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IL PROVVEDIMENTO SPORTIVO: DALLE ORIGINI, ALLE CONTROVERSE IPOTESI DI RISARCIBILITA' DELLE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE.

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

G

IURISPRUDENZA

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ESI DI

L

AUREA

M

AGISTRALE

I

L PROVVEDIMENTO SPORTIVO

:

DALLE

ORIGINI

,

ALLE CONTROVERSE IPOTESI DI

RISARCIBILITÀ DELLE SITUAZIONI

GIURIDICHE SOGGETTIVE

.

RELATORE: Prof.ssa. Valentina GIOMI CANDIDATO:

Giulia GEMIGNANI

(2)
(3)
(4)
(5)

INDICE

Premessa

pag 1

CAPITOLO PRIMO

L’ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO: la

consapevolezza di sé.

1. In breve: “Lo Sport e le origini”. pag 4

1.1. “Il tracciato storico”. pag 6

1.2. “La pratica sportiva: le funzioni sociali e i valori pag 10 costituzionali sottesi”.

1.3. “Cenni: lo Sport nell’accezione sovranazionale”. pag 13 1.3.1. … ( segue) “Il caso Meca – Medina & Majcen” pag 17

1.3.2. … ( segue) “Il caso Bosman” pag 20

1.3.3. … ( segue) “…ulteriori valori costituzionali sottesi” pag 23

2. “La teoria generale degli ordinamenti giuridici”. pag 28

2.1. “Il fenomeno sportivo: un ordinamento giuridico pag 28 speciale”.

(6)

2.2. “Da Santi Romano a Massimo Severo Giannini: la definizione di

ordinamento giuridico”. pag 30

3. “Massimo Severo Giannini: le componenti di un ordinamento

giuridico”. pag 33

sub a) 3.1: “La pluri-soggettività”. pag 33

sub b) 3.2: “L’organizzazione” pag 33

sub b) 3.2.1: “il C.O.N.I. e gli enti periferici”. pag 34

sub b) 3.2.2: “le Federazioni nazionali”. pag 40

sub b) 3.2.3: “le Discipline Sportive Associate egli Enti di Promozione

Sportiva”. pag 43

sub b) 3.2.4: “le società sportive professionistiche”. pag 44

sub c) 3.3: “La normazione”. pag 45

sub c) 3.3.1: “L’autoregolamentazione sportiva”. pag 48

3.4. “Le caratteristiche dell’ordinamento giuridico sportivo”. pag 51

4. “L’autonomia dell’ordinamento giuridico sportivo dall’ordinamento

statale”. pag 55

4.1. “Verso l’emancipazione sportiva”. pag 55

4.2. “Il caso Catania Calcio”. pag 56

4.3. “Il Decreto Legge “salva-Calcio”: la Riforma sostanziale del diritto

(7)

CAPITOLO SECONDO

“IL PROVVEDIMENTO SPORTIVO: il simbolo di una

potestas controversa”.

1. “Gli artefici: riflessioni sulla natura del C.O.N.I. e delle Federazioni

Nazionali”. pag 73

sub a) 1.1: “il C.O.N.I”. pag 73

sub b) 1.2: “le Federazioni Nazionali”. pag 75

2. “Il provvedimento sportivo: le dubbie implicazioni amministrative”. pag 84

2.1. “Le tipologie”. pag 91

2.1.1. “Il provvedimento sportivo tecnico”. pag 91

2.1.2. “Il provvedimento sportivo disciplinare”. pag 92

2.1.3. “Il provvedimento sportivo economico”. pag 93

2.1.4. “Il provvedimento sportivo amministrativo”. pag 94

2.2. “Il contenuto: il dibattito tra la mera portata interna e la rilevanza

esterna”. pag 95

2.2.1: … ( segue): “Il concetto di “rilevanza”/”irrilevanza” delle questioni sportive nel rapporto con l’ordinamento generale”. pag 98

(8)

3. “La Giustizia sportiva: cenni al riguardo di un processo speciale”. pag 104

3.1. “I Giudici: la crisi dell’autonomia dell’ordinamento giuridico

sportivo?”. .

pag 108

3.2. “La Giustizia sportiva: un mosaico da ricomporre”. pag 116 3.2.1. … ( segue) “La Giustizia “domestica””. pag 117 3.2.2. … ( segue) “La giurisdizione amministrativa esclusiva”.

pag 118

3.2.3. … ( segue) “Il dogma del Giudice Ordinario”. pag 121

4. “La clausola compromissoria: il diritto privato nello Sport” pag 122

5. “Il vincolo di giustizia”. pag 124

6. “Il T.A.R. Lazio con sede in Roma: il monopolio in punto di

(9)

CAPITOLO TERZO

LO STRANO CASO DEL PROVVEDIMENTO

SPORTIVO DISCIPLINARE.

1. “Il provvedimento sportivo disciplinare”. pag 133

1.2. “La sanzione sportiva disciplinare: come riconoscerla”. pag 139

2. “Il provvedimento sportivo disciplinare e i rapporti con il diritto

penale”. pag 144

2.1. “Il provvedimento sportivo disciplinare e il confronto con gli “altri”

provvedimenti sportivi”. pag 151

3. “Il provvedimento sportivo disciplinare: i “tormenti” della

giurisprudenza”. pag 152

3.1. … ( segue) “Il T.A.R. Lazio in una visione innovativa”. pag 153 3.2. … (segue) “La posizione dominante del Consiglio di Stato”.

pag 155

3.3. … ( segue) “La nascita di un’annosa questione costituzionale”. pag 159

(10)

4. “La sentenza n°49 del 2011: il responso definitivo della

Consulta”. pag 162

4.1. “Il provvedimento sportivo disciplinare e la determinazione

del danno ingiusto”. pag 167

4.2. … ( segue) “Le critiche…e i possibili profili risolutivi”. pag 171

4.3. … ( segue) “La culpa è “in re ipsa” ?”. pag 179

5. “Cenni: la “pregiudiziale amministrativa”: vera fine o mero

compromesso?”. pag 182

5.1. … ( segue) “ La “pregiudiziale sportiva”: ai confini

dell’autonomia sportiva”. pag 189

5.2. “Il vincolo dei motivi”. pag 195

5.3. “…e le questioni sportive meramente “tecniche”?” pag 197

Conclusioni

pag 201

BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

pag 209

(11)
(12)

Premessa.

“La grande popolarità del calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo, c’è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi”.

Zdenek Zeman1

Questa citazione, peraltro particolarmente scenografica e suggestiva, sottende la volontà di far emergere l’importanza del fenomeno sportivo generalmente inteso, nonché i reiterati sviluppi che ne testimoniano la costante presenza nella quotidianità di tutti noi.

La tesi nasce dall’idea di approfondire il tema del provvedimento

sportivo, dall’esigenza di voler mettere in luce le peculiarità che fanno di questo elemento un unicum fattuale; per altro verso vi è la necessità di analizzare i rapporti che intercorrono tra un tale atto (amministrativo?) e i meccanismi corroboranti sia la Giustizia Sportiva che quella Ordinaria.

Il provvedimento sportivo è solo la punta dell’iceberg; la parte sommersa è data da quel settore giuridico denominato “diritto sportivo”, del quale oggi molto si discute, ma di rado si assiste alla formazione di opinioni salde e generalmente condivise.

1 Zdeněk Zeman (Praga, 12 maggio 1947) è un allenatore di calcio ceco naturalizzato italiano, attualmente tecnico del Delfino Pescara 193, più comunemente conosciuto come Pescara.

(13)

Gli avvenimenti sportivi, le gare, le manifestazioni, tutto questo fa notizia, e sui giornali e nelle aule di Tribunale, poiché il semplice

esercizio di attività fisica si intreccia sempre più spesso con la necessità di istituire regole di comportamento e di fair-play, al fine di garantire una pacifica convivenza tra gli atleti e gli altri operatori del settore, senza dimenticare che entrambe le categorie sottendano lo status di cittadino o di imprenditore commerciale, caratterizzato da diritti e soprattutto da doveri da assolvere nei confronti dello Stato sovrano.

