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Il consumatore multicanale. Analisi teorica ed empirica attraverso interviste e diari d'acquisto

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Marketing e

Ricerche di Mercato

Il consumatore multicanale

Analisi teorica ed empirica attraverso interviste e diari d’acquisto

Candidato

Relatore

Lorenzo Morandi

Prof. Daniele Dalli

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Indice

Indice... 2

1. Introduzione ... 4

2. Metodo di analisi...10

2.1 L’analisi teorica delle fonti di letteratura ...10

2.2 L’analisi empirica ...11

3. Il retailing dall’introduzione di Internet all’omnicanalità ...13

3.1 L’introduzione di Internet ...13

3.2 Il commercio online ...15

3.2.1 L’e-commerce ...17

3.2.2 Il mobile shopping ...19

3.2.2.1 Il confronto generazionale ...22

3.2.2.2 Il modello di adozione del m-shopping ...24

3.2.2.3 Il caso Homeplus ...26

3.2.3 Le nuove tendenze dettate dalle tecnologie digitali ...26

3.2.4 La sharing economy ...28

3.3 La multicanalità ...31

3.3.1 Il consumatore multicanale ...33

3.3.2 Il processo di adozione e la migrazione di canale ...34

3.3.3 Le sinergie tra i canali ...38

3.3.4 I fenomeni del free-riding e dello switching ...42

3.4 L’omnicanalità ...48

3.4.1 Le differenze rispetto alla multicanalità ...49

3.4.2 Il Retail 4.0 e gli Ecosistemi Digitali ...51

3.4.3 I consumatori e la customer experience ...53

4. Lo scenario del retailing attuale...55

4.1 I Business Tradizionali ...57

4.2 I Business Evoluti ...59

4.3 Gli Ecosistemi Digitali ...61

5. La costruzione del modello dei Persona ...65

5.1 Persona 1: il Consumatore Tradizionale...66

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3

5.3 Persona 3: il Consumatore Evoluto...68

5.4 Persona 4: il Consumatore Digitale...69

5.5 Persona 5: il Consumatore Omnicanale ...71

5.6 Il collegamento con i modelli di business ...72

6. L’analisi empirica...74

6.1 La scelta dei soggetti da analizzare...74

6.2 Gli strumenti di analisi utilizzati ...75

6.3 La sintesi dei risultati...76

6.4 Lo schema delle caratteristiche dei consumatori intervistati...78

6.4.1 Il rapporto con gli acquisti online e con la ricerca di informazioni ...80

6.4.2 Il rapporto con le tecnologie e con i servizi online...82

6.5 Il dettaglio dell’analisi ...84

Bibliografia ... 102

Sitografia ... 112

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1. Introduzione

L’ambiente online, in tutte le sue declinazioni, sta sperimentando una crescita estre mamente rapida e sta assumendo una sempre maggiore centralità nella vita delle persone, tanto da stimolare numerosi studi in letteratura, sia da un punto di vista sociologico come fenomeno di massa, sia da un punto di vista economico come nuovo ambiente di vendita di prodotti e servizi che rivoluziona i dogmi tradizionali del commercio.

Lo scopo di questo testo è quello di ripercorrere i cambiamenti occorsi nel tempo nell’ ambito del retailing, tenendo in considerazione sia la prospettiva dell’impresa che quella del consumatore, con particolare riferimento al tema centrale del lavoro, la multicanalità.

Capire quali sono gli elementi principali che caratterizzano quello che viene definito consumatore multicanale è fondamentale nell’attuale concezione del marketing, che focal i zza la sua attenzione sulle persone più che sui prodotti e sulle imprese.

I consumatori multicanali in Italia, oggi, sono oltre 35 milioni, quasi il 70% della popolazione con età superiore ai 14 anni, in grado di svolgere i propri acquisti in maniera autonoma. Il 14% di essi compera prodotti online settimanalmente, il 38% mensilmente. La crescita di queste percentuali, negli ultimi anni, è avvenuta a tassi decisamente elevati, testimoniando come quello degli acquisti multicanali sia un fenomeno di grande attualità, che nece ssi ta di e sse re approfondito e conosciuto per destreggiarsi nel panorama del marketing attuale e futuro. Conoscere il consumatore multicanale, sapere chi è e cosa desidera, capire quali aspetti ti e ne in considerazione nel momento in cui si approccia allo shopping, è di fondamentale importanza per chi oggi intende avviare un percorso lavorativo nel mondo del marketing, perché consente di tarare le strategie e le azioni da intraprendere con una maggiore consapevolezza di chi sarà il destinatario principale. Si tratta per lo più di giovani, appartenenti alle generazioni dei Millennial e degli altri nativi digitali, che rappresentano quella che sarà la fetta di consumatori più profittevole negli anni a venire. Ma non soltanto. Anche le generazioni precedenti adottano in maniera crescente un comportamento multicanale, testimoniando la trasversali tà del fenomeno.

L’obiettivo di questo lavoro, pertanto, è quello di ripercorrere tutti i tratti principali che connotano la multicanalità, attingendo alle fonti di letteratura economica e alle principali posizioni teoriche sull’argomento: ho voluto ricostruire la storia recente del settore del

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commercio, dall’introduzione di Internet ad oggi, studiando le implicazioni che le diverse innovazioni hanno prodotto sui modelli di business delle imprese; non è, però, tanto l’aspe tto dell’evoluzione temporale che mi interessa sottolineare, quanto la varietà di strumenti digi tali legati allo shopping che ne è scaturita, che rappresenta l’insieme delle alternative entro le quali il consumatore può operare le proprie scelte di acquisto, dando origine alla multicanalità. Accanto alle forme tradizionali del commercio offline, che vanno dalla vendita al l ’interno de l negozio fisico a quella su catalogo o telefonica, si è venuto a creare un sistema di vendita basato sulla rete Internet, mediato da strumenti digitali. L’e-commerce è l ’e leme nto base di questa realtà commerciale, è la forma più semplice e di immediata comprensione , i n quanto ripropone molte delle funzioni svolte dai retailer tradizionali, ma le traspone nel mondo virtuale. Consente di verificare le caratteristiche delle alternative di prodotto, control l arne i relativi prezzi, confrontare le alternative su un assortimento molto più ampio di quello offerto dal punto vendita tradizionale, il tutto comodamente rimanendo a casa, risparmiando tempo e sforzi, e con una maggiore convenienza economica.

L’e-commerce si è poi evoluto, sfruttando il progresso tecnologico e la diffusione del mobile: i l m-shopping considera i dispositivi mobili come un canale di vendita e uno strumento di marketing, perché le loro caratteristiche li rendono di facile fruibilità e particolarmente comodi da consultare in ogni momento e luogo. Una componente rilevante del mobile shopping è quella rappresentata dagli acquisti tramite app, che presentano caratteristiche diverse dalla navigazione tramite browser e amplificano ai massimi livelli la facilità di utilizzo dello smartphone come canale di vendita, con effetti positivi sulla propensione ad acqui stare e sul comportamento dei consumatori.

Queste e altre forme di commercio online concorrono a definire il sistema di offerta che oggi si presenta davanti ai consumatori, una offerta multicanale che integra touchpoint tradizionali e digitali. Gli sforzi di marketing che le imprese sostengono sono diretti, in modo parti col are, a favorire la contemporanea adozione di più canali da parte dei consumatori. Il ricorso alla multicanalità da un lato è guidato da un approccio technology push, spinto dalla crescente quantità di innovazioni tecnologiche che le imprese hanno a disposizione, dall’altro è de mand pull, trascinato dalla domanda di nuove funzioni da parte dei consumatori, dalla loro propensione ai cambiamenti. Il marketing multicanale è la pratica di offrire simultaneamente informazioni, beni, servizi e supporto attraverso due o più canali sincronizzati. Sincronizzazione e interazioni sinergiche, per offrire ai consumatori un’esperienza coerente su tutti i canali, che

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vengono gestiti dall’azienda in modo unitario per quanto riguarda assortimento, pricing e promozione.

Il retailing omnicanale, poi, rappresenta l’ultimo stadio evolutivo del commercio, la prosecuzione naturale della multicanalità. Scompare la divisione tra fisico e virtuale e il consumatore si muove liberamente attraverso i canali messi a disposizione dall’impresa durante lo shopping journey. Il punto vendita si fonde con l’online, con il mobile shopping, con i social, in una commistione di touchpoint che mirano a creare una esperienza di acquisto fluida, efficiente e coerente. L’integrazione mira a incrementare la performance comme rci ale totale del retailer, non più a selezionare i canali che meglio si completano e a sfruttarne le sinergie. Lo scopo è quello di indirizzare al consumatore un messaggio coerente, uguale per ogni touchpoint con cui viene in contatto, che mira a creare una relazione con la marca più che con il canale di vendita.

