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La cooperazione bilaterale tra l'Italia e i Paesi del Sud-est Asiatico. Case studies: Singapore, Vietnam e Filippine.

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Non si volta chi a stella è fisso.

Leonardo Da Vinci

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Indice

INTRODUZIONE ALLA TESI 4

CAPITOLO I

LA COOPERAZIONE POLITICA TRA L’ITALIA E I PAESI DEL SUD-EST ASIATICO

1.1.Introduzione 7

1.2. Singapore: da malsana città portuale a Hub commerciale e finanziario di

importanza globale. Una meta imprescindibile per gli interessi italiani. 11

1.3. Il Vietnam del Doi Moi: partner strategico per l’Italia in Asia. 20

1.4 Dalla scoperta delle “Islas de Oriente” all’Amministrazione del “Castigatore”.

Filippine e Italia: Alleati nella lotta contro l’ISIS. 34

CAPITOLO II

LA COOPERAZIONE ECONOMICA TRA L’ITALIA E IL SUD- EST ASIATICO

2.1 Introduzione 47

2.2 Singapore business hub dell’ASEAN: grande fortuna per le PMI italiane. 55

2.3 Il Vietnam e la ristrutturazione dell’economia: grande opportunità per l’Italia. 62 2.3 Le aziende italiane sbarcano a Manila. Riuscirà a realizzarsi un altro Miracolo

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3 CAPITOLO III

LA COOPERAZIONE MILITARE TRA L’ITALIA E I PAESI DEL SUD- EST ASIATICO

3.1. Introduzione 79

3.2. Italia- Singapore: una cooperazione militare necessaria per realizzare la Total

Defence singaporiana 81

3.3. Le ambizioni del Vietnam e l’ammodernamento delle sue forze armate: opportunità

per il comparto industriale italiano. 93

3.4. L’Italia in prima linea nel tentativo di supportare il difficile ammodernamento delle

forze armate filippine 103

CAPITOLO IV

UE-ASEAN:UN PARTENARIATO CON OBIETTIVI STRATEGICI

4.1. Introduzione 114

4.2. Principali risultati della Cooperazione UE-ASEAN 124

4.3.Prospettive e questioni future 130

CONCLUSIONI 133

BIBLIOGRAFIA 139

SITOGRAFIA 148

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INTRODUZIONE ALLA TESI

Lo scacchiere geopolitico del Sud-est asiatico, da teatro di ostilità dei blocchi sovietico e atlantico durante la guerra fredda, è divenuto il nucleo focale degli interessi strategici delle grandi e medie potenze globali e regionali. E’ proprio in questa parte di mondo che si gioca la competizione tra i Paesi più forti dell’area, Cina, Giappone e India, e dopo che nel 2008 la crisi ha investito le economie degli Stati Uniti e dell’Europa, è proprio nel “cortile di casa” di Pechino che si concentrano gli sforzi per la crescita e lo sviluppo di mercati regionali alternativi a quelli storicamente di riferimento. Il mercato asiatico fa gola un po’ a tutti ma soprattutto è conteso in una sorta di tiro alla fune da due titani: Stati Uniti e Cina.

In tale contesto l’Italia, senza timidezza e come una media potenza mondiale, ha rivolto lo sguardo verso est e, focalizzata ad innescare un processo di internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale e ad accrescere le opportunità di investimento nella regione più dinamica del mondo, ha avviato un interessante e profondo dialogo con i Paesi dell’ASEAN.

Il processo di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano e la sua espansione necessitano infatti di un grande attivismo sia a livello bilaterale, con il rafforzamento delle relazioni Paese-Paese, sia a livello multilaterale, con il potenziamento dell’attività diplomatica e l’acquisizione di un ruolo di influenza come partner privilegiato nelle organizzazioni della regione sud-orientale.

L’obiettivo della tesi è proprio quello di analizzare le relazioni che l’Italia ha instaurato in quest’area, andando ad investigare i diversi ambiti in cui ciò è avvenuto, non solo quello propriamente economico ma anche quello politico-diplomatico e militare. Lo studio si soffermerà in particolar modo su tre dei Paesi che appartengono all’ASEAN:

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5 Singapore, Vietnam e Filippine. Tre Paesi tanto vicini per costumi, religione e ideali e legati all’interno della stessa organizzazione, quanto distanti per storia, economia e sviluppo sociale. La disomogeneità all’interno dell’area è tale da presentarci tre Stati con tre diversi livelli di sviluppo socio-economico proprio per questo interessanti da analizzare come test case dell’azione italiana: Singapore, una delle cinque “Tigri Asiatiche”, il Vietnam, un Paese ormai di media industrializzazione e per finire le Filippine, uno Stato che solo recentemente ha visto decollare la propria economia e che ha ancora molte questioni interne da risolvere.

L’elaborato si sviluppa in quattro capitoli. Il primo si occupa dell’ambito politico e, dopo un excursus sulla storia e sull’evoluzione dei tre Paesi, ripercorrerà, dalla sua nascita, il percorso di collaborazione politica e diplomatica messo in atto a livello bilaterale con l’Italia. Le visite di vertice, gli accordi politici e i partenariati strategici hanno permesso all’Italia di realizzare una cornice politica entro cui lavorare per migliorare le relazioni economiche con questi Paesi?

Si cercherà di rispondere a questa domanda nel secondo capitolo: in esso infatti verrà approfondita la cooperazione economica bilaterale e ci si soffermerà sulle grandi opportunità commerciali e finanziare che questi Paesi possono offrire al Sistema Italia. A tal proposito verranno dettagliatamente riportati i traguardi raggiunti a livello economico e commerciale e delineati i possibili obiettivi futuri.

Nel terzo capitolo il lavoro di analisi si dedica ad un altro elemento cardine per le relazioni tra Stati: la cooperazione militare. In un contesto regionale così delicato e di estrema valenza geopolitica, è indiscusso il ruolo che la componente militare svolge nello stabilire il rapporto di forze e il peso che ogni Stato ha nelle questioni di carattere strategico. Nelle pagine che seguono verranno messi in evidenza infatti, per ognuno dei tre Paesi, il processo di ammodernamento attuato per le forze armate, i punti di forza e allo stesso tempo le debolezze e le criticità delle strutture militari. Infine sarà posto

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6 l’accento sul ruolo svolto dall’Italia nel processo di ammodernamento delle compagini militari e i traguardi raggiunti anche in questo delicato settore.

Il quarto capitolo infine si dedica all’analisi di una cooperazione più ampia, di livello regionale, tra due organizzazioni: l’Unione Europea e l’ASEAN. Verrà ripercorso il processo di formazione del legame attualmente esistente e verranno analizzati tutti i settori di cooperazione, le differenze e le similitudini tra le due strutture, compresi i traguardi raggiunti e le questioni ancora da risolvere.

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CAPITOLO I

LA COOPERAZIONE POLITICA TRA L’ITALIA E I PAESI DEL

SUD-EST ASIATICO

1.1. Introduzione

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un sostanziale aumento dell’attenzione italiana verso l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN, Association of South

East Asian Nations)1 nel quadro di un accresciuto interesse generale nei confronti di tutta la regione dell’Asia orientale2. Istituita l’8 agosto del 1967 a Bangkok, ad oggi l’ASEAN

è un’organizzazione politica ed economica che raggruppa dieci Paesi (Thailandia, Indonesia, Malaysia, Filippine e Singapore, Sultanato del Brunei, il Vietnam, il Laos e il Myanmar e la Cambogia) ed ha come obiettivo la crescita economica, lo sviluppo sociale e culturale nella regione attraverso uno sforzo basato sullo spirito d’uguaglianza e di collaborazione reciproca3, per sostenere la fondazione di una Comunità prospera e

pacifica tra le Nazioni del Sud-est asiatico4. L’Associazione si è sempre adoperata per la promozione della stabilità e della pace nella regione attraverso la tolleranza e nel pieno

1 Cfr. A. Reader, Southeast Asia in the Twentieth century, Clive John Christie, New York, 1998.

2 Si veda l’articolo “La politica estera italiana” del 7 \11\2015 redatto da Paolo Gentiloni, Ministro degli

Affari Esteri e della Cooperazione internazionale nel Governo Renzi dal 31 ottobre 2014 al 12 dicembre 2016, disponibile sul sito http://www.itasean.org/it/la-politica-estera-italiana-verso-lasean/.

