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I concetti base e la definizione di equilibrio dell’approccio di Stiglitz-Weiss

2. Gli sviluppi teorici del razionamento del credito

2.6 I modelli uniperiodali con asimmetria informativa

2.6.4 I concetti base e la definizione di equilibrio dell’approccio di Stiglitz-Weiss

In questo paragrafo verrà presentata una versione semplificata del modello proposto da Stiglitz e Weiss (1981). A differenza del modello originale, in cui gli autori immaginano un insieme continuo di imprese 𝑖 ed i rendimenti come variabile casuale continua con una distribuzione della probabilità di successo 𝑝𝑖 dei progetti, ovvero 𝑔(𝑝𝑖), in questa versione semplificata si assume l’esistenza di due sole imprese, ovvero 𝑖 = 1,2, e che il rendimento sia una casuale discreta con due soli esiti, con probabilità di successo pari 𝑝𝑖 e con probabilità di insuccesso pari a 1 − 𝑝𝑖.

4 La trattazione dei concetti base e del modello di Stiglitz-Weiss 1981 (par 2.6.4-2.6.6) si basa sul testo di

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Si assume che l’operatore bancario raccolga fondi ad un tasso d’interesse dato ed uguale ad 𝑖; l’offerta di fondi ai risparmiatori sia: 𝐿𝑆 = 𝐿(𝐼), 𝐿′(𝐼) > 0, dove 𝐼 = 1 + 𝑖.

Si assume inoltre che le banche siano neutrali al rischio e massimizzano i profitti attesi. Si indica con 𝜋 il profitto netto atteso dalla banca. Esso è funzione del contratto di credito stipulato.

Il contratto di credito è definito dalla n-pla 𝛾 = (𝑅, 𝐶, 𝐿), dove 𝑅 = 1 + 𝑟 è il fattore di capitalizzazione, 𝑟 è il tasso di interesse sui prestiti, 𝐶 è l’ammontare di garanzie depositate da colui che prende i fondi in prestito ed 𝐿 corrisponde all’ammontare del prestito concesso. Il contratto di credito consiste in una concessione all’impresa di un determinato ammontare di fondi pari a 𝐿, in cambio della promessa di rimborso della quantità 𝑅𝐿 se il progetto di investimento ha successo o della somma 𝐶 se il progetto fallisce. Il contratto di credito ha una durata di un periodo: il debitore prende a prestito dal creditore una somma all’inizio del periodo e promette di restituirla alla fine del periodo. La relazione di credito conseguente all’erogazione di fondi da parte della banca si esaurisce dopo il rimborso.

Si assume che coloro che prendono a prestito siano delle imprese e che esse massimizzano l’utilità attesa con un atteggiamento di avversione al rischio. Di conseguenza, le imprese presentano una funzione di utilità von Neumann-Morgensten 𝑈(𝑊), dove 𝑊 è la ricchezza dell’impresa, strettamente crescente e strettamente concava 𝑈′(𝑊) > 0, 𝑈′′(𝑊) < 0.

Nel caso di informazione nascosta, ognuna delle due imprese ha un progetto di investimento, che dura un periodo, il cui rendimento è una variabile casuale 𝑋𝑖 che assume valore 𝑋̂𝑖 > 0, in caso di successo, con probabilità 𝑝𝑖, e valore 0, in caso di fallimento, con probabilità 1 − 𝑝𝑖. Si assume che:

i) 𝑝1 > 𝑝2, cioè l’impresa 1 ha una più alta probabilità di riuscita dell’impresa 2; ii) 𝑋̂1 < 𝑋̂2, cioè l’impresa 1, in caso di riuscita del proprio progetto, ha un

rendimento più basso dell’impresa 2;

iii) 𝑝1𝑋̂1 ≥ 𝑝2𝑋̂2, ovvero che l’impresa 1 ha un rendimento lordo atteso più alto

rispetto all’impresa 2.

