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1.2 “La sanzione sportiva disciplinare: come riconoscerla”.

Dunque si ritiene che il criterio identificativo per distinguere l’operato della Giustizia sportiva “domestica” da quello dei Giudici statali, risieda nella portata degli effetti prodotti da una sanzione disciplinare.

116Tar Lazio, Sez. Prima ter., ord. 11.10.2017, n. 3514, dice che:

Nello specifico vi sono sanzioni sportive disciplinari definite ( e il termine è oramai ridondante e inflazionato) “tecniche”117, ossia quelle misure atte

a ristabilire la regolarità della gara e la corrispondenza del risultato con ciò che è stata la competizione sul terreno di gioco in concreto;

basti pensare al classico “cartellino rosso” nel gioco del calcio, attribuito al giocatore che ha commesso un fallo significativo nei confronti del giocatore avversario, tant’è che il primo sarà costretto a saltare una o più competizioni successive.

E’ doveroso ricordare l’esistenza di una diversa tipologia di sanzioni sportive disciplinari “tecniche”, ovvero quelle relative alla gestione dell’organigramma interno a ciascuna Federazione Nazionale, in

relazione ai requisiti professionali richiesti per gli arbitri o giudici di gara, per gli assistenti di gioco, per i direttori sportivi, etc.

Ad esempio, l’arbitro che si veda rifiutata l’iscrizione alla Commissione Nazionale Arbitri della serie A e B per mancanza dei necessari requisiti richiesti per ricoprire la carica di membro, non potrà denunciare la lesione di un proprio diritto soggettivo o interesse legittimo di fronte al Giudice statale; una misura sanzionatoria di tal tipo non è in grado di inficiare la sfera soggettiva, in quanto un giudizio di “scarsa capacità tecnica” espresso dall’Associazione Italiana Arbitri ( A.I.A.) non ha alcun peso al di là del contesto sportivo.

Dunque si tratta di un giudizio di “demerito tecnico”, che non comporta mai la perdita dello status di tesserato in capo al direttore di gara, ma è opportuno sottolineare che il provvedimento sanzionatorio avrà

comunque un’efficacia afflittiva.

Questo ragionamento consente di rimanere nell’ambito dell’impostazione tradizionale che considera le sanzioni sportive disciplinari meramente “tecniche” e, le omonime questioni sportive, inidonee a sottendere situazioni giuridiche soggettive tutelate dallo Stato.

Da un diverso punto di vista si rinvengono tutte le “altre” sanzioni sportive disciplinari, ovvero quelle che producono effetti al di là del ristretto consesso sportivo, pur tuttavia previsti dai regolamenti del C.O.N.I e Federazioni nazionali; di seguito alcune esemplificazioni. In prima battuta si tratta di conseguenze che hanno riverbero nella sfera giuridica patrimoniale del destinatario, come accade in virtù di un

provvedimento disciplinare che infligga la sospensione ( ad esempio, per la durata di due anni) dalla partecipazione a ogni competizione ufficiale in capo ad un atleta professionista, la cui unica fonte di sostentamento sia rappresentata proprio dallo stipendio corrisposto dalla società di

appartenenza, in virtù della prestazione agonistica svolta; non è il caso di dimenticare gli ulteriori obblighi pecuniari che dovranno essere adempiuti e che trovano origine nelle penali previste all’interno del contratto

stipulato tra l’atleta e la società sportiva.

I risvolti negativi di tipo economico non sono i soli da prendere in considerazione: è facile ravvisare un ulteriore danno d’immagine, sia per l’atleta che venga sospeso, o talvolta radiato a seguito di più grave violazione di regolamento, che per la società sportiva d’appartenenza; siamo nel territorio del danno morale, della crisi dell’onorabilità e della professionalità del soggetto destinatario della sanzione.

In conclusione, si segnala la presenza di un catalogo118 di sanzioni disciplinari stabilito per ciascuna disciplina agonistica; dunque vi è l’impegno di ogni Federazione Nazionale affinché un tale elenco venga elaborato e applicato in modo opportuno, a fronte di una previa

conoscenza da parte degli operatori del settore, id est atleti e società, o associazioni sportive.

In realtà gli organi federali si limitano ad indicare quali siano i comportamenti che i soggetti sportivi debbono osservare e quali, au

contrair, comportino la commissione di un “illecito disciplinare” e, la

conseguente sanzione; a questo proposito la Federazione Nazionale stabilisce un novero di possibili misure punitive, lasciando ampio margine di discrezionalità al Giudice sportivo o federale in merito alla scelta della conseguenza negativa che dovrà applicarsi nel caso di specie.

Orbene, ciò determina che il Giudice sportivo o federale debba effettuare un attento vaglio della sanzione coeva all’illecito commesso: pur con estrema discrezione, l’organo sportivo giudicante potrà trovarsi nella situazione in cui vi sia già una perfetta corrispondenza tra l’illecito in sé e la misura punitiva prestabilita dai regolamenti federali o, all’opposto, ve ne sia il difetto; in quest’ultima ipotesi sarà necessario scegliere una sanzione tra quelle predefinite nel catalogo federale.

118 I Principi di Giustizia Sportiva del C.O.N.I, all’articolo 2, comma 1°, sanciscono che:

“In ottemperanza a quanto disposto nei “Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate”: gli Statuti e i regolamenti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva devono prevedere che le decisioni definitive assunte dagli organi di giustizia sportiva siano trasmesse al C.O.N.I. per l’inserimento nel “Registro delle sanzioni disciplinari”

dell’ordinamento sportivo, istituito presso il C.O.N.I., secondo le modalità e per le finalità che saranno individuate con separato regolamento attuativo da adottarsi da parte della Giunta Nazionale”.

La giusta chiave di lettura è offerta dall’articolo 40 dello Statuto Federale della F.I.V., il quale stabilisce:

“le società affiliate ed i tesserati devono mantenere una condotta conforme

ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine sportiva in ogni rapporto di natura agonistica, economica, sociale e morale, astenersi dal compiere o dal consentire che altri compiano nel loro interesse illeciti sportivi e frodi sportive ed astenersi dal compiere atti di doping”.

In questo caso si tratta di una norma generale che non individua un tipo di comportamento oggettivo, ma che codifica un principio rinvenibile in tutti i regolamenti federali: la lealtà e la correttezza, il fair – play tra tutti i soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo.

Possiamo concludere che la suddetta norma imponga un costante comportamento “giusto”, un quid cogente all’interno dell’ordinamento giuridico sportivo e ciò rispecchia gli ideali dell’attività agonistica in sé, quali il rispetto per l’avversario, lo spirito di squadra, etc.

Nella pratica questi elementi teorici trovano concretezza nell’attenta azione della Giustizia federale, che di volta in volta dovrà vagliare la sussistenza o meno dell’illecito sportivo, al fine di dare un senso a quel distinguo tra Giustizia sportiva e Giustizia statale, nonché all’esigenza di ottemperare le garanzie costituzionali in punto di diritto di azione e di difesa.

2: “Il provvedimento sportivo disciplinare e i rapporti con