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2: “Il provvedimento sportivo disciplinare e i rapporti con il diritto penale”.

L’ordinamento giuridico sportivo, al pari di ogni altro, prevede e tutela beni giuridici rilevanti; a questo proposito vi sono nuclei di regole che devono essere rispettati dai soggetti appartenenti all’ordinamento di settore, a pena di sopravvivenza del medesimo.

Dunque se non vi fosse una sanzione gravosa per chi commette un particolare tipo di illecito disciplinare definito “sportivo119” ( ossia un atto diretto ad alterare lo svolgimento od il risultato di una competizione sportiva), questa impunità potrebbe portare qualche soggetto meno leale a porre in essere questo comportamento.

Una volta ribadita questa convinzione di fondo, gli interpreti riscontrano alcuni punti di contatto tra il diritto sportivo e il diritto penale.

In generale la sanzione penale, così come quella sportiva, costituisce la reazione di un ordinamento giuridico ad un comportamento che infrange le norme costitutive dello stesso.

Di fatti, e nella specificità dell’ordinamento giuridico sportivo, se un tesserato dovesse rilasciare dichiarazioni lesive dell'onore e dell’integrità morale di un altro tesserato, gli organi di Giustizia sportiva potrebbero infliggere una sanzione disciplinare corrispondente ad un'ammenda o all'inibizione dalla pratica agonistica per un determinato periodo, sino a giungere alla squalifica sine tempo.

Si noti che la sanzione sportiva disciplinare non mira, né principalmente né esclusivamente, a sancire il risarcimento del danno nei confronti di chi abbia sofferto gli effetti negativi di un comportamento contrario alle regole federali; in definitiva essa svolge una significativa funzione deterrente e, solo in extremis, assume una veste punitiva.

Nella quotidianità più ricorrente, tuttavia, l’irrogazione di un’ammenda da parte del Giudice sportivo o federale comporta l’obbligo di versamento di denaro nelle casse del soggetto leso, indi per cui latu sensu la sanzione sportiva assolve un’utilità meramente risarcitoria.

Per aversi sanzione sportiva disciplinare, occorre la violazione di una regola di comportamento o la prospettazione di un fatto illecito rilevante per l’ordinamento giuridico sportivo.

Ad ogni modo, così come si è detto nel paragrafo precedente, l’ordinamento giuridico sportivo presenta sì un catalogo di misure punitive, peraltro uno per ciascuna attività agonistica; non di rado, può accadere che l’illecito disciplinare non presenti il carattere della

determinatezza della fattispecie, tant’è che la scelta da parte del Giudice sportivo o federale circa l’applicazione della sanzione al caso concreto, si fa ampiamente discrezionale e si caratterizza per il verificarsi di una complessa operazione valutativa che conosceremo più avanti.

Vi è un generale difetto del canone della tipicità, della corrispondenza tra “crimen e lege” previamente stabilita, cosa assolutamente non

configurabile nella visione del diritto penale.

Bisogna tener conto, ulteriormente, che vi possa configurarsi una descrizione piuttosto blanda del comportamento che il soggetto

appartenente all’ordinamento sportivo è tenuto ad osservare: una su tutte la disposizione generale che impone, in relazione a qualsiasi disciplina

sportiva, “il dovere di buona fede e di lealtà sportiva”, lasciando

all’organo giudicante ampia libertà di individuazione di ciò che sia reale manifestazione di fair play e di cosa sia in aperto contrasto.

In base ad un’utile classificazione operata dal Prof. Luiso120, talvolta capita di incorrere in norme sportive che descrivono puntualmente il comportamento da osservare e pertanto, a fronte della trasgressione di questo, prevedono la sanzione corrispondente; altre volte, ed è l’ipotesi più frequente, la norme impongono un determinato dovere

comportamentale, pur tuttavia senza specificare la conseguente misura disciplinare. In questi casi la scelta del monito punitivo spetta in toto all’organo giudicante.

