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4.3 “Il Decreto Legge “salva-Calcio”: la Riforma sostanziale del diritto sportivo”.

Da una prima lettura di tale decreto legge si capì che il ruolo dell’Autorità giudiziaria e amministrativa statale in materia sportiva fosse pressoché annullato e, di fatto, vi fosse una riserva esclusiva in favor

dell’ordinamento sportivo circa una molteplicità di questioni.

Non fu un caso che il provvedimento d’urgenza avesse avuto questa impostazione, almeno agli albori.

Prima del 2003, in virtù della Riforma salva-Calcio, si ebbe il

consolidamento dell’opinione volta ad attribuire completa autonomia alle Federazioni Nazionali, in quanto enti di diritto privato: queste, pur investite di pubblici poteri nello svolgimento di alcune funzioni, si occupavano per lo più attività confacenti l’area del diritto privato, di modo che laddove gli organismi normativi federali avessero emanato regolamenti circa rapporti tra privati o rapporti negoziali, queste normative non avrebbero avuto efficacia all’interno dell’ordinamento statale.

Tuttavia permaneva e permane un limite all’autonomia sportiva: quello della “rilevanza” all’interno dell’ordinamento statale di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo.

Sul concetto di rilevanza o irrilevanza torneremo in seguito e analizzeremo il dibattito ancora in corso sul punto.

Con la legge di conversione del 17 Ottobre 2003, n°28073 e con la soppressione delle lettere c) e d) dell’articolo 2 dell’ex d.l n°220 del 2003, venne sancita l’autonomia dell’ordinamento sportivo da quello generale e, allo stesso tempo, venne definito ( per il momento) uno spazio di effettivo intervento da parte del Giudice statale, in relazione a questioni di forte rilevanza economica o sostanziale per l’ordinamento generale, quali: l’affiliazione, il tesseramento, l’ammissione ai campionati e, come vedremo, gli aspetti privatistici che intercorrono tra soggetti pari-ordinati (atleta – atleta, atleta – società, società – società).

Il concetto di autonomia ( o self-regulation) prevede, quale necessitato presupposto logico, che il fenomeno sportivo sia oggetto di un

ordinamento avente il carattere della “giuridicità”, in quanto costituito da più soggetti organizzati e vincolati da regole il cui rispetto è garantito dagli organi di giustizia e procedure giustiziali appositamente prescritte.

Il precipitato giuridico dell’autonomia sportiva è che gli interessi

individuali o collettivi derivanti dall'applicazione delle regole dello Sport e delle collaterali misure disciplinari, non siano presi in considerazione dall'ordinamento statale, ma affidati alla esclusiva tutela fornita dai meccanismi giustiziali interni all'ordinamento sportivo; tuttavia, per quanto concerne i provvedimenti sportivi disciplinari, gli episodi di interferenza con l’ordinamento della Repubblica non sono pochi.

A partire dall’Ottobre 2003 poiché sovente vi è il riscontro di situazioni giuridiche soggettive di indiscutibile rilevanza per l’ordinamento statale, la giurisprudenza riconosce agli sportivi una chance di tutela effettiva, id

est risarcitoria, ossia vi è l’operato del Giudice statale il quale, su

73 Legge n° 280 del 19 Agosto 2003 ( Legge di conversione del del d.l n° 220 del 2003),

“Conversione in legge, con modificazioni, del d.l 19 Agosto 2003, n° 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”.

domanda di parte, analizza le misure disciplinari irrogate dagli organi delle Federazioni Nazionali o dal C.O.N.I e, nell’eventualità, dispone il risarcimento del danno per equivalente a vantaggio dello sportivo leso nella propria sfera giuridica.

L’ambito disciplinare, in realtà, risulterebbe riservato sia da un punto di vista regolamentare che di risoluzione delle controversie, all’ordinamento sportivo ex lettera b) dell’articolo 2 della legge n°280 del 2003.

A dire il vero però, se si considerano le situazioni giuridiche soggettive spesso sottese ai provvedimenti sanzionatori emanati dagli enti sportivi, è facile comprendere l’esigenza dell’ordinamento generale di essere

protagonista ai fini di una tutela più completa.

Di fatti atleti e società sportive possono sollevare la domanda risarcitoria di fronte al Giudice amministrativo, tuttavia solo in relazione al presunto danno provocato da una sanzione disciplinare inflitta nei loro confronti attraverso un provvedimento sportivo.

