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IL LANCIO DI UN NUOVO PRODOTTO: IL CASO "FANTASTIC DELITES"

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Premessa

In un contesto competitivo come quello attuale, in cui le imprese si confrontano con un numero straordinariamente elevato di competitors, nuovi entranti, consumatori sempre più esigenti e processi tecnologici in continua evoluzione per consentire di offrire prodotti via via più funzionali e competitivi, l’unica possibilità per sopravvivere è riuscire a percorrere la via della continua innovazione.

“Innovare, innovare ed innovare” è divenuta la mission fondamentale della maggior parte delle imprese. L’innovazione, infatti, anche nelle situazioni congiunturali di particolare difficoltà come quelle attuali permette di portare sul mercato prodotti o servizi in grado di soddisfare le aspettative dei consumatori o di crearne di nuove, capaci di differenziare l’azienda rispetto alla concorrenza. Il compito delle ricerche di marketing è, quindi, quello di agevolare il processo di sviluppo individuando le modalità per mezzo delle quali le aziende possano massimizzare la soddisfazione del cliente, minimizzare i costi di progettazione e produzione ed i tempi di commercializzazione.

Sono assai pochi i casi in cui le aziende possono permettersi di rinunciare ad innovare, ad esempio quando un’impresa possiede una marchio registrato che da solo dà valore al prodotto, nel caso di una ricetta segreta o se il bene commercializzato sfrutta una tecnologia matura, è difficile da sostituire e beneficia di una domanda pressoché costante (ad esempio: il petrolio).

La tendenza, quindi, è che la maggior parte delle imprese oggi dedica una buona parte delle proprie risorse alla ricerca, allo sviluppo ed al supporto di nuovo prodotti, cercando di ottenere una percentuale crescente del proprio fatturato da prodotti con meno di tre anni di vita, percentuale che in genere si aggira intorno al 25-30%1.

Certo è che in molti paesi (anche in Italia) le aziende al momento del lancio del nuovo prodotto, devono confrontarsi con la Grande Distribuzione Organizzata (in

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seguito GDO), si stima infatti che in media venga respinto dalla GDO circa il 50% dei nuovi prodotti lanciati dall’industria.

Le ragioni di tale atteggiamento di chiusura nei confronti delle “novità” spaziano dalla difficoltà di riuscire a produrre autentica innovazione in settori maturi come quello dei beni del largo consumo, all’esigenza da parte dei distributori di dare stabilità agli assortimenti e alla gestione logistica, alla propensione al rischio che è molto diversa tra l’industria e la distribuzione2.

Così un nuovo prodotto, pur essendo un buon prodotto corre assai spesso il rischio di essere rifiutato dai buyer e per questo di non riuscire ad affermarsi sul mercato.

Quindi, spesso i costi di sviluppo e lancio sempre più ingenti a fronte di una crescente incertezza circa gli esiti commerciali del prodotto, potrebbero indurre i produttori a ritenere che l’innovazione sia ormai accessibile unicamente ai gruppi multinazionali che riescono a centralizzare le funzioni di ricerca e sviluppo, riducendo i costi a livello di struttura unitaria ed ad utilizzare portafogli prodotti più vasti in modo da spalmare gli investimenti. Nella realtà tale squilibrio viene compensato dalla forte imprenditorialità e creatività delle piccole imprese. Inoltre, queste aziende sono preferite a quelle di grandi dimensioni nell’inserimento di referenze date che garantiscono margini più elevati e permettono una maggiore differenziazione dell’assortimento.

Altri vantaggi che le imprese possono trarre dai nuovi prodotti o servizi e che quindi contribuiscono alla spinta costante della creazione di nuovi, possono essere3:

• La creazione di entusiasmo e voglia di fare, rendendo il lavoro dei dipendenti più interessante e stimolante: questo motiva i dipendenti relativamente alle loro mansioni, e li incentiva a restare in azienda offrendogli gli stimoli necessari per non cercare di intraprendere nuove esperienze professionali altrove;

2 P. Bertozzi, I nuovi prodotti legano impresa e GDA, Mark up, ottobre 2003

3 J. A. Hall, Come lanciare un nuovo prodotto – L’arte e la scienza di vincere con la creatività, Sperling & Kuplfler Editori, 1997

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• Dare la possibilità alle imprese ed alle loro organizzazioni di vendita di rendere più salde le relazioni con la clientela e di crearne di nuove;

• L’effetto di trascinamento che i nuovi prodotti esercitano sull’intera linea dei prodotto dell’azienda, questo è importante specialmente nell’attuale situazione economica dove il risultato a breve termine è, spesso, determinante;

• L’occasione concessa all’impresa di controllare e correggere la validità della propria posizione nei confronti delle principali categorie professionali con cui è in contatto, quali dipendenti, clienti, fornitori, esponenti governativi ed investitori, che possono trarre vantaggio dai nuovi prodotti;

• Per non far regredire il settore e proponendo al contrari una crescita effettiva.

La mia tesi è strutturata in tre capitoli. Ho deciso di affrontare il lancio di un nuovo prodotto inizialmente a livello teorico supportandomi di testi e riviste e successivamente mettendo in pratica quanto appreso dalla letteratura effettuando ricerche di marketing sul lancio dei “Fantastic Delites”.

Più nello specifico, nel primo capitolo ho approfondito quali fossero i fattori principali del processo innovativo che spingono le imprese ad innovare ed innovarsi; nel secondo capitolo ho trattato a livello teorico le fasi di lancio di un nuovo prodotto dall’identificazione delle opportunità e della conseguente generazione di idee, ai testing di mercato al lancio effettivo del prodotto.

Il terzo capitolo tratta il caso “Fantastic Delites”, in questo capitolo ho svolto analisi di dati di tipo primario e secondario, trattando questi sia dal punto di vista quantitativo, attraverso l’analisi del questionari, sia da quello qualitativo attraverso lo svolgimento di interviste in profondità e cartoon test.

Ho avuto la possibilità di effettuare lo studio su un effettivo lancio di un prodotto grazie allo stage svolto alla Fantastic Foods S. r. L., per il quale ringrazio il dott. Francesco Galletti.

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Capitolo 1: Innovazioni

Paragrafo 1.1: I fattori principali di un processo innovativo

I fattori fondamentali attraverso i quali le imprese vengono condizionate nel loro processo innovativo sono:

1. il ciclo di vita dei nuovi prodotti;

2. la curva di adozione di un nuovo prodotto; 3. il ciclo di vita delle tecnologie.

Per ciclo di vita dei nuovi prodotti si intende la vita utile del prodotto, in termini di permanenza sul mercato, di durata variabile in rapporto all’ambiente nel quale l’azienda viene a trovarsi e al sistema competitivo che la circonda.

Il ciclo di vita di un nuovo prodotto è rappresentato dalla curva del ciclo di vita

di un nuovo prodotto che varia a seconda della domanda di quest’ultimo da parte

dei consumatori. Solitamente viene rappresentato con una curva logistica ( a forma di “esse”), dove si possono rilevare quattro fasi: introduzione, sviluppo, maturità e declino.

In un mercato quale quello attuale data la brevità dei cicli di vita dei prodotti, sarà un’azienda vincente quella che sarà in grado di realizzare un concept riducendo per quanto possibile la time line di sviluppo e quindi il time to market, evitando di arrivare troppo tardi sul mercato.

Nella teoria di Schumpeter le aziende attuano innovazioni radicali trovando nuovi prodotti che rendono obsoleti quelli già esistenti, oggi le aziende si focalizzano sulla rapida messa a punto di nuovi prodotti per difendere il loro spazio competitivo. Attraverso l’uso di software di design sempre più veloci, flessibili e modellabili alle diverse esigenze, con processi di sviluppo produttivo sempre più veloci e con l’information tecnology, le aziende hanno ridotto sia la lunghezza dei processi produttivi, sia il tempo richiesto per modificare la produzione a causa di cambiamenti o della domanda o di azioni effettuate dalla

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concorrenza. Il risultato è una velocizzazione di ordini e di spedizioni, una più veloce implementazione di concetti di nuovi prodotti, riduzione dei capitali, delle scorte e dei costi unitari. 4

Affinché il ciclo di vita di un nuovo prodotto possa essere uno strumento valido di diagnosi e revisione, deve poter consentire di stabilire quale è la posizione attuale del prodotto lungo la curva e capire quale è il momento di passaggio da

una fase all’altra.

