• Non ci sono risultati.

Studio delle tecniche di fabbricazione di nanostrutture ibride magnetiche e plasmoniche

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studio delle tecniche di fabbricazione di nanostrutture ibride magnetiche e plasmoniche"

Copied!
200
0
0

Testo completo

(1)

1

Dipartimento di Chimica e Tecnologie Chimiche

Tesi di Laurea

Magistrale in Chimica

Studio delle tecniche di fabbricazione di sistemi

magneto-plasmonici a base di oro e magnetite

Relatore e controrelatore

Dott. Francesco Pineider Dott. Alessio Ceccarini

Candidato

Francesco Tripodi Matricola 579322

(2)
(3)

3

Ai miei genitori,

a mia sorella Emanuela

(4)

4

Indice

1. Introduzione ... 7-10

2. Proprietà magnetiche dei materiali ...11

2.1. Principi base del magnetismo ...11-16

2.2. Stati magneticamente ordinati...16-22

2.3. Anisotropia magnetica ...22-23

2.4. Nanoparticelle magnetiche………..………...23-29

2.5 Proprietà magnetiche di nanoparticelle su superficie………...…30-31

2.6. Ipertermia………...32-33

2.6.1. Tecniche per il trattamento dell’ipertermia... 33-34

2.6.2. Ipertermia fluido magnetica (MFH)... 34-36

2.6.3. Meccanismi di generazione del calore………..…... 36-37

3. Tecniche di caratterizzazione... 38

3.1. Microscopia elettronica a trasmissione (TEM) ….………..………...38-43

3.2. Microscopio elettronico a scansione (SEM)…...………...43-48

3.3. Microscopia a forza atomica (AFM) …...………..………... 49-55

3.4. Diffrazione di raggi X (XRD)…...………..…………...55-62

3.5. Magnetometria: Dispositivo superconduttore a interferenza quantistica (SQUID)…...62-67

3.6. Spettroscopia UV-visibile...………...….68-76

4. Sintesi, proprietà e applicazioni di nanoparticelle magnetiche ………..……...77-78

(5)

5 4.1.1. Effetto della quantità di solvente sulla sintesi delle nanoparticelle di magnetite ………...81-82

4.1.2. Effetto della quantità di precursore sulla sintesi delle nanoparticelle di magnetite ...82

4.1.3. Ruolo della quantità di tensioattivo sulla sintesi delle nanoparticelle di magnetite ……...83

4.2. Sintesi di nanoparticelle a base di Fe metallico …...…….……..84

4.3. Sintesi di nanoparticelle a base di Co metallico …...84-86

4.4. Sintesi di nanoparticelle a base di cobalto-ferrite …...87-92

4.4.1. Confronto tra i metodi di combustione, co-precipitazione e precipitazione …...92-96 4.5. Proprietà strutturali …...97-101 4.6. Proprietà magnetiche …...101-112 4.7. Applicazioni …...112-115

5. Proprietà plasmoniche dei materiali ..……….………...116

5.1. Principi della risonanza plasmonica localizzata di superficie (LSPR)……….……...116-118

5.2. Proprietà plasmoniche delle nanoparticelle di oro……….………....118-126

6. Metodi di realizzazione di nanostrutture su superficie …...127-129

6.1. Electron Beam Lithography (EBL) …...129-138

6.2. Nanoimprint lithography (NIL) …...138-144

6.3. Soft lithography …...145-150

6.4. Hole Mask Colloidal Lithography …...150-154

7.Metodi di assemblaggio …...155-156

7.1. Self-Assembled Monolayer (SAM) …...156-169

8. Risultati sperimentali: sintesi e caratterizzazione di nanoparticelle di magnetite e cobalto-ferrite ………..170

(6)

6 8.2. Proprietà strutturali …...171-180

9. Conclusioni e prospettive future …...181-183

Bibliografia ……….…184-198

(7)

7

1.Introduzione

La nanotecnologia non è solo una semplice continuazione della miniaturizzazione dalla scala dei micron a quella dei nanometri. I materiali costruiti nella scala dei micron, mostrano proprietà fisiche uguali a quelle dei materiali allo stato bulk. Tuttavia, le particelle a livello nanometrico, mostrano proprietà differenti: per esempio, i cristalli in forma nanometrica hanno una temperatura di fusione e una costante di reticolo più piccola dovuto al fatto che il numero di atomi superficiali e l’energia superficiale giocano un ruolo fondamentale nella stabilità termica di codesti sistemi [1]. Le nanoparticelle magnetiche (MNP) sono state oggetto di interesse per molti studiosi sia per quanto riguarda la ricerca di base, sia per quanto riguarda l’applicazione tecnologica in campi come la catalisi [2],[3], conservazione e conversione di energia, nel campo della sensoristica e nel campo della medicina [4],[5]. In essi convergono le proprietà di confinamento quantico tipiche dei nanomateriali contenenti sistemi magnetici tradizionali a base di ossidi metallici, che rende possibile la modulazione di proprietà elettroniche, ottiche e magnetiche variando alcuni parametri tra cui composizione, dimensione, forma, struttura cristallina e funzionalizzazione della superficie [6]. La comparsa di effetti quantistici causati dal confinamento dimensionale è legata alla quantizzazione degli stati energetici di tali sistemi che si avrà quando l’energia che separa due livelli energetici continui è maggiore dell’agitazione termica. Il caso delle nanoparticelle è intermedio tra la situazione a livello energetico dei sistemi bulk e dei sistemi molecolari: i primi sono costituiti da due bande continue, banda di valenza e di conduzione, separate da un gap energetico, nei secondi si hanno invece degli stati discreti. I nanocristalli presentano un addensamento di stati dovuto al confinamento dimensionale ma tuttavia discreti. Sono da citare anche gli effetti di superficie legati all’aumento del rapporto superficie/volume. A livello nanometrico, atomi e molecole in superficie hanno coordinazione insatura, quindi si creeranno delle vacanze elettroniche in

(8)

8

prossimità della superficie; più piccole sono le particelle, più sono le vacanze e più è alto il numero di atomi superficiali. Tali vacanze conferiscono maggiore energia superficiale, che si traduce in una reattività aumentata e in una modifica di tutta una serie di proprietà del materiale bulk quali la solubilità, punto di fusione, anisotropia magnetica [7]. Inoltre questo effetto può essere ampiamente sfruttato nel campo del rilevamento rifrattometrico, in quanto l’elevata reattività rende gli atomi superficiali sensibili all’ambiente circostante e quindi sensibili all’indice di rifrazione del mezzo in cui sono disperse. Uno dei campi di ricerca più promettenti è sicuramente la biomedicina. Negli ultimi decenni, il numero di lavori e il numero di persone interessate a questo campo è aumentato in modo considerevole grazie alle straordinarie proprietà delle MNP. Tra le più importanti sicuramente bisogna citare la dimensione che è uguale o addirittura inferiore alle dimensioni delle cellule (10-100

m), virus (20-450 m), proteine (5-50 m) e singoli geni (larghezza 2 nm e altezza 10-100 nm). Secondariamente, la superficie delle NP è facilmente funzionalizzabile con gruppi chimici che mediano le interazioni o il legame con entità biologiche. Inoltre le MNP possono essere guidate da un campo magnetico esterno e, le loro proprietà magnetiche, sono facilmente modulabili variando la loro dimensione. Uno dei più comuni campi di applicazione per le MNP riguarda il loro uso come agenti di contrasto per l’imaging a risonanza magnetica (MRI) poiché aumentano il contrasto di tale tecnica rispetto ai classici agenti di contrasto paramagnetici a base di Gd. Successivamente, altri campi di ricerca in ambito medico si sono aperti per le MNP, tra cui la purificazione del DNA, il targeting e la separazione delle cellule, trasporto di farmaci e l’approccio teranostico, il quale rappresenta la via di applicazione più interessante e importante [8]. L’ipertermia magnetofluida (MFH), per cui le MNP fungono da mediatori di calore per i trattamenti oncologici, è una tecnica che permette di sfruttare un’importante differenza tra le cellule sane e quelle cancerose: queste ultime sono più sensibili al calore rispetto ad una cellula tumorale poiché un

(9)

