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Razionamento o eccessivo finanziamento: alcuni sviluppi teorici e supporti empirici

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Banca, Finanza Aziendale e Mercati

finanziari

TESI DI LAUREA

Razionamento o eccessivo finanziamento: alcuni sviluppi teorici e

supporti empirici

RELATORE

Prof.ssa Cecilia Vergari

CANDIDATO

Matteo La Cognata

(2)

I

Indice

Introduzione ... IV

1. La nozione di razionamento del credito ... 1

Introduzione al primo capitolo ... 1

1.1 Inquadramento del fenomeno del razionamento del credito ... 1

1.2 Possibili interpretazioni del concetto di “razionamento del credito” ... 2

1.3 Motivi di interesse nella letteratura ... 3

1.4 Aspetti istituzionali del credito bancario rilevanti per il fenomeno del razionamento ... 6

1.5 Principali criteri di differenziazione del razionamento ... 7

1.6 Una classificazione alternativa: razionamento bancario e razionamento governativo ... 8

1.7 Tappe fondamentali del processo di sviluppo della teoria ... 12

2. Gli sviluppi teorici del razionamento del credito ... 16

Introduzione al secondo capitolo ... 16

2.1 La visione classica dei mercati finanziari: il modello di Arrow-Debreu ... 17

2.2 Le origini della letteratura del razionamento del credito: la Availability Doctrine ... 20

2.3 I modelli a là Hodgman con rigidità esogena del tasso di interesse ... 22

2.4 Il modello di Jaffee e Modigliani ... 25

2.5 Le critiche dei modelli “à la Hodgman” ... 27

2.6 I modelli uniperiodali con asimmetria informativa ... 28

2.6.1 L’ipotesi di distribuzione imperfetta dell’informazione ... 28

2.6.2 Il ruolo dei costi di insolvenza nel modello di Jaffee e Russel... 30

2.6.3 Le critiche mosse al modello Jaffee-Russel ... 33

2.6.4 I concetti base e la definizione di equilibrio dell’approccio di Stiglitz-Weiss ... 34

2.6.5 Il modello di Stiglitz-Weiss con informazione nascosta ... 39

2.6.6 Approccio Stiglitz-Weiss in presenza di azione nascosta ... 46

2.6.7 Le critiche all’approccio Stiglitz-Weiss ... 50

2.6.8 L’asimmetria ex-post nel modello di Williamson ... 51

(3)

II

2.6.10 Modello Rotschild-Stiglitz con azione nascosta... 68

2.6.11 Contratti con tasso di interesse e dimensione del prestito variabile ... 73

2.7 Teoria dei contratti multiperiodali ... 81

2.8 Il fenomeno del razionamento del credito nella visione Keynesiana ... 86

2.8.1 I concetti dell’analisi post Keynesiana del razionamento del credito ... 86

2.8.2 Un modello post Keynesiano di razionamento del credito ... 90

3. Gli sviluppi della teoria del razionamento del credito ... 95

Introduzione al terzo capitolo ... 95

3.1 Gli sviluppi microeconomici del rapporto tra credito ed informazione ... 95

3.2 Gli aspetti macroeconomici del credito ... 102

3.3 Gli impulsi monetari e l’emersione del razionamento del credito ... 104

3.4 Il credito e la sua influenza sulla domanda aggregata ... 107

3.4.1 Framework keynesiano ... 108

3.4.2 Modello con tre attività: credito, titoli e prestiti ... 110

3.4.3 L’influenza del razionamento del credito sulla spesa per consumi ... 113

3.4.4 Il legame tra razionamento del credito e spesa per investimenti ... 115

4. La letteratura empirica sul razionamento del credito ... 118

Introduzione al capitolo ... 118

4.1 Le analisi cross section ... 118

4.2 L’utilizzo di variabili proxy ... 121

4.3 Indagini tramite questionari ... 124

4.4 Indagine tramite analisi di serie temporali ... 125

4.5 Gli sviluppi empirici più recenti sul razionamento del credito ... 128

5. L’ambiguità del fenomeno del razionamento del credito: la rilevanza teorica ed empirica dell’overlending ... 150

Introduzione al capitolo ... 150

5.1 Eterogeneità nei rendimenti attesi: il modello alternativo di De Meza e Webb ... 150

5.2 La coesistenza dell’eccessivo finanziamento nel caso di equilibrio con razionamento . 156 5.3 Overlending, super ottimismo e finanziamenti per l’ottenimento di credito ... 159

(4)

III

5.4 L’evidenza empirica dell’overlending... 163 5.5 Le implicazioni sulle politiche economiche dei fenomeni legati alle asimmetrie

informative ... 169

Conclusioni ... 173 Bibliografia ... 177

(5)

IV

Introduzione

Il razionamento del credito è un fenomeno ampiamente studiato nella letteratura economica nel corso del Novecento. A partire dagli anni Cinquanta, con i lavori di Roosa, fino a oggi, con contributi di De Meza, molti autori si sono succeduti sia nel tentativo di fornire un inquadramento teorico del fenomeno, sia al contempo nel tentativo di individuarne le cause scatenanti. Si tratta di un tema molto importante e molto dibattuto per diversi motivi, non solo in quanto riguarda un qualcosa che incide singolarmente in un mercato importante come quello del credito, ma anche perché può influenzare due leve economiche fondamentali: la crescita economica, ed in particolare il processo di allocazione dei capitali, e la trasmissione degli impulsi di politica monetaria. Il razionamento del credito può infatti generare effetti specifici sul ciclo economico in quanto è in grado potenzialmente di amplificare le fluttuazioni; può avere effetti asimmetrici e non lineari durante recessioni ed espansioni, colpendo in maniera differenziata famiglie ed imprese; può rendere le fluttuazioni persistenti perché gli effetti sono lunghi e i meccanismi di aggiustamento lenti. A prescindere dalle varie formulazioni teoriche, la caratteristica principale di questo tipo di imperfezione di mercato consiste nel fatto che l’equilibrio tra domanda ed offerta non risulta essere più quello individuato dal primo teorema dell’economia del benessere, ed in cui sono presenti le condizioni per cui ogni individuo riceve la quantità di credito di cui ha bisogno. Nella situazione di razionamento alcuni individui rimangono esclusi dai servizi finanziari e ciò dà origine a notevoli ripercussioni sulle loro possibilità di investimento. La non capacità dei tassi di interesse di riequilibrare il mercato del credito ha trovato nella letteratura delle asimmetrie informative una formulazione teorica in grado inquadrare spiegare il motivo di tale inefficienza in presenza di agenti razionali. La spiegazione addotta da questa classe di modelli collega la rigidità dei tassi di interesse del mercato del credito al grado di informazione presente tra gli agenti. Secondo questa visione, i tassi di interesse non riflettono le reali condizioni dei prestiti nel mercato finanziario poiché costituiscono solo una componente del costo di credito, e pertanto i loro movimenti possono non avere alcun impatto sul processo di formazione dell’equilibrio. La letteratura delle asimmetrie informative suggerisce alternativamente che la quantità di credito fornito abbia un’importanza cruciale nella determinazione del livello degli investimenti. Al contrario di quanto ipotizzato dai modelli di concorrenza perfetta, le transazioni finanziarie (tra cui anche quelle relative alla fornitura di credito) sono contraddistinte dal fatto che la distribuzione dell’informazione tra gli agenti economici risulta asimmetrica e a svantaggio del fornitore

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V

di fondi. Chi richiede un finanziamento difatti gode di un vantaggio informativo sulla propria posizione finanziaria e su tutti gli assets che compongono la sua ricchezza. La banca ha invece una lacuna informativa che può superare soltanto acquisendo informazioni sul cliente, processo che in genere può risultare abbastanza costoso. La considerazione di quest’aspetto rende gli intermediari finanziari riluttanti a concedere credito: grandi e piccole imprese di conseguenza non sono uguali per le banche, così come non lo sono le imprese che operano in un settore piuttosto che in un altro o le famiglie deboli piuttosto che quelle con cospicue garanzie collaterali. Il risultato di questo tipo di approccio è che il livello degli investimenti all’interno di un’economia è diverso da quello che dovrebbe realizzarsi con informazione completa.