Nello specifico, il Giudice Amministrativo conosce delle sanzioni impartite ai soggetti sportivi solo in via incidentale e indiretta, in occasione della pronuncia sulla domanda risarcitoria precedentemente sollevata dal ricorrente; l’organo giurisdizionale amministrativo mai potrà disporre l’annullamento del provvedimento sportivo avente carattere disciplinare.

Occorre altresì precisare che la tutela offerta dal Giudice Amministrativo differisca da quella in generale attribuitagli ( id est di legittimità) ed infatti si tratta di esercizio di giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’articolo

“le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti

patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.

Tale giurisdizione amministrativa esclusiva, una volta applicata al settore sportivo, appare menomata del potere di annullare i provvedimenti del C.O.N.I e delle Federazioni Nazionali.

Dunque, la circostanza in base alla quale il Giudice statale potrebbe intervenire solo a seguito di tutti i rimedi interni alla Giustizia sportiva, determina la difficoltà di ottenere un effetto ripristinatorio soddisfacente attraverso la mera dichiarazione di inefficacia del provvedimento

sportivo.

Ecco il perché di un eventuale risarcimento del danno, pur solo per equivalente e, altresì, dell’impossibilità di dichiarare l’avvenuta

violazione dell’articolo 24 Costituzione, considerato il deficit del potere di caducazione dell’atto in capo al Giudice Amministrativo.

Pertanto non è possibile parlare di indipendenza o di assolutezza

dell’ordinamento giuridico sportivo nei confronti di quello statale, bensì di autonomia e di capacità di risolvere, peraltro in maniera esclusiva, le controversie relative a determinati ambiti della materia Sport, ovvero quelli tecnici o “meramente interni” e quelli disciplinari.

Circa l’ambito sportivo disciplinare, poiché le implicazioni con i diritti soggettivi e gli interessi legittimi risultano frequenti e, poiché la tutela risarcitoria ( peraltro l’unica plausibile per riparare il danno subito da un

iter sportivo ormai divenuto efficace) non è richiedibile presso il Giudice

sportivo, ecco che si prospetta la ratio dell’intervento da parte del Giudice del processo amministrativo.

La conferma proviene dall’articolo 3, comma 1 della legge n° 280 del 2003, così come modificato dall’articolo 3, comma 13, dell’allegato 4 al D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 10474, il quale recita:

“Esauriti i gradi della giustizia sportiva […] ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia

dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo. […]”.

Quindi l’ordinamento giuridico sportivo, secundum littera legis, è libero di esprimersi sia a livello normativo che giurisdizionale, circa le questioni interne e nei riguardi delle sanzioni disciplinari già oggetto di atti del C.O.N.I e delle Federazioni Nazionali.

Un esempio è offerto dalle regole tecniche in tema di acquisizione dei risultati delle gare agonistiche o, in alternativa, le classiche regole di gioco e/o di svolgimento di una qualsiasi competizione sportiva.

In questo modo si ha la così detta zona retta esclusivamente da norme di diritto sportivo, pur tenendo presente il raccordo tra questa e le

implicazioni in punto di situazioni soggettive protette dall’ordinamento generale.

Proseguendo, e riprendendo il Giannini, il rapporto tra ordinamento statale e ordinamento sportivo si traduce nell’attuazione di due ordini di norme:

74 Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo.

 quelle di formulazione esclusivamente statale nei confronti delle quali l’ordinamento generale è sovrano e quello sportivo, poiché derivato, deve tollerare legittime invasioni di campo, in virtù della tutela di diritti soggettivi o di interessi legittimi;

 quelle di produzione sia statale sia sportiva, la zona mista.

Ovviamente i conflitti possono verificarsi solo in quest’ultimo caso dato ché, come spesso accade, di uno stesso fatto i due ordinamenti diano qualificazioni differenti o vi attribuiscano effetti tra di loro agli antipodi.

Quindi, e in teoria, ogni volta in cui si discuta dell’applicazione delle regole sportive interne e/o di sanzioni disciplinari si ha a che fare con la Giustizia sportiva, la quale verrà trattata nel secondo capitolo;

la Giustizia statale, in modo complementare, si occupa di risolvere le controversie che presentano rilevanza esterna, ovvero per l’ordinamento generale e, in particolare, quando vi sia pericolo per l’incolumità di diritti soggettivi o per interessi legittimi.