In sostanza, si sente parlare di cause intentate contro giocatori, contro dirigenti sportivi o club; si percepisce il clamore mediatico delle sentenze dei Tribunali sportivi, ma poco si sa dei provvedimenti emessi dal

C.O.N.I. o dalle Federazioni Nazionali, successivamente oggetto di un giudizio d’impugnazione.

All’interno del primo capitolo di questo studio si effettua dapprima un breve excursus circa le origini dello Sport, cercando di determinarne l’evoluzione storica e i valori sociali sottesi; su altro fronte l’idea è quella di esaltare la capacità del fenomeno sportivo di attualizzare i diritti e le libertà inviolabili di tutti i soggetti giuridici, sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.

Si prosegue con l’elencazione dei caratteri di quell’ordinamento giuridico “speciale”, qual è quello sportivo, oramai unanimemente riconosciuto alla stregua del principio della “pluralità degli ordinamenti giuridici”, pur attraverso le delucidazioni offerte dagli interpreti più illustri della materia.

Da ultimo l’attenzione ricade su di una precisa caratteristica

(14)

ricade sul riferimento legislativo che ne ha sancito la genesi, vale a dire la legge n°280 del 2003.

Il secondo capitolo pone la lente d’ingrandimento sul provvedimento sportivo tout court e di fatto vengono trattati tutti gli aspetti logici e costitutivi più significativi: dagli artefici del provvedimento, alle sub- tipologie dello stesso, fino alle implicazioni con l’iter necessitato della Giustizia Sportiva ( e non solo).

Il terzo ed ultimo capitolo mostra le difficoltà che la giurisprudenza ha dovuto amministrare, con un’attenzione particolare al pensiero delle Supreme magistrature dell’ordinamento statale, in tema di provvedimento sportivo disciplinare; attraverso l’analisi delle pronunce giurisdizionali di maggior rilievo, si giunge alla comprensione delle teorie della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e di alcuni T.A.R., in materia sportiva, senza tralasciare il giusto spazio riservato al dibattito interno e, al contempo, alle possibili ipotesi risolutive.

Lucca, Gennaio 2018

(15)

CAPITOLO PRIMO

L’ORDINAMENTO GIURIDICO SPORTIVO: la

consapevolezza di sé.

1. In breve: “Lo Sport e le origini”.

“Sport”, un termine ad oggi di uso corrente al quale è facile e automatico riferire una qualsiasi attività basata sulla forza fisica, sull’agilità, sul connubio tra “mens sana et in corpore sano”.

Dalla lingua inglese “desport” o “disport” con il significato di “portar fuori dal lavoro le tensioni”2, sino ai nostri confini, con l’espressione

“diporto”, l’idea è quella di un meccanismo psico-fisico in grado di

stimolare divertimento e capacità di portare fuori dal corpo umano qualsivoglia emozione negativa.

Da una semplice necessità di movimento o di svago, da “animus ludens

hominis” ad “animus belligerans hominis” il passo è stato breve3.

Dal singolo individuo, cultore di una vita sana e all’aria aperta, oggi come ieri, non è possibile ignorare come il fenomeno sportivo si sia evoluto, si sia rafforzato e abbia assunto ormai una posizione di rilievo nella nostra società.

2 M. Sanino – F. Verde (Quarta edizione) CEDAM, Il Diritto Sportivo- L’ordinamento sportivo in

generale, p.p. 3 e ss.

(16)

Le manifestazioni sportive a livello locale, nazionale e internazionale costituiscono gli eventi di maggiore rilevanza organizzativa ed economica per un Paese; per quanto riguarda l’Italia, da studi ISTAT e più

recentemente del CENSIS Servizi, circa 40 milioni di individui praticano attività sportiva, le Federazioni e in generale le associazioni sportive raggruppano oltre quattro milioni di tesserati e vi sono ben oltre 900.000 operatori sportivi, senza dimenticare i numerosi giornali che hanno una tiratura media di 1.120.000 copie giornaliere ( pari al 12-13% del totale della tiratura nazionale) e le trasmissioni televisive o radiofoniche che trattano quotidianamente di Sport4.

Il mondo dello Sport muove un giro d’affari che impressiona e tale considerazione viene avvalorata dal fatto che le attività sportive siano tra le cinque maggiormente praticate dagli italiani durante i periodi di tempo libero o di ferie5.

L’analisi di tale fenomeno diviene imprescindibile anche per il giurista più conservatore e maggiormente legato a temi classici quali la politica, l’economia e la sociologia.

Ad essere onesti, non si può fare a meno di notare quanto Sport vi sia in verità nei suddetti ambiti di dibattito.

E se decidiamo di optare per il binomio “figura del giurista – fenomeno sportivo”, ciò che ne consegue è l’individuazione di un apposito ramo del diritto: il diritto sportivo.

Che cos’è il diritto sportivo? Da quale esigenza, da quale evidenza storica e di contesto sociale trae fondamento?

4 M. Sanino – F. Verde (Quarta edizione) CEDAM, Il Diritto Sportivo - Ipotesi conclusive, p.p. 654 e ss.

5 M. Sanino – F. Verde (Quarta edizione) CEDAM, Il Diritto Sportivo – Ipotesi conclusive, p.p. 655 e ss.

(17)

1.1.

“Il tracciato storico”.

L’oggetto di questa tesi ha origini molto lontane e la storia fissa una data, il 776 a.C., che corrisponde alla celebrazione delle prime Olimpiadi presso la città di Olimpia, nell’antica Grecia.

Secondo la tradizione, l’evento si ricollegherebbe ad un rito religioso compiuto da Eracle, desideroso di placare gli dei per l’uccisione del re di Elide Augia (o, secondo altra testimonianza, del re di Elide Ifito).

I giochi olimpici sopravvissero per 293 edizioni, per un arco di tempo lungo 1169 anni, ma se lo spirito degli inizi era puramente ludico, pedagogico, esibizionistico, un momento di festa e di unione per un popolo, con lo svolgersi delle edizioni i casi di corruzione, gli imbrogli e, la smania di vincere a qualunque costo l’avversario, finirono per

prevalere6.

Dall’“agonismòs”, ovvero da quel particolare impegno mostrato occasionalmente durante una competizione sportiva, si passò a un

concetto di combattività, di lotta per essere considerati “i migliori”, “i più valorosi” in vista di quanto più frequenti battaglie e al fine di anticipare, attraverso gare tra atleti di polis limitrofe, quelli che sarebbero stati gli esiti di governo e di supremazia sull’Egeo.

Nacque altresì la figura dell’atleta professionista, di quel soggetto che fa dell’attività sportiva la propria ragione di vita, di accrescimento personale e, sin dai tempi antichi e per certi versi, reddituale.

6 M. Sanino – F. Verde (Quarta edizione) CEDAM, Il Diritto Sportivo - L’ordinamento sportivo in

(18)

Di fatto l’avvento dei Romani alla conquista dell’Elllade, la loro dedizione alla guerra, alla forza, al voler vincere senza altra prospettiva ammissibile, sigillò la fine dello spirito olimpico dei primordi e l’episodio più significativo fu una rissa scoppiata nello stadio di Tessalonica,

durante la quale decine di spettatori vennero massacrati. Solo allora il Vescovo di Milano, poi S.Ambrogio, si rivolse

all’imperatore Teodosio I, il quale emanò un editto con cui vennero aboliti i giochi.

Era il 393 d.C. La città di Olimpia venne successivamente invasa dai Barbari e poi distrutta da due cruenti terremoti7.

Sul tema “Olimpiadi” cadde il silenzio sino al 1859 quando un ricco magnate greco, Evangelistas Zappas, propose di riorganizzare le competizioni nelle strade e nelle piazze di Atene.

La confusione fu tale che il fallimento fu immediato.

