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I concetti dell’analisi post Keynesiana del razionamento del credito

2. Gli sviluppi teorici del razionamento del credito

2.8 Il fenomeno del razionamento del credito nella visione Keynesiana

2.8.1 I concetti dell’analisi post Keynesiana del razionamento del credito

Al fine di analizzare il fenomeno del razionamento del credito da una prospettiva post- keynesiana, è utile valutare tutte le tematiche che possono assumere rilevanza in questo contesto di analisi. In particolare, i temi chiave sono rappresentati dal margine di mutuatari insoddisfatti, dal concetto di rischio del prestatore e rischio del mutuatario, dall’aspettative asimmetriche, dall’analisi degli effetti dell’incertezza sui prestiti e dal tema della fragilità finanziaria.

Uno dei primi riferimenti sul razionamento del credito, ed nello specifico sula margine dei mutuatari insoddisfatti, si trova nel Treatise di Keynes (1930), dove l’autore afferma che risulta “probabile che si formi un margine di mutuatari insoddisfatti, la cui ampiezza può essere aumentata o diminuita in modo che le banche possano influenzare il flusso degli investimenti espandendo o contraendo il volume dei loro prestiti, senza variazione sui tassi interbancari…Questo fenomeno quando si verifica può avere una grande importanza pratica”. In queste righe, Keynes evidenzia come la presenza di un componente di clientela a cui verrà negato il credito rappresenti una situazione permanente sul mercato dei fondi. Egli evidenzia che una leva importante, adoperata dalle banche nella discriminazione della parte di clientela da soddisfare è intrinseca nel rapporto che si forma tra operatore bancario e cliente. L’ammontare del credito erogato non dipende solo da variabili quantitative e legate al rischio, come ad esempio il grado di sicurezza dell’investimento della banca o il tasso di interesse, ma anche da variabili più qualitative inerenti il comportamento degli individui, come gli obiettivi del cliente e o il fatto che il esso sia considerato importante ed influente per la stessa banca erogatrice. La conseguenza che discende da questo ragionamento è che la parte di clientela ritenuta migliore, o anche con cui il rapporto instaurato e di più lunga scadenza, subirà meno il fenomeno del razionamento. Questa assunzione diverge dalle tesi della letteratura delle asimmetrie informative: essa, pur enfatizzando l’inidoneità della banca nel giudicare i rischi dei progetti di investimento entro categorie ben definite, ha come assioma principale che l’intermediario bancario seleziona esclusivamente in base al rischio

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i mutuatari per categorie, distinguendo cosi tra i diversi gruppi all’interno della propria potenziale clientela.

All’interno della teoria Keynesiana, un'altra nozione importante ai fini del razionamento è quella di rischio del mutuatario e rischio del prestatore. Nella Teoria Generale, Keynes identifica due tipologie di rischio che possono influenzare il volume degli investimenti. La prima tipologia fa riferimento al rischio in cui incorre l’imprenditore o il mutuatario e sorge dai dubbi che egli stesso può avere in merito alla probabilità di realizzare i guadagni attesi. L’altro tipo di rischio, che merita di essere rilevato per l’autore, può essere causato da moral hazard o da eventi dolosi come il fallimento volontario, oppure da fallimento involontario dovuto a prospettive non realizzate. La parte del rischio del prestatore, che interessa da vicino la problematica del moral hazard, fa riferimento all’esistenza di informazione asimmetrica. Questi rischi sono, nel framework di Keynes, sono legati, piuttosto che al fatto all’ipotesi di diversa informazione tra prestatore e richiedente fondo, alla mancata realizzazione delle aspettative e all’incapacità di fornire previsioni esatte. I concetti di rischio del mutuatario e rischio del prestatore sono da intendersi intimamente simili, in quanto connessi ad una matrice comune l’incertezza. La teoria post Keynesiana sostiene infatti che gli agenti economici sono soggetti a forte riguardo al futuro. Il termine si riferisce all’idea che il verificarsi di un evento futuro non possa essere misurata da un mero calcolo attuariale di probabilità. Il mutuatario può conoscere degli avvenimenti non noti al prestatore, il prestatore a propria volta può essere a conoscenza di cose sconosciute dal mutuatario, ma entrambi sono soggetti ad incertezza sul futuro.

