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Eterogeneità nei rendimenti attesi: il modello alternativo di De Meza e Webb

5. L’ambiguità del fenomeno del razionamento del credito: la rilevanza teorica ed empirica

5.1 Eterogeneità nei rendimenti attesi: il modello alternativo di De Meza e Webb

La letteratura delle asimmetrie informative nella spiegazione delle imperfezioni del mercato del credito ha beneficiato di un altro contributo, che, partendo da ipotesi simili a quelle contenute nel modello di Stiglitz e Weiss, arriva a conclusioni del tutto opposte. Tale contributo è rappresentato dal modello pubblicato sul "The Quarterly Journal of Economics"

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di De Meza e Webb (1987). L’obiettivo di questi due autori nel loro modello era quello di dimostrare che, adottando ipotesi leggermente diverse ma comunque ragionevoli sulla distribuzione dei rendimenti dei progetti di investimento, e proponendo una definizione di equilibrio classica, le asimmetrie informative non conducono ad una situazione di sotto- investimento come nel caso di Stiglitz-Weiss, ma al risultato opposto, ovvero di eccessivo finanziamento rispetto al livello socialmente efficiente.

Prima di presentare formalmente il modello, si può mettere in evidenza l’intuizione sottostante il cambiamento di ipotesi dell’invarianza del rendimento atteso dei progetti e la grossa differenza operata da De Meza e Webb. Si assuma, per semplicità, l’esistenza di due soli tipi di progetti/imprese e si consideri lo stesso tipo di impostazione già esaminata nel capitolo 2 per il modello di Stiglitz-Weiss. In quest’ultimo modello, l’ipotesi fondamentale era che, assumendo per semplicità due singole imprese, con 𝑝1 > 𝑝2 probabilità di successo rispettivamente dell’impresa 1 e dell’impresa 2 e 𝑋̂1< 𝑋̂2 i rendimenti rispettivamente

dell’impresa 1 e dell’impresa 2 in caso di sucesso del progetto di investimento, 𝑝1𝑋̂1 = 𝑝2𝑋̂2.

Tale ipotesi implica che i rendimenti attesi degli imprenditori diminuiscono all’aumentare della probabilità di successo e che, pertanto, il progetto più rischioso rende di più. Come si è evidenziato nel capitolo 2, dal momento che l’impresa trae beneficio dal progetto di investimento solo se ha successo, all’aumentare del taso di interesse, e quindi del costo del credito, coloro che domandano credito sono solo gli imprenditori più rischiosi, mentre i progetti più sicuri escono dal mercato. Lasciando invariata la simbologia utilizzata in precedenza, ma rimuovendo introducendo l’ipotesi di eterogeneità dei rendimenti attesi, e applicando una leggera modifica alle ipotesi iniziali, ovvero 𝑋̂1 = 𝑋̂2, con 𝑅 = 1 + 𝑟 tasso

di capitalizzazione ed 𝐿 = 1 dimensione del credito (ovvero per semplicità il progetto è interamente finanziato tramite debito) i risultati sono diametralmente diversi. Se i progetti difatti diventano ordinabili secondo il criterio della First Stochastic Dominance, il progetto 1 domina il progetto 2 in quanto 𝑝1(𝑋̂1− 𝑅) > 𝑝2(𝑋̂2− 𝑅) per qualsiasi valore di 𝑅. In conseguenza di ciò, all’aumentare di 𝑅 l’imprenditore più rischioso raggiungerà prima dell’altro il livello nullo di profitti ed uscirà prima dal mercato. Pertanto, non si avrà più alcun tipo di effetto di selezione avversa per la banca, e di conseguenza viene meno la causa principale per cui il tasso di interesse a cui un operatore bancario si colloca ad un livello diverso dal tasso di equilibrio walrasiano.

Individuata l’intuizione, si passi alla descrizione formale del modello di De Meza Webb (1987). Dal punto di vista della domanda, gli autori ipotizzano un continuo di imprenditori

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neutrali al rischio, ognuno dotato di una ricchezza iniziale 𝑊, uguale per tutti. I rendimenti degli investimenti sono delle variabili casuali 𝑅̃𝑖. Tutti gli investimenti comportano gli stessi tipi di rendimento, 𝑅𝑠 se il progetto ha successo e 𝑅𝑓 se invece fallisce, con 𝑅𝑠 > 𝑅𝑓 > 0.

