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La coesistenza dell’eccessivo finanziamento nel caso di equilibrio con razionamento

5. L’ambiguità del fenomeno del razionamento del credito: la rilevanza teorica ed empirica

5.2 La coesistenza dell’eccessivo finanziamento nel caso di equilibrio con razionamento

In un successivo contributo, in cui gli autori all’informazione nascosta combinano l’ipotesi di azione nascosta, facendo emergere quindi la problematica relativa all’azzardo morale presente in Stiglitz-Weiss (1981), De Meza e Webb dimostrano che, anche in presenza di razionamento del credito, è possibile avere un eccessivo finanziamento, ovvero un livello di investimento superiore all’ottimo sociale.

In questo paragrafo verrà illustrato un semplice esempio numerico che replica i risultati del modello di De Meza e Webb (2000). L’unica differenza sta nell’assunzione circa le abilità che permettono la distinzione tra imprenditori: nel modello vi è un continuo di imprenditori con abilità 𝑎, la quale è uniformemente distribuita con supporto [0,1], mentre nell’esempio, per semplicità, vi sono solo due categorie di agenti, e di conseguenza 𝑎 può assumere solo due valori. Ogni imprenditore ha accesso a due progetti, uno “buono” e uno “cattivo”, i quali richiedono lo stesso ammontare di risorse per poter essere avviati. Qualunque sia il progetto, se fallisce porta all’imprenditore un ricavo lordo pari a 0. Se un imprenditore con abilità 𝑎 intraprende il progetto “buono” ha successo con una probabilità pari 𝑎𝑝𝐺, con 𝑝𝐺 ≤ 1, ed ottiene un ricavo lordo pari a 𝐺. Il progetto cattivo ha successo con probabilità 𝑎𝑝𝐵, e permette l’ottenimento di un ricavo lordo pari a 𝐵. Si assuma inoltre che

𝑝𝐺𝐺 > 𝑝𝐵𝐵 e che 𝐵 > 𝐺. Gli imprenditori non sono dotati di risorse iniziali, ed ogni progetto è realizzabile solo se è applicato un certo “sforzo”, il quale ha un “costo” che è fisso e pari a 𝐹. Inoltre si assume che vi sia un costo opportunità nella scelta di diventare imprenditori, il quale, ad esempio, potrebbe essere il salario che l’imprenditore potrebbe avere se tornasse ad un impiego più sicuro. Si può indicare questo ricavo sicuro con 𝑆, che

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si assume uguale a tutti gli imprenditori, e che può essere semplicemente aggiunto al costo dello “sforzo” per l’avvio del progetto.

Nell’esempio numerico, vi sono 100 imprenditori; 𝑎 = 1 per gli agenti migliori, 𝑎 =1

2 per

gli agenti peggiori, 𝐺 = 100, 𝐵 = 120, 𝑝𝐺 = 1, 𝑝𝐵 = 1

2 , 𝐹 = 10 e, per semplicità, 𝑆 = 0.

Le risorse per i progetti sono fornite dalle banche, le quali sono assunte neutrali al rischio ed impegnate in un tipo di competizione alla Bertrand (non vi è cooperazione). Le banche conoscono le caratteristiche della popolazione di imprenditori e dei due progetti, ma non sono in grado di venire a conoscenza né del tipo di imprenditore che chiede il finanziamento, in quanto questa informazione è provata, né possono verificare quale tipo di progetto sarà intrapreso dal richiedente fondo una volta ricevuto il finanziamento. Esse, inoltre, non possono verificare i rendimenti dei progetti, ma possono semplicemente osservare se l’imprenditore ripaga il prestito. L’unico incentivo quindi che può essere utilizzato è quindi la fissazione del livello di pagamento fisso 𝐷, con la previsione che, se il pagamento non è viene fatto dal richiedente fondo, la banca è autorizzata a beneficiare dell’intero rendimento del progetto. In queste condizioni, la forma di finanziamento che emerge è un Contratto di Debito Standard.