Successivamente sono stati individuati tre modelli di business principali che le aziende possono adottare a livello strategico per operare sul mercato: i business tradizionali, che vedono ancora nettamente predominante la componente offline della vendita; i business evoluti, che hanno il proprio core sulla rete e per lo più offrono servizi per via digitale; gli ecosistemi di gi tal i, de l le enormi strutture commerciali che sfruttano la rete nella sua complessità per offri re un vasto range di prodotti e servizi ai consumatori, anche molto distanti da quello che era il core business originario.

Ho voluto, poi, lasciare da parte il punto di vista dell’impresa e del sistema di offerta e concentrare l’attenzione sui consumatori, cercando di capire come essi si relazionino allo shopping e chi siano coloro che maggiormente si mostrano propensi a mettere in atto comportamenti multicanali in fase di acquisto. Sono stati delineati cinque profili di ‘Pe rsona’, dei consumatori fittizi che mostrano determinate caratteristiche utili a classificarli i n mani e ra netta e sequenziale rispetto all’utilizzo dei canali online: il consumatore tradi zionale, que ll o diffidente, quello evoluto, il digitale e il consumatore omnicanale. Le caratteristiche degli individui reali variano significativamente all’interno della popolazione, in relazione a vari abi l i demografiche, sociali, culturali, ma anche alle preferenze e propensioni individuali. Disporre di uno schema sommario, quello dei Persona, entro cui classificare i consumatori reali conse nte di ragionare sulle caratteristiche che li accomunano e di conoscerne i connotati principali, così da orientarsi tra le molteplici variabili che caratterizzano i consumatori e poter ragi onare pe r aggregati.

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Viene poi operato un confronto tra Persona e modelli di business, che ci consente di ri cavare indicazioni circa il processo di selezione del canale di acquisto e di capire quale sia que l lo che meglio riesca a soddisfare le necessità delle diverse categorie di acquirenti. Ciò che ne risulta è che i consumatori più evoluti, più affini agli acquisti online, utilizzano una rete più complessa di canali di vendita, entrando in contatto con le imprese attraverso una molteplicità di touchpoint lungo tutto lo shopping journey.

È interessante valutare, a questo punto, come questo complesso sistema di canali di vendi ta e di relazioni influisca sul comportamento dei consumatori reali, che si trovano oggi di fronte a una molteplicità di opzioni per operare i loro acquisti. Capire come i consumatori svol gono i l proprio customer journey e come si relazionano con i canali di vendita descritti, cercando di concentrare l’attenzione verso le preferenze dei consumatori multicanali, che si relazionano i n maniera frequente con i business online-based e fanno largo uso dei canali di e-commerce. Osservare questo tipo di consumatori in maniera dettagliata potrebbe essere utile per comprendere come le tendenze in atto riscontrate a livello teorico si calino nella realtà prati ca dei consumatori. E può essere utile nel capire quale potrebbe essere l’evoluzione del commercio nell’immediato futuro, facendo essi parte delle generazioni più giovani della popolazione ed essendo i consumatori più propensi a sperimentare e innovare.

È in questo contesto che si colloca l’analisi di tipo empirico svolta, che prende come riferimento il comportamento di acquisto, le preferenze e le opinioni di un gruppo di consumatori ritenuti interessanti da studiare, cercando di individuarne le caratteristiche principali. A tale scopo sono state effettuate alcune interviste semi-strutturate, focalizzate sulla comprensione dei comportamenti e delle opinioni dei consumatori multicanal i ri spe tto alle variabili principali che li caratterizzano, come osservate a livello teorico. È stato, poi, chiesto agli intervistati di compilare un diario d’acquisto per un periodo di quattro se tti mane , che ha consentito di avere a disposizione alcuni dati oggettivi per confermare o confutare le informazioni circa le preferenze individuali dei consumatori e la volontà di mettere in atto determinati comportamenti, ottenuti tramite le interviste. I risultati delle anal i si svolte sono stati poi inquadrati in uno schema, utile a interpretare quali siano le variabili che dettano il comportamento degli intervistati e quali siano le caratteristiche che li contraddistinguono come gruppo.

Le aspettative che hanno preceduto l’analisi erano quelle di ritrovare nella pratica un riscontro per quanto osservato in letteratura: i consumatori multicanali facenti parte delle generazione Millennial sono individui innovativi, che seguono il progresso tecnologico e padroneggiano gl i

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strumenti dell’e-commerce, del mobile shopping, gli smartphone, la rete e i social network. Non utilizzano i canali di vendita in maniera scollegata gli uni dagli altri, ma entrano in contatto con i diversi touchpoint dell’impresa in momenti e contesti differenti lungo tutto l o shoppi ng journey: non fanno distinguo sulla base del canale utilizzato per acquistare, ma sulla base della fluidità dell’esperienza di shopping, cercando le migliori condizioni per concludere la transazione. Questo dà luogo, quindi, a numerose migrazioni di canale per una singola transazione, sia per quanto riguarda la fase di acquisizione delle informazioni ne ll a fase pre -acquisto, sia per l’acquisto vero e proprio, sia per l’assistenza post-vendita. Il risultato che è lecito attendersi è che i consumatori multicanali siano prope nsi a ricorrere al research shopping.

Quanto osservato durante la ricerca non si discosta molto da quelle che erano le aspe ttati ve, ma aggiunge ulteriori elementi di riflessione: i consumatori multicanali intervistati hanno confermato la loro propensione a fare uso di una moltitudine di canali di acquisto, online e offline, con una spiccata tendenza a coinvolgere la rete in almeno una fase dello shopping journey, in particolare per quanto riguarda la ricerca di informazioni sui prodotti. La propensione verso gli acquisti online è favorita dall’esperienza di molti anni nell’uti lizzo de gli strumenti digitali, che consente loro di usare piattaforme, applicazioni e dispositivi in mani era disinvolta e in sicurezza, con la consapevolezza di quali sono i parametri da tenere sotto controllo prima di acquistare. Sono spinti, sì, dalla convenienza, dall’assortimento e dalla comodità, ma il superamento delle barriere legate alla sicurezza delle transazioni e il rapporto con le tecnologie digitali giocano un ruolo altrettanto importante.

Questa propensione verso gli acquisti online si traduce in un comportamento che i consumatori mettono in atto in maniera quasi routinaria, entrando nei siti o nelle app di vendita anche senza la necessità di acquistare: si informano sui prodotti, cercano offerte e promozioni, valutano le novità e passeggiano tra le vetrine degli schermi dei propri dispositivi. Solo alcune di queste visite si traducono poi in acquisto, per la maggior parte sono attività svolte per passare il tempo, per intrattenersi, per abitudine.

C’è, infine, la conferma del carattere innovativo dei consumatori multicanali: sono heavy use r di smartphone e, in generale, di device tecnologici, utilizzati principalmente i n atti vi tà ti me -spending e per utilità. Giocano un ruolo importante i social, lo streaming di musica e vi de o, l a comunicazione. Ma il 25% del tempo trascorso su uno smartphone, in genere, viene spe so su app e siti di e-commerce, confermando la stretta relazione tra innovazione nel retailing e progresso tecnologico.

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In ultimo, a conferma della propensione a innovare da parte dei consumatori multi canali , c’è l’utilizzo marcato dei servizi online, una categoria di offerta nata di recente e che sta acquisendo un peso sempre più rilevante nei consumi dei più giovani. Vengono usati servizi di streaming, cloud, programmi di fidelizzazione, che siano gratuiti o a pagamento. La te nde nza che mostra l’analisi sembra essere quella di cumularne l’utilizzo personalizzando il proprio pacchetto di offerta secondo le necessità, con una propensione a farne un uso maggiore ne gl i anni a venire.

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2. Metodo di analisi

Il procedimento utilizzato per analizzare il settore del retailing, volto a individuarne le dinamiche evolutive in atto e a comprendere quale sia il ruolo giocato dai consumatori i n tal e contesto, può essere suddiviso in due distinte parti: una prima fase di ricerca teorica sulle principali fonti di letteratura accademica, che ci consenta di delineare il quadro generale entro cui imprese e consumatori si trovano a relazionarsi, e una successiva fase di ricerca e mpi ri ca, che, tramite alcune interviste a dei soggetti definiti come consumatori multicanali e alcuni diari d’acquisto, ci permetta di capire come essi si collochino all’interno del processo evolutivo de l retailing e quale sia la loro capacità e volontà di adeguamento ai cambiamenti in atto.

