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Turismo di Comunita a Cerreto Alpi. Rinascita di un'area interna attraverso il turismo.

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Academic year: 2021

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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P I S A

F O N D A Z I O N E C A M P U S

Corso di Laurea Magistrale in

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

TESI DI LAUREA

Turismo di comunità a Cerreto Alpi.

Rinascita di un'area interna attraverso il turismo.

Relatore Chiar.mo Prof. Luigi Ficacci

Candidato

Viola Casavecchia

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INDICE

Parte Prima

Cooperative di Comunità e turismo. Un binomio possibile.

1. Mutualità e sussidiarietà

2. Le Cooperative di Comunità. Cosa sono 3. Marginalità o modello?

4. Le Cooperative di Comunità: accenni giuridici

5. Proposte di Leggi Regionali in merito alle Cooperative di Comunità

6. Le Cooperative di Comunità in Europa: un esempio di buone pratiche per il turismo

7. Il turismo di comunità: cosa succede quando una Cooperativa abbraccia il settore turistico

Parte Seconda

La Cooperativa “I Briganti del Cerreto” 1. Presentazione

2. Perché Cerreto Alpi può essere un luogo di appetibilità turistica

3. Il turismo di comunità a Cerreto Alpi 4. Il Patto Territoriale

5. Vivere Cerreto Alpi: le attività proposte

6. Come conoscere “I Briganti”? Strategie di comunicazione a costo zero

7. Riflessioni sulla ricaduta economica dell’attività Cooperativa a Cerreto Alpi

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Parte Terza

Opportunità e criticità per il turismo nelle aree interne: due documenti a confronto.

Piano Strategico per il Turismo e strategia per le aree interne. 1. Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia.

Turismo Italia 2020. Leadership lavoro sud. 2. Istituzioni e Associazioni: rilievi critici al Piano.

3. Strategia per le aree interne: un nuovo strumento per rivitalizzare le comunità locali

4. Alcune considerazioni conclusive CONCLUSIONI

Bibliografia Sitografia

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PARTE PRIMA

COOPERATIVE DI COMUNITÀ E TURISMO. UN BINOMIO POSSIBILE, UNA SFIDA PER L’EUROPA

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In questi anni di grave crisi economica si è molto discusso sulle politiche e sugli strumenti più adeguati in grado di consentire la fuoriuscita da un lungo periodo negativo, caratterizzato dalla inadeguatezza di un modello di crescita che ha accumulato contraddizioni sempre più acute sia dal punto di vista economico (es: l'abnorme espansione degli strumenti finanziari rispetto alla base produttiva) ma anche dal punto di vista sociale (aumento della disoccupazione) e ambientali (depauperamento delle risorse naturali).

Nella discussione la cooperazione ha assunto un’attenzione rinnovata, quale forma associativa fra lavoratori, consumatori, fruitori di servizi.

Non è questa la sede per ripercorrere questo dibattito, che ha conosciuto anche originali teorie come la “Coop-Capitalism” della studiosa inglese Noreena Hertz, un modello tendente a superare il capitalismo dell'avere, del possesso e del consumo fine a sé stesso (“Gucci-Capitalism), attraverso il recupero del cooperativismo solidaristico. 1

Si tratta di mettere in evidenza alcuni eventi o pubblicazioni che hanno sottolineato il ruolo della cooperazione nel sistema produttivo o hanno comparato risultati economici e occupazionali fra diverse forme di impresa, evidenziandone ruolo e tenuta in un periodo recessivo.

Fra i primi merita una particolare attenzione alla decisione assunta dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU) il 18 dicembre 2009, nel pieno della crisi economica, di proclamare il 2012 anno internazionale delle cooperative. La risoluzione

Hertz N., Coop-Capitalism. A new economic model from the carnage of the old., a cura Co-1

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adottata individua nelle cooperative quelle imprese commerciali e sociali che sono in grado di contribuire allo sviluppo sostenibile, alla riduzione e superamento della povertà, e, di conseguenza, invita gli Stati membri a promuovere la cooperazione, sottolineando il contributo che questo settore può offrire alla crescita economica e sociale, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. 2

Questa iniziativa ha trovato piena adesione parte dell’Alleanza Cooperativa Internazionale (ICA) che ha sottolineato, attraverso il proprio presidente Pauline Green, come il modello cooperativo rappresenti un modo più sostenibile di fare impresa rispetto ai quelli tradizionali, entrati in crisi, in quanto tende ad affermare valori di solidarietà, democrazia e corresponsabilità, superando la logica della pura e semplice massimizzazione del profitto. 3

Nel 2013, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione recante il titolo “Contributo delle cooperative al superamento della crisi” , nella quale sono contenute una serie di sollecitazioni 4 rivolte alla Commissione europea e agli Stati membri per adottare misure di natura normativa, per il trasferimento e trasformazione di imprese, per l'accesso ai finanziamenti e il sostegno alle imprese in grado di rafforzare il modello imprenditoriale cooperativo che “rappresenta un elemento indispensabile della “economia sociale di mercato” e che è pienamente in linea con i valori del trattato UE e con gli obiettivi della strategia Europa 2020. Questo documento contiene anche alcune valutazioni relative alla dimensione economica delle cooperative nell'Unione:

Risoluzione ONU A/RES/64/432. Cooperative nello sviluppo sociale 2

Dichiarazione di Pauline Green. Da 2012 anno della cooperazione,www.confooperative.va.it 3

P7_TA-PROV(2013)0301, Risoluzione del Parlamento del 2 luglio 2013 sul contributo delle 4

cooperative al superamento della crisi (2012/2321(INI)), www.europarl.europa.eu/RegData/ seance_plenaire/textes_adoptes

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160.000 imprese di proprietà di 123 milioni di soci che danno occupazione a 5,4 milioni di persone, di cui 50.000 operanti nell'industria e nei servizi, con 1,4 milioni di posti di lavoro, con una percentuale in media sul prodotto interno lordo di ciascuno Stato membro pari a circa il 5%.

Un'analisi molto interessante sul contributo che il settore della cooperazione ha dato all'economia italiana nel periodo di difficoltà più acuta (2008-2001) e sulle dinamiche comparate rispetto ad altre forme di impresa è contenuta nel 2° Rapporto dell'European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises (Euricse) intitolato “La cooperazione italiana negli anni della crisi” 5

La ricerca ha messo in evidenza nel 2009 la rilevante dimensione quantitativa del settore in relazione al prodotto interno lordo (circa il 10%) e all'occupazione italiana complessiva (circa l'11%), con percentuali molto più elevate in agricoltura e in alcuni comparti dei servizi (sanità, assistenza sociale, commercio, trasporti). La cooperativa si conferma da questo punto di vista forma d’impresa notevolmente adatta per quei segmenti di attività dove il lavoro e il capitale umano sono fattori determinanti e strategici.

Un secondo elemento da sottolineare è rappresentato dalla più elevata capacità del sistema cooperativo di reggere di fronte ai colpi impietosi della crisi. Nel complesso, sulla base dei dati certi disponibili, la produzione nel 2011 è aumentata dell'8,2% e gli investimenti del 10,6%, con un significativo incremento dell'occupazione nel periodo 2008-2011, mentre in generale l'insieme delle imprese ha conosciuto difficoltà crescenti

Euricse, La cooperazione italiana negli anni della crisi. 2° Rapporto, Nuove arti grafiche, Trento, 5

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nell'assicurare un posto di lavoro agli occupati o trovare nuovi impieghi a chi è in cerca di occupazione. Questi valori mettono in luce una funzione anticiclica del settore e sono imputabili, secondo i curatori della ricerca, sostanzialmente alla diversa natura proprietaria delle cooperative rispetto ad altre forme di impresa, in quanto esse hanno “obiettivi e strutture proprietarie che tendono a salvaguardare l'interesse dei soci in quanto portatori di un particolare bisogno, piuttosto che di capitale di rischio” . 6

Va infine sottolineato come le forme contrattuali dei lavoratori riguardino in modo prevalente il tempo indeterminato, mentre le figure atipiche, in particolare quelle del lavoro a progetto, siano di gran lunga inferiori per numero e abbiano conosciuto nel 2011 un contrazione tendenziale.