9

tessuto malato ha una temperatura locale di circa 41-42 °C rispetto ad un tessuto sano, la cui temperatura locale si aggira intorno ai 37 °C. Le MNP possono giocare un ruolo fondamentale come mediatori di calore grazie alle loro proprietà di assorbimento e di rilascio di energia sotto applicazione di un campo magnetico esterno alternato con opportuna frequenza. Tale approccio è facilmente controllabile e può essere usato per la distruzione dei tumori, offre lo stimolo per il rilascio dei farmaci in situ o per aumentare gli effetti associati della chemio e della radioterapia. Il vantaggio dell’approccio MFH è che le MNP funzionalizzate correttamente, possono essere in disperse in solvente acquoso e, inoltre, il rilascio di calore durante l’esposizione al campo magnetico alternato può essere localizzato esclusivamente nel tessuto in cui si trovano i materiali magnetici nanostrutturati e ciò influenza fortemente l’efficacia e la precisione della tecnica. Tutti questi concetti di funzionalizzazione e di composizione dei materiali ibridi nanostrutturati sono fondamentali per l’applicazione in tutti gli altri campi di ricerca. Questo lavoro di tesi ha avuto come obiettivo iniziale la preparazione di strutture composite oro-magnetite ancorate su un supporto di vetro aventi proprietà magneto-plasmoniche. Data l’emergenza sanitaria coincidente con il periodo in cui la tesi è stata svolta, l’attività sperimentale si è limitata alla preparazione e caratterizzazione di nanoparticelle magnetiche. La ricerca si è quindi incentrata sullo studio di lavori riportati in letteratura sulla sintesi, sulle proprietà e le applicazioni di sistemi magnetici a base di magnetite, ferro e cobalto metallici e cobalto-ferrite e di sistemi plasmonici a base di oro. Una volta studiate e analizzate le proprietà singole dei sistemi magnetici e plasmonici, sono state studiate le tecniche di fabbricazione delle nanoparticelle su superficie e di assemblaggio dei sistemi nanostrutturati, incentrandoci maggiormente sui self assembled monolayer. Questa tesi è quindi così strutturata: nel capitolo 2 vengono descritti i concetti base del magnetismo e delle proprietà magnetiche dei materiali massivi e di quelli nanostrutturati, nel capitolo 3 sono discusse le principali

(10)

10

tecniche di caratterizzazione dei sistemi nanostrutturati, il capitolo 4 delinea i principali metodi di sintesi, proprietà e applicazioni delle nanoparticelle magnetiche,

nel capitolo 5 viene trattata più approfonditamente la parte riguardante le proprietà ottiche delle nanostrutture, andando con accuratezza a discutere delle caratteristiche ottiche delle NP (Au), il capitolo 6 tratta invece le tecniche litografiche più promettenti, nel capitolo 7 è investigata la tecnica di realizzazione di nanoparticelle su superficie, il capitolo 8 è dedicato alla trattazione dei dati riguardati la sintesi di particelle di magnetite e cobalto-ferrite svolte in precedenti studi nel laboratorio di tesi, infine nel capitolo 9 sono descritte le applicazioni e le prospettive future delle nanostrutture integrate di un materiale plasmonico ed uno magnetico.

(11)

11

2.Proprietà magnetiche dei materiali

2.1 Principi base del magnetismo

Il magnetismo è un fenomeno che descrive l’interazione della materia con il campo magnetico. E’ una proprietà della materia che dipende fortemente dalla natura e dall’ambiente in cui si trovano gli atomi dai quali è formata; inoltre dipende dalla dimensione del materiale in esame, perciò le proprietà magnetiche dello stesso materiale a livello massivo e a livello nanometrico saranno ovviamente diverse. Quando un materiale viene sottoposto ad un campo magnetico, questo può essere, variabilmente, attratto o respinto. Il momento magnetico di un solo atomo, senza considerare il contributo nucleare, dipende da tre fattori: spin degli elettroni da cui è formato, dal loro momento angolare orbitalico, dovuto al movimento degli elettroni attorno al nucleo e dalla presenza di un campo magnetico esterno che perturba il moto degli elettroni.

La magnetizzazione di un materiale è descritta dal vettore di polarizzazione magnetica, che dipende dalla densità dei momenti magnetici interni al materiale e dalla loro intensità. Si definisce come il momento magnetico μ delle N particelle contenute nel volume unitario:

𝑀 =

µ

V

(1)

Il campo magnetico è descritto dal valore del vettore H0 che quantifica il valore del campo magnetico in un dato punto. L’unità di misura di tale grandezza é l’Oersted (Oe) secondo il sistema CGS o Ampère su metro(A/m) secondo il SI. Se si applica un campo magnetico in una direzione, si creano delle linee di forza la cui densità nello

(12)

12

spazio fornisce la densità di flusso magnetico B. Quest’ultima risulta dalla somma di due componenti, una dovuta al campo magnetico esterno, e l’altra dovuta alla magnetizzazione del materiale stesso:

B = µ0 (H0 + M) (2)

Dove μ0 indica la permeabilità magnetica del vuoto, ha valore unitario adimensionale nel sistema CGS mentre gli viene attribuito il valore di μ0= 4ᴨ 10-7 H/m nel SI.

H0 descrive il modo in cui il campo magnetico viene generato da cariche in movimento mentre B descrive il modo con cui il campo viene riconosciuto dalle cariche in movimento. L’induzione magnetica perciò è la reazione del sistema, quindi del materiale, all’applicazione di un campo magnetico esterno. Si misura in Tesla nel SI o in Gauss nel CGS.

Una grandezza importante per descrivere le proprietà magnetiche di un materiale è la suscettività per unità di volume che viene definita come:

χ =

𝑀

𝐻0 (3)

χv è una quantità adimensionale che descrive la risposta di un materiale

all’applicazione di un campo magnetico esterno e che permette di definire la permeabilità magnetica del mezzo come:

µ

r= B

(13)

13

La suscettività può essere definita in tanti modi a seconda del campo applicativo. Ad esempio si può parlare di suscettività magnetica specifica (per grammo):

χp= χv /ρ dove ρ indica la densità della sostanza misurata in g/cm3.

Oppure si può citare la suscettività magnetica molare che si ottiene moltiplicando χp

per la massa molare della sostanza:

χ

m

=

χ

p

M W (5)

In base all’andamento della suscettività magnetica, si possono classificare 5 classi di categorie di materiali: diamagnetici, paramagnetici, ferromagnetici, antiferromagnetici e ferrimagnetici. χ è negativa per i materiali diamagnetici mentre è positiva in tutti gli altri casi, ma risulta decisamente elevata per sostanze come il ferro e ferrimagnetiche. La magnetizzazione dei materiali dia-, para- e antiferromagnetici scompare quando viene rimosso il campo magnetico esterno, mentre per i materiali ferro- e ferrimagnetici si può avere una magnetizzazione non nulla sia quando cessa l’applicazione del campo magnetico esterno e i momenti magnetici mantengono parzialmente un certo grado di allineamento, sia nell’istante precedente all’applicazione del campo esterno stesso. Per questi materiali la suscettività è funzione del campo magnetico applicato e della temperatura.

Il diamagnetismo è dovuto all’applicazione di un campo magnetico esterno che induce un moto degli elettroni tale da generare un altro campo magnetico le cui linee di forza si oppongono a quelle del campo iniziale. Questo fenomeno si osserva in tutti i materiali ed è dovuto agli elettroni appaiati che sono presenti negli shell più interni

(14)

14 di ogni atomo. E’un fenomeno di intensità molto bassa, per cui risulterà trascurabile in quei casi dove sono presenti elettroni spaiati che danno vita ad altri tipi di comportamenti magnetici. La suscettività diamagnetica χp è indipendente da

temperatura e campo magnetico, ma è proporzionale al numero di elettroni presenti e dall’orbitale in cui essi si trovano, quindi dalla distanza dal nucleo:

χ

D

= −N

e2

6 m c2

𝑟

𝑖

2 𝑛

𝑖=1

(6)

Dove N è il numero di elettroni per unità di volume, c è la velocità della luce, e è la carica dell’elettrone ed m la sua massa. Va comunque considerato il fatto che ad N, va sottratto il numero di elettroni coinvolti nei legami poiché sono vincolati da altri tipi di interazioni elettrostatiche e quindi incapaci di muoversi:

χ

D

=

χ

a

-

χ

b

≈ -10

-6

/10

-5

cm

3

/mol

(7)

Dove χa e χb sono rispettivamente la somma delle χ dei diversi atomi e la somma dei

contributi di legame.