2.1 L’analisi teorica delle fonti di letteratura

Il primo passo del lavoro è stato quello di prendere in esame alcune tra le più autorevol i fonti di letteratura accademica economica, al fine di comprendere in modo approfondito come si a strutturato, ad oggi, il settore del retailing, dopo l’avvento di due elementi fortemente innovativi che ne hanno profondamente mutato le caratteristiche : la rete Internet e lo smartphone. Queste evoluzioni tecnologiche consentono di accorciare le distanze tra impre se e consumatori, rendendo possibile operare degli acquisti in ogni momento e in ogni luogo, sovvertendo la logica tradizionale che vedeva la necessità per i consumatori di recarsi presso i l punto vendita per ultimare i propri acquisti. L’arco di tempo preso in considerazione per studiare l’evoluzione del commercio al dettaglio va dai primi anni 2000, quando Internet ha iniziato a essere utilizzato per dar vita a un nuovo canale di vendita, ad oggi. Inizialmente il retailing si basava per gran parte delle imprese sull’offerta di prodotti e servizi all’ interno de i punti vendita, al più coadiuvata da alcuni canali alternativi, come la vendita via catalogo, la vendita diretta o quella telefonica. Con la nascita di Internet, tuttavia, si è aperta la possi bi l ità per le imprese di dar vita a un nuovo canale dalle grandi potenzialità, l’e-commerce, che ha aperto la strada a successivi sviluppi quali il mobile shopping e la sharing economy, giungendo, infine, alla creazione di un ambiente di vendita che integra simultaneamente online e offli ne , l’ambiente multicanale.

Quanto sembra possibile riscontrare dalla lettura delle fonti è la presenza di una tendenza evolutiva all’interno del settore del commercio al dettaglio, che vede un coinvolgimento

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sempre più intenso delle nuove tecnologie e la realizzazione di nuove forme di business. È possibile individuare, in tal senso, tre forme di impresa che integrano in maniera diffe rente l a componente Internet all’interno dei propri modelli di business: i business tradizionali, in cui l a componente dominante è quella offline e il ruolo dell’e-commerce è solo minoritario; i business evoluti, nati in seguito all’avvento di Internet e orientati al commercio online, in cui la componente tradizionale può sopravvivere solo in misura inferiore; gli ecosistemi digitali, guidati dall’online e che rappresentano degli elementi di rottura con il passato, in cui le imprese offrono una serie di prodotti e servizi alla clientela che va ben oltre il semplice commercio. Un ecosistema digitale unisce un ambiente fisico, un ambiente virtuale e una comunità di individui, tra i quali si crea un flusso di scambi e di relazioni.

Accanto a questi tre tipi di modelli, che rappresentano le principali e più diffuse opzioni disponibili, vi sono poi delle forme di business che evolvono in senso opposto, come le imprese che nascono online e trovano un successivo sviluppo offline, e delle forme ibride , che coniugano le caratteristiche di entrambi i canali.

Sono stati, infine, individuati dei profili tipo di consumatore, i ‘Persona’, che mostrano de l le specifiche caratteristiche e dei particolari comportamenti di consumo, in grado di catalogarli in maniera precisa. I Persona rilevano gli elementi distintivi più rilevanti dei clienti che si interfacciano con ogni canale e modello di business. Questi profili sono disegnati i n modo da rappresentare un ampio range di possibili comportamenti di consumo, che vanno da quelli refrattari al cambiamento, ancorati al retail tradizionale, a quelli più inclini ad abbracciare le nuove tecnologie e a sperimentare le novità.

2.2 L’analisi empirica

La fase successiva della ricerca, quella empirica, è stata incentrata su quale sia il modo i n cui i consumatori si collocano all’interno del panorama dell’offerta proposto dalle imprese. Lo scopo dell’analisi è quello di ricavare alcune indicazioni sul comportamento dei consumatori e capire come essi si collochino in relazione al processo evolutivo in atto nel settore del retailing. Spostandoci dai business tradizionali a quelli Internet-based, con l’avanzare del progresso tecnologico, cambia anche l’approccio dei consumatori al commercio. È interessante cercare di capire quale sia il comportamento dei consumatori nella scelta del canale di acqui sto e qual i siano le variabili che la determinano e le conseguenze che ne scaturiscono.

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Individuando i tratti salienti del percorso di acquisto seguito dai consumatori e ponendoli all’interno di uno schema riassuntivo, sarà possibile ricavare alcune informazioni fondamentali sul loro modo di agire all’interno dell’ambiente multicanale, individuando coloro che sono pi ù inclini al cambiamento e aperti verso i business evoluti, coloro che utilizzano l’e-commerce con frequenza e i driver delle loro scelte. Sarà interessante, in particolare, prendere in esame i casi di coloro che utilizzano il web e lo smartphone con frequenza e mostrano un atteggiamento favorevole verso la multicanalità, attribuendogli un valore che va oltre la semplice comodi tà e convenienza. Si tratta di coloro che in letteratura vengono definiti consumatori multi canali, i soggetti ultimi che ci interessa analizzare.

I consumatori multicanali presi in esame sono 12 e fanno tutti parte della generazione Millennial, la più interessante da studiare in questa circostanza per le caratteristiche socio-economiche degli individui che ne fanno parte e per il loro stretto rapporto con le te cnol ogi e digitali. Gli individui sono stati selezionati secondo convenienza, per avere la certezza di analizzare solo quei consumatori di cui ci interessa approfondire la conoscenza, per concentrare gli sforzi su una popolazione che con più probabilità mostra dei comportamenti rilevanti per i nostri scopi. Di conseguenza i risultati ottenuti tramite la ricerca empirica non possono essere estesi con metodi inferenziali al di fuori dell’unità di anal i si: quanto e me rge vale solo a descrivere i fenomeni in atto all’interno del gruppo di soggetti intervistati, le caratteristiche che li contraddistinguono.

Si tratta di una analisi qualitativa, condotta mediante la somministrazione di interviste se mi -strutturate e compilazione autonoma di diari d’acquisto da parte dei rispondenti, volta a indagare, da un lato, le opinioni dei consumatori su diversi aspetti che concorrono a definire i l quadro della multicanalità e a rilevare, dall’altro, le abitudini di acquisto che manifestano. I temi trattati durante la ricerca sono stati la frequenza di acquisto, le modalità e i canali più utilizzati per la ricerca di informazioni sui prodotti e per comperare beni o servizi , l e opini oni riguardo lo strumento dell’e-commerce e delle sue declinazioni più moderne, il rapporto con la tecnologia e con i mezzi digitali, la propensione a utilizzare i servizi online e le modalità di pagamento digitali.

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3. Il retailing dall’introduzione di Internet all’omnicanalità

Il settore del retailing ha visto numerosi cambiamenti negli anni recenti, specialmente per quanto riguarda i canali attraverso cui le imprese possono entrare in contatto con i consumatori, con un progressivo incremento delle attività che si basano sull’utilizzo di Internet. Partendo dalla descrizione dei diversi canali di vendita esistenti come entità separate e distinte le une dalle altre, si arriverà a descrivere il fenomeno della multicanalità, argomento centrale del testo, e la sua evoluzione più recente, l’omnicanalità. Questo approccio conse nte di capire a pieno quali siano le caratteristiche principali che ogni canale presenta e, successivamente, come essi siano in grado di interagire gli uni con gli altri innescando delle dinamiche profittevoli per le imprese e per i consumatori.

3.1 L’introduzione di Internet

Rivolgendo lo sguardo al passato, prima degli anni ’90, il settore del commercio al dettaglio era composto per la grande maggioranza da imprese che operavano seguendo un business mo del di tipo tradizionale, in diretta continuità con l’evoluzione storica del negozio di una volta, seppur con contaminazioni dettate dal progresso tecnologico. Il panorama vedeva, specialmente in Italia, una costellazione di piccole imprese che commerciavano ogni ti pologia di beni di consumo e offrivano ogni sorta di servizio attraverso il canale fisico del punto vendita. Accanto ad esse, poi, sorgevano imprese di dimensioni maggiori, che operavano su base regionale, nazionale o internazionale, come ad esempio supermercati e negozi delle grandi firme di moda, ma rimanendo sempre ancorate alla fisicità del negozio. Minoritari erano i casi di vendita personale, telefonica o per catalogo. Come oggi, girando per le strade, si incontravano rivendite di ogni genere e si poteva semplicemente passare e osservare i prodotti commerciati o entrare e ultimare un acquisto. Proprio questa necessità di recarsi presso il punto vendita per vedere, provare e acquistare la merce è la caratteristica che determina la fisicità di un negozio, in contrapposizione con lo shopping virtuale che abbiamo imparato a conoscere negli anni più recenti, susseguenti all’introduzione della rete Internet.