Figura 1.1.Tasso di crescita e posizione del prodotto nel ciclo di vita (fonte: Wind, 1982)

La curva di adozione, invece, considera l’atteggiamento dei consumatori di fronte all’adozione. Possiamo individuare cinque possibili categorie di potenziali clienti5 rappresentabili con una curva gaussiana:

• innovatori;

4 J. Guiltinan, Creative destruction and destructive creation: environmental ethics and planned

obsolescence, Journal of businnes ethics, 2009

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• pionieri;

• maggioranza anticipatrice; • maggioranza ritardataria; • ritardatari.

Figura 1.2. Classificazione degli utilizzatori in base all’adozione delle innovazioni

Gli innovatori sono coloro che sono caratterizzati da una forte curiosità per quanto riguarda i nuovi prodotti e le novità di mercato in genere. Si stima che rappresentino circa i 2% della popolazione. Il consumatore innovatore dà lo stimolo al cambiamento e fa da “cavia” per i nuovi prodotti lanciati dall’azienda scoprendo i problemi e suggerendo all’azienda eventuali migliorie e cambiamenti (questo test si chiama beta test, mentre l’alfa test è quello effettuato in laboratorio prima del lancio del prodotto).

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I pionieri sono coloro che sono principalmente attratti dall’utilità in termini di utilizzo pratico del prodotto. Sono meno propensi al rischio e meno razionali degli innovatori.

La maggioranza anticipatrice è costituita da coloro che hanno una propensione al rischio bassa e che usufruiscono del prodotto solo quando sono convinte dei suoi benefici ed il prezzo inizia a scendere.

La maggioranza ritardataria è formata da persone fortemente attente al prezzo, alla marca ed alle garanzie di qualità.

I ritardatari sono coloro che si avvicinano al prodotto solo quando oramai questo è entrato a far parte della prassi comune.

I concetto del ciclo di vita delle tecnologie prende si riferisce a quei prodotti che non sono nati come necessità del mercato bensì come frutto di processi produttivi.

Può essere scomposto in quattro fasi principali:

• fase primitiva: investimenti consistenti e scarsi progressi • fase esplorativa: i progressi divengono più concreti

• fase del massimo rendimento: elevate performance del prodotto

• fase del declino: si diminuiscono gli investimenti in ricerca e sviluppo

Paragrafo 1.1.1: Definizione del concetto di innovazione

Il concetto di innovazione è di difficile definizione, nel suo trattato sulla diffusione dell’innovazione, Rogers (1995) definisce l’innovazione “come un’idea, una pratica, un oggetto che è percepito come nuovo da un individuo o da un’altra unità di adozione”.

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Robertson (1971) invece distingue tra innovazione continua e discontinua considerando un cambiamento marginale nello schema di consumo nella prima e la creazione di un nuovo schema di consumo nella seconda.

Hirschman (1981) fa una distinzione tra innovazione simbolica e tecnologica, dove la prima introduce nuovi significati e la seconda aggiunge nuove caratteristiche alla categoria di prodotto.

Dewer e Dutton (1986) effettuano una distinzione tra innovazione radicale o incrementale, valutando le innovazioni apportate dalla novità.

Tuschman e Anderson (1986) distinguono le innovazioni che distruggono le competenze da quelle che estendono le competenze esistenti, le prime rendono obsoleta quella categoria di prodotti che è già sul mercato, mentre le seconde richiedono alle aziende che sono sul mercato detentrici dei prodotti in questione di mettersi “al passo coi tempi”.

La visione più chiara e forse la più utile per capire quali sono i compiti di un’azienda è quella che distingue le innovazioni per l’impresa, quando questa introduce sul mercato un nuova offerta in una categoria merceologica già definita, dalle innovazioni in senso stretto che rappresentano sia un’effettiva novità sia per l’impresa che per il mercato.

Nel primo caso l’innovazione riguarda aspetti marginali di un certo prodotto quali la marca, il pack, il prezzo o certe prestazioni, quindi per l’azienda può essere un’estensione della linea di prodotti o l’introduzione di una categoria merceologica per lei nuova, comunque sia si cerca di soddisfare un bisogno nascente o di soddisfare meglio un prodotto esistente.

Nel secondo caso invece, si devono distinguere le innovazioni che sono una reale novità rispetto a quelle che sono un’applicazione diversa di tecnologie già esistenti.

Dobbiamo quindi considerare se rispetto all’offerta aziendale i nuovi prodotti costituiscono un’estensione di linea un’estensione di categoria o un nuovo brand.

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L’estensione di linea è la tipica estensione che si ha quando l’azienda adotta un prodotto che ha successo su mercato, in questo caso le aziende devono stare ben attente ad un’eventuale cannibalizzazione dei prodotti esistenti.

L’estensione di categoria si ha quando l’azienda decide di effettuare la propria entrata in un altro mercato facendo leva sulla propria forza di marca.

Ad esempio Johnson & Johnson è passata con il brand Johnson’s Ph 5,5 dai bagni schiuma ai deodoranti6.

Si parla di nuovo brand quando l’azienda introduce un nuovo marchio, questo richiede investimenti di marketing molto cospicui.

Altra distinzione può essere fatta in relazione al mercato, classificando quindi prodotti breack through, new improved e riposizionamenti.

I breack through sono i prodotti nuovi in assoluto, prodotti mai esistiti sul mercato che generano un mercato completamente nuovo.

I new improved sono invece quei prodotti ai quali sono stati apportati dei miglioramenti e dei cambiamenti per migliorare le sue prestazioni per renderli più efficienti e più attraenti rispetto al prodotto precedente.

Il riposizionamento invece si ha nel caso in cui l’azienda decida di riferirsi ad un pubblico diverso rispetto a quello a cui si era riferita sino a quel momento.

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Paragrafo 1.2: Approccio razionalista ed approccio cognitivo nello sviluppo di nuovi prodotti

Esistono due principali scuole di pensiero relativamente al lancio di nuovi prodotti, queste spiegano due diversi approcci dell’azienda al lancio:

• Approccio razionalista; • Approccio cognitivo.

Paragrafo 1.2.1: Approccio razionalista

Secondo questo approccio il processo innovativo viene ripartito in una serie di fasi relative alle principali attività da svolgere per trasformare un’idea innovativa in un prodotto finito. Presenta quindi una struttura organizzata costruita intorno ad una serie di fasi separate da punti di controllo che inducono il progetto ad andare avanti o indietro a seconda del raggiungimento o meno di requisiti minimi di ogni fase.

Figura 1.3. Esemplificazione dell’approccio razionalista al processo di sviluppo di nuovi prodotti

Il processo è caratterizzato in due punti principali, uno che struttura il processo in modo da essere costituto da un insieme di fasi strettamente sequenziali, l’altro è

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quello di presentare un tendenziale isomorfismo tra l’impresa e l’ambiente, che è evidenziato dalla fase iniziale di monitoraggio ambientale.

La configurazione del primo punto fonda le sue radici nel management scientifico e nella scuola comportamentista.

Il management scientifico trova le sue origini nel Taylorismo ed è rappresentato dalla presunzione dell’esistenza di una one best way con cui è possibile organizzare qualsiasi tipo di attività esecutiva.7

Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto viene definito in una sequenza precisa di fasi: idea, design, produzione, marketing, vendite, sviluppo.

Questo susseguirsi rigido di azioni evoca la concezione del processo quale catena di monitoraggio di una fabbrica fordista.

Dalla scuola behaviorista è possibile trarre le seguenti due implicazioni ai fini dell’organizzazione per lo sviluppo di nuovi prodotti:

• l’analisi del grado di soddisfazione relativo allo stato di avanzamento del progetto a ogni stadio in cui viene articolato il processo innovativo;

• la configurazione sequenziale conferita all’organizzazione dal processo. Quindi entrambe le scuole, cioè sia quella relativa al “management scientifico” sia “la scuola behaviorista”, vedono l’innovazione come risoluzione di un problema, caratterizzata da step da percorrere per raggiungere la soluzione.

L’approccio razionalista è perciò caratterizzato dalla sequenzialità delle azioni o degli obiettivi raggiunti.

7 S. Castaldo, G. Verona, Lo sviluppo di nuovi prodotti, Teorie ed analisi empiriche di una prospettiva

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Paragrafo 1.2.2: Approccio cognitivo

Questo approccio affonda le proprie origini nelle mutate condizioni in cui le aziende hanno iniziato a vivere nel corso degli anni ottanta, condizioni quali, la crescente complessità ambientale ed organizzativa e l’affermazione di una stato di ipercompetizione a livello settoriale.