Il fenomeno del razionamento viene anche analizzato in chiave di lungo periodo, alla luce del limite dell’approccio delle asimmetrie informative rappresentato dalla non modificabilità dello stato di imperfezione dell’informazione tra prestatore e richiedente fondo. Implicazioni interessanti in questo senso derivano dallo sviluppo dei modelli di customer relationship, nell’ambito dei quali, assumono un particolare rilievo i modelli che sottolineano il ruolo degli intermediari bancari come produttori di informazioni. Secondo questa classe di modelli la stipula un contratto di prestito comporta dei costi iniziali di informazione rilevanti per un operatore bancario. A causa di ciò, quest’ultimo si fa carico di tali costi solo se il rapporto presenta prospettive di durata tali da consentire la restituzione integrale della spesa di accensione del credito poiché se le parti decidessero di interrompere il rapporto una volta avviato andrebbero infatti incontro a perdite considerevoli. La presenza di questa situazione, che potrebbe essere assimilabile ad un monopolio bilaterale, permette di inquadrare il razionamento come una scelta da parte delle banche nei confronti di quei richiedenti fondi che non possono garantire un rapporto di lunga durata.

Nonostante le “apparenti” solide basi teoriche, che sembrano delineare un quadro piuttosto chiaro del razionamento del credito, la rilevanza empirica di fenomeno è difficilmente provabile. Anche se il processo di sofisticazione dell’analisi econometrica è riuscito a fornire degli strumenti aggiuntivi per la misurazione economica di questo tipo di imperfezione, risulta tuttavia difficile riuscire a distinguere tra il cosiddetto razionamento di equilibrio, ovvero quello persistente, e quello dinamico, dovuto ad una momentanea stasi del tasso di interesse ad un livello diverso da quello di equilibrio. In aggiunta a questa considerazione, l’utilizzo della parola “apparente”, riferendosi alle ipotesi teoriche di fondo, non è casuale e cela dietro di sé anche la debolezza di questo tipo di approccio. Difatti, modificando leggermente un’ipotesi fondamentale riguardate la classificazione dei progetti di

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VI

investimento nei modelli ad asimmetria informativa, i risultati teorici che si producono sono importanti e vanno in direzione opposta al razionamento, rendendolo quasi di fatto non manifestabile. In questo caso, pur restando complessivamente inefficiente il processo di allocazione del capitale, si origina il fenomeno dell’overlending o eccessivo finanziamento, da cui deriva un livello di investimenti più elevato rispetto all’equilibrio con informazione completa, e che quindi implica che il sistema finanzi impresi “cattive”, che “sprecano” risorse che altresì potrebbero essere destinate a tipologie migliori.

L’obiettivo di questo elaborato è triplice. Il primo consiste nel fornire un inquadramento completo dell’approccio del razionamento del credito sia dal punto di vista teorico, tramite l’esaminazione della modellistica impiegata da vari autori del Novecento per spiegare il fenomeno e la sua influenza nella trasmissione della politica monetaria, sia dal punto di vista empirico, tramite la descrizione delle sue metodologie di rilevazione e delle sue variabili discriminanti. Il secondo obiettivo risiede nella rilevazione dell’ambiguità di fondo non irrilevante di questo fenomeno, partendo per l’appunto dal quadro teorico e dalle basi empiriche presentate per il conseguimento del primo obiettivo. Il fine è infatti quello di mostrare come l’assunzione di una ipotesi valida ed attendibile come la diversità dei rendimenti attesi dei progetti di investimento escluda di fatto la presenza di razionamento. Al contrario, risulta più plausibile spostare l’attenzione sul fenomeno opposto, ovvero l’eccessivo finanziamento, più pronosticabile visto la maggiore vicinanza di questo framework teorico con le caratteristiche delle economie moderne. L’ultimo obiettivo consiste nel fornire alcune rilevanti indicazioni di politica economica utili per correggere il razionamento del credito, ma, soprattutto, in ragione della sua maggior presenza, per ovviare all’eccessivo finanziamento.

L’elaborato è strutturato come segue. Il primo capitolo si concentrerà sulla perimetrazione del fenomeno del razionamento del credito, fornendone le connotazioni che lo contraddistinguono e le motivazioni di interesse e di studio. Nel secondo capitolo, l’attenzione verrà spostata sull’evoluzione della modellistica teorica che ha interessato questo fenomeno e che è stata fornita dai vari autori nel corso degli ultimi cinquant’anni, citando in particolari i lavori di Jaffee-Russel (1976), Rotschild-Stiglitz (1976) e soprattutto Stiglitz-Weiss (1981). Verranno analizzate le varie spiegazioni circa le cause e il meccanismo di funzionamento del razionamento, nonché le varie critiche sottostanti a tali formulazioni teoriche, secondo un percorso in cui le varie proposte dei numerosi autori rappresentano un tentativo di risoluzione delle criticità rilevate nel precedente quadro teorico. Nel terzo capitolo verranno analizzati gli sviluppi della teoria del razionamento del

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VII

credito, soprattutto a livello macroeconomico tramite l’analisi del legame tra il fenomeno del razionamento del credito e la trasmissione della politica monetaria. L’attenzione verterà sull’influenza che il credito ed una sua eventuale contrazione possono avere sulla domanda aggregata, sia in un classico contesto Keynesiano, sia in una leggera variante proposta da Marotta (1993). Il quarto capitolo fornisce dapprima una trattazione teorica delle metodologie di indagine utilizzate nel tentativo di quantificare il fenomeno del razionamento del credito, per poi esaminare alcuni riscontri empirici, basati su studi effettuati dai vari autori soprattutto nel contesto europeo negli ultimi trent’anni. Tali lavori si concentrano sul legame che sussiste tra il razionamento ed alcune caratteristiche (come la dimensione o il tasso di innovatività) che contraddistinguono le varie imprese. La disamina che verrà fatta metterà in luce le varie sfaccettature del fenomeno del razionamento del credito, mostrando come sia difficile trovare variabili discriminanti univoche nella sua manifestazione (ad eccezione della dimensione d’impresa) ed evidenziando come sia ostica la sua misurazione. Il quinto ed ultimo capitolo invece si concentra sull’ambiguità del fenomeno del razionamento del credito sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista empirico, mettendo in luce come una leggera modifica di un’ipotesi dei modelli di asimmetria informativa produca un risultato diametralmente opposto a quello convenzionalmente raggiunto dall’approccio del razionamento del credito: l’emersione del fenomeno dell’overlending o eccessivo finanziamento. Verranno analizzati a questo proposito i lavori di De Meza e Webb (1987, 2000) e di De Meza (2002). Il capitolo inoltre rileva le implicazioni di questo nuovo fenomeno, sia a livello teorico che a livello di politiche economiche, mostrando come sia possibile affermare che l’eccessivo finanziamento sia predominante nella realtà. A supporto di questa proposizione, viene analizzato il contributo di Bonnet et al (2016), dove gli autori riescono a rilevare e a quantificare la presenza dei due fenomeni legati alle asimmetrie informative su un campione imprese francesi, e ad concludere che l’overlending sia il tipo di errore più frequentemente commesso dagli intermediari bancari, supportando così la tesi di questo elaborato.

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1

1. La nozione di razionamento del credito

Introduzione al primo capitolo

Il primo capitolo di quest’elaborato può essere considerato un breve preambolo sulla trattazione del fenomeno del razionamento del credito. Esso è un fenomeno molto conosciuto e allo stesso tempo molto dibattuto nella letteratura economica da almeno settant’anni, con rilevanti implicazioni sia di natura propriamente microeconomica riguardante il mercato del credito (e delle informazioni in un’ottica più generale), sia di natura macroeconomica, in quanto manovre che influenzano l’ammontare di credito erogato rappresentano un importante strumento in mano alle autorità preposte al fine del conseguimento degli obiettivi economici preposti. La struttura di questo capitolo è articolata nel seguente modo. Dopo in primo paragrafo di inquadramento generale e di presentazione del fenomeno, l’attenzione verrà dedicata alla definizione del concetto di razionamento, che, come si intuirà, presenta diverse sfaccettature e accezioni a seconda delle interpretazioni che si vogliono mettere in risalto, Successivamente, non prima di aver enunciato le varie motivazioni di interesse nella letteratura e brevemente discusso di alcuni aspetti propri del mercato credito relativi al comportamento degli intermediari bancari che risultano rilevanti per il fenomeno del razionamento, verranno analizzate le varie classificazioni possibili di questo fenomeno. Il capitolo si chiude con una breve cronistoria della letteratura e della modellistica di questo fenomeno, la quale verrà esaminata più in dettaglio e in maniera più esaustiva nel secondo capitolo.

