movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo in Avant
2.3.1. Le donne e il lavoro nelle aree rurali
“Federazione Democratica Nazionale delle Donne Cinesi” a “Federazione Nazionale delle Donne Cinesi” (ACWF) e della rivista “Nuove Donne Cinesi” a “Donne Cinesi”(Zhongguo Funu). Tali appellativi apparivano più appropriati al PCC, poiché la democrazia era già stata affermata dal governo socialista.84
Con il lancio della campagna del Grande Balzo in Avanti, probabilmente anche grazie alla fine dell’enfasi posta dal PCC sul ruolo della donna nella sfera domestica, la Federazione accolse con entusiasmo il coinvolgimento delle donne cinesi in ogni campo produttivo e lavorativo.85 Sebbene ci fosse nei discorsi di propaganda destinati alle donne un ritorno ai temi dell’emancipazione femminile tipici delle teorie di Engels, continuò a rimanere forte l’appello alla divisione del lavoro e al ruolo tradizionale della donna nella società e nella famiglia.
L’ACWF, sopravvissuta alla campagna anti-‐destrista, appoggiò pienamente le politiche del Grande Balzo.
2.3. Le donne cinesi e il lavoro durante il
movimento di collettivizzazione e il Grande Balzo
in Avanti
2.3.1. Le donne e il lavoro nelle aree rurali
Il processo rapido di collettivizzazione degli anni 1955-‐1956 e la politica del “primo balzo” resero necessaria la piena mobilitazione femminile nella produzione agricola in quanto funzionale al raggiungimento di un surplus da impiegare nell’investimento industriale. I toni della propaganda indirizzata alla donna ora ritornavano a essere simili a quelli delle direttive sul lavoro femminile del 1943 e 1948, insistendo sul legame tra il percorso della donna verso la propria liberazione e la partecipazione al lavoro, in questo caso nelle
84 DAVIN, Women-‐work…, cit., p. 65.
cooperative appena istituite.86 La “Bozza del Programma Nazionale per l’Agricoltura”, per gli anni 1956-‐ 1957 lanciava un forte appello alla mobilitazione e al coinvolgimento della popolazione rurale nell’agricoltura, e fissava per le donne un minimo di 120 giorni di lavoro all’anno, contro i 250 degli uomini.87
Le richieste fatte alle donne delle aree rurali nell’ ambito della costruzione economica negli anni della collettivizzazione differivano nettamente da quelle fatte alle donne residenti nelle città. Opportunità molto scarse nel settore industriale non permettevano una piena mobilitazione della forza-‐lavoro femminile urbana. Il primo obiettivo della Cina in ambito economico, secondo il primo piano quinquennale e, in seguito, durante il Grande Balzo in Avanti, doveva essere quello di sfruttare al massimo la produzione agricola in modo da sviluppare l’industria moderna. Solo a questo punto un impiego femminile su larga scala si sarebbe potuto realizzare anche nelle aree urbane. Nelle cooperative rurali, invece, anche le donne potevano dare il loro forte contributo alla produzione. In questa fase iniziale di mobilitazione massiccia furono in primo luogo sfruttate le competenze tradizionali femminili e a molte donne furono affidati compiti che non richiedevano l’acquisizione di particolari abilità, come nel caso dell’allevamento di bestiame e di bachi da seta o il controllo del raccolto di cotone e tè.88
I contadini erano ricompensati, secondo un sistema già in vigore nelle prime cooperative costituite nelle aree liberate prima del 1949, con dei “punti lavoro”, il cui peso variava, poiché diverse erano le competenze e gli sforzi che ogni attività richiedeva. 89 Mentre agli inizi della collettivizzazione il guadagno dipendeva sia dal lavoro di ogni singolo contadino sia dalla quantità di mezzi che egli metteva a disposizione, con la creazione delle grandi cooperative e, in seguito, con l’ondata del Grande Balzo in Avanti, la retribuzione si basava solamente sulla quantità di lavoro svolto. Questo sistema spingeva senz’altro
86 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 40.