Le peculiarità del processo innovativo concepito secondo questo approccio si riferiscono ai processi che favoriscono l’apprendimento organizzativo e che si focalizzano:

• sul processo di sperimentazione quale motore volto alla generazione di nuova conoscenza;

• sulle competenze aziendali quali meccanismi di integrazione e trasferimento della conoscenza organizzativa (configurando una struttura del processo che permetta di integrare le diverse competenze in modo da far sì che il loro impiego congiunto conduca alla realizzazione di un nuovo prodotto).

Questo processo quindi non contempla un elenco di azioni che devono susseguirsi l’una all’altra, bensì un modello di apprendimento adattivo di learning in process.

Tende quindi continuamente a favorire la sperimentazione sia nel corso del processo, sia in ambienti nuovi rispetto a quelli consuetudinari nei quali l’azienda si trova e a favorire i processi di auto-osservazione per identificare e percepire gli stimoli che provengono dal mercato.

Le aziende naturalmente non attuano una vera e propria scelta tra i due approcci, e pur seguendo una sorta di percorso costituito da un susseguirsi di fasi, fanno dell’ambiente esterno il loro cardine, considerando costantemente i pareri e le necessità dei consumatori, effettuando analisi del mercato praticamente in ogni fase del processo di realizzazione di un nuovo prodotto.

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Capitolo 2: Il processo di sviluppo dei nuovi prodotti

Paragrafo 2.1: Le fasi di lancio di un nuovo prodotto

Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto segue un susseguirsi di fasi che possono essere ricondotte principalmente a cinque:

1. identificazione delle opportunità e generazione delle idee; 2. sviluppo del concetto;

3. design del prodotto; 4. test di mercato; 5. lancio.

Si tratta di una combinazione di operazioni che integrano aspetti legati all’innovazione in senso stretto con la programmazione di marketing per il lancio, il tutto sorretto da meccanismi di coordinamento, necessari per rendere strutturato e formalizzato il processo, e facilitarne la ripetizione nel tempo.

Tuttavia, questo modello di tipo sequenziale non è sempre adatto a descrivere compiutamente il processo di sviluppo di un nuovo prodotto, specialmente quando il numero dei lanci e la compressione del time to market diventano variabili critiche per il vantaggio competitivo.

Paragrafo 2.2: Identificazione delle opportunità e generazione di idee

L’identificazione delle opportunità e la generazione delle idee è la prima fase da effettuare quando un’azienda decide di lanciare un prodotto. Obiettivo di questa fase sarà individuare un prodotto/soluzione che si ponga all’intersezione del

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sistema di preferenze del cliente e delle capacità tecnologiche ed organizzative dell’impresa.

Il principale contributo che le ricerche di marketing danno in questa fase è quello di effettuare un ascolto accurato del cliente e di tradurre ciò che questo dice in un “linguaggio aziendale” che possa quindi essere utilizzato dal team aziendale è preposto all’esecuzione del lancio.

Nel far questo si deve tener conto del fatto che le preferenze sono ancora instabili e suscettibili di eventuali evoluzioni, che la veridicità delle comunicazioni che vengono fatte al team può essere filtrata da vincoli di natura sociale, che una tecnica di indagine può essere percepita come intrusiva, che la voce del cliente può essere inavvertitamente distorta dagli stessi ricercatori e da i loro pregiudizi.8 I focus groups ideativo - creativi (hanno lo scopo è sfruttare le potenzialità immaginative dei partecipanti al fine di generare nuove idee) sono uno strumento di elezione nel processo di generazione di nuove idee di prodotto e il ricorso a questi rappresenta oggi una pratica estremamente diffusa, sia nei mercati industriali sia nei mercati di largo consumo. Pur essendo molto utili, esistono casi in cui la struttura intrinseca del focus group produce effetti disfunzionali rispetto all’obiettivo: le norme sociali interne al gruppo, o le dinamiche di interazione fra i soggetti partecipanti, rendono talvolta più complessa o addirittura impediscono, l’esplicitazione di particolari categorie di bisogni, spesso legati alla sfera privata dell’individuo.

In alternativa ai focus group, o in affiancamento a questi, molte imprese ricorrono ad un’analisi delle esperienze in uso, ovvero ad interviste in profondità condotte su base individuale in cui il cliente è invitato a descrivere la propria esperienza di utilizzo della classe di prodotto indagata.

L’osservazione partecipante per identificare le opportunità di sviluppo dei nuovi prodotti, si basa sul presupposto che indipendentemente dalla quantità di interviste effettuate ed informazioni raccolte, alcuni suggerimenti possono essere

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colti soltanto attraverso l’osservazione del cliente all’interno del suo territorio abituale di vita e di lavoro. La tecnica prevede che il ricercatore si cali integralmente nell’esperienza d’uso del prodotto da parte di consumatori abituali, studiandola per un tempo sufficiente a far emergere i possibili inconvenienti e a raccogliere le emozioni ad essi correlate e il loro impatto sul vissuto del cliente. L’indagine contestuale si ha, quindi, quando una componente del team di sviluppo conduce un’intervista in profondità con il cliente nel momento in cui questo utilizza concretamente il prodotto (Molteni, Troilo, 2003, pp. 454 ss.). Spostando l’attenzione sui bisogni impliciti ed inespressi è di interesse rilevante

l’analisi della catena dei benefici, cioè una lista di attributi ricercati in un nuovo

prodotto. Si tratta di una semplice premessa all’intervista in profondità, l’obbiettivo diventa la comprensione del perché i clienti sviluppino determinati bisogni.

La teoria mezzi- fini (Gutman, 1982) è forse la formalizzazione dell’approccio precedente. Considera i legami esistenti fra gli attributi di un prodotto (i mezzi), le conseguenze (i benefici che il cliente trae dalla presenza di determinati attributi) e i valori personali che i benefici contribuiscono a rinforzare (i fini). I clienti ricercano prodotti con determinate caratteristiche che risultino strumentali all’ottenimento di determinati benefici.

Il laddering costituisce una particolare tecnica di intervista in profondità utilizzata per far emergere le suddette associazioni. Queste reti di associazioni o ladder, forniscono al team di sviluppo una visione più ricca ed approfondita delle dimensioni percettive utilizzate dai clienti per raggruppare e categorizzare le differenti varietà di prodotto interne alla medesima classe e le sottostanti motivazioni di acquisto. Il nuovo prodotto sarà quindi ideato in base alla comprensione delle dimensioni psicologiche.

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Anche Internet è un supporto per effettuare ricerche di mercato, questo si ha attraverso la realizzazione di focus group on-line, permettendo quindi di superare eventuali barriere geografiche e di distanze, attraverso l’information pump si ha la possibilità di valutare la qualità e la coerenza dei commenti effettuati dai partecipanti ai focus group. La qualità di questi contributi è giudicata sia da un giudice esterno, sia dai membri del focus group.

Paragrafo 2.3: Sviluppo del concetto

Le idee generate nella prima fase dovranno essere selezionate e sottoposte ad una scrematura in termini di applicabilità ed di redditività che l’impresa si propone di ottenere.

A questo punto è possibile seguire due approcci diversi, da una parte vi sono aziende che seguono un metodo tradizionale e definiscono i programmi di rinnovamento dei prodotti ed innovazione di portafoglio a partire dalle conoscenze e dalle risorse possedute. Ciò che viene posto in primo piano sono l’innovazione e le competenze aziendali necessarie, solo successivamente viene associata la dimensione di mercato, ovvero le esigenze dei clienti9; dall’altro ci sono coloro che adottano un metodo antitetico, che definisce i programmi di innovazione a partire dai bisogni che esprime il mercato.

Mentre il secondo approccio segue una visione market oriented (demand pull), il primo approccio (thecnlogy push), identifica il target a cui indirizzare il nuovo prodotto, solo dopo averlo concepito, è criticabile perché non è contestualizzato al mercato, presenta dei punti deboli, cioè:

• il target dell’innovazione potrebbe non coincidere con il mercato elettivo dell’azienda e con le strategie aziendale definite al vertice;

• le esigenze rilevate dal mercato possono non trovare sufficienti competenze tecnologiche all’interno dell’azienda o comunque possono essere difficilmente metabolizzabili dall’organizzazione;

9 Giancarlo Nadin, Il dialogo fra l’azienda ed il mercato per lo sviluppo di nuovo prodotti, Sistemi ed impresa, n° 6, 1999

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• le esigenze del cliente sono spesso stimolo per modifiche di prodotti attuali ma difficilmente inducono a vere e proprie innovazioni forti.