1.1

Inquadramento del fenomeno del razionamento del credito

Il fenomeno del razionamento del credito è un fenomeno rilevante all’interno del mercato del credito. Esso si collega alla particolare natura di questo tipo di mercato e alla struttura dei contratti di finanziamento che ivi si formano. Il mercato del credito infatti possiede caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono dai mercati delle altre merci. La differenza principale sta nel fatto che, mentre nei mercati tradizionali il pagamento e la consegna del bene si realizzano (o potrebbero realizzarsi) simultaneamente, il credito ottenuto oggi da un agente, invece, è accordato in cambio di una promessa di pagamento futuro. L’incertezza inerente alla capacità e la volontà del debitore di restituire i fondi presi

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in prestito è strettamente connaturata alla nascita di un contratto di credito. In generale, si può affermare che il credito assume un ruolo cruciale nel rapporto tra finanza e crescita economica, e che limitazioni all’offerta di credito possono avere importanti implicazioni a livello macroeconomico. Il credit crunch del 1990-92 ha fatto notare ancora una volta in più a livello internazionale l’importanza della tematica del razionamento del credito e la funzione centrale svolta dall’accessibilità al credito ai fini di un’espansione economica. Ai nostri fini è utile sottolineare che il credito può essere inteso sia come liquidità totale a disposizione del sistema economico, sia come disponibilità delle istituzioni preposte a concedere finanziamenti. Spesso infatti ci si concentra sulla prima e ci si dimentica della seconda. Le banche difatti per loro natura sono istituzioni illiquide, in quanto detengono per lo più attività di lungo periodo (finanziamenti ad imprese) e passività di breve periodo (per lo più depositi). La loro offerta di credito risente molto del rischio di default dei richiedenti fondi. Tale rischio assume una rilevanza per certi versi superiore al tasso di interesse e la sua intensità è strettamente legata sia alla ricchezza netta del richiedente fondo, sia alle condizioni macroeconomiche che possono influire sui bilanci delle imprese richiedenti fondi e che possono originare cambiamenti nei valori degli assets utili ad essere impiegati come garanzia da coloro i quali necessitano di finanziamenti. A tal proposito, i fattori che concorrono alla determinazione dell’entità della probabilità di default percepita possono essere individuati in:

- Cambiamenti nella posizione finanziaria del richiedente fondi

- Cambiamenti nella profittabilità di un progetto che imprese o famiglie vogliono intraprendere

- Cambiamenti nella capacità del richiedente di ripagare il finanziamento concesso - Cambiamenti nelle condizioni macroeconomiche generali

- Cambiamenti nella posizione finanziaria degli intermediari.

1.2

Possibili interpretazioni del concetto di “razionamento del credito”

Il razionamento del credito è stato oggetto di numerosi studi nel corso del tempo. Essi hanno contribuito nel tempo a individuarne ed approfondirne la natura, ma hanno senz’altro provocato, allo stesso tempo, una notevole espansione delle accezioni in cui il termine viene impiegato. Di conseguenza, prima di addentrarci in una trattazione più approfondita di questa tematica, è necessario delimitarne i confini e tratteggiarne i caratteri essenziali.

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3

Che cosa si intende per razionamento del credito? In prima battuta, l’espressione fa riferimento alla restrizione quantitativa del credito offerto, ovvero a tutte quelle situazioni in cui nel mercato del credito la domanda eccede l’offerta e in cui, di conseguenza, il prezzo del credito è inferiore al suo livello di equilibrio dato dall’incontro tra domanda ed offerta di credito. Nell’ampio novero della letteratura economica, si può fare riferimento a due interpretazioni del fenomeno. La prima si concentra sulle situazioni di eccesso di domanda in cui incrementi nel tasso di interesse non riescono ad equilibrare il mercato del credito, sia che ciò riguardi il singolo prenditore che vorrebbe un ammontare maggiore sia che ne riguardi molti. Secondo questa definizione, il razionamento esisterebbe ogni qual volta che potenziale prenditore riceve un ammontare di credito più piccolo di quello desiderato al tasso di interesse di equilibrio. Questa visione del fenomeno segue soprattutto gli studi di Jaffee e Modigliani, in cui per l’appunto, il razionamento del credito rappresenta una situazione in cui la domanda di credito eccede l’offerta di tali fondi al tasso di interesse quotato dall’intermediario. In questa accezione, il razionamento è un fenomeno legato all’offerta: ad un certo punto la funzione di offerta degli intermediari diventa perfettamente inelastica al prezzo, e di fatto, cambiamenti nel tasso di interesse non possono essere utilizzati per riequilibrare il mercato. La seconda interpretazione restringe il campo a quelle situazioni i cui alcuni prenditori vengono esclusi completamente dal mercato, anche se sarebbero disposti a pagare un tasso di interesse più alto di quello prevalente sul mercato. Questa interpretazione, introdotta da Stiglitz e Weiss, opera una distinzione tra la situazione in cui un prestatore restringe la quantità del credito che fornisce a qualsiasi prenditore individuale e quella in cui ai creditori razionati vene negato del tutto il credito. Gli autori definiscono il razionamento quindi come le situazioni in cui alcuni tra i richiedenti fondi (indistinguibili gli uni dagli altri) ricevono credito ed altri viene negato oppure quella in cui ci sono gruppi identificabili di creditori i quali, dato un certo livello di offerta di credito, non sono in grado di ottenere prestiti a qualunque tasso di interesse.

1.3

Motivi di interesse nella letteratura

I primi interessi in questo fenomeno erano guidati da questioni inerenti al ruolo che il razionamento del credito avrebbe potuto giocare nella trasmissione degli effetti macro-economici della politica monetaria. Stiglitz e Weiss infatti hanno affermato che, nella misura in cui la politica monetaria opera attraverso il canale creditizio e nella misura in cui

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cambiamenti del credito non includono solo cambiamenti nel prezzo dei prestiti ma anche nella quantità totale disponibile, il fenomeno del razionamento può giocare un ruolo importante nella trasmissione degli effetti della politica monetari all’economia. Oltre agli effetti ciclici del razionamento nei mercati del credito, alcuni economisti dello sviluppo, tra cui Ronald McKinnon, hanno evidenziato un’altra tipologia di questo fenomeno più rilevante per la crescita nel lungo periodo, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Alta inflazione, alto livello di riserve e un’assegnazione di favore del credito a taluni agenti economici hanno sottoposto molti sistemi bancari di Paesi in via di sviluppo ad una forma di razionamento del credito auto-imposto dalle normative. Un contesto del genere, caratterizzato anche da mandati di prestito e massimali sui tassi di interesse che portavano un restringimento della platea di possibili prenditori finali di fondo, ha portato le banche di questi stati ad essere razionate a loro volta nel mercato dei depositi, riducendo complessivamente l’ammontare di risorse allocabili in una economia.

Il 1970 è un anno chiave per la letteratura del razionamento. Il lavoro pioneristico di Arkelov aveva portato alla luce il ruolo che potevano avere gli effetti dei problemi di informazione nel ritardo dello sviluppo dei mercati del credito, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. In un mondo ideale, in assenza di politiche di governo che limitano i prestiti vantaggiosi, tutti i prenditori con progetti il cui rendimento è positivo e superiore al costo di realizzazione sarebbero in grado di ottenere finanziamenti esterni. Ma Arkelof aveva mostrato che, se i mercati non erano in grado di distinguere i buoni dai cattivi rischi, l’attività di credito non sarebbe stata possibile. Il fallimento nello sviluppo di istituzioni capaci di produrre informazioni attendibili sui prenditori finali e di usare tali informazioni per effettuare uno screening sui richiedenti fondi avrebbe potuto giocare un ruolo importante nel sottosviluppo finanziario, a maggior ragione nei Paesi in via di sviluppo, a causa dell’assenza di istituzioni in grado attuare né un’efficace attività di screening dei potenziali richiedenti fondo, né una di monitoraggio in corso delle azioni dei creditori.