Questi riferimenti, seppur schematicamente richiamati, costituiscono la cornice entro la quale collocare la sperimentazione di nuove forme di associazione cooperativa: le cooperative di comunità

Carlo Borzaga, Introduzione, ibidem, pg. 7 6

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1. MUTUALITA' E SUSSIDIARIETA'

Nel nostro paese il dibattito e la produzione legislativa sul tema della cooperazione ha conosciuto una notevole evoluzione.

Il punto di partenza, per quanto riguarda il secondo dopoguerra, è rappresentato dai lavori e dal dibattito dell'Assemblea costituente che si sono materializzati nell'articolo 45 comma 1 della Costituzione repubblicana.

“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli appositi controlli, il carattere e le finalità.” Questo articolo sottolinea la funzione sociale propria delle cooperative qualora esse siano caratterizzate da scopo mutualistico e non perseguano un fine lucrativo-speculativo.

La traduzione legislativa di questo principio ha conosciuto tuttavia nel tempo una molteplicità di norme, che innestandosi su precedenti testi, in particolare le disposizioni al riguardo del codice civile datate 1942, aveva creato un complesso reticolo di provvedimenti, anche di carattere speciale, che, negli anni, non avevano messo il settore al riparo da fenomeni problematici, con effetti distorsivi nelle finalità. 7

Nel 2003, con il Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n.6 “Riforma organica delle società di capitali e società cooperative” vi è stata una significativa revisione e riforma della disciplina, dove, fra gli elementi più significativi, si introduce una fondamentale bipartizione del tipo di impresa: la divisione tra cooperative a mutualità prevalente e altre società cooperative.

Campobasso G.F., Campobasso M. a cura di, Manuale di diritto commerciale, UTET Giuridica, 7

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Nel codice civile, modificato dal citato Decreto legislativo, all’articolo 2512, in ragione dello scambio mutualistico, si definiscono, “a mutualità prevalente” le cooperative che:

a) svolgono la loro attività prevalentemente a favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

b) si avvalgono nello svolgimento della loro attività prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci;

c) si avvalgono prevalentemente degli apporti di beni e servizi da parte dei soci. Negli articoli successivi (art. 2513 e art. 2514) si definiscono i criteri per determinare la prevalenza e i requisiti che devono essere previsti negli statuti in materia di dividendi per i soci e remunerazione degli strumenti finanziari, stabilendo inoltre il divieto di distribuire le riserve fra i soci e la devoluzione del patrimonio sociale ai fondi mutualistici delle cooperative in caso di scioglimento della società.

Questa distinzione fra i due tipi di cooperative è essenziale. Le società di tipo cooperativo a mutualità prevalente si distinguono dalle altre non attraverso lo scopo mezzo, o attività economica, ma attraverso lo scopo fine: la mutualità.

Al contrario di un’impresa, la società cooperativa, infatti, non mira alla produzione di utili (lucro oggettivo) da distribuire tra i soci (lucro soggettivo) al massimo della resa ma mira a fornire beni, servizi o possibilità di lavoro direttamente ai membri della stessa a condizioni più vantaggiose di quelle presenti sul mercato.

Possiamo quindi parlare di una tendenza a far coincidere i soci con gli usufruttuari o con coloro che forniscono i fattori produttivi, superando forme di intermediazione. Possiamo affermare che il socio diventa così imprenditore di sé stesso.

Essere imprenditori di se stessi significa si mirare ad un risultato economico ed a un vantaggio patrimoniale ma perseguendo il

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soddisfacimento di un preesistente bisogno economico comune tra i soci, attraverso un risparmio economico nel caso si usufruisca di un servizio o una maggior retribuzione se si presta la propria attività lavorativa.

La legge prevede che le società cooperative possano rapportarsi con terzi, fornendo loro le stesse prestazioni di cui i soci possono usufruire . Si crea così un’attività oggettivamente lucrativa per 8 l’impresa ma, per non perder la natura mutualistica, non soggettivamente lucrativa per i soci, attraverso la specificazione a livello statutario di un massimale di partecipazione all’utile prodotto. Questo limite permette alla società di non escludere il rapporto con terzi senza privarla della sua natura, impedendo quindi la creazione di un sistema che tenda al mero ricavo.

Per esprimere questo concetto in termini di minor contenuto giuridico si può affermare che, rispetto alle imprese profit, le cooperative accompagnano all'utilità economica altri obiettivi, quali l'incremento dell'occupazione, la produzione di benefici di natura mutualistica per i soci, la promozione di valori solidaristici. In questo contesto, la competitività dell'impresa, necessaria per reggere le sfide del mercato, si arricchisce di qualità sociali (tutela dei consumatori, garanzia qualitativa dei prodotti, rapporto con il territorio, rete di servizi offerti) che contribuiscono ad accrescere la stessa capacità delle cooperative di fare impresa.

Più recentemente, con la Legge Costituzionale 2001, n. 3, nella Costituzione è stato sostituito l'articolo 118, che, al comma 4, prevede che le istituzioni, dallo Stato ai Comuni, “favoriscano l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo

Campobasso G.F., Campobasso M. a cura di, Manuale di diritto commerciale, UTET Giuridica, 8

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svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”

Questo richiamo alla sussidiarietà, in particolare a quella orizzontale, attraverso la quale i cittadini, auto-organizzandosi, promuovono iniziative per conseguire un interesse generale, è utile per cercare di introdurre il tema della cooperativa di comunità. Il livello locale, sia esso un determinato comune montano o una realtà urbana degradata, può essere lo spazio dove questa auto organizzazione della società civile concorre a dare risposta a specifici bisogni sociali, altrimenti disattesi.

L'integrazione fra il principio della mutualità e quello della sussidiarietà si può attuare in una associazione cooperativa, che, in rapporto con le istituzioni locali ed altre organizzazioni sociali presenti sul territorio, può incidere positivamente nella realtà nella quale opera. La ricerca di una utilità per i componenti di una associazione cooperativa si coniuga in modo adeguato con la promozione e ricerca di un interesse generale per una comunità nel caso in cui i soci della cooperativa coincidano in tutto o in buona parte con i membri di quella specifica comunità.

Il principio di mutualità, applicato non solo tra soci ma bensì tra i componenti di una comunità intera, coniugato con la sussidiarietà, permette la nascita di una esperienza nuova ed unica: la cooperativa di comunità.

In questo senso lo scopo mutualistico della cooperativa di comunità va ben al di là dei benefici per i singoli soci ma assume un valore sociale più ampio, in quanto da questa esperienza ci si attende la produzione di benefici economici e sociali per una intera comunità.

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2. LE COOPERATIVE DI COMUNITÀ. COSA SONO

Nel XXXI Congresso dell'Alleanza Cooperativa Internazionale, tenutosi a Manchester nel settembre 1995, è stata approvata la Dichiarazione dell'identità cooperativa. In questo documento si definisce la cooperativa come “associazione autonoma di individui che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali e le proprie aspirazioni attraverso la creazione di una proprietà comune e democraticamente controllata.” Questa definizione è accompagnata dalla individuazione dei valori che ne sono alla base quali “auto-aiuto, democrazia, eguaglianza, equità, solidarietà.” Nei principi che sorreggono l'attività delle cooperative, uno in particolare introduce il rapporto fra esse e il contesto nel quale operano. Sulla base di questo principio, che è definito significativamente “Interesse per la comunità”, le cooperative si rivolgono alle comunità alle quali appartengono e nelle quali lavorano al fine di dar vita ad uno sviluppo sostenibile, attraverso politiche approvate dai soci.

L'orizzonte dell'azione mutualistica sembra allargarsi ben oltre i confini tradizionali per assumere uno scopo che investe la comunità di appartenenza con una declinazione qualitativa molto specifica: contribuire non tanto ad una generale crescita economica quantitativa ma ad uno sviluppo che abbia nella sostenibilità il suo segno distintivo e che sia accompagnato dall'intervento consapevole dei soci.