3 “L’Associazione rappresenta la volontà comune delle Nazioni ad unirsi insieme con spirito di amicizia e

cooperazione e, attraverso sforzi e sacrifici comuni, incoraggiare e garantire ai propri cittadini sicurezza, pace, libertà e prosperità”. (ASEAN Declaration, Bangkok, 8 agosto 1967). Per approfondimenti consultare il sito ufficiale dell’ASEAN al link https://asean.org/the-asean-declaration-bangkok-declaration-bangkok-8-august-1967/.

4G. Gabusi, Le relazioni Italia-ASEAN: intervista a Ugo Astuto (Vice Direttore Generale e Direttore

Centrale per i Paesi dell’Asia e dell’Oceania, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), in “Relazioni internazionali e International Political Economy del Sud-Est asiatico”, TWAI, Torino, Vol.2 N. 2, Maggio 2017, p.8.

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8 rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite5. Quest’area rappresenta un

protagonista indiscusso dell’economia globale con una quota pari al 54% del PIL mondiale e al 44% degli scambi internazionali di merci. Benché si tratti di una zona i cui Paesi sono caratterizzati da livelli di sviluppo molto diversi tra loro, tutti hanno abbracciato modelli economici particolarmente aperti ed orientati agli scambi, in grado di garantire tassi di crescita annui non inferiori al 5-6%. Grazie alle maggiori capacità produttive e di consumo acquisite, i Paesi ASEAN stanno sperimentando livelli superiori di benessere economico e sociale, come testimoniato dall’espansione delle classi medie, dai crescenti livelli di educazione ed occupazione e dal consolidamento delle istituzioni e delle strutture economiche6.

Sia l’Italia che l’Unione Europea nel suo complesso riconoscono sempre più la valenza strategica dell’ASEAN ed il suo ruolo di interlocutore, non solo economico, ma anche politico. L’obiettivo italiano è sempre stato quello di garantire una presenza incisiva e costante all’interno dell’area attraverso un’azione che interessasse non solo l’ambito economico, ma anche quello politico e sociale. I Paesi asiatici, dal canto loro, per effetto delle distanze e delle differenze culturali, richiedono all’Italia un impegno visibile, mirato a consolidare i rapporti e a rafforzare la fiducia reciproca: visite politiche, missioni di sistema, delegazioni imprenditoriali organizzate da partner istituzionali, nonché numerosi eventi promozionali, tra cui le settimane tematiche volte a promuovere diversi aspetti della produttività e della creatività italiana, figurano proprio tra gli strumenti utilizzati dall’Italia per incoraggiare le imprese ad esplorare i mercati del Sud-est asiatico e per

5Nel 1995, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell’ASEAN hanno ribadito che “pace e prosperità

devono essere i traguardi fondamentali dell’ASEAN”.

6 Queste sono solo alcune delle ragioni per ritenere che i Paesi ASEAN possano costituire per l’Italia partner

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9 accrescere nei Paesi di accreditamento la consapevolezza delle opportunità offerte dal sistema Italia7.

Sul piano politico, l’Italia intrattiene relazioni costruttive con tutti i Paesi del Sud-est asiatico e ha finalizzato con la maggior parte di questi Paesi dei meccanismi di partenariato strategico e di consultazioni politiche bilaterali, assicurando così una cornice politica entro cui sviluppare le attività istituzionali a sostegno delle imprese nazionali8.

Nelle agende dei colloqui, i temi politici regionali e globali di maggior rilievo, come sicurezza, lotta al terrorismo, migrazioni e diritti umani, hanno sempre occupato una posizione preminente. L’apertura di un Consolato Generale a Ho Chi Minh City, in Vietnam, nel settembre 2014, testimonia l’attenzione per un’area ormai centrale per la diplomazia economica italiana. Anche la Farnesina, con una serie di iniziative tra cui l’evento ASEAN Awareness9 (promosso insieme a Confindustria e all’Università Tor Vergata di Roma) del 2012, ha contribuito ad elevare il grado di interesse per la regione. L’evento, al quale è seguito un secondo ASEAN Awareness Forum, organizzato a Milano nel 2014 e dedicato a presentare alle imprese italiane una panoramica delle opportunità offerte nella regione nei settori più promettenti, ha rappresentato un vero e proprio apripista per altre iniziative simili, organizzate successivamente nel resto d’Europa.

Infine, sempre a testimonianza del crescente interesse italiano è opportuno segnalare l’attività dell’Associazione Italia-ASEAN, fondata nel 2015 e presieduta dall’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta. Nata per agevolare i rapporti tra Sistema Italia e ASEAN e il complesso di iniziative sviluppate dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Agenzia ICE, per favorire l’organizzazione di missioni politiche e imprenditoriali

7 F. Cheschel, A. Cianciotta, A. Cortignani, G. Galloppo, L. Giachin Ricca, A. Salustri, ASEAN Awareness,

Fondazione Economia Università di Roma Tor Vergata, Roma, 2012, p. 5.

8 Cfr. E. Greco, A. Colombo, L’Italia e la trasformazione dello scenario internazionale, Istituto Affari

Internazionali, Bologna, Il Mulino, luglio 2012.

9 F. Cheschel, A. Cianciotta, A. Cortignani, G. Galloppo, L. Giachin Ricca, A. Salustri, ASEAN Awareness,,

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10 ha l’obiettivo di fornire sostegno alle imprese italiane che partecipano a progetti o commesse nei Paesi ASEAN, per facilitare l’incontro fra soggetti privati e per rimuovere gli impedimenti alla cooperazione economica e commerciale.

Nelle pagine che seguono, dopo un breve excursus sulla storia politica di ogni Stato, analizzeremo nello specifico le relazioni politiche che l’Italia intrattiene con Singapore, Vietnam e Filippine e, attraverso gli incontri diplomatici organizzati nel corso degli anni, verrà evidenziato il legame politico che sta alla base della cooperazione economica con questi Paesi.

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1.2. Singapore: da malsana città portuale a Hub commerciale e

finanziario di importanza globale. Una meta imprescindibile per gli

interessi italiani.

Singapore è una Città-Stato caratterizzata da una forte stabilità politica ed istituzionale e da un altissimo livello di sviluppo socio-economico. Dal punto di vista politico-militare, benché non situata in alcuna area di primario interesse strategico, riveste comunque una certa importanza nel quadro degli assetti geopolitici della regione e sotto il profilo dei rapporti industriali per la difesa10. Dal 1826, quando divenne parte degli Straits

Settlements della British East India Company11, e soprattutto dopo l’apertura del canale di Suez nel 1869, la Città- Stato ha avuto uno sviluppo commerciale sempre crescente tale da diventare un’importante punto strategico per le rotte tra Europa e Asia. Questa crescita ha comportato problematiche di gestione tali da costringere l’ormai indebolita amministrazione inglese, nel corso del 1867, a trasformare la città in una colonia separata, sotto la supervisione diretta di un governatore e con la presenza della popolazione locale nei consigli. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con lo scioglimento degli Straits

Settlements e dopo una serie di tentativi fallimentari12, il Primo Ministro Lim Yew Hock

10 Cfr. F. Adamo, L'Oriente asiatico nello scenario del terzo millennio: atti del seminario internazionale,

Società Geografica Italiana, Messina, 1996.

11 Gli Insediamenti dello Stretto (Straits Settlements) erano un insieme di territori della Compagnia Inglese

delle Indie Orientali nel Sud-est asiatico, cui fu data amministrazione collettiva nel 1826 come colonia della Corona Britannica, distinta dagli Stati principeschi originari, alcuni dei quali più tardi formarono la Federazione della Malesia. Inizialmente gli Insediamenti dello Stretto comprendevano Penang (a volte ufficialmente denominato Isola del Principe del Galles), Singapore con circa una ventina di isolette di dimensioni poco significative situate nelle sue immediate vicinanze, le isole e il territorio del Dinding (ora Manjung), Seberang Perai (Province Wellesley in lingua inglese), la città e il territorio di Malacca e le isole di Labuan.

12Prima di Lim Yew Hock, in una serie di Constitutional Talks, il Primo Ministro David Soul Marshall,

chiese all’Ufficio Coloniale un autogoverno entro l’aprile 1957, lasciando agli Inglesi la gestione della politica estera e della difesa esterna conferendo però a Singapore una sorta di “potere di veto” in materia di difesa e un diritto di consultazione in merito agli affari esteri. Gli Inglesi, però, rifiutarono.

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12 riuscì a far approvare al Parlamento inglese lo State of Singapore Act13, con il quale la colonia veniva convertita in uno Stato con pieni diritti di autogoverno, eccezion fatta per la politica estera e la difesa che rimanevano sotto il controllo inglese14.