Un ulteriore motivazione che ha spinto ad approfondire lo studio del razionamento è legata al fatto che questo fenomeno può verificarsi anche nei mercati in cui gli intermediari finanziari raccolgono le loro risorse. La letteratura della corsa agli sportelli può essere considerata come una branca della letteratura del razionamento del credito, che ne riprende alcune intuizioni per applicarle nei mercati in cui le istituzioni finanziarie raccolgono i loro fondi. In generale però, la letteratura teorica sul razionamento del credito nel mercato dei depositi (bank run), pur avendo molto in comune con la letteratura del razionamento nel mercato dei prestiti, ma ha alcune caratteristiche che la distinguono da quest’ultima. Le

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cause ultime del razionamento del mercato dei depositi possono essere infatti simili o molto diverse da quelle del mercato del credito. Nel caso del mercato dei depositi, il razionamento può derivare sia da problemi di incentivazione e di informazione relativi alla relazione depositante-banca o da esigenze di liquidità esogene dei depositanti. Le istituzioni finanziarie come le banche vanno incontro a numerose problematiche nell’attrarre e mantenere i propri depositi. Tali problematiche sono legate soprattutto alla struttura dei loro contratti di deposito e alla affermazione sul mercato di una reputazione di buona gestione delle risorse affidate. In alcune circostanze una corsa agli sportelli può riflettere una perdita di fiducia nel valore di mercato del portafoglio di attività della banca. Se il valore del portafoglio della banca scende sufficientemente, o se i problemi di informazione e di incentivazione sono sufficientemente gravi, il rischio percepito di perdite nella banca può indurre i depositanti a chiedere la restituzione dei loro soldi perché i depositanti hanno motivo di non tollerare al rischio di insolvenza (cioè di non essere disposti a lasciare le loro risorse in una banca che ha un livello troppo alto di razionamento del credito). La loro decisione infatti non è legata al prezzo delle risorse prestate, ma alla quantità: essi semplicemente sono restii a lasciare i loro risparmi in quella banca. In tali circostanze, il mercato quindi improvvisamente raziona il credito di una particolare banca o di un particolare sistema bancario, e per questi operatori risulta complesso mantenere i propri depositi, indipendentemente dai prezzi dei depositi.

Una causa alternativa di razionamento del credito nel mercato dei depositi può derivare da uno shock esogeno che modifica il fabbisogno di liquidità dei depositanti che costringe questi ultimi a richiedere i loro fondi alle loro banche indipendentemente dalla performance di queste ultime.

Infine molte della ricerca attuale sulla discriminazione nel mercato del credito è guidata dall’ evidenza secondo cui alle minoranze Ispaniche e di colore viene negato il più frequentemente rispetto alle persone bianche. In primo luogo, ciò solleva la questione del perché i prenditori si vedono negare i prestiti, piuttosto che essere semplicemente valutati in base al loro rischio. Studiare il perché delle differenze nei tassi di rifiuto tra vari gruppi di prenditori finali significa necessariamente esplorare le motivazioni per cui si verifica il razionamento.

(14)

6

1.4

Aspetti istituzionali del credito bancario rilevanti per il fenomeno

del razionamento

Prima di addentrarsi nelle varie classificazioni del razionamento del credito, può risultare utile esaminare alcuni aspetti istituzionali del mercato del credito bancario rilevante per la manifestazione del fenomeno analizzato in questo elaborato.

Le pratiche adottate dagli operatori bancari in materia di credito possono essere analizzate al fine di fare luce su alcune questioni molto importanti, come ad esempio la capacità di una banca di giudicare i rischi dei richiedenti fondo o il modo in cui il rischio es altri fattori entrano nella determinazione del prezzo richiesto.

In un’indagine del 1994 della Federal Reserve fu richiesto a 57 banche commerciali e a 24 filiali di agenzie di banche straniere che si trovavano sul suolo americano, in che misura valutassero il grado di rischio prima di accordare il credito commerciale. La domanda specifica era: “mentre esamina le richieste di credito la banca effettua una valutazione in funzione del grado di rischio presentato dalle aziende che richiedono prestiti commerciali ed industriali, più precisamente, seleziona queste aziende per categoria di rischio presentato, piuttosto che accettare o rifiutare prestiti?”. Le risposte indicavano chiaramente come venissero quasi sempre effettuati giudizi sul grado di rischio presentato dagli eventuali clienti, i quali venivano inseriti in categorie variabili in funzione del rischio, cui erano poi commisurate le condizioni finanziarie e non finanziarie del credito.

Al cliente, che l’operatore bancario considerava relativamente rischioso, veniva applicato un tasso molto alto, e allo stesso modo, le condizioni non finanziarie dei prestiti diventavano meno convenienti.

Tutto ciò è in linea, come poi si vedrà nel secondo capitolo di questo elaborato, con la visione Keynesiana dell’incertezza, secondo cui i mutuatari che dispongono di un buono “curriculum”, senza incidenti d’insolvenza, saranno preferiti dalle banche. Di conseguenza, questo tipo di cliente rappresenterà la categoria che subirà di meno rispetto alle altre le restrizioni derivanti da un inasprimento delle condizioni richieste per ottenere l’erogazione di un credito.

In tutti i casi in cui le condizioni dei prestiti sono rese più difficoltose, si verifica un inasprimento dei requisiti associati alle richieste di credito. se un potenziale richiedente fondo non è in condizione di esibire garanzie collaterali sufficienti, allora diventa poco probabile che gli possa essere concesso credito. Le banche possono anche stabilire un reddito minimo, una certa percentuale di cash flow, un rapporto massimo tra l’ammontare del

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7

prestito ed il valore del bene presentato. Quei richiedenti fondo che si trovano al di sotto del livello minimo non otterranno il credito. Un’altra condizione non finanziaria molto importante è data dal limite di estensione delle linee di credito: condizioni maggiormente restrittive implicano una forma di razionamento che viene attutata non negando interamente la richiesta di credito, ma limitandone semplicemente l’ammontare. In questo modo le banche che apportato modifiche nel grado di avversione al rischio possono aumentare il razionamento, alzando il livello delle condizioni a cui concedere credito.

Da tutto quanto detto, si possono trarre quattro principali conclusioni. La prima è che classificano i mutuatari in base ad una valutazione del rischio presentato dai loro progetti e utilizzano le graduatorie che stilano per stabilire sia le condizioni finanziarie che non finanziarie dei loro prestiti. La seconda conclusione è che le condizioni finanziarie più elevate implicano che il tasso di interesse sia più alto, salvo per i mutuatari che hanno stipulato precisi accordi di prestito. La terza riguarda il fatto che condizioni finanziarie più restrittive fanno aumentare i requisiti sui prestiti esistenti, ma creano anche la base per negare il credito a coloro che sono ritenuti non sufficientemente meritevoli. Infine, l’ultima conclusione riguarda il fatto che gli intermediari bancari preferiscono i potenziali clienti che forniscono maggiori garanzie.

1.5

Principali criteri di differenziazione del razionamento

Data la generalità della definizione appena fornita nel precedente paragrafo, è possibile mettere in evidenza le principali differenze nel concetto teorico di razionamenti nei diversi approcci teorici.

Esse dipendono principalmente dai fattori che influiscono sulla caduta dei tassi di interesse e dalle caratteristiche dell’eccesso di domanda. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, le definizioni comuni del razionamento individuano quattro tipologie di razionamento:

razionamento impuro o di tasso (denominato anche standard o di I tipo), razionamento a seguito di opinioni contrastanti, Redlining (o lista di debitori poco affidabili) e razionamento del credito puro (o del II tipo).

Il razionamento impuro o di tasso si verifica quando alcuni o tutti i clienti ricevono una quantità di credito inferiore a quella desiderata al tasso ad un dato tasso di mercato. Per ottenere un prestito maggiore, il richiedente fondo dovrebbe essere disposto a versare un tasso superiore.

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Il razionamento a seguito di opinioni contrastanti si riferisce alla situazione in cui alcuni tra i richiedenti fondo non hanno possibilità di prendere a prestito al tasso di prestito ritenuto da loro adeguato sulla base di quello che ritengono essere la propria effettiva probabilità di inadempienza.

Con il termine Redlining si indica la situazione in cui, data la classificazione del rischio, un prestatore negherà il credito concesso poiché questi non può garantire il rendimento richiesto per qualsiasi tasso di interesse

Infine si parla razionamento puro (o di II tipo) quando i prestatori concedono credito ad alcuni clienti, negandolo ad altri apparentemente identici in termini di condizioni richieste dal creditore al fine erogazione del prestito, e pertanto, indistinguibili da quelli soddisfatti. Un altro elemento di distinzione risiede nel concetto di prezzo adottato dai vari economisti. In molti modelli, quest’ultimo viene identificato con il tasso di interesse esplicito sui prestiti: di conseguenza, la funzione di domanda individua l’ammontare di prestito che ciascun cliente desidera in relazione esclusivamente ad un determinato tasso. In altri modelli, invece, il concetto di prezzo viene dilatato, ed assume una connotazione più ampia in quanto vengono inglobati anche i costi del cliente che derivano dall’osservanza degli altri termini contrattuali (ad esempio le garanzie collaterali).

