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fine o mero compromesso?”

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Giunti a questo punto, sembra lecito sostenere che il tema delle questioni sportive disciplinari presenti una notevole somiglianza con il nodo gordiano della “pregiudiziale amministrativa”. I riferimenti giurisprudenziali, che con maggior vigore mostrano quanto si possa esser lontani da una pronta soluzione della questione, provengono dalla penna del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione.

La Sezione IV del Supremo consesso amministrativo, con l’intento di parafrasare il contenuto di una sentenza dell’ormai lontano 2009152, ha stabilito che la domanda di risarcimento del danno derivante da un provvedimento amministrativo pur non previamente impugnato, sia formalmente ammissibile, ma dovrà essere di seguito dichiarata infondata nel merito, poiché il deficit di utilizzo del primo rimedio fornito dall’ordinamento generale (

id est l’azione di annullamento), impedisce che il danno stesso

possa essere considerato ingiusto.

151 M. A. Sandulli, in Riv. giur. edilizia, a. 2010, fasc.6, p.p 479 e ss.

“IL RISARCIMENTO DEL DANNO NEI CONFRONTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: TRA SOLUZIONE DI VECCHI PROBLEMI E NASCITA DI NUOVE QUESTIONI (BREVI NOTE A MARGINE DI CONS. STATO, AD PLEN., 23 MARZO 2011 N. 3, IN TEMA DI AUTONOMIA DELL'AZIONE RISARCITORIA E DI CASS., SEZ. UN, 23 MARZO 2011 NN. 6594, 6595 E 6596, SULLA GIURISDIZIONE ORDINARIA SULLE AZIONI PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO CONSEGUENTE ALL'ANNULLAMENTO DI ATTI FAVOREVOLI) BBN”.

Dunque il Giudice Amministrativo, non accertando previamente l’illegittimità dell’atto, di fatto non potrebbe ossequiare ai presupposti richiesti dall’articolo 2043 c.c.

In definitiva, il Consiglio di Stato in un primo momento si dimostra accondiscendente nei confronti della “pregiudiziale amministrativa” e di fatto sancisce il diniego della possibilità di vedere il danno risarcito ogniqualvolta non vi sia stato il rispetto dell’iter logico nella proposizione delle azioni processuali: in

primis l’azione di annullamento ( id est rimedio demolitorio), di

seguito l’azione di condanna.

La ratio di sistema sta nel fatto che, laddove il Giudice

Amministrativo non dovesse accertare l’illegittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione, egli non potrebbe imporre a quest’ultima l’obbligo di ristorare il soggetto leso dal

provvedimento amministrativo stesso.

C’è da chiedersi in che modo una tale tesi possa calarsi nel contesto dell’ordinamento sportivo.

Il filone intellettuale dominante è quello di chi sostiene la natura pubblica di C.O.N.I. e Federazioni Nazionali; in merito a queste ultime, in realtà, l’essenza pubblicistica si apprezza in relazione allo svolgimento di alcune attività ben determinate, stante la perdurante affermazione della personalità di diritto privato in capo alle organi federali.

Ebbene i vertici sportivi, ove vengano considerati come esercenti

potestas pubblica, emettono provvedimenti amministrativi che di

fatto esplicano effetti anche al di là del mero contesto sportivo e, nel corso di questo studio, abbiamo avuto modo di comprendere che tali provvedimenti siano quelli emessi al fine di risolvere questioni sportive generalmente definite “amministrative”, vale a dire tutto ciò che concerne la composizione della “formazione sociale sportiva”; altresì, con sempre maggiore frequenza e per certi versi, possiamo ricomprendere anche alcune questioni disciplinari.

E’ chiaro il raccordo con la suddetta sentenza153 del Consiglio di

Stato e con l’affermata esistenza della “pregiudiziale amministrativa”.

Di converso vi è l’opinione delle Sezioni Unite della Cassazione, le quali sanciscono che il titolare di un interesse legittimo, laddove lo ritenga sacrificato dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, avrà diritto di optare per il ricorso alla tutela risarcitoria in luogo di quella demolitoria.

Di fatto la Cassazione riconosce l’avvenuto superamento del limite della “pregiudiziale amministrativa”; quindi, sulla base di questo assunto, il soggetto titolare della situazione giuridica soggettiva che si sussume lesa, potrebbe richiedere il relativo ristoro pur senza il previo esperimento dell’azione demolitoria, ai fini della cessazione degli effetti del provvedimento

amministrativo precedentemente attribuito.

Passano gli anni, gli interventi giurisprudenziali si susseguono, ma le supreme magistrature si mantengono su sponde opposte e consolidano ulteriormente le rispettive tesi; in particolare il Consiglio di Stato afferma che lasciare al privato la scelta tra l’azione di annullamento e quella per il risarcimento del danno, significhi vanificare il “principio di legalità” sancito all’articolo

97 della Costituzione, snaturando la vera utilità del ristoro

dell’interesse legittimo leso, che non consiste nella mera monetizzazione del danno subìto, ma nel ristabilire i canoni del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica

Amministrazione.