Lim Yew Hock fu spodestato nel 1959, a seguito delle elezioni generali per la nuova Assemblea legislativa. Il risultato elettorale evidenziò l’egemonia del People’s Action

Party15 (PAP), partito politico di centro-destra, guidato da Lee Kuan Yew16 che da quel

momento diventò Primo Ministro, nonché il più popolare uomo della storia singaporiana. Il PAP era convinto che l’unica strada da seguire per assicurare la sopravvivenza e l’indipendenza- non solo economica- dello Stato fosse quella della fusione con la Malesia17. Per questo motivo nel 1963 Lee aderì entusiasticamente al progetto della “Federazione della Malesia”, costituita da Singapore, Malesia, Borneo del Nord e Sarawak (la parte nord del Borneo, ad esclusione del Brunei che è un sultanato autonomo). Questa Unione però non ebbe fortuna e solo due anni dopo, nel 1965, a causa delle divergenze tra Singapore e Malesia su tematiche economiche e politiche, Singapore fu espulsa dalla Federazione18 trovandosi completamente isolata e priva di risorse: non possedeva un esercito (i militari malesi fedeli al governo di Kuala Lumpur erano ancora stazionati sull’isola), non aveva acqua potabile (tuttora acquistata in Malesia19), materie

13 F. Pannozzo, Dal Terzo al Primo mondo. Singapore: un esperimento di successo, University Press,

Firenze, 2018, p.9.

14 K.Y.L. Tan, Constitutional Law in Singapore, Kluwer Law International, The Netherlads, 2011, p. 73. 15 Il PAP ottenne 43 seggi su 51, ibidem.

16 La vittoria del PAP alle elezioni del 1959 segnò l’inizio dell’egemonia del partito, che da quel momento

fino ad oggi ha ottenuto sempre la maggioranza, e in alcuni casi la totalità assoluta dei seggi in Parlamento.

17 Nessuno credeva che la nuova nazione potesse rimanere indipendente a causa delle piccole dimensioni e

per la scarsità di risorse a disposizione.

18 L’espulsione di Singapore dalla Federazione fu dovuto ad una serie di contrasti tra il governo dello Stato

di Singapore e il governo centrale malese che si dimostrarono in disaccordo su molte questioni politiche ed economiche. In particolare le controversie riguardarono le politiche federali di affirmative action (strumento politico che mira a promuovere la partecipazione di persone con certe identità razziali, etniche, di genere, sessuali e sociali in contesti in cui sono minoritarie e/o sottorappresentate) che garantivano privilegi speciali alla popolazione malese. Per questo motivo si scatenarono numerosi malcontenti a sfondo razziale soprattutto tra cinesi e malesi che culminarono nella decisione di espellere lo Stato di Singapore nel 1965.

19Da sempre Singapore dipende dalle risorse idriche dello Stato malese Johor con il quale è in vigore un

trattato che assegna a Singapore 950 milioni di litri al giorno d’acqua fino al 2061 provenienti dal fiume Johor.

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13 prime di qualunque tipologia e infrastrutture degne di questo nome. Aveva inoltre una popolazione disomogenea20, conseguenza delle ondate migratorie susseguitesi nel corso dei secoli, con diverse idee religiose e orientamenti politici.

Singapore si ritrovò dunque involontariamente sola21e, mentre la Malesia aspettava una richiesta di riammissione nella Federazione, costruì in breve tempo, grazie all’aiuto di consiglieri militari israeliani22, un forte esercito nazionale basato sul servizio militare

obbligatorio e permanente. Il governo inoltre ottenne che le basi militari inglesi, ancora presenti sul territorio23, fossero dismesse nel momento in cui l’apparato militare fosse stato in grado di garantire la sicurezza dei confini24.

Lee si concentrò sul rafforzamento e la ricostruzione di Singapore, adottando leggi a favore delle imprese e del libero mercato25. Approvò dure norme contro la corruzione e

lanciò un’ambiziosa riforma urbanistica, abbattendo le squallide baraccopoli della città e imponendo l’integrazione della popolazione in senso multiculturale nel tentativo di creare un’identità nazionale singaporiana. Approvò alcune tra le più rigide leggi al mondo per il controllo delle armi e della droga, introducendo la pena di morte per i colpevoli. Così facendo riuscì a combattere ed in buona parte a distruggere la criminalità organizzata

20 Negli anni Sessanta i cittadini della nuova Repubblica erano per il 75% di etnia cinese – divisi per dialetto

e provenienza regionale tra Hokkien, Teochew, Cantonesi, Hainanesi, Hakka ed altri gruppi minori – e per il restante 25% malesi ed indiani tamil.

21Questo evento rappresentò un momento di grande dolore nella vita politica di Lee Kuan Yew, il quale,

durante il discorso alla Nazione in cui annunciava la sofferta separazione e l’indipendenza, non seppe resistere alle emozioni e cedette ad un pianto liberatorio. Per approfondimenti si veda “Singapore separates

from Malaysia and become independent” consultabile al link

<http://eresources.nlb.gov.sg/history/events/dc1efe7a-8159-40b2-9244-cdb078755013.

22 Dopo l’espulsione di Singapore dalla Federazione con la Malesia la Singapore Armed Force (SAF) era

ancora limitata a due reggimenti di fanteria comandati da ufficiali britannici e costituita per lo più da stranieri. Per creare una forza armata credibile vennero persino contattati in segreto gli Israeliani, che spedirono alcuni consiglieri militari per aiutare la Città-Stato a diventare una potenza militare sul modello Israeliano. Per approfondimenti si veda F. Pannozzo, Dal Terzo al Primo mondo. Singapore: un

esperimento di successo, op cit., p. 11.

23 Gli inglesi fino all’indipendenza di Singapore avevano mantenuto il controllo sulla politica estera e in

materia di difesa.

24 C. Lockard, Southeast Asia in World History, New Oxford World History, New York, 2009, p.173. 25 Ibidem.

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14 dell’isola trasformando una malsana città portuale in un hub commerciale e finanziario di importanza globale26.

All’emblematica figura di Lee Kuan Yew va riconosciuto quindi il merito di aver portato a compimento uno dei più straordinari e prodigiosi processi di trasformazione politica, economica e civile mai realizzati in uno Stato nel corso del XX secolo. Il carismatico statista perseguì una politica estera neutrale ad emulazione del modello svizzero, cercando da un lato di allentare le tensioni diplomatiche con i Paesi limitrofi e dall’altro di riorganizzare la macchina dello Stato con particolare attenzione alla costituzione di un efficiente esercito capace di difendere il Paese da eventuali minacce esterne. Per rianimare l’economia invece, egli spinse sulla creazione di zone industriali con incentivi fiscali per gli investitori stranieri, parallelamente agli investimenti sull’edilizia. Verso la metà degli anni settanta Singapore era diventata inoltre uno dei più grandi centri di trasformazione del petrolio, grazie alle raffinerie di Esso e Shell, e tutti i servizi collegati avevano registrato un notevole incremento (commercio e traffico navale)27. L’esclusione dalla Federazione e quindi la rottura dei rapporti con la Malesia, l’aveva inoltre spinta a cercare altrove uno sbocco per i suoi prodotti e servizi e, grazie soprattutto alla presenza di un porto sicuro, essa era facilmente riuscita a instaurare relazioni con l’Europa, gli Stati Uniti ed il Giappone28.

In un’ottica di politica multilaterale, qualche anno dopo l’indipendenza, Singapore entrò a far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite; nel 1970 diventò membro del

26 Cfr. K.Y. Lee, The Singapore Story: Memoirs of Lee Kuan Yew, Marshall Cavendish Editions Straits

Times Press, Singapore, 2009.

27 Lt.Col. Darphaus L. Mithcell, “Lead Singapore, if I can’t serve in Malaysia” Lee Kuan Yew and the Singapore “Model”, Core Course Essay, Course 5601, Fundamentals of Statecraft, National Defense

University, Washinghton,1997, p.4.

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15 Movimento dei Paesi Non Allineati e nel 1976 fu appunto co-fondatrice dell’ASEAN, Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico29.

