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3.1 “I Giudici: la crisi dell’autonomia dell’ordinamento giuridico sportivo?” 86

A questo punto credo sia opportuno fornire una rapida panoramica dell’organigramma dei Giudici sportivi, a seguito delle più recenti riforme.

L’articolo 13 del Codice di Giustizia sportiva87 - Istituzione:

“1. Presso ogni Federazione sono istituiti i Giudici sportivi.

2. I Giudici sportivi si distinguono in Giudice sportivo nazionale, Giudici sportivi territoriali e Corte sportiva di appello”.

L’articolo 14 del Codice di Giustizia sportiva – Competenza dei Giudici sportivi:

“1. Il Giudice sportivo nazionale e i Giudici sportivi territoriali

pronunciano in prima istanza, senza udienza e con immediatezza, su tutte le questioni connesse allo svolgimento delle gare e in particolare su quelle relative a:

a) la regolarità delle gare e la omologazione dei relativi risultati; b) la regolarità dei campi o impianti e delle relative attrezzature;

86 M. Sanino – F. Verde, Il Diritto Sportivo (Quarta edizione), CEDAM, Gli organi di giustizia presso

il C.O.N.I., p.p. 519 e ss.

c) la regolarità dello status e della posizione di atleti, tecnici o altri partecipanti alla gara;

d) i comportamenti di atleti, tecnici o altri tesserati in occasione o nel corso della gara;

e) ogni altro fatto rilevante per l’ordinamento sportivo avvenuto in occasione della gara.

2. La Corte sportiva di appello giudica in seconda istanza sui ricorsi avverso le decisioni del Giudice sportivo nazionale e dei Giudici sportivi territoriali.

È competente a decidere, altresì, sulle istanze di ricusazione dei medesimi giudici”.

Dunque la Corte sportiva di appello giudica in seconda istanza sui ricorsi che abbiano avuto ad oggetto controversie di tipo tecnico, pertanto relative allo svolgimento delle gare o, in merito al comportamento tenuto da atleti, tecnici o altri partecipanti alla gara.

Accanto ai Giudici sportivi, e solo nei casi in cui non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi ai Giudici sportivi nazionali o territoriali, vi sono i Giudici federali88, i quali si distinguono in

Tribunale federale e Corte federale di appello, sussistenti per ciascuna Federazione Nazionale.

Nello specifico, l’ordinamento sportivo istituisce la figura del Procuratore federale presso ogni Federazione Nazionale: l’ufficio si compone

eventualmente di uno o più Procuratori aggiunti, nonché di no o più Sostituti procuratori, al fine di promuovere la repressione degli illeciti disciplinari sanzionati dallo Statuto e dalle norme federali.

Nel tentativo di approfondire la simmetria tra organi giudicanti, si noti che la Procura federale può decidere di aprire il fascicolo d’indagine sulla base di segnalazioni provenienti dalla Procura generale dello Sport e dai Procuratori nazionali; la Procura generale dello Sport, in spirito di leale collaborazione, coopera con ciascuno dei Procuratori federali, al fine di assicurare la completezza e la tempestività delle rispettive indagini.

Inoltre, e ciò permette di confermare lo stretto legame tra ordinamento di settore e generale, ai sensi dell’articolo 50, comma 1° del Codice di Giustizia sportiva:

“il Procuratore Federale ha il dovere di collaborare con la Procura Antidoping del Coni, nonché con l’ufficio del Pubblico ministero”.

L’assunzione di sostanze stupefacenti o di medicinali in grado di alterare lo svolgimento della prestazione agonistica, nonché le crisi generate dai casi di frode sportiva, sono temi che hanno reso necessario instaurare una

partnership tra ordinamento sportivo e Stato; in questo frangente, infatti,

il Codice di Giustizia sportiva non si mostra sufficientemente esaustivo e cede il passo alle Norme Sportive Antidoping elaborate dal C.O.N.I89, nonché all’operato del Pubblico Ministero e della Procura della Repubblica ogniqualvolta si profili un’ipotesi di reato.

89 Si tratta dei precetti contenuti all’interno del Documento tecnico attuativo del Codice Mondiale

Antidoping e dei relativi Standard internazionali, approvato dalla Giunta Nazionale del C.O.N.I. il 29 Novembre 2012

Il cerchio si chiude con lo studio delle riforme che negli ultimi anni hanno apportato grandi novità: la più significativa è stata la riforma che ha comportato la soppressione di organi quali la Camera di conciliazione e arbitrato, del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva, il tutto in un’ottica di razionalizzazione delle tempistiche e delle risorse di cui dispone il processo sportivo.

Ad oggi, l’ultimo grado di impugnazione dei provvedimenti sportivi è offerto dal Collegio di Garanzia dello Sport, organismo che ha destato ampia riflessione da parte degli studiosi della diritto sportivo.

L’articolo 12-bis del “nuovo Statuto”90 del C.O.N.I. modificato, introduce

il Collegio di Garanzia dello Sport.

L’organismo è chiamato ad esaminare tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia, ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a novanta giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro; altresì, il Collegio di Garanzia dello Sport svolge una funzione consultiva e fornisce pareri su istanza proposta dal C.O.N.I. o dalle Federazioni Nazionali.

Ai sensi dell’articolo 54, comma 1° del Codice di Giustizia sportiva, si colga la parziale similitudine con il ruolo con la Corte di Cassazione e con l’articolo 360 c.p.c:

“il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.

L’organizzazione giurisdizionale sportiva è capillare, a testimonianza del rinnovato interesse da parte dello Stato per il settore sociale.