Deve quindi esistere un’intermediazione fra la valutazione della dimensione delle competenze aziendali e la valutazione della dimensione del mercato.

Secondo Nadin, questa convergenza potrà avvenire in condizioni di comunicazione che privilegino:

- un approccio interattivo (come): si tratta dell’orientamento dell’azienda a concepire idee, formularle e verificarle all’esterno accettando i suggerimenti derivanti dal mercato. Il successo di questo approccio consiste nel creare un circolo virtuoso che induca l’avvicinamento e la sovrapposizione delle esigenze di mercato e di quelle aziendali;

- la molteplicità dei soggetti messi in gioco (chi): prende in considerazione o principalmente i concorrenti o i concorrenti e i consumatori, a seconda che si tratti di prodotti guidati dalla competizione o prodotti focalizzati sul cliente. Altre volte saranno chiamati a collaborare i fornitori o i singoli fornitori appartenenti alla catena distributiva. I collaboratori nel processo di sviluppo di un nuovo prodotto dovranno essere o rappresentativi del mercato di riferimento dell’innovazione, o in grado di contribuire attivamente e positivamente al perfezionamento dell’innovazione, o organizzazioni che hanno orizzonti di crescita considerevoli, o leader di tecnologia e di mercato.

- la molteplicità di oggetti nel dialogo (che cosa): consiste nell’identificazione di modalità idonee a trasferire al mercato e apprendere da quest’ultimo le caratteristiche che definiscono il

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concetto di prodotto. Il processo di innovazione quindi impone che lo scambio e l’interazione con il mercato siano mediati da oggetti attraverso i quali far emergere i bisogni e le aspettative di mercato per convertirli poi in innovazioni di prodotto. Questa è la logica che sta alla base del Qualità Function Deployement (QFD) che rileva e mette in relazione i bisogni dei clienti, le funzioni che deve soddisfare il prodotto per soddisfare i bisogni, i componenti di prodotto che realizzano le funzioni.

Prendiamo in considerazione il secondo approccio che sottopone al giudizio di mercato le idee generate che è quello che più ci interessa dal punto di vista del marketing, in questo caso le idee dovranno essere tradotte in concetti di prodotti (concept).

Un concept può essere definito come la descrizione sintetica, in forma scritta (ed eventualmente visiva), dell’idea di un nuovo prodotto; definisce le principali caratteristiche e i benefici che ne trarrà il potenziale acquirente.10

Un concept di prodotto indirizza la questione su quanto il prodotto incontrerà i bisogni degli stakeholder, descrivendo di solito attraverso una guida con un modello di albero tridimensionale e attraverso alcuni testi generali, quale tecnologia e quale forma di prodotto verrà utilizzata.11

Un concept di prodotto solitamente è un documento breve realizzato nei punti seguenti:

- consumer insight: evidenzia un problema che è alla base della soluzione promessa. Dimostra da parte dell’impresa la comprensione dei bisogni del consumatore;

10 C. A. Pratesi, G. Mattia, Piano Marketing dei nuovi prodotti, Mc Graw-Hill, Milano, 2002

11 M. Iansiti, New Product Development, second edition, Businnes Foudamentals from Harverd Businnes School Publishing, Fellows of Harvard College, 2002

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- benefit: è la promessa che l’impresa fa ai consumatori di risoluzione di un loro problema;

- reason why: spiega e giustifica la promessa fatta attraverso spiegazioni ed informazioni più dettagliate relativamente alle specifiche del prodotto;

- Key elements: descrizione degli elementi chiave che influenzeranno la percezione del prodotto, rinforzando la premessa e la credibilità del concept (ad esempio: il brand, la testimonianza di un opinion leader, il vantaggio rispetto ai concorrenti)

- Wrap up: è un riassunto che spiega al consumatore come le sue esigenze saranno soddisfatte attraverso l’utilizzo di quel prodotto.

Pratesi e Mattia sostengono che il documento perché possa essere utilizzato in ogni fase del test è bene che tenga conto di determinati accorgimenti, dato che dovrebbe essere letto per un lasso si tempo non superiore ai trenta secondi:

- è consigliabile usare come supporto una pagina formato A4 con caratteri neutri, di corpo grande, in colore nero;

- è meglio usare un solo carattere in modo da non generare distrazioni in colui che sta leggendo;

- le informazioni devono essere raccolte in blocchi ciascuno contenente uno specifico messaggio;

- quando possibile il benefit dovrebbe introdurre il concept ed essere scritto in grassetto così da attirare l’attenzione del lettore;

- sintassi e parole del concept devono essere semplici e con frasi brevi, non utilizzando tecnicismi, ma utilizzando il linguaggio del consumatore;

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- la promessa non deve essere eccessivamente enfatica;

- i concept di brand esistenti dovrebbero indicare se il prodotto costituisce una sostituzione o una line extension;

- il brand deve essere ben visibile.

Il successo di un’azienda sta nel non focalizzarsi su un’unica idea e quindi sulla creazione di un unico concept ma piuttosto nel portare avanti strutturalmente più idee.

A seconda che l’idea di prodotto sia stata concepita a livello teconology push o demand pull, si hanno dei cambiamenti.

In generale i concept che nascono all’interno dell’azienda danno vita più facilmente a prodotti breakthrought, dato che i consumatori per loro natura non sono innovativi, quindi quando si dà ascolto esclusivamente alle ricerche di mercato si rischia di immettere sul mercato prodotti poco innovativi.

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Figura 2.1. Circostanze sotto le quali le ricerche di mercato possono ostacolare lo sviluppo di nuovi prodotti

(fonte: The role of market research in the development of discontinuous new

product, Paul Trott)

Il grafico sopra riportato mostra come per certi prodotti fossilizzarci esclusivamente sulle ricerche di mercato possa essere dannoso.

Allo stesso tempo Trott dice che molti nuovi prodotti che vengono inseriti dalle aziende sul mercato falliscono perché non soddisfano le esigenze ed i bisogni dei consumatori. Molti studi dimostrano che l’ottanta per cento dei nuovi prodotti immessi sul mercato fallisce dopo due anni. Quindi come si può vedere dal grafico sopra riportato le ricerche di mercato non saranno utili nel caso in cui potenziali consumatori non siano in grado di capire l’innovazione di prodotto, specialmente se si tratta di un mercato non ancora esistente, inoltre i consumatori hanno spesso difficoltà ad articolare i loro bisogni. Quindi perché un prodotto sia accettato dal mercato dovrà essere accettato da una serie di attori che interverranno nel processo, questo varrà in particolar modo per i beni industriali, nei quali i buyer avranno un’importanza molto più rilevante rispetto a quella dei consumatori

Trott quindi assume che:

• la bassa simmetria di informazioni tra buyer e consumatore limiterà l’uso delle ricerche di mercato: questo perché nei prodotti con simmetria di informazione scarsa i consumatori avranno difficoltà a capire e a comprendere le specifiche del prodotto, l’opposto vale per i prodotti dove la simmetria di informazione è molto alta, in questo caso il parere dei consumatori assumerà un’importanza rilevante, questi infatti saranno capaci di esplicare le proprie necessità e di suggerire all’azienda dei bisogni aggiuntivi o delle caratteristiche che il prodotto dovrebbe avere alle quali l’azienda non aveva pensato o non aveva dato il giusto peso;

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• un alto installed base effect limiterà l’efficienza piena di qualsiasi ricerca di mercato. Per installed base effect si intende l’effetto totale che ha o una tecnologia esistente o un prodotto di tendere a precludere o rallentare molto l’adozione di una nuova tecnologia o di un nuovo prodotto. Questi effetti fungono da barriere artificiali di adozione che possono diventare insormontabili per alcune innovazioni anche se socialmente efficienti o molto vantaggiose.