Il retailer tradizionale presenta caratteristiche che lo differenziano dagli altri rivendito ri e che ne hanno fatto la forma di commercio più diffusa per moltissimi anni, e tutt’oggi, in un ambiente sempre più dominato dalla digitalizzazione, rimane il canale di vendita

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maggiormente utilizzato. Nonostante si riscontrino differenze anche significative nel proce sso di sviluppo del commercio al dettaglio nei vari Paesi, i tratti salienti dei negozi fisici sono comuni e identificabili. Le imprese di tipo bricks-and-mortar1 come detto fanno perno su un

rapporto diretto e immediato con la clientela e in particolare, grazie alla loro presenza di lungo corso sul mercato, sono in grado di offrire ai consumatori familiarità, sicurezza e fiducia, facendo loro vedere e maneggiare i prodotti (Kushwaha e Shankar 2013), offrendo loro consigli, intrattenendo relazioni di natura personale. Il cliente, poi, ha da sempre avuto la necessità di toccare con mano i prodotti che intendeva acquistare, di ottenere tutte le informazioni necessarie su di essi (Venkatesan et al. 2007). Così i rivenditori si sono fatti cari co dello svolgimento delle funzioni di approvvigionamento, di composizione dell’assortimento, di vendita e molte altre al fine di ridurre la distanza fisica tra compratore e prodotto, dando vita a un mercato dal quale traggono i propri profitti.

È però un modello che presenta molti limiti, molte sfide che il management deve affrontare. Il punto vendita tradizionale fa riferimento a una specifica area geografica di riferimento, ha un mercato delimitato, necessita di ingenti investimenti iniziali, ha uno spazio interno da dedicare all’esposizione delle merci che è fortemente legato alle dimensioni della struttura. Dal punto di vista del consumatore può risultare difficile o costoso da raggiungere (Venkatesan et al. 2007), in termini sia monetari che di impiego di tempo, può non soddisfarne le esigenze di informazioni e di assortimento. Si manifestano bisogni, dettati dalle aspettative dei consumatori, cui il punto vendita non è in grado di far fronte.

Il retailing tradizionale mostra, così, un potenziale di crescita limitato, che agli albori del ventunesimo secolo sembrava aver raggiunto il suo massimo. Ma è in questo periodo, a cavallo tra gli anni ’90 e i ’00, che la comparsa di Internet crea una serie di nuove prospettive di sviluppo del settore del commercio al dettaglio, andando a rivoluzionare il modo di intendere il mercato. Era una tecnologia fortemente innovativa per l’epoca e da subito si era intuito i l suo carattere distruttivo, la sua capacità di segnare una discontinuità con il passato (Chri ste nsen, Anthony e Roth 1994). I Futuristi ne tessevano le lodi e immaginavano che di lì a pochi anni i negozi sarebbero stati abbandonati dai consumatori, che avrebbero comprato i prodotti di cui avevano bisogno tramite la rete Internet, con imprese online che sarebbero state i n grado di offrire una qualità del servizio più elevata, in modo più efficiente e a un prezzo più basso (Zwass 1996, Zhang et al. 2010).

1 Imprese che generano la totalità o la gran parte del fatturato nel mercato tradizionale; fonte: Mattiacci

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Osservando le previsioni di quel periodo, alla luce degli eventi possiamo sicuramente affermare che le conseguenze catastrofiche per il retail tradizionale paventate non si sono verificate. I punti vendita continuano a esistere, i consumatori sono soddisfatti delle possibilità offerte dal commercio offline, oltre il 50% delle vendite continua a passare dai negozi fisici. Non è concepibile una completa sparizione di negozi come alimentari, ferramenta, profumerie, perché rispondono a delle esigenze differenti da quelle che possono essere soddisfatte tramite l’online. Come rileva un’indagine Nielsen, per i consumatori rimane determinante far vi si ta al punto vendita per acquistare beni come quelli alimentari e quelli legati alla cura della persona, ma anche per quanto riguarda la moda e l’elettronica2. Tuttavia, il panorama che ci troviamo di

fronte oggi è totalmente differente da quello di venti anni fa, con le tecnologie digitali e l’online che hanno contaminato quasi tutti gli aspetti del settore. E in questo processo evolutivo i retailer hanno dovuto imparare a destreggiarsi, ad adattarsi alle possibilità che il progresso ha fornito loro, a rinnovare il modo di fare impresa. Non si tratta solamente di innovazione tecnologica, sono i consumatori stessi che sono mutati, che hanno interiorizzato i cambiamenti in atto e hanno iniziato a domandare prodotti e servizi diversi, canali di vendita e di comunicazione diversi. Chi non è stato in grado di adeguare il proprio modo di fare i mpre sa alla sfida proposta dalla comparsa di Internet in molti casi ha pagato con l’esclusione dal mercato.

3.2 Il commercio online

Sebbene il potenziale di Internet, quello di diminuire le distanze fisiche che i nte rcorrono tra compratore e venditore, fosse facilmente intuibile fin dalla sua comparsa nel 1994, l’adeguamento delle imprese, anche le più innovative, alle nuove possibilità commerciali no n è stato immediato, anzi ha richiesto molti anni e tuttora è in atto. A causa delle limitate capacità economiche e manageriali di numerose imprese, a causa del continuo e sempre più rapido progresso tecnologico nell’ambito della digitalizzazione, il panorama del retailing ad oggi ve de la presenza di player che mostrano caratteristiche molto differenti gli uni dagli altri.

Accanto ai negozi di tipo tradizionale, che non sono scomparsi e continuano a rappresentare la fetta più grande del mercato, si sono man mano sviluppati dei nuovi modelli di busi ne ss che prevedevano un utilizzo sempre più accentuato della rete e della tecnologia. Si passa dalle pi ù

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semplici forme di click-and-mortar, imprese nate per operare sul mercato offline, ma che hanno gradualmente introdotto l’utilizzo di Internet per svolgere alcune funzioni qual i que l la informativa e quella di vendita, a forme più innovative, completamente Internet-based, denominate pure play, che realizzano online la grande maggioranza delle loro operazioni e sono raramente hanno dei punti di contatto fisici con i consumatori (Mattiacci A. e Pastore A. 2018, pp.68-69). Per meglio comprendere queste definizioni è possibile pensare, da un l ato, a Coop, Esselunga, oppure a Ikea, che realizzano la maggior parte del loro business in -store, ma che offrono anche un sito web che può essere utilizzato solamente a scopo informativo nel caso di Coop, per acquistare prodotti per le altre imprese. Dall’altro lato, si pensi a Google o Amazon, che operano quasi esclusivamente online, vendendo servizi o prodotti, ma che possono trovare sbocco anche tramite il canale fisico, che consente loro di otte nere dei vantaggi in termini sia di vendite, sia di rapporto con la clientela (Dholakia et al. 2005). Que sto avviene per esempio nei negozi Amazon Go, dei punti vendita fortemente innovativi, in cui gl i scaffali sono riempiti da sensori e la cassa non esiste, per creare una customer experience unica e distante dal modello tradizionale3.

All’interno di queste due categorie di assetti strutturali si possono poi identificare diverse sfumature, modelli di business che si distanziano profondamente gli uni dagli altri e che sfruttano il potenziale tecnologico per perseguire scopi differenti. L’e -commerce, la sharing economy, il mobile shopping ne sono degli esempi. Tutti però hanno dei tratti in comune , che li differenziano dal commercio tradizionale offline.

