movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo in Avant
2.4 Essere donna, moglie e madre durante il grande balzo in avant
La grande mobilitazione di massa delle donne nelle aree rurali durante gli anni del Grande Balzo in Avanti rappresentò per la leadership del PCC e per quella dell’ACWF in primo luogo un modo per promuovere tra la popolazione una vera, definitiva emancipazione della donna. L’immissione su larga scala della manodopera femminile nel lavoro produttivo si basava, fondamentalmente, sulle idee di Marx ed Engels riguardanti l’uguaglianza dei sessi, ma, allo stesso tempo, poneva la maternità, la necessità di proteggere la salute procreativa delle donne e la famiglia, al centro della costruzione socialista della nuova Cina.
Questo tipo di approccio, che è stato definito “marxista
maternalista”,118sosteneva, prendendo ispirazione dalla teoria di Engels sulla famiglia, che le donne avrebbero potuto raggiungere la piena uguaglianza dei sessi partecipando attivamente alla produzione e ottenendo così l’indipendenza economica, ma differiva in alcuni aspetti dal pensiero del filosofo tedesco. Prima
116 ZHANG Shude, “Chengshi renmin gongshe da da zujin le funü chedi jiefang shiye”城市人民公
社大大促进了妇女彻底解放事业( Le comuni urbane hanno accelerato in modo grandioso il processo di liberazione delle donne), in ZGFN, 1960 (8), p. 5.
117 Ibid.
118 Kimberley Ens MANNING, “Making a Great Leap Forward? The Politics of Women’s
Liberation in Maoist China”, in KO,WANG, Translating Feminism…, cit., p. 142; “Marxism Maternalism, Memory, and the Mobilization of Women in the Great Leap Forward”, The China Review, vol.5, no.1, 2005, pp. 86-‐87.
di tutto, Engels era convinto che l’entrata delle donne nel mondo del lavoro, la collettivizzazione dei mezzi di produzione e l’abolizione della proprietà privata, avrebbero direttamente consentito alle donne di raggiungere una completa uguaglianza. La leadership del PCC, invece, fin dagli anni precedenti la fondazione della RPC, insistette particolarmente sulla necessità di dare alle donne coinvolte nella produzione un completo supporto. La creazione di gruppi femminili negli anni Venti e Trenta fino ad arrivare alla fondazione dell’ACWF nel 1949, ad esempio, costituirono un modo per garantire un “sostegno istituzionale” alle donne che per secoli avevano patito discriminazioni e oppressioni.119 Un’esigenza di questo tipo si basava sul principio, mai espresso chiaramente dalla propaganda ma dato per scontato, che l’uomo e la donna fossero fondamentalmente diversi. Tale diversità non dipendeva solamente dalle ingiustizie e i soprusi subiti dalle donne nel corso della storia cinese, ma anche da differenti caratteristiche fisiologiche tra i due sessi. Le attitudini sessuali, secondo un’idea predominante negli anni Cinquanta in Cina e ancora largamente diffusa almeno fino agli anni Novanta, erano essenzialmente molto diverse tra uomo e donna.120 Pur rifiutando ufficialmente la società tradizionale cinese, il PCC si faceva portavoce, in particolare alla fine degli anni Cinquanta, di un approccio alla sessualità legato strettamente alla cultura classica. Rifacendosi all’idea di complementarità e armonia tra ying e yang, si considerava l’uomo come elemento yang, vale a dire attivo e forte, mentre la donna, associata allo
ying, era ritenuta passiva e remissiva.121 La natura di complementarità che i discorsi ufficiali associavano al rapporto tra uomo e donna, costituiva uno strumento molto forte per porre il matrimonio eterosessuale al centro della moralità promossa dal PCC.122 In quest’ottica gli unici rapporti sessuali
119 MANNING, Marxism Maternalism…, cit., p.87.
120 Harriet EVANS, Women and Sexuality in China: Dominant Discourses of Female Sexuality and
Gender since 194, Cambridge, Polity Press, 1997, p. 33.