In questo contesto, l’aspetto che diventa cruciale riguarda il fatto che la scelta di 𝐷 da parte della banca determina quale progetto verrà intrapreso. L’impresa selezionerà il progetto buono se e solo se esso comporterà un profitto atteso migliore rispetto al progetto cattivo. La scelta del progetto è indipendente dall’abilità dell’imprenditore. Se si indica con 𝐷′ il livello del pagamento fisso alla banca che rende indifferente l’imprenditore tra i due progetti si può verificare infatti che:

𝑎𝑝𝐺(𝐺 − 𝐷′) = 𝑎𝑝

𝐵(𝐵 − 𝐷′) ↔ 𝑝𝐺(𝐺 − 𝐷′) = 𝑝𝐵(𝐵 − 𝐷′) da cui 𝐷′=

𝑝𝐺𝐺−𝑝𝐵𝐵 𝑝𝐺−𝑝𝐵 . Di

conseguenza, per 𝐷 < 𝐷′, tutti gli imprenditori scelgono il progetto buono, mentre per 𝐷 > 𝐷′ tutti gli imprenditori scelgono il progetto cattivo. Nel nostro esempio numerico, questo di livello di 𝐷′ è uguale a 𝐷 =1∗100−0,5∗120

1−0.5 = 80. Non solo. L’imprenditore

intraprende il progetto solo se ha un’abilità sufficiente per partecipare al mercato del credito. Al livello 𝐷′, il peggior imprenditore attivo sul mercato è quello per cui: 𝑎̂𝑝𝐺(𝐺 − 𝐷′) =

𝐹 + 𝑆 ↔ 𝑎̂ = 𝐹+𝑆

𝑝𝐺(𝐺−𝐷′). Nel nostro esempio numerico, i peggiori imprenditori attivi sono

quelli con 𝑎 =1

2, in quanto: 𝑎̂ =

10 1∗(100−80′)=

1

2. Per 𝐷 > 80, gli agenti con qualità migliori

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imprenditoriale pur con un progetto più rischioso, mentre i gli imprenditori peggiori usciranno dal mercato, in quanto non avranno abilità sufficiente per entrare nel mercato con il progetto peggiore. Si può verificare infatti imponendo il vincolo di partecipazione al mercato del credito dei tipi peggiori per entrambi i progetti. Difatti:

0.5 ∗ (100 − 𝐷) − 10 ≥ 0 ↔ 100 − 𝐷 − 20 ≥ 0 → 𝐷 ≤ 80; 0.5 ∗ 0.5 ∗ (120 − 𝐷) − 10 ≥ 0 ↔ 120 − 𝐷 − 40 ≥ 0 → 𝐷 ≤ 80, quindi i tipi bassi escono dal mercato non appena 𝐷 > 80.

La funzione di profitto della banca per ogni prestito può essere descritta dall’equazione: 𝜌 = 𝑎𝑝𝑝𝐺𝐷, con 𝐷 < 𝐷′, dove 𝑎𝑝 è la qualità media degli imprenditori partecipanti. Nel nostro esempio numerico, la funzione ha l’andamento descritto in figura 39.

Con un insieme continuo di imprenditori, la funzione di profitto sarebbe convessa, e tale convessità deriverebbe dal fatto che 𝑎𝑝 è crescente in 𝐷, in quanto gli imprenditori con la qualità peggiore escono dal mercato con l’aumentare di 𝐷. Il livello del ripagamento dell’imprenditore tuttavia non può aumentare all’infinito: esisterà un livello 𝐷 tale per cui il miglior imprenditore, ovvero quello con 𝑎 = 1 sarà indifferente tra diventare imprenditore o meno. Nel nostro caso la funzione di profitto è di tipo lineare con una discontinuità in 𝐷 = 80 e il livello 𝐷 è pari a: 1 ∗ 0.5(120 − 𝐷) = 10 ↔ 𝐷 = 100.