Come riportato da Venkatesan et al (2007), i canali online presentano un costo di spostamento per la spedizione di acquisto nullo e possono essere utilizzati in qualunque momento e in qualunque luogo, fornendo alti livelli di accessibilità e convenienza, che i negozi fisici non possono offrire in alcun modo a causa degli orari di apertura limitati e della localizzazione fissa. Proprio la mancanza di una sede fisica consente ai rivenditori online di superare le barriere geografiche alla distribuzione, perché non attingono solamente al bacino di clienti che ri si e de in prossimità del negozio, ma possono espandere il proprio business a un’area be n pi ù vasta, addirittura internazionale, avvalendosi di imprese specializzate nella consegna de i prodotti a un costo relativamente basso. Importante è poi l’aspetto della ricerca di informazioni re lati ve ai prodotti e ai servizi, per la quale i canali Internet-based eccellono, perché sono i n grado di fornire una enorme mole di dati ai consumatori, a un costo praticamente nullo, se non que l l o

3 fonte: http://www.repubblica.it/economia/affari

efinanza/2017/10/09/news/negozi_fisici_e_virtuali_si_cercano_inizia_lera_della_convergenza -177864041/

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di accesso alla rete. Tutto ciò può essere sintetizzato facendo ricorso ai concetti di reach e di richness dell’azione di marketing (Mattiacci A. e Pastore A. 2018, p.65), ovvero la portata e l a ricchezza dei contenuti che l’impresa riesce a veicolare ai consumatori tramite l’utili zzo de l le tecnologie digitali. Di contro, però, ci sono anche degli aspetti negativi, come la differenza temporale tra emissione dell’ordine e consegna del prodotto/erogazione del servizio, la mancata possibilità di esaminare fisicamente i prodotti (Venkatesan et al. 2007), l’incertezza e il rischio percepiti dai consumatori nell’acquistare su un canale virtuale (Schlosser e t al . 2006, Van Noort et al. 2008), la mancanza di familiarità e di contatto diretto con il rivenditore (Kushwaha e Shankar 2013).

3.2.1 L’e-commerce

L’e-commerce è la forma più semplice e di immediata comprensione di commercio online, ed è anche la prima a essere stata utilizzata. Ricalca molte delle funzioni svolte dai retailer tradizionali, ma le traspone nel mondo virtuale. Gli scaffali diventano pagine we b, i l carre l lo diventa digitale, la cassa scompare e lascia il posto al pagamento online, gli acqui sti ve ngono consegnati direttamente a casa. In questo modo il consumatore è libero, compra quando vuole, comodamente seduto nella propria casa, senza dover sostenere alcuno sforzo e se nza dover dedicare all’acquisto una quantità di tempo eccessiva. È possibile verificare le caratteristiche delle alternative di prodotto, verificarne i relativi prezzi, ope rare confronti , i l tutto su un assortimento molto più ampio di quello offerto dal punto vendita tradizionale, che deve fare i conti con le limitazioni della struttura fisica del negozio, e su un numero maggi ore di store.

Se si osservano i mercati dei Paesi maggiormente sviluppati, ci troviamo di fronte a un fenomeno, quello dell’e-commerce, fortemente in espansione, con tassi di crescita che oscillano tra il 6 e l’8% annuo. In Italia, in particolare, nel 2017 sono stati 2,4 milioni i consumatori che hanno navigato sui siti di e-commerce alla ricerca di beni di largo consumo, l’8% in più rispetto all’anno precedente4, su un totale di 5,6 milioni di famiglie che operano

acquisti online5, privilegiando in special modo le piattaforme di vendita dei retailer tradizionali.

Tra i vari siti dedicati al commercio online, infatti, si può operare una distinzione tra

4 fonte: http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2018/more-italians-shopping-online.html 5 fonte:

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manufacturer, che utilizzano il canale Internet per vendere direttamente i prodotti da essi realizzati, i siti di e-commerce tradizionali, quelli dei retailer specializzati in determinate categorie di prodotti e i pure player, che si occupano dell’erogazione di servizi in digitale6. È

interessante notare come i tassi di crescita più significativi si registrino proprio in questa ultima categoria di e-commerce, che è quella che maggiormente si distanzia dal concetto di re tai l e r tradizionale. Interessante è anche, tuttavia, notare come solo il 14% degli italiani che naviga sulle piattaforme dedicate al commercio digitale operi effettivamente gli acqui sti sul canal e online7; questo ci suggerisce come il sito web sia molto spesso utilizzato dai consumatori pe r

ricercare i prodotti, per confrontarli e acquisire informazioni su di essi, ma venga poi supe rato nelle preferenze di acquisto, dando vita al fenomeno che si definisce webrooming, una de l l e componenti del research shopping8 per cui si ricercano i prodotti online, ma si comprano sul

canale tradizionale (Flavian et al. 2016).

Come detto, i consumatori si affacciano nel canale online perché attratti dalla conve nie nza e dai vantaggi che questo può offrire rispetto al negozio tradizionale, in termini di tempo, di sforzi e di costi sostenuti. Ma la scelta non si limita solo alla selezione del canal e pi ù i ndicato per soddisfare i propri bisogni, infatti, una volta deciso di utilizzare un servizio di e-commerce è necessario individuare quello che si reputa migliore tra le alternative presenti sul me rcato. I principali driver della scelta dei consumatori, in questo senso, sono la garanzia del rimb orso qualora il prodotto non fosse conforme alle attese, un servizio di sostituzione degli articoli difettosi celere e una precisa pianificazione delle consegne9.

Quando si parla di e-commerce, però, stiamo prendendo in considerazione solo una parte de l fenomeno generale dello shopping online. I retailer mettono a disposizione de i consumatori altre forme di esperienza digitale, come le casse self-service, gli scanner, gli scaffali vi rtuali , i pagamenti online, le ordinazioni tramite Internet, i coupon digitali, i QR code, le app mobile e i social network. Ognuno di questi elementi, così come il sito stesso del rivenditore, è de fi ni to touchpoint digitale, un punto di contatto tra l’impresa e il consumatore che sfrutta l’ausilio della tecnologia e della rete. Questi stanno man mano sostituendo i touchpoint tradizionali come il negozio, i volantini, il passaparola nel rapporto rivenditore-cliente, spe cial me nte pe r alcune categorie di prodotti, come gli articoli di moda e l’elettronica, che sempre più spesso

6 fonte:

http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2017/egrocery-italian-people-are-spending-online.html

7 fonte: https://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2018/more-italians-shopping-online.html

8 L’insieme delle pratiche per cui i consumatori ricercano un prodotto attraverso un canale, ma ultimano

l’acquisto su un canale diverso; fonte: Verhoef et al. 2007, Neslin e Shankar 2009, Favi et al. 2016

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vengono ricercati e acquistati via digital10. Come rileva una ricerca Forrester11, inoltre, i

touchpoint digitali stanno assumendo una rilevanza tale per cui si può ritenere che lo shopping non avvenga più attraverso i canali, ma che il consumatore si muova attraverso una molteplicità di punti di contatto con il retailer, che ne influenzano il comportamento di acquisto. La proliferazione dei punti di contatto tra azienda e consumatore ha delle importanti implicazioni a livello manageriale, in quanto comporta che le risorse a disposi zi one de bbano essere allocate su una più ampia gamma di alternative, offline e online, per raggiungere il proprio target nella maniera più efficace durante tutto il percorso di acquisto dei consumatori. Un interessante esempio di come l’e-commerce sia un modello in evoluzione ci vi e ne offe rto dalla Cina, dove il tasso di crescita del commercio online nel 2017 ha superato il 10%, con alcune categorie di prodotti che hanno registrato degli aumenti nelle vendite del 27% su base annua12. Alcuni grandi player del settore, come Alibaba e JD.com, hanno saputo cogliere le

opportunità offerte dalla digitalizzazione del commercio e hanno dato vita a modelli di business efficienti e al passo coi tempi, puntando su una integrazione sinergica tra i canali online e offline, sulla semplificazione dei metodi di pagamento digitali e sulla creazione di piattaforme mediatiche per la condivisione di contenuti, le attività di marketing e la CRM13. La

Cina è uno dei modelli di riferimento nell’ambito dello sviluppo del commercio online e ci offre spunti di riflessione interessanti su quello che potrebbe essere il futuro prossimo che ci attende, tra acquisti mobile-only, pagamenti digitali e integrazione dei canali secondo un approccio Online2Offline14.