Un secondo periodo di stasi si ebbe fino al 1894, anno in cui si tenne il Congresso Internazionale degli sport atletici e tra i numerosi personaggi convocati spiccò il celebre Pierre de Fredi, Barone de Coubertain8, il

quale fece stampare sui biglietti d’invito tal dicitura: “Congresso per il ristabilimento dei Giochi olimpici”9.

7 M. Sanino – F. Verde (Quarta edizione), Il Diritto Sportivo - L’ordinamento sportivo in generale, p.p. 5 e ss.

Per un interessante riepilogo degli eventi che hanno preceduto la ripresa delle manifestazioni olimpiche del 1896 v.:

A. Albanesi, Manifestazioni sportive, in Ns. Di. X, Torino, 1964.

8 Pierre de Fredi, Barone de Coubertain8, ( Parigi 1863 – Svizzera 1937), pedagogista e storico francese, è passato alla storia per avere riproposto, in chiave moderna, i Giochi Olimpici, di fatto fondandoli in tutto e per tutto, almeno nella versione nella quale sono abitualmente noti. 9 M Sanino – F Verde (Quarta edizione), Il Diritto Sportivo - L’ordinamento sportivo in generale, p- p- 6 e ss.

(19)

In contemporanea, mentre era impegnato negli scavi nel sito di Olimpia, l’archeologo tedesco Ernst Curtius10 effettuò importanti ritrovamenti.

Tutto ciò fu considerato un segno del destino e proprio nel Giugno 1894 nacque il primo Comitato Internazionale dei Giochi Olimpici

( dal 1900 solo C.I.O.11, Comitato Internazionale Olimpico) presieduto dal greco Dimitrios Vikèlas12; inoltre fu stilato un regolamento costituito da alcuni principi inossidabili di seguito riepilogati:

 dalla partecipazione ai giochi anche da parte di atleti dilettanti,  allo svolgimento di prove eliminatorie,

 alla rotazione della sede dei Giochi in varie città del mondo,  all’indipendenza della manifestazione dalle mire governative,  per giungere infine ad una lista di discipline sportive ad ampio

raggio.

L’ideale coubertiano di lealtà e soprattutto il celebre motto “l’importante

non è vincere, ma partecipare”13, trovò riscontro nella scelta

10 Curtius ‹kùrzius›, Ernst. - storico e filologo classico (Lubecca 1814 - Berlino 1896), tra i più insigni del secolo 19º; prof. a Gottinga (dal 1855) e a Berlino (dal 1868). Promosse e diresse (1875-81) gli scavi di Olimpia.

11 C.I.O. sigla del “Comité International Olympique”, organismo non governativo fondato il 23 giugno 1894 dal barone P. de Coubertin, allo scopo di creare i primi Giochi Olimpici dell’era moderna e rendere lo sport strumento di incontro tra i popoli.

Il C.I.O., a cui fanno capo i Comitati olimpici nazionali dei vari paesi aderenti, che insieme ad altre organizzazioni collegate formano il Movimento Olimpico, presiede all’organizzazione e allo svolgimento delle Olimpiadi. Sua finalità è quella di tutelare regolarità, diffusione e interessi dello sport.

Composto da 115 membri che si riuniscono almeno una volta all’anno, il Comitato, con sede a Losanna, è presieduto dal 2013 dal tedesco T. Bach.

L’attività del C.I.O. è finanziata dai proventi dei diritti televisivi sulle Olimpiadi e da accordi di sponsorizzazione.

12 Vikèlas, Dimìtrios (gr. Δημήτριος Βικέλας). - scrittore greco (Hermùpolis 1835 - Atene 1909); vissuto a lungo a Londra e a Parigi, nel 1896 si stabilì ad Atene, dove partecipò all'organizzazione delle prime Olimpiadi moderne.

13 Si deve dire che la citazione non sia di P. de Coubertin.

Egli stesso, quando la pronunciò, ne citò la fonte: la predica di un vescovo della Pennsylvania durante le Olimpiadi del 1908. Il vescovo si chiama Ethelbert Talbot.

(20)

dell’emblema dei Giochi: i noti cinque cerchi colorati, uguali e incatenati tra loro, simbolo dei cinque continenti e del passaggio dell’emblematica fiaccola da una città all’altra fino ad Atene.

E fu proprio ad Atene che il 15 aprile 1896, re Giorgio I14 dichiarò aperti i giochi della prima Olimpiade moderna.

Da quel giorno si perpetrò l’evento ogni quattro anni.

Durante il Medio Evo e l’epoca rinascimentale, soprattutto in Inghilterra e Francia, i progressi in punto di attività sportiva si consolidarono; di fatto si rese necessario un primo intervento da parte dello Stato per quanto riguarda l’organizzazione, la regolamentazione e delle gare e delle singole discipline sportive, nonché la redazione di codici circa la deontologia “professionale” che gli atleti avrebbero dovuto osservare.

Per lungo tempo l’interesse da parte dei governanti verso il fenomeno sportivo si rivelò piuttosto scarso e in lenta evoluzione, tant’è che per quanto concerne la nostra Repubblica la parola “Sport” non compare a chiare lettere neppure nella Carta Costituzionale, primigenia fonte del diritto.

14 Giorgio I Re di Hannover e di Gran Bretagna, nato a Osnabrück presso Hannover nel 1660, morto presso Hannover nel 1727.

(21)

1. 2. “La pratica sportiva: le funzioni sociali e i valori

costituzionali sottesi”.

Attraverso studi e ricerche e, osservando la realtà che ci circonda, è possibile affermare che lo Sport, nonostante dello stesso non si faccia menzione neppure all’interno della Carta Costituzionale, sottenda molteplici valori di massimo rango giuridico.

L’articolo 2 della Costituzione sancisce testualmente quanto segue:

“la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia

come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

E’ necessario comprendere che l’attività sportiva sia in prima battuta un’attività umana15, una manifestazione della personalità di ogni

individuo all’interno di quella particolare formazione sociale rappresentata dall’associazione sportiva.

Dunque il singolo si mette in gioco, si confronta con il gruppo e allo stesso tempo esprime le proprie velleità, socializza e accresce la propria identità su un piano culturale, emotivo ed empatico.

15Enrico Lubrano – I rapporti tra ordinamento sportivo ed ordinamento statale nella loro attuale

(22)

E questo processo formativo racchiude in sé i nobili ideali di uguaglianza, libertà, fratellanza genuina e di democrazia.

Chiunque può cimentarsi in un’attività sportiva e gli organi istituzionali hanno il dovere di promuovere, supportare e di far progredire lo Sport in ogni sua disciplina, al fine di garantire la partecipazione dell’intera cittadinanza senza limiti di età, sesso, provenienza sociale o censo.

L’eco dell’articolo 3 della Costituzione è evidente:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva

partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Pertanto viene naturale riconoscere l’esistenza di ulteriori Istituzioni satellite rispetto a quelle statali, spesso di formazione spontanea, capaci di autodeterminarsi e autoregolamentarsi in virtù di quel principio di

“autonomia privata” di gran lunga supportato dai civilisti.

Tali Istituzioni corrispondono alle società e alle associazioni sportive, di cui diremo meglio in seguito.

(23)

L’articolo 5 della Costituzione sancisce:

“la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie

locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio

decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”.

Il nostro è un modello di Stato policentrico, nel quale convivono l’Istituzione centrale e tante altre diramazioni periferiche, tutte

caratterizzate dall’essere espressione di autonomia e decentramento del potere sovrano.

Ciascuna diramazione, realizza nel piccolo territorio ( Comune, Provincia, Città metropolitana e Regione) ciò che lo Stato realizza su larga scala: il perseguimento di interessi pubblici, adattati alle esigenze e alle

prospettive della singola comunità di riferimento.

Nello specifico ogni associazione sportiva, per essere tale, deve potersi dare un’organizzazione e delle regole di vita in base alle esigenze degli associati, cioè atleti dilettanti e professionisti o, altri soggetti addetti.