Queste ipotesi consentono di asserire che il progetto 1 è considerato meno rischioso del progetto 2 da tutti gli individui avversi al rischio. Ogni progetto ha un costo fisso che è uguale a 𝑍 ed è superiore alla ricchezza 𝑊 dei due imprenditori. Pertanto, l’imprenditore prenderà a prestito la quantità 𝐿 ad un tasso 𝑟, cedendo una garanzia 𝐶, con 𝐶 ≤ 𝑊. Si assume, ovviamente, che 𝑝𝑖𝑋̂𝑖 > 𝑍, altrimenti le imprese non avrebbero alcun interesse ad investire.

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La banca, poiché vi è informazione nascosta, è a conoscenza solo della distribuzione dei rendimenti, (ovvero conosce 𝑝1 che 𝑝2), ma non è in grado di sapere se l’impresa appartiene alla categoria più rischiosa o meno rischiosa.

Con le ipotesi introdotte, il profitto netto per l’operatore bancario con il contratto 𝛾 = (𝑅, 𝐶, 𝐿) è uguale a: 𝜋(𝛾) = 𝑝𝑖𝐿𝑅 + (1 − 𝑝𝑖)𝐶 − 𝐿𝐼. Per quanto riguarda invece la funzione di utilità delle imprese 𝑉𝑖, essa dipende dalla probabilità di riuscita del progetto, del rendimento in caso di successo e dai termini del contratto. Essa può essere definita come: 𝑉𝑖(𝛾) = 𝑝𝑖𝑈(𝑊 + 𝑋̂𝑖− 𝑅𝐿) + (1 − 𝑝𝑖)𝑈(𝑊 − 𝐶).

Per semplicità inoltre, si suppone che l’intero progetto viene finanziato con credito, ovvero 𝐿 = 𝑍.

Nel caso invece di azione nascosta, si assume che esista solo un tipo di imprenditore, che può scegliere tra due progetti, 𝑠 e 𝑟, i quali si differenziano per la loro rischiosità (con 𝑠 più sicuro di 𝑟).

Il singolo progetto 𝑗, con 𝑗 = 𝑠, 𝑟 ha un rendimento 𝑋̂𝑗 > 0 con probabilità 𝑝𝑗 e 0 con probabilità 1 − 𝑝𝑗. Si assume inoltre:

i) 𝑝𝑗𝑋̂𝑗 > 𝑅𝐿; ii) 𝑝𝑠 > 𝑝𝑟; iii) 𝑋̂𝑟> 𝑋̂𝑠;

iv) 𝑝𝑠𝑋̂𝑠 > 𝑝𝑟𝑋̂𝑟.

La banca conosce sia 𝑝𝑠 e 𝑝𝑟, ma non è in grado di verificare quale progetto l’imprenditore sceglierà di realizzare una volta ottenuto il prestito. Una volta ottenuto il prestito, l’impresa deve scegliere se intraprendere il progetto 𝑠 o il progetto 𝑟 e pagherà alla banca quanto promesso, ovvero 𝑅𝐿 in caso di successo o 𝐶 in caso di fallimento. Il profitto atteso dalla banca per il progetto 𝑗 con il contratto di credito 𝛾 = (𝑅, 𝐶, 𝐿) è:

𝜋𝑗(𝛾) = 𝑝𝑗𝐿𝑅 + (1 − 𝑝𝑗)𝐶 − 𝐿𝐼. Il profitto sarà quindi tanto maggiore quanto più alta è la

probabilità di riuscita del progetto. L’utilità attesa dell’impresa è: 𝑉𝑗(𝛾) = 𝑝𝑗𝑈(𝑊 + 𝑋̂𝑗 − 𝐿𝑅) + (1 − 𝑝𝑗)𝑈(𝑊 − 𝐶).