A questo punto diviene importante analizzare la legge n°280 del 2003, la quale prende atto della complessità strutturale dell’ordinamento sportivo e all’articolo 1, comma 1 - Principi generali, dispone che:

“La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”.

L’ordinamento giuridico sportivo, oramai riconosciuto, acquisisce valenza giuridica pur nella settorialità che lo contraddistingue e nei limiti della normativa primaria nazionale, della Carta Costituzionale e delle fonti comunitarie.

Per “ordinamento giuridico sportivo” deve intendersi un’articolazione, un settore nell'ambito del più generale ordinamento della Repubblica; si potrà

ben dire che l'autonomia dell'ordinamento sportivo tragga fondamento dai principi costituzionali di cui all'articolo 18 della Costituzione,

concernente la tutela della libertà associativa, nonché dall’antecedente

articolo 2 relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni

sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo individuo.

Nello specifico, per quanto riguarda il C.O.N.I, “la capacità di darsi delle leggi” si esplica in linee guida di stampo pubblicistico, complice il fatto che l’Ente abbia personalità di diritto pubblico e sia sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali; tuttavia permangono norme di diritto privato, ad esempio quelle contenute nell'articolo 30 dello Statuto del C.O.N.I, che fissano i requisiti per ottenere il riconoscimento di “associazione sportiva benemerita”; o quelle dell'articolo 33, che

prescrivono agli ufficiali di gara di svolgere le proprie funzioni con lealtà sportiva, in osservanza dei principi di terzietà, imparzialità e indipendenza di giudizio.

Per quanto concerne le Federazioni Nazionali e le Discipline Sportive Associate, il percorso logico è inverso: le norme sono il prodotto del corpo sociale di cui la Federazione Nazionale o la Disciplina Sportiva Associata siano espressione.

I suddetti enti sportivi sono tendenzialmente associazioni riconosciute, aventi personalità giuridica di diritto privato e sono soggette alla

disciplina del Codice Civile, il quale prevede che gli statuti e/o i relativi regolamenti debbano contenere disposizioni circa i diritti e gli obblighi degli associati, le condizioni di ammissione degli aspiranti membri ed, eventualmente, le regole relative all'estinzione dell'ente e alla devoluzione del rispettivo patrimonio.

Il fatto poi che questo il compendio normativo sportivo sia completato da norme eteronome, quali quelle statali, o che alcune norme sportive riproducano precetti già vigenti in comunità sovranazionali (Federazioni Internazionali), nulla toglie all'autonomia della organizzazione sportiva nazionale, che si manifesta nella creazione spontanea, o al più frutto di una concordata elaborazione, di regole di comportamento, organizzative, o tecniche.

Di seguito all’articolo 1, comma 2, la legge n°280 del 2003 sancisce che:

“i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica

sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo”.

Il legislatore sintetizza ciò che è stato oggetto di riflessione nelle pagine precedenti, ponendo l’accento sul principio di autonomia relativa, il quale è alla base del rapporto tra ordinamento generale e quello sportivo; inoltre si accenna alla rilevanza delle situazioni giuridiche soggettive.

Tuttavia è con l’articolo 2, comma 1° che si apprezza concretamente il contenuto dell’autonomia sportiva relativa.

Prima della conversione in legge, il d.l n° 220 del 2003 prevedeva che all’ordinamento sportivo fossero riservate le seguenti materie:

“in applicazione dei princìpi di cui all'articolo 1, è riservata

all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari,

organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle

relative sanzioni disciplinari sportive ;

c) [l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli

tesserati];

d) [l'organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma illimitato e l'ammissione alle stesse delle squadre ed atleti]”

Al momento della conversione in legge, le lettere c) e d) dell’articolo 2,

comma 1° vennero abrogate e di fatto la riserva di competenza per

l’ordinamento sportivo venne di gran lunga ristretta.

E’ importante tenere presente anche il secondo comma dell’articolo 2: lo stesso definisce a livello pratico ciò che viene definito dal comma

“nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo”.

Qui l’autonomia sportiva va al di là della produzione normativa e si esplica in autonomia giurisdizionale.

Gli enti sportivi emanano atti circa questioni tecniche o disciplinari, ai sensi dell’articolo 2, comma 1° della legge n°280 del 2003, mentre gli organi della Giustizia sportiva si occupano di valutarli e di trovare una soluzione alla eventuale “litis”.