121 Ibid., p. 45.
122Visioni di questo tipo, oltretutto, erano, durante tutto il periodo del Grande Balzo in Avanti e
oltre, le uniche disponibili per la popolazione cinese. Fino all’anno della morte di Mao, avvenuta nel 1976, in Cina non era assolutamente diffusa un’educazione sessuale basata su reali requisiti scientifici e il più diffuso opuscolo riguardante tali argomenti era “Conoscenza sul sesso” (Xing zhishi), pubblicato nel 1956. Cfr. FANG Fu Ruan, Sex in China. Studies in Sexology in Chinese Culture, New York, Plenum Press, 1991, p. 172.
approvati dovevano essere quelli consumati all’interno del matrimonio, in cui grande importanza era data alla procreazione.123 Le informazioni riguardanti l’uso dei contraccettivi erano molto rare e quasi completamente inaccessibili per donne che, contratto un matrimonio, non avessero ancora avuto figli. La leadership del partito, infatti, incoraggiava apertamente le donne ad avere figli per andare incontro al loro “destino biologico” attraverso la maternità e la formazione di una famiglia “democratica e socialista”.124 Con il movimento di collettivizzazione, nel 1956, le donne erano divenute una componente attiva nella produzione agricola e, parzialmente, in quella industriale: bisognava dunque garantire loro delle protezioni e attenzioni speciali, perché potessero continuare a prendersi cura del benessere familiare. In un editoriale pubblicato sul Renmin Ribao, il 16 maggio del 1956, infatti, si legge:
La partecipazione al lavoro nei campi è, per la donna, un diritto e un
dovere. Ma allevare la prole e badare alle faccende domestiche è un compito a cui esse non possono sottrarsi. Questa è la condizione particolare che rende le donne differenti dagli uomini.125
Un’affermazione di questo tipo, propria della politica di genere del PCC, appare in netto contrasto con il progetto utopistico maoista che si è cercato di realizzare durante il Grande Balzo in Avanti e che propugnava un’eliminazione delle distinzioni tra lavoro mentale e manuale, tra intellettuale e contadino. Il raggiungimento di tale obiettivo sarebbe stato possibile anche grazie alla creazione delle comuni popolari, che avrebbero contribuito a cancellare ogni distinzione di stato sociale. Durante gli anni del Grande Balzo, moltissimi
123 H.Evans spiega anche come moltissime coppie durante gli anni Cinquanta fossero
incoraggiate, prima di contrarre il matrimonio, a sottoporsi a check-‐up medici, per assicurarsi che il proprio partner non fosse soggetto a patologie in grado di comprometterne le potenzialità riproduttive. Dal momento che solo i rapporti all’interno del matrimonio erano tollerati, persone soggette a impotenza o altri problemi di questo tipo non avevano possibilità “legittime” di consumare rapporti sessuali. Cfr. EVANS, Women and Sexuality…, cit., p. 42.
124 MANNING, Marxism Maternalism…cit., p. 89.
125 “Baohu nongcun funü ertong de jiankang” 保护农村妇女儿童的健康(Proteggiamo la salute
delle donne residenti nelle aree rurali e dei bambini), Renmin Ribao , d’ora in poi abbreviato in RMRB, 16 maggio 1956, p. 1.
intellettuali furono mandati a lavorare i campi nelle aree rurali e a fare esperienza di vita contadina. Questa pratica, che veniva chiamata “imparare dalle masse”, faceva parte integrante del progetto maoista di creare persone in grado di svolgere sia lavori manuali sia lavori di tipo intellettuale. La volontà di appianare le differenze sociali, però, non fu assolutamente presa in considerazione nella distinzione dei ruoli tra uomo e donna. Ann Kay Johnson fa notare come, “neanche nei movimenti maggiormente utopistici, non fu mai avanzata l’ipotesi che gli uomini potessero imparare a lavorare nelle lavanderie o negli asili nido e potessero comprendere il valore e la pratica dei lavori legati alla cura della famiglia di competenza esclusivamente femminile”.126
Il coinvolgimento su larga scala della manodopera femminile, dunque, non doveva far dimenticare alle donne il loro ruolo di mogli e madri. Perché cucinare, badare alla casa e alla prole non fossero di eccessivo ostacolo al lavoro di produzione, nelle comuni furono sviluppate forme di socializzazione dei lavori domestici in grado di risolvere il conflitto, vissuto dalla maggior parte delle donne, tra l’adesione alla costruzione socialista e la cura della famiglia.127 A questo scopo furono introdotti, alla fine dell’estate del 1958, i cosiddetti “cinque cambiamenti”(wuhua), che avrebbero, secondo i discorsi ufficiali, profondamente mutato la vita di tutti i giorni delle donne cinesi. La campagna, che fu lanciata nelle comuni agricole, prevedeva queste innovazioni:
1. I pasti dovevano essere consumati nelle mense;
2. gli abiti dovevano essere confezionati in nuovi laboratori grazie all’uso di macchine da cucire professionali;
3. i parti non avrebbero più avuto luogo in casa ma in appositi “centri per le nascite”;
4. nuovi asili nido avrebbero costituito una garanzia per la cura dei bambini durante le ore di lavoro;