La condizione necessaria che deve essere rispettata affinché ci possa essere il razionamento del credito implica che la banca deve massimizzare i profitti in 𝐷′, ovvero che deve avere profitti attesi maggiori in 𝐷′ rispetto a 𝐷. Ciò significa che 𝜌′ = 𝑝𝐺

(1+𝑎̂) 2 𝐷

> 𝑝

𝐵𝐷. Nel

nostro caso,

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𝜌 = 𝑅 = 1 ∗(1+0.5)

2 80 > 0.5 ∗ 100 → 60 > 50. La condizione è rispettata, e quindi vi è

razionamento. Le banche, inoltre essendo in competizione tra di loro, avranno in equilibrio profitti nulli, per cui l’ammontare che ognuno dei depositanti si vedrà restituire, 𝑅, sarà esattamente uguale ai profitti attesi che la banca spera di conseguire per ogni prestito, ovvero 𝜌′ = 𝑅. Con 𝐷 = 80, entrambi i tipi di imprenditori domandano credito. A quel livello di ripagamento, 𝜌 = 𝑅 = 60, ed il livello dei depositi della banca è solamente sufficiente a finanziare 75 progetti, minore ovviamente della domanda nozionale. Di conseguenza, su 100 imprenditori, la banca sceglie di finanziare 75 progetti a caso. Infatti: 𝜌 = 𝐷 ∗ 1 ∗(1+0.5)

2 =

𝐷 ∗3

4, da cui 𝐷 ∗ 3

4− 60 = 0 ↔ 𝐷 = 80.

Si consideri invece il caso di informazione completa e perfetta e si supponga che, se 𝑅 = 55, l’offerta dei depositi sia sufficiente a finanziare 50 progetti. In questo caso la banca è a conoscenza dei tipi degli imprenditori. I tipi con bassa qualità, con 𝑎 =1

2, non verranno

finanziati. Infatti questi, anche se scegliessero di intraprendere il progetto più sicuro, non garantirebbero il profitto atteso necessario alla banca per finanziare il costo della raccolta. Infatti i profitti attesi per la banca sarebbero 1

2∗ 80 = 40 < 55 (dovrebbe esservi un livello

di ripagamento 𝐷 = 110 per far sì che questi tipi portino il profitto sperato alla banca, cosa ovviamente impossibile perché a quel livello nessun richiedente fondo farebbe l’imprenditore). Di conseguenza, con info perfetta vengono finanziati solo i 50 imprenditori migliori con 𝑎 = 1. In tal caso, i ricavi attesi sono in equilibrio: 1 ∗ 𝐷 = 55 ↔ 𝐷 = 55 = 𝑅. Con informazione completa quindi vengono finanziati solo 50 progetti, minori dei 75 con informazione asimmetrica e quindi ciò comporta che l’equilibrio con razionamento sia caratterizzato da un eccessivo finanziamento rispetto alla soluzione socialmente ottima.

5.3

Overlending, super ottimismo e finanziamenti per l’ottenimento di

credito

I problemi legati alla possibilità dell’esistenza di una situazione di eccessivo finanziamento nel mercato del credito hanno messo in dubbio la validità di alcune schemi di politiche economiche utilizzate nel corso del tempo. L’asimmetria informativa ha di certo messo in evidenza il fatto una fetta di potenziali imprenditori con poca ricchezza propria o che appartiene a gruppi sociali svantaggiati subiscono un esclusione dal mercato del credito, e la