87 Robert BOWIE, John King FARBANK (a cura di), Communist China, 1955-‐1959, Policy
Documents with Analysis, Vol.1 Cambridge University Press, 1962, p. 119.
88 ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 41. 89 DAVIN, Women-‐work…, cit., p. 141.
ogni individuo a impegnarsi al massimo per guadagnare un maggior numero di punti.90 I lavoratori, infatti, dovevano iniziare puntualmente ogni giorno il lavoro nei campi, poiché anche un minimo ritardo avrebbe potuto causare una diminuzione dei punti assegnati e una conseguente riduzione della razione di grano stabilita per ogni membro della cooperativa. Secondo la rigida divisione delle ore di lavoro, l’attività iniziava il mattino presto e continuata tutta la giornata con due interruzioni, la pausa per la colazione verso le 9.30 e quella per il pranzo alle ore 13. I punti erano calcolati secondo questa divisione della giornata e a ogni “blocco” lavorativo veniva assegnato un punteggio differente. Anche il lavoro svolto dalle donne, ovviamente, rientrava in questo schema.91 Lo slogan “uguale paga per uguale lavoro”, già sostenuto dalle femministe durante il periodo di governo comunista nel Jiangxi, ricevette in questo periodo molta attenzione. Se il PCC incoraggiava tramite la propaganda ufficiale un sistema di retribuzione equo tra uomini e donne, nella realtà è stato spesso notato come, ad esempio per il lavoro svolto nei campi, un uomo guadagnasse in una giornata dieci punti, contro i sei, massimo otto punti guadagnati da una donna.92
La nascita delle cooperative agricole aveva senza dubbio permesso alle donne di essere maggiormente coinvolte nelle attività che prima del 1949 erano di competenza esclusivamente maschile, ma non aveva ancora offerto loro nuovi modi di partecipare alla produzione. Nel lavoro agricolo i compiti delle donne erano notevolmente aumentati: in molti villaggi dello Shaanxi, ad esempio, esse si occupavano di ogni fase della coltivazione del cotone, il cui processo iniziava i primi giorni della stagione primaverile.93 Tuttavia le cooperative non avevano ancora permesso, nelle aree rurali cinesi, un ingresso su larga scala delle donne nella forza lavoro. Inoltre, va ricordato che, sebbene anche alle donne impiegate nelle attività lavorative fosse garantita una paga, essa non era consegnata loro direttamente, ma era ancora data al capo del nucleo familiare di appartenenza.
90 Ibid.
91 HERSHATTER, The Gender of Memory…, cit., p. 138. 92 Ibid., p. 139.
Questa pratica impediva una vera e completa emancipazione economica del sesso femminile nell’organizzazione delle cooperative.94
Con il lancio del Grande Balzo in Avanti e la nascita delle comuni popolari si arrivò ad un coinvolgimento delle donne in ogni tipo di attività. Nel mese di agosto del 1958 la “Risoluzione del Comitato Centrale del PCC riguardo la creazione delle comuni popolari agricole” stabiliva che le comuni dovessero avere il compito di occuparsi degli affari economici, culturali, militari, educativi. Le forze combinate dei contadini, degli operai, della milizia e degli studenti potevano così arrivare finalmente alla “costruzione del socialismo e procedere passo dopo passo verso il comunismo”.95 Le attività svolte nelle comuni erano dunque molteplici: dalla piccola industria alla coltivazione dei campi, dall’ attività bancaria all’allevamento di bestiame. La diversificazione dei compiti diede la possibilità alle donne di entrare a far parte in modo decisivo del meccanismo di costruzione e produzione socialista, mettendo in questione il principio della divisione del lavoro finora ancora ampiamente diffuso.