Quindi nel primo quadrante troveremo una simmetria informativa alta e l’installed base effect alto, le ricerche di mercato saranno effettuate attraverso la raccolta di informazioni dai consumatori che costituiranno il target al quale l’azienda si riferirà. I “lead users”, cioè quei consumatori che presentano bisogni sempre nascenti e più forti rispetto agli altri consumatori e che acquisiranno l’innovazione nell’arco di due mesi o un anno dall’introduzione di questa sul mercato, saranno la quindi molto utili per effettuare le ricerche e saranno un forte punto di riferimento per l’azienda che decide di lanciare un nuovo prodotto. Nel secondo quadrante troveremo quelle innovazioni per le quali le ricerche di mercato potranno ostacolare il loro sviluppo e potranno portare l’azienda a scoperte sbagliate. Qui può invece essere più proficuo educare e convincere i buyer relativamente ai benefici del nuovo prodotto, per le innovazioni che possono essere collocate in questo quadrante le aziende avranno un risultato migliore se si focalizzeranno su come spiegare ai consumatori quali sono le caratteristiche intrinseche e prestazionali del prodotto. Qui infatti, data la scarsa simmetria di informazioni, i consumatori troveranno difficile articolare i loro bisogni. Per avere una previsione di gradimento del prodotto sarà quindi utile informare il buyer relativamente alle performance tecnologiche e funzionali del prodotto.

Nel terzo quadrante, le ricerche di mercato potranno difficilmente aiutare l’azienda, quest’area è dominata da acquirenti industriali, qui l’information

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tecnology assume un ruolo fondamentale. La simmetria informativa e l’”installed base effect” sono alte.

Nel quarto quadrate le ricerche di mercato non saranno in grado di aiutare l’azienda. La simmetria informativa sarà bassa e l’”installed base tecnology” alto. I principali punti di forza in questo caso saranno il prezzo, la distribuzione e l’organizzazione interna.12

Paragrafo 2.3.1: Ricerche qualitative e quantitative per i beni di largo consumo

Principalmente la ricerca di mercato potrà essere utilizzata per i beni di largo consumo, dove quindi il consumatore sarà perfettamente in grado di aiutare l’azienda attraverso l’esplicazione delle sue necessità.

L’azienda quindi si avvarrà di strumenti sia di natura qualitativa che quantitativa per raccogliere idee dal mercato che potranno esserle utili per lo svolgimento della sua ricerca e l’ottenimento di risultati.

I principali strumenti saranno:

• le ricerche quantitative sugli usi e le propensioni di consumo (le cosiddette Usages & Attitudes);

• indagini qualitative esplorative;

• gli studi sulle tendenze della domanda; • l’analisi della concorrenza.

Le indagini Usages & Attitudes

Sono analisi quantitative sugli atteggiamenti di consumo all’interno di uno specifico business, che le principali imprese che operano sul mercato di beni di largo consumo commissionano agli istituti di ricerche di mercato ogni due o tre

12 Paul Trott, The role of market research in the development of discontinuous new product, European Journal of innovation management, Volume 4, n°3

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anni (massimo quattro). Sono indagini molto approfondite che analizzano tutti gli atteggiamenti di consumo e di acquisto all’interno di un determinato mercato. Vantaggi principali delle Usages & attitudes sono che le informazioni sono di ampio raggio e a differenza di altre indagini di settore non vengono condivise con i concorrenti.

Possono essere svolte o attraverso questionari attraverso il metodo del diario, che prevede la registrazione da parte degli intervistati di tutte le loro attività di acquisto e di consumo relativamente ad una certa categoria di prodotti, per un periodo di tempo limitato.

Attraverso le Usages & Attitudes l’azienda può acquisire una serie di informazioni importanti circa:13

• le dinamiche della categoria;

• i modelli di comportamento di acquisto; • il profilo dei consumatori heavy users; • i principali bisogni dei consumatori; • la frequenza d’uso dei prodotti; • le aspettative;

• il confronto con la concorrenza.

Analizzando le varie tipologie di consumatori, segmentandoli per il tipo di beneficio ricercato e per il posizionamento di vari prodotti già esistenti, è possibile individuare le opportunità di sviluppo.

Anche se questa analisi è molto importante e permette di scoprire i consumer insight del momento, se le aziende si soffermassero a questo tipo di analisi correrebbero il rischio di focalizzarsi prevalentemente sullo studio di uno sviluppo di prodotti a basso contenuto di innovazione, cioè di tipo me too (quando si tratta di vere e proprie innovazioni o di tipo second but better, cioè nel caso in cui l’azienda riuscisse a sviluppare un prodotto con performance più elevate rispetto alla concorrenza).

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Indagini qualitative esplorative

Sono organizzate più di frequente rispetto alle Usages & Attitudes. La tecnica più usata sono i focus groups (riunire un gruppo limitato di consumatori, tra 8 e 12, per discutere sotto la direzione di un moderatore su un certo prodotto o un particolare comportamento di acquisto).

Sono una tecnica molto usata anche perché non è molto impegnativa in termini economici e consentono alla forza marketing di acquisire una serie di stimoli semplicemente ascoltando le abitudini di consumo dei consumatori; quindi non avendo ancora in mente ipotesi da verificare, saranno consumer insight nuovi concept a emergere direttamente dall’interazione dei partecipanti al focus group. Solitamente i passi per la generazione di concept attraverso le analisi qualitative esplorative possono essere i seguenti:

• scelta del tipo di prodotti o della categoria di prodotti nella quale l’azienda intende ricercare opportunità di innovazione;

• individuazione di un gruppo di consumatori assidui a questo prodotto; • interviste e discussioni guidate con tali utilizzatori per individuare

possibili problemi legati all’uso del prodotto, eventuali esigenze insoddisfatte, suggerimenti e proposte di nuovo concept;

• sintesi e classificazione delle informazioni emerse per ordine di importanza e coerenza con le strategie innovative dell’azienda.

I consumatori innovatori saranno indispensabili per valutare idee di prodotto, ma non per valutare concept nuovi, infatti in ambito di un focus group la presenza di questo tipo di consumatori fuorvierebbe i risultati della ricerca in quanto i risultati sarebbero depurati dalle resistenze al cambiamento tipiche dei consumatori tradizionali.

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Figura 2.2. Previsione della performance di mercato dei nuovi prodotti

Gli studi sulle tendenze della domanda

Le aziende non dovranno focalizzarsi unicamente sull’analisi dei singoli consumatori e dovranno andare oltre al semplice miglioramento di prodotti esistenti, dovranno assumere una prospettiva più ampia e focalizzarsi ed osservare cosa sta accadendo negli stili sociali e di consumo ed anche nei settori distanti da quelli in cui opera l’azienda.

Dovranno quindi avvalersi di istituti di ricerca specializzati pubblici ( ad esempio, Istat, Censis ecc..) o privati (ad esempio, Eurisko o GPF&A).14

Queste ricerche permettono di vedere quando un fenomeno si sia verificato in un dato mercato e l’intervallo temporale che impiega a spostarsi in un altro ed in un altro ancora.

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Il confronto con la concorrenza

In alcuni casi le aziende possono semplicemente arrivare ad un nuovo concept semplicemente replicando le caratteristiche fisiche di un prodotto già presente sul mercato e accostandole alla propria marca.

Il concept che si appresta ad entrare in un nuovo mercato già dominato da un leader può essere caratterizzato da diversi aspetti15:

• migliore performance del prodotto, non solo in termini di funzione d’uso ma anche dal punto di vista del servizio, ad esempio offrendo un customer service adeguato.

• Prezzo più basso, essendo più competitivi sullo stesso target ma anche per allargare la domanda a fasce di consumatori che prima non avrebbero acquistato il prodotto a causa del prezzo eccessivo del prodotto. Il prezzo più basso permetterà così all’azienda di conquistare la maggioranza ritardataria. Questo porterà ad una riduzione dei margini, quindi sarà adatta per coloro che potranno vantare costi minori. La riduzione del prezzo può riguardare anche soltanto il trade, in questi casi si parla di una strategia push, cioè di attività che mirano a spingere il prodotto lungo il canale, in modo da attrarre il consumatore presso il proprio brand.

• Diverso target, o posizionamento diverso nell’ambito dello stesso segmento di domanda, o orientamento verso una nicchia di domanda non servita con sufficiente attenzione.

• Maggiore o migliore comunicazione: il più delle volte, a meno che non si tratti di un prodotto con una performance significativamente migliore (anche nella percezione del cliente), una comunicazione più efficace è frutto di un maggiore investimento nei media o della ideazione di un messaggio più convincente

Lo studio della concorrenza viene generalmente attuato con l’attività di marketing intelligence, che mira a raggruppare tutte le iniziative tese a

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raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sulle altre aziende presenti sul mercato.

Il marketing intelligence diviene indispensabile quando l’impresa agisce in un mercato dove i concorrenti sono numerosi, dove la domanda cresce poco e la tecnologia di prodotto è stabilizzata e dove i prodotti sono scarsamente differenziabili gli uni dagli altri o se hanno raggiunto lo stato di maturità.

