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delle questioni sportive nel rapporto con l’ordinamento generale”.

E’ necessario quindi distinguere il concetto di “efficacia” da quello di “rilevanza”.

Con il termine “efficacia” ci si riferisce al novero di effetti generati dall’atto una volta emesso e che si riversano sul destinatario, il quale, in questo caso, sarà un soggetto appartenente all’ordinamento giuridico sportivo.

Della “rilevanza” possiamo dire che si tratti di un concetto più complesso, ancora oggi molto dibattuto in dottrina:

 “rilevare” è sinonimo di “riscontrare”, di “accertare “ un quid che abbia un certo “rilievo” o peso in una determinata situazione”;

invero, si tratta di stabilire quali siano le questioni di diritto sportivo che abbiano ingerenza anche nell’ordinamento generale.

La tesi maggiormente condivisa dai giuristi sostiene che il “mero atto interno”, emesso a monte dagli enti sportivi, acquisti senso solo in relazione alle regole di gioco previste per ogni disciplina

dell’ordinamento sportivo.

Al contrario l’”atto/provvedimento” sportivo, dall’oggetto generalmente inteso, nasce per regolare la vita degli atleti e delle società affiliate; tuttavia esso acquisisce natura amministrativa soltanto ogniqualvolta si occupi di disciplinare lo svolgimento di attività di interesse pubblico, attribuite ex lege agli organi federali.

Fatta questa premessa, è pur vero che in molte occasioni i provvedimenti sportivi “tecnici” e, più in generale quelli non amministrativi ( disciplinari ed economici), sembrano involgere l’ordinamento generale.

Ecco che l’individuazione delle suddette occasioni rappresenti un nodo ancora oggi non pienamente sciolto.

Più chiara risulta la situazione ogniqualvolta vi sia l’esercizio di una

potestas pubblica da parte di una Federazione Nazionale: qui si ritiene che

vi sia un interesse legittimo sotteso, come ad esempio l’interesse di una società affiliata che si aspetta dalla Federazione di appartenenza, la quale agisce nella veste di Amministrazione pubblica, un comportamento corretto nei suoi confronti.

Anche qui è importante procedere per gradi: una distinzione da tenere a mente è quella tra “norme tecniche” e “norme di relazione”.

Le prime rappresentano l’insieme di tutte le regole di gioco finalizzate a determinare e ad acquisire il risultato delle competizioni; a queste debbono aggiungersi i regolamenti relativi alla gestione e all’

organizzazione degli organi federali; da ultimo, le circolari aventi mera efficacia interna.

Simili norme “tecniche” risultano indifferenti e pertanto “irrilevanti” per l’ordinamento generale, in quanto sono assolutamente incapaci di dar vita a situazioni giuridiche soggettive di diritto soggettivo o di interesse legittimo; in definitiva esse rappresentano punti fermi per quanto riguarda il corretto svolgimento di ogni singola gara, ma la loro ratio existendi è limitata all’ordinamento sportivo.

Le “norme di relazione” invece, sono definite in questo modo poiché mettono in contatto l’ordinamento settoriale con l’ordinamento generale.

Abbiamo detto che talvolta le Federazioni Nazionali emettono provvedimenti aventi natura amministrativa ( i c.d. provvedimenti

amministrativi a tutti gli effetti), cioè suscettibili di essere impugnati

presso il Giudice Amministrativo poiché sottendono interessi legittimi; per altro verso, gli organi federali possono emettere atti per i quali il termine “provvedimento” è usato in modo improprio ( di fatto abbiamo i c.d. provvedimenti sportivi “tecnici” e quelli non amministrativi), i quali non risultano elaborati da enti di diritto pubblico, bensì nell’ambito dell’autonomia privata riservata alle Federazioni Nazionali, alle società o alle associazioni sportive e che, sovente, sottendono situazioni giuridiche soggettive tutelabili di fronte al Giudice statale.

La Giustizia statale trova fondamento soltanto a fronte dell’esistenza di diritti soggettivi e di interessi legittimi, a pena di difetto assoluto.

E’ importante capire quando le suddette situazioni giuridiche soggettive sussistano e a questo proposito, in dottrina e giurisprudenza tra le ipotesi che destano maggiore attenzione si rinvengono quelle che si riferiscono allo svolgimento di quelle “attività pubbliche”, ai sensi del “nuovo Statuto” del C.O.N.I.

L’accesso alla vita sportiva è regolato da alcuni passaggi: la domanda di affiliazione presentata dall’aspirante interessato, il vaglio dei requisiti d’ingresso e, per concludere, l’affiliazione della società sportiva o il tesseramento dell’atleta.

Ognuno di noi ha il diritto inviolabile di associarsi in gruppo e con ciò, di avere la possibilità di entrare a far parte di un contesto plurisoggettivo, quale in questo caso un’associazione, una società o una Federazione Nazionale; vi è un’aspettativa positiva da parte del singolo individuo di essere ammesso.

Tale aspettativa si traduce nell’interesse legittimo del singolo di entrare a far parte di un gruppo, a patto che sussistano i requisiti richiesti e che l’organismo collettivo operi in modo legittimo, anche ove dovesse negare l’accesso.

Fino a non molto tempo fa si riteneva che, in caso di un provvedimento di revoca dell’affiliazione di una società professionistica, non vi fosse alcun dubbio circa l’esistenza di un interesse legittimo in capo alla società espulsa definitivamente dal contesto sportivo e, pertanto, veniva

riconosciuta la portata esterna della questione sportiva; vi era l’esigenza di una tutela effettiva ai sensi dell’articolo 24 della Costituzione in favor della società espulsa.