Infine, un ulteriore elemento di classificazione si può ricercare nella durata della situazione dello squilibrio nel mercato del credito. Se l’eccesso di domanda risulta temporaneo e principalmente dovuto a ritardi nell’aggiustamento nel prezzo del credito, si ha il razionamento dinamico o temporaneo; al contrario, nel caso in cui l’eccesso di domanda sia permanente, si può parlare di razionamento di equilibrio.

1.6

Una classificazione alternativa: razionamento bancario e

razionamento governativo

1

Un ulteriore principio di differenziazione si inserisce nell’ampio dibattito della letteratura economica sulla possibilità di un controllo esterno sui tassi di interesse o sui meccanismi di discriminazione degli investimenti. Vi è infatti ampio accordo tra gli economisti riguardo all’impossibilità di un controllo di tipo governativo sui tassi di interesse. L’imposizione di limiti massimi infatti potrebbe comportare da un lato l’incoraggiamento di iniziative ad alta intensità di capitale, dall’altro scoraggerebbero la mobilitazione dei risparmi. Una ulteriore

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motivazione si può trovare nel fatto che il conseguente eccesso di domanda dovuto ad una imposizione di limiti massimi di tassi di interesse costringerebbe a razionare il credito, con la possibilità di generare discriminazioni tra i debitori in modi socialmente non desiderabili. Tipicamente tale razionamento si verifica in base alla qualità delle garanzie, a pressioni politiche, al “nome”, alla dimensione del prestito. È facile intuire che questi criteri non discriminano in modo efficiente tra le opportunità di investimento. Vi è infatti una preferenza per gli investimenti tradizionali, a basso rendimento, ma considerati più sicuri e semplici da finanziare.

Una obiezione a questo tipo di ragionamenti potrebbe riguardare il fatto che le banche razionano il credito anche in assenza di qualsiasi controllo legale sui tassi di interesse: la discriminazione tra i debitori in base alle garanzie e alle qualità del credito è infatti un tratto caratteristico del razionamento operato dalle banche, anche se, in talune situazioni, certe forme di controllo governativo sui tassi, come i crediti agevolati, possono, almeno in linea di principio, garantire una discriminazione tra debitori più socialmente desiderabile. Data questa premessa, si può tentare di operare una distinzione tra il razionamento del credito, operando una differenziazione non solo in base soggetto a monte che raziona il credito, ma anche per le modalità e tramite quali si attua il razionamento. In base a questo criterio di classificazione si individuano il razionamento bancario e il razionamento governativo.

Il razionamento bancario è un fenomeno accertato dalla letteratura economica: sul mercato dei prestiti i venditori classificano i propri clienti in base al rischio di perdere il capitale o il pagamento degli interessi. Ciò non significa che le banche applichino lo stesso tasso di interesse a tutti i debitori. I tassi sui prestiti variano secondo la natura del prestito, la valutazione del rischio e il valore delle altre operazioni che il cliente svolge. In generale, si può affermare che esistano dei cosiddetti “tassi di norma” che sono simili fra le banche commerciali e che vengono applicati alla maggior parte dei prestiti. In maniera speculare, la dimensione del gruppo dei richiedenti insoddisfatti viene ampliata o ristretta, in generale, per mezzo di variazioni inerenti alla severità dei criteri in base ai quali il credito viene razionato, non per mezzo di variazioni del tasso medio di interesse. Quando le banche vogliono promuovere il credito, aumentano i limiti degli scoperti e sono disposti a soddisfare le richieste di nuovi debitori. Perché le banche offrono credito ad un tasso di interesse più basso a quello che permetterebbe l’uguaglianza tra domanda e offerta, cosicché diventi necessario razionare il credito? La maggior parte delle spiegazioni segue Stiegler nel dar risalto ai costi dell’informazione: dato che il prestatore non può permettersi un

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differenziamento oltre un certo punto del grado di rischio di un prestito (o perché ritiene antieconomico farlo), non acquisisce le informazioni che gli consentirebbero di assegnare il debitore ad una classe di rischio più omogenea, e quindi diventa costretto ad aggregare il debitore con altri più rischiosi. Le banche sono non aperte ad un aumento del tasso di interesse a causa di due effetti, che sono stati chiamati rispettivamente effetto di selezione avversa e effetto incentivo. Il primo si riferisce al fatto che coloro che sono disposti a pagare saggi di interesse più elevati sono probabilmente i debitori ad alto rischio, cosicché, all’aumentare del tasso di interesse, la rischiosità media dei prestiti aumenta, con effetti potenzialmente dannosi per i profitti della banca. Il secondo si riferisce al fatto che tassi di interesse più elevati, riducendo il rendimento dei progetti di investimento, inducono le imprese ad intraprendere quelli che hanno minore probabilità di successo ma rendimenti più elevati. A causa di questi due effetti, il tasso di interesse che massimizza il profitto atteso dalle banche sarà inferiore a quello di equilibrio. Un'altra spiegazione meno teorica è più propriamente operativa che sottolinea la riluttanza delle banche ad alzare i tassi sottolinea che quando una banca ritiene che il progetto di un aspirante debitore abbia scarse possibilità di fornire un rendimento adeguato a coprire i costi del debito, dato un certo tasso di interesse, a maggior ragione riterrà che non sia in grado di farlo se il tasso è più elevato. Di conseguenza, non lo alzerà.

Tutte queste spiegazioni sul razionamento hanno il difetto di concentrarsi sul settore bancario e di ignorare il resto del mercato dei capitali. Difatti, sebben possa essere vero che le banche di regola non siano disposte a fornire credito ai debitori con diverso grado di rischiosità a tassi di interesse sufficientemente differenziati da coprire in ciascun caso il maggiore o minore rischio, lo stesso non può dirsi nel mercato dei capitali nel suo complesso. Oggigiorno infatti in molti Paesi (soprattutto i meno sviluppati), oltre al settore bancario, esiste un settore informale di prestatori di denaro dai quali le persone che sono escluse dal razionamento bancario possono ottenere credito a tassi più elevati, e in quelli più sviluppati, è riscontrabile una gamma di intermediari finanziari non bancari che offrono credito a tassi più elevati “senza far domande”. Due possibili spiegazioni che motivino questa differenza di comportamento tra banche ed altri intermediar i finanziari possono essere:

a) le banche di deposito devono soprattutto conservare la fiducia dei detentori di depositi a vista: se una di esse si mostrasse disposta a prestare a qualsiasi debitore (purché quest’ultimo fosse disposto a pagare un tasso di interesse più alto da coprire il rischio di prestito), i suoi depositanti potrebbero considerare questo comportamento come un tentativo

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di perseguire una politica più rischiosa dei prestiti di quanto non faccia di per sé una banca di deposito, e ciò potrebbe indurli a perdere fiducia nel proprio intermediario bancario; b) le banche di deposito sono sensibili alla pressione morale esercitata dall’avversione che il pubblico nutre verso l’usura: le banche “rispettabili” non vogliono farsi passare quindi per “strozzine”.

Gli effetti del razionamento bancario, dal punto di vista dell’economia del benessere, comportano una allocazione non efficiente delle risorse, in quanto porta ad una discriminazione in favore dei clienti che la banca ha già e a carico dei nuovi richiedenti. Soprattutto nei Paesi meno sviluppati, il razionamento, che cerca di eliminare i debitori ad alto rischio allocando il credito sulla base delle garanzie, porta ad una discriminazione dei debitori più piccoli, più nuovi ed intraprendenti, tra i quali possono esservene molti che farebbero buon uso del credito e sarebbero capaci e disposti ad onorare il debito a tassi più elevati di quelli bancari prevalenti.

Il razionamento governativo opera tra due forme di controllo diverse. La prima consiste nella fissazione di massimi legali generali su tasso di interesse, che può riguardare o semplicemente i tassi delle banche o estendersi a tutti i tassi di interesse. La seconda si sviluppa tramite crediti agevolati per determinati gruppi di lavoratori.