Da qui nascono gli statuti interni, gli atti costitutivi societari e naturalmente, i regolamenti e i codici di comportamento per ogni disciplina sportiva.

(24)

1.3. “Cenni: lo Sport nell’accezione sovranazionale”.

L’articolo 11 della Costituzione dice che:

“L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni della sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Ancora una volta l’organizzazione diviene lo strumento principe per raggiungere un determinato scopo; a dire il vero l’enunciato si palesa piuttosto generico e, di fatto, induce a ricomprendere le organizzazioni sportive nazionali fra quelle internazionali rivolte ad assicurare pace e dialogo tra i popoli.

E in realtà è proprio al di là dei nostri confini che l’organigramma sportivo ad oggi trova origine: il C.I.O., acronimo di Comitato Internazionale Olimpico, denominato così nel 1900 e avente sede in Svizzera, rappresenta il fulcro dell’organizzazione e della

regolamentazione sportiva di base; dunque, gareggiare nelle competizioni sportive a livello internazionale significa in primis, per ciascuna Nazione, accettare norme e valori condivisi da tutti gli Stati partecipanti.

Ciascun ente sportivo italiano è tenuto ad operare in conformità al diritto sportivo internazionale, ancor prima che alle indicazioni del Comitato Olimpico Nazionale, id est C.O.N.I., a testimonianza del fatto che lo Sport debba unire e aprire le frontiere.

(25)

Il Trattato sull’’Unione Europea e il Trattato sul funzionamento

dell’Unione Europea dichiarano la “specificità dello Sport16,” vale a dire

una molteplicità delle funzioni svolte, un’organizzazione piramidale17 che assolve al principio di avere una Federazione unica per ogni Sport, singole attività agonistiche con le annesse regole tecniche, una limitazione del numero degli atleti partecipanti ad una competizione, nonché la necessità di assicurare un risultato non prevedibile in anticipo. A questo proposito, e in seno ai suddetti Trattati sovranazionali, emerge la necessità di un’assidua cooperazione tra Stati membri e il Consiglio d’Europa18, allo scopo di promuovere una politica d’incentivazione del

fenomeno sportivo pur senza l’impiego dei classici mezzi normativi (regolamento e direttiva comunitari), poiché il legislatore europeo non ha voluto concludere il dibattito relativo al ruolo del diritto comunitario in materia sportiva.

Si noti che, e ai giorni nostri risulta ancor più evidente, il fenomeno sportivo esercita forti pressioni sull’economia nazionale e internazionale e, nondimeno, questi ha prodotto un notevole giro d’affari, oltre a un

16Nel 2009, il Trattato di Lisbona ha introdotto la parola “Sport” per la prima volta nell'ambito di un Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ( T.F.U.E.), riconoscendo la "specificità dello sport".

Si tratta di un passaggio fondamentale che faceva seguito alla volontà politica espressa dal Parlamento europeo con le Risoluzioni del 13 giugno 1997 e del 13 febbraio 1998, prima, e dal Consiglio europeo il 12 dicembre 2008, poi, e che oggi, di fronte al crescente interesse delle Istituzioni europee e degli Stati Membri nei riguardi delle politiche per lo sport, necessita di essere finalmente sviluppata.

17 J. Zylberstein, Rivista di Diritto ed Economia dello Sport, a. 2008, vol. 4, fascicolo 1. 18 TITOLO XII - ISTRUZIONE, FORMAZIONE PROFESSIONALE, GIOVENTÙ E SPORT all’articolo 165,

comma 1°e 3° (ex articolo 149 del TCE):

1. “L’Unione contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra

Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche.

L’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa”.

3. “L’Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni

internazionali competenti in materia di istruzione e di sport, in particolare con il Consiglio d’Europa”.

(26)

cospicuo numero di posti di lavoro e di redditi annessi a vantaggio degli atleti, ( oramai considerati come lavoratori subordinati e vincolati da un regolare contratto di lavoro stipulato con la società d’appartenenza) e, in generale, degli imprenditori commerciali del settore sportivo ( che a seguito dell’intervento del legislatore, di cui diremo, devono assumere la veste delle società di capitali).

Partendo da questa assunto, è chiaro che l’attività sportiva

professionistica debba essere considerata un’attività “economica” e, in quanto tale, verrà sottoposta ai dettami del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, di cui all’articolo 18

( ex articolo 12 del TCE)19 ( in tema di divieto di discriminazione tra cittadini degli Stati membri per ragioni di nazionalità), agli articoli 4520 (ex articolo 39 del TCE) e 4921 (ex articolo 43 del TCE ) ( in tema di

19 Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea - PARTE SECONDA NON DISCRIMINAZIONE E CITTADINANZA DELL’UNIONE all’articolo 18 (ex articolo 12 del TCE):

“Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni”.

20 Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea al TITOLO IV, CAPO 1 – LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE, DEI SERVIZI E DEI CAPITALI, - I LAVORATORI all’articolo 45, comma 1° (ex articolo 39 del TCE):

1. “La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata. 2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”.

CAPO 2 - IL DIRITTO DI STABILIMENTO di cui all’articolo 49 (ex articolo 43 del TCE):

“Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei

propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.

21 Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea al TITOLO IV,

CAPO 1 – LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE, DEI SERVIZI E DEI CAPITALI, - I LAVORATORI all’articolo 45, comma 1° (ex articolo 39 del TCE):

(27)

libertà di circolazione delle persone e diritto allo stabilimento),

all’articolo 5622 ( in tema di prestazione di servizi) e all’articolo 10123 ( in tema di concorrenza); vi è da aggiungere che l’asserita natura privata delle Federazioni sportive non è sufficiente ad esimere le stesse dal rispetto delle norme comunitarie.

Ebbene, tutti gli atleti devono ritenersi liberi di circolare da uno Stato membro all’altro poiché riconosciuti come soggetti lavoratori subordinati; nondimeno ciascuno sportivo deve vedersi riconosciuto il diritto di

stabilirsi in uno Stato membro diverso da quello di provenienza, al fine dell’esercizio della propria prestazione professionale e a ciò si deve aggiungere l’assoluto rigetto di qualsivoglia forma di discriminazione basata sulla nazionalità o sul sesso, con la conseguente limitazione della circolazione intra comunitaria.

1. “La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata. 2. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”.

CAPO 2 - IL DIRITTO DI STABILIMENTO di cui all’articolo 49 (ex articolo 43 del TCE):

“Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.

22 Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea al TITOLO IV, CAPO 3 - I SERVIZI di cui all’articolo 56 (ex articolo 49 del TCE):

“Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno

dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione”.

23 Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea al TITOLO VII - NORME COMUNI SULLA CONCORRENZA, SULLA FISCALITÀ E SUL RAVVICINAMENTO DELLE LEGISLAZIONI

CAPO 1 - REGOLE DI CONCORRENZA, SEZIONE 1 REGOLE APPLICABILI ALLE IMPRESE di cui all’articolo 101 (ex articolo 81 del TCE):

1.“Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno […]”.

(28)

La “specificità dello Sport” continua ad essere riconosciuta e ad ogni modo non deve mai essere intesa in modo da giustificare un’esenzione ( o

sporting-exemption)24 dall’applicazione del diritto comunitario; vi sono

norme organizzative sportive che di fatto non violano le disposizioni

antitrust sancite dai Trattati comunitari, purché i loro eventuali effetti

contrari alla concorrenza siano pertinenti e proporzionati agli obiettivi perseguiti, come quelle che fissano il numero di giocatori in campo o i criteri di selezione per stabilire le gare “in casa” o “fuori casa” o, addirittura, per selezionare quali siano gli atleti più preparati da inviare alle Olimpiadi.

1.3.1. … ( segue) “Il caso Meca – Medina & Majcen”.

Un esempio per comprendere al meglio le implicazioni comunitarie è dato dal noto caso Meca-Medina e Majcen25, il quale tratta di due nuotatori professionisti trovati positivi ai test antidoping in occasione dello svolgimento del campionato del mondo della disciplina che li vedeva protagonisti.