L’elemento che permette la distinzione e la classificazione dei progetti è la probabilità di successo, 𝑝𝑖(𝑅𝑠) ∈ (0,1). Tra due progetti (o due imprenditori, i termini sono

intercambiabili) 𝑖 e 𝑗, si può dire che il progetto 𝑖 sia migliore del progetto 𝑗 se 𝑝𝑖(𝑅𝑠) > 𝑝

𝑗(𝑅𝑠). Tutti i progetti richiedono lo stesso inziale investimento 𝐾 > 𝑊. Di

conseguenza, se l’investimento deve essere intrapreso, l’imprenditore avrà bisogno di un finanziamento addizionale, che si suppone consistere in debito. La quantità che viene prestata gli imprenditori sarà la medesima per tutti, ovvero 𝐵𝑖 = 𝐵 = 𝐾 − 𝑊 e viene fornita tramite un contratto di debito standard che prevede il pagamento fisso

𝐷̃𝑖 = (1 + 𝑟𝑖)𝐵 in tutti i casi di non insolvenza con 𝑟𝑖 tasso di interesse. In caso di insolvenza, ovvero in negli stati in cui 𝐷̃𝑖 > 𝑅̃𝑖, il pagamento previsto coincide 𝐷̃𝑖 = 𝑅̃𝑖, ovvero il prestatore si appropria dell’intero risultato del progetto. Assumendo che

𝑅𝑠 > (1 + 𝑟

𝑖)𝐵 > 𝑅𝑓, il prestatore si appropria dell’intero 𝑅𝑓 e preferisce sempre che il

progetto di investimento abbia successo.

Dal punto di vista dell’offerta, gli autori ipotizzano che i finanziatori esterni siano operatori bancari, neutrali al rischio, in competizione tra di loro. Essi non hanno informazioni a priori sulle caratteristiche individuali dei singoli imprenditori ma invece sono a conoscenza della distribuzione dei rendimenti dei progetti di investimento. Tale distribuzione è 𝐹(𝑝𝑖(𝑅𝑠)),

con funzione di densità 𝑓(𝑝𝑖(𝑅𝑠)). Le banche ottengono i fondi richiesti per gli investimenti

dai depositanti pagando il tasso sicuro 𝜌.

L’imprenditore cercherà, data l’ipotesi di neutralità al rischio, cercherà di massimizzare il suo profitto 𝜋𝑖 = max[𝑅𝑠− (1 + 𝑟)𝐵, 0] e nel caso di insolvenza non otterrà alcun profitto. I suoi profitti attesi saranno dati dall’espressione: 𝐸𝜋𝑖 = 𝑝𝑖(𝑅𝑠)(𝑅𝑠− (1 − 𝑟𝑖)𝐵). Verranno

intrapresi quei progetti che garantiscono profitti attesi almeno pari al rendimento ottenuto investendo la ricchezza iniziale al tasso di interesse sicuro 𝜌, ovvero 𝐸𝜋𝑖 ≥ (1 + 𝜌)𝑊 o, in alternativa, 𝐸𝜋𝑖 − (1 + 𝜌)𝑊 ≥ 0. Tale espressione, così come l’equazione di profitti attesi, è crescente nella probabilità di successo 𝑝𝑖(𝑅𝑠) e ,da essa, è possibile ricavare il livello di

profitti attesi, e quindi il livello di probabilità di successo 𝑝̅ per l’imprenditore marginale, al di sotto del quale gli imprenditori non chiederanno debito, in quanto i progetti di investimento non saranno intrapresi poiché non convenienti.

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Così come in Stiglitz-Weiss, l’equilibrio che deriva dal modello è di tipo unificante, ed in tale equilibrio, i profitti attesi dalla banca tramite il contratto (𝐵, 𝑟) sono pari a:

𝐸𝜋𝐵= (1 + 𝑟)𝐵 ∫ 𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑓(𝑝 𝑖)𝑑𝑝𝑖 1 𝑝̅ + 𝑅𝑓∫ (1 − 𝑝 𝑖)𝑓(𝑝𝑖)𝑑𝑝𝑖 − (1 − 𝜌)𝐵 1 𝑝̅

dove 𝑝̅ è la probabilità di successo per cui vale che: 𝐸𝜋𝑖 = (1 + 𝜌)𝑊

Date queste assunzioni, De Meza e Webb concludono che un equilibrio con razionamento è impossibile, e di conseguenza l’unica soluzione possibile è che il tasso di interesse si attesti al livello in cui domanda di investimento eguagli l’offerta di fondi. Gli autori arrivano a questa conclusione con un ragionamento per assurdo. Se si suppone infatti che il tasso di interesse sia fissato al livello 𝑟′ tale che vi siano degli imprenditori per cui anche con 𝐸𝜋𝑖 > (1 + 𝜌)𝑊 venga negato il credito, si deve anche assumere che deve valere come

condizione necessaria per l’equilibrio con razionamento che in 𝑟′ 𝑑𝐸𝜋𝐵

𝑑𝑟 = 0, ovvero la

condizione per cui la banca massimizza i profitti in 𝑟′ e per cui non ha incentivo ad alzare il tasso di interesse. Tuttavia, se 𝑟 viene incrementato, la condizione di uguaglianza tra i profitti attesi dell’imprenditore dal progetto e l’investimento in asset sicuri non vale più, e per far sì che torni a valere, dato che le altre variabili sono fisse, è necessario che aumenti anche la probabilità marginale 𝑝̅. Di conseguenza un aumento del tasso di interesse non solo comporta un effetto reddito positivo derivante dalla maggiore entrati degli interessi, ma aumenta anche la probabilità di successo del progetto meno profittevole per il prestatore, escludendo quindi dal mercato gli imprenditori più rischiosi. Da ciò deriva che in 𝑟′ 𝑑𝐸𝜋𝐵