Il paramagnetismo è dovuto agli elettroni spaiati. In assenza di un campo magnetico esterno i momenti magnetici associati a tali elettroni sono orientati casualmente, perciò la magnetizzazione del materiale sarà nulla a causa dell’agitazione termica. Quando viene applicato un campo magnetico esterno, i momenti magnetici associati agli elettroni spaiati si allineeranno con le linee di forza del campo, per cui si otterrà una magnetizzazione non nulla, ma bisogna tenere sempre in considerazione che l’agitazione termica si oppone a questo andamento. L’aumento della temperatura fa aumentare l’agitazione termica (kbT dove kb è la costante di Boltzmann il cui valore è

(15)

15 pari a 1.3806488 10-23 J/K). La suscettività paramagnetica χ

p dipende quindi dalla

temperatura e varia in modo inversamente proporzionale seguendo la Legge di Curie:

χ

𝑃

=

𝐶

𝑇

(8)

dove C è la costante di Curie

C =

𝑁𝐴𝑔2µ𝐵2

3 𝑘𝑏 J ( J + 1) (9)

NA è il numero di Avogadro, g è il fattore di Landé pari a 2,002319 per l’elettrone

libero, μB è il magnetone di Bohr il cui valore è pari a 9,27400915 10-24 J/T e J è il

numero quantico del momento angolare totale (somma del momento angolare orbitalico e di spin: J= L+S).

La legge di Curie prevede una relazione lineare tra suscettività e il reciproco della temperatura, ma sperimentalmente ci sono delle deviazioni da questo comportamento che diventano più pronunciate al diminuire della temperatura. La legge di Curie-Weiss tiene conto di tali variazioni introducendo un fattore di correzione θ:

χ

𝑃

=

𝐶

𝑇− θ

(11)

In figura 1 è riportato il grafico di 1/χ in funzione di T. Nel caso di sistemi paramagnetici magneticamente diluiti, la curva passa per l’origine (θ=0), negli altri casi la retta non passerà per l’origine a causa dell’interazione tra momenti magnetici.

(16)

16 Nel caso dei ferromagneti θ>0, mentre per gli antiferromagneti θ<0. La legge di Curie-Weiss è valida a temperatura al di sopra della temperatura critica del materiale, ovvero la temperatura massima a cui si manifesta l’ordine magnetico a lungo raggio.

Figura 1. Andamento dell’inverso della suscettività magnetica in funzione della temperatura

2.2. Stati magneticamente ordinati

Ferromagnetismo, ferrimagnetismo e antiferromagnetismo sono accomunati da una forte interazione tra i momenti magnetici degli spin che porta ad avere un certo grado di allineamento anche quando non vi è la presenza di un campo magnetico esterno. I materiali ferro- e ferrimagnetici sono caratterizzati da una struttura a domini che si genera dalla contrapposizione tra la forza di scambio e l’energia magnetostatica. Per minimizzare l’energia totale, il sistema si suddivide a domini, all’interno dei quali prevalgono le interazioni di scambio che portano all’allineamento di tutti gli spin [1]. Ogni dominio avrà però orientazione casuale, quindi risulterà minimizzata anche l’energia magnetostatica. Le interazioni di scambio tengono conto solo dell’accoppiamento tra spin di due elettroni vicini. Le interazioni tra diversi elettroni dipendono dalla forma della funzione d’onda spaziale che, a sua volta, dipende dalla

(17)

17

simmetria o antisimmetria della funzione di spin. Perciò ci saranno accoppiamenti paralleli o antiparalleli tra gli spin. Per sistemi diversi quindi, la configurazione energeticamente favorita può essere quella con spin paralleli o antiparalleli, quindi ci sarà un diverso ordine a corto raggio per il materiale preso in esame che risulterà in proprietà ferromagnetiche, ferrimagnetiche o antiferromagnetiche [9].

Figura 2. Schema delle interazioni di scambio. A sinistra è riportata la disposizione di due orbitali p

ortogonali tra loro, da cui deriva un accoppiamento ferromagnetico, mentre a destra si ha sovrapposizione tra i due orbitali, e ne risulta dunque un accoppiamento antiferromagnetico.

Il Ferromagnetismo è un comportamento dovuto alla presenza nel materiale di meccanismi cooperativi tra dipoli atomici che si accoppiano fortemente e tendono ad allinearsi parallelamente e in modo reciproco, fornendo quindi una magnetizzazione spontanea della materia anche in assenza di un campo magnetico esterno. Esempi di materiali ferromagnetici sono i magneti permanenti, Fe, Co e Ni nonché svariate leghe. Sopra una temperatura critica, detta temperatura di Curie (Tc), la magnetizzazione spontanea svanisce e il materiale diventa paramagnetico, poiché l’agitazione magnetica prevale sull’ordine magnetico a lungo raggio. Più ci si avvicina allo zero assoluto, maggiore sarà la magnetizzazione spontanea, fino a quando non si arriverà al valore massimo di saturazione. La temperatura di Curie è descritta nella legge di Curie-Weiss grazie all’introduzione del termine correttivo θ come descritto

(18)

18 nella sezione precedente, dove θ rappresenta l’intercetta con l’asse delle ascisse della curva 1/χ in funzione di T (vedi figura 1). In assenza di campo magnetico, un materiale ferromagnetico può esibire una magnetizzazione nulla per poi passare ad una magnetizzazione netta a seguito dell’applicazione di un campo magnetico esterno anche di intensità molto bassa. Questo comportamento è dovuto alla presenza dei domini magnetici, o domini di Weiss, che sono separati tra loro dalla parete di Bloch. I ferromagneti assumono una struttura a domini per minimizzare l’energia magnetostatica. Se non vi è l’applicazione di un campo magnetico, la direzione di allineamento degli spin di ciascun dominio è casuale e inoltre, sarà diversa per ciascun dominio e la magnetizzazione del sistema macroscopico sarà nulla. Tuttavia, applicando un campo magnetico dall’esterno, si otterrà l’allineamento di tutti i momenti magnetici, facendo espandere il dominio che si trova già allineato in una direzione favorevole e riducendo gli altri, fino a rimuovere la struttura a domini e rendendo così la magnetizzazione molto elevata. Questo fenomeno è descritto in

figura 3 [10]. In questo modo si può passare da una struttura multidominio ad una

struttura a singolo dominio.

Figura 3. Rimozione dei domini magnetici all’aumentare dell’entità del campo magnetico applicato

L’andamento della magnetizzazione è proporzionale all’entità del campo magnetico applicato, fino a quando non si raggiunge il valore di magnetizzazione di saturazione Ms del materiale in esame, per il quale tutti i momenti magnetici sono allineati con le linee di forza del campo ed è quindi impossibile avere un ulteriore aumento della

(19)

19 magnetizzazione. Lo spostamento delle pareti di dominio richiede una spesa energetica proporzionale all’estensione dello stesso dominio. Perciò se l’entità del campo magnetico applicato viene diminuita ad un materiale ferromagnetico portato a saturazione, esso non ripercorrerà la curva di magnetizzazione che lo ha portato al valore di Ms, e a campo nullo presenterà una magnetizzazione residua Mr: si dice che il materiale presenta un’isteresi magnetica. Per smagnetizzare il materiale occorre fornire un’ulteriore quantità di energia sotto forma di campo magnetico opposto rispetto alla magnetizzazione del campione. Tale energia viene sfruttata dal materiale stesso per ricreare la struttura a domini. Questo campo aggiuntivo è detto campo coercitivo Hc, la sua intensità determina l’apertura dell’isteresi e dipende dalla temperatura. In figura 4 è riportato l’andamento generico di una curva di isteresi, ovvero M vs H0.

Figura 4. Andamento di una curva di isteresi generica, in cui si riporta l’andamento della magnetizzazione M in funzione del campo esterno applicato H0.

La suscettività in un materiale ferromagnetico dipende dalla temperatura, dal campo magnetico applicato e dalla microstruttura del materiale, ed è dell’ordine dei 105 cm3 /mol.

(20)

20

L’antiferromagnetismo deriva da momenti magnetici che tendono ad allinearsi in modo antiparallelo, da cui risulterà un sistema con magnetizzazione nulla o comunque molto piccola. Questo comportamento è stato descritto da Néel[11] (Figura

5).

Figura 5. Rappresentazione dell’allineamento dei momenti magnetici in un materiale ferromagnetico (figura a sinistra) e in un materiale antiferromagnetico (figura a destra).

Al dì sotto di una temperatura critica detta Temperatura di Néel (Tn), tutti i momenti magnetici dovrebbero annullarsi e la suscettività dovrebbe essere nulla, ma così non è. I momenti di spin non si compensano completamente e tali interazioni hanno energie caratteristiche. Un materiale antiferromagnetico avrà quindi una magnetizzazione molto piccola, dell’ordine di 10-6 cm3/mol, che decresce con la

temperatura. Per temperature maggiori della Tn, prevale l’agitazione magnetica e il materiale sarà paramagnetico, seguirà la legge di Curie-Weiss e presenterà valori di θ <0.