Su un altro versante si sosteneva che l’atto con cui una Federazione Nazionale avesse escluso una società professionistica da un determinato campionato al fine di ammetterla in un altro di livello inferiore, non fosse in grado di intaccare una situazione soggettiva protetta dallo Stato e, in definitiva, che un tale fatto non avesse rilievo al di là del settore sportivo, poiché la società pur tagliata fuori dal campionato “x” avrebbe continuato ad operare all’interno del campionato “y”.

Ad oggi questo distinguo è ritenuto privo di senso e la giurisprudenza afferma che l’atto con cui si impone il passaggio da un campionato all’altro contenga una sanzione meno grave rispetto all’espulsione

irreversibile, pur tuttavia di natura analoga: il provvedimento stabilisce in egual modo la cessazione del rapporto di appartenenza di quella società professionistica a quel determinato novero di squadre rappresentativo del campionato “x” o “y”.

In altre parole e secondo una tesi ormi consolidata, entrambi i provvedimenti sportivi sono suscettibili di impugnazione presso il Giudice Amministrativo, dato che sottendono interessi legittimi.

Per quanto riguarda i provvedimenti sportivi aventi contenuto economico, la giurisprudenza riflette sul tema poiché incalzata dell’entrata in vigore della legge n°280 del 2003, la quale all’articolo 3 comma 1° disciplina la materia dei rapporti patrimoniali tra soggetti sportivi pari ordinati ( società - società, società – atleta).

La disposizione normativa stabilisce che in caso di contenzioso, una volta esauriti i gradi della Giustizia sportiva e, salvo il meccanismo della “clausola compromissoria” di cui diremo, il riferimento giurisdizionale è il Giudice Ordinario; di conseguenza, si capisce che i provvedimenti sportivi economici sottendono sempre situazioni di diritto soggettivo.

In questo frangente si ritiene che la stipulazione del contratto tra la società e lo sportivo, ovvero l’apposizione delle condizioni remunerative, i bonus stagionali, la clausola di trasferimento e in generale tutti gli aspetti relativi alla prestazione professionale agonistica che l’atleta si impegna a portare a termine, siano elaborati in seno all’autonomia privata delle Federazioni Nazionali, delle società e delle associazioni sportive.

Tuttavia ove dovesse sorgere la lite in merito a diritti soggettivi detti “indisponibili”, il soggetto legittimato ed interessato ad agire dovrà rivolgersi indefettibilmente al Giudice Ordinario; a breve verrà trattato il tema della classificazione dei diritti soggettivi.

In sostanza il problema della “rilevanza/irrilevanza” delle questioni sportive nel rapporto con l’ordinamento generale ( pertanto all’esterno del contesto sportivo puro) trova origine a causa della duplice anima delle Federazioni Nazionali; queste si dividono tra settore privato e settore pubblico e non è un caso, lo vedremo, che in relazione al contesto collettivo vi sia la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ai sensi dell’articolo 133 lettera h) del Codice del processo amministrativo.

L’argomento testimonia la difficoltà da parte del nostro legislatore nel definire l’entità delle situazioni giuridiche soggettive intaccate

dall’operato degli organi federali: spesso si è metà strada tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo.

Inoltre, si veda come il concetto di “rilevanza” rappresenti l’altra faccia della medaglia rispetto al concetto di autonomia normativa ( pur relativa) attribuita all’ordinamento giuridico sportivo:

di fatto le questioni che assumono un significato, ovvero che hanno “rilevanza” all’interno dell’ordinamento generale sono esattamente quelle che esulano dalle lettere a) e b) dell’articolo 2 comma 1° della legge n°

280 del 2003, perciò si guarda al di là delle mere diatribe di matrice

disciplina sportiva ( su quest’ultimo punto, in realtà, non sono rare le ipotesi di “rilevanza”).

Per chi ritiene che sia possibile individuare un “principio di rilevanza giuridica”, ecco che il medesimo entra in gioco nel momento in cui gli enti sportivi emanino provvedimenti tali da ledere la sfera giuridica ed economica dei destinatari; questi ultimi, vale a dire gli atleti o i club, vengono colpiti non solo come soggetti dell’ordinamento sportivo, ma anche come lavoratori professionisti o società di capitali, facenti parte dell’ordinamento statale.

Nello specifico, in applicazione di un principio generale sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sin dagli anni ‘70, il concetto di “rilevanza giuridica” è stato fatto coincidere con il concetto di “rilevanza nella sfera economica”; a dire il vero, si tratta di stabilire se vi siano ( e quali siano) le ricadute ingenerate da un provvedimento emesso dagli alti vertici sportivi sulla dimensione soggettiva del destinatario di questo.

Concludendo, per stabilire la “rilevanza” ( o meno) di una questione sportiva anche all’interno dell’ordinamento generale, occorre procedere con l’individuazione di eventuali diritti soggettivi o interessi legittimi e, altresì, con il riscontro di una situazione di “ingerenza” su questi.

Su un piano processuale, poi, ne consegue un complesso riparto di giurisdizione di cui diremo.

Dunque il legislatore del 2003, che ad oggi riceve il consenso della giurisprudenza, stabilisce che alla Giustizia sportiva venga devoluta l’analisi delle questioni sportive irrilevanti all’interno dell’ordinamento generale; per altro verso alla Giustizia sportiva viene affidata la gestione, in prima battuta, delle impugnazioni di quei provvedimenti sportivi ritenuti aventi un contenuto “rilevante” per lo Stato.

3. “La Giustizia sportiva: cenni al riguardo di un processo