Dal lato dell’offerta, si suppone che il mercato del credito sia composto da un gran numero di banche ed imprese. Le banche sono tutte identiche ed ognuna ha a disposizione una quota uguale del totale dei fondi disponibili. La concorrenza tra i vari operatori bancari fa sì che tutti i depositanti beneficino del medesimo tasso di interesse, quindi, di conseguenza, il costo della raccolta è uguale per tutte le banche. Ciascuna di esse offre uno o più contratti di credito, in cui sono specificati tasso di interesse, ammontare di credito e garanzie da

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depositare. Dal momento che le banche sono identiche, si può prendere a riferimento una sola banca come rappresentativa delle altre.

Il mercato è competitivo, il che vuol dire che c’è libertà di entrata delle banche e non c’è collusione tra esse. Come definizione di equilibrio, nei modelli ad asimmetria informativa che saranno descritti viene adottata la definizione di equilibrio di Nash, che è stata proposta ed adottata nel contesto del mercato assicurativo dal contributo di Rothschild e Stiglitz (1976). Secondo tale definizione, un equilibrio di mercato è un insieme di contratti per i quali:

1) coloro che richiedono credito massimizzano l’utilità attesa

2) nessun contratto dell’insieme di equilibrio comporta profitti attesi negativi per le banche;

3) non c’è nessun contratto al di fuori dell’insieme di equilibrio che, se offerto, comporta un profitto non negativo.

La seconda condizione è nota come “vincolo di partecipazione”, poiché, se non soddisfatta, la banca non avrebbe alcuna convenienza a partecipare all’accordo. Essa, assieme alla condizione della libera entrata del mercato comporta, in equilibrio, un profitto atteso nullo per ciascuna banca: se non fosse così, altre banche potrebbero offrire contratti più allettanti per le imprese, riducendo il proprio profitto atteso. L’operatore bancario, nei contratti che propone, cercherà di incorporare un sistema di incentivi che evitano di incorrere in selezione avversa e/o comportamento sleale. I contratti che riescono in questo scopo si dice che soddisfano il “vincolo di compatibilità con gli incentivi”.

Per evitare il problema della selezione avversa, la banca può cercare di dedurre le informazioni che mancano osservando il comportamento dell’impresa e offrendo dei contratti che incentivino gli imprenditori a separarsi: si avrà così un meccanismo indiretto di autoselezione delle imprese che permette alla banca di differenziare le condizioni di prestito. L’equilibrio che ne deriva si dice separante. Se invece l’operatore bancario opta per un unico contratto che è considerato migliore da tutte le imprese, allora l’equilibrio che ne deriva è chiamato unificante o aggregante.

In caso di azione nascosta, la banca deve trovare un modo per incentivare il debitore a compiere le scelte che sono nell’interesse della banca stessa: il contratto, cioè, deve essere strutturato in modo che l’imprenditore, per massimizzare ai fini di massimizzare la propria utilità, compie l’azione che è migliore dal punto di vista della banca. L’equilibrio che ne deriva viene denominato equilibrio incentivo.

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Le condizioni appena descritte possono essere applicate in un contesto di simmetria informativa e di uguaglianza di clienti nell’ambito contratti con il solo tasso di interesse, ovvero la tipologia più semplice di contratti oggetto studio nel contributo di Stiglitz-Weiss (1981) e che è caratterizzata dal fatto che l’unica variabile soggetta a contrattazione è il tasso di interesse e in cui viene prestato una somma fissa il cui ammontare non rientra nelle decisioni degli agenti. Tale applicazione è utile sia a scopo esemplificativo al fine di definire formalmente il vincolo di compatibilità con gli incentivi, sia perché alcune conclusioni ritorneranno utili nei paragrafi successivi.

Si assuma che 𝑝𝑖 = 𝑝 e che 𝑋̂𝑖 = 𝑋̂, peri ogni 𝑖, ovvero che le imprese si caratterizzino per la medesima rischiosità dei loro progetti di investimento. In queste condizioni, la banca potrà usare solo una variabile, il tasso di interesse, per ripartire il proprio ammontare di fondi e garantire l’equilibrio tra domanda ed offerta.