I massimali su tassi di interesse vengono giustificati con motivazioni economiche diverse (elevati tassi rappresentano un costo e quindi possono essere considerati inflazionistici): per i fini preposti, l’imposizione di massimali legali sui prestiti discriminano i debitori più o meno allo stesso modo del razionamento bancario senza controlli. Si tratta infatti di un inasprimento dei criteri di razionamento identico a quello imposto da un declino della liquidità bancaria, salvo che nel caso del controllo dei tassi, i clienti più probabilmente sacrificati del razionamento sono quelli nuovi attratti da più bassi tassi. I massimali possono avere anche effetti non desiderati ex ante. Massimali su tassi attivi abbinati a massimali su tassi passivi (tenuti più possibilmente bassi dalle banche) scoraggiano ka mobilizzazione dei risparmi se il tasso di risparmio del pubblico è fortemente sensibile al tasso di interesse. Tentativi di limitare i tassi di interesse impediscono di controllare l’offerta di moneta in modo adeguato e incoraggiano strutture industriali ad alta intensità di capitale non appropriate.

La similarità tra questa forma di razionamento governativo e il razionamento bancario non si ritrova con l’altra forma di razionamento governativo, ovvero la fornitura di credito agevolato ad operatori che si ritiene non possano pagare i tassi di interesse di mercato. Nei Paesi sviluppati, i gruppi beneficiari di credito agevolato comprendono di solito i richiedenti

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di prestiti per l’acquisto della casa, ma spesso anche altre categorie come gli ex-combattenti o altri gruppi svantaggiati. Nei Paesi in via di sviluppo invece i destinatari principe di queste forme di credito sono generalmente le piccole imprese e gli agricoltori. L’obiettivo di questo strumento sta nel tentativo di correggere la discriminazione socialmente non desiderabile che si ritiene derivi dal razionamento bancario, nella presunzione che le autorità siano più capaci di fare una scelta socialmente ottimale. In altri casi, il credito a tassi agevolati (ovvero inferiore ai tassi prevalenti di mercato) potrebbe giustificarsi con qualsiasi motivazione di economia del benessere per interventi sul mercato o con la tesi della protezione delle industrie nascenti, per aiutare queste imprese a reggersi da sole. Le motivazioni a questo tipo di strumento sono molteplici, ma i benefici che si possono raggiungere possono comunque essere più che compensati dai suoi costi sociali o possono non andare a coloro cui erano diretti. Molto, in questo senso, dipende dal modo in cui il credito agevolato viene finanziato: se i tassi dei prestiti agevolati vengono finanziati con un’imposta sui depositi, si originano tutti gli effetti dannosi della repressione finanziaria. Altrettanto indesiderabile potrebbe essere far sussidiare il credito agevolato alla banca centrale; è invece possibile concepire schemi di credito agevolato sussidiati dal bilancio statale, purché non aumentino troppo il carico fiscale complessivo. Nella pratica, molto spesso i beneficiari di credito agevolato si rivelano essere non i poveri ma coloro che dispongono di un aggancio politico: gruppi di pressione agricoli, gruppi di pressione industriali o interessi urbani politicamente influenti nei Paesi in via di sviluppo. In linea di principio, la forma di credito agevolato, nella misura in cui la burocrazia sia integra moralmente ed efficiente, può favorire richiedenti fondi a basso reddito.

1.7

Tappe fondamentali del processo di sviluppo della teoria

2

I primi dibattiti sul razionamento del credito non vedevano questo fenomeno come uno di equilibrio: gli studiosi ritenevano che si manifestasse sia a causa di rigidità esogene del tasso di interesse sia a causa della mancanza di competizione adeguata nel mercato del credito. Successivamente gli studiosi hanno operato una distinzione tra il razionamento dinamico, nel quale i tassi di interesse sono lenti nell’aggiustarsi in seguito a shock esogeni, e razionamento di equilibrio, che persiste anche dopo che il mercato si è completamente

2 Il paragrafo si basa su Calomiris, Longhofer, Jaffee. 2017. The New Palgrave Dictionary of Economics:

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ripreso dallo shock. Hodgman (1960) è stato il primo che ha cercato di spiegare come il razionamento del credito può persistere con agenti razionali. Nel suo modello, i prestatori valutano i potenziali creditori sulla base dell’indice ricavo atteso-perdita attesa sul prestito. In questo modello inoltre viene assunto che esiste un livello massimo di rimborso che il debitore può credibilmente promettere: ciò limita effettivamente il quantitativo di risorse che l’intermediario offrirà al possibile prenditore finale indipendentemente dal tasso di interesse. Ad un certo punto infatti le perdite attese diventano troppo grandi rispetto ai guadagni attesi. L’importanza di questo articolo è stata duplice: da un lato, Hodgman ha cercato di fissare come obiettivo la trattazione di questa problematica come un fenomeno di equilibrio; dall’altro ha introdotto l’idea che le cause del razionamento dovessero essere attribuite non a fattori esogeni, ma a fattori endogeni, in quanto intimamente connesse all’obiettivo di massimizzazione dei profitti delle banche. Negi anni successivi sempre maggiore attenzione è stata riservata alla problematica relativa all’incorporazione del razionamento nella funzione di comportamento delle banche.

Freimer e Gordon (1965) hanno in seguito risolto molti dei problemi riguardanti la struttura del modello di Hodgman. Essi però, pur dimostrando che anche con agenti neutrali al rischio può verificarsi il razionamento nel caso in cui il prenditore finale avesse un bisogno di fondi fissato quantitativamente nell’ammontare, partono da un presupposto teorico differente, ovvero la esogeneità del tasso di interesse. A questo proposito, è necessario sottolineare come anche Keaton alla fine degli anni 70’ ha mostrato come, se si tiene conto delle ipotesi alla base dei modelli a la Hodgman sia necessario costruire curve di domanda e di offerta congruenti a tale ipotesi, e che così facendo, il razionamento cessa di essere endogeno. La sua presenza difatti diventa giustificabile solo introducendo vincoli di natura esogena. Modigliani e Jaffee hanno completato il quadro teorico riuscendo ad endogenizzare il tasso di interesse d’equilibrio tramite una completa modellizzazione del mercato sia dal punto di vista della motivazione domanda sia dal punto di vista dell’offerta. Tuttavia, anche in questo caso, il loro razionamento del credito è un risultato diretto di un’assunzione esogena secondo cui ai prenditori finali all’interno di un determinato gruppo deve essere applicato uno stesso tasso di interesse, anche se il prestatore è in grado di distinguerne le differenze. Le soluzioni proposte da questi autori inoltre si sono basate su assunzioni molto restrittive sulle preferenze degli agenti o sui contratti che essi potevano utilizzare.

Il superamento dei modelli a la Hodgman si è sviluppato seguendo due direttrici: la prima contraddistinta dalla rimozione dell’ipotesi di perfetta simmetria delle informazioni; la

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seconda dalla sostituzione dell’ipotesi di contratti uniperiodali con quella di contratti multi periodali.