In Italia il progetto delle cooperative di comunità risale al 2010 e nasce per iniziativa di una Associazione nazionale del settore cooperativo (Legacoop) che, considerato il periodo di crisi e trasformazione economica e sociale in atto, ha voluto promuovere la crescita di una rete cooperativa all'interno di diverse comunità caratterizzate da indici demografici negativi e da

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rischi di impoverimento del tessuto economico e sociale, sviluppando e sollecitando la capacità di reazione ed auto-organizzazione dei cittadini.

In queste realtà si assommano linee di tendenza di lungo periodo (decrescita demografica delle aree interne e montane, abbandono dell'attività agricola tradizionale legate all'allevamento e alla forestazione, fenomeni di dissesto idrogeologico) con gli effetti congiunturali, anch'essi profondi, della crisi. A questo si aggiunge una estrema polverizzazione dei livelli istituzionali. Il nostro Paese infatti, a livello locale, è caratterizzato dalla presenza di Comuni o frazioni di dimensioni molto ridotte, a volte di poche decine di residenti, spesso dislocati in contesti territoriali poco agevoli e scarsamente sviluppati a causa della mancanza di reti infrastrutturali e servizi ai cittadini: fattori che spingono ad un lento declino se non all'abbandono completo.

Alcune elaborazioni Ancitel su dati ISTAT riferiti alla popolazione residente al 31/12/2010 sono estremamente significative. I piccoli 9 comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti sono ben 1948, pari al 24,07% del numero complessivo dei comuni italiani (8092), e sono collocati soprattutto nelle aree interne (1926). In essi vive l'1,8% della popolazione italiana (poco più di un milione di abitanti) mentre il territorio su cui esercitano la loro attività amministrativa è pari al 13,8% del territorio nazionale. Per quanto riguarda la classe dei comuni compresi fra i 1000 e i 5000 abitanti, il loro numero è ben più rilevante, 3735, circa il 46% dei comuni italiani. Di essi, 3521 sono comuni interni. Il loro territorio è pari al 41% del territorio nazionale, anche se la popolazione che vi risiede è di poco superiore ad un sesto di quella italiana.

Www.comuniverso.it Piccoli comuni inferiori ai 1000 abitanti. Piccoli comuni inferiori ai 5000 9

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Si tratta di dati che fotografano un profonda frammentazione delle istituzioni locali, che comunque sono chiamati ad operare in ampi contesti territoriali con problemi economici, sociali ed ambientali di vastissima portata.

Questa polverizzazione delle istituzioni locali è stata oggetto negli anni più recenti di interventi del legislatore nazionale, che attraverso l'associazione obbligatoria delle funzioni fondamentali e l'istituzione delle unioni di comuni, ha cercato di superare le difficoltà a mettere in campo progetti unitari per queste aree, superando anche l'impiego non ottimale di risorse pubbliche che la pluralità di enti pubblici comporta.

Questo processo è tuttavia ancora nella prima fase di realizzazione, con esiti molto differenziati nelle varie regioni, ostacolato anche dallo spostamento ripetuto dei termini per rendere effettivo l'esercizio associato delle funzioni.

In questo contesto ricco di tante contraddizioni, anche a livello istituzionale, non è pensabile di poter invertire o quantomeno arrestare le negative tendenze in atto ricorrendo in via prioritaria agli investimenti di soggetti privati, per di più in un momento di crescenti difficoltà per l'accesso al credito bancario.

La proposta della cooperativa di comunità nasce come scommessa e progetto per costruire un a risposta nuova in grado di incidere in una deriva negativa, con l'ambizione di costruire in primo luogo nelle realtà esposte a fattori di depauperamento sociale e demografico un nuovo paradigma di società che possa prevedere uno sviluppo, agendo prioritariamente sulle risorse sollecitando un protagonismo dei singoli, con lo scopo dichiarato del miglioramento della vita delle comunità in cui si agisce.

Il progetto delle cooperative di comunità si concretizza quindi in relazione a contesti territoriali ben precisi, anche se come

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vedremo, soprattutto con la presentazione di proposte di legge in materia in alcune Regioni, si è teso ad estendere queste esperienze al di là dei confini delle aree interne, investendo comunità riconducibili al quartiere o alla municipalità urbana.

La cooperativa di comunità è lo strumento attraverso il quale si mettono insieme le risorse umane, economiche ed ambientali presenti nella comunità, per produrre benefici in forma di beni e servizi a favore della comunità medesima, arrestandone il declino e/o promuovendone lo sviluppo.

Le cooperative di comunità non rappresentano una diversa forma di cooperativa rispetto a quanto previsto dal codice civile, che costituisce il loro riferimento normativo. Ciò che le caratterizza non è tanto la tipologia di cooperativa (di produzione e lavoro, di supporto, di utenza, sociale) o l'attività svolta (gestioni commerciali; servizi assistenziali e di pubblica utilità, tutela dell’ambiente; attività agricole, forestali e di allevamento; recupero di mestieri e produzioni tradizionali; servizi e gestioni turistiche etc…); ma è la finalità che la cooperativa stessa si pone: “migliorare le condizioni e valorizzare la comunità di riferimento, promuovendo anche occasioni di lavoro, soprattutto per i giovani”. 10

Ricercando un obiettivo generale (il miglioramento delle condizioni di vita di un’intera comunità), questo tipo di cooperativa dovrà nascere attraverso un’azione collettiva, promossa da una pluralità di cittadini. Questi potranno partecipare alla cooperativa come soci utenti, usufruendo dei servizi che la cooperativa andrà ad

Guida alle cooperative di comunità, Legacoop, www.legacoop.it

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erogare, e/o come soci lavoratori, mettendo le proprie capacità lavorative e professionali a disposizione delle attività svolte.

L’essere al servizio della comunità non vuol dire erigere la comunità come confine della propria iniziativa. Non va sottaciuto che l'aspetto economico e finanziario è un elemento importante in ogni tipo d’impresa, dal quale non si può prescindere. Ne consegue che la cooperativa di comunità potrà ampliare il suo raggio d’azione attraverso la creazioni di reti con altre imprese; senza che questa apertura faccia in alcun modo perdere la centralità del capitale umano: in questo modo, qualunque sia la strategia specifica adottata dall'impresa, dovrà sempre e comunque favorire la partecipazione di tutti i soci.

L'azione promozionale sul territorio per far crescere il numero delle cooperative di comunità si è realizzata attraverso la conoscenza diffusa su scala nazionale delle prime esperienze nate in questi anni. Esperienze che, non solo vedevano la creazione di cooperative, varie nel tipo di attività e di mutualità, ma rispondevano ad un bisogno più ampio dei cittadini di auto-organizzare la loro comunità per valorizzare piccoli centri e loro peculiarità.

Oltre alla cooperativa I Briganti del Cerreto, che è oggetto della presente tesi, vanno ricordare alcuni primi esempi di realizzazione di uno scopo mutualistico nuovo e diverso con strumenti consolidati da decenni di lavoro.