Per semplicità di analisi, si assuma che 𝐶 ed 𝐿 siano costanti e pari a 0 ed 1. Di conseguenza, all’aumentare di 𝑅 aumentano i profitti attesi dalla banca ma diminuisce l’utilità attesa dell’impresa. Per la condizione di nullità dei profitti della banca in equilibrio, quest’ultima esigerà il tasso 𝑅∗ tale che: 𝜋(𝑝, 𝑅) = 𝑝𝑅− 𝐼 = 0, ovvero 𝑅= 𝐼

𝑝.

Il tasso 𝑅∗ porterà un’utilità attesa per l’impresa:

𝑉𝑖(𝑝, 𝑅∗) = 𝑝𝑈(𝑊 + 𝑋̂ − 𝑅∗) + (1 − 𝑝)𝑈(𝑊), la quale è sempre maggiore 𝑈(𝑊) per

𝑋̂ > 𝑅∗. In equilibrio ci sarà un solo contratto (𝑅, 0,1) uguale per tutte le imprese. Se i fondi

non dovessero bastare per tutte le imprese, 𝐼 aumenterà, così come 𝑅 fino al punto cui l’offerta di fondi non sarà ad un livello tale da soddisfare l’intera domanda.

Un equilibrio simile si potrebbe avere in caso di simmetria informativa, ovvero nel caso 𝑝 fosse diverso tra le imprese ma la banca conoscesse la rischiosità di ogni imprenditore. A ciascuna impresa 𝑖 la banca chiederà 𝐼

𝑝𝑖, dove il denominatore indica la probabilità specifica

di successo per l’impresa 𝑖, in maniera tale che i profitti che la banca otterrebbe da ciascuna impresa sarebbero nulli. In questo contesto, di conseguenza, non si può avere razionamento di II tipo.

I risultati ottenuti, impiegando ipotesi molto semplificative, non potrebbero ottenersi nel caso le imprese fossero diverse o nel caso l’operatore bancario non fosse capace di individuare quale dei due tipi di impresa si trova davanti. In questi casi, le imprese più rischiose sarebbero indotte ad ingannare la banca riguardo la loro reale rischiosità ed imitare le imprese meno rischiose per scontare un tasso di interesse più basso. Di conseguenza, diventa necessario nei casi di asimmetria informativa che la banca configuri i contratti che

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offre in modo che nessun imprenditore possa avere convenienza a mentire riguardo la propria caratteristica. Per far sì che questo si verifichi, non deve essere desiderabile per l’imprenditore del tipo 2 scegliere il contratto che viene scelto dall’imprenditore di tipo 1 e viceversa. Questa condizione rappresenta la cosiddetta compatibilità con gli incentivi. Una coppia di contratti (𝛾1, 𝛾2) rispetta il vincolo di compatibilità con gli incentivi e risulta

quindi coerente con gli incentivi che la banca fornisce, se soddisfa le condizioni: 𝑉1(𝛾1) ≥ 𝑉1(𝛾2) e 𝑉2(𝛾2) ≥ 𝑉2(𝛾1).

Una coppia composta da due contratti uguali soddisfa questa proprietà come uguaglianza: pertanto, se tutti e due i tipi di imprese scelgono lo stesso contratto, questo sarà compatibile con gli incentivi ma non opererà alcuna distinzione tra imprenditori.

Nelle situazioni in cui sono presenti differenti tipi di clienti o diverse scelte possibili, con informazione distribuita asimmetricamente tra operatore bancario ed imprenditore, i risultati possibili sono molteplici e dipendono fortemente dalle ipotesi che si fanno circa l’atteggiamento al rischio degli agenti, dei meccanismi di interazione tra i partecipanti e dalla definizione adottata di equilibrio.