I tesserati, le società e tutti gli esponenti dello Sport hanno l’onere di adire in primis gli organi giurisdizionali sportivi e un tale status quo rafforza la posizione del mondo sportivo.

Nonostante la legge mostri la volontà di imporre il così detto “vincolo sportivo” ( di cui si dirà a breve) come estremo baluardo a difesa dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, ai fini di un’interpretazione costituzionalmente orientata è necessario non sottrarre al Giudice dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi tutte quelle controversie che, pur scaturenti da condotte sanzionabili a livello sportivo, finiscano per incidere sullo status degli atleti, delle società o delle associazioni, o per produrre gravi lesioni, talvolta irreversibili, sulla posizione lavorativa dell'atleta e sullo assetto patrimoniale dei suddetti soggetti.

In generale, la riforma del 2003:

 ha introdotto un nuovo rapporto tra ordinamento sportivo ed ordinamento statale, basato sul principio dell’autonomia relativa del primo, rispetto al secondo;

 ha generato una Giustizia Sportiva incentrata sul vaglio delle regole interne all’universo sportivo ma di fatto, seguendo il dettato normativo, dedita anche all’esame della funzione disciplinare spettante alle Federazioni Nazionali, come ad ogni altra associazione, sui propri associati;

 ha individuato nei regolamenti federali semplici atti interni, privi pertanto di efficacia per l'ordinamento statale in quanto

espressione dell'autonomia privata riconosciuta nei rapporti associativi dall’articolo 16 c.c.;

 e infine, ha sancito che gli atti di ingresso e/o di fuoriuscita ( id est tesseramento e revoca) dei soggetti nella comunità sportiva non rientrino più tra quelli meramente sportivi, ma all’interno di schemi in cui il diritto sportivo vede la presenza della Giustizia statale.

Orbene, è fondamentale capire se vi sia pericolo per le situazioni giuridiche soggettive protette dall’ordinamento generale e, di fatto, le ipotesi di enpasse tra il diritto dello Stato e quello del settore Sport sono all’ordine del giorno.

Tutto ciò comporta l’impossibilità per il “vincolo sportivo” di porre limitazioni preventive e assolute al diritto di adire il Giudice statale, diritto esperibile dall'atleta o degli altri protagonisti dello Sport per contrastare gli atti sportivi ormai emanati.

Dunque la legge riserva all’ordinamento sportivo due specifici ambiti di materia: uno strettamente tecnico, l’altro disciplinare.

Ad ogni modo tale riserva non è esclusiva: non si può pensare che questi due blocchi di scienza possano prescindere dalla supervisione apprestata dell’ordinamento giuridico generale, né tantomeno potranno essere considerati deficitari di tutela giurisdizionale di fronte al Giudice dello Stato; quest’ultima diviene imprescindibile ogniqualvolta emergano situazioni giuridiche soggettive comunque connesse con l'ordinamento generale.

In realtà, l'unica indicazione inequivocabile per l’interprete è quella relativa ai rapporti patrimoniali che intercorrano fra i soggetti pari-

ordinati facenti parte l’ordinamento sportivo poiché, e solo in questo caso, il legislatore ha considerato tali rapporti come vicende palesemente rilevanti per l'ordinamento giuridico generale, purtuttavia connesse con l’ordinamento sportivo, e riservando le stesse alla giurisdizione del Giudice ordinario.

L’articolo 3, al comma 1° della legge n°280 del 2003 è chiaro:

“ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti”.

Al contrario, le lettere a) e b) dell’articolo 2, comma 1° descrivono aree omogenee e sottoposte al “vincolo sportivo”; nondimeno in relazione a queste aree non è possibile escludere a priori l’esistenza di connessioni con posizioni giuridiche soggettive rilevanti nel senso predetto, né

un’eventuale sentenza del Giudice dello Stato, a seguito di un percorso di fronte agli organi della Giustizia sportiva comunque doveroso.

Orbene, è doveroso capire se l'irrogazione di una sanzione disciplinare che comporti ad esempio “la squalifica ad tempus del giocatore dal campo di gioco”, o, ancora, la comminazione di una multa o, addirittura, la retrocessioni in campionati di serie inferiore, involga o meno posizioni giuridiche soggettive che trovino nell'ordinamento generale specifica tutela.