A Melpignano, in Provincia di Lecce, dopo un periodo di approfondimento ed elaborazione collettiva, è nata il 18 luglio 2011 una “Comunità Cooperativa” , con l'obiettivo, codificato 11

F. Troisio, Un benessere socialmente condiviso: la Cooperativa di Comunità di Melpignano, Tesi di 11

Laurea discussa alla Facoltà di Scienze Politiche “Roberto Ruffoli”, Università di Bologna, A.A. 2011/2012

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nello statuto, di soddisfare i bisogni dei soci-cittadini attraverso l'utilizzo responsabile delle risorse naturali, la valorizzazione di pratiche di risparmio energetico sia nella gestione domestica sia nelle attività produttive, la produzione di energia da fonti rinnovabili. La cooperativa è a mutualità prevalente, secondo quanto disposto dal codice civile. Un progetto significativo realizzato a Melpignano riguarda la collocazione di impianti fotovoltaici di potenza contenuta sui tetti delle abitazione dei soci aderenti, che hanno consentito di autoprodurre energia per gli usi domestici, con un beneficio ulteriore derivante dall'immissione in rete dell'energia prodotta in surplus. L'investimento iniziale è stato possibile con un mutuo sottoscritto con una banca etica. Vi è stato un contributo anche in qualità di socio sovventore di FondoCoop , il fondo mutualistico delle imprese cooperative associate a Legacoop. Un secondo progetto, denominato Casa dell'acqua, ha lo scopo di incentivare il consumo di acqua pubblica, con la fornitura di acqua naturale e frizzante refrigerata a costi contenuti e di ridurre l'uso delle bottiglie di plastica. Progetto vicino a quello dei Briganti, non solo per il tipo di esperienza ma anche fattori temporali e geografici, è quello della Cooperativa di Comunità “Valle dei Cavalieri” di Succiso. Piccolo 12

borgo nel cuore dell’Appennino reggiano e del parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, sorge a pochi chilometri di distanza da Cerreto Alpi, ed anche qui il progetto nasce come una risposta collettiva all’insostenibilità economica delle singole attività e alla ormai completa assenza di servizi. Dalla fine degli anni ’90 ad oggi la Cooperativa ha raggiunto molti obbiettivi: l’apertura di un alimentari e di un bar, la produzione di ricotta e pecorino dell’’Appennino attraverso la fondazione di un’Azienda Agricola, la

www.valledeicavalieri.it

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creazione di un servizio per l’approvvigionamento di medicinali e beni di prima necessità; il tutto grazie alla nascita di un turismo sostenibile e creato su misura al borgo. Le strutture e le attività turistiche nate per volere della “Valle dei Cavalieri” negli ultimi vent’anni richiamano chi sceglie la montagna per rilassarsi e divertirsi: la cooperative gestisce un agriturismo dotato di venti posti letto, un ristorante tipico, un Centro Benessere, la creazione di un gruppo “Hanno per scuola l’Alpe” che organizza trekking di gruppo per scoprire l’Appennino, strutture per la pratica di sport in Outdoor. Da dimenticare anche chi sceglie la montagna per imparare: la Cooperativa, infatti, ha predisposto diverse attività di Educazione Ambientale, in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, ed anche didattiche, come “A scuola di Montagna”, che ogni anno portano a Succiso molte classi di elementari e medie.

La Cooperativa L'innesto , una cooperativa sociale nata nel 1999, 13

che ha sede a Gaverina Terme nella Valle Cavallina, in Provincia di Bergamo, opera nella cura e salvaguardia del territorio, nella ricerca, recupero e divulgazione della cultura e delle tradizioni locali, integrando nei processi lavorativi persone in condizione di svantaggio sociale . Fra le altre, sono state sviluppate iniziative 14 didattiche-educative come il progetto Fattore Scuola, che si è specializzato nel settore naturalistico e ambientale.

Più recentemente è sorta nel piccolo comune di Miglierina, in Provincia di Catanzaro, una cooperativa sociale denominata Il Miglio , per impulso della locale amministrazione comunale. 15

L'obiettivo è quello di creare occasioni di nuova occupazione per i www.innesto.it

13

www.legacoop.it

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giovani attraverso la gestione di strutture, come l'albergo diffuso o il ristorante a chilometro zero, che consentano di creare offerta di turismo sostenibile. Si accompagnano attività di valorizzazione delle tradizioni produttive, nel settore tessile, dei beni culturali e ambientali, oltre alla gestione di spazi verdi e di servizi locali. Al progetto “Cooperative di Comunità” promosso da Legacoop ha aderito anche il consorzio fra le imprese cooperative ambientali, RICA, che operano nella Riserva naturale regionale del Lago Penne in Abruzzo. Questa rete riguarda imprese che sviluppano servizi per la tutela dell'ambiente, produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli derivanti da agricoltura biologica, attività nel settore del turismo naturalistico, ricettività e ristorazione. Particolare significato riveste l'educazione ambientale, che ha come sede il Centro di accoglienza della Riserva naturalistica.

Queste prime esperienze hanno valore di esempio perché hanno prodotto ricadute positive sulla comunità interessata, e, nello stesso tempo, hanno permesso di riscoprire tradizioni, ripristinare beni ambientali e monumentali attraverso la salvaguardia territoriale, e hanno creato posti di lavoro per i giovani del luogo che, altrimenti, sarebbero stati costretti ad emigrare-

Un passo rilevante nella promozione dell'iniziativa è rappresentato dal protocollo di intesa sottoscritto il 9 febbraio 2011 da Legacoop e dall'associazione Borghi autentici d'Italia, che riunisce moltissimi comuni di piccole dimensioni sparsi nelle aree interne del nostro paese . In questo caso un soggetto che rappresenta 16 un pezzo significativo dell'economia si è incontrato con una delle organizzazioni che hanno come scopo la valorizzazione di un

www.borghiautenticiditalia.it 16

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rilevante patrimonio storico, culturale e paesaggistico spesso dimenticato o, peggio, lasciato nell'abbandono.

Fra i contenuti del protocollo meritano particolare attenzione l'impegno a collaborare per promuovere “iniziative congiunte per la costituzione di cooperative nei piccoli comuni italiani soprattutto nelle realtà maggiormente in ritardo i sviluppo e marginalità socio-economica ed infrastrutturale” e nello stesso tempo “iniziative tecniche, giuridiche e politico-legislativo atte a migliorare il contesto normativo riguardante le attività delle Cooperative di Comunità”

E' possibile affermare che si è creato un humus favorevole per una estensione delle cooperative di comunità sul territorio, come testimoniano i numerosi incontri pubblici a carattere promozionale e di approfondimento che si sono svolti in molte delle Regioni italiane.

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3. MARGINALITÀ O MODELLO?

Le considerazioni prima svolte sulla specificità dell’esperienza “cooperativa di comunità” inducono un’ulteriore considerazione. Sembrano essere strumenti indirizzati in modo prioritario a realtà che possiamo definire economicamente “marginali”, nel senso che non rappresentano mete appetibili per l’impiego di capitali privati ne per servizi essenziali tanto per attività remunerative. Esse, tuttavia, se confinate concettualmente ad operare esclusivamente, o quasi, laddove il mercato ha fallito o le istituzioni pubbliche sono particolarmente deboli per organizzare programmi d’intervento nel territorio, rischiano di essere depotenziate nel loro significato più generale.

In questo caso la loro funzione sociale di “produttrice di effetti economici” per chi ne è partecipe potrebbe oscurare quella che è la novità profonda di cui sono portatrici: valorizzare e rendere fruibili in modo sostenibile le risorse presenti in un determinato territorio (umane, culturali, ambientali, etc) e produrre beni o servizi per la comunità che vi risiede sulla base sulla base del protagonismo e della partecipazione consapevole dei soci-cittadini che ne fanno parte.

In questo senso la funzione sociale delle cooperative, sul fornire servizi e beni, arricchisce la comunità di valori quali la rinnovata o ritrovata identità, la responsabilità della partecipazione, la consapevolezza dell’agire collettivo.

Sulla base di queste connotazioni, la cooperativa di comunità potrebbe riguardare non solo le aree interne e i comuni a decrescita economico-sociale, ma potrebbe essere adottata anche in realtà urbane (quartieri o municipalità) dove l’atomizzazione della società ed i problemi molto seri di convivenza hanno fatto

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perdere di significato al vivere nello stesso luogo fisico. Da questo punto di vista, la cooperativa di comunità, potrebbe diventare un modello sperimentale per determinare una crescita civile, e non solo economica, e radicale materialmente l’idea della “cooperazione” in contesti nei quali, per ragioni diverse, si è determinata una rarefazione di rapporti sociali e di occasione di vita comune.

Una riflessione ulteriore riguarda il rapporto fra cooperativa di comunità e attività turistica che trova riferimento concreto in alcuni percorsi ormai radicati nel territorio, a partire dai Briganti del Cerreto.