La Federazione Nazionale di nuoto irrogò nei confronti dei due atleti una squalifica pari a quattro anni; di seguito i Signori Meca-Medina e Majcen decisero di avviare il ricorso presso l’allora vigente Tribunale Arbitrale dello Sport26, contestando che la normativa antidoping fosse troppo rigida

24 G. Greco., “Il valore sociale dello Sport: un nuovo limite alla c.d specificità? Il commento”, Giornale Dir. Amm., a. 2014, vol. 8-9, p-p. 815 e ss. (nota a sentenza)

25 G. Louis Pietrantonio, in Rivista di diritto dello Sport, a. 2010, vol. 2, p.p. 145-146; G. Infantino, Direttore dell’ufficio Legale UEFA.

26 Gli atleti hanno fatto appello al Tribunale Arbitrale dello Sport (T.A.S.) di Losanna (Svizzera) e, il 29 febbraio 2000, la squalifica di quattro anni è stata confermata.

(29)

e che il livello di tolleranza del nandrolone fosse troppo basso, ininfluente ai fini dopanti.

Il T.A.S. di Losanna confermò i quattro anni di squalifica. A seguito di successivi riscontri in ambito scientifico, le parti si accordarono per ridiscutere il caso presso il medesimo T.A.S. e, il 23 maggio 2001, la squalifica fu ridotta da quattro a due anni.

Ovviamente insoddisfatti del risultato, una settimana dopo ( il 30 maggio 2001) i nuotatori presentarono ricorso presso la Commissione europea, sostenendo che le regole stabilite dal C.I.O. in punto di doping ( e applicate de plano dalla F.I.N.A) fossero contrarie alle disposizioni del Trattato CE sulla concorrenza ( all’epoca articoli 81e 82) e al contempo lesive della libera prestazione di servizi ( all’epoca articolo 49).

Ad ogni modo, con una decisione dell’agosto 2002, la Commissione europea27 respinse il ricorso, facendo notare che la normativa

internazionale antidoping dovesse essere considerata come appartenente alla categoria "regolamenti prettamente sportivi"; di conseguenza la succitata normativa non rientrava nel campo d’applicazione della legislazione UE sulla concorrenza.

Dopo essersi visti respinto il ricorso a Bruxelles, i nuotatori decisero di fare appello contro la decisione della Commissione europea presso il Tribunale di Primo Grado ( T.P.G.C.E.).

27 All’epoca della decisione il Commissario Monti dichiarò:

"E’ comprensibile che i ricorrenti abbiano fatto di tutto per ottenere l’annullamento della squalifica imposta sulla base dei regolamenti antidoping di C.I.O. e F.I.N.A. Questo, tuttavia, non giustifica l’intervento della Commissione la quale ritiene che non tocchi a lei sostituire gli organismi sportivi, quando si tratta di scegliere la migliore strategia per combattere il doping”.

(30)

Il T.P.G.C.E. confermò28 la decisione della Commissione europea di respingere il ricorso, rilevando che le disposizioni relative alla libera circolazione di cui al Trattato CE non fossero d’applicazione per i “regolamenti prettamente sportivi” ( quali le disposizioni antidoping), in quanto questo tipo di regolamenti non ha nulla a che vedere con le attività economiche regolamentate dalla legislazione sulla concorrenza e, di conseguenza, dagli assiomi sanciti dagli articoli 81e 82 del Trattato CE, ossia: quando i regolamenti si limitano a perseguire il proprio obiettivo ( proteggere lo spirito sportivo) e non contengono alcun elemento di discriminazione, non tocca allo stesso Tribunale ( o alla Commissione europea) stabilire se le norme sono o non sono "eccessive" e

"sproporzionate".

I due nuotatori non si arresero e decisero di presentare ricorso contro la sentenza del T.P.G.C.E. presso la più alta Corte d’Europa: la Corte di Giustizia della Comunità europea.

Orbene, la Corte di Giustizia29 della Comunità europea smentì il Tribunale di Primo Grado annullando la relativa sentenza e,

successivamente, pertanto senza escludere che la disciplina antitrust potesse trovare applicazione anche in materia “prettamente sportiva”, affermò:

 per un verso, l’applicabilità della normativa antitrust comunitaria anche quando si tratti di materia sportiva più pura;

 per altro, la necessità di operare una comparazione tra la normativa internazionale antidoping e i suoi possibili effetti anticoncorrenziali: nel caso di specie, la Corte dichiara il

28 T.P.G.C.E. sentenza del 30 Settembre 2004, Meca – Medina & Majcen C Commission, T 313/02 (

“Meca – Medina”)

29 Corte di Giustizia dell’Unione Europea sentenza del 18 Luglio 2006 Meca – Medina & Majcen C

(31)

regolamento federale sì potenzialmente lesivo della concorrenza, ma ad ogni modo legittimo e proporzionale al fine cui è tesa la disciplina del doping.

Pur nell’alveo di opinioni discordanti, tra le quali emerge quella di coloro che professano la “specificità dello Sport” e la relativa avulsione dal considerarlo una mera attività economica, la Corte di Giustizia della Comunità europea ritenne che la legislazione dell’UE, pur con le dovute cautele, dovesse applicarsi anche nei confronti dell’ordinamento giuridico sportivo.

1.3.2. … ( segue) “Il caso Bosman”.

Un ulteriore esempio fu offerto dal caso Bosman30, ove il contezioso

nacque in virtù della pretesa del giocatore dello Standard Liegi di non avere ostacoli al trasferimento in un’altra squadra e, a maggior ragione, ad opera della società per la quale era tesserato.

Jean Marc Bosman, di cittadinanza belga, era stato tesserato dalla Federazione calcistica del suo paese e aveva iniziato a giocare in una squadra iscritta al campionato nazionale.

Giunto a scadenza contrattuale, la società d’appartenenza lo mise nella lista dei giocatori cedibili e, poco dopo, lo Standard Liegi cedette il giocatore ad una franchigia francese previo il pagamento di una somma di 1.200.00 franchi belgi;

(32)

il trasferimento del giocatore non avvenne in quanto la società transalpina non pagò la suddetta indennità.

Bosman propose ricorso presso la Corte di Appello di Liegi, la quale a sua volta decise di sottoporre due quesiti alla Corte di Giustizia

comunitaria:

1) se gli articoli 48, 85 e 86 dell’allora vigente Trattato CE dovessero essere intesi nel senso di vietare ad una società calcistica di percepire il pagamento di una somma di denaro, allorché un giocatore già tesserato con la medesima, dopo la scadenza del contratto, fosse stato ingaggiato da una nuova società;

2) se le Federazioni Nazionali e Internazionali potessero contenere, nei rispettivi regolamenti, norme che limitassero la partecipazione di giocatori stranieri, pur cittadini di Stati membri, alle

competizioni da queste organizzate.

I giudici di Bruxelles riconobbero31:

 la titolarità di libertà economiche fondamentali, quali la circolazione dei lavoratori ( gli atleti sono riconosciuti come lavoratori subordinati), il mutuo riconoscimento delle

qualificazioni professionali e il diritto di stabilimento in altro Stato membro, senza dimenticare l’annesso divieto di discriminazione sulla base della nazionalità o del sesso;

 la natura discriminatoria delle limitazioni numeriche nell’utilizzo dei calciatori stranieri provenienti da altri stati membri, nonché

(33)

delle indennità da riconoscere al club d’origine nel caso di cessione di un calciatore professionistico giunto a scadenza di un contratto.

In sostanza i giudici di Bruxelles sancirono, e non è cosa da poco, la legittimità di quello che ad oggi è comunemente definito “acquisto del giocatore a parametro zero”, ovvero del giocatore svincolato, con contratto in scadenza e che la società di appartenenza non ha deciso di rinnovare ulteriormente.