𝑑𝑟 > 0 e di conseguenza

tale tasso non può essere quello di equilibrio. Di conseguenza, se valesse per qualche imprenditore che 𝐸𝜋𝑖 > (1 + 𝜌)𝑊, la banca avrebbe incentivo ad aumentare 𝑟, perché così aumenterebbero i suoi profitti. L’unico equilibrio possibile è quello in cui l’ultimo imprenditore finanziato è anche l’ultimo a chiedere un prestito, cioè quello per cui

𝐸𝜋𝑖 = (1 + 𝜌)𝑊. Al corrispettivo livello di tasso di interesse così vale la condizione

𝑑𝐸𝜋𝐵

𝑑𝑟 = 0, in cui il beneficio marginale derivante dai maggiori ricavi per il credito eguaglia

la riduzione dei profitti per via della riduzione della domandata, i.e in equilibrio la domanda è uguale all’offerta. Con un ragionamento simile si dimostra che in equilibrio non si può avere un eccesso di offerta: se infatti il tasso di interesse a cui le banche concedono credito si colloca ad un livello superiore a quello in cui i profitti sono nulli, allora 𝑑𝐸𝜋𝐵

𝑑𝑟 > 0 e la

banca avrebbe profitti attesi positivi per ogni contratto. A causa di ciò, un altro operatore bancario avrebbe interesse a ridurre leggermente il tasso di interesse: una leggera riduzione

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dei profitti potrebbe infatti sempre controbilanciata da un’espansione adeguata del volume di credito. Pertanto, a causa di queste motivazioni, il tasso di interesse di deve collocare al livello che garantisce profitti nulli per la banca, ovvero al livello walrasiano.

Il risultato appena descritto non è l'unico dato rilevante nel lavoro di De Meza e Webb. Infatti, un aspetto cruciale (che dà anche il nome al documento) che essi sottolineano riguarda il livello degli investimenti. De Meza e Webb dimostrano che, al livello di equilibrio, se l’offerta di fondi non è decrescente in 𝜌, il livello investimento risulta essere superiore al livello ottimale di first best in un contesto di mercato competitivo. L’ottimo sociale, che corrisponde alla situazione di informazione distribuita in maniera simmetrica, presuppone che vengano finanziati tutti i progetti per i quali il rendimento atteso è superiore al rendimento sicuro, ovvero per i quali:

𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑓 ≥ (1 + 𝜌)𝐾.

Anche in questo caso gli autori dimostrano la loro proposizione per assurdo. Essi infatti suppongono, al contrario della loro proposizione, che il livello degli investimenti sia al di sotto o sia uguale al livello socialmente ottimo. In ragione di ciò, i prestatori richiederebbero un volume di depositi più basso, e di conseguenza il tasso sicuro sui depositi si collocherebbe ad un livello non più elevato rispetto a quanto sarebbe in caso di soluzione ottimale. Inoltre la probabilità di successo del peggior investimenti finanziato dagli operatori bancari sarebbe più alta del peggior investimento in caso di soluzione socialmente efficiente. Di conseguenza, per il progetto peggiore, in equilibrio si avrebbe che

𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝

𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑓 ≥ (1 + 𝜌)𝐾, e tale progetto marginale sarebbe quello che non

garantirebbe alcun profitto all’imprenditore, ovvero 𝑝𝑖(𝑅𝑠)(𝑅𝑆− (1 − 𝑟

𝑖)𝐵) = (1 + 𝜌)𝑊.

Considerando inoltre che 𝐵 = 𝐾 − 𝑊, queste due equazioni implicano per la banca che: 𝑝𝑖(𝑅𝑠)(1 − 𝑟

𝑖)𝐵 + (1 − 𝑝𝑖(𝑅𝑠))𝑅𝑓 ≥ (1 + 𝜌)𝐵, ovvero la banca otterrebbe profitto sul

progetto marginale. Tuttavia, se fosse così, allora essa avrebbe profitto su tutti i progetti migliori di quello peggiore, situazione che non si può verificare visto l’assunzione di equilibrio caratterizzato da profitti nulli per la banca. Pertanto, l’ipotesi iniziale di ridotti investimenti non può essere corretta e quindi, in equilibrio, gli investimenti devono eccedere

il livello socialmente ottimo.