Gli economisti che hanno seguito il primo tipo di approccio hanno presupposto che il creditore, diversamente dal debitore, non riconosca la qualità dei progetti da finanziare. Ciò può far sì che, in alcune condizioni, il rendimento atteso dalla banca dalla fornitura di un prestito sia una funzione non monotona del tasso di interesse. In questa direzione, Jaffee e Russell, prendendo a riferimento l’articolo avanguardistico di Arkelof sono riusciti a fornire una spiegazione più soddisfacente del razionamento, legata strettamente al problema delle asimmetrie informative Nel loro modello i prestatori non possono distinguere ex ante tra prenditori finali ad alta qualità creditizia e prenditori a bassa qualità. I contratti sono strutturati per determinare la dimensione del prestito offerto e il tasso di interesse. I prenditori finali di bassa qualità devono accettare la tipologia di contratto preferita dai prenditori finali di alta qualità, a meno di non essere già identificati dalla banca ex ante come soggetti di scarsa qualità. Nonostante una coppia di tasso d’interesse/ quantità di credito di equilibrio esista, i prenditori finali ad alta qualità preferiscono un contratto che comporta un tasso di interesse leggermente più basso ed un ammontare di credito ridotto: ciò fa emergere come risultato il razionamento del credito. Negli anni a venire, il modello di questi due autori venne principalmente criticato a causa dell’instabilità dell’equilibrio da loro proposto. Nel 1981, Stiglitz e Weiss pubblicarono quello che sarebbe diventato il modello canonico di razionamento del credito, in quanto primo vero modello in grado endogenizzare pienamente le scelte sui contratti con un equilibrio con razionamento stabile. Nel loro modello, gli autori evidenziano come esista un tasso di interesse che massimizza i profitti della banca, e che i problemi derivanti dalle asimmetrie informative (selezione avversa o azzardo morale) causano una decrescita del guadagno atteso per ogni incremento del tasso di interesse dal livello ottimo. Di conseguenza diventa conveniente per la banca non elevare il tasso sui prestiti e ricorrere al razionamento. Gli intermediari quindi massimizzano i profitti e non scelgono mai volontariamente di aumentare il tasso d'interesse oltre il punto in cui gli effetti negativi delle asimmetrie informative predominano. Paradossalmente, in questo modello i migliori richiedenti fondi non cercano finanziamenti perché non ne vale la pena: essi si ritirano volontariamente dal mercato perché il costo di essere messi in comune con i richiedenti fondo ad alto rischio è troppo alto. In alternativa, Stiglitz e Weiss hanno mostrato come le variazioni del tasso di interesse possano influenzare anche la scelta del progetto da parte dei richiedenti fondi: il rischio di azzardo morale nella scelta del progetto può essere

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quindi un'altra ragione per cui il rendimento atteso del prestatore non è monotonico nel tasso di interesse.

I lavori che invece hanno seguito il secondo approccio partono dalla considerazione che gli articoli di Jaffee-Russel e Stiglitz-Weiss ipotizzano durata uniperiodale dei contratti di credito. Nella realtà, tuttavia si osserva che tra debitore e creditore tendono ad instaurarsi relazioni di lungo periodo. Un razionamento con un grado di realismo più elevato può derivare pertanto dall’introduzione di contratti multi periodali: ciò ovviamente presuppone una spiegazione dettagliata delle ragioni per cui tra debitore e creditore possono instaurarsi relazioni di lungo periodo. La letteratura recente ha evidenziato come le ragioni dell’esistenza ti questa tipologia di contratti si basino su due presupposti: il diverso atteggiamento verso il rischio degli operatori e l’esistenza di informazione imperfetta. Sulla base del primo presupposto sono stati sviluppati i modelli di contratto impliciti, in cui gli economisti ritengono che i contratti incorporino anche decisioni di risk-sharing degli operatori: la rigidità dei tassi bancari e i processi di razionamento deriverebbero quindi dal fatto che le banche assicurano i clienti contro il rischio di fluttuazioni dei tassi applicati. Più articolata è la modellistica che segue il secondo approccio. Laddove viene supposto come ipotesi permanente una distribuzione non simmetrica dell’informazione, il razionamento può presentarsi come una sanzione adottata dalla banca nei confronti dei clienti insolventi. Di contro, laddove invece si assume che la ragion d’essere delle banche si da attribuire al processo di produzione di informazioni, il razionamento può essere considerato come la conseguenza della discriminazione tra vecchi e nuovi clienti. Difatti la banca, soprattutto nei periodi di restrizione monetaria, allo scopo di non incorrere in costi di informazioni elevati, può rifiutare la concessione di credito ai nuovi clienti.

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2. Gli sviluppi teorici del razionamento del credito

Introduzione al secondo capitolo

In questo secondo capitolo dell’elaborato verranno esaminate le modalità tramite cui le problematiche legate alle asimmetrie informativi, le quali sono alla base del fenomeno del razionamento del credito, sono state modellate in letteratura nel corso del tempo dai vari autori.

Gli economisti ricorrono all’espressione informazione asimmetrica per riferirsi alle situazioni in cui le parti coinvolte in uno scambio non sono informate allo stesso modo sulle caratteristiche dei beni oggetto della transazione. L’emersione delle problematiche legate alle asimmetrie informative nel mercato del credito ha rivoluzionato la visione classica, alla base dei modelli di concorrenza perfetta, secondo la quale gli agenti razionali hanno accesso ad una informazione perfetta e distribuita simmetricamente tra tutte le parti coinvolte in una transazione finanziaria.

La struttura del capitolo è la seguente. Dopo aver introdotto la visiona classica con informazione completa, simmetria informativa, concorrenza perfetta e mercati completi tramite la trattazione del modello di Arrow-Debreu ed aver spiegato le motivazioni per cui tale modellistica risulta inadeguata per una descrizione realistica del funzionamento del mercato del credito, l’attenzione verrà volta all’analisi dei modelli di asimmetria informativa. Verranno analizzati i primi modelli, in cui i vari autori si interrogavano sulle motivazioni per cui la funzione di offerta risultasse, ad un certo punto, inelastica al tasso di interesse, tramite i contributi di A.Roosa, Hodgman, Freimer-Gordon e Jaffee-Modigliani. Tali contributi sono trattati in ordine logico, in quanto ognuno di essi rappresenta un tentativo di risposta agli aspetti critici del modello precedente. Successivamente, verrà introdotta la teoria dei contratti e la letteratura delle asimmetrie informative. Essa, come si vedrà, rappresenta una risposta alla problematica relativa all’endogenizzazione nei modelli di razionamento del credito che era emersa nei modelli cosiddetti alla Hodgman, e che viene ottenuta, per l’appunto rimuovendo l’ipotesi di informazione completa nel mercato del credito. All’interno di questa sezione, verrà esaminato il modello di Jaffee-Russel, ed in seguito, dopo aver introdotti definizioni e concetti base, verranno analizzati:

- contratti in cui l’unica variabile soggetta a contrattazione è il tasso di interesse, ovvero i contratti analizzati nel lavoro di Stiglitz-Weiss;

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- contratti con tasso di interesse e garanzie reali, all’interno dei quali verrà si inserisce il contributo di Rotschild-Stiglitz;

- contratti con tasso di interesse e dimensione del prestito variabile.

La trattazione proseguirà con l’altra classe di modelli che risponde alla problematica dell’endogeneizzazione del razionamento che rimuove l’altra ipotesi ovvero di durata uniperiodale dei contratti di credito presente nei modelli à la Hodgman. All’interno di questa parte verrà esaminata la teoria dei contratti impliciti, all’interno della quale si colloca il modello di Fried e Howitt. Tale teoria si propone di affermare come la categoria dei contratti impliciti come alternativa in grado di comporre gli interessi tra le varie parti in presenza di multiperiodalità dei rapporti di credito, anche più rispetto ai Contratti di Debito.

L’ultima parte del capitolo si distacca dalla trattazione precedente, ponendosi da prospettiva diversa. Introduce la visione post-Keynesiana del razionamento del credito, presentando al contempo tutti i concetti della teoria di Keynes che possono essere impiegati nella trattazione del di questo fenomeno. Nell’ultimo paragrafo, infine, verrà esaminato un modello post-Keynesiano, nel quale i concetti introdotti saranno riuniti assieme ed utilizzati per una formulazione teorica di un modello di funzionamento del mercato del credito in presenza razionamento.

2.1

La visione classica dei mercati finanziari: il modello di

Arrow-Debreu

Il modello Arrow-Debreu (1954) in condizioni di certezza descrive un’economia di puro scambio composta da agenti e di merci. Gli agenti sono consumatori price-taker con una data dotazione iniziale di risorse che hanno come obiettivo la massimizzazione della loro funzione di utilità attesa. La merce viene si contraddistingue dalle altre per le caratteristiche fisiche, per ipotesi date e note con certezza, per il periodo e per il luogo in cui è disponibile. Per ogni merce ci sarà in mercato in cui siano compresenti numerosi agenti sia come compratori che venditori e, per ciascuna merce, verrà determinato il prezzo di equilibrio che rende uguali domanda e offerta. In questo modello gli autori non teorizzano l’esistenza di mercati finanziari. Nella loro costruzione teorica infatti, la certezza rende la variabile temporale sostanzialmente irrilevante, in quanto un fatto futuro è certo quanto un fatto presente e, di conseguenza, nessun operatore avrà necessità a dare o concedere in prestito se è possibile acquistare o vendere ad un prezzo certo ogni merce presente e futura.