126 JOHNSON, Women, the Family …, cit., p. 167.
127 La collettivizzazione dei mezzi di produzione, alla metà degli anni Cinquanta, non aveva
permesso di espandere le possibilità di impiego per le donne e, soprattutto, non era riuscita a trovare una soluzione alla contraddizione tra il lavoro fuori casa e quello svolto (ma non ricompensato) dalle donne in famiglia. Le cooperative, specialmente quelle agricole, non erano state in grado di fornire un aiuto adeguato nelle faccende domestiche e nella cura dei bambini per le donne coinvolte ora in lavori di produzione. Cfr. CROLL, Feminism …, cit., p. 266.
5. la farina sarebbe stata macinata in mulini a disposizione dell’intera comunità.
La maggior parte dei compiti, nella gestione dei “cinque cambiamenti” ricadeva, ovviamente, sulle donne, anche se, da questo momento in modo socializzato e non più individuale. L’8 marzo 1959, in occasione della festa della donna, Cai Chang affermava: “con la socializzazione dei lavori domestici, un’ampia parte della manodopera femminile ha raggiunto una grande liberazione”.128 Le stime diffuse sulle pagine del Renmin Ribao sostenevano che, in quell’anno, nelle aree rurali cinesi fossero stati istituiti quattro milioni e novecento ottanta mila tra asili nidi e scuole primarie e più di tre milioni e seicento mila mense comuni.129 Queste ultime rappresentarono, probabilmente, il più significativo cambiamento nella vita delle famiglie contadine cinesi. Ogni pasto era consumato insieme alla comunità, nulla doveva più essere cucinato in maniera individuale. Realizzare questo tipo di politica voleva dire seguire ciecamente le parole del Presidente Mao che, in occasione del convegno di Beidaihe tenutosi nell’agosto del 1958, aveva affermato “quando la gente può mangiare nelle mense comuni e non dover occuparsi di cucinare il cibo, lì si realizza il comunismo”.130
Tra l’estate e l’autunno del 1958, così, molti contadini portarono alle mense comuni le quantità che ancora possedevano di grano e verdure e, in molti casi, anche le pentole che venivano usate dalla comunità per cucinare o per alimentare le “fornaci da giardino” installate per la produzione di acciaio. 131 La diffusione delle mense comuni, secondo le stime ufficiali, fu molto rapida132, tanto che, nel
128 CAI Chang, “Zai shoudu gejie funü jinian “san ba” guoji funüjie dahui shang de jianghua” 在首
都各界妇女纪念“三八”国际妇女节大会上的讲话 (Discorso tenuto a Pechino in occasione della commemorazione della Festa internazionale della Donna), in RMRB, 8 marzo 1959, p. 2.
129 Ibid.
130 Citato in XIN Yi, “On the Distribution System of Large-‐Scale People’s Commune”, in
MANNING, WEMHEUER (a cura di), Eating bitterness…, cit., p. 132.