Lo scopo mutualistico interno (migliorare le condizioni di vita della comunità e cioè la “qualità della vita” dei soci-cittadini) può consistere in una finalità estrema: accrescere l’offerta di un turismo sostenibile proponendo soggiorni-visite all’interno della comunità, valorizzando la sua storia, il suo patrimonio culturale e ambientale, le sue tradizioni produttive ed enogastronomiche. La fruizione e la conoscenza di un determinato territorio non potranno mai essere rappresentate da un turismo dei grandi numeri, ma potranno diventare occasione per una attività turistica qualitativamente rilevante, che fa assaporare in profondità le specificità e le peculiarità presenti anche se non immediatamente riconoscibili, seguendo l’approccio standard della buona ospitalità e dl relax, pur sempre sostenibile.

Rendere consapevole il turista dei valori di un territorio, conferisce un valore aggiunto non quantificabile in termini strettamente economici, ma che, per certi aspetti, rappresenta una materializzazione della sostenibilità.

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4. COOPERATIVE DI COMUNITA’: RIFERIMENTI GIURIDICI

Le cooperative di comunità non rappresentano una nuova tipologia di cooperativa rispetto a quanto stabilito dal codice civile e neppure sono ad oggi oggetto di norme nazionali specifiche come è avvenuto ad esempio per le cooperative sociali, che sono regolate dalla legge 8 novembre 1991, n. 381 e che sono assimilate ope legis alle cooperative a mutualità prevalente.

Richiamiamo di seguito le principali norme che riguardano le cooperative di comunità, costituite in forma di cooperativa ordinaria, con specifiche sottolineature in relazione alla loro funzione e al loro scopo mutualistico . 17

Ciascuna cooperativa deve essere costituita con atto pubblico (articolo 2521 c.c.) ed è iscritta al Registro delle imprese presso la Camera di Commercio e all'Albo nazionale delle società cooperative.

Attraverso l'atto costitutivo vengono fissati l'oggetto sociale dell'impresa e le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica. RAPPORTO SOCIALE. La cooperativa di comunità può avere un numero minimo di nove soci. Nel caso in cui si scenda sotto a questo limite si applica quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 2522 del c.c. Non vi sono restrizioni per il numero massimo dei soci, nel senso che è prevista la possibilità di ammettere nuove adesioni. Questa disposizione sancisce l'attuazione del principio della porta aperta e si accompagna alla previsione relativa alla variabilità del capitale. Si tratta di un elemento particolarmente distintivo per società che con la loro attività vogliono traguardare

Campobasso G.F., Campobasso M. a cura di, Manuale di diritto commerciale, UTET Giuridica, 17

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un interesse generale per un determinato contesto sociale, sia esso un piccolo comune, una frazione montana o un quartiere urbano. Queste esperienze, infatti, hanno inizio generalmente con un numero non molto elevato di soci promotori. Attraverso la "visibilità" dei risultati raggiunti, assumono il carattere di poli di attrazione per ulteriori adesioni, che possono coinvolgere la quasi totalità dei residenti della comunità o chi decide di eleggerla come propria.

Il numero dei soci, assieme alla consistenza patrimoniale, riveste una importanza fondamentale per la determinazione del modello societario. Nel caso in cui il numero di soci sia inferiore a nove l'impresa dovrà essere una Società a Responsabilità Limitata (s.r.l.). Se la cooperativa ha un numero di soci compreso fra 9 e 19 o un patrimonio inferiore ad un milione di euro lo statuto può prevedere che trovino applicazione le norme sulle Società a responsabilità limitata (s.r.l.), mentre se sono superati questi parametri il modello adottato è la Società per Azioni (s.p.a.) (articolo 2519 del c.c.). Questa distinzione è molto rilevante ai fini del concreto operare della cooperativa in quanto la s.r.l non prevede la possibilità che possano associarsi persone giuridiche e soprattutto si determinano maggiori difficoltà a reperire finanziamenti al di fuori della compagine sociale.

I soci, cioè coloro che operano lo scambio mutualistico con la cooperativa, possono essere soci lavoratori, in quanto dalle prestazioni effettuate all'interno della cooperativa traggono una utilità economica, e soci utenti, che usufruiscono dei servizi erogati o dei beni prodotti dalla società. Nel concreto operare delle cooperative di comunità possiamo affermare che esiste una compresenza di queste due tipologie di soci. Elemento questo che

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sta a significare una pluralità di soggetti e di interessi coinvolti nell'attività e quindi una ricchezza nella base sociale. Tuttavia, come ha rilevato la stessa Legacoop , occorre definire in modo 18 preciso ruoli e profili professionali, in modo da non generare confusioni rischiose per la vita quotidiana della società.

Esistono inoltre i soci finanziatori i quali mettono in atto una attività di investimento favore della cooperativa, con un conferimento di capitale che è soggetto a remunerazione. Le cooperative possono quindi raccogliere risorse esterne alla compagine sociale emettendo strumenti finanziari. La questione che si è posta nel regolare il rapporto fra questi soci e le cooperative riguarda i diritti riconosciuti ai finanziatori, cioè il loro potere all'interno della società, al fine di non snaturarne la natura mutualistica. Il codice civile indica da questo punto di vista alcuni limiti precisi: 1) non può essere loro attribuito più di un terzo dei voti spettanti all'insieme dei soci presenti o rappresentati in ciascuna assemblea generale (articolo 2526, comma 2); 2) non può essere loro riconosciuto il diritto di eleggere più di un terzo dei componenti del Consiglio di Amministrazione (articolo 2542); e dei componenti dell'organo di controllo (articolo 2543), laddove previsto.

I soci finanziatoti possono sottoscrivere qualsiasi strumento finanziario emesso dalla cooperativa, nel caso in cui essa abbia la forma della s.p.a., mentre soltanto titoli di debito, privi dei diritti amministrativi, se essa è costituita come s.r.l.

Nuovo capitale può essere apportato alle cooperative dai cosiddetti "soci sovventori", cioè da persone fisiche o giuridiche, Legacoop, Guida alle Cooperative di comunità, Officine Cantalemo Soc. Cooperativa, Lecce, 18

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secondo quanto stabilito dalla legge 31 gennaio 1992, n.59 "Nuove norme in materia di società cooperative". Questa possibilità riguarda quelle cooperative che nel loro statuto prevedono la costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o per il potenziamento aziendale, come è il caso, ad esempio, della cooperativa di Melpignano.

Una distinzione fra diversi tipi di cooperative può essere fondata sulla base dell'attività svolta.

Nelle cooperative di produzione e lavoro il socio, che partecipa al capitale sociale, è anche prestatore d'opera. Il beneficio che esso trae dalla sua partecipazione potrebbe essere motivato dalla maggiore remunerazione del proprio lavoro rispetto alle ordinarie condizioni di mercato.

Le cooperative di utenza trovano ragione nello scopo mutualistico di fornire beni e servizi ai propri soci ad un prezzo inferiore. Queste cooperative possono rivolgere la loro attività solo ai soci, come ad esempio le cooperative di abitazione, oppure anche a soggetti esterni alla compagine sociale (tipico esempio sono le cooperative di consumo)

Le cooperative di supporto sono caratterizzate dal fatto che soggetti imprenditoriali autonomi si associano per avere servizi che consentono loro di abbattere i costi o migliorare le condizioni per l'esercizio della propria attività. Esempio sono le cooperative agricole, con l'eliminazione di passaggi dispendiosi e intermediazioni fra produzione e consumo.

Nelle cooperative di comunità può verificarsi la compresenza di attività riconducibili a questa tripartizione. Una apparente

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complicazione, che tuttavia ne sottolinea il carattere di intervento plurisettoriale, che implica l'unità gestionale e sottende lo scopo di promuovere la crescita complessiva di una comunità.

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5. PROPOSTE E LEGGI REGIONALI IN MERITO ALLE COOPERATIVE DI COMUNITÀ

L'assenza di norme che definiscono compiutamente le cooperative di comunità a livello nazionale non ha impedito che in alcune Regioni prendessero corpo alcune iniziative promosse da consiglieri regionali sulla questione. Queste proposte di legge costituiscono la riprova che sono stati varcati gli stretti confini della sperimentazione e che, alla luce della positività degli interventi già messi in atto, la cooperazione di comunità si sta affermando come uno degli strumenti per garantire servizi e opportunità sociali in particolare nelle aree interne.