Per quanto riguarda più specificatamente l’Italia, essa ha sempre avuto, nonostante la distanza geografica, un notevole interesse verso Singapore. La cooperazione politica ha avuto inizio subito dopo l’indipendenza del 1958 e negli ultimi anni è andata progressivamente intensificandosi30: si estende a numerosi campi, dalla difesa, alla lotta

al terrorismo, alle politiche di prevenzione dell’elusione fiscale. La condivisione di intenti e l’interesse a rafforzare un dialogo politico finalizzato al rafforzamento di una cooperazione economica sono stati sempre molto evidenti e hanno trovato concretezza negli incontri di vertice che hanno avuto luogo nel corso degli anni. Ad esempio già nel 1972 il Primo Ministro della Repubblica di Singapore Leo Kuan Yew si recava a Roma per una serie di colloqui politici per sollecitare il governo italiano a concludere accordi di cooperazione per favorire la costruzione, a Singapore, di industrie a capitale misto ed utilizzare la località come centro di distribuzione del prodotto italiano nel Sud-est asiatico31. Lee in quell’occasione pose in risalto come lo sviluppo del sistema degli interscambi commerciali dei Paesi europei col Sud-est asiatico procedesse molto lentamente, rispetto a quello statunitense e a quello giapponese che, invece, si stavano sviluppando in misura notevolmente superiore. Nel corso dell'incontro il Primo Ministro singaporiano affermò che l'interscambio tra Italia e Singapore era aumentato quasi dieci volte rispetto al 1960 e che pressoché tutti i settori dell'industria manifatturiera italiana

29 Per approfondimenti si veda la sezione “Rapporti bilaterali Italia-Singapore- cooperazione politica”

consultabile sul sito della Farnesina in

https://ambsingapore.esteri.it/ambasciata_singapore/it/i_rapporti_bilaterali/cooperazione_politica.

30 Ibidem.

31 L’incontro è riportato all’interno di “1972- Testi e documenti sulla politica estera dell’Italia”. L’opera fa

parte della collana di testi pubblicati dall' Ufficio Studi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e raccoglie i dati essenziali dell'attività delle massime Istituzioni dello Stato in ambito internazionale. L'opera, infatti, è frutto della raccolta e selezione meticolosa e ragionata delle notizie fornite dalle agenzie di stampa e dei comunicati e interventi ufficiali prodotti dalla Presidenza della Repubblica, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

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16 erano presenti sul mercato singaporiano. Nonostante la forte concorrenza esercitata da altri Paesi, l'andamento delle esportazioni italiane verso Singapore risultava molto positivo e con sicure prospettive di sviluppo. Sempre in quell’occasione egli incontrò a Villa Madama il Presidente del Consiglio dell’epoca, Giulio Andreotti. Alla luce di quanto riportato nella documentazione storico-diplomatica conservata all’interno della Biblioteca del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, è interessante notare come i due Capi di governo fossero già particolarmente interessati alle prospettive dell’unificazione europea e ai rapporti dello Stato di Singapore con l’allora esistente CEE. L’Italia dava l’impressione di essere rivolta all’esterno, interessata ad espandere il proprio commercio e i propri rapporti economici nel Sud- est asiatico.

Negli anni a seguire, i due Stati, decisi a rispettare la promessa di una maggiore cooperazione, lavorarono efficacemente allo sviluppo dei propri rapporti economici e stipularono numerosi accordi. Nel 1977 fu ratificata la Convenzione per evitare le doppie imposizioni fiscali in materia di imposte sul reddito, nel 1985 si giunse ad un Accordo sui servizi aerei e le relative tratte, nel 1990 fu firmato un Accordo di collaborazione culturale, scientifica e tecnologica e al 1991 risale l’Accordo, mediante scambio di note, sull'accesso e trattamento delle navi mercantili nei rispettivi porti.

Nel 2009 l’approfondimento del dialogo politico bilaterale fu l’obiettivo della visita nella Città-Stato da parte del Sottosegretario Stefania Craxi (governo Berlusconi IV). L’incontro, che si concluse con la firma del Memorandum di Intesa sulla Cooperazione Politica, fu l’occasione per fare una ricognizione sui temi di maggiore interesse reciproco, in particolare in campo economico e commerciale32.

32 Per ulteriori approfondimenti si veda l’articolo “Italia-Singapore: visita del Sottosegretario Craxi, verso Memorandum d’Intesa sulla Cooperazione Politica” del 6\3\2009 consultabile sul sito

https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/20090306_craximemorandum.h tml/.

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17 Nel 2015 le relazioni diplomatiche dell’Italia con la Città-Stato hanno raggiunto un traguardo importante. Nel mese di ottobre infatti è stato celebrato il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche e in quell’occasione l’ex Premier Romano Prodi, ricevuto dal Primo Ministro Lee Hsien Loong e dal suo predecessore Goh Chock Tong presso la prestigiosa Lee Kuan Yew School of Public Policy di Singapore33, ha tenuto una conferenza dal titolo “Has the European Experiment Failed?”. La conferenza è stata l’occasione per riflettere sulle grandi opportunità commerciali che l’Unione Europea potrebbe offrire alla Città-Stato.

La fondazione dell’Associazione Italia-ASEAN, nello stesso anno, è un ulteriore testimonianza del crescente interesse da parte italiana per Singapore. L’Associazione presieduta dall’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta è nata con l’obiettivo di fornire uno strumento per agevolare i rapporti del Sistema Italia con una realtà complessa come l’ASEAN, appoggiando l’azione delle Istituzioni. L'Italia, come ha ricordato il Presidente dell'Associazione durante la conferenza stampa del 24 Maggio 2016 tenutasi in occasione della pubblicazione di “Italia-Singapore. Le differenze che avvicinano34”, considera

Singapore "un Partner Naturale". Inoltre, come afferma Letta, “consolidare una cooperazione privilegiata è una priorità per il governo, per la comunità economico-industriale e per la cultura” dato che l'intera area ASEAN è da tempo entrata nel “mirino” dell'Italia per le sue "grandi opportunità”35. Singapore è infatti un magnete per le aziende

italiane e le motivazioni di tale interesse saranno oggetto di approfondimento nel prossimo capitolo. “Un settore dove si registrano legami crescenti è quello scientifico,

33Per approfondimenti è possibile consultare il sito

https://ambsingapore.esteri.it/ambasciata_singapore/it/i_rapporti_bilaterali/cooperazione_politica.

34 Il libro “Italia- Singapore. Le differenze che avvicinano”, è stato edito da Arel- Il Mulino nel 2016 e

curato da Romeo Orlandi. Rappresenta un tentativo di vedere "se entrambi gli Stati possono imparare dalle rispettive esperienze” come ha affermato il curatore.

35Tratto dall’articolo “Italia-Singapore: incontro a Roma per rafforzare cooperazione” del 24\05\2016

disponibile sul sito:

https://www.agi.it/rubriche/asia/italia-singapore_incontro_a_roma_per_rafforzare_cooperazione-801074/news/2016-05-24/.

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18 tecnologico e d'innovazione nel quale Singapore ha investito molto negli ultimi vent'anni e nel quale l'Italia ha puntato a sviluppare una cooperazione ancora più stretta"- ha affermato il Ministro per il Commercio e l'Industria della Città-Stato, S. Iswaran, presente alla conferenza stampa. Il Ministro ha poi rimarcato l’importanza delle intese sottoscritte in quei giorni tra università italiane e centri di ricerca in Singapore, affermando che "tutto ciò è molto importante perché se guardiamo alla crescita economica, è fondamentale puntare sull'innovazione tecnologica che aiuterà a trasformare la tradizionale attività manifatturiera".

Le consultazioni politiche e le missioni d’affari tra i rappresentanti dei due Stati sono state frequenti durante tutto il 2016 e 2017 e ciò ha confermato le eccellenti relazioni bilaterali esistenti. Nel maggio 2016, ad esempio, il Presidente Tony Tan Keng Yam ha effettuato una visita di Stato in Italia. Nell’occasione ha incontrato il Presidente della Repubblica Mattarella, l’allora Presidente del Consiglio Renzi e il Ministro dell’Università e Ricerca, Giannini36. La visita ha rappresentato un’opportunità per dare

ulteriore slancio ai rapporti economici: il Presidente Tan è stato infatti accompagnato dal Ministro dell’Industria e Commercio S. Iswaran e da una nutrita delegazione imprenditoriale che ha partecipato a numerosi eventi in diverse città italiane.