Così, nelle neonate comuni le donne diventarono, ad esempio, parte fondamentale del meccanismo produttivo agricolo: attraverso l’esperienza sul campo e i corsi pratici che venivano loro impartiti, molte giovani donne impararono le tecniche di aratura, del raccolto, della semina, e furono in molti casi le artefici dell’introduzione di nuovi metodi sperimentali di sfruttamento agricolo. Furono anche impiegate nei progetti industriali e di irrigazione e spesso diedero un forte contributo a tali settori. Nella regione dello Henan, ad esempio, le donne tra il 1958 e il 1960 furono responsabili di un terzo del lavoro di tutela ambientale, scavando e costruendo circa 880 mila tra stagni, bacini acquiferi e canali.96
94 CROLL, Feminism…, cit., p. 261.
95 “Resolution of the Central Committee of the Chinese Communist Party on the Establishment
of People’s Communes in the Rural Areas”, BOWIE, FAIRBANK (a cura di), Communist China, 1955-‐1959, Policy Documents, pp. 454-‐457.
96 Dati riportati in CROLL, Feminism…, cit., p. 262. Andors riporta delle stime secondo cui nel
1958 le donne costituivano il 50 percento della forza lavoro nell’agricoltura e il 70-‐80 percento nelle zone dove il loro sforzo era impiegato anche nei progetti di tipo industriale. Cfr. ANDORS, The Unfinished Liberation…, cit., p. 66.
Il movimento femminile chiamava direttamente le donne cinesi a seguire le direttive del partito e a partecipare alle politiche del Grande Balzo in Avanti, che si prefiggeva di raggiungere e superare la produzione delle potenze industrializzate occidentali. Con lo slogan “le donne possono fare tutto e farlo bene” (funü shenme dou neng gan, shenme dou gan de hao), il Grande Balzo in Avanti spinse milioni di donne a entrare in ogni settore lavorativo. 97 Quotidiani e riviste facevano appello alle masse affinché seguissero il PCC e il presidente Mao nella corsa per aumentare la produzione, e riportavano percentuali altissime sulla partecipazione del popolo cinese alla nuova campagna. Anche l’ACWF si impegnava ad elogiare i risultati del Grande Balzo e i successi conseguiti dalle donne in questa nuova “ondata produttiva”. Nel 1959 Cai Chang, presidente della federazione, affermava che in ogni tipo di lavoro e attività le donne costituivano senza dubbio una “risorsa dinamica e attiva”98 e, in un secondo editoriale pubblicato il mese successivo sulla rivista Donne cinesi scriveva: “dal 1958, seguendo i grandi risultati produttivi del Grande Balzo in Avanti, la forza lavoro femminile è cresciuta di più di settecentomila unità, aumentando di dieci volte rispetto al periodo precedente la Liberazione”.99 Non solo la produzione agricola, ma anche quella industriale doveva coinvolgere ed occupare le masse. Nel clima di fervore politico ed economico che caratterizzò gli anni del Grande Balzo, la produzione di acciaio in Cina doveva aumentare notevolmente: la quantità fissata per il 1958 doveva essere di circa 10,7 tonnellate.100
97 LIU Weifang “Zhongguo funü yundong'dayuejin' shiwei” 中国妇女运动“大跃进”始末(Il movimento femminile cinese dagli inizi alla fine del Grande Balzo in Avanti), Zhonghua nüzi xueyuan xuebao, (Journal of China Women’s University) Vol. 20, no. 5, 2008, p. 104.
98 CAI Chang, “Dangde zongluxian zhaoyao zhe woguo funü chedi jiefang de daolu” 党的总路线
照耀着我国妇女彻底解放的道路 ,(La linea generale del Partito illumina la strada delle donne verso la Liberazione), in Zhongguo funü (d’ora in poi abbreviato nelle note in ZGFN), 1959 (20), p. 1.
99 CAI Chang, “Nuzhigong tongzhimen yao geng duo de chengwei xianjin shengchanzhe”, 女职
工同志们要更多地成为 先进生产者 (Le nostre compagne lavoratrici devono diventare sempre di più dei lavoratori modello) in ZGFN, 1959 (21), p. 3.
100 WANG Yanlai, China’s Economic Development and Democratization, Aldershot, Ashgate,
Publishing House, 2003, p. 68.