131 HERSATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 250.
132 Il successo immediato che lo stabilimento delle mense comuni ebbe tra moltissimi contadini
è spiegabile senza dubbio dal sistema della distribuzione gratuita del surplus e delle scorte secondo necessità. Alla nascita delle comuni, infatti, furono moltissimi i casi in cui i governi locali distribuivano razioni di grano, olio, riso e cereali gratuitamente nelle mense comuni, ignorando il sistema di compenso basato sulla qualità e quantità di lavoro svolto. Il Comitato Centrale spesso ignorò questa mancanza e in molti casi la appoggiò perché considerata “più comunista”. Questa politica, applicata in modo molto diverso da regione a regione e senza delle vere regole stabilite, risultò in un forte calo della produzione, portò a un profondo cambiamento
1958 nelle regioni del nord e del nord-‐est della Cina, l’ottanta percento dei contadini aveva aderito all’iniziativa. Esse, insieme agli altri servizi garantiti ai lavoratori, avevano permesso un’emancipazione della forza lavoro, in particolare di quella femminile.133 Le donne residenti in alcuni villaggi situati nella provincia dello Shaanxi, intervistate nell’opera della Hershatter, raccontano come, quando le mense comuni furono aperte, l’entusiasmo fosse molto alto. La maggior parte di esse era grata al partito per aver permesso alle donne di non dover pensare a cucinare una volta tornate esauste a casa dopo una giornata di lavoro. Tuttavia, secondo le loro stesse parole, questa felicità “fu davvero di breve durata”.134 Le mense comunitarie permettevano di dare da mangiare a molti lavoratori occupati in progetti fuori casa come la fusione dell’acciaio o la costruzione di impianti di irrigazione, ma contribuirono a logorare sempre di più il sistema tradizionale delle famiglie rurali. In occasione di funerali o matrimoni, era diventato ormai impossibile organizzare, secondo la tradizione, banchetti e celebrazioni. Nessuna famiglia era più in grado di avere delle scorte personali da consumare in determinati avvenimenti. Per mangiare, infatti, era necessario iscriversi su un registro nella mensa e non era possibile ottenere del cibo in eccedenza per organizzare un pranzo privato.135 Anche tornare nel proprio villaggio natale in occasione delle nozze diventava quasi impossibile per le giovani spose: allontanarsi dal proprio lavoro significava non guadagnare “punti” e quindi non poter accedere al servizio di ristorazione delle mense comunitarie.136 Tutte queste limitazioni avevano inciso profondamente sulla vita dei villaggi e dei loro abitanti, che vedevano scomparire le occasioni di socializzazione tra parenti e amici. Anche le tradizioni radicate da secoli nella cultura cinese, come quelle legate al culto degli antenati, la visita alle tombe
dell’ordine sociale e fu una delle cause che portarono al fallimento delle comuni e del Grande Balzo in Avanti. Cfr. XIN, “On the Distribution System…” cit.., pp. 130-‐147.
133 Stime di partecipazione citate in “Banhao gonggong shitang”, 办好公共食堂 (Gestire bene le
mense comuni), RMRB, 25 ottobre 1958, p. 1.
134 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 251. 135 Ibid.
ancestrali in occasione della festa del Qingming, iniziarono a non essere più osservate.137
La “Risoluzione sulle problematiche riguardanti le comuni popolari”, approvata il 17 dicembre del 1958 dichiarava di voler abolire il sistema patriarcale sostituendolo con una vita familiare caratterizzata da “unità e democrazia”.138 Secondo i discorsi ufficiali, dunque, il potere patriarcale doveva essere sostituito con la formazione di un nucleo familiare armonioso e unito, basato sull’uguaglianza dei suoi membri. L’emancipazione della donna dal punto di vista economico rendeva possibile l’uguaglianza di diritti tra marito e moglie e, in una “famiglia ideale” le uniche differenze tra uomo e donna sarebbero state quelle “fisiologiche”. I bambini, nella nuova società democratica, non sarebbero più stati considerati una proprietà, ma delle persone. L’autorità di educare i figli spettava ovviamente ai genitori, coadiuvati in questo compito dal sistema socializzato di asili e scuole primarie, anche se essi dovevano sviluppare una propria personalità senza essere sottomessi al padre e senza mostrare a quest’ultimo una cieca obbedienza.139
La socializzazione dei lavori domestici e l’applicazione pratica di politiche di questo genere hanno senza dubbio causato un enorme cambiamento nelle famiglie. La volontà del PCC di realizzare nuclei familiari “uniti” e “democratici” che fossero parte della “grande famiglia” costituita dalla comune popolare, comprometteva i naturali rapporti tra marito e moglie e tra genitori e figli. La politica e la propaganda costituivano ormai una parte integrante della vita di ogni individuo e stabilivano il criterio per ogni scelta, anche personale. Secondo
Donne Cinesi, ad esempio, il pensiero politico doveva essere in comune con il
proprio marito, perché fosse garantita un’unione solida e armoniosa:
Se il pensiero politico è uguale nella coppia, ma non ci sono amore e rispetto reciproco, l’unione può essere cancellata. Ma, se l’amore tra i
137 YAN Yunxiang, The flow of Gifts: Reciprocity and Social Networks in a Chinese Village,
Standford, Standfort University Press, 1996, p. 39.