3.2.2 Il mobile shopping

Proseguendo nell’analisi delle forme di shopping online e seguendo un ordine cronologico ne l susseguirsi delle innovazioni tecnologiche e nella progressiva digitalizzazione dei sistemi di vendita, dopo il canale di e-commerce troviamo il mobile shopping (Zott e Amit 2017), o m-shopping. L’introduzione degli smartphone prima, e dei tablet poi, ha aperto la strada

10 fonte: http://www.nielsen.com/it/it/insights/reports/2017/global -connected-commerce.html 11 fonte: https://www.forrester.com/report/Welcome+To+The+Era+Of+Agile+Commerce/-/E-RES58593 12 fonte: http://www.nielsen.com/it/i t/insights/news/2018/l_ecommerce-spiegato-dai-cinesi.print.html 13 CRM è l’acronimo di Customer Relationship Management, l’insieme delle pratiche volte alla gestione

della relazione con la clientela al fine di incrementarne la frequenza di contatto, la sodd isfazione e la fidelizzazione nei confronti dell’impresa; fonte:

https://it.wikipedia.org/wiki/Customer_relationship_management

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all’utilizzo di dispositivi dalle enormi potenzialità, anche in ambito commerciale: que sti sono dei veri e propri computer in miniatura, portatili o addirittura tascabili, dotati di elevate capacità di computazione e in grado di operare in ambienti multi -tasking e multimediali, connessi alla rete Internet e ad altri dispositivi mobili, controllati con il semplice uti lizzo di un dito (Szymczak 2013). Il mobile shopping consiste nell’utilizzare questo nuovo genere di dispositivi tecnologici per interagire con le aziende e acquisire informazioni sui prodotti o ultimare degli acquisti. Una chiara definizione di m-shopping ci viene fornita d a Marri ot et al (2017) sulla base del lavoro di Groß (2014), che lo presentano come il cercare, comparare e acquistare beni e servizi online da parte dei consumatori attraverso dispositivi mobile o wireless, in particolar modo smartphone e tablet. Nonostante questa pratica esista da molti anni, solo di recente sta assumendo una notevole rilevanza nel panorama del retailing ed è divenuta, ad oggi, la pratica alternativa al commercio tradizionale più diffusa tra i consumatori (Marriott et al. 2017).

I dispositivi mobili possono a tutti gli effetti essere considerati un canale di ve ndi ta, e anche uno strumento di marketing, per le loro caratteristiche intrinseche, che li rendono di facile fruibilità e particolarmente comodi da consultare in ogni momento. La pos sibilità di risparmiare tempo e la convenienza sono due caratteristiche particolarmente appre zzate dai consumatori e sono senza dubbio agevolate dall’utilizzo di dispositivi mobili, che grazie alla loro portatilità, personalizzazione, interconnessione, immediatezza e multimedialità diventano degli oggetti interiorizzati nella routine quotidiana degli individui, degli oggetti con cui interagire con continuità, che consentono una semplificazione dei processi di ricerca e di acquisto (Wang et al. 2015, Larivière et al. 2013, Boateng 2011, Shankar e Balasubramanian 2009). Il mobile shopping offre una duplice convenienza, di tempo e di spazio, in quanto il consumatore può operare transazioni in modo istantaneo, in qualunque momento e in qualunque luogo, superando le limitazioni imposte dai punti vendita tradizionali in pri mis, ma anche dal canale online via computer. La convenienza nel m-shopping si realizza in una esperienza di acquisto efficiente, priva di ogni sforzo fisico o dispendio di tempo, basata sul l a semplicità di utilizzo del canale, che consente una ricerca rapida su un grande numero di informazioni, un acquisto e un pagamento sicuro, la consegna a domicilio dei prodotti in tempi celeri e una esperienza di acquisto soddisfacente per il cliente (Mahapatra 2017, Wolfinbarge r e Gilly 2001, Vandana e Deepak 2016). Gli smartphone, e i device mobili in generale, non sono solo attrezzi funzionali, sono dei veri e propri ‘oggetti culturali’ che danno origine a un nuovo stile di vita, che le aziende e le marche possono sfruttare a loro favore per intensificare la

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21

relazione con i consumatori, comunicando con loro su una base personale attraverso il te mpo e lo spazio (Wang et al. 2015, Shankar et al. 2010, Bell 2006).

Una componente rilevante del mobile shopping è quella rappresentata dagli acqui sti trami te app, che presentano caratteristiche diverse dalla navigazione tramite browser e amplificano ai massimi livelli la facilità di utilizzo dello smartphone come canale di vendita. Le app sono progettate in maniera specifica per essere utilizzate su dispositivi mobili, sono user fri e ndly e più intuitive e comode da utilizzare degli altri media. Questa loro maggior semplicità ri spe tto ad altre metodologie di m-shopping fa sì che i consumatori siano invogliati a continuare a utilizzare le app, aumentandone la propensione ad acquistare nel tempo e modi ficandone i l comportamento di acquisto. Rispetto al tempo totale che i consumatori, in media, trascorrono sulle app dei propri smartphone, il 25% viene dedicato ad app di shopping, in particolare quelle dei retailer di tipo brick-and-click, che operano sia online che tramite punti vendita tradizionali (Newman et al. 2018).

L’importanza del mobile shopping può essere intuita prendendo in esame alcuni dati re l ativi all’audience digitale, che mettono in evidenza come in Italia vi sia una total digital audience (l’insieme di utenti unici che accedono a Internet durante un periodo di tempo preso in analisi) di 30,4 milioni di persone, e che mediamente ogni giorno si connettano 23,7 milioni di ute nti; tra questi, 21,2 milioni navigano tramite un dispositivo mobile, più del doppio rispetto a coloro che utilizzano un computer, e 13,5 milioni si connettono solo via smartphone o tablet15. Questi

dispositivi, poi, nel 72,8% dei casi entrano a far parte del processo di acquisto dei consumatori, sia che servano per effettuare gli acquisti, sia che siano utilizzati solamente come ri sorsa pe r ottenere informazioni16. Le pratiche più diffuse, infatti, non sono quelle di acquisto, bensì

quelle legate alla ricerca di informazioni relative a prodotti e servizi, che coinvolgono il 40% degli utenti italiani, di comparazione dei prezzi (36%) e di ricerca di promozioni (30%)17. Questi

valori si attestano di poco al di sotto delle medie europee e mondiali, ma se ne discostano nettamente per quanto riguarda il coinvolgimento dei device mobili nel processo di acqui sto, che a livello mondiale è pari all’87%18. Ciò dimostra come in Italia il mobile shopping abbia

15 fonte: http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2017/total

-digital-audience-welcome-to-mobile-only.html

16 fonti:

http://www.nielsen.com/it/it/insights/reports/2016/from-e-commerce-to-banking-such-as-mobile-is-transforming-payments.html ; http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2017/total -digital-audience-welcome-to-mobile-only.html

17 fonte:

http://www.nielsen.com/it/it/insights/reports/2016/from-e-commerce-to-banking-such-as-mobile-is-transforming-payments.html

18 fonte:

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22

ancora ampi margini di crescita, sia per quanto concerne l’utilizzo totale di smartphone e tablet, sia per quanto riguarda l’effettiva conversione delle visite tramite mobil e i n acqui sti . Facendo un parallelo con il mercato degli Stati Uniti, che fanno ricorso a questa forma di commercio con frequenza maggiore, possiamo notare come nel 2017 il m-shopping abbia raggiunto un fatturato di 50 miliardi di dollari, crescendo del 56% rispetto al periodo precedente, e si stima che entro il 2020 il mobile commerce raggiungerà il 50% del commerci o totale (Newman et al. 2018).

3.2.2.1 Il confronto generazionale

In un ragionamento di questo tipo non si può prescindere dal prendere in considerazione anche chi siano i maggiori utilizzatori della rete Internet e delle tecnologie mobili. Ricorrendo a una segmentazione per coorti generazionali (Ryder 1965), ovvero identificando dei gruppi sociali che differiscono per età, e quindi per il portato di esperienze vissute a livello individuale e di comunità, si possono identificare diverse fasce di individui; questi non solo si differenziano per una diversa età anagrafica, ma mostrano anche delle caratteristiche diverse per quanto riguarda educazione, esperienze storiche e modo di interagire e socializzare (Obal e Kunz 2013). Da un lato troviamo le fasce più giovani della popolazione, formate da macroaggre gati come la Generazione Z, formata da individui nati tra il 1996 e il 2010, i Teenager, ragazzi che ancora non hanno raggiunto la maggiore età, e i Millennials, che comprendono i giovani adul ti della Generazione Y, nati tra gli anni ‘80 e ’00. Dall’altro lato troviamo la Generazione X, ovvero gli individui nati tra gli anni ’60 e ’80, e i Baby Boomers, nati negli anni successivi alla Se conda Guerra Mondiale e così denominati a causa dello sconvolgimento demografico improvviso che ha portato a un sensibile aumento della natalità in quel periodo (Scarpellini 2008). Per inquadrare queste generazioni nell’ambito del processo di digitalizzazione e poter confrontare i rispettivi comportamenti nel momento dell’interazione con le nuove tecnologie, si ri corre ai concetti di nativi digitali e immigrati digitali (Prensky 2001). I nativi digitali sono quegli individui che hanno vissuto interamente o per la maggior parte della propria vita a contatto con le tecnologie digitali, come computer, Internet e smartphone, e che hanno avuto, quindi, la possibilità di apprenderne il funzionamento sin dai primi anni dello sviluppo, imparando a dialogare con la tecnologia. Ne fanno parte, ovviamente, i Millennials, i Teenager e la Generazione Z. Gli immigrati digitali, invece, sono rappresentati dai Baby Boomers e dalla Generazione X, e hanno vissuto gran parte della loro vita in un’epoca precedente alla comparsa di queste tecnologie. Nel momento in cui la digitalizzazione ha creato una rottura

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23

con il passato, hanno dovuto adattarsi in maniera forzata ai cambiamenti, acquisendo molti aspetti delle nuove tecnologie, ma dimostrando nella gran parte dei casi un certo impaccio nell’utilizzo dei device (Obal e Kunz 2013, Prensky 2001).