Orbene, la Corte di Giustizia32 comunitaria ebbe altresì il merito di aver identificato l’eccezione ( o sporting-exception)33 nello Sport : si ammette

la possibilità che gli enti sportivi nazionali stabiliscano restrizioni o limitazioni alla pratica sportiva purché queste si palesino rivolte a taluni incontri e, per soli motivi non economici ma inerenti al carattere e alla fisionomia specifica di detti incontri; pertanto tali restrizioni o limitazioni dovranno avere natura prettamente sportiva34 e la relativa compatibilità nei riguardi del diritto comunitario potrà essere apprezzata solo caso per caso.

32 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 15 Dicembre 1995 sul caso Bosman C. C- 415/93

33 Ibidem nota 24

34 A questo proposito, le Conclusioni dell’Avvocato Generale Léger, presentate il 23 marzo 2006 (“Conclusioni AG”), nelle quali affermò che:

“anche le attività sportive che abbiano carattere economico possono tuttavia sfuggire all’applicazione delle fonti fondamentali antidiscriminatorie del trattato, quando le limitazioni basate sulla nazionalità del giocatore abbiano finalità puramente sportive, purché dette limitazioni siano idonee e proporzionate al perseguimento finale”.

(34)

1.3.3. … ( segue) “… ulteriori valori costituzionali sottesi”.

L’articolo 18, primo comma, della Costituzione dice che:

“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione,

per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”.

In definitiva, la Costituzione italiana sancisce un vero e proprio “diritto di associazione”, seppur entro i limiti del diritto penale.

Tuttavia, se agli articoli 29 e 39 e 40, in merito alla famiglia, ai sindacati, e ai partiti politici la nostra Carta Costituzionale risulta essere chiara e dogmatica, nei riguardi dell’associazionismo sportivo rifugge ogni precisazione di principio.

In sostanza la Costituzione non determina un “diritto all’associazionismo sportivo” e ciò dimostra il deficit di interesse del nostro legislatore del 1948.

Lo Sport è da sempre considerato esclusivamente come uno dei tanti contesti sociologici; tuttavia la relativa capacità di saper unire e trasportare le masse è rimasta per lungo tempo taciuta.

Non a caso in epoca fascista, e dei similari regimi dittatoriali, venne utilizzato sia per distogliere i popoli dalle tensioni causate dal governo e dall’imminente conflitto mondiale, sia per accrescere lo spirito patriottico, attraverso la presenza di sportivi coinvolti in ogni specialità fisica, nonché simbolo di forza, di superiorità fisica e frequentemente impiegati come pacieri.

Di fatti atleti di paesi diversi rappresentavano culture e ideali altrettanto diversi: il loro ruolo era quello di vincere l’avversario sul campo da gioco, al fine di evitare lo scontro sul fronte politico.

(35)

Per quanto riguarda l’Italia della prima metà del Novecento, l’attenzione per il fenomeno sportivo crebbe man mano che i rapporti di politica internazionale si fecero più intensi, tant’è che venne fatto largo uso sia dell’inno che del Tricolore.

A partire dalla liberazione da parte degli Alleati si iniziò a parlare di “diplomazia sportiva”35, vale a dire una forma di politica estera, esercitata

da ogni Istituzione sportiva nazionale per propri fini, pur sotto l’egida dell’organo di governo centrale ( il Ministero degli Esteri); si ammettono meccanismi di delega alle competenti sfere sportive: in senso più ampio, è lo strumento analogo a quella diplomazia tradizionale esercitata da

consoli e ambasciatori.

L’obiettivo fu quello di far sì che il nostro Paese potesse rientrare sulla scena sportiva internazionale e di fatto fu raggiunto con l’assegnazione dei Giochi Olimpici estivi di Roma 1960, in virtù della dedizione di alcuni ex dirigenti sportivi fascisti, il cui incarico venne conservato per ragioni di continuità e per le credenziali acquisite nel corso dei decenni: Alberto Bonacossa36 e Giulio Onesti37.

35 N. Sbetti, La “diplomazia sportiva” italiana del secondo dopoguerra: attori e istituzioni (1943-

1955)”, in Rivista del Diritto dello Sport, a.2016, vo.1, p.p. 27 e ss.

36 Alberto. Bonacossa (Vigevano 1883 – Roma 1953), a lui si devono numerose iniziative pionieristiche a favore dello sport nazionale.

Fondò la prima società italiana di pattinaggio artistico su ghiaccio (1914), fu tra i promotori della costruzione del Palazzo del ghiaccio a Milano (1932); analoga opera fu da lui svolta per il tennis e per altri impianti sportivi.

Nel 1914, pubblicò a Milano, insieme con G. Porro Lambertenghi, il primo manuale italiano di tennis e, assieme al fratello Aldo, noto alpinista, due buone guide alpine.

Partecipò a numerosi congressi all'estero e Pierre de Coubertin lo ebbe tra i suoi più apprezzati collaboratori.

37 Giulio Onesti (Incisa Scapaccino, Asti, 1912 - Roma 1981), avvocato e dirigente sportivo presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (1946-78) e membro di quello internazionale dal 1964.

(36)

Per essere precisi, l’Italia riuscì a partecipare ai Giochi estivi di Londra nel 1948 e, nonostante fosse considerata un paese sconfitto, già nel 1949 ottenne l’assegnazione dei Giochi invernali di Cortina d’Ampezzo 1956.

Per concludere su questo tema, un ulteriore ed esplicito riferimento di rango costituzionale si rinviene nell’articolo 117, terzo comma Costituzione, nel quale viene sancito che:

“Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: […]

“ordinamento sportivo”.

Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

In questo frangente il Costituente effettua un passo in avanti: vi è

l’abbandono del concetto di singola associazione/organizzazione sportiva a vantaggio di quello di ordinamento giuridico, il quale sarà oggetto di studio nel paragrafo che segue.

Il fatto che la materia sportiva rientri tra quelle di legislazione concorrente con le Regioni38, dimostra quanto i particolarismi locali di singoli gruppi di sportivi possano essere gestiti con maggior efficacia dall’ente pubblico territoriale più autorevole e più vicino agli stessi, in un’ottica di

imprescindibile sussidiarietà.

38 F. Lascio, L’ordinamento sportivo nelle recenti leggi regionali, Giornale Dir. Amm”, (2007, 7, 702 (dottrina))

(37)

Lo Stato impone le linee di principio, le Regioni compongono la normativa di dettaglio.

E questa è l’immagine da tenere sempre presente quando si parla di “ordinamento sportivo”: esso è autonomo laddove “autonomia” significa sì “capacità di darsi legge da soli”, pur tuttavia è necessario tenere sempre presente il rapporto con l’organizzazione sociale gerarchicamente

superiore, lo Stato.

Ma quali i confini entro cui possa legittimamente esplicarsi l'esercizio della potestà legislativa statale e quello della potestà regionale? Quali gli spazi per una regolamentazione sportiva interna?

Alcuni profili39 dell'ordinamento sportivo sono regolati di concerto tra l’ordinamento statale e le Regioni, quali la sicurezza, l’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive e la realizzazione degli impianti sportivi in linea con le normative sull’edilizia e sull’urbanistica; altri sono disciplinati soltanto da norme dette “tecniche” o interne, adottate dall’ordinamento sportivo quali le regole dei giochi o, i profili di ammissione alle singole associazioni sportive;

altri ancora sono oggetto di provvedimenti emanati da entrambi gli ordinamenti giuridici considerati.

Dunque le sovrapposizioni in materia, nel caso in cui il medesimo profilo sia regolato da disposizioni statali e/o regionali e, allo stesso tempo, da disposizioni adottate dagli organi sportivi, sono frequenti.

39 M. Sanino – F. Verde, Il Diritto Sportivo (Quarta edizione) CEDAM – L’ordinamento sportivo in

(38)

Questo solitamente si verifica quando lo Stato e la Regione intendono rafforzare la tutela di situazioni soggettive riconosciute, le quali vengono messe in discussione a causa dell’estremo tecnicismo che caratterizza il mondo sportivo.