χ (T) =

𝐶

(21)

21 Dove C è la costante di Curie, T è la temperatura in cui si trova il sistema e Tn è la temperatura di Néel.

Figura 6. Andamento della suscettività magnetica in funzione della temperatura per i diversi tipi di materiali magnetici

Il Ferrimagnetismo è una situazione descrivibile in modo simile alla situazione dei materiali antiferromagnetici e che dà un comportamento analogo a quello dei materiali ferromagnetici, ma con minore intensità, poiché i momenti magnetici dei centri di spin orientati in modo antiparallelo, hanno intensità diverse, quindi la somma vettoriale non porta ad un risultato nullo. Ne deriva una magnetizzazione abbastanza rilevante che dà origine a valori di suscettività elevate: χ ± 1 cm3/mol. Buona parte dei

(22)

22

Figura 7. Grafico di riepilogo degli andamenti della magnetizzazione a bassi campi in funzione del campo esterno per i diversi tipi di materiali magnetici.

2.3 Anisotropia Magnetica

Quando si tratta la magnetizzazione di un materiale, si deve prendere in considerazione la sua anisotropia magnetica. E’ proprio per questo che il momento magnetico di un materiale possiede delle direzioni cristallografiche preferenziali lungo le quali tende ad allinearsi. Tali direzioni vengono chiamate assi facili e le due orientazioni opposte possibili lungo quest’asse sono di solito equivalenti. L’anisotropia magnetica di un materiale dipende da diversi fattori tra i quali la struttura cristallina, poiché dalla struttura deriva una certa distribuzione della densità elettronica, e dalla sua forma: se l’oggetto è sferico, non ci saranno delle direzioni preferenziali di orientazione del momento magnetico in quanto si tratta di un sistema uniforme in tutte le direzioni dello spazio, mentre per oggetti diversi da quelli sferici ci possono essere uno o più direzioni preferenziali. Quando si parla di nanomateriali, all’anisotropia magnetocristallina e di forma, ovvero i due tipi di anisotropia di cui si è già discusso sopra, vanno aggiunte l’anisotropia di superficie, dovuta ai difetti di coordinazione presenti per gli atomi superficiali e che è trascurabile per un materiale

(23)

23 bulk (gli atomi di superficie sono minorirari rispetto al materiale nanostrutturato), e infine vi è l’anisotropia dipolare e di scambio, dovuta ad una possibile interazione tra particelle vicine. L’anisotropia magnetocristallina è una proprietà intrinseca del materiale, legata alla simmetria del reticolo. Quando le dimensioni sono ridotte, anche l’anisotropia di forma acquista particolare importanza: minore è la dimensione, più è alto il numero di dipoli liberi sulla superficie del corpo magnetizzato, e questi generano un campo magnetico all’interno del materiale detto campo demagnetizzante. Nel caso delle nanoparticelle, si può considerare in prima approssimazione, un tipo di anisotropia uniassiale [9] pari a:

E

am

= KV sen

2

θ (12)

La costante di anisotropia totale K è data dalla somma dei singoli contributi, V è il volume mentre θ è l’angolo formato tra il momento magnetico e l’asse facile. Ci possono inoltre essere dei fattori esterni che possono causare anisotropia, tra cui lo stress meccanico che è correlato alla magnetostrizione, cioè ad un cambio di lunghezza nella direzione di magnetizzazione, dovuta all'accoppiamento spin-orbita. La tensione meccanica è correlata a qualsiasi tipo di stress che può agire sul sistema, quindi l'anisotropia può dipendere dallo stato di stress, l’irraggiamento, la deformazione o l’annealing, ma il loro effetto è generalmente di minore importanza rispetto a quelli citati precedentemente.

2.4 Nanoparticelle magnetiche

Un materiale magneticamente ordinato in condizioni standard presenta una struttura a domini ma è possibile in alcuni casi e in certe condizioni, osservare materiali a singolo dominio anche senza che sia necessario magnetizzarli fino alla saturazione. Questo effetto dipende dalle dimensioni del materiale magnetico e si verifica quando tali dimensioni sono minori o uguali a quelli della parete di dominio del materiale presenta quando si trova in forma massiva. In questo caso si tratta di

(24)

24 sistemi/particelle a singolo dominio [10]. Le dimensioni da raggiungere per avere

particelle a singolo dominio dipendono dall’anisotropia del materiale e dalla forza dello scambio tra gli spin, e sono indicativamente nell’ordine di qualche nanometro fino al massimo a circa cento nanometri. Si parla dunque di nanoparticelle magnetiche (MNP) a singolo dominio. Nelle MNP a singolo dominio, in assenza di campi magnetici applicati esterni, dominano le forze di scambio che rendono le particelle magnetizzate uniformemente, quando si passa a dimensioni nanometriche ovviamente il comportamento di ogni materiale subisce delle importanti variazioni. Ciò è dovuto sia alla dimensione finita delle nanoparticelle, sia all’elevato rapporto superficie/volume. Sappiamo come il rapporto superficie/volume sia nettamente aumentato rispetto ad un materiale bulk, dunque il numero di atomi superficiali che si trovano in una situazione energeticamente aumentata è maggiore rispetto al caso del materiale bulk poiché hanno coordinazione incompleta. L’energia interna del materiale è data dalla somma dell’energia bulk ub e di quella di superficie us, moltiplicate rispettivamente per il volume V e per la superficie della nanoparticella A:

U

tot

= U

b

+ U

s

= Vu

b

+ Au

s

(14)

Ovviamente quando le dimensioni sono molto più piccole, il secondo termine prevale sul primo. Per nanoparticelle magnetiche, si devono considerare questi fenomeni sommati a quelli legati al magnetismo: l’energia legata alle pareti di Bloch tra i domini è un’energia superficiale, mentre l’energia legata all’allineamento dei momenti magnetici è un’energia di volume. Andando verso dimensioni inferiori, sarà energeticamente favorita la rimozione delle pareti di Bloch. Cosi’ facendo, ogni nanoparticella diventa a singolo dominio e si comporta come se fosse magnetizzata a saturazione in una sola direzione, ovvero come un magnete permanente.

(25)

25 Il raggio critico al dì sotto del quale una nanoparticella è a singolo domino è dato dall’equazione [12]:

𝑅

𝑐

=

9 σ𝑤

4𝜋𝑀𝑠2

(14)

Dove σw è l’energia di formazione della parete di Bloch per unità di area e Ms è il valore

di magnetizzazione di saturazione. σw a sua volta è definito come:

σ𝑤 = 2 (𝐾2

𝐴2) (15)

Dove K è la costante di anisotropia magnetocristallina e A è la costante di energia di scambio. In queste condizioni la nanoparticella esibisce uno spin gigante, ovvero un singolo momento magnetico dato dalla somma vettoriale di tutti i momenti magnetici allineati contenuti nella nanoparticella [12]. Se si applica un campo magnetico esterno,

si ha una rotazione coerente di tutti gli spin atomici appartenenti alla nanoparticella, che si allineeranno con il campo. In assenza del campo magnetico esterno, il momento magnetico di ogni particella ferro- o ferrimagnetica è orientato casualmente a causa della prevalenza dell’agitazione termica, però non appena si trovano immerse in un campo magnetico, anche di bassa intensità, si orienta nella direzione del campo applicato stesso facendo crescere in modo esponenziale la magnetizzazione totale del

sistema di nano particelle. Questo comportamento è noto come

superparamagnetico, in quanto è governato dalle stesse leggi che descrivono i

materiali paramagnetici, ma che porta ad avere un valore di magnetizzazione molto più elevato anche a campi ridotti, poiché non ci si riferisce al comportamento del momento magnetico di ogni atomo, bensì a quello complessivo di ogni singola particella.

(26)

26

Considerando il caso di un sistema che presenta solo anisotropia uniassiale, per cui l’energia di anisotropia è descritta dall’equazione nel capitolo 2.3 Eam= KV sen2

θ, si

vede che essa presenta due minimi in base all’angolo formato tra momento magnetico e asse facile,quando θ = 0 e per θ = π, separati da un massimo che rappresenta la barriera energetica che deve essere superata per passare da uno all’altro, Eb = KV (Figura 8).

Figura 8. Energia di una nano particella a singolo dominio in funzione dell’angolo che il momento magnetico forma con l’asse di facile magnetizzazione.