I nativi digitali, e i Millennials in particolare, sono la generazione più informata e consape vole di sempre19, cresciuta insieme alla rete Internet e al computer, abituata a pensare e agire

velocemente, e si aspettano di vivere una esistenza sempre connessa: sono 7,2 milioni (circa i l 65%) gli italiani tra i 18 e i 34 anni che accedono quotidianamente al web20. Sono la

generazione che più di tutte utilizza i servizi online e acquista tramite canali digitali e il loro crescente potere economico fa sì che siano in grado di influenzare fortemente i consumi e il mercato di alcuni settori21. Uno studio Nielsen22 mostra come la fascia più giovane di questo

gruppo, i cosiddetti Trailing Millennials, abbia sviluppato nel tempo una serie di caratteristiche che possono essere ricondotte all’aver vissuto a stretto contatto con le tecnologie digitali, infatti rispetto alle generazioni precedenti presentano una miglior memoria a breve te rmi ne , una più spiccata capacità di elaborazione di concetti ed immagini e maggiori capacità multisensoriali. Un segmento di consumatori molto importante, specialmente i n prospetti va futura, è poi quello dei Teenager, che mostra secondo alcune ricerche un comportamento diverso rispetto alle altre coorti, in quanto ha una disponibilità economica molto elevata, non dovendo sostenere spese familiari o abitative, una spiccata propensione verso gli acquisti d’impulso, una forte attenzione per il prestigio dei brand acquistati e u na scarsa consapevolezza del prezzo dei prodotti. Inoltre, questi ragazzi mostrano la tendenza a condividere il momento dell’acquisto, a farne un’esperienza di gruppo, e questo diventa anche un modo di costruire la propria identità sociale (Muratore 2016, Breazeale e Lueg 2011). Questo ci lascia intuire come la digitalizzazione abbia avuto un forte impatto sui modelli di consumo e come sia stata in grado di influenzare diversi aspetti della vita degli individui, aspetti che si prestano a ulteriori approfondimenti e analisi.

Come accennato, proprio per la loro prolungata esposizione a un mondo in cui le tecnologie digitali sono presenti e sempre più invasive, i Millennials presentano maggiori livelli di

19 fonte: http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2016/the-millennials-and-companies-how-to-win-them-over.html 20 fonte: http://www.nielsen.com/content/dam/nielsenglobal/it/docs/nielsen-report-millennial-2017-IT.pdf 21 fonti: http://www.nielsen.com/content/dam/nielsenglobal/it/docs/nielsen-report-millennial-2017-IT.pdf ; http://www.nielsen.com/it/it/insights/news/2016/the-millennials-in-the-world-not-only-social.html 22 fonte: http://www.nielsen.com/content/dam/nielsenglobal/it/docs/nielsen-report-millennial-2017-IT.pdf

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adattamento agli sviluppi tecnico-scientifici, che si riflettono anche sull’adozione delle pratiche relative al commercio online e al mobile shopping. La differenza tra essi e i Baby Boome rs, ad esempio, risiede nel grado di fiducia riposto dai due gruppi nei confronti degli acquisti via Internet, che per i Millennials si attesta su livelli significativamente maggiori. Le fasce più giovani della popolazione, infatti, hanno una maggior fiducia nei meccanismi di feedback online, nei consigli del venditore, nelle informazioni ottenute tramite la navigazione; sono molti gli elementi che contribuiscono a generare fiducia su un canale online, come la facilità di utilizzo del sito, la disponibilità di grandi quantità di informazioni dettagliate, i livelli di sicurezza e privacy offerti ai consumatori, i servizi riservati alla clientela, il design del sito e l’atmosfera, e tutti hanno un maggiore appeal sui Millennials piuttosto che sui Baby Boome rs (Obal e Kunz 2013, Ha e Stoel 2009, Belanger et al. 2002, Ba e Pavlou 2002).

3.2.2.2 Il modello di adozione del m-shopping

Di contro, però, la diffusione delle tecnologie mobili nel processo di acquisto subisce anche delle limitazioni quando il consumatore si viene a scontrare con delle barriere, i n parti colare quelle relative alla percezione da parte dei clienti di una mancanza di s icurezza durante l’acquisto. I temi dei pagamenti digitali e della gestione del denaro online sono le principali fonti di preoccupazione e spesso scoraggiano il potenziale avventore dall’intraprendere un processo di acquisto online23.

Il processo di adozione del m-shopping è stato esplorato da Marriott et al (2017) che, passando in rassegna una grande mole di fonti di letteratura, hanno individuato dei fattori che incidono sulla propensione dei consumatori a includere lo smartphone nel loro shopping journey. Le determinanti più significative per l’adozione sono risultate la percezione della tecnologia mobile come utile e semplificatrice dell’intero processo e la semplicità di utilizzo dei device, che hanno una influenza positiva sul comportamento del consumatore. Lo stesso risultato si ha quando il soggetto è un innovatore, è propenso a sperimentare nuove tecnologie ed è in grado di superare le remore che frenano gli altri individui, oppure quando esso ha un rapporto molto stretto con il proprio smartphone, che diviene un oggetto face nte parte della routine quotidiana e non viene percepito come ‘distante’ dal soggetto e fonte di potenziali preoccupazioni. In ultimo, una determinante significativa è risultata essere la

23 fonte:

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componente edonistica del mobile shopping, legata alla soddisfazione, al piacere e al divertimento che il consumatore prova nell’acquistare prodotti e servizi online, in modi che si discostano dal commercio tradizionale. Anche in questa analisi, oltretutto, emerge come sia l a fascia più giovane della popolazione quella più propensa a includere il m-shopping nel propri o processo di acquisto.

Dal lato dell’impresa, l’utilizzo dei device mobili nell’ambito dello shopping offre i mportanti opportunità. L’adozione del mobile da parte dei consumatori ha delle importanti ripercussi oni in primo luogo sul livello delle vendite. L’implementazione del m-shopping tra i canal i me ssi a disposizione degli utenti fa sì che aumenti la spesa media sostenuta dai clienti (Wang et al 2015, Ansari et al. 2008), che ne aumenti il life time value24 (Shankar et al. 2016) e che cresca

la propensione verso gli acquisti d’impulso (Marriott et al . 2017). Dal punto di vista della comunicazione di marketing, invece, si apre lo spazio per una nuova disciplina, il mobile shopping marketing, che Shankar et al. (2016) definiscono come “la pianificazione ed esecuzione di tutte le attività di marketing mobile-based che influenzano il consumatore durante e dopo il processo di acquisto: dall’innesco del processo, all’acq uisto, consumo, riacquisto e passaparola”. Nel campo di azione di questa strategia di marketing rientrano tutte le opportunità offerte dalle caratteristiche stesse dei dispositivi mobili, dettate dagl i svi luppi tecnologici: ne sono un esempio la messaggistica istantanea e la localizzazione, che consentono non soltanto di inviare stimoli e comunicazioni ai consumatori in qualunque momento e in qualunque luogo, ma possono seguirne le azioni durante lo svol gimento de ll a shopping experience, inviando loro messaggi promozionali coerenti con quanto stanno cercando, offrendo coupon e sconti da utilizzare nei negozi, tracciandone i movimenti all’interno dei punti vendita o lungo i percorsi sul web. Combinare, dunque, le funzioni principali del mobile, l’ubiquità, l’istantaneità, l’interattività (Shankar et al. 2016), consente alle imprese di avere un quadro completo e in tempo reale delle necessità dei consumatori, e offre loro la possibilità di interagire con i potenziali clienti per soddisfarle. In questo modo le n uove tecnologie mobile entrano a far parte dei business model delle aziende, che devono tener conto delle nuove complessità importate dalla digitalizzazione (Zott e Amit 2017), e la strategia di marketing si adegua alle nuove features offerte dagli smartphone. Il più elevato livello di integrazione del mobile nell’ambito dell’impresa è la cosiddetta strategia SMACIT (acronimo di Social, Mobile, Analytics, Cloud e Internet of Things), che prende in considerazione i diversi

24 Il life time value è il valore stimato che un cliente sviluppa per l’a zienda nel corso dell’intera vita,

calcolato sulla base del comportamento di acquisto attuale; fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Lifetime_value

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26

fronti caldi dello sviluppo tecnologico e li riunisce in quanto fattori determinanti del proce sso di trasformazione digitale dell’organizzazione delle imprese (Shankar et al . 2016).