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considerazione di questo fatto è stata utilizzata per giustificare politiche di sostegno alla piccole e medie imprese, come lo Small Firms Loan Guarantee Scheme in Gran Bretagna o i sussidi e le garanzie offerte dalla Federal Small Business Administration8 (SBA) negli Stati Uniti. Nonostante sicuramente la presenza di irregolarità nella distribuzione dell’informazione possa fornire un utile spiegazione sulle imperfezioni nel mercato del credito, e pur in presenza di ambiguità circa l’esito del risultato finale circa il livello aggregato di credito (sia esso eccessivo o invece razionato), il sussidio e il favoreggiamento del credito può rappresentare una politica che decresce il livello di efficienza. Quattro motivazioni, presentate da De Meza (2002), possono portare a questa considerazione. L’asimmetria informativa può incentivare alcuni agenti economici alla creazione di business che eccedono il guadagno sociale. Il lavoro retribuito implica un certo grado di aggregazione a livello salariale, in quanti il salario normalmente riflette la produttività media piuttosto che quella individuale. I tipi di lavoratori più abili hanno un incentivo a diventare imprenditori, nonostante sopportino siano soggetti a numerosi rischi e altri costi. Ciò causa un’esternalità negativa su coloro che rimangano impiegati, in quanto la fuoruscita dal salariato dipendente da parte dei tipi più abili abbassa il livello medio di produttività, e quindi la paga media, incentivando un maggior numero di impiegati a diventare imprenditori. In aggiunta a questo effetto di spinta, vi è un altro effetto che attira il lavoro dipendente verso il mondo dell’imprenditoria. I relativi bassi tassi di fallimento dei tipi più abili abbassa il costo del finanziamento dei tipi meno abili. In equilibrio, gli individui marginali lavoro autonomo e lavoro pagato sono i più abili tra i lavoratori impiegati e i meno abili tra gli imprenditori: essi sono in effetti tassati come un impiegato e sussidiati come un imprenditore. Se l’abilità degli agenti fosse informazione non privata, allora molti degli imprenditori intramarginali con informazione privata sceglierebbe di non diventare imprenditore. La seconda motivazione riguarda il fatto che anche se l’informazione asimmetrica può comportare la nascita di un minor numero di nuove imprese rispetto al caso in cui l’informazione sia completa, ciò non vuol dire che sia necessario attuare una politica economica per invertire questa situazione. Infatti un agente che possiede abbastanza risorse proprie per autofinanziarsi non solo evita i costi di agenzia legati al debito, ma il fatto che proceda con il suo progetto di investimento implica anche che razionalmente ha valutato tutte le alternative disponibili, e che quindi il progetto è in grado di creare un valore atteso positivo. Questo tipo di conclusione non può seguire nel caso altrimenti in cui il possibile imprenditore sia povero di risorse proprie. La terza motivazione è di carattere descrittivo. Anche se con questi interventi un guadagno di efficienza fosse possibile, non è scontato che

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l’apparato burocratico sia in grado di indentificare tali opportunità e che si comporti di conseguenza. L’ultima ragione ha carattere più comportamentale e deriva più da ricerche di tipo psicologico. Dalla metà degli anni Novanta, consistente corpus di ricerche psicologiche moderne, che sono state anche incluse nel contributo che di Thaler (1995) che originato la branca dell’economia comportamentale, ha dimostrato che è presente una tendenza generale negli individui ad essere irrealisticamente ottimisti. L’eccesso di ottimismo, a propria volta, può essere distinto tra eccesso di ottimismo sugli eventi che non si possono influenzare e eccesso di ottimismo su quegli eventi invece che possono essere influenzati. Questo secondo tipo di ottimismo è quello che affligge in molti casi gli imprenditori, e può comportare aspettative ancora meno realistiche del primo.

Il settore privato risulta quindi anche essere inficiato dalla presenza di aspettative irrazionali, che tendono a far diventare gli agenti super ottimisti circa il futuro e circa le prospettive di sviluppo dei propri progetti.La tendenza delle persone a sopravvalutare i ricavi attesi di un imprenditore deriva dalla convinzione che il settore può espandersi. L'impatto di un ottimismo irrealistico comporta che gli imprenditori con minori capacità sono disposti a chiedere fondi, deprimendo il rendimento atteso della banca per ogni prestito, causando un innalzamento del tasso di interesse di equilibrio. In presenza di azzardo morale poi, la soglia di ricchezza al di sotto della quale è impossibile prendere in prestito aumenta, e di conseguenza l'ottimismo può comportare che alcuni gruppi di prenditori non riescano a fornire la banca il profitto richiesto per nessun livello di ripagamento, subendo quindi episodi di redlining.