In questo mercato non si rilevano forti incrementi di nuovi utilizzatori.

Ci sono tre macro raggruppamenti di fonti informative che possono essere utilizzati nell’attività di marketing intelligence16:

1. Fonti primarie: • Clienti; • Forza di vendita; • Distributori e dettaglianti; • Fornitori; • Banche; 2. Fonti secondarie:

• Giornali, periodici, stampa personalizzata; • Bilanci depositati;

• Comunicato stampa; • Pubblicità;

• Materiale promozionale (brochure, depliants ecc.); • Associazioni di categoria; • Studi di settore; • Consulenti; 3. Fonti complementari: • Fiere di settore; • Altre fonti.

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Elementi principali nella scelta delle diverse tipologie di informazione individuate va essenzialmente ricercata nel costo e nella facilità di reperimento. Dalla valutazione di queste informazioni è possibile valutare l’intensità competitiva all’interno di ciascun segmento, potendo quindi testare l’esistenza di target meno serviti e il posizionamento di prodotto adottato ad ogni concorrente.

Paragrafo 2.3.2: Concept testing quantitativi

Le ricerche quantitative servono a verificare quanto le ipotesi, spesso derivanti da indagini qualitative, trovano riscontro nella realtà; permettono cioè di misurare il fenomeno osservato.

Si basano sulla somministrazione di questionari ad hoc a un campione statisticamente rappresentativo di persone e sulla successiva elaborazione dei dati con opportune tecniche di analisi.

I concept che emergono come più interessanti saranno quindi sottoposti a test quantitativi, al fine di misurare attraverso alcuni parametri di sbarramento le loro eventuali potenzialità.

Di solito i parametri di sbarramento sono17: • La comprensione del concept; • La rilevanza dei benefici; • L’intenzione ad acquistare; • L’unicità del prodotto; • La credibilità del prodotto;

• Il value of money, cioè quanto il prezzo del prodotto è considerato rilevante rispetto alle sue specifiche;

• La presenza di eventuali dislekes che inficerebbero il processo di acquisto del prodotto in questione;

• La coerenza con il brand.

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Una volta che l’azienda ripone buone speranze relativamente al potenziale successo del concept del proprio prodotto, solitamente effettua cinque test fondamentali in particolar modo per le aziende di largo consumo, che sono i seguenti:

• Test di prodotto: è un test di natura essenzialmente qualitativa. Aiuta a comprendere come i consumatori giudicano il prodotto e mette in luce quali sono le caratteristiche funzionali e prestazionali rilevanti per i potenziali acquirenti. Il test può essere o “comparato” se il prodotto viene introdotto in una categoria di prodotti già esistenti, oppure può essere un test di natura “monodica”, sottoponendo ad esame il solo prodotto da lanciare, senza richiedere ai consumatori alcun confronto. Questo di solito avviene attraverso blind test non permettendo quindi a colui che viene sottoposto al test di vedere la marca;

• Package test; è un test che essenzialmente può essere strutturato in due fasi, una di natura qualitativa cercando di capire quali sono i valori simbolici e percettivi che il consumatore assegna alla confezione. L’analisi quantitativa consiste invece nella misurazione dell’impatto generato dalla confezione nel consumatore, attraverso la somministrazione di foto o ,se disponibile, un prototipo della confezione;

• Test del nome;

• Test del prezzo, viene effettuato un calcolo che prende in considerazione i margini di guadagno in relazione all’elasticità della domanda;

• Advertasing pre-test, si cerca di stabilire il giusto orientamento delle scelte comunicative in relazione al target selezionato, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Una volta definita la strategia comunicativa, attraverso analisi di tipo quantitativo dovranno essere prese in considerazione variabili quali: la risposta cognitiva (attraverso gli aspetti percettivi suscitati, l’attenzione generata, la comprensione dei contenuti, la memorizzazione), la risposta affettiva (attraverso la valutazione degli

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attributi del prodotto e della marca), la risposta comportamentale (considerando la persuasione e lo stimolo all’azione di acquisto).

Paragrafo 2.3.2.1: le tecniche statistiche per l’analisi dei dati

Le principali sono:

• La cross tabular analysis • La regressione multipla • La cluster analysis • La conjoint analysis • L’analisi discriminante • L’analisi fattoriale

Con la cross tabular analysis un campione viene suddiviso in sottogruppi ed all’interno di questi viene misurata la dipendenza tra coppie di variabili. Si effettua l’analisi supportandoci del chi-quadro mettendo in relazione due variabili.

La regressione multipla esprime attraverso una funzione lineare la relazione fra una variabile dipendente nota ed un gruppo di variabili dipendenti anch’esse conosciute a priori.

Attraverso questa analisi si possono effettuare previsioni sulla domanda di un determinato prodotto, la sua intensità di utilizzo o l’intenzione di acquisto.

La funzione di regressione viene calcolata attraverso il metodo di interpolazione dei minimi quadrati ed è la seguente:

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dove :

• y è la variabile dipendente nota ;

• a è l’intercetta che assume valore costante; • x sono le variabili indipendenti note; • ε è l’errore di previsione.

I coefficienti di regressione associati ad ogni variabile misurano l’intensità e il segno positivo o negativo della relazione fra le variabili indipendenti e quella dipendente.

Per vedere se il piano di regressione interpola in modo efficace le osservazioni originarie si usa in coefficiente di determinazione r2 (compreso tra 0 e 1, sarà più rappresentativo tanto più si avvicina ad 1).

La cluster analysis permette di creare gruppi di individui od oggetti, omogenei al loro interno e disomogenei tra loro.

I cluster devono avere un’intersezione nulla ( cioè ogni componente deve appartenere unicamente ad un cluster) e devono considerare tutti i componenti in modo che ognuno appartenga ad un cluster.

La cluster analysis si basa su due approcci diversi:

• “a classificazione gerarchica” , che può essere di tipo top-down se si parte da un unico cluster per poi arrivare a scomporlo in più cluster o di tipo bottom-up che raggruppa in cluster elementi del campione presi singolarmente.

• “a classificazione diretta”, con questa procedura il numero dei cluster viene fissato a priori, definendone sia il valore centrale sia un valore soglia dal valore centrale che delimita l’appartenenza o meno di un elemento ad un cluster anzi che ad un altro. Questa è maggiormente utilizzata nel marketing.

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La conjoint analysis serve per vedere l’importanza relativa dei diversi attributi del prodotto, per poter vedere quali sono gli elementi da definire come benefit e quindi su cui soffermarci e quali non lo sono.

Viene chiesto agli intervistati quali sono gli elementi che gradiscono maggiormente e quindi gli viene chiesto di escludere gli altri, si devono creare delle diverse combinazioni di attributi come se fossero diversi prototipi.

Le combinazioni saranno costituite tra attributi coerenti tra loro e che effettivamente possono essere realizzabili dall’azienda sia a livello tecnologico che a livello economico.

Questa analisi quindi si concentra sui benefici che vengono ricercati dal consumatore e può essere utilizzata anche per le decisioni di posizionamento. L’analisi discriminante serve per individuare la combinazione di attributi che meglio si presta per differenziare due o più prodotti tra loro concorrenti.

Una funzione discriminate può essere la seguente: Z = b1 X1+ b2X2 + b3X3 + ...+ bnXn

Dove:

• X è la variabile (attributi) • b sono i pesi discriminanti • Z è il punteggio discriminante

La funzione discriminante può essere utilizzata anche per segmentare il mercato, immaginando i segmenti come gruppi di individui.

Con questa analisi in un’ipotetica mappa di posizionamento si può introdurre il così detto “prodotto ideale” cioè quel prodotto che soddisfa entrambe le combinazioni di prodotto che derivano dalla combinazione delle funzioni discriminanti.

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L’analisi fattoriale misura la dipendenza fra tutte le variabili in gioco e serve quando le variabili indipendenti presentano un’alta correlazione fra loro oppure se non influenzano soltanto la variabile dipendente ma ne sono comunque influenzate. Questa analisi di solito trova impiego nelle decisioni di posizionamento, così come l’analisi discriminante ma a differenza di questa può essere utilizzata come supporto nelle decisioni di targeting.

La procedura genera un numero di fattori che tra loro non sono correlati che contengano tutti gli attributi originari, il primo fattore sarà quello che spiega un percentuale più alta della varianza, poi il secondo e così via.