Altra occasione di confronto, questa volta su temi di difesa, è stata l’incontro a margine del Shangri-La Dialogue 15th Asia Security Summit37, avvenuto nel giugno 2016 a Singapore, dove l’ex Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il Ministro della Difesa singaporiano Ng Eng Henn per confrontarsi su tematiche inerenti le minacce alla sicurezza globale. Nel febbraio del 2018 di notevole importanza è stata la visita a Singapore da parte del Ministro degli Affari Esteri del governo Gentiloni, Angelino

36 G. Di Donfrancesco, “Il Presidente di Singapore in visita in Italia”, Sole24Ore, 23\05\2016.

37Il Dialogo Shangri-La è stato avviato nel 2002 in risposta alla chiara necessità di un forum in cui i ministri

della Difesa dell'Asia-Pacifico potessero impegnarsi in un dialogo volto a rafforzare la fiducia e promuovere la cooperazione alla sicurezza.

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19 Alfano38. L’incontro tra il Ministro Alfano e il suo omologo Balakrishnan ed il Ministro

del Commercio Lim Hng Kiang è stato molto sentito in quanto prima visita da parte di un Ministro degli Esteri dal 2013 e ha consentito di consolidare i rapporti bilaterali tra i due governi. In quella occasione il Ministro italiano si è congratulato per l’assunzione da parte di Singapore della Presidenza ASEAN, cui l´Italia guarda sempre con grande interesse in quanto area economica sempre più strategica, dinamica e interessante per lo sviluppo dei mercati italiani.

L’Italia infatti è fermamente convinta che una ASEAN più forte e coesa possa giocare un ruolo centrale per il mantenimento della pace, sicurezza e stabilità nel Sud-est asiatico, così come in tutta la regione asiatica. Ed è questo il motivo per cui l’Italia ha sostenuto fortemente la firma dell´Accordo di partenariato e di cooperazione e dell´Accordo di libero scambio avvenuta nell’Ottobre del 2017 tra Unione Europea e Singapore, quale passaggio fondamentale verso l´obiettivo finale di un ambizioso accordo regionale di libero scambio tra UE e ASEAN.

In sintesi, ciò che è scaturito dagli incontri politico-diplomatici tra Italia e Singapore sono accordi dettati in primis da interessi commerciali ed economici, il cui obiettivo è quello di aumentare le opportunità di crescita e sviluppo, in ogni campo, per entrambi i Paesi; Singapore, per la posizione strategica che occupa nello scenario internazionale, è quindi diventata un Partner che l’Italia ha interesse a non perdere.

38Tratto dall’articolo redatto dalla Farnesina “Il ministro Alfano incontra il suo omologo di Singapore: ottime le relazioni bilaterali” dell’8\2\2018 consultabile sul sito

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1.3. Il Vietnam del Doi Moi: partner strategico per l’Italia in Asia.

Il Vietnam è un Paese del Sud-est asiatico oggi assente, o quasi, dall’attenzione dei media il cui nome evoca ricordi di guerra e di rivolta. Se ne parla poco perché estraneo alle grandi manovre strategiche politiche e militari che tengono in ansia il mondo ma è un Paese che più di altri è il simbolo dei conflitti del XX secolo. Alle prese sin dalla nascita (III millennio a.C.39) con le mire egemoniche di altre potenze, può vantare infatti una tradizione ormai millenaria di lotta all’imperialismo. Prima quello mongolo, poi quello cinese, da fine Ottocento quello francese e, infine, da metà Novecento, quello statunitense.

La Repubblica Socialista del Vietnam nasce il 2 luglio 1976, dopo più di trent’anni di guerra ininterrotta che solo negli ultimi dieci anni aveva determinato la morte di oltre tre milioni di persone e la devastazione di intere città a causa dell’uso di armi chimiche. La “questione Vietnam” iniziò nel 1954 quando il Paese uscì dalla coloniale “missione civilizzatrice” francese: era infatti terminata la guerra d’Indocina contro i francesi (1946-1954) con la disfatta francese e con la Conferenza di Ginevra che stabilì la divisione del Vietnam in due Stati, la Repubblica Democratica del Vietnam a Nord e la Repubblica del Vietnam a Sud. L’attrito tra i due Vietnam portò nel 1960 allo scoppio di una sanguinosa guerra civile, poi divenuta un conflitto internazionale: il Vietnam del Nord veniva

39Al III millennio a.C. viene fatto risalire il Vietnam preistorico che, secondo resoconti leggendari, era un

regno conosciuto come Văn Lang che comprendeva quelle che oggi sono la regione autonoma del Guangxi, la provincia di Guangdong e la parte settentrionale dell’odierno Vietnam. Se le leggende vietnamite fanno risalire la storia del Vietnam a oltre 4.000 anni fa, le uniche fonti certe datano le sue origini a 2700 anni fa. Dal 1° al 6° secolo d.C. il Sud del Vietnam era parte del Regno di Funan, e subì l’influenza della cultura indiana. La zona del delta del Fiume Rosso fu conquistata dai cinesi nel 2° secolo, e qui, vi restarono per quasi 1000 anni. Il Vietnam riguadagnò l’indipendenza nel 939 d.C, e l’autonomia completa solo un secolo più tardi, dopo la vittoria dell’esercito di Ngo Quyen presso il Fiume Bach Dang nel 938 d.C., in N. Locatelli, “La rinascita del Vietnam”, articolo pubblicato sul sito della rivista Limes del 11\07\2008, consultabile sul sito http://www.limesonline.com/cartaceo/la-rinascita-del-vietnam?prv=true.

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21 rifornito di armi dall’Urss e dalla Cina, il Vietnam del Sud riceveva l’appoggio militare da parte degli Stati Uniti. Questi ultimi si erano insediati nel Sud del Paese per ragioni ben più profonde: questa regione era considerata dagli USA, dopo la fine della Guerra Mondiale, un baluardo strategico per proteggere tutto il Sud-est asiatico dal comunismo cinese e sovietico40. L’obiettivo americano fu quindi prima quello di intromettersi nella contrapposizione fra il Nord e il Sud del Paese, poi di insinuarsi nella politica interna, cercare con l’aiuto di una fazione di eliminare gli elementi sovversivi che erano presenti nel sud e creare un forte movimento secessionista, foraggiarlo di armi per eliminare ribelli del nord, che essendo vicini al confine cinese, erano i più pericolosi e rappresentavano una testa di ponte della Cina41. La grande potenza mondiale non riuscì però a piegare le forze guerrigliere del nord, i Vietcong, e dopo anni di guerra ininterrotta e un alto numero di vittime, pensò ad una “vietnamizzazione del conflitto”. Iniziò in pratica un progressivo disimpegno delle forze armate statunitensi dal conflitto accompagnato da un potenziamento delle capacità e della solidità dell'apparato governativo-militare del Vietnam del Sud che avrebbe dovuto permettere allo stato filo-americano di sopravvivere evitando un’umiliante sconfitta politico-militare. Questa politica ottenne alcuni risultati concreti ma in pratica si concluse con un totale fallimento: dopo le dimissioni di Nixon e il completo ritiro americano nel 197442, il governo e l'esercito del Vietnam del Sud si indebolirono rapidamente e l'offensiva generale del Vietnam del Nord e dei Vietcong nella primavera 1975 si sviluppò vittoriosamente fino alla caduta di Saigon (la capitale

40Il giovane senatore John F. Kennedy, il 1\06\1956, nel corso di una riunione della AFV (American Friend

of Vietnam) presentò un’elaborazione della teoria del dominio: “il Vietnam rappresenta la pietra angolare del mondo libero nel Sud-est asiatico, la chiave di volta, il tappo che chiude la diga nel caso la marea rossa del comunismo inondi il Vietnam, un Paese che si trova lungo la linea che unisce Birmania, India, Giappone, Filippine, Laos e Cambogia”, in J.B. Kimball, To reason why. The debate about the causes of

U.S. involvemet in Vietnam war, McGraw-Hill Publishing Compagny, New York, 1990, p. 57.

41 Per approfondimenti consultare l’articolo R. Paternoster, “Tonchino 1964: Il “Casus Belli” per l’intervento Usa in Vietnam” del 01\10\2015 sul sito http://www.storiain.net/storia/tonchino-1964-il-casus-belli-per-lintervento-usa-in-vietnam/.

42Incapaci di far fronte alla guerriglia e screditati dalle proteste in tutto il mondo, gli USA avevano firmato

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22 del Vietnam del Sud) il 30 aprile 1975. Veniva così issata la bandiera del Fronte di Liberazione Nazionale, o Vietcong, sul tetto dell’Indipendence Palace di Saigon, città che venne ribattezzata con il nome del leader del Nord, morto durante la guerra, Ho Chi Minh.