L’inversione di magnetizzazione consiste nel passaggio da un minimo all’altro, che non avviene più tramite il movimento delle pareti di Bloch, ma tramite la rotazione del macrospin. Questo cambio di verso del momento magnetico avviene se l’energia termica del reticolo è abbastanza grande da permettere il superamento della barriera di anisotropia. Il tempo tipico tra due inversioni del momento magnetico è detto tempo di rilassamento di Néel τN, definito dall’equazione:

τ

𝑁

=

τ

0

exp ⟦

KV

(27)

27 Dove τ0 è detto “attempt time” che è un fattore pre-esponenziale caratteristico del

materiale, che ha un valore dell’ordine dei 10-9-10-12 s.

Quando si vanno ad eseguire delle misure di magnetometria, si possono ottenere dati diversi a seconda del tempo di misura dello strumento τm. Se τm> τN, la

magnetizzazione avrà il tempo di cambiare orientazione più volte durante la misura e quello che si osserva sarà una media nel tempo della magnetizzazione. Viceversa, nella condizione in cui τm< τN, la magnetizzazione resterà ferma durante la misura e

questo ci permette di misurare una magnetizzazione netta. In quest’ultimo caso la nanoparticella non appare più come superparamagnetica, ma si trova in uno stato “bloccato”. Per un dato tempo di misura, si può quindi ricavare la temperatura di bloccaggio TB partendo dall’equazione precedente:

𝑇

𝐵

=

𝐾𝑉 𝑘𝐵ln(τ𝑚

τ0)

(17)

Ne segue che TB è funzione del metodo di misura utilizzato e crescerà all’aumentare

della velocità della tecnica sperimentale. A parità di tempo di misura, la TB aumenta

all’aumentare della barriera energetica Eb = KV, quindi è proporzionale al volume e

all’anisotropia della particella. Al dì sotto della TB è possibile osservare un’isteresi del

sistema, poiché l’energia termica reticolare non è più sufficiente a far muovere i momenti magnetici delle singole nanoparticelle, che quindi è come se fossero congelati. All’aumentare della temperatura, la distribuzione in prossimità dei minimi dei valori di θ permessi sarà sempre maggiore e la magnetizzazione sarà sempre più libera di oscillare attorno alla direzione individuata dell’asse di facile magnetizzazione fino a raggiungere l’energia sufficiente per superare la barriera. In queste condizioni il materiale si comporta come un paramagnete e la suscettività segue la legge di Curie e la curva di magnetizzazione potrà essere descritta tramite la funzione di Langevin.

(28)

28 Tale funzione è una semplificazione della funzione di Brillouin che viene utilizzata nella trattazione quantomeccanica del paramagnetismo [13]. La funzione di Langevin

descrive come questa magnetizzazione dipende dall’intensità del campo applicato. Per un insieme di MNP superparamagnetiche orientate casualmente, la magnetizzazione a campi bassi può essere descritta come:

M = Ms

L (

χ

) dove

χ

=

µ𝐻

𝑘𝐵𝑇

e L(

χ) = coth (χ) -

1

𝑥

(18)

Per temperature molto alte o campi molto piccoli, ovvero quando x -0, l’equazione di riconduce alla legge di Curie. Al contrario, per campi molto alti o temperatura bassa, quando x- ∞, i momenti magnetici sono tutti allineati con il campo e si osserva quindi una saturazione del sistema.

Le relazioni fin qui riportate valgono solo nel caso in cui si trattano nanoparticelle magnetiche non interagenti, ma nella maggior parte dei casi reali la situazione è ben diversa da quella discussa fin’ora poiché ci sarà un qualche tipo di interazione tra particelle adiacenti. In genere l’effetto di tali interazioni è di far aumentare la barriera di anisotropia e, di conseguenza, la TB [14-15]. Se invece si applica un campo magnetico

parallelo all’asse facile, il risultato sarà quello di rendere favorito uno dei due minimi, ovvero quello che prevede l’orientazione del momento magnetico nel verso del campo magnetico e sfavorire l’altro, secondo l’equazione:

E

am

(θ) = KV sen

2

θ - H

0

M

s

V cos θ (19)

Il secondo termine tende a diminuire con l’energia di anisotropia di una nanoparticella. Se H0 < 2K/Ms, ci sarà un solo minimo e sarà impossibile avere

(29)

29 detto campo di anisotropia e corrisponde al massimo valore di campo coercitivo idealmente raggiungibile da una particella a singolo dominio.

Assumendo che l’angolo tra l’asse facile del materiale e il campo magnetico esterno sia ɑ = π/2, il campo applicato sarà in grado di generare un momento torcente della magnetizzazione, che tende a farla ruotare lasciando invariato il suo modulo, fino a che essa non si troverà allineata con il campo. Andando poi a diminuire l’intensità del campo applicato, si troverà una rotazione opposta, con la magnetizzazione che torna verso l’asse facile. Questo comportamento è totalmente reversibile e non genera dunque alcun tipo di isteresi [1]. Nel caso opposto, campo e magnetizzazione giacciono sullo stesso asse (ɑ = π): non c’è quindi alcun momento torcente che possa agire sulla magnetizzazione e l’unico modo che ad essa rimane per allinearsi con il campo magnetico esterno è invertirsi lungo l’asse facile. Questo fenomeno però avviene con un certo ritardo a causa delle forze di anisotropia che si oppongono al ribaltamento. Quando l’intensità del campo magnetico esterno è tale da permettere alla magnetizzazione di superare la barriera energetica anisotropia, essa ruota di 180 °, creando dunque una discontinuità e infine un’isteresi. Nel caso di una distribuzione casuale degli assi di facile magnetizzazione rispetto al campo esterno, ci troveremo in una situazione intermedia tra i due casi sopra descritti, quindi si avrà una combinazione dei due comportamenti che porta ad uno smussamento della curva di isteresi; in questo caso la magnetizzazione non farà un salto netto di 180 °, ma subirà anche una torsione.

(30)

30

2.5. Proprietà magnetiche di nanoparticelle su superficie

La driving force per l’assemblaggio spontaneo delle nano particelle magnetiche sulla superficie origina delle interazioni magnetostatiche dipolo-dipolo [16,17]. Le interazioni

dipolo-dipolo sono direzionali e possono essere attrattive o repulsive a seconda delle orientazioni dei singoli dipoli. L’energia delle interazioni dipolo-dipolo tra due MNP con momenti m1 e m2 corrisponde al lavoro necessario per portare le due particelle da una distanza infinita ad una distanza r:

𝐸

𝑑𝑑

=

𝑚1𝑚2 − 3 (𝑚1𝑟)(𝑚2𝑟)

4𝜋µ𝑜𝑟3

(20)

Dove r rappresenta il vettore che connette la particella 1 e la particella 2. L’energia diminuisce linearmente con il volume delle particelle e dunque può risultare troppo debole per influenzare l’assemblaggio di nano particelle di dimensioni ridotte. Se le nanoparticelle sono in uno stato superparamagnetico, le interazioni dipolo-dipolo sono più deboli e scalano con la distanza come r-6:

𝐸

𝑑𝑑

(𝑟) = −

(𝑚1𝑚2)2

48𝜋2𝑘𝐵𝑇𝑟6𝜇0 2

se

𝑚1 𝑚2

4𝜋𝑟3𝜇0 << 6 𝑘𝑏

𝑇 (21)

Il dato generale in accordo con tali equazioni è che all’aumentare della distanza interparticellare, la TB diminuisce. Tuttavia quando abbiamo a che fare con nano

particelle su superficie organizzate in monostrati, ci sono altri fattori da prendere in considerazione, tra cui: le MNP possono risentire dell’anisotropia di forma data dalle interazioni dipolari nel piano del monostrato, che porta le MNP organizzate su superficie di avere una TB maggiore rispetto alle polveri [18].

(31)

31 La proprietà magnetiche di uno strato di MNP dipendono principalmente dal materiale di costituzione, che gli impartisce le caratteristiche magnetiche intrinseche quali anisotropia magnetica e momento magnetico, secondariamente dalla loro forma e dimensione (quindi dal rapporto superficie/volume), e da come sono organizzate sul supporto. Un’elevata distanza tra MNP implica la formazione di nanomagneti individuali utili per la fabbricazione di dispositivi ad alta densità, mentre in un denso assembramento di MNP si ritrovano proprietà magnetiche collettive utilizzabili per la realizzazione di sensori e dispositivi magnetoresistivi [19].