Pur essendo influenzati da une medesima fonte di distorsione che è rappresentata dall’incertezza, , non è detto che mutuante e mutuatario arrivino alle stesse conclusioni in merito alle future probabilità di rendimenti di un particolare progetto di investimento. Anzi è molto probabile che giungano a conclusioni differenti. In questo caso, si assiste, secondo Keynes, al fenomeno delle aspettative asimmetriche. Si potrebbe verificare anche che, al contrario dei modelli con asimmetrie informativa, il prestatore si caratterizzi per un atteggiamento di avversione al rischio, o comunque risulti più avverso al rischio di colui che richiede il credito, poiché, effettivamente, sono i fondi del prestatore ad essere impiegati. Tale differenza di avversità al rischio è tipica della situazione e costituirebbe una delle condizioni per far sì che si manifesti il razionamento. Il diverso atteggiamento di fronte al rischio evidenziato, che come conseguenza porta prestatore e richiedente fondi ad avere opinioni diverse riguardo al futuro, rappresenta la premessa essenziale della teoria del razionamento credito fondata sull’incertezza Keynesiana. Questa nozione rafforza il

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concetto che il razionamento sia una situazione sempre presente, pertanto un margine di mutuatari resterà sempre insoddisfatto. Per dimostrare questo, Marino e Migliardo (2001) analizzano un semplice esempio. Si supponga che non vi sia alcune differenza di fonte al rischio tra prestatore e richiedente fondo. Per semplicità di analisi, si supponga che sia il mutuatario che il prestatore non sappiano nulla riguardo al futuro: in questo modo possono avere la stessa propensione al rischio e lo stesso grado di informazione, ma possono valutare l’informazione in modo differente. Inoltre, si supponga che sia il mutuatario che il prestatore debbano valutare il grado di rischio di un progetto a caso e che siano avversi al rischio, cioè che in ogni progetto vi sia solo un limite legato al rischio che entrambi sono disposti ad accettare. Dal momento che gli atteggiamenti di fronte al rischio sono i medesimi, esiste una probabilità del 50% che il mutuatario valuti un progetto come molto rischioso ed una probabilità del 50% che lo stesso progetto sia rifiutato dal prestatore. Su di un totale di 𝑛 progetti, 1 4⁄ saranno accettati da entrambi, 1 4⁄ saranno rifiutati da entrambi, 1 4⁄ saranno rifiutati dal prestatore e accettati dal mutuatario e 1 4⁄ saranno rifiutati dal mutuatario e accettati dal prestatore. Solamente i progetti ritenuti validi e sicuri da entrambi gli agenti verranno finanziati, mentre i progetti considerati sicuri dal mutuatario ma rischiosi dal prestatore subiranno il razionamento. Se le premesse fossero più realistiche entrambi gli agenti potrebbero valutare il futuro con metodi diversi ed anche il loro atteggiamento al rischio potrebbe essere differente, ma la conclusione non sarebbe diversa: le valutazioni sul futuro saranno asimmetriche ed alcuni progetti considerati sicuri dal richiedente fondo saranno considerati troppo rischiosi dal prestatore. Resterà sempre un margine di mutuatari non soddisfatti, poiché saranno sottoposti a razionamento.

Una delle implicazioni più importanti dell’incertezza nel quadro keynesiano riguarda la misura in cui l’incertezza influenza l’attività di lending, ed in particolare i criteri utilizzati dal banchiere per giudicare i rischi incidenti. Secondo l’analisi Keynesiana, si accetta la convenienza di presumere che la situazione attuale degli affari si protrarrà in modo indefinito nel futuro, salvo che non emergano ragione specifiche per un cambiamento. Ciò equivale a dire che la valutazione attuale dell’andamento del mercato, prescindendo dalle modalità con le quali è stata realizzata, è la sola ad essere esatta. Si ignora, di conseguenza, il futuro, e gli agenti si comportano come se lo conoscessero basandosi su delle convenzioni. Keynes, nella Teoria Generale, afferma che tali convenzioni possano essere sostenute con un grado di fiducia variabile. Le prospettive di più lungo termine, le uniche che contano veramente in quanto su di esse sono basate le decisioni di lungo periodo, dipendono, oltre che dal grado di probabilità di verifica delle aspettative formulate, anche dallo stato d’animo con cui sono