Al termine del conflitto, il governo era retto da un regime a partito unico43 che si trovò a guidare un Paese distrutto, riunificato politicamente44 ma ancora diviso culturalmente

ed economicamente. Le conseguenze della riunificazione si fecero sentire soprattutto ovviamente al Sud: centinaia di sostenitori del governo sudvietnamita vennero arrestati, torturati, giustiziati, molti ufficiali dell’esercito furono spediti in campi di "rieducazione" e costretti a lavori forzati e a sedute di indottrinamento. Inoltre, negli anni seguenti, più di due milioni di persone cercarono di abbandonare il Paese, soprattutto i mercanti espropriati dei propri averi in nome del collettivismo.

Malgrado uno sviluppo economico praticamente nullo e una popolazione ridotta alla fame, Hanoi perseguì negli anni successivi alla riunificazione il progetto di portare l’intera Indocina sotto il proprio controllo45. Intraprese pertanto nel 1978 l’invasione della

Cambogia da cui derivò un conflitto che sarebbe durato fino al 1991. Per ritorsione la Cina, alleata dei Khmer rossi cambogiani, attaccò il Vietnam nel febbraio del 1979, piegandone ulteriormente l’economia prima di ritirarsi spontaneamente circa un mese dopo46. La penisola indocinese diventò così il teatro di un clamoroso e terrificante scontro

43 Al quarto Congresso nazionale, che si svolse nel 1976 dopo la fine della guerra del Vietnam con la

riunificazione del paese, il nome del Partito fu cambiato in Partito Comunista del Vietnam.

44 R. Alonzi, Il Vietnam del "Doi Moi": genesi e prospettive, in “Rivista di Studi Politici Internazionali”,

Nuova Serie, Vol. 76, No. 4 (304), Ottobre-Dicembre 2009, p. 551.

45 S. Gandolfi, Vietnam un paese diverso, in “Cooperazione italiana informa. Notiziario della cooperazione

italiana allo sviluppo”, anno IV, 11\11\2014, p. 34.

46 L’invasione cinese fu il risultato del clima di tensione cresciuto tra le due nazioni, dovuto al sostegno

dato dal Vietnam all'Unione Sovietica (in quel momento in aperto contrasto con la Cina) e acuitosi dopo l'invasione vietnamita della Cambogia e la deposizione del regime dei Khmer Rossi, tradizionali alleati dei cinesi. In quella che fu concepita principalmente come una "spedizione punitiva" e non come un vero e proprio tentativo di conquista, le truppe cinesi avanzarono oltre il confine e catturarono alcune cittadine nei pressi della frontiera, salvo poi decidere di cessare le ostilità e ritirarsi spontaneamente.

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23 interno alle forze comuniste che si risolse solo con gli accordi di pace del 1991, dopo il rientro delle truppe vietnamite.

Nonostante il perdurare della guerra, il volto del Vietnam cambiò totalmente a partire dal 1986, con l’attuazione del “Doi Moi” (Rinnovamento)47. La riforma si proponeva di restituire alla Nazione una base concreta di sviluppo economico, enfatizzando la portata della sua vocazione agricola e razionalizzando le strutture produttive. Il governo decise di modificare l’assetto economico del Paese, passando da un modello totalmente centralizzato a una “economia di mercato orientata in senso socialista” basata sulla logica di mercato. La politica delle riforme proclamata nel 1986 fu applicata gradualmente nei due anni successivi. Già dall’inizio del 1987 le terre delle fattorie collettive vennero redistribuite ai contadini in base al numero dei componenti dei nuclei familiari, venne promossa l’iniziativa imprenditoriale privata, il razionamento di vari prodotti venne abolito con un avvicinamento dei prezzi controllati a quelli di mercato e nello stesso anno fu varato il codice degli investimenti, che permetteva e incoraggiava l’afflusso di investimenti esteri provenienti da Paesi capitalisti, prevedendo incentivi fiscali a favore degli investitori. Da quel momento l’impegno nazionale si concentrò su tre settori: cibo e generi alimentari, beni di consumo e di esportazione, progetti chiave riguardanti il settore energetico e la cooperazione con l’estero. Queste riforme determinarono una riduzione importante dell’indice di povertà48 e la riapertura e stabilizzazione dei rapporti di pace e

di cooperazione con l’intera comunità internazionale. In questo quadro, il Sud si prese la sua “rivincita”: si assistette ad uno sviluppo repentino delle città meridionali rispetto al quelle settentrionali, Hanoi inclusa.

47 R. Alonzi, Il Vietnam del "Doi Moi": genesi e prospettive, op. cit., p. 583.

48Secondo quanto riportato dalla Banca Mondiale la riforma del Doi Moi ha permesso di ridurre la quota

della popolazione al di sotto della soglia di povertà dal 49,2% del 1992 al 3,2% del 2012. M. Migheli,

Vietnam: una riunificazione (economica) incompiuta, in “Relazioni internazionali e International political

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24 Nonostante, durante gli anni, economicamente sia cambiato molto, dal punto di vista dello sviluppo democratico non vi è stato alcun progresso. Oggi il Vietnam si conferma come sesto Paese al mondo per rigidità della censura49 (più in alto di Cina e Iran) e le ferite della guerra tra Nord e Sud non sono ancora state sanate. Proprio il rigido controllo sui media ha infatti impedito una vera discussione ed un aperto confronto sull’eredità della guerra: il governo ha continuato a rappresentare il conflitto solo come un processo di liberazione dall’oppressore straniera; i civili e soprattutto i veterani di Saigon sono rimasti soli con le loro ferite ed il ricordo della guerra, di cui è vietato fare menzione.

Con la fine della guerra fredda e in seguito alla disgregazione dell'Unione Sovietica ebbe inizio il riavvicinamento tra il Vietnam e l'Occidente, con l’apertura agli investimenti stranieri e la partecipazione all’ASEAN. Anche in questo caso, nonostante la distanza geografica e l'appartenenza a quadranti geo-politici differenti, tra le potenze interessate ad un dialogo con il Vietnam c’è stata anche l’Italia. Le loro relazioni risalgono al XVII secolo, più precisamente al 1695, quando un religioso italiano della Compagnia di Gesù, Francesco Buzomi, si stabilì in Vietnam per diffondere nel Paese le parole del Vangelo, dando vita a quella che poi sarà denominata la Missione cocincinese50. Undici

anni dopo sarebbe sorta, nel nord del Paese, la Missione del Tonchino per opera di un altro italiano, padre Giuliano Baldinotti e di un francese, Alexandre de Rhodes, che diverrà in seguito una figura di grande rilievo nella storia del Vietnam. I contatti tra i due Paesi e le rispettive popolazioni presero, nel corso dei secoli, forme diverse e non si allentarono nemmeno durante la guerra che, anzi, vide l’Italia giocare il ruolo di

49 La libertà di stampa è limitata da una censura molto pervasiva che di recente si è rafforzata con un

“esercito” di 10.000 cyber-censori il cui obiettivo è quello di evitare la diffusione di “punti di vista sbagliati”.

50La missione Cocincinese fu ad opera dei Gesuiti che arrivarono in Vietnam accompagnati da un gruppo

di fedeli giapponesi che si stabilirono nel Paese per sfuggire alla persecuzione dei Cristiani in Giappone. Venuti inizialmente per servire i giapponesi, questi presto rivolsero la loro attenzione alle popolazioni del Paese allora suddiviso in 2 Regni, Tonchino a nord e Cocincina a sud. Dopo 158 anni dal loro arrivo in Vietnam, vennero soppressi dal Papa e scomparvero dal Paese fino al loro ritorno, nel 1957, su invito del Governo sud-vietnamita.

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25 sostenitrice della pace. Il conflitto ebbe grande risonanza negli ambienti culturali e politici italiani. Come scriveva Gian Carlo Pajetta51, esponente del Pci e diventato in seguito

direttore del giornale Rinascita52, “il problema del Vietnam cessa di essere un problema locale anche acuto, acquista un valore universale; diventa un banco di prova per le forze che minacciano la pace in ogni parte del mondo e per le forze che, in ogni parte del mondo, vogliono respingere il pericolo di guerra”53. La mobilitazione promossa tra la popolazione

italiana, soprattutto dai comunisti, fu effettivamente efficace, di massa e capillare. Nel novembre 1965, nel contesto dell’inasprimento degli scontri tra esercito nord-vietnamita e unità americane, la mobilitazione si estese e vennero organizzate numerose manifestazioni, veglie e cortei a favore della pace.