Le interazioni magnetiche tra particelle, in modo analogo a quelle tra i singoli atomi, possono essere dipolari o di scambio. Queste interazioni possono portare ad un’importante variazione di alcuni parametri caratteristici delle MNP, tra i quali la temperatura di bloccaggio. Per questo motivo il controllo di queste interazioni risulta essere importantissimo per modulare le proprietà magnetiche collettive delle MNP. Questo viene spesso ottenuto congelando sospensioni a varie concentrazioni di MNP, o diluendole in matrici inerti [20]. E’ stato determinato che la distanza minima per avere

MNP di magnetite dal diametro di 7 nm non interagenti è pari a 15,7 nm [20]. Il

problema principale si pone quando si vogliono studiare le proprietà magnetiche ad alta concentrazione, poiché vi è una certa facilità ad andare incontro all’aggragazione delle MNP. Le MNP tendono ad aggregarsi quando l’energia di interazione tra le particelle è maggiore di kbT. Per evitare questo processo si cerca di portare avanti la

sintesi utilizzando dei metodi che prevedono la decomposizione termica in solventi alto bollenti organici e in presenza di molecole organiche di varie dimensioni che fungono da tensioattivi. Queste ultime vanno a formare un coating di spessore variabile a seconda della loro dimensione e agiscono da separatori tra le varie nanoparticelle, inoltre permettono di avere un migliore controllo sulle dimensioni delle nanoparticelle durante la sintesi e questo si traduce anche in un migliore

(32)

32 controllo delle proprietà magnetiche dei sistemi che sappiamo essere fortemente dipendente delle dimensioni.

2.6. Ipertermia

L'incidenza delle malattie del cancro nei paesi industriali sta crescendo ad un ritmo elevato, quindi la ricerca sul miglioramento dei trattamenti standard e lo sviluppo di terapia innovative rappresentano una sfida importante in campo di ricerca. I trattamenti standard sono chirurgia, irradiazione e chemioterapia oppure loro combinazioni, a seconda del paziente e del tumore specifico. Oltre a questi trattamenti, uno recente e promettente è il trattamento per ipertermia o ipertermia clinica, che consiste nell'aumento della temperatura delle cellule tumorali (da 40 a 41 ° C fino a 45 ° C), al fine di indebolirle o distruggerle. I tessuti tumorali sono più sensibili alle alte temperature rispetto alle cellule sane, hanno un valore di pH più basso, carenza di ossigeno e scarsa nutrizione vascolare. Le cellule tumorali sono estremamente sensibili ai danni termici, rendendo così l'ipertermia una valida terapia complementare rispetto quelle standard. Il calore viene "intrappolato" nel tessuto tumorale che porta all'apoptosi, ovvero al processo fisiologico di morte cellulare. Tra la moltitudine di concetti di terapia alternativa, l'ipertermia ha dimostrato di avere effetti sinergici con trattamenti standard, ma anche il solo trattamento dell'ipertermia può danneggiare il tessuto tumorale. Per quanto riguarda la temperatura della terapia, la letteratura distingue diverse classi:

-ipertermia adiuvante in cui la temperatura massima raggiunta è di 38-41 ° C. È applicata in combinazione con altre terapie (chemioterapia o radioterapia);

-ipertermia che mira ad un debole aumento della temperatura a circa 42–45 ° C, per un danno irreversibile di cellule senza necrosi tissutale;

(33)

33 -termoablazione, raggiungendo temperature superiori a 50 ° C; in questo caso, la necrosi completa dei tessuti può essere ottenuta in pochi minuti di trattamento.

2.6.1. Tecniche per il trattamento dell’ipertermia

Le attuali modalità per l'ipertermia tumorale possono essere classificate in base alle dimensioni e natura del bersaglio riscaldato, da tutto il corpo al livello delle cellule tumorali [21]. Un ulteriore classificazione prende in considerazione il tipo di fonte di

riscaldamento utilizzata:

-applicatori senza contatto (ovvero ultrasuoni, microonde, radiofrequenza e dispositivi a infrarossi);

-fonti di riscaldamento impiantate (es. sonde, antenne, fibre laser e mediatori).

Il trattamento di ipertermia classica viene realizzato utilizzando onde elettromagnetiche con differenti frequenze, come ultrasuoni (0,3-3 MHz), radiofrequenze (inferiore a 0,1-100 MHz) e microonde (tra 100 MHz e 2450 MHz). L'ecografia penetra più a fondo del tessuto adiposo rispetto al muscolo e consente di focalizzare l'energia anche su piccoli volumi in profondità. I limiti per l'applicazione clinica dell'ultrasonoterapia sono correlati al dolore intollerabile dovuto al forte assorbimento da parte delle ossa, che non consente di raggiungere temperature adatte nel 50% dei pazienti. Poiché le microonde hanno una profondità di penetrazione di pochi centimetri e le radiofrequenze decine di centimetri, le prime sono utilizzate per trattamenti superficiali, le seconde per trattamenti più profondi. Tutti questi metodi presentano una mancanza di selettività, con un riscaldamento indesiderato del tessuto sano, come effetto collaterale. Inoltre, è difficile riscaldare selettivamente una certa area alle temperature desiderate a causa della continua dissipazione del calore. Più recentemente, la ricerca si è concentrata sul posizionamento di fonti di riscaldamento, di dimensioni che vanno dal macroscopico

(34)

34 alla nanoscala, nel centro nevralgico del tumore (tecniche interstiziali), in modo che possano farlo agire come mediatore convertendo l'energia elettromagnetica in calore direttamente in situ, quando esposto a un campo elettromagnetico esterno. È importante sottolineare che quando si tratta di onde elettromagnetiche in un intervallo adeguato di ampiezza e frequenza il corpo umano è trasparente alla componente magnetica dell'onda ma non a quella elettrica. In questo quadro, l'ipertermia magnetica è senza dubbio una delle più promettenti tecniche. Consiste in un rilascio di calore da parte di specifici mediatori induttivi, collocati nel tessuto tumorale, durante l'esposizione a un campo magnetico alternato di frequenza ed ampiezza appropriate. In questo modo, il calore è limitato alla regione tumorale, salvando i tessuti sani che, essendo per natura privi di mediatori induttivi, sono trasparenti al campo magnetico alternato, perché la componente del campo elettrico è fortemente ridotta. A tal fine, possono essere utilizzati diversi mediatori induttivi, come gli impianti elettroconduttivi o ferromagnetici (aghi o semi di dimensioni micrometriche), direttamente collocati all'interno del tessuto tumorale mediante chirurgia. Nell'ultimo decennio, gli studi si stanno concentrando sull'uso di soluzioni colloidali di NP magnetiche (MNP) che offrono l'opportunità di indirizzarle direttamente verso il tumore attraverso il sangue, senza ricorrere alla chirurgia. Questo approccio è chiamato ipertermia fluido magnetica (MFH).

2.6.2. Ipertermia fluido magnetica (MFH)

Le soluzioni colloidali di MNP offrono numerosi vantaggi rispetto ai cristalli macro- e microscopici utilizzati negli impianti ferromagnetici:

-a causa delle dimensioni ridotte possono essere trasportati attraverso il flusso sanguigno limitando la diffusione del cancro e le metastasi, oltre a raggiungere tumori piccoli e chirurgicamente non rimovibili;

(35)

35 -la loro introduzione nei tessuti è potenzialmente meno invasiva in quanto non richiede chirurgia preliminare, che sarebbe possibile utilizzare solo per tumori di grandi dimensioni e accessibili;

-la loro superficie può essere facilmente funzionalizzata mediante innesto di polimeri invisibili e specifiche molecole bersaglio;

-l'uso di un campo magnetico esterno potrebbe aiutare a indirizzare le particelle a un tessuto specifico.

La fattibilità del trattamento del cancro attraverso MFH è stata dimostrata da un gruppo di Andreas Jordan al MagForce Charité Hospital di Berlino, che ha eseguito studi clinici MFH su pazienti affetti da tumore multiforme alla prostata e pancreas [22].

Significativi benefici nel trattamento di questi tumori sono stati riportati dopo una combinazione di radioterapia e MFH, utilizzando come mediatori magnetici delle NP a magnetite 12 nm rivestite con amminosilano, impiantato direttamente nella massa tumorale ad alte dosi (circa 30 mg / cm3 di tessuto). Nonostante il grande potenziale

di questa promettente terapia, al momento un'importante limitazione allo sviluppo e l'applicazione clinica di routine è rappresentata dall’alto tasso di perdita nel tessuto bersaglio. Quindi, l'unico modo possibile per rendere la tecnica applicabile è l'implementazione delle proprietà ipertermiche delle MNP utilizzate come mediatori MFH.