Paragrafo 2.3.3: Validazione del concept

La prima fase del processo termina con la validazione del concept che consiste in un primo esame delle potenzialità di mercato e della fattibilità produttiva.

Viene effettuata una prima valutazione degli aspetti economici sia per quanto riguarda il potenziale di mercato sia per decidere se18:

• Il concept è coerente con il brand;

• Si inserisce correttamene nell’assortimento aziendale; • È competitivo in termini di unicità, appeal e performance;

• La categoria nella quale si andrà a inserire ha dimensioni e potenziale adeguati;

• Intensità competitiva e non eccessiva;

• L’attrattività per i consumatori è consistente; • Il rischio complessivo non è troppo alto.

Le variabili in considerazione vengono pesate e valutate in modo più o meno deterministico attraverso strumenti che prevedono diversi livelli di dettaglio.

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Una volta selezionati i vari concept si prende in considerazione il tempo necessario per passare alla commercializzazione del prodotto (time to market) considerando le tecnologie aziendali e le capacità tecnologiche, le disponibilità di risorse per la ricerca, il tempo di sviluppo, aspetti legati al rilascio di brevetti, i test clinici ed i test di approvazione.

Gli archi temporali per il lancio di un nuovo prodotto possono essere: • 1-12 mesi

• 12-36 mesi • Più di 36 mesi.

L’obiettivo dell’azienda è quello di avere un flusso continuo si innovazioni, senza sovrapposizioni o punti morti, questo obiettivo è più agevolato nel caso in cui l’azienda si supporti della realizzazione di un “ concept time frame”, che non è che il raggruppamento delle time line di prodotto19.

19 M. Iansiti, New Product Development, second edition, Businnes Foudamentals from Harverd Businnes School Publishing, Fellows of Harvard College, 2002

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Paragrafo 2.4: Il design del prodotto

Il design del prodotto non è che “la trasformazione dei bisogni dei consumatori in progetti creativi” dice Noriaki Kano nel New Product Developement nel

Businnes foundamentals.

Consiste quindi nel trasformare gli attributi costitutivi dei profili delineati di prodotto in una serie di caratteristiche tecniche configurate in prototipi effettivi di prodotto in modo da assicurare la compatibilità tra le esigenze di soddisfazione del cliente, del time to market e del contenimento dei costi di ricerca e sviluppo. Il value engineering è un insieme di tecniche e di valutazioni, svolte in fase di progettazione aventi lo scopo di ridurre i costi di realizzazione dell’opera. Il concetto guida è individuato nel mantenimento di una relazione costante fra l’importanza che i clienti annettono ad ogni funzione del prodotto e i costi dei componenti che contribuiscono allo svolgimento di tali funzioni: il costo marginale di ogni componente dovrà essere proporzionale al contributo offerto in chiave di costruzione di valore per il cliente. Garantendo praticamente il soddisfacimento dei bisogni del cliente ai più bassi costi possibili, fornisce alle aziende che lo attuano una superiore capacità competitiva rispetto alle altre. L’azienda e più recisamente il team di sviluppo del nuovo prodotto deve però conoscere:

1) Il valore attribuito dal cliente ad ogni singola funzione

2) Il costo dei componenti e del processo di produzione necessari per ottenere queste dimensioni in un unico flusso logico. A tal fine lo strumento più utile alle aziende è il Quality Function Deployement (QFD), che consiste in un insieme di procedure di pianificazione e comunicazioni che si avvalgono della House of Quality.20

La House of quality è uno strumento di natura logica che dà la possibilità di realizzare una sorta di mappa concettuale in grado di far capire all’azienda quale

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sia il modo per realizzare un’efficace collaborazione tra le risorse umane operanti all’interno delle funzioni di marketing, progettazione e produzione.

Ci sono diversi metodi di realizzazione della House of Quality (HOQ) che variano in relazione all’azienda, alle necessità della stessa e al prodotto.21

Per la HOQ l’azienda dovrà partire da una lista dettagliata che dovrà riguardare22: 1) I benefici attesi dai clienti nei confronti del prodotto espressi il più

possibile in termini più vicini all’esperienza diretta dei consumatori stessi, nonché una loro valutazione in termini di importanza relativa. Sarà poi compito degli esperti tradurli in linguaggio tecnico in modo da poter essere più utili per circolare come informazione all’interno dell’azienda; 2) Elencazione delle caratteristiche tecniche suscettibili di influenzare in

positivo o in negativo le percezioni del cliente, presentando nella matrice in riga i benefici attesi dal cliente ed in colonna le caratteristiche tecniche necessarie per raggiungere quei benefici;

3) Indicazione della misura con cui ogni caratteristica tecnica influenza ciascun attributo o beneficio al cliente valorizzando le corrispondenti celle con un numero o con dei più o dei meno o con qualsiasi altro simbolo capace di esprimere a colpo d’occhio quale sia l’intensità di relazione Di seguito riporto due diverse rappresentazioni della House of Quality:

21 N. Kano, New Product Development, second edition, Businnes Foudamentals from Harverd Businnes School Publishing, Fellows of Harvard College, 2002

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Figura 2.3. the House of Quality

(fonte: Hauser, 1998)

Figura 2.4. the House of Quality

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Paragrafo 2.5: Il testing di mercato e sviluppo

La fase precedente quindi si concluderà con la realizzazione di uno o più prototipi di prodotto.

Per avere un percezione più realistica di cosa il mercato desidera, l’azienda si avvarrà delle ricerche di marketing che mettano a disposizione una serie di tecniche di testing volte a stabilire se proseguire o meno con lo sviluppo di un nuovo prodotto e quali miglioramenti apportare. Qui rientra tutta la gamma dei product test che possono essere effettuati su tutti i prodotti o solo su alcuni loro attributi.

In questa fase, prossima al lancio del prodotto, sia andranno a definire in modo più preciso e dettagliato, il profilo dei consumatori potenziali facendo in modo che il prodotto abbia tutti i requisiti necessari per renderlo unico, o almeno riconoscibile ed apprezzato.

L’azienda dovrà quindi procedere ad una serie di azioni23: • targetig e posizionamento;

• valutazioni e previsioni economiche su vendite, quota di mercato, margini, redditività ed investimenti necessari;

• sviluppo del marketing mix.

Nella scelta del target di riferimento negli ultimi anni sta prendendo sempre più campo il marketing one to one24 che implica una massima personalizzazione dei prodotti offerti al consumatore, ma questo è possibile per i prodotti che permettono una customerizzazione e non può essere attuato per altri prodotti quali i beni di largo consumo.

Di solito le aziende attuano un approccio intermedio raggruppando i clienti in segmenti in base ad elementi comuni.

23 C. A. Pratesi, G. Mattia, Piano Marketing dei nuovi prodotti, Mc Graw-Hill, Milano, 2002 24 C.Bereson, Product rejuvenation: a less risky alternative to product innovation

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Il processo di segmentazione parte dall’identificazione delle variabili più convenienti da utilizzare, le variabili solitamente usate sono le seguenti:

Tabella 2.4. Variabili e classi di segmentazione

Oggi le aziende però prendono in considerazione più che segmenti derivanti da caratteristiche praticamente oggettive, le tribù, prendendo quindi in considerazione “delle bolle di mercato” in cui i consumatori sono accomunati per

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stili di vita, passioni e hobbies, tribù nelle quali il consumatore si identifica ed alle quali vuole appartenere per condividere le proprie scelte di consumo.25

La scelta di variabili di segmentazione può essere effettuata con due tipi di approcci a seconda che l’azienda decida prima o dopo quali segmenti del mercato vanno considerati strategici, avremo così un approccio a priori ed uno a posteriori.

I segmenti devono possedere i requisiti di: • misurabilità,

• accessibilità; • differenzialità; • esaustività; • stabilità.

Una volta che l’azienda ha effettuato l’azione di targeting, passerà al posizionamento, cercando di individuare per ogni segmento la strategia competitiva migliore.

Gli obiettivi saranno quelli di realizzare un prodotto che i consumatori desiderano, accrescerne il valore percepito, valorizzare la forza della marca rispetto ai concorrenti e massimizzare le performance economiche ottenute.26 Al termine del processo il posizionamento dovrebbe essere27:

• semplice: capace di far riconoscere immediatamente il prodotto;

• rilevante: utile per il consumatore e distintivo rispetto ai prodotti concorrenti;

• credibile: cioè in grado di mantenere le promesse;

• coerente con la strategia di marca: in modo da rispettarne l’immagine e la credibilità.

