al suo destino. Nel presentare la storia di questa donna, la propaganda enfatizzava in modo particolare la determinazione della giovane donna nel voler cambiare la propria vita, imparando anzitutto a leggere e a scrivere. Il messaggio di fondo era che, con la nascita della RPC, il partito, finalmente, le avrebbe permesso di realizzare il suo sogno.75 Nell’intervista realizzata nel settembre del 2009 dal quotidiano Zhongguo Ribao, in occasione della celebrazione dei sessant’anni dalla fondazione della RPC, Liang Jun racconta come, grazie al nuovo governo, imparò a leggere e a scrivere e poté apprezzare romanzi e film sovietici. In particolare, ricorda la donna, fu attratta da un film, la cui protagonista era una giovane donna russa che, grazie alle sue abilità nel guidare trattori, contribuì alla sconfitta dell’armata nazista durante la seconda guerra mondiale. Quando, nel febbraio del 1948, il comitato del PCC dello Heilongjiang incoraggiò l’organizzazione di corsi di formazione per conduttori di trattori, Liang Jun colse l’occasione al volo. Fu una dei tre aspiranti scelti nella propria scuola, ed entrò a far parte, come unica donna, di una classe di settanta studenti. Molti suoi compagni e maestri, però, non erano convinti delle sue possibilità, e le ripetevano costantemente che imparare a condurre un trattore non poteva essere un mestiere adatto ad una ragazza. Con le sue abilità, lo studio e l’impegno Liang Jun riuscì a dimostrare che anche una donna poteva maneggiare macchinari pesanti e fare ogni tipo di lavoro. L’esperienza di Liang contribuiva anche a rafforzare lo spirito di emulazione nei confronti del modello sovietico, proposto dal PCC in quel periodo. Le lotte affrontate dal popolo russo e il loro stile di vita, rappresentavano, secondo la
74 Ibid., p. 269.
75 “Ting laoren jiang na guoqu de shiqing” 听老人讲那过去的事情 (Ascoltiamo un’anziana
signora che racconta una storia del passato), Zhongguo Ribao Wang, 25 settembre 2009, accessibile all’indirizzo
propaganda, un’anticipazione di quello che sarebbe accaduto in Cina nell’arco di pochi anni.76
La storia di Liang fece subito il giro della Cina, e la donna divenne nota a livello nazionale come “la prima conduttrice di trattori”. Nell’intervista, la settantanovenne Liang Jun mostra con orgoglio le foto e i poster di propaganda di quegli anni, raccontando come, tra il 1949 e il 1953, persino sui testi scolastici si parlasse della sua esperienza. Personificazione delle nuove virtù socialiste femminili e simbolo della liberazione della donna, Liang divenne un modello per la “nuova donna cinese”. Le sue umili origini e la celebrità acquisita solamente grazie allo studio e alla fede nelle politiche del PCC, ispirarono milioni di donne desiderose di partecipare attivamente alla costruzione di una Cina socialista. La sua fama e l’importanza della sua testimonianza ha fatto sì che nel 1958 la foto di Liang Jun alla guida di un trattore fosse scelta come immagine sulle banconote da uno yuan.
Figura 1. Parte frontale della banconota da uno yuan raffigurante Liang Jun, emessa nel 1958. Immagine tratta da www.banknoteworld.it.
Anche il cinema si rivelò uno strumento importante ed efficace per promuovere la nuova tipologia di donna cinese e per fornire a milioni di lavoratrici un modello di ruolo da cui trarre ispirazione.
Fin dalla fondazione della RPC, Mao e la leadership del PCC si resero conto che il cinema poteva svolgere un ruolo fondamentale nell’educazione ai nuovi valori socialisti. La maggior parte dei lungometraggi girati dal 1949 e durante tutto il periodo maoista, doveva avere una funzione pedagogica e illustrare al popolo le diverse campagne promosse dal partito.77
Nel 1951, ad esempio, venne girato e diffuso il film “La conduttrice di locomotiva” (Nüsiji), la cui trama prendeva spunto dalla storia di Liang Jun. Il film nacque senza alcuna pretesa artistica, ma in primo luogo con lo scopo di fornire un modello di emulazione per le donne cinesi e per far conoscere le nuove opportunità che la neonata RPC poteva offrire al sesso femminile.
La protagonista del film, Sun Guilan, entra a far parte di un gruppo di formazione femminile per diventare una conduttrice di locomotive. Il tutor di Sun Guilan e delle sue compagne non crede nella possibilità per le donne di svolgere un lavoro del genere, e disprezza soprattutto Sun, che inizialmente mostra molte difficoltà di apprendimento. Con l’aiuto di un’amica e grazie allo studio e all’impegno costante, la ragazza dimostra di poter fare grandi progressi. Nel suo percorso di formazione riuscirà anche a salvare la vita e guadagnarsi la fiducia di una sua collega, Feng Xiaomei, che inizialmente aveva cercato di ostacolare e compromettere la carriera della protagonista. Feng Xiaomei capirà in fretta di aver peccato di “individualismo” (gerenzhuyi) e che, collaborando e aiutandosi a vicenda, si possono ottenere risultati migliori. Anche il tutor cambierà idea sulle sue allieve e si renderà conto che le donne sono in grado di raggiungere qualunque obiettivo e di competere in ogni campo economico e lavorativo con gli uomini.78
77 Marco MULLER, Alessandro NICOSIA (a cura di), Cento anni di cinema cinese: 1905-‐2005.
Ombre Elettriche. Il cinema cinese attraverso i manifesti, Roma, Gangemi Editore, 2005, p. 223.