Il settore da portare ad esempio, è quello dei controlli antidoping, effettuati periodicamente per la tutela della salute degli atleti e per la veridicità delle prestazioni.

Si noti come il diritto inviolabile alla Salute si intrecci con le regole tecniche e i limiti di tolleranza posti dalle singole Federazioni sportive nazionali per ciascuna disciplina sportiva, ai fini dell’assunzione di certe sostanze e/o medicinali; ad ogni modo è necessario non perdere di vista il livello minimo di tutela della Salute richiesto in via di principio dalla Costituzione.

In definitiva le Regioni hanno il compito primario di promuovere, di sostenere le attività sportive sul territorio e per raggiungere questo obiettivo si sono servite della produzione legislativa secondaria e di testi unici.

In particolare l’idea è stata quella di far rientrare lo Sport nell’alveo di materie già oggetto di disciplina legislativa piena e completa e, altresì, che presentino una qualche attinenza con gli interessi sportivi, quali la sanità, il turismo, l’urbanistica e i lavori pubblici di interesse regionale.

Inoltre, con il d.P.R del 24 Luglio 1977, n°616 vi è stata l’assegnazione in capo alle Regioni, e delle funzioni amministrative di promozione

dell’attività sportiva e ricreativa, con la realizzazione dei relativi impianti e attrezzature, e delle funzioni concernenti la tutela della salute, pur sempre sotto il coordinamento del C.O.N.I e della Federazione italiana medico sportiva.

(39)

In virtù dell’l’articolo 157 del d.lgs del 1998, n°112, le Regioni devono occuparsi della procedura di approvazione dei programmi per la

realizzazione, ampliamento e ristrutturazione degli impianti sportivi locali, al fine di perseguire un progetto univoco tra centro e periferie.

Da ultimo e per completezza, l’articolo 3 della legge costituzionale del 18 Ottobre del 2001 n°3, stabilisce ufficialmente che l’ordinamento sportivo rientri tra le materie di legislazione concorrente.

L’obiettivo di queste riforme è stato quello di rafforzare la collaborazione tra Stato e Regioni, in un’ottica di semplificazione dei procedimenti legislativi e di maggior chiarezza delle rispettive funzioni in materia sportiva.

2. “La teoria generale degli ordinamenti giuridici”.

Dopo aver preso coscienza della pluralità di funzioni esercitate dallo Sport e di alcune tra le più rilevanti sfaccettature assiologiche del fenomeno, è evidente che lo Stato non possa più rimanere inerte e disinteressato nei riguardi della materia.

2.1. “Il fenomeno sportivo: un ordinamento giuridico

speciale”.

Il fenomeno sportivo, attraverso l’associazionismo degli atleti,

rappresenta un ordinamento speciale, dotato di una propria autonomia pur tuttavia in una condizione di derivazione e di non indipendenza rispetto

(40)

all’ordinamento generale; quest’ultimo resta l’unico ad avere il carattere della sovranità.

I tratti di questa specialità sportiva emersero nel momento in cui dall’agonismo “occasionale”40, tipico di gare isolate e non collegate tra

loro, si passò ad un agonismo “a programma limitato”41, fatto di

competizioni consequenziali, tuttavia solo entro certi limiti di categoria e di territorio definito.

L’apice si raggiunse con lo sviluppo di un agonismo “a programma illimitato”42, che si concreta nello svolgimento di gare collegate e ripetute

periodicamente, senza limiti di spazio o di tempo, durante le quali gli esercizi si collegano a risultati, successivamente riportati in classifiche internazionali.

Con l’incremento dell’agonismo “a programma illimitato” risulta necessario fissare alcune regole scritte, atte ad accertare i risultati della pratica sportiva e a catalogarli; in più si rende opportuna la formazione di organismi con funzioni di supervisione e controllo del buon andamento dello Sport e della correttezza dei comportamenti tenuti da arbitri, giudici di gara, misuratori, tecnici, allenatori, medici, dirigenti sportivi, ecc. Di seguito si assiste a una crescita esponenziale del numero degli atleti, oltre alla capillare diversificazione delle discipline sportive riconosciute e all’impiego di tecnologie in continuo innovamento.

Pertanto l’agonismo “a programma illimitato”, comporta in capo agli atleti e agli operatori sportivi la proliferazione di diritti inviolabili e di doveri sanzionabili, sia in occasione dello svolgimento delle competizioni che nell’alveo dell’iniziativa economica privata.

40 I. Marani Toro, A. Marani Toro, Gli ordinamenti sportivi, Milano, Giuffré, 1977, p.p. 58 e ss. 41 Ibidem nota 22

(41)

Dunque, è lecito affermare che l’ordinamento sportivo costituisca un’entità specifica, un’articolazione giuridica con prerogative del tutto personali e latu sensu avulse dal sistema generale statale; l’ordinamento sportivo prevede, inoltre, un nucleo di norme giuridiche emanate da enti ed organi di governo specifici e preposti agli atleti e alle società sportive.

Ulteriori importanti connotati dell’ordinamento giuridico sportivo verranno analizzati in seguito.

2.2. “Da Santi Romano a Massimo Severo Giannini: la

definizione di ordinamento giuridico”.

Secondo la Scuola di Santi Romano ogni ordinamento giuridico

costituisce un’Istituzione; ciò implica di per sé l’idea di qualche cosa di “più vivo e di più animato; è, in primo luogo, la complessa e varia

organizzazione dello Stato, i numerosi meccanismi, i collegamenti di autorità o di forza, che producono, modificano, applicano, garantiscono le norme giuridiche, ma non si identificano con le stesse”.43.

Con la denominazione di Istituzione, l’illustre studioso intese riferirsi al concetto di organizzazione e, come corollario, alla tesi per cui “il

momento istitutivo produce quello normativo”44.

Agli antipodi si riprende la teoria normativa di Hans Kelsen45, in base alla quale al centro vi sarebbero le “norma giuridiche”; tuttavia Santi Romano

43 S. Romano - L’ordinamento giuridico, Firenze 1966, p.p. 28 e ss. 44 Ibidem nota 38

(42)

affermò che scindere la valenza delle “norme giuridiche” dalla sussistenza di una comunità di individui ben organizzata su un territorio, nonché caratterizzata dall’obbligo di osservare tali precetti giuridici, sarebbe un errore.

Dunque, il concetto di ordinamento giuridico si sovrappone ( e coincide) con il concetto di società organizzata e sottoposta a comportamenti doverosi: “ubi societas, ibi ius”46.

La società odierna è caratterizzata da una complessa rete di interessi collettivi e, pertanto, urge il progressivo impegno da parte dello Stato al fine della legittimazione e della tutela di tali prerogative, anche a mezzo di entità autonome e autorevoli, quali le Istituzioni o, altresì, gli

ordinamenti giuridici differenziati.

Cesarini Sforza47 si ispira alla teoria istituzionalista di Santi Romano ed esprime la considerazione secondo la quale i diritti dei privati finiscono per identificarsi con quelli delle formazioni sociali nate spontaneamente; in aggiunta l’autore si dimostra a favore dell’emancipazione

dell’ordinamento sportivo da quello generale e riscontra, in questo senso, scarsa collaborazione da parte della politica nazionale.

Lo Sforza afferma altresì che se da un atto di un ordinamento speciale derivano conseguenze che vanno al di là della dimensione sportiva, ovvero che comportano la lesione di principi fondamentali per lo Stato, quest’ultimo, in quanto ente sovrano, «ha tutto il diritto di conoscere la

situazione e di giudicarla48».