Molto significativa fu la missione a Hanoi, nell’ottobre del 1965, dell’ex-sindaco di Firenze, Giorgio La Pira54. Sotto la guida del Ministro degli Esteri Amintore Fanfani (e presidente dell’Assemblea delle Nazioni Unite in quel periodo), La Pira intraprese un’originale via negoziale per facilitare la fine della guerra. Il viaggio ad Hanoi ebbe infatti una notevole importanza politica e colpì fortemente l’immaginario collettivo perché la diplomazia di La Pira si contrapponeva al machiavellismo delle cancellerie e assumeva connotati idealistici, poggianti sui valori e sull’ottimismo della volontà.L’ex- sindaco fu ricevuto informalmente dal Presidente Ho Chi Minh, con il quale elaborò una bozza di accordo di pace bilaterale: il Vietnam del Nord si dichiarava pronto al negoziato

51 Nel 1964, dopo la morte di Togliatti, Gian Carlo Pajetta diventò direttore di Rinascita. Circa un anno

dopo, di ritorno da un viaggio ad Hanoi, firmò un importante editoriale che inaugurava sul settimanale del Pcila campagna di mobilitazione contro quella che ormai era ufficialmente la guerra del Vietnam.

52 Rinascita era un mensile politico-culturale del Partito Comunista Italiano fondato nel 1944 da Palmiro

Togliatti, guida storica del Partito.

53M. Sica, L’Italia e la pace in Vietnam (1965-68): Operazione Marigold, Editore Aracne (Collana

Mappamondi), Roma, 2012, p.23.

54 Giorgio La Pira, formatosi alla scuola di Mounier, Maritain e Sturzo, democristiano della sinistra sociale

di Dossetti, sindaco di Firenze per due mandati (dal 1951 al 1957 e dal 7 marzo 1961 al 15 febbraio 1965), svolse un ruolo significativo e spesso non ufficiale al margine di eventi e questioni internazionali di rilievo, animando vari movimenti culturali a favore della pace e contro il pericolo della guerra nucleare. Nel 1959, La Pira visitò Mosca, nelle vesti di ambasciatore ufficioso intento a favorire il dialogo tra le grandi potenze; nel 1964 andò negli Stati Uniti e, l’anno successivo, ad Hanoi, dove all’inizio di novembre incontrava Ho Chi Minh.

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26 anche senza il previo ritiro delle truppe americane ma era essenziale che questa importantissima prospettiva fosse trasmessa agli USA in modo assolutamente informale, altrimenti i Vietnamiti si sarebbero trovati in condizioni di inferiorità al tavolo negoziale55. Evidentemente però, all’interno della dirigenza statunitense, prevalsero in quel momento i “falchi” che erano convinti di poter risolvere la questione con una vittoria militare. La notizia venne fatta giungere ad un giornale di St Louis che, rendendola di dominio pubblico, bloccò di fatto l’iniziativa: la proposta vietnamita passò come una richiesta di armistizio, mentre la condizione per il Vietnam del Nord era proprio che non sembrasse una resa. Quella fuga di notizie provocò l’immediata chiusura del dialogo da parte di Hanoi.

Il sostegno da parte dell’Italia continuò anche dopo il fallimento della missione di La Pira e si concretizzò attraverso altri due tentativi di porre fine alle ostilità, purtroppo non andati a buon fine: l’operazione Marigold (1966) e l’operazione Killy (1967)56. In entrambe svolse un ruolo importantissimo Giovanni D’Orlandi, in quel periodo Ambasciatore italiano a Saigon, che tentò di aprire un canale di dialogo tra Hanoi e Washington. L’obiettivo era quello di far accordare i vietnamiti del nord, quelli del sud e gli americani sulle condizioni che avrebbero determinato la fine delle ostilità. Quando sembrava che l’accordo fosse ormai stato raggiunto, la situazione cambiò completamente a causa – come scriveva D’Orlandi nel suo diario57- “di coloro che preferiscono l’odore

delle bombe al napalm a quello della carta dei trattati di pace”. La paura di perdere il Vietnam, il timore di un conseguente “effetto domino” in tutto il Sud-Est asiatico, così come era stata persa la Cina alla fine degli anni Quaranta, spinse gli Stati Uniti a continuare per molti anni una guerra condannata dallo stesso popolo americano.

55 M. Sica, L’Italia e la pace in Vietnam (1965-68): Operazione Marigold, op. cit., p. 44. 56 Ivi, p. 231.

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27 Terminata la guerra, dopo il 1976 l’Italia fu tra i primi Paesi europei occidentali a riconoscere il Vietnam unificato, nonostante l’orientamento della politica americana fosse quello di isolarlo dal contesto internazionale58. Nei lunghi anni dell’embargo statunitense59, l’Italia fu tra i primi Stati a fornire aiuti economici al Paese che, devastato dalla guerra, in uno scenario internazionale poco favorevole, doveva dedicarsi non solo alla ricostruzione del sistema economico ma anche a quella del contesto sociale. Oggi possiamo affermare che il Vietnam ha superato brillantemente quella sfida. Come ha affermato recentemente Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario internazionale, “in una sola generazione il Vietnam è passato dall’essere una delle Nazioni più povere al mondo a quella di Paese a reddito medio basso, da una forte dipendenza dai prodotti primari all’eccellenza nel campo manifatturiero, dalla stagnazione economica a un dinamismo inarrestabile60”.

Oggi, a quarantacinque anni dall’unificazione, le relazioni diplomatiche Italia-Vietnam hanno raggiunto l’apice del successo e vivono una stagione di grande intensità, la più ricca di opportunità mai registrata nella storia dei due Paesi. Infatti, dopo tutto il tempo trascorso, il Vietnam serba ancora un grato ricordo della solidarietà manifestata dal nostro Paese durante il lungo conflitto con gli Stati Uniti e guarda all’Italia con simpatia e amicizia, riconoscendo al nostro Paese un ruolo di primo piano all’interno dell’Unione Europea e nei fori multilaterali. Una svolta rilevante per le relazioni politiche tra i due Paesi si è verificata nel 2008, con una missione guidata dall’allora Ministro dello

58 Dopo la guerra, gli Stati Uniti rifiutarono di concedere aiuti economici al Vietnam anche dopo che, a

metà degli anni ’80, il governo di Hanoi si rese disponibile a favorire la ricerca dei cittadini americani dispersi in Vietnam. Il presidente George Bush senior si impegnò per bloccare anche gli aiuti economici francesi che dovevano essere inviati tramite il Fondo Monetario Internazionale. La situazione cambiò nel 1993, quando si insediò alla Casa Bianca il presidente Bill Clinton, il quale revocò il veto americano imposto sulla concessione di crediti al governo di Hanoi da parte di enti internazionali. Nel 1994venne tolto anche l’embargo economico americano e dopo un anno vennero aperti degli uffici di collegamento nelle due capitali. Nella primavera del 1997 i due paesi inaugurarono le proprie ambasciate e ristabilirono le relazioni diplomatiche.

59 G. Giovannini, La fine dell’embargo statunitense sulle armi: oltre il grande gioco sino-americano, in

“RISE”, TWAI, Torino, Luglio 2016, p. 3.

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28 sviluppo economico Claudio Scajola e con l’istituzione di una Camera di Commercio italiana operante in Vietnam (ICHAM)61. Dal 2009 l’attività istituzionale su scala bilaterale è proseguita con una serie di visite di Stato, eventi e missioni fra cui possiamo ricordare i grandi “Business Forum” organizzati in Italia in occasione delle visite del Presidente Triet (2009) e la visita a Hanoi nel 2012 del Ministro degli Affari Esteri Terzi, accompagnato da una delegazione imprenditoriale del settore infrastrutture. Nel 2013 sono state organizzate le cosiddette “giornate vietnamite” tenute in varie regioni italiane con il sostegno della Farnesina, durante le quali è stata rilanciata l’immagine del Vietnam ed è stata colta l’occasione per suscitare nella business community italiana curiosità e interesse verso questo Paese. Sempre nel 2013 i governi di Italia e Vietnam hanno dato ulteriore impulso allo sviluppo delle loro relazioni, stabilendo un partenariato strategico, la cui firma è avvenuta in occasione della storica visita di Stato in Italia del Segretario Generale del Partito Comunista del Vietnam, Nguyen Phu Trong. La firma del Partenariato Strategico ha posto la collaborazione fra i due Paesi su solide basi intergovernative, individuando quali settori prioritari quello politico e diplomatico – inteso anche a livello regionale e globale – insieme all’ambito economico e ai campi della cooperazione allo sviluppo e dei settori di cultura, istruzione, scienza e tecnologia, difesa e sicurezza.