In ordine cronologico, è la Sardegna la prima Regione nella quale è stata presentata una proposta di legge, in data 26 marzo 2013, avente ad oggetto “Norme per la promozione. Il sostegno e lo sviluppo delle cooperative di comunità in Sardegna”. I proponenti indicano esplicitamente quale obiettivo della proposta la definizione del profilo delle cooperative di comunità, non ricondotte alla semplice specificazione delle cooperative sociali, ma costituite nelle diverse forme: di lavoro, di utenza, miste e sociali, previste dall'Albo apposito, istituito presso le Camere di Commercio.

Gli elementi che le definiscono sono sostanzialmente: 1) la finalità (“il miglioramento della qualità della vita sociale ed economica delle comunità interessate”); 2) l'attività (“la produzione di beni e servizi”); 3) l'ambito di riferimento (“piccoli comuni nei quali si registrano evidenti situazioni di marginalità economico/sociale, identificate dalla Regione come l'accentuato decremento della popolazione residente”).

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I soci delle cooperative di comunità possono essere persone fisiche, persone giuridiche, associazioni/fondazioni, enti pubblici, come gli enti locali in cui esse operano e si distinguono in soci lavoratori, soci utenti e soci finanziatori.

Una parte significativa della proposta di legge è dedicata sia alle azioni per le agevolazioni per l'accesso al credito, la capitalizzazione e il sostegno agli investimenti, sia ai provvedimenti attuativi come la disciplina del rapporto delle attività delle cooperative di comunità con quelle delle pubbliche amministrazioni.

In Toscana le cooperative di comunità non sono state oggetto di una autonoma proposta di legge, ma le norme che le riguardano sono contenute in un più complessivo disegno di modifica del testo vigente in materia di promozione e sviluppo del sistema cooperativo regionale, presentato il 26 giugno 2013.

La riflessione che ha portato all'inserimento di uno specifico articolo sulla questione, come recita la relazione illustrativa, prende avvio dalle difficoltà crescenti di carattere economico e finanziario che devono affrontare soprattutto i piccoli comuni nella erogazione di servizi pubblici locali, siano essi a carattere economico che privi di tale elemento distintivo. La relazione sottolinea che nel particolare contesto delle realtà che hanno subito un processo di marginalizzazione e impoverimento, anche demografico, la cooperazione di comunità può rappresentare uno strumento che fornisce risposte convincenti in quanto permette il coinvolgimento degli utenti singoli o associati nella gestione di servizi essenziali. Accanto ad essa, si riconosce il ruolo che questa forma di cooperativa può assolvere più in generale nell’organizzazione e gestione “di attività che investono beni della

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comunità quali le risorse materiali comuni, il paesaggio, l'ambiente e della salute.”

Questa proposta di legge è stata approvata dal Consiglio regionale ed è diventata la legge regionale 8 maggio 2014, n. 24. 19

L'Emilia Romagna è la terza Regione nella quale, il 5 dicembre 2013, è stata presentata una proposta riguardante le cooperative di comunità, collocata, come nel caso toscano, all'interno di un disegno di legge più ampio, che intende riformare le precedenti norme regionali in materia di cooperazione sociale. Anche in questo caso la proposta è stata discussa e approvata in Consiglio regionale, diventando la legge regionale 17 luglio 2014, n. 12. 20 Dal punto di vista della definizione giuridica esplicito è il richiamo alla legge 8 novembre 1991, n. 381 avente per oggetto “Disciplina delle cooperative sociali”. La legge regionale recentemente approvata stabilisce un rapporto fra cooperative sociali e cooperative di comunità. Infatti le prime “possono favorire la partecipazione di persone fisiche, giuridiche, di associazioni e fondazioni senza scopo di lucro alla costituzione di cooperative di comunità.” Queste ultime sono cooperative che “ perseguono lo sviluppo di attività economiche a favore della comunità, finalizzata alla produzione di beni e servizi, di recupero di beni ambientali e monumentali a alla creazione di offerte di lavoro.” Possono assumere la qualità di soci gli enti pubblici, a partire dagli enti locali in cui opera la cooperativa di comunità.

Anche nella legge regionale emiliana l'area di riferimento è rappresentata da comunità locali a rischio di spopolamento e di

Bollettino Ufficiale della Regione Toscana14 maggio 2014, Parte Prima n. 20. 19

Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna 17 luglio 2014, n. 214. 20

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estinzione e che invece devono essere mantenute vive e valorizzate. Nel complesso si tratta di disposizioni in cui l'aspetto più propriamente operativo prevale sull'intento di normare le cooperative di comunità, per le quali si lamenta, nello stesso testo proposto, l'assenza di una definizione legislativa a livello nazionale. L’ultima proposta di legge in ordine cronologico è stata presentata in Liguria. Rispetto alle altre, essa contiene una novità 21

interessante. Il sostegno alla cooperativa di comunità avviene sulla base di progetti integrati, che possono contenere una pluralità di settori di intervento collegati fra di loro in un progetto unitario per accrescere la qualità del vivere in una determinata comunità, a partire dai giovani. In questo modo valorizzazione ambientale e paesaggistica, fruizione dei beni culturali, produzioni tradizionali, attività turistiche e ricreative possono rispondere all’esigenza di un più efficace uso delle risorse pubbliche, ad oggi sempre più scarse. Lavorare per progetti integrati si collega alla elaborazione di programmi locali, che recentemente sono stati promossi attraverso fondi comunitari, specialmente con i Programmi di Sviluppo Rurale. Il testo ligure propone un campo di intervento per le cooperative di comunità che non è vincolato esclusivamente alle realtà a declino demografico, anche se la relazione di accompagnamento le individua come aree su cui prioritariamente sperimentare questo nuovo modo di fare cooperativa. Da questa considerazione ne consegue che è possibile far crescere una progettualità anche in aree costiere o in contesti urbani purché siano assicurati il protagonismo e la partecipazione consapevole dei cittadini soci e sia ben chiaro lo scopo mutualistico legato al miglioramento dei livelli dei servizi o alla creazione di nuove

La proposta di legge è attualmente in discussione nella commissione competente del Consiglio 21

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regionale-occasioni di lavoro qualificato per una determinata comunità.

Con un voto unanime del Consiglio regionale, in Puglia è stata approvata la prima legge che, in modo organico, disciplina le Cooperative di comunità (legge regionale 20 maggio 2014, n.23) Rispetto alle proposte prima richiamate, questo testo allarga il campo di intervento delle cooperative di comunità, non più confinate ai piccoli comuni con particolari problemi di tenuta sociale e demografica. Nella legge infatti questa esperienza è oggetto di sostegno da parte della Regione anche in circoscrizioni urbane o comuni superiori a 5000 abitanti, purché il numero dei soci rappresenti una percentuale della popolazione complessiva (5%). Questa percentuale aumenta con decrescere della classe demografica dei comuni (es: 15% per i comuni fino a 2500 abitanti). Tuttavia, come è esplicitamente affermato dai Consiglieri regionali firmatari, il positivo superamento della dimensione demografica, che pareva confinare le cooperative di comunità nell’ambito dei piccoli comuni periferici, sembra essere circoscritto laddove i bisogni della comunità non possono essere garantiti dalla mano pubblica o dall’iniziativa privata. In questo senso vi è la riproposizione di un confine non più fisico ma concettuale, in quanto la cooperativa di comunità sembra agire dove il mercato ha fallito o le istituzioni pubbliche non sono in grado di intervenire efficacemente.

Comunque il campo d’azione delle cooperative di comunità, come recita la relazione di accompagnamento alla legge, è molto ampio e può riguardare la produzione di servizi sociali e socio-sanitari, attività di educazione ambientale e culturali, recupero di tradizioni produttive artigianali e agricole, attività di ristorazione e commerciale.