Riuscire a raggiungere un tale obiettivo divenne una priorità per il PCC e per l’intera popolazione. Nel periodo compreso tra novembre e dicembre del 1958 oltre novanta milioni di persone furono concretamente coinvolte nella produzione di acciaio con metodi primitivi e inefficaci. 101Ogni nucleo familiare, ogni casa, ma anche ogni scuola, ogni ente pubblico, persino ogni ospedale doveva dotarsi di “fornaci da giardino” per la fusione dell’acciaio. Jung Chang, che nel 1958 aveva sei anni, ricorda nel suo celebre romanzo “Cigni Selvatici” come ogni giorno cercasse con cura lungo la strada tra casa e scuola ogni minimo oggetto metallico anche arrugginito che potesse servire per ottenere l’acciaio che Mao Zedong aveva chiesto alla nazione di produrre. Come descritto dalla scrittrice, queste “fornaci” erano nella maggior parte dei casi dei semplici pentoloni alimentati giorno e notte, in cui erano gettati chiodi, pezzi di ferro, ingranaggi, rottami e persino i pezzi dei wok che i pentoloni usati per fondere l’acciaio erano andati a sostituire.102 Coinvolte e incoraggiate da slogan come “Viva il Grande Balzo in Avanti!” oppure “Tutti a produrre acciaio!” scritti a grandi lettere sui muri, sugli striscioni o sui poster di propaganda,103anche le donne divennero parte integrante della campagna pubblicizzata dal partito. La produzione di acciaio, non avveniva solamente in piccole “fornaci domestiche”, ma anche in fonderie più grandi collocate, nel caso dello Shaanxi ad esempio, in distretti montuosi e isolati.104 In queste strutture, attive giorno e notte come nel caso delle fornaci più piccole, venivano trasportati chiodi, rottami di materiale ferroso e, secondo il ricordo di alcune donne intervistate dalla Hershatter, anche le traverse in ferro delle porte da utilizzare come materiale da fondere per ottenere l’acciaio. Il lavoro costante e la necessità continua di manodopera portarono ben presto anche alla mobilitazione delle donne per questo tipo di attività. Furono costruite delle “fornaci delle donne” e delle “industrie delle donne”, dove erano impegnate operaie organizzate in
101 Ibid.
102 JUNG Chang, Cigni Selvatici: tre figlie della Cina, tr. Lidia Perria, Milano, Longanesi, 2004, p.
278.
103 Ibid.
gruppi di lavoro composti esclusivamente da manodopera femminile.105 Nel settembre del 1958 nella regione dello Hunan più di un milione e cinquecento mila donne erano impegnate in attività di trasporto, fusione e altri tipi di lavori pesanti legati alla produzione dell’acciaio.106
2.3.2. le donne e il lavoro nelle aree urbane
Le comuni popolari rurali erano state, dunque, fondate con lo scopo di aumentare la produzione agricola e, per raggiungere questo obiettivo, era necessario che ogni individuo fosse coinvolto nell’opera. Le donne, inizialmente, erano rimaste ai margini di questo meccanismo, finché la loro partecipazione non si era rivelata fondamentale per la riuscita della campagna del Grande Balzo.
Nelle città, invece, la nascita e lo sviluppo delle comuni fu dovuto in gran parte all’iniziativa delle donne, in particolare delle casalinghe. Creare tuttavia delle comuni nelle aree urbane risultava molto più complesso rispetto alla situazione rurale, poiché le dimensioni erano differenti da città a città e il luogo di residenza era spesso lontano dal luogo di lavoro. Perciò le comuni in questi casi si sviluppavano attorno ai luoghi di produzione e impiego, come le fabbriche, le scuole, gli uffici governativi, ma anche le aree residenziali.107 In questo contesto, il primo coinvolgimento della forza lavoro femminile si ebbe nella produzione di acciaio nelle industrie in espansione e nelle “fornaci da cortile” in funzione anche nelle città. La necessità di aumentare la produzione richiese l’intervento delle donne nel settore industriale, ma nella maggior parte dei casi il ruolo da loro ricoperto era semplicemente quello di sostituire la manodopera maschile che doveva occuparsi di nuove attività. In questo modo era evidente come le donne entrassero a far parte della forza lavoro urbana in una posizione di subordinazione: gli uomini che in precedenza svolgevano i compiti assegnati
105 Ibid., p. 239.
106 LIU, “Zhongguo funü yundong…” cit., p. 104.