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Dato che le ipotesi a priori del modello si basano su presupposti teorici molto restrittivi e poco aderenti alla realtà, Arrow, al fine di considerare l’incertezza connessa al passare del tempo e motivare l’esistenza dei mercati finanziari, ha introdotto il concetto di “stato del

mondo”. Ogni stato del mondo si sostanzia delle contingenze esterne (ad esempio condizioni

atmosferiche, ambientali, sociali) e delle azioni degli agenti: dall’unione di queste due componenti derivano le conseguenze alle azioni degli agenti. Introducendo l’incertezza, la variabile più importante che permette la differenziazione delle merci diventa lo stato del mondo in cui esse saranno disponibili. Il concetto di incertezza consiste così nel non conoscere a priori quale stato del mondo si realizzerà. Tuttavia, Arrow presuppone l’esistenza di informazione completa, ovvero il fatto che gli agenti sanno ex-ante e osservano ex-post tutti gli stati del mondo possibili. In questo modo, analogamente al di certezza, è possibile trovare sia un equilibrio costituito da un insieme di prezzi a cui domanda ed offerta si eguagliano sia un piano di consumi presenti e futuri che massimizza l’utilità attesa per ciascun agente. L’allocazione delle risorse che deriva da questo tipo di impostazione rispetta il criterio della Pareto-efficienza e quindi non risulta possibile migliorare il benessere di un singolo individuo attraverso ulteriori scambi senza peggiorare il benessere di altri. La struttura teorica così rigidamente definita prevede che per ogni merce esisterà un mercato specifico e che si potranno configurare due categorie di contratti, i contratti elementari ed i contratti complessi. Il primo tipo di contratto è stipulato al tempo 0 attribuisce il diritto a ricevere un certo ammontare di unità della merce al tempo 1, in uno specifico mercato, in un apposito luogo e dato un evento prestabilito. I secondi, invece, si differenziano dai primi per il fatto possono attribuire diritti diversi a seconda dello stato del mondo che si realizza e poiché sono ottenuti combinando un insieme di contratti elementari. Il pagamento di questi contratti, siano essi elementari o complessi, avviene al tempo 0 ad un prezzo determinato dalle condizioni della domanda e della offerta.

Complessivamente considerate, le ipotesi alla base del modello Arrow-Debreu risultano insoddisfacenti per due ordini di motivazioni. In prima battuta, esse richiedono l’esistenza di un singolo mercato per ogni merce contingente, presupponendo così quello che in letteratura è noto come il concetto di mercati completi. In seconda battuta, le assunzioni del modello richiedono che tutti gli agenti dispongano della stessa informazione e che, in ragione di ciò, ogni consumatore conosca tutto gli eventi possibili. Queste supposizioni definiscono un quadro molto rigido e poco aderente alla realtà, che per questo è stato soggetto a delle obiezioni. In particolare, vengono contestate le ipotesi di completezza di mercato in quanto fortemente irrealistica per il fatto che è impossibile concepire tutti gli eventi, mentre la

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seconda risulta poco credibile perché nella maggior parte dei casi agenti diversi hanno accesso ad informazioni differenti a causa della posizione in cui si trovano all’interno di un’economia.

Il modello di economia proposto da Arrow-Debreu con mercati completi di merci ed informazioni completa è stato ampliato per includere lo scambio di titoli finanziari, introducendo l’ipotesi di incompletezza dei mercati delle merci, mantenendo però inalterate le caratteristiche dell’equilibrio. Arrow (1953) ha proposto una variante del suo modello in cui al tempo 0 vengono venduti titoli che danno il diritto al tempo 1 ad un ammontare di moneta collegato allo stato del mondo che si è verificato. Nel momento in cui si realizza un dato stato, prima hanno luogo tutti i trasferimenti di moneta e poi, successivamente, si verifica il processo di allocazione delle merci. All’interno dei mercati dei titoli: la merce scambiata è la “moneta al tempo 1 se si verifica un certo stato del mondo”; il prezzo di tale merce è il prezzo del titolo al tempo 0; la quantità di merce promessa è la quantità di moneta da ricevere al tempo 1 se si è verificato lo stato del mondo previsto. In questo modello è previsto il calcolo del tasso di interesse, dato che la quantità di moneta è uguale al rimborso del capitale più gli interessi, partendo dal prezzo del titolo e dalla quantità da ricevere al tempo 1.

Il sistema appena descritto è interpretabile come un sistema composto da un insieme completi di mercati assicurativi (ovvero i mercati dei titoli) al tempo 0 in cui gli agenti si garantiscono somme di denaro certe per qualsiasi stato del mondo si possa verificare al tempo 1 e da mercati delle merci al tempo 1 solo per lo specifico stato del mondo realizzato. Affinché i mercati dei titoli siano completi è sufficiente inoltre che ci siano almeno tanti titoli elementari differenti quanto sono gli stati del mondo. In questo modo sarà possibile combinare le attività esistenti nei portafogli ed ottenere il valore desiderato della ricchezza per ogni stato del mondo, eliminando di fatto completamente il rischio connesso al futuro. Tuttavia, avendo ipotizzato l’incompletezza dei mercati delle merci al tempo 0, la differenza con il modello principale sta nel fatto che l’esistenza dell’equilibrio dipende anche dalle aspettative sui prezzi delle merci. Ciò richiede, al tempo stesso, ipotizzare che tutti abbiano le stesse aspettative.

La conseguenza principale dello schema teorico proposto da Arrow risiede nel fatto la struttura dei mercati finanziari diventa simile alla struttura dei mercati assicurativi. Il prezzo di un titolo può difatti essere interpretato come il prezzo contingente che un agente paga per garantirsi una quantità di moneta certa nel caso si verifichi un particolare stato del mondo. L’interpretazione dei mercati titoli che ne deriva non implica così l’esistenza del rischio.

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Difatti, grazie al fatto che esistono mercati completi dei titoli, ogni individuo può garantirsi qualsiasi ammontare di moneta desidera in corrispondenza di qualsiasi evento, compatibilmente con la dotazione iniziale di risorse e, in ragione di ciò, la possibilità di scambiare titoli non aggiunge niente di rilevante rispetto al modello senza titoli. Di fatto, in entrambe le impostazioni, la giustificazione circa l’esistenza dei mercati finanziari viene meno e l’aggiunta della possibilità di prendere a prestito risorse non inficia il meccanismo di funzionamento di mercato. Per far sì che ciò si possa verificare, e che di rimando l’aggiunta di un mercato di titoli diventi rilevante, è necessario rimuovere una delle ipotesi di base del modello, ovvero quella che ipotizza che l’informazione sia completa. In questo modo il sistema di transazioni di mercato guidate solo dai prezzi non garantisce più l’efficienza. Ciò ha una duplice valenza: sa una parte gli operatori, difatti, si troveranno ad affrontare un rischio che, se sono avversi, redistribuiranno su un numero più alto di agenti, dall’altra l’incertezza non sarà circoscritta solo agli stati del mondo, ma sarà estesa anche ai prezzi di quelle merci i cui mercati mancano.

2.2

Le origini della letteratura del razionamento del credito: la

Availability Doctrine

3

L’approccio alternativo alla visione classica competitiva dei mercati finanziari muove dall’assunto che questi ultimi siano tutt’altro che perfetti, e che, specialmente il mercato del credito, fosse caratterizzato da elementi di rigidità che impedivano al tasso di interesse di muoversi secondo lo il classico schema generale di domanda ed offerta, determinando così in quel mercato, una situazione di eccesso di domanda. L’interesse nelle origini delle imperfezioni del mercato del credito non è originariamente sorto in seguito alla constatazione che una delle possibili cause della rigidità potesse riguardare problemi informativi tra le parti coinvolte nello scambio (i primi contributi, in questo senso, si hanno solo a partire dagli anni Ottanta). In origine, l’obiettivo degli studiosi era quello di investigare circa le possibili conseguenze che le imperfezioni del mercato del credito potevano generare in termini macroeconomici e il loro impatto sulle politiche monetarie. La letteratura sul razionamento del credito quindi parte con questo fine, e trova come sua

3Questo paragrafo si basa su “ Imperfezioni nel mercato del credito, Appunti delle lezioni del corso di

Economia delle asimmetrie informative nei mercati finanziari, Università di Bari, 2010. Le figure 1, 2 e 3 sono prese da questo contributo.

( https://www.uniba.it/ricerca/dipartimenti/dse/didattica/corsi_a_.a/corsi-10-11/lm-10-11/dispensa-imperfezioni-mercato-credito.pdf)

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