Dopo la firma del Partenariato strategico, nel giugno del 2014, l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha visitato per la prima volta Hanoi (prima viaggio in assoluto di un Presidente del Consiglio). Ma il forte legame tra le due Nazioni è stato

61 ICHAM è l’acronimo di Italian CHAmber of Commerce in Vietnam, S. Scagliotti, Le relazioni Italia-Vietnam: una stagione di grande intensità, in “Rivista Relazioni internazionali e International political

economy del Sud-Est asiatico”, TWAI, Torino, Vol.3, n°2, Luglio 2016, pag. 9. Nel quadro della progressiva intensificazione dei rapporti bilaterali occorre ricordare anche l’impegno su base regionale di numerosi attori. Il Piemonte, ad esempio, è intervenuto con grande slancio: sin dai primi anni Novanta, Politecnico e Università di Torino, hanno organizzato, accanto a scambi accademici, corsi e seminari rivolti allo studio della storia, della cultura e del sistema giuridico vietnamita.

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29 definitivamente sugellato nel novembre del 2015 con la firma del Piano di Azione di Partenariato Strategico62 e dell’Accordo bilaterale sulla Cooperazione e mutua assistenza in materia doganale63.

Nel novembre 2016 invece è stato il Presidente vietnamita, Tran Dai Quang, a recarsi in Italia per incontrare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Nel corso degli incontri è stato ribadito l’eccellente livello di cooperazione bilaterale raggiunto grazie al partenariato strategico del 2013. L’ambito dei settori e delle tematiche su cui i due Paesi operano in stretto raccordo per il benessere dei due popoli è molto ampio: commercio, cultura e sviluppo tecnologico, istruzione, giustizia, sicurezza e difesa, giusto per citarne alcuni. Nel corso della visita sono stati firmati altri accordi, come il Piano di Azione in attuazione del Partenariato strategico per il periodo 2017-2018, un MOU di cooperazione tra Ministeri dei Trasporti, il Protocollo Esecutivo di Cooperazione scientifica e il Processo Verbale della Commissione Economica mista.

“Il Vietnam è un nostro partner strategico privilegiato in Asia. La visita di Stato in

Italia del Presidente Tran Dai Quang, che restituisce quella ad Hanoi del Presidente Mattarella dell’anno scorso e segue quella del Presidente Renzi nel 2014, testimonia l’eccezionalità del rapporto tra i nostri Paesi. L’obiettivo è fare di più per raggiungere 5 miliardi di interscambio nel prossimo biennio”: queste, le parole del Ministro degli Esteri

italiano al termine dell’incontro, parole che intendono sicuramente sottolineare la forza della partnership tra Roma e Hanoi. Non solo il Vietnam risulta essere il primo partner commerciale dell’Italia nel Sud-est asiatico, ma è la destinazione di crescenti interessi di

62 Tratto dall’articolo “Visita in Vietnam del Signor Presidente della Repubblica Sergio Mattarella” del

5\11\2015 consultabile sul sito

https://ambhanoi.esteri.it/ambasciata_hanoi/it/ambasciata/news/dall_ambasciata/visita-in-vietnam-del-signor-presidente.html.

63 La firma dei due Accordi avvenne in seguito alla visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio

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30 nostre imprese nei settori infrastrutturale, energetico, manifatturiero e della difesa. L’auspicio è che, nel futuro, possa realizzarsi una più proficua collaborazione nei fori multilaterali a livello globale sui temi di comune interesse, anche nel quadro delle relazioni tra UE e ASEAN. A sottolineare l’importanza di questo obiettivo è intervenuto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 23 Marzo 2018, in occasione del festeggiamento del quarantacinquesimo anniversario dall’inizio delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Egli ha confermato quanto rilevanti siano stati i risultati conseguiti grazie alla collaborazione tra Italia e Vietnam anche a livello multilaterale e quanto sia necessario il continuo impegno dei due Paesi nell’affrontare efficacemente le sfide globali per offrire alla Comunità internazionale un contributo sempre più incisivo anche alla lotta al cambiamento climatico e alla realizzazione dell'agenda 2030 per lo sviluppo64.

La politica estera dell’Italia ha permesso dunque di ottenere una maggiore apertura del Vietnam e di facilitarne l’integrazione nella Comunità internazionale e nel sistema delle Nazioni Unite. Il supporto dell’Italia ha permesso, infatti, che si accelerassero i tempi per la realizzazione del partenariato di cooperazione65 con l’Unione Europea66, compreso il

rafforzamento del dialogo nel settore dei diritti dell’uomo. Se guardiamo al passato, i rapporti tra Stati Europei e Vietnam non sono sempre stati molto positivi. Durante gli anni della guerra infatti, i contatti più stabili erano quelli con i Paesi del Nord Europa che sostenevano il Vietnam contro gli Stati Uniti e, con i Paesi dell’Europa dell’est, legati al blocco sovietico. Dopo il conflitto, i rapporti con gli attori europei migliorarono dal punto

64“45° relazioni diplomatiche fra Italia e Vietnam” articolo del 23\03\2018 consultabile sul sito

https://www.aise.it/anno2018/45-relazioni-diplomatiche-fra-italia-e-vietnam/109483/4.

65 G. Di Donfrancesco, L’accordo con UE azzera i dazi, Sole24Ore, 2017.

66 Il Partenariato con l’UE è stato ratificato ad Agosto 2018. Il trattato cancella il 99% dei dazi esistenti su

base reciproca. La Ue, secondo partner commerciale del Paese, eliminerà le sue tariffe in sette anni, mentre Hanoi avrà tre anni in più per tenere conto del diverso livello di sviluppo. L'accordo è paragonabile nei contenuti a quelli con Singapore, Corea del Sud e Canada. L'intesa punta ad aprire alle imprese europee un mercato da 90 milioni di persone. https://www.ilcaffegeopolitico.org/24114/vietnam-e-ue-una-relazione-in-rapido-sviluppo.

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31 di vista economico e politico ma si interruppero nuovamente con l’inizio della guerra contro la Cambogia nel 1978. Gli aiuti pubblici stanziati dai Paesi dell’UE (a eccezione fatta di Svezia e Finlandia) per favorire lo sviluppo del Vietnam vennero sospesi e il Paese si trovò isolato a livello internazionale e costretto a fare affidamento sul supporto dell’URSS e dell’Est europeo. Tuttavia, nel 1991, quando l’Unione Sovietica si dissolse, il Vietnam si trovò nuovamente in una situazione di grave disagio economico ed i Paesi europei ripresero i contatti con Hanoi al fine di tessere nuove relazioni politiche ed economiche. Ufficialmente i rapporti con l’Unione Europea – allora ancora Comunità europea - furono stabiliti nel 199067. Nel 1995 venne firmato un accordo di cooperazione per avviare un dialogo nel settore commerciale, nell’ambito della proprietà intellettuale e della protezione ambientale. Nel 2012, grazie alla stipula di un nuovo patto di cooperazione, il Partnership and Cooperation Agreement, sono state gettate le basi per un rafforzamento della la cooperazione bilaterale con l’UE. L’ accordo è intervenuto per sviluppare commercio e investimenti, per perseguire nuove politiche finalizzate alla riduzione della povertà, alla promozione dello sviluppo sostenibile, alla lotta ai cambiamenti climatici. E’ in questo quadro che si è giunti nel 2015 al tanto agognato accordo di partenariato e cooperazione (ACP) con l’Unione Europea. L’accordo mirava all'intensificazione del dialogo politico e della cooperazione settoriale, con particolare attenzione allo sviluppo, nonché all'ampliamento degli scambi e degli investimenti. Le aree di cooperazione prioritaria riguardavano i profili della giustizia, delle migrazioni, della lotta al narcotraffico e alla criminalità organizzata, nonché alla corruzione, al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo68. Sul piano socio-economico venne posta particolare attenzione allo sviluppo sostenibile, nonché alla salute, agli affari sociali,

67M. Stella, “Vietnam e UE: una relazione in rapido sviluppo” del 19\11\2014 consultabile sul sito

https://www.ilcaffegeopolitico.org/24114/vietnam-e-ue-una-relazione-in-rapido-sviluppo.

68 Testo dell’Accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati

membri, da una parte, e la Repubblica socialista del Vietnam, dall'altra, in A.C. 3460, Dossier n° 388 - Schede di lettura, Camera dei deputati, Servizio Studi, XVII Legislatura. 18 gennaio 2016.

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