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L’intervento pubblico avviene in due direzioni. La prima prevede aiuto in conto capitale, prestiti agevolati e sostegno a progetti per nuova occupazione. La seconda consiste nella azione regionale per accrescere la capacità imprenditoriale e progettuale delle cooperative, per mettere a disposizione edifici o aree non utilizzate dalle amministrazioni pubbliche al fine del raggiungimento del loro scopo sociale, per favorire, assieme agli enti locali, il loro coinvolgimento nel sistema di produzione di beni e servizi. Nello stesso tempo la Regione adotta schemi tipo di convenzione fra le cooperative e le pubbliche amministrazioni per disciplinarne i rapporti e raccordare le rispettive attività.

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6. LE COOPERATIVE DI COMUNITA’: UN ESEMPIO IN EUROPA DI BUONE PRATICHE PER LA COMPETITIVITÀ TURISTICA.

Nel settembre 2013, il Centre of Strategy and Evalutation Service dell’Università del Kent ha pubblicato il rapporto finale sulla ricerca, assegnatagli dall’Unione Europea, “Evalutation and Exchange of Good practices in the Tourism Sector to Stimulate Growth and Jobs in the UE”.

La ricerca, commissionata per proporre modelli di industria turistica in linea con il comunicato rilasciato dalla Commissione Europea nel 2010 “Europe, the world’s n°1 turistic destinationation – A new political framework for turism in UE”, ha l’obiettivo di proporre esempi che dimostrino come in ogni aerea europea, anche la più disagiata, grazie al suo prezioso patrimonio culturale sia possibile creare un sistema turistico. (mettere la nota su che cos’è)

Per raggiungere l’obiettivo di fare dell'Europa la prima destinazione turistica al mondo, il settore turistico è stato compreso nel piano d’innovazione sostenibile 2020 dell’Unione, piano che punta non soltanto allo sviluppo delle capacità tecnologiche ma, soprattutto in materia di servizi, di quelle creative.

Il turismo deve produrre servizi con lo scopo di determinare una sempre maggiore soddisfazione del cliente. Per questo richiede una continua innovazione nelle sue strategie che permetta una miglior interazione tra tutti i suoi attori e una continua crescita del settore. Crescita importante non solo per l’ambito turistico, ma anche per tutti quei settori ad esso collegati che potrebbero trarne indubbio vantaggio. Non è più pensabile soltanto un tipo di sviluppo basato sul turismo di massa, che si fondi su una

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commercializzazione univoca del territorio europeo. Occorre diversificare l’offerta partendo dalla differenziazione delle strategie e da ciò ogni singolo territorio è in grado di attrarre.

Quindi la ricerca di nuove strategie non va intesa come la creazione di un'unica via per l’innovazione ma come la produzione di più opzioni da adattare alle specificità delle singole realtà. Il fenomeno turistico, infatti, è profondamente legato al territorio, dove nasce e si sviluppa.

L’Unione Europea è una entità composta da aree fortemente eterogenee, non solo dal punto di vista ambientale o paesaggistico ma soprattutto da quello economico sociale. E' fondamentale quindi focalizzare esempi che possano diventare “universali” o meglio che possano diventare preziose basi di partenza per valorizzare le specificità territoriali. Per questa ragione è necessario socializzare e promuovere esperienze che, attraverso un’economia di tipo sostenibile, abbiano saputo affrontare una situazione critica, cogliendone soprattutto i vantaggi.

I Case History proposti dallo studio hanno puntato proprio a ricercare le caratteriste sopracitate e la loro varietà pone l’accento su come si possa creare un sistema turistico attraverso un processo di tipo bottom up, con una strategia che parta dal basso, e non solo attraverso la spinta e la volontà delle istituzioni.

L'obiettivo è determinare le premesse per una progettualità che valorizzi e rispetti il territorio, creando una offerta diversificata che permetta una fruizione turistica consapevole delle particolarità del luogo che si sta visitando.

Molti degli esempi riportati, infatti, hanno avuto origine per sollecitare il protagonismo delle espressioni sociali ed economiche

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dell’area in cui si sono sviluppati, nel quadro della sostenibilità. A questo proposito va richiamato il concetto di turismo sostenibile elaborato dalla Commissione europea e il suo rapporto con la sua stessa capacità di reggere le sfide del mercato.

“La competitività dell'industria turistica europea è strettamente legata alla sua sostenibilità, poiché la qualità delle destinazioni turistiche dipende in misura considerevole dal loro ambiente naturale e culturale e dalla loro integrazione nella comunità locale. La sostenibilità nel lungo termine richiede un equilibrio tra la dimensione economica, socioculturale e ambientale. Il bisogno di conciliare crescita economica e sviluppo sostenibile implica anche una dimensione etica.

Principali sfide per un turismo sostenibile: 1. preservare le risorse naturali e culturali

2. limitare l'impatto negativo sulle destinazioni turistiche, anche in termini di sfruttamento delle risorse naturali e di

produzione di rifiuti

3. promuovere il benessere della comunità locale 4. ridurre il carattere stagionale della domanda

5. limitare l'impatto ambientale dei trasporti legati al turismo 6. rendere il turismo accessibile a tutti

7. migliorare la qualità del lavoro nel turismo.” 22

Nell'esame dell'esperienza de I Banditi del Cerreto particolare significato hanno la difesa dei valori ambientali e della cultura che esprime il territorio in rapporto alla promozione del benessere della comunità che vi risiede. Inoltre la scoperta di siti, fino ad oggi sconosciuti, e la promozione di aeree ricche di bellezza ma

http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/tourism/sustainable-tourism/

22

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poco appetibili dal punto di vista turistico, come possono essere talune zone interne del nostro paese, dovranno traguardare un'attività turistica che non incida negativamente sul patrimonio rappresentato da risorse ambientali cospicue, a maggior ragione se esse recano l'impronta di una precedente attività agro-silvo-pastorale in declino o scomparsa.

I case histories presentati hanno dei punti in comune. Il primo consiste in un’attività creata attraverso la riscoperta della cultura locale, vista non soltanto come usi e costumi, cioè “tradizione”, ma soprattutto in chiave di valorizzazione di ciò che il territorio esprime. In secondo luogo i progetti selezionati sono stati elaborati in un’ottica di continuità, con obbiettivi duraturi nel tempo e proiettati al futuro. Infine, caratteristica non meno importante, i case histories devono possedere una forte leadership che abbia permesso la realizzazione del progetto stesso e che abbia saputo creare una rete di collaborazione interna ed esterna solida.

Le tre caratteristiche essenziali sopra richiamate sono state declinate nei seguenti elementi comuni:

1) Obiettivi da raggiungere chiari e specifici.

2) Coerenza nell’operare in base alle priorità proposte.

3) Una politica aperta verso il rinnovamento del “fare turismo” nella zona.

4) Approccio sistematico.

5) Leadership efficace, che sappia guidare ed inspirare collaboratori e stakeholders.

6) Partecipazione attiva degli stakeholders.

7) Una politica di comunicazione adatta al progetto ed efficace.

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8) Buone procedure di valutazione e monitoraggio dei risultati ottenuti.

I casi alla fine prescelti sono stati venti. Essi riguardano contesti molto diversi fra di loro, con soluzioni adattate alle diverse realtà locali. Comprendono, per fare qualche esempio, l’ecoturismo 23 della regione ungherese di Dràva, il piano turistico 2020 del governo spagnolo, il piano di sviluppo per le piccole imprese turistiche svedesi, la creazione di una “digital era” per le imprese gallesi, fino ad arrivare all’unico esempio italiano: I Briganti del Cerreto, una cooperativa di comunità nata nel 2003 in un borgo di appena 80 abitanti.