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formulate le aspettative, cioè dalla probabilità che le previsioni possano rivelarsi completamente errate. Questo concetto viene definito dall’autore “stato di fiducia”. Dal concetto di stato di fiducia emergono diverse implicazioni che potrebbero essere applicate ad un’analisi dei processi decisionali adottati dagli intermediari bancari nella concessione del credito. La prima è che i banchieri, nonostante l’incertezza, si fanno delle idee circa la probabilità che i clienti affidati siano in grado di rimborsare il prestito ricevuto. Queste idee sono influenzate da diverse convenzioni e possono essere sostenute con gradi diversi di fiducia. La seconda implicazione riguarda il fatto che le convenzioni sui prestiti dipendono dalla convinzione iniziale che lo stato attuale delle cose persevererà indefinitamente in futuro. Secondo questo pensiero, quindi, i mutuatari che hanno mantenuto una buona salute finanziaria in passato e che hanno sempre tenuto fede ai propri impegni, lo faranno anche in futuro, e perciò saranno preferiti. La terza implicazione è che a livello macro-finanziario la convenzioni in materia di prestiti possono essere sostenute con gradi di fiducia variabili. A poco a poco che queste condizioni cambiano, la banca può rivedere la sua visione sul livello potenziale del rischio, ovvero l’ipotesi che il futuro sia simile al passato varrà fino a che non emergerà un qualcosa che obbligherà al cambiamento. Se lo stato di fiducia è debole, le opinioni possono cambiare con più probabilità.

L’ultima tematica presa in analisi, che è anche capace di generare di cambiamenti sistematici nelle opinioni degli intermediari bancari, e quindi nelle aspettative, è lo sviluppo endogeno della fragilità finanziaria. Se le banche percepiscono un cambiamento nella situazione finanziaria dei richiedenti fondo, diventa verosimile che esse apportino cambiamenti alle loro valutazioni convenzionali sulle aspettative sul di rischio dei prestiti e anche riguardo al grado del razionamento del credito. Minsky9 ha sostenuto che questo tipo di cambiamento si manifesta in modo endogeno: “in un mondo caratterizzato dall’incertezza, dove il capitale è investito nel a lungo termine, dove esiste la proprietà privata, dove ci sono pratiche borsistiche sofisticate, il buon funzionamento di un’economia all’interno di un sistema finanziario inizialmente forte porterà ad una struttura che diventa fragile col passare del

tempo.10”. L’aumento endogeno della fragilità finanziaria si produce con maggiore

probabilità in una situazione di espansione economica ed aumenta quando i mutuatari si indebitano di più, quando si avvicina la scadenza del loro debito e quando la liquidità diminuisce. Minsky ha sostenuto che l’incremento dei tassi di interesse può spingere un

9 H.P. Minsky, Stabilizing and Unstable Economy, p.213

10 H.P. Minsky. Marzo-aprile, 1977, pp. 20-27. The Financial Instability Hipothesis: an Interpretation of

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sistema finanziario già fragile verso la crisi finanziaria, comportando un aumento degli impegni di pagamento in contanti e riducendo il valore sul mercato della attività rispetto alle passività, perché le attività sono a più lunga scadenza. Sia il primo che il secondo sviluppo daranno il via a dei cambiamenti molto spesso radicali delle abitudini degli operatori bancari nell’affrontare i rischi e porterà a quello che è stato definito sviluppo endogeno delle aspettative e a restrizioni nel credito. L’aumento della fragilità finanziaria può causare anche un aumento del bisogno di chiedere prestiti: “la finanza speculativa e specialmente la finanza

di tipo Ponzi fanno sorgere aumenti di richieste di finanziamenti a tassi inelastici11”. È di

conseguenza probabile che si possa manifestare un aumento del razionamento del credito a condizione che la fase espansiva dei cicli raggiunga il massimo. Il grado del razionamento dipende in parte dalla durata della fase di espansione e, l’aumento della sua entità contribuisce a porre termine alla stessa fase del ciclo economico espansiva. A causa di tutto ciò, gli autori post Keynesiano ritengono che i modelli di razionamento del credito statici, che non considerano delle esperienze concrete, hanno poche possibilità di descrivere la realtà in modo accurato.