46 Ibidem nota 37

47 W. Cesarini Sforza, Il diritto dei privati, in Riv.It.Sc.Giurid., 1929, pag. 3.

(43)

Le Istituzioni sono il risultato “di un’iter per il quale i privati medesimi

creano determinati rapporti d’interesse collettivo in mancanza, o nell’insufficienza, della legislazione statale, essendo queste formazioni giuridiche non sottoposte, ma parallele all’ordinamento statuale49”,

Con Massimo Severo Giannini50 avviene la svolta: sin da principio egli si rese promotore di quell’orientamento in base al quale un ordinamento giuridico, per essere tale, deve presentare tre elementi indefettibili: la pluri-soggettività, l’organizzazione e la normazione.

In particolare, nell’ambito dell’ordinamento giuridico sportivo, il coordinamento di questi tre elementi comporta l’attenuazione

dell’ingerenza della mano statale, a tutela dell'autonomia organizzativa e normativa del Comitato Olimpico Nazionale e delle Federazioni, nonché a vantaggio della libertà di iniziativa economica delle società

professionistiche.

49 Ibidem nota 42

50 M.S. GIANNINI, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. dir. sport., 1949, vol. 1-2, p.p. 10 ss.

(44)

3. “Massimo Severo Giannini: le componenti di un

ordinamento giuridico”

51

.

sub a) 3.1: “La pluri-soggettività”.

Il canone della pluri-soggettività richiama una comunità di individui, unica e distinta dalle altre, che vive in un determinato territorio e che osserva regole e valori comuni.

La comunità che qui interessa è quella formata dagli atleti affiliati alle Federazioni Nazionali, dalle società e associazioni sportive, nonché da tutti gli operatori di ciascuna disciplina sportiva di riferimento.

sub b) 3.2: “L’organizzazione”.

Si prosegue con l’organizzazione, ovvero l’apparato di organi, strutture e programmi, finalizzato a dare ordine e tutela agli appartenenti la comunità di cui sopra.

Nel settore dello Sport italiano, gli enti da prendere in esame sono il Comitato Olimpico Nazionale ( C.O.N.I), le Federazioni Nazionali e tutte le ulteriori articolazioni dirigenziali quali, le Discipline Sportive

Associate, gli Enti di Promozione Sportiva e le società commerciali affiliate ( professionistiche e dilettantistiche).

(45)

sub b) 3.2.1. “il C.O.N.I. e gli enti periferici”.

Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano52 nasce nel 1908 in virtù di un gruppo di rappresentanti di tutti le discipline sportive che vennero praticate durante la prima Olimpiade moderna ad Atene, con

l’inquadramento ulteriore di tutte le Federazioni sportive allora esistenti; in realtà l’attuale acronimo C.O.N.I, venne elaborato soltanto nel 1914, decretando la fine della denominazione Comitato Italiano per le

Olimpiadi.

Inizialmente ebbe natura di ente di diritto privato, costituito da soggetti privati atti a dare vita ad un comitato con funzioni di indirizzo,

coordinamento e controllo dell’intero movimento sportivo.

In un secondo momento, e con l’avvento del Fascismo, il C.O.N.I. cambiò veste e venne riconosciuto come ente di diritto pubblico con funzioni organizzative e di potenziamento dello Sport nazionale in generale. La ragione di fondo fu il crescente interesse per il fenomeno sportivo da parte della dittatura, a fini propagandistici.

Nello specifico la legge del 16 Febbraio 1942, n°426, dal titolo

“Costituzione e ordinamento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano CONI”, definì la figura del C.O.N.I. “ente di diritto pubblico”;

tuttavia le successive prerogative contenute nella legge del 20 Marzo 1975 ebbero il merito di sancire l’appartenenza del Comitato Olimpico al novero degli enti pubblici parastatali, anche alla luce dei generali interessi che il medesimo persegue nell’ambito del settore sportivo.

52 Il C.O.N.I. è emanazione del Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.), è autorità di disciplina regolazione e gestione delle attività sportive nazionali.

Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano è l’ente pubblico cui è demandata l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale, promuove la massima diffusione della pratica sportiva.

(46)

Nel 1999, in abolizione della legge istitutiva del C.O.N.I., venne emanato il d.lgs n°242 ( detto “Legge Melandri”): il Comitato Olimpico venne sottoposto alla vigilanza del Ministero per i beni e per le attività culturali, il quale deve assicurare il corretto funzionamento del Comitato stesso e, pur parzialmente, la buona organizzazione; in particolare, di concerto con il Ministero del Tesoro, viene approvato lo Statuto fondante il Comitato. La cooperazione tra Ministeri è necessaria per tutto ciò che concerne la gestione del personale C.O.N.I., per la nomina o revoca del relativo Presidente, dei membri del Consiglio Nazionale e della Giunta Nazionale, quali sub-organi del Comitato Olimpico.

Nonostante la significativa presenza della politica ( oggi, peraltro, vi è stata la rinnovata istituzione del Ministero dello Sport, affidato al Ministro Luca Lotti esponente del Governo uscente presieduto dal Presidente Paolo Gentiloni) il C.O.N.I. sembra resistere a qualsiasi influenza di natura non propriamente sportiva.

E’ doveroso ricordare che il C.O.N.I. deve operare sotto l’egida della Carta Olimpica53, elaborata nelle sedi sportive sovranazionali: in generale si parla di principio di “autonomia sportiva”54, quindi non è possibile

ritenere l’ordinamento sportivo e i singoli organi di governo che lo

53 Fu pubblicata per la prima volta nel 1908 con il titolo “Annuaire du Comité International

Olympique” ("Annuario del Comitato Olimpico Internazionale), è un documento ufficiale creato per raccogliere le regole e le linee guida per l’organizzazione dei giochi olimpici, estivi e invernali; è adottata dal Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.), che la rivede periodicamente con modifiche e integrazioni.

Viene diffusa in inglese e francese, le due lingue ufficiali delle Olimpiadi e nel caso in cui i due testi abbiano alcune discrepanze, prevale sempre la versione in francese.

La Carta Olimpica serve per tre scopi fondamentali: formalizzare i principi e i valori delle Olimpiadi, fare da legge per il CIO e definire i doveri delle quattro organizzazioni che fanno parte del Movimento Olimpico (il C.I.O., le federazioni sportive, i comitati olimpici nazionali e i comitati organizzatori dei Giochi).

Il documento è costituito da 6 capitoli contenenti in tutto 61 articoli.

54 M. Sanino – F. Verde, Il Diritto Sportivo (Quarta edizione) - L’ordinamento sportivo come

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caratterizzano indipendenti e sovrani, in quanto, come già osservato, vi è la condizione di derivazione dal Comitato Olimpico Internazionale.

Un’altra novità importante introdotta dal decreto legislativo55 n°242 del

1999 è stata l’attribuzione della “personalità di diritto pubblico” al C.O.N.I, oltre al riconoscimento della relativa sede centrale a Roma; il decreto legislativo, inoltre, all’articolo 2, comma 1° ha definito il C.O.N.I la “Confederazione delle Federazioni Sportive nazionali e delle

Discipline sportive associate”, di cui si tratterà in seguito.

Il Comitato Olimpico Nazionale comprende un Consiglio Nazionale, una Giunta Nazionale e un Presidente, un Segretario Generale e un Collegio dei revisori dei conti.

E’ opportuna una breve definizione di ciascun sub-organo:

 Il Consiglio Nazionale è l’organo sistematico, indica i principi fondamentali cui dovranno rifarsi gli Statuti federali, armonizza i rapporti tra le singole Federazioni sportive e descrive le modalità di controllo circa l’operato delle stesse e delle società affiliate;  la Giunta Nazionale è l’organo esecutivo, individua gli obiettivi, i

programmi di attuazione e verifica la rispondenza dei risultati, approva i bilanci delle Federazioni sportive e si occupa della nomina del Segretario Generale;

 il Segretario Generale esercita funzione di gestione amministrativa dell’ente, cura l’organizzazione degli uffici e ne predispone il bilancio annuale;

 il Presidente, eletto da una compagine piuttosto ampia, è addetto al raccordo tra l’ordinamento sportivo nazionale e quello

internazionale, nonché è il rappresentante legale dell’ente C.O.N.I;

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