Gli autori infine considerano anche la forma dei contratti di finanziamento dei progetti, supponendo che le imprese abbiano a disposizione sole due forme di finanziamento alternative consistenti in finanziamento interamente in equity e finanziamento interamente tramite debito. Essi dimostrano che con progetti che differiscono per rendimento atteso, la

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forma di finanziamento ottimale consiste nel contratto di debito. In questo caso, il ragionamento logico che porta a questa conclusione parte assumendo che in equilibrio siano possibili entrambe le forme di finanziamento. Sia 𝛼 la parte di rendimento che gli imprenditori ottengono quando finanziano il progetto con equity; sia invece (𝐵, 𝑟) il contratto di debito scelto dagli imprenditori che invece preferiscono finanziarsi tramite debito. In equilibrio, se le due forme coesistono, esisterà quindi un imprenditore marginale caratterizzato da una certa probabilità 𝑝𝑖 indifferente tra le due forme di finanziamento. Quindi, per 𝑝𝑖 = 𝑝̂ formalmente varrà che:

𝛼(𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝

𝑖(𝑅𝑠))𝑅𝑓) = 𝑝𝑖(𝑅𝑠)(𝑅𝑠− (1 − 𝑟𝑖)𝐵), la quale implica anche che la

stessa cosa avverrà per la banca, ovvero:

(1 − 𝛼)(𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝𝑖(𝑅𝑠))𝑅𝑓) = 𝑝𝑖(𝑅𝑠)(1 + 𝑟)𝐵 + (1 − 𝑝𝑖(𝑅𝑠)) 𝑅𝑓, ovvero che

la banca troverà indifferente il finanziamento del progetto tramite contratto di debito e il finanziamento tramite acquisto di equity.

Dalla prima equazione, quindi, si evince che, seppur entrambi i lati dell’equazione siano crescenti 𝑝𝑖, il lato destro aumenta di più del lato sinistro con l’aumento della probabilità di successo. Di conseguenza, tutti gli imprenditori che si caratterizzano per una 𝑝𝑖 > 𝑝̂ preferiranno finanziarsi tramite debito, mentre, al contrario, tutti quelli caratterizzati da una 𝑝𝑖 < 𝑝̂ preferiranno invece l’equity. Le banche, che quindi sanno che i progetti con equity

saranno quelli con 𝑝𝑖 ≤ 𝑝̂, mentre quelli con debito invece avranno 𝑝𝑖 ≥ 𝑝̂, sui progetti finanziati tramite debito si aspettano profitti attesi superiori al progetto marginale, mentre sui progetti finanziati tramite equity avranno dei profitti inferiori al progetto marginale. Una situazione del genere con profitti non è consistente con le ipotesi iniziali, in quanto gli operatori bancari hanno incentivo ad offrire i contratti di debito per via dei maggiori profitti. Di conseguenza muoveranno il tasso di interesse fino a far sì che la probabilità 𝑝̂ = 𝑝̅, cosicché tutti i progetti si finanzieranno tramite debito. Al contrario, nell’ambiente descritto da S-W e con un ragionamento analogo a quello fatto in precedenza, De Meza e Webb dimostrano che il capitale azionario emerge come la forma di finanziamento di equilibrio e il debito non viene utilizzato assolutamente. Ciò è dovuto al fatto che, quando i progetti sono finanziati da capitale azionario, essi sono tutti ugualmente profittevoli per una banca neutrale al rischio, e, per la stessa ragione, tutti gli imprenditori guadagnano dal proprio investimento esattamente lo stesso profitto atteso. Inoltre, un ulteriore risultato degli autori aumenta i dubbi sulla rilevanza pratica del fenomeno del razionamento. Se il finanziamento intero di progetti tramite equity diventa possibile all’interno dello scenario di Stiglitz-Weiss, allora la

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soluzione di socialmente ottima viene raggiunta. Infatti, in questo contesto, verranno intrapresi tutti quei progetti per i quali:

𝛼(𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝

𝑖(𝑅𝑠))𝑅𝑓) ≥ (1 + 𝜌)𝑊, da cui, per i finanziatori:

(1 − 𝛼)(𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝

𝑖(𝑅𝑠))𝑅𝑓) ≥ (1 + 𝜌)(𝐾 − 𝑊).

Utilizzando quest’ultima equazione, la prima può essere riformulata come: 𝑝𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑠+ (1 − 𝑝

𝑖(𝑅𝑠)𝑅𝑓 ≥ (1 + 𝜌)𝐾, che è per l’appunto la condizione che è rispettata

per il raggiungimento del livello di investimento socialmente ottimo.

5.2

La coesistenza dell’eccessivo finanziamento nel caso di equilibrio