25 Il tribal marketing nelle ricerche di mercato, Largo Consumo n° 7-8/2008 26 P. Koltler, Marketing Management, Pearson, 2005

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Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto è finanziariamente oneroso e di esito incerto, per questo le aziende attuano valutazioni e previsioni di tipo economico-

finanziario che dovranno seguire ogni fase del processo di sviluppo del prodotto.

Fare questa valutazione significa vedere qual è la risposta attesa dal mercato e come quest’ultimo risponderà all’eventuale lancio. Nelle fasi iniziali le valutazioni finanziarie saranno anche di supporto per far capire all’azienda se proseguire con l’idea di lancio o se accantonare il progetto.

Mentre nelle fasi iniziali le previsioni di vendita sono una stima grezza basata sull’estrapolazione delle semplici intenzioni di acquisto, nelle fasi successive all’aumentare degli investimenti la stima delle vendite diviene sempre di più un valore accurato ottenuto grazie all’utilizzo di tecniche più puntuali.

Il metodo molto puntuale e quasi veritiero nelle sue previsioni, è quello di effettuare dei test di mercato28, questi test costituiscono una simulazione del lancio del prodotto per un periodo limitato all’interno del mercato di riferimento, o più spesso solo in alcuni canali distributivi o in una particolare area circoscritta (area test), allo scopo di ottenere una risposta dal mercato relativamente all’ipoetico marketing mix.

Durante questo periodo l’impresa si comporta come se avesse lanciato realmente il prodotto, ponendo il prezzo ritenuto più idoneo, selezionando i canali più idonei, scegliendo i canali e la comunicazione che l’impresa reputa più appropriati; in modo che i clienti che acquisteranno il prodotto non avranno nessuna percezione che si tratti di un test.

Dati i costi molto elevati di questi test, le aziende tendono a preferire altri modelli di test di mercato atti a prevedere le performance delle vendite di periodi di circa un anno ricorrendo a dati panel raccolti durante i primi mesi di test di mercato.

I pre – test sono dei modelli di mercato simulati quale ad esempio il Laboratory test market, si tratta di sono test di mercato simulati in laboratorio, questi sono molto affidabili, tanto che i prodotti che sono risultati vincenti nella fase di pre test hanno l’80% circo di probabilità di successo sul mercato.

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L’obiettivo è quello di rilevare le intenzioni di prova e il riacquisto rispetto al prodotto che l’impresa programma di lanciare. Inoltre sono in grado di calcolare l’ipotetica quota di mercato basati sulle variabili Awarness, Trial, Availability e Repeat, da cui deriva l’acronimo ATAR.

Busacca prevede le seguenti infrastrutture per l’effettuazione di un pre – test: • un’”area teatrale” in cui i partecipanti al test vengono esposti a messaggi

pubblicitari tra i quali compaiono anche quelli del nuovo prodotto da testare;

• un “supermercato in laboratorio dove ai consumatori viene chiesto di agire come se fossero in un reale supermercato;

• una o più casse a cui i consumatori possono pagare, con un ammontare di denaro che viene loro consegnato all’inizio del test, i loro acquisti eventualmente fatti che fungono da controllo;

• sale riunioni dove i consumatori vengono intervistati relativamente alle loro potenziali scelte.

Gli strumenti maggiormente utilizzati per effettuare i pre test sono BASES e ASSESSOR.

• BASES II (processo derivante da BASES e più utilizzato dalle aziende), ha inizio all’interno de centri commerciali, all’interno dei quali vengono selezionati i partecipanti, dopo di che il prototipo del prodotti viene sottoposto a queste persone che dovranno giudicarlo ed esprimere delle idee relativamente al loro livello di gradimento,alle percezioni del valore ed alle intenzioni di acquisto. Dopo di che questi individui dovranno utilizzare il prodotto per un certo lasso temporale in modo che possano essere di nuovo raccolte le loro impressioni e le loro intenzioni di riacquisto.

• ASSESSOR: utilizza dati raccolti in punti di vendita simulati a cui si aggiungono dati ottenuti tramite sondaggi telefonici rivolti a coloro che nella simulazione di acquisto avevano scelto il bene in questione.

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I pre test forniscono vantaggi e svantaggi29: Vantaggi:

• Permettono di ridurre i costi di sviluppo e di introduzione di nuovi prodotti;

• Forniscono dati in tempi rapidi;

• Garantiscono maggiore riservatezza, minimizzando le inferenze. Svantaggi:

• Non danno indicazioni relativamente alle modalità di attuazione delle decisioni di marketing;

• Non considerano le reazioni della concorrenza;

• Hanno luogo in luoghi controllati che non conferiscono un ampio realismo al processo di acquisto;

• Poco adatti a casi di estensioni di linea di prodotto o al caso di innovazioni radicali.

Per quanto riguarda i prodotti nuovi di largo consumo è necessario considerare la componente di prova e la componente di riacquisto.

I modelli di prova tentano di predire il grado di penetrazione di un nuovo prodotto entro una certa data, dove il grado di penetrazione è dato dalla percentuale di partecipanti ad un panel che hanno provato il prodotto almeno una volta.

Ci sono due approcci possibili:

• Studio della probabilità che un consumatore i posticipi il suo acquisto fino al tempo t facendo ricorso ad una delle diverse distribuzioni di probabilità; • Si basa su una curva capace di rappresentare i dati aggregati.

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Per valutare il modello di riacquisto si considerano i riacquisti successivi, fino a creare dei modelli detti di intensità di riacquisto, questo si fa tentando di scomporre le vendite in primo riacquisto, secondo riacquisto e così via.

Nel caso in cui non si tratti di prodotti di largo consumo ma di prodotti con intervalli di riacquisto lunghi, la ricerca si supporta di modelli di diffusione, tra questi il più utilizzato è quello di Bass.

Oltre a tutti i modelli ipotetici per valutare economicamente le vendite, le aziende si supportano dei budget per avere una percezione dell’incidenza dei costi sui ricavi e per vedere le potenzialità di investimento. L’entità del budget è funzione di un complesso di fattori che possono essere sintetizzati in due punti30:

• Appeal del concept: potenziale di attrattività espresso dalla dimensione del segmento o dalla categoria di appartenenza del prodotto, dall’intenzione di acquisto rilevata nei test ed in generale dalla capacità di migliorare la dimensione competitiva dell’impresa nello pacifico mercato;

• Strategia aziendale prescelta: ci sono imprese che basano il loro vantaggio sul contenuto di innovazione di cui il prodotto è portatore ed altre che tendono invece a lanciare prodotti meno innovativi puntando su ingenti investimenti di marketing per acquisire la quota di mercato.

I costi sotto la gestione diretta del marketing saranno: • Costi di comunicazione;

• Costi di promozione;

• Costi di distribuzione: quali costi di listino, o sconti di listino, o entrambi. Questo tipo di previsioni economiche solitamente copre un arco temporale di cinque anni, ed alle previsioni dei budget va aggiunto anche il calcolo di alcuni indici finanziari quali il Valore Attuale Netto (VAN) ed il Tasso Interno di Rendimento (TIR).

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Lo sviluppo del marketing mix in questo caso prende in considerazione:

• La marca: può essere considerata o come veicolo primario di identificazione del prodotto o come complesso di attributi che i consumatori acquistano e dai quali deriva la loro soddisfazione.

• Il package, può essere considerato a tre livelli: primario (serve a contenere il prodotto), secondario (involucro che avvolge il pack primario), terziario (sono i cartoni di imballaggio che servono a trasportare il prodotto).

• Il prezzo, costituisce l’espressione più immediata di posizionamento del prodotto, rappresentando un elemento di identificazione della qualità sia dal punto di vista tangibile che intangibile. Si definisce attraverso i test di misurazione sulla domanda.

• La pubblicità, l’azienda fornisce all’agenzia un creative brief, contenente la descrizione del prodotto, l’obiettivo di comunicazione ed i target.

• La distribuzione, comporta la scelta del canale nel quale commercializzare il prodotto.

Figura

Figura 1.1.Tasso di crescita e posizione del prodotto nel ciclo di vita  (fonte: Wind, 1982)
Figura 1.2. Classificazione degli utilizzatori in base all’adozione delle  innovazioni
Figura 1.3. Esemplificazione dell’approccio razionalista al processo di sviluppo  di nuovi prodotti
Figura 2.2. Previsione della performance di mercato dei nuovi prodotti
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