Il parametro comunemente usato per riportare l'efficienza ipertermica è il tasso di assorbimento specifico (SAR, Specific Absorption Rate), definito come l'energia convertita in calore per unità di massa (in W/g). Per MNP di magnetite e maghemite riportate in letteratura, i valori SAR variano tra 10 e 200 W / g, in base ai valori dei parametri di campo utilizzati. Di recente sono stati utilizzati diversi sistemi alternativi all'ossido di ferro, concentrandosi principalmente sul potenziamento della SAR attraverso l’aumento del momento magnetico. I materiali studiati includono metalli

(36)

36 puri come Co [23], leghe metalliche come FePt [24], sistemi core-shell come Fe3O4 @

Fe, Au@Fe3O4 e Au@Co [25] e ferriti drogate [26]. L'efficienza ipertermica degli ossidi

di ferro è buona ed è stata dimostrata sia teoricamente che sperimentalmente per frequenze dell'ordine di poche centinaia di kHz. La SAR si ottiene per dimensioni comprese tra 15-20 nm per la magnetite [27, 28] e 20-25 nm per la maghemite [28, 29].

Gran parte della ricerca nel settore è ora focalizzata sulla riduzione della dimensione del nucleo magnetico mantenendo valori SAR ragionevolmente elevati. In effetti, dimensioni maggiori delle nanoparticelle possono portare più facilmente alla formazione di aggregati e, di conseguenza, all'ostruzione dei vasi sanguigni, un fenomeno che dovrebbe essere totalmente evitato, mentre è noto che le nanoparticelle più piccole hanno un tempo di circolazione più lungo e quindi una maggiore probabilità di raggiungere l'obiettivo, promuovendo un migliore assorbimento cellulare. Inoltre, l'uso di NP più piccole permette di introdurre nel corpo umano una quantità ridotta di materiale. Perciò l'uso di materiali magnetici con grande anisotropia magnetica si sono rivelati un'ottima strategia. Uno dei più evidenti esempi è la sostituzione parziale o totale del ferro bivalente delle spinello-ferriti con cobalto bivalente (spinello-ferriti CoxFexO4 o CoFe2O4), ottenendo valori SAR 3-5 volte più grandi di quelli di ossido di ferro di dimensioni simili [30].

2.6.3. Meccanismi di generazione del calore

L'interazione dei campi elettromagnetici con la materia è generalmente accompagnata dalla generazione di calore. Il meccanismo coinvolto dipende dalle caratteristiche del campo elettromagnetico (frequenza e ampiezza) nonché sulle proprietà del materiale. La frequenza e l'ampiezza del campo devono essere scelte correttamente. In effetti, la conduttività elettrica del tessuto biologico è sufficientemente elevata da permettere alla componente elettrico del campo elettromagnetico di causare un riscaldamento non selettivo dei tessuti cancerosi e

(37)

37 sani a causa della generazione di correnti parassite. Quest'ultimo dipende dal quadrato di (H f D) dove si trova che H è l'ampiezza del campo, f la frequenza e D il diametro del circuito di corrente indotta. In generale, le frequenze e le ampiezze compatibili con gli organismi viventi sono 0,05 <f <1,2 MHz e 0 <H <15 kA / m. Brezovich ha valutato sperimentalmente il campo magnetico che produce questi valori della frequenza e dell'ampiezza e lo ha trovato inferiore a 4,85 × 108 A m-1 S-1.

Esso potrebbe essere applicato in modo sicuro senza indurre alcun loop di corrente nel corpo, e da allora questo valore è stato preso come la soglia di tolleranza umana

[31]. Questo prodotto può essere superato se si va a trattare una regione corporea di

diametro inferiore oppure secondo la gravità della malattia: ciò porta ad innalzare la soglia di tollerabilità a 5 × 109 A m-1S-1. Di conseguenza, questo limite deve essere

preso in considerazione per un'ottimizzazione della potenza di riscaldamento specifica di MNP.

(38)

38

3.Tecniche di caratterizzazione.

La caratterizzazione dei nanomateriali e delle nanostrutture è incentrata sulle tecniche di analisi della superficie e sui metodi di caratterizzazione convenzionali sviluppati per materiali a livello massivo. Ad esempio, la tecnica XRD è stata ampiamente usata per la determinazione della cristallinità, delle strutture cristalline e delle costanti reticolari di nanoparticelle, nanofili e film sottili, mentre le microscopie elettroniche SEM e TEM, insieme alla diffrazione elettronica, sono comunemente usate nella caratterizzazione delle nanoparticelle [7].

3.1 Microscopia elettronica a trasmissione (TEM)

Le tecniche di microscopia elettronica forniscono poteri risolutivi mille volte maggiori rispetto a quelle ottiche. In determinate condizione, un fascio di elettroni accelerato con una differenza di potenziale di circa 50-100 kV e un potere risolutivo d= 0.3 nm, si riesce a passare da circa 1500 x (numero di ingrandimenti del microscopio ottico) a circa 1000000 x (numero di ingrandimenti del microscopio elettronico). In un microscopio elettronico si trova una sorgente di elettroni che si muovono in condizioni di alto vuoto e vengono focalizzati da lenti elettromagnetiche su uno schermo, che alla fine fornirà l’immagine. Non si possono però analizzare campioni allo stato liquido poiché questi evaporano in condizioni di alto vuoto. Esistono due tipi di microscopi elettronici: TEM e SEM.

Il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) è uno strumento che consente di ottenere informazioni su forma e dimensioni degli oggetti in studio. La risoluzione massima che si può ottenere con un microscopio dipende dalla lunghezza d’onda λ della radiazione utilizzata per formare l’immagine, dall’indice di rifrazione n del mezzo, e dall’apertura angolare θ dell’obiettivo, secondo l’equazione:

𝑑 =

λ

(39)

39

In microscopia ottica il limite fisico con il quale si deve fare i conti è pertanto rappresentato dalla lunghezza d’onda della luce, in microscopia elettronica questo limite viene superato utilizzando come radiazione un fascio elettronico, che permette di arrivare a risoluzioni inferiori all’ordine dei nanometri. Gli elettroni, come tutta la materia, possiedono una duplice natura corpuscolare-ondulatoria, e la loro lunghezza d’onda è data dalla relazione di De Broglie:

λ =

h

mv

(2)

dove ℎ è la costante di Plank, ed

m

e

v

sono rispettivamente massa e velocità degli elettroni del fascio. La velocità degli elettroni del fascio è data dalla differenza di potenziale utilizzata per accelerarli, in genere dell’ordine dei 100 kV. Potenziali di questa intensità accelerano gli elettroni a velocità semi-relativistica: la loro velocità si avvicina a quella della luce, e ciò fa sì che non vi sia quasi mai più di un elettrone contemporaneamente in colonna; ad ogni modo, data la loro elevata velocità, ne transita un elevato numero. Focalizzando il fascio con un complesso sistema di lenti elettromagnetiche è possibile arrivare a risoluzioni di pochi Angstrom, ovvero tre ordini di grandezza inferiori rispetto a quanto si può ottenere utilizzando la luce visibile. In un normale strumento TEM, gli elettroni vengono emessi da un cannone elettronico (sorgente) che deve avere alta brillanza e deve essere il più piccolo possibile, in modo da facilitare la loro convergenza verso un unico punto del campione. Il cannone elettronico può essere costituito da:

1) Un catodo a base di esaboruro di tungsteno: ha un costo minore ma brillanza e vita media limitata poiché nell’alto vuoto il filamento sublima e si consuma

(40)

40

rapidamente. Dopo di che, non si può sostituire solo il filamento bensì tutto il cannone elettronico.

2) Un catodo a base di esaboruro di lantanio, che sottoposto a corrente emette gli elettroni in un intervallo di energia ristretto. Ha un costo maggiore ma offre vita media e brillanza migliori.

3) In alternativa, si può utilizzare una sorgente ad effetto di campo che emette elettroni per effetto di un campo elettrico creato dall’applicazione di una differenza di potenziale da una punta molto appuntita. Per quanto riguarda brillanza e vita media, offre risultati migliori, ma richiede vuoti molto spinti (± 10-9 torr).

Gli elettroni emessi dalla sorgente vengono accelerati dall’anodo e collimati attraverso un cilindro. Una volta superato l’anodo il fascio viene ulteriormente focalizzato con delle lenti elettromagnetiche, per poi venir accelerato da un’elevata differenza di potenziale ed andare ad impattare sul campione (Figura

1).