E’ importante ricordare come in tutti gli statuti e regolamenti federali vi siano norme di chiusura che sanciscono obblighi generalissimi, come l’ossequio alla lealtà e alla probità sportiva o il divieto di tenere un comportamento contrario al prestigio della Federazione Nazionale, etc; anche in questo frangente, forse più che altrove, emerge la mancanza di una specifica sanzione in corrispondenza di una violazione giuridica. In sostanza il diritto sportivo propone un articolato sistema sanzionatorio, attraverso la statuizione di un catalogo di misure disciplinari sul quale far ricadere la scelta della “magistratura” sportiva.

L’intento dell’ordinamento di settore, che per questo motivo avvalora maggiormente la propria natura giuridico-ordinamentale e la relativa autonomia, è quello di ricreare un meccanismo dedito alla punibilità degli abusi sportivi pressoché identico a quello presente all’interno

dell’ordinamento generale, offerto dal diritto penale.

Tuttavia, specialmente a livello sostanziale, la prassi mostra molteplici differenze tra il diritto penale statale e il diritto “penale” sportivo; quest’ultimo, in diverse occasioni, difetta dei canoni della tipicità e della determinatezza dell’illecito, tant’è che all’unanimità si afferma

l’inesistenza del principio del “nullun crimen sine lege” ai sensi dell’articolo 25 della Costituzione, secondo il quale:

nessuno può essere punito se non in forza di un legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

In definitiva abbiamo avuto modo di comprendere i punti critici che l’organo giudicante sportivo è chiamato ad ovviare ogniqualvolta debba esaminare un previo provvedimento sportivo disciplinare;

in particolare i problemi nascono a causa della frequente mancanza di relazione che sussiste tra una “norma x” capace di sancire un determinato comportamento come “non rispettoso dei principi dell’ordinamento di settore” e, la corrispondente “pena y”, finalizzata a distogliere dall’idea di trasgredire gli assiomi del diritto sportivo.

Sul piano processuale, il procedimento sportivo disciplinare presenta numerosi punti in comune con il Codice di Procedura Penale, ma occorre riflettere attentamente.

Di base si hanno gli illeciti disciplinari meramente “tecnici”, i quali trovano origine dal mancato rispetto di norme sportive di omologa natura; in questo caso il primo momento d’intervento è offerto dall’operato del giudice di gara, il quale ha il compito di far rispettare il regolamento di gioco e di ristabilire la giustezza della competizione, a seguito della violazione manifestatasi.

L’esempio classico è il cartellino rosso che sancisce l’espulsione dalla competizione in corso, a seguito del verificarsi di un forte contatto fisico tra due calciatori: la regola impone di colpire il pallone, non il giocatore avversario, pertanto il primo provvedimento sportivo è di natura

meramente “tecnica” e verrà inferto da parte di un operatore “tecnico”; di seguito vi potrà essere il reclamo al Giudice sportivo, ( in primo grado di solito è il Giudice Unico Federale) su esclusiva istanza di parte, vale a dire dello stesso calciatore sanzionato ( o, allo stesso modo, della società di appartenenza), il quale è legittimato e mostra di avere interesse diretto ad agire in quanto ha partecipato alla gara.

A chiusura va detto che, nell’ambito di alcune Federazioni Nazionali, si rileva la possibilità che un tale reclamo venga proposto da appositi organi federali in veste di soggetti in stato di legittimazione straordinaria.

Per quanto riguarda tutti gli “altri” illeciti disciplinari, è necessario mettere in luce un duplice meccanismo di iniziativa processuale:

per un verso persiste la chance di ricorso alla Commissione di Giustizia federale, su istanza della parte lesa ( vuoi il singolo atleta colpito dal provvedimento disciplinare, vuoi la società di appartenenza);

da un altro punto di vista, tuttavia, ove si evidenzi quel particolare illecito disciplinare definito “sportivo”, l’iniziativa processuale è riservata al Procuratore federale ( cioè all’organo pubblico), esattamente come accade per il Pubblico Ministero nell’alveo del diritto processuale penale.

Per sommi capi si definisce illecito “sportivo” il comportamento di coloro che compiano in prima persona o che autorizzino altri a loro nome, o nel loro interesse, con qualsiasi mezzo, a compiere atti diretti ad alterare

lo svolgimento od il risultato di una competizione sportiva, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio agonistico.