138 “Resolution on Question Concerning People’s Commune”, in BOWIE, FAIRBANK (a cura di)
Communist China, 1955-‐1959, Policy Documents, cit., p. 489.
due coniugi non è costruito su una base politica identica, al contrario, è molto complesso trovare un linguaggio comune e continuare una vita insieme.140
La famiglia basata su un matrimonio tra un uomo e una donna con i medesimi ideali politici era, quindi, il requisito per una Cina democratica e socialista. A questo scopo, come già accennato, venne data particolare importanza fin dal movimento di collettivizzazione, ma soprattutto nella fase di costruzione delle comuni, alla salute procreativa delle donne. Tra i “cinque cambiamenti” introdotti nelle comuni agricole cinesi, vi fu anche la costruzione di particolari “centri per le nascite”(chanyuan), punto di partenza per promuovere un “grande balzo in avanti nel lavoro di protezione della salute”.141Siccome il ruolo di “madre” era ritenuto importante dalle politiche del PCC, dai primi anni Cinquanta erano state introdotte alcune misure per migliorare le condizioni igieniche al momento del parto e abbassare il livello di mortalità infantile che, nelle campagne, era particolarmente alto.142 Con il processo di socializzazione e la costruzione di questi centri, si cercava di abbandonare sempre di più l’abitudine delle donne cinesi residenti in campagna di partorire nelle proprie dimore. Nelle comuni erano le brigate di produzione e le organizzazioni femminili ad occuparsi delle nascite e della salute delle partorienti. Con l’entusiasmo popolare che accompagnò nel 1958 e nel 1959 la campagna del Grande Balzo in Avanti anche in questo ambito furono fissati dai governi locali obiettivi ambiziosi. Nell’agosto del 1958 le autorità locali della provincia dello Shaanxi, ad esempio, annunciarono che in un periodo di quattordici giorni ogni città avrebbe dovuto avere un ospedale e un “centro per le nascite”, mentre ogni comune avrebbe dovuto dotarsi di un centro ostetrico, una piccola clinica
140 “Fuqi gongtong shenghuo de jichu shi shenme?” 夫妻共同生活的基础是什么? (Qual è il
fondamento di una vita in comune tra marito e moglie?), ZGFN, 1960 (1), p. 26.
141 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 172.
142 Per una panoramica sulle politiche adottate dal PCC nelle aree rurali negli anni Cinquanta
riguardo le nascite, la formazione di ostetriche e la salute delle partorienti cfr. HERSHATTER, “Birthing Stories: Rural Midwives in 1950s China”, in Jeremy BROWN, Paul G. PICKOWICZ, Dilemmas of Victory: The Early Years of the People’s Republic of China, Cambridge, Harvard University Press, 2007, pp. 337-‐359.
ospedaliera e un centro per la cura dei neonati.143 Tuttavia fu impossibile raggiungere questi risultati e, nella maggior parte dei casi, le cliniche specificatamente adibite alle nascite, risultavano prive delle minime misure igieniche e non sufficientemente attrezzate.144 Secondo le regolamentazioni stabilite per questi centri, le donne in gravidanza avevano diritto ad un mese di degenza prima del parto e a un mese dopo la nascita del bambino. Si trattò, però, di iniziative ben presto abbandonate: la maggior parte delle giovani donne non poteva permettersi questo servizio che era a pagamento. La necessità di guadagnare un maggior numero di “punti lavoro”, inoltre, rendeva necessario per le donne continuare a lavorare per poter accedere alle mense comuni e alle razioni di riso o frumento. Moltissime donne, quindi, continuando il lavoro nei campi fino a quasi il momento del parto, andavano incontro a molte complicazioni. La nascita di parecchi bambini, dunque, continuò, nonostante la socializzazione in atto con il Grande Balzo, ad avvenire tra le mura domestiche, dove la mamma partoriva grazie, soprattutto, all’aiuto della suocera. Pochi potevano permettersi di affrontare le spese di un’ostetrica a domicilio e, inoltre, molto spesso era complesso trovarne una disponibile nelle vicinanze.145
Come nelle campagne, anche nelle aree urbane con l’avvio del Grande Balzo si stabilirono misure per socializzare i lavori domestici e migliorare le strutture già costruite alla metà degli anni Cinquanta. Le prime statistiche, risalenti agli ultimi mesi del 1958, evidenziano che nelle città grandi e medio grandi, i comitati di quartiere avevano stabilito circa cinquantamila mense comuni in grado di distribuire i pasti giornalieri a cinque milioni e duecentomila persone.146A differenza delle aree rurali, questo servizio era più facile da organizzare nelle città, e aveva avuto tra i lavoratori un successo più duraturo. Le mense comunitarie, che rimasero in piedi ancora dopo il Grande Balzo, erano situate all’interno delle aziende, e ad esse potevano accedere anche i familiari dell’operaio che vi lavorava. Gli asili nido e le scuole primarie, invece,