(41)

41 Figura 2. Schema dell’interno di un microscopio TEM.

Il fascio elettronico allineato attraversa un campione ultrasottile (± di spessore inferiore a 100 nm) interagendo con i suoi atomi. L’ingrandimento si ottiene deviando il fascio elettronico, che arriverà su uno schermo fluorescente e produrrà un’immagine ingrandita, osservabile da un sistema binoculare. A bassi ingrandimenti, si vedrà l’effetto dovuto al diverso assorbimento del campione, a sua volta dovuto dal diverso numero atomico degli atomi componenti o dal diverso spessore. Il campione viene introdotto nello strumento e deve essere supportato. Il portacampioni è un anello di metallo contenente dei fori aventi diametro di 3 mm e spessore di 0,3 mm e deve permettere al campione di fare determinati movimenti: tre lineari rispetto le direzioni perpendicolari di esso, in modo da

(42)

42

sistemarlo lungo l’asse ottico e due angolari (inclinati rispetto all’asse) per poterne gestire l’angolazione. Le maglie hanno la dimensione di circa 100 μm per lato ed è il punto in cui è sospeso il campione tramite un velo di materiale robusto e trasparente a base di carbonio tale da sostenerlo. Si possono fare due tipi di osservazioni, in campo chiaro e campo scuro, selezionando i fasci elettronici che attraversano il campione tramite dei diaframmi che oscurano una parte del campo e raccolgono i raggi che attraversano un punto o un altro del campione. In campo chiaro il fondo dell’immagine appare chiaro e si osserva un’immagine che dipende dal diverso assorbimento del campione mentre in campo scuro si avrà un fondo dell’immagine scuro e si osserva diffrazione perché gli elettroni si comportano come i raggi X. Per quanto riguarda i contrasti, si può avere:

1) Contrasto di ampiezza: legato allo scattering incoerente elastico che è proporzionale al numero atomico, densità e spessore del campione; Spessori maggiori portano a scattering multipli, per cui le zone in cui ci sono atomi con numero atomico maggiore diffondono di più. In campioni cristallini però compete con la diffrazione che segue la legge di Bragg, per cui ci saranno piccoli angoli di diffrazione per λ minori.

2) Contrasto di diffrazione: legato allo scattering coerente elastico. Se un dominio o una zona del campione diffrange rispetto ad un’altra zona, si avrà un contrasto legato agli elettroni rimossi dal fascio trasmesso.

3) Contrasto di fase: legato all’interferenza tra fasci di diffrazione che portano ad una differenza di fase tra loro, da cui si possono ottenere informazioni sulle distanze interplanari tramite l’utilizzo di un TEM ad alta risoluzione (HRTEM).

(43)

43

1) Utilizzando il fascio diretto, ovvero quello degli elettroni trasmessi, si ottiene un, immagine in bright field (BF-TEM). Il contrasto si forma come riduzione dell’intensità del fascio diretto in seguito all’interazione col campione, che provoca uno scattering maggiore o minore degli elettroni a seconda della composizione del campione stesso. Il contrasto dipende anche dallo spessore, orientazione del campione ed anche dal numero atomico delle particelle che vi si trovano e dalla presenza di eventuali difetti; 2) Utilizzando il fascio diffratto, ovvero spostando l’apertura nel piano focale lontano dal fascio diretto, in corrispondenza di una specifica direzione di diffrazione coerente dovuta a alcune specie presenti nel campione, si ottengono immagini in dark field (DF-TEM). In questo caso il contrasto è dato dalle singole specie cristalline, che diffrangendo risultano più chiare, cambiando la posizione dell’apertura sarà possibile avere un contrasto dovuto ad un’altra specie presente;

3) Utilizzando un’apertura più ampia si permette invece a entrambi i tipi di raggi di attraversare l’obiettivo: si forma così un‘immagine detta “a contrasto di fase” data dall’interferenza tra i due. Opportuni trattamenti dell’immagine permettono in questa modalità di raggiungere la risoluzione atomica (HR-TEM).

3.2. Microscopio elettronico a scansione (SEM)

Il microscopio elettronico a scansione (SEM) è uno strumento di analisi molto diffuso. Lo schema generale di un microscopio SEM è mostrato in figura 3. E’ presente una sorgente, il catodo caldo, immerso in alto vuoto da cui partono gli elettroni: più è alto il vuoto, maggiore è la distanza percorsa dagli elettroni che vengono accelerati da una differenza di potenziale compresa tra 1-50 KeV. Il potere risolutivo dipende dalle dimensioni dello spot (nell’ordine dei nanometri). All’uscita del cannone elettronico, il fascio in uscita ha una sezione di circa 10-50 nm. Poi è presente un sistema di collimazione costituito da lenti elettromagnetiche che focalizzano il fascio sul campione con uno spot di diametro compreso tra 0,4 e 5 nm. Nella parte finale dello

(44)

44

strumento si trova un avvolgimento che crea un campo magnetico variabile che fa percorrere agli elettroni una determinata traiettoria: tale avvolgimento si sposta e fa muovere gli elettroni su traiettorie parallele fino a coprire un’area detta raster. La sorgente deve avere alta brillanza e deve essere la più piccola possibile per facilitare la convergenza degli elettroni in entrata in un unico punto del campione e, come nel caso del microscopio TEM, si possono utilizzare 3 diverse sorgenti, di cui si è discusso nella sezione 3.1:

1) Filamento di W/Re; 2) Filamento a base di LaB6; 3) Sorgente ad effetto di campo.

(45)

45

Il SEM è privo di lente obiettiva e l’ingrandimento è prodotto dal rapporto dimensionale tra la linea di scansione del raster del campione e la corrispondente linea sullo schermo del computer, e varia da 10 a 500000 x.

Il fascio elettronico incide sulla superficie del campione e interagisce con i suoi atomi subendo:

- Scattering elastico: la probabilità di interazione tra elettroni del fascio e atomi del campione è proporzionale al quadrato del numero atomico degli atomi che costituiscono il campione (Z2), inversamente proporzionale al quardrato dell’energia del fascio elettronico (E2) e dipende dall’angolo di incidenza sulla superficie;

- Scattering anelastico: l’energia degli elettroni del fascio viene ceduta per interazione del campione e può produrre l’eccitazione dei plasmoni, degli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione, eccitazione dei fononi, radiazione di frenamento dovuta alle deviazioni degli elettroni e la ionizzazione di elettroni che stanno nei livelli energetici più profondi con conseguente emissione di raggi X oppure di elettroni di Auger se gli atomi sono più leggeri. Ciascuno dei processi citati comporta un diverso meccanismo,una diversa probabilità di interazione (sezione d’urto) ed un diverso cammino libero medio. Ciò si traduce in una diversa profondità di penetrazione nel campione e dunque in una diversa informazione che si può ricavare dai diversi prodotti di tali interazioni. Attraverso una simulazione Montecarlo dei diversi possibili cammini degli elettroni del fascio e dei vari prodotti dello scattering è possibile calcolare quale sia il volume del campione interessato a questa interazione,ovvero il volume interessato dall’osservazione al SEM(figura 4). Il volume interessato ha una tipica forma a pera che si allarga man mano che si scende sotto la superficie. La profondità di penetrazione dipende dall’energia del fascio primario,ma è comunque dell’ordine di 100-300 nm.

(46)

46 Figura 4. Profondità di penetrazione per ognuno dei processi che si possono creare per interazione tra atomi del campione e fascio di elettroni primario.

- Elettroni Auger: profondità di penetrazione fino a 10 Å;

- Elettroni secondari: emessi dal campione per urto con gli elettroni del fascio e con profondità di penetrazione tra 50-100 Å,

- Elettroni backscattered: fino a 2000 Å; sono elettroni del fascio deviati dai nuclei che tornano indietro, più ci si abbassa, più il profilo della pera si allarga. Il disco da cui si misurano questi elettroni ha un diametro più grande della sezione del fascio e la risoluzione è molto più bassa.

Riferimenti

Documenti correlati

Tra le misurazioni effettuate, quella di Via Lungomonte a S.Maria a Monte risulta essere un elemento della popolazione atipico essendo l’effetto calming lungo

tecniche di imaging, descritte brevemente nel seguito, richiedono molte volte degli agenti di contrasto e il presente lavoro di tesi è rivolto alla sintesi di un sistema

Il cerchio esterno nella figura di sinistra appare più grande di quello interno nella figura di destra.. •

Spettri di assorbimento e di emissione di fluorescenza, effetti di polarità del mezzo, determinazione rese quantiche, tempi di vita….

Sappiamo infatti che nell’arabo pre-coranico ḥikma significa anche “massima”, “detto sapienziale”, e che è stato spesso usato anche come collettivo, col

All the reflections carried out by the project IAO/Gender touch on the issue of food security, currently at the heart of all discussions on how to guide policies for rural

La parte destra del cervello cerca di dire il colore ma la sinistra insiste per leggere il

In sharp contrast to the GI and feeding phenotypes, the analysis of compound mutants revealed that absence of D1 dominates the phenotype of D2 heterozygotes, or D1 deficiency alters