Orbene, il Procuratore federale, ai sensi dell’articolo 44, coma 1° del Codice della Giustizia sportiva:

“esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione, nelle forme e nei termini da queste previsti, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione”;

di seguito il Procuratore federale conduce l’istruzione del procedimento attraverso vere e proprie indagini, caratterizzate da interrogatori,

audizioni di testimoni, acquisizione di documenti etc.;

da ultimo il Procuratore federale potrà deferire l’inquisito all’organo giudicante di primo grado oppure, in mancanza di elementi, richiedere l’archiviazione del caso laddove la notizia dell’illecito sportivo si

rivelasse infondata sin dall’inizio o, al termine delle indagini preliminari.

Ad ogni modo, a vantaggio del ricorrente vi è la possibilità di appellare le decisioni di prima istanza davanti agli organi collegiali di secondo grado. Se ne deduce che il processo disciplinare sportivo sia in buona sintonia con il processo penale statale: entrambi i riti presuppongono la violazione di una norma di base, alla quale è correlata l’applicazione di una

sanzione, pur tuttavia rammentando le difficoltà che incontra l’organo giudicante sportivo, di cui si è detto a sufficienza.

All’interno all’ordinamento sportivo si noti la compresenza di Procura federale e Procura Antidoping del C.O.N.I121: ove la Procura federale riscontri un illecito rientrante nella fattispecie del doping, essa è onerata di trasmettere tutti gli atti all’ufficio antidoping competente122.

Allo stesso modo, ogniqualvolta il Procuratore federale rilevi un fatto che costituisce ipotesi di reato, egli è tenuto a trasmettere senza indugio copia degli atti al Presidente federale, il quale informerà l’Autorità giudiziaria competente ( il Pubblico Ministero della Repubblica).

Tale partnership tra Procure permette di affermare, ancora una volta, quanto la realtà del fenomeno sportivo sia ormai saldamente radicata nella nostra quotidianità e soprattutto consente di ribadire sia la

specificità dell’ordinamento sportivo che la relativa giuridicità, tant’è che vi è persino la previsione di un meccanismo processuale per la gestione delle questioni disciplinari di matrice simil – penale, senza dimenticare il necessario rispetto dei sovraordinati principi dell’ordinamento della Repubblica.

In conclusione resta da precisare che la Giustizia sportiva nell’accezione “domestica”, in linea con la riserva di materie sancita all’articolo 2,

comma 1° lettere a) e b) della legge n°280 del 2003, eserciti la propria

funzione di risoluzione di controversie disciplinari che scaturiscano da illeciti meramente “tecnici” o da illeciti disciplinari tout court ( tra i quali figura l’illecito “sportivo” ).

121 M. Sanino – F. Verde, Il Diritto Sportivo (Quarta edizione), CEDAM – La Procura Generale dello

Sport, p.p. 551 e ss.

122 Ai sensi della legge n°376 del 2000 “Tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il

doping”, la Procura Antidoping è competente in via esclusiva ( e in estrema sintesi) a compiere gli atti necessari all’accertamento della responsabilità dei tesserati delle Federazioni e delle Discipline sportive che si siano resi responsabili dei seguenti comportamenti: somministrazione, assunzione e uso di sostanze appartenenti alle classi proibite di agenti farmacologici e l’impiego di metodi proibiti; ricorso a sostanze o metodologie potenzialmente pericolose per la salute dell’atleta o in grado di incrementare artificiosamente le prestazioni; presenza nell’organismo dell’atleta di sostanze proibite o l’accertamento del ricorso a metodologie non consentite facendo riferimento all’elenco emanato dal C.I.O. ed ai successivi aggiornamenti.

E’ chiaro che, laddove dovessero emergere profili disciplinari in grado di ingerire al di là della mera sfera sportiva e, in specie, ogniqualvolta si prospetti un’ipotesi di reato, il Procuratore della Repubblica sarà pronto ad intervenire;

di fatti vi è l’obbligo di trasferimento del materiale d’indagine da parte dell’inquirente sportivo verso la Procura statale, a rinnovata

testimonianza del fatto che le questioni disciplinari abbiano sovente riflessi su situazioni giuridiche soggettive tutelate dallo Stato, in questo caso laddove diano adito ad ipotesi di delitto o contravvenzione.

2.1. “Il provvedimento disciplinare e il confronto con gli