3.2.2.3 Il caso Homeplus

Un esempio può essere utile per capire in maniera più approfondita come lo smartphone, e l e tecnologie mobile in generale, sia stato un elemento di grande discontinuità con il passato, cambiando in maniera significativa il modo di fare shopping, e come stia tutt’ora rivoluzionando il modo di intendere il commercio online. Il caso è quello di Ho me pl us vi rtual store, un negozio del tutto atipico aperto nel 2011 all’interno di una stazione della metropolitana di Seoul, in Corea del Sud, da Tesco (Szymczak 2013). Il punto vendita non sol o era stato pensato per non avere al suo interno alcun prodotto, solamente delle illustrazioni e delle etichette che riportavano le informazioni essenziali sugli oggetti in comme rci o, ma non aveva neanche uno spazio fisico ben delineato: era un negozio on -the-go, formato da un insieme di cartelloni e schermi luminosi posti in prossimità dei binari, con cui i consumatori potevano interagire mentre aspettavano la metro mediante una apposita app per smartphone, che consentiva loro di scegliere i prodotti da acquistare sollevandoli dall’onere di doversi recare fisicamente al negozio, in quanto i prodotti venivano consegnati direttamente a domicilio in giornata. Questo nuovo modo di fare impresa, che trae origine dalle potenziali tà degli smartphone e dalle necessità di comodità e risparmio di tempo dei clienti, ottenne da subito un grande successo e il modello fu riproposto in oltre trecento punti vendita nel solo 2012 (Szymczak 2013). Ancora oggi, benché il modello Homeplus non sia proliferato quanto ci si poteva attendere date le premesse iniziali, diversi sono i player che stanno investendo in attività di questo genere, come Amazon, colosso mondiale dell’e -commerce, che vede nei negozi virtuali a portata di smartphone una potenziale via di sviluppo del proprio business.

3.2.3 Le nuove tendenze dettate dalle tecnologie digitali

Passato in rassegna in modo approfondito il mondo del mobile shopping, è possi bile fare un ulteriore passo in avanti nell’analisi e andare a considerare altre forme di sviluppi tecnologici , che traggono la loro origine dalla centralità degli smartphone nella vita dei consumatori e che hanno e avranno un grande impatto sul modo in cui le imprese possono fare business e

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possono comunicare con i propri clienti: il social commerce e i wearable device. Benché si tratti di due tendenze solamente agli albori, che non hanno ancora sviluppato a pieno le proprie potenzialità, hanno destato da subito l’attenzione in letteratura e molti studi ne hanno approfondito l’analisi.

Il social commerce è una forma di shopping, online o via mobile, che nasce dalla necessità delle imprese di mettere a frutto il tempo che i consumatori trascorrono sui social network, trasformandoli in vetrine per le loro piattaforme di e-commerce e in luoghi di condi vi si one. I social, infatti, hanno assunto una indiscutibile posizione di rilievo tra le attività svolte nel corso della giornata dagli individui, e si nota una tendenza da parte dei consumatori a mettere in collegamento il processo di acquisto di un prodotto o servizio con la successiva comunicazione via social dell’esperienza (Shankar et al. 2016): sempre più spesso lo smartphone e le tecnologie mobili vengono utilizzate per favorire il flusso di informazioni tra e verso i cl i e nti e per facilitare le transazioni e gli scambi (Iouguina 2015). Il quadro che emerge è que l l o di una penetrazione sempre più profonda degli smartphone e dei social network nel processo di acquisto dei consumatori (Sands et al. 2016, Shankar et al. 2016, Wang et al. 2015, Xu et al. 2014), tanto da dar vita a un canale di vendita vero e proprio, a sé stante, per molt i versi indipendente dalle piattaforme di m-shopping ed e-commerce più tradizionali. Il social è, e sarà in futuro, una importante leva strategica per le imprese (Iouguina 2015), utile ad attrarre i clienti e a favorire lo scambio di informazioni e feedback. Due esempi di applicazioni di soci al trading molto popolari e utilizzate sono il Marketplace di Facebook e Spark di Amazon25, ma

anche altri importanti player si stanno muovendo su questo fronte.

Meno dibattuto per il momento, e per questo aperto a future analisi, è l’argomento dei wearable device, i dispositivi tecnologici che possono essere indossati per assolvere ad al cune funzioni, quali il monitoraggio delle funzioni corporee o la comunicazione. Questi oggetti si interfacciano con gli smartphone e pertanto rappresentano una opportunità importante per le strategie mobile marketing: da un lato saranno in grado di offrire una tracciabilità completa dell’attività dei consumatori, specialmente nel momento in cui saranno impegnati in un processo di acquisto, fornendo una analisi delle reazioni fisiche degli individui agli stimoli percepiti, come l’aumento del battito cardiaco o l’aumento o la diminuzione della velocità della camminata; dall’altro consentiranno una somministrazione di stimoli di marketing differenti da quelli tradizionali, che faccia ricorso a suoni, a vibrazioni o a segnali visivi, trasmessi con immediatezza e comprensibili con un solo sguardo, senza neanche pre ndere i n

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mano lo smartphone (marketing at a glance, appunto) (Shankar et al . 2016). Dagli strumenti più semplici a quelli che utilizzano tecnologie più complesse, i wearable hanno il potenziale per cambiare il modo di fare shopping più di quanto immaginiamo. Pensiamo, ad esempio, ai Google Glass, degli occhiali sviluppati dal colosso dell’informatica statunitense per conse ntire ai consumatori di accedere a quella che viene definita realtà aumentata (Shankar et al . 2016), ovvero la realtà arricchita da un insieme di informazioni convogliate tramite un dispositivo elettronico, che non sarebbero altrimenti percepibili dall’uomo in maniera immediata26. Se

incrociassimo per strada uno sconosciuto, indossando questi occhiali potremmo avere accesso a informazioni come la marca dei suoi abiti, il relativo prezzo, i punti vendita nelle vicinanze che trattano gli articoli in questione, il tutto semplicemente sfruttando la rete e la connessione a uno smartphone. È bene rimanere con i piedi per terra, però: queste tecnologie esistono, sicuramente aziende e consumatori dovranno confrontarsi con esse nel prossimo futuro, ma i l lavoro di sviluppo necessario è ancora molto, e molte saranno le problematiche che dovranno affrontare, specialmente quelle legate alla privacy e allo scetticismo dei consumatori.

3.2.4 La sharing economy

Parallelamente allo sviluppo delle tecnologie mobile e dei social network, e forse proprio grazie a questo bisogno di comunicazione, di immediatezza, di connessione che i consumatori avvertono, sta prendendo corpo e si sta affermando con rapidità un nuovo modo di intende re l’acquisto, incentrato sulla condivisione più che sul possesso: si tratta della sharing e conomy, un nuovo business che permette di acquistare prodotti e servizi avvalendosi di piattaforme online dove i consumatori sono sia gli acquirenti che i venditori, dove chi ha a disposizione delle risorse sovrabbondanti e sottoutilizzate le mette a disposizione di chi ne necessita, gratuitamente o previo pagamento di una quota, dando vita a un consumo collettivo (Hwang e Griffiths 2017, Belk 2014). In un contesto di scambio come quello della sharing economy ciò che assume valore per il consumatore non è tanto l’entrare in possesso di un bene o di usufruire di un servizio pagando un corrispettivo monetario, come avviene negli altri canal i di vendita, ma diventano importanti elementi come l’esperienza vissuta e i valori condivisi: il focus si sposta dai prodotti ai consumatori, all’economia esperienziale, alla co-creazione di beni, stravolgendo il concetto utilitaristico di proprietà e trasformandolo in edonistico e simbolico (Camilleri e Neuhofer 2017, Hwang e Griffiths 2017, Chathoth et al. 2016). Ci ò che è

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