A questo punto, quella stessa Sezione IV del Consiglio di Stato, con il fine di una dovuta chiarezza giuridica, decide di investire l’Adunanza Plenaria circa la questione “rapporti tra la domanda di annullamento e la domanda di risarcimento del danno sorto a seguito di un provvedimento amministrativo”.

Si noti che, per quanto concerne il fenomeno sportivo,

l’Adunanza Plenaria154 che qui ci interessa è quella che segue di

poco più di un mese la storica sentenza della Corte Costituzionale, del Febbraio dello stesso anno.

La Consulta, all’interno della nota sentenza n°49 del 2011, sancisce la legittimità costituzionale della legge n°280 del 2003 nella parte in cui, trattando delle questioni sportive disciplinari, riserva al Giudice sportivo il vaglio della correttezza delle misure sanzionatorie; al contrario, l’analisi della domanda risarcitoria, atta a ristorare il ricorrente a fronte di un uso scorretto del potere sanzionatorio degli organi federali ( e non solo), spetterebbe al Giudice Amministrativo.

Dunque l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha avuto il compito di pronunciarsi in tema di “pregiudizialità

amministrativa” e, di riflesso per ciò che attiene al provvedimento sportivo disciplinare, in tema di esperibilità della tutela

demolitoria e risarcitoria.

La sentenza dei Giudici di Palazzo Spada155 dispone che:

“la domanda risarcitoria, ove si limiti alla richiesta di ristoro patrimoniale

senza mirare alla cancellazione degli effetti prodotti del provvedimento, sia proponibile in via autonoma rispetto all'azione impugnatoria e non si atteggi più a semplice corollario di detto ultimo rimedio, secondo una logica gerarchica che il codice del processo ha con chiarezza superato"

E’ da evidenziare che il Consiglio di Stato si trovi in perfetta armonia con il pensiero del legislatore espresso all’articolo 30 del Codice sul processo amministrativo del 2010.

Nondimeno, se da un lato si assiste ad un’apparente eliminazione dell’obbligo di esperire in primis l’azione di annullamento del provvedimento amministrativo, a vantaggio dell’autonomia dell’azione risarcitoria, dall’altro però il legislatore pone alcuni ostacoli in via indiretta.

In sostanza, la domanda risarcitoria potrà essere proposta, anche in via autonoma, entro il breve termine di 120 giorni, a pena di decadenza, dal

giorno in cui il fatto lesivo si sia verificato ovvero, dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva da questo

L’intento del legislatore è quello di fornire al titolare dell’interesse legittimo uno strumento di tutela sicuramente più duttile e che meglio si adatti ai meccanismi dell’ordinamento giuridico sportivo, poiché, come spesso accade nel diritto sportivo, il provvedimento di settore è immediatamente esecutivo e produce modificazioni della sfera giuridica soggettiva di fatto irreversibili; pertanto l'interesse all'annullamento potrebbe oggettivamente esser venuto meno o, in generale, potrebbe non essere più adeguatamente suscettibile di soddisfazione.

Al fine di rafforzare il suddetto orientamento l’articolo 34, comma 3°, del Codice del processo amministrativo stabilisce che:

"quando nel corso del giudizio l'annullamento del provvedimento non risulti più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse a fini risarcitori".

Ecco che, rimanendo nell’ottica del diritto sportivo, l’atleta destinatario del provvedimento lesivo di un suo interesse legittimo, avrà uno strumento di tutela che si confà alle esigenze di celerità dell’ordinamento giuridico di settore.

Al contempo, però, il legislatore avverte che il Giudice Amministrativo ( il quale è l’unico in grado di potersi pronunciare quando vi siano in gioco interessi legittimi o materie attribuite alla sua giurisdizione esclusiva come “l’ordinamento sportivo”) nel determinare il quantum del risarcimento,

dovrà escludere i danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso gli strumenti di tutela previsti ( id est l’essersi avvalso della tutela demolitoria e aver bloccato la produzione degli effetti negativi del provvedimento sportivo impugnato).

In definitiva pare che il legislatore non voglia accogliere né la visione della “pregiudiziale amministrativa” “pura”, né quella della totale autonomia del rimedio risarcitorio dalla più classica azione di annullamento, preferendo sancire, a detta dell’Adunanza Plenaria156 del Consiglio di Stato:

“un punto di equilibrio capace di superare i contrasti ermeneutici registratisi in subietta materia”.

Ad oggi l’aspro dibattito in tema di “pregiudiziale amministrativa” non può dirsi di certo sopito, tuttavia va detto che non mancano punti fermi e non sarebbe giusto soffocare i meriti del legislatore nell’ aver determinato uno strumento, quale quello della tutela demolitoria, molto più snello rispetto al passato, pur con i ricordati limiti.

Ciò che preme maggiormente è garantire il sistema in equilibrio e, a mio parere, vi è l’intento di mantenere vivo il pensiero della giurisprudenza e delle leggi dei primordi che vede ancora nel meccanismo dell’azione di annullamento la fonte di una tutela piena ed esaustiva.

5.1. ( segue) … “La “pregiudiziale sportiva”: ai confini