Per poter spiegare questo tipo di assunzione di può fare riferimento ad una versione molto semplificata del modello di De Meza e Webb del 1987. Si consideri un insieme di imprenditori potenziali, eterogenei neutrali rispetto al rischio, ciascuno con un progetto di investimento. In caso di fallimento, i ricavi del progetto sono pari a zero, mentre in caso di successo, il progetto permette di far ottenere all’imprenditore 𝐻. Ciò che permette di differenziare gli imprenditori è la probabilità di successo. Il tipo di imprenditore è l'informazione privata. Si supponga inoltre che non ci sia alcun azzardo morale. Tutti i potenziali imprenditori sono dotati di ricchezza propria 𝑊, che, se scelgono di procedere, investono nel progetto. Poiché 𝑊 non è in grado di finanziare completamente il progetto, è necessario che vi sia un prestito bancario di dimensione 𝐿 = 𝐾 − 𝑊, sul quale viene richiesto all’imprenditore un rimborso pari a 𝐷. Il generico imprenditore 𝑖 decide di procedere se: 𝑃𝑖(𝐻 − 𝐷) ≥ 𝑊, dove il 𝑃𝑖 è la probabilità di successo. Da questa equazione deriva che esiste una c'è una probabilità di successo, che prende il nome di valore soglia, 𝑃∗

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al di sotto del quale non vengono richiesti prestiti. Essa si può trovare risolvendo la precedente equazione per 𝑃. Si indichi la probabilità media di successo dei richiedenti prestito 𝑃̅, con 𝑃̅ > 𝑃∗ e 𝑃̅𝐷 = 𝑅 > 𝑃𝐷, dove 𝑅 è il pagamento che deve essere effettuato

dalla banca su un deposito di dimensioni 𝐿. L'imprenditore marginale è indifferente all'ingresso ma genera una perdita attesa di (𝑃 − 𝑃∗)𝐷 per la banca. Se l’informazione fosse completa, i rimborsi sarebbero stati adattati al tipo di richiedente fondo, in modo che l'imprenditore marginale sotto informazione privata dovrebbe affrontare una 𝐷 più alta e non farebbe domanda per il credito. I tipi marginali che dovrebbero essere espulsi hanno utili attesi (𝑃 − 𝑃∗)𝐷 inferiori al costo opportunità dei fondi utilizzati ed in questo senso che

l'equilibrio del mercato è caratterizzato da eccessivi finanziamenti. In questa circostanza, può essere dimostrato che l’eccessivo ottimismo amplifica l’inefficienza del sistema, esacerbando la problematica dell’eccessivo finanziamento. Si supponga che le vere probabilità di successo siano date da 𝑃, ma che gli imprenditori, super ottimisti, le ritengano più alte. Di conseguenza, per ogni dato valore di ripagamento 𝐷, l’imprenditore marginale entrate sarà di qualità ancora più bassa che sotto l’ipotesi di, realismo e pertanto anche 𝑃̅ sarà inferiore. In questo modo l'ottimismo porta ad un numero ancora maggiore di ingressi e in un livello di ripagamento di equilibrio 𝐷 superiore a quello reale.

L’implicazione che ne deriva da questa analisi è che sussidiare il credito non rappresenta mai la migliore politica, poiché causa l’effetto di attrarre più tipi di bassa qualità. Politiche alternative a questo tipo di intervento sono costituiti dai programmi di garanzia sui prestiti, altre varie forme di sovvenzione per l’ingresso nel mercato o leggi che implicano sanzioni più severe in caso di bancarotta. Questi interventi hanno il merito di ridurre l’azzardo morale riducendo il livello di rimborsi, ma, incoraggiando l’entrata nel mercato di tipologie di imprenditori più rischiosi, possono portare ad effetti controproducenti. Tali politiche di conseguenza non colpiscono direttamente le esternalità presenti nei mercati del credito ed il loro elevato costo le rende difficilmente applicabile ad un livello tale da produrre degli effetti tangibili. Al contrario, rendere il credito così poco costoso in modo tale da garantire a tutti hanno la possibilità di avviare un'attività può provocare la nascita di un modello di impresa intrinsecamente troppo poco sano. Tutte queste conclusioni sono ulteriormente rafforzate dalla presenza di un generale super ottimismo irrealistico. Lo smorzamento dell’ottimismo si rende necessario non solo per salvare gli irrinunciabili ottimisti da sé stessi, ma anche perché la presenza di candidati con bassa capacità può precludere la possibilità ai tipi ad alta capacità, ottimisti o meno, di ottenere credito.