Ecco le motivazioni della scelta:

“…it is possible even for the smallest communities to take a fresh look at what they can offer and set about presenting this to best advantage. The Briganti di Cerreto project was develop in Cerreto Alpi, a very small village of about 8° inhabitants in the mountains of Emilia Romagna, in Italy. […] Although carried out on a small scale, this project is extremely intresting in terms of being able to contribute to improved competitiveness in the tourism industry. The fact that this small community has been able to reinvent with relatively limited resource and step up an integrated approach to economic regeneration and sustainable tourism, by pooling the creativity and resources of the whole community, is promising development. The community found within itself and its environmental the resourcis to develop the appropriate skills and create the capacity to provide and market an effective service. Th community is now self-sustening, but its also contributing in a small but significant way to the diversification of the tourism industry. If enough smaller communities around Europe were able

www.ecotourismconference.org

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to do something similar, the combined effect on the tourism industries more blobaly could be very significant.” (Evalutation and Exchange of Good Practices in the Tourism Sector to Stimulate Growth and Jobs in the UE, CSES, Sevenoaks, 2013 pp 34-35) Potrebbe essere sorprendente che l’esempio italiano non riguardi città d’arte o famose destinazioni, ma una piccola comunità che con fatica è sopravvissuta negli anni e che, da un decennio a questa parte, sta ricostruendo un futuro attraverso l’attività turistica. La scelta è motivata dal fatto che si tratta di una esperienza profondamente legata al territorio, di tipo naturalistico esperienziale , che ha valorizzato le sue peculiarità a partire 24 dall'ambiente naturalistico e che ha dato modo al territorio stesso di sopravvivere nonostante le difficoltà.

La cooperativa I Briganti del Cerreto è anche uno dei primi esempi d’impresa cooperativa di comunità nati in Italia cui Legacoop si è richiamata per creare il progetto sopra illustrato. E questa cooperativa è l'argomento dell’elaborato.

Gilli M., Autenticità ed interpretazione nell’esperienza turistica, Franco Angeli, Milano, 2009, pag 24

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7. IL TURISMO DI COMUNITÀ: QUANDO L’IMPRESA COOPERATIVA ABBRACCIA IL SETTORE TURISTICO.

Attraverso l’esperienza della Cooperativa “I Briganti del Cerreto”, e di altre realtà che ne hanno seguito l'esempio, diversi enti quali Il Gruppo di Azione Locale (GAL) Antico Frignano e Appennino Reggiano, nell’ambito del Programma Comunitario Leader+, con la collaborazione delle istituzioni locali e degli operatori turistici ed economici di alcuni borghi rurali dell'Appennino, hanno promosso la realizzazione di un innovativo progetto, tra i primi in Italia, di costruzione di offerta turistica - ricreativa, denominata “Turismo di Comunità” . 25

Questo nuovo tipo di turismo vede, come elemento essenziale, la partecipazione attiva e la collaborazione sinergica dei membri di una piccola comunità locale, tesa a valorizzare le risorse e le specifiche tradizioni del loro territorio, e si rivolge ad una fascia di turisti che è alla ricerca di un rapporto più stretto ed autentico con il territorio ospitante.

L’affermazione e l’ulteriore sviluppo di tale ed originale forma di offerta turistica, perfettamente adattatasi ai piccoli borghi dell’Appennino, necessita di una definizione delle sue caratteristiche peculiari che l connotano e la fanno diversa da

E' significativo che il progetto abbia preso origine da un GAL, seguendo quello che è stato definito 25

il metodo Leader. L’acronimo “LEADER” deriva dal francese "Liaison entre Actions de Développement de l'Économique Rurale" (“Collegamenti tra azioni dello sviluppo economico rurale”). L’idea che lo caratterizza consiste “nell’ottimizzare le energie e le risorse di tutti i soggetti in grado di contribuire al processo di sviluppo rurale, costituendo partenariati a livello subregionale tra il settore pubblico, quello privato e la società civile.” Nel 1990, quando fu avanzata la proposta dell'iniziativa LEADER, questo metodo rappresentò una novità.

“L’approccio LEADER è strettamente legato al rafforzamento dei poteri locali attraverso l’elaborazione di strategie di sviluppo e l’allocazione delle risorse a livello locale. Il principale strumento per implementare l’approccio LEADER allo sviluppo territoriale e per coinvolgere i rappresentanti locali nei processi decisionali è il Gruppo di azione locale (GAL).”

http://enrd.ec.europa.eu/enrd-static/leader/leader/leader-tool-kit/the-leader-approach/it/the-leader-approach_it.html

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altre forme di turismo, al fine di evitare confusione nei potenziali fruitori e, allo stesso tempo, fornire loro la certezza sulla tipologia dell’offerta turistica e sulla qualità dei relativi servizi.

I soggetti che hanno creato questa forma di offerta turistica hanno proposto un disciplinare che rappresenti un utile strumento per connotare il concetto e le caratteristiche del "Turismo di Comunità", in modo da farne un punto di riferimento per specifiche azioni di promo-commercializzazione dell’offerta, e per le future politiche di incentivazione pubblica. La creazione del disciplinare non è stata cosa semplice, considerando soprattutto la fase embrionale in cui il fenomeno si trova e quindi la sua natura al momento ancora mutevole. Allo stesso tempo attraverso la creazione di una documento ufficiale si è volute esprimere la volontà di identificare questa esperienza attraverso una definizione il più possibile precisa ed univoca, per evitare che possano nascere fenomeni impropri e degenerativi ricompresi sotto la sigla della cooperativa di comunità.

Il manifesto si divide in 9 parti: le finalità, il macro impatto, l’ospitalità, l’autenticità, i pacchetti integrati di offerta turistica, la promozione della pluralità, la partecipazione e comunicazione, la qualità del prodotto turistico ed, ultimo ma non per importanza, la verifica della soddisfazione del cliente.

Identificando separatamente ognuna di queste aree si vuole fornire un modus operandi del processo turistico il più dettagliato possibile e, nello stesso tempo, la possibilità di avere un riscontro preciso dell’impatto che questo nuovo tipo di offerta ha sul cliente.

A seguire l’intera prima stesura della proposta di disciplinare ideata dalle Cooperative di Comunità dell’Appennino Reggiano.

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DISCIPILINARE PER UN AUTENTICO “TURISMO DI COMUNITA” 26

I. Le finalità

L’affermazione di un autentico turismo di comunità deve offrire al turista il contatto intenso con l’intera comunità locale, con i suoi abitanti e non solo con gli operatori turistici, in modo da entrare in contatto diretto con le loro tradizioni locali, gli antichi mestieri, con le sue particolari produzioni, da consumare e gustare ma anche da scoprire nelle modalità di produzione, trasformazione e conservazione, partecipare attivamente alle loro feste e occasioni di incontro e non solo avere un veloce contatto con singole emergenze ambientali, storiche e culturali presenti nel territorio. La forza di una tale offerta turistica non sta, quindi, nel valore intrinseco di ogni singola emergenza ambientale o storica, che presa singolarmente non è tale da richiamare turisti per più giorni, ma nelle risorse che ogni componente della comunità ed ogni impresa locale, anche non turistica, mette in campo per offrire al turista molteplici occasioni di contatto con la natura e le sue emergenze, anche di piccola dimensione, con le tradizioni culturali orali degli anziani del luogo, con gli eventi e le manifestazioni che tradizionalmente si svolgano e che coinvolgano tutta la comunità, con il contatto con gli antichi mestieri e i prodotti artigianali, il consumo e la riscoperta dei modi di produzione e di conservazione dei prodotti alimentari tipici, ecc, che complessivamente possono costituire un’offerta turistica capace di richiamare piccoli gruppi di turisti per più giorni e per tutto l’anno e non solo per un paio di mesi nel periodo estivo. E’ un turismo

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Figura

Figura 1 – Esempio di pacchetto turistico creato per il progetto Parco Appennino Turismo
Figura 2 - Schema di sintesi del Patto Territoriale creato a Cerreto Alpi. (Estrapolato dalla presentazione  di Renato Farina, responsabile progetti e relazioni esterne della Cooperativa “I Briganti”, per ASTA 2013)
Figura 4 - Il banner pubblicitario per l'alloggio  al Mulino (fonte www.ibrigantidicerretto.com)
Figura 5 - Locandina della seconda edizione de "Il Mondiale del Fungo"
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