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5.4

L’evidenza empirica dell’overlending

Come si è precedentemente analizzato, la letteratura sulle asimmetrie informative risulta polarizzata. Da un lato si trova il contributo di Stiglitz e Weiss con le ipotesi di uguaglianza dei rendimenti attesi, in cui l’asimmetria nella distribuzione delle informazioni endogena ai mercati finanziari porta gli operatori bancari a non valutare esattamente il rischio e a non distinguere esattamente tra progetti di investimento di buona qualità e progetti di cattiva qualità, comportando come risultato finale il fenomeno del razionamento del credito. Dall’altra parte si collocano le tesi di De Meza e Webb e l’ipotesi di eterogeneità nella distribuzione dei rendimenti, che dimostrano che l’asimmetria informativa nel mercato del credito conduce a risultati opposti, ad una migliore selezione dei progetti e addirittura ad una situazione di un eccesso di credito in cui sono finanziati anche prenditori finali con bassa qualità. La difficoltà nel convalidare le conclusioni di Stiglitz-Weiss o di De Meza e Webb è di natura prettamente empirica, e risiede nella impossibilità di misurazione della domanda nozionale di credito, o in alternativa, della produttività marginale del capitale (Guiso 1998). Come si è potuto evidenziare nel precedente capitolo/paragrafo, sono state impiegate diverse tecniche per pervenire alla quantificazione del razionamento, ed alcune di queste sono state specificatamente illustrate nella descrizione dei vari contributi empirici che sono stati proposti a sostegno della presenza del fenomeno del razionamento del credito. A questo proposito, un contributo che cerca di pervenire ad una misura più precisa possibile dell’incidenza dei fenomeni teorici analizzati è quello di Bonnet, Cieply e Dejardin (2016). Esso è interessante da due molteplici punti di vista. Primo perché offre una critica alle varie metodologie di indagine utilizzate, ponendosi in contraddizione con alcuni dei contributi empirici citati in questo elaborato. Secondo perché tramite una metodologia di indagine diversa dagli altri contributi analizzati perviene ad una misurazione sia del razionamento del credito sia dell’eccessivo finanziamento per le nuove imprese, ovvero quelle con un grado di opacità informativa molto alto a causa della poca qualità delle informazioni prodotte. Per quanto riguarda il primo tema, Bonnet et al sottolineano che sono state impiegate due strategie principali nella letteratura empirica, ognuna delle quali ha mostrato che, in contraddizione con le prescrizioni teoriche, il fenomeno del razionamento sia limitato. La prima strategia è quella dell’approssimazione del razionamento tramite l’aumento del tasso di interesse o della sensitività degli investimenti ai movimenti dei cash flow. Entrambe le approssimazioni hanno dei difetti. Per quanto riguarda il tasso di interesse la teoria del razionamento di credito endogeno ha dimostrato l’incapacità dei tassi di interesse nel

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processo di equilibrio di mercato. Per quanto riguarda invece l’uso dei cash flow, Kaplan e Zingales (1997), utilizzando il medesimo campione di imprese dello studio che ha introdotto l’utilizzo dei cash flow come misuratore dei vincoli finanziari di un’impresa, ovvero Fazzari, Hubbard e Petersen (1988), dimostrano invece che le imprese meno vincolate dal punto di vista finanziario mostrano una sensitività significativamente più grande delle imprese più finanziariamente stressate, in contraddizione quindi con la logica dell’utilizzo dei cash flow come proxy. La seconda strategia di analisi utilizza le survey per misurare la probabilità che un’impresa che ha domandato credito subisca il diniego della domanda, e tra gli studi che hanno adottato questa strategia, si possono nominare Guiso (1998) e Blumberg e Letterie (2008). Questi studi vengono ritenuti non capaci di misurare esattamente il razionamento, in quanto non distinguono le imprese per il merito creditizio e portano ad una generale sopravvalutazione del fenomeno del razionamento del credito. Essi possono essere considerati quindi dei contributi che si concentrano nell’analisi del tema dei vincoli finanziari più che sul fenomeno del razionamento del credito. Al fine di correggere questo difetto nella strategia delle survey, Bonnet et al, così come fatto da Levenson e Willard (2000), tengono conto del merito creditizio nella valutazione del fenomeno del razionamento del credito, concentrandosi sulle imprese a cui il credito viene negato nonostante possano