In realtà, nel prosieguo della lettura del Codice di giustizia sportiva, ci si rende conto che il Giudice sportivo nazionale ( detto Giudice unico), i Giudici sportivi territoriali, i membri della Corte sportiva di appello e da ultimo i Giudici federali, sono nominati da ogni singolo Consiglio Federale attivo presso ciascuna Federazione Nazionale, su proposta del Presidente dello stesso consesso, tra i soggetti aventi i requisiti previsti dallo statuto interno.

Questa prassi, ormai consacrata a livello normativo, rischia di mettere in crisi il principio di imparzialità, imprescindibile per qualsivoglia organo giudicante, poiché è evidente che il Giudice sportivo venga nominato da un organo federale che potrebbe essere successivamente chiamato in giudizio per essere giudicato.

Tale crisi verrebbe facilmente superata attraverso l’introduzione di una norma inderogabile che preveda una durata dell’organo giudicante maggiore rispetto a quella dell’organo federale che lo abbia nominato; in questo modo il Giudice sportivo agirebbe senza condizionamenti

psicologici, in quanto non potrebbe nutrire la speranza di essere rinominato per un secondo mandato.

Un aiuto concreto proviene dal documento “Principi in materia di

giustizia sportiva”91 emanato dal C.O.N.I; in particolare, dalla lettura degli articoli 3 e ss. del blocco “Principi dedicati agli organi della

giustizia amministrativa” si evince che:

 i giudici sportivi sono terzi e imparziali ( 3.1);

 a tal fine sono scelti tra […] e anche tra soggetti non tesserati alle Federazioni Sportive Nazionali od alle Discipline Sportive Associate ( 3.2);

 i giudici sportivi svolgono le loro funzioni in piena autonomia ed il loro mandato è indipendente dalla permanenza in carica degli organi che li hanno designati ( di norma il Consiglio Federale).

Viene da chiedersi se l’autonomia ( su piani differenti: da quello normativo, alla nomina, revoca o generale composizione degli organi sportivi, etc.) che caratterizza l’ordinamento giuridico sportivo debba prevalere o meno sulla garanzia del diritto di difesa, inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

E’ chiaro che un’interpretazione nel primo senso, peraltro più affine al dettato normativo offerto dalla legge n° 280 del 2003, rischia di far sorgere dubbi circa la legittimità costituzionale della riserva di

giurisdizione che il legislatore appone in favor dell’ordinamento sportivo: il “vincolo di giustizia” ai sensi dell’articolo 3, comma 1° della suddetta legge, di cui diremo.

La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie sostengono, e ne verrà dato congruo approfondimento, che l’azione di condanna, al fine di ottenere il risarcimento del danno eventualmente generato dall’esecuzione di un provvedimento sportivo capace di incidere su situazioni giuridiche

tutelate, dovrà essere proposta di fronte al Giudice statale, in linea con i principi fondamentali contenuti negli articoli 24 e 103 della Costituzione. Il rimedio caducatorio, invece, a fronte di un provvedimento sportivo che ormai abbia già prodotto i propri effetti in modo irreversibile, resta riservato agli organi giudicanti della Giustizia sportiva.

Questa situazione desta tutt’oggi perplessità poiché, generalmente, proporre l’azione di condanna nell’alveo di una diatriba sportiva risulta poco satisfattivo, sia sotto il profilo economico che morale, e sarebbe di gran lunga più opportuno che dell’azione di annullamento dell’atto sportivo già eseguito ( e del conseguente ristoro per equivalente), se ne occupasse in toto il Giudice statale, ad ogni modo previo esaurimento dei gradi della Giustizia sportiva.

In ogni caso l’autonomia attribuita all’ordinamento giuridico sportivo risulterà salva solo laddove i percorsi che portano al provvedimento sportivo saranno l’esplicazione di una tutela piena ed effettiva, e verso il soggetto agente e verso l’“inquisito”, pena l’inevitabile intervento analitico della magistratura ordinaria e amministrativa.

Si è anche detto che lo Stato, per lungo tempo, abbia mostrato una completa indifferenza nei riguardi del fenomeno sportivo.

Con l’avvento del Fascismo le cose cambiano e la figura dell’atleta vigoroso e vincente nelle competizioni venne impiegata per rappresentare il cittadino modello, oltre che per sensibilizzare l’impegno patriottico; di seguito venne emanata la legge n°426 del 1942, che istituì il Comitato Olimpico Nazionale Italiano con tanto di attribuzione di personalità di diritto pubblico.

I decenni de “la prima Repubblica” sono stati scanditi dalle teorie di Massimo Severo Giannini, uno dei più importanti studiosi in materia sportiva e del quale si è avuto modo di apprezzare i contributi pubblicati all’interno de La Rivista di Diritto Sportivo; non da meno è stato il lavoro di Francesco Paolo Luiso, ancora oggi il principale punto di riferimento i materia di diritto sportivo.

Dunque la situazione “Sport” sembrava piuttosto consolidata, pur nell’indifferenza di fondo dimostrata dallo Stato.

Nel 1980 il mondo sportivo venne sconvolto da una sconcertante vicenda di calcio scommesse, tanto è che vennero ridefiniti alcuni aspetti relativi all’organizzazione di società e associazioni sportive e dettate linee guida in merito alla collaborazione con gli atleti.

Per sommi capi si richiamano gli interventi legislativi che hanno segnato la rinnovata attenzione per il diritto sportivo da parte dello Stato:

 la legge n°91 del 1981 che ha disciplinato i rapporti tra atleti e società di appartenenza e in più, ha sancito l’obbligo per queste ultime di costituirsi nella forma di società di capitali;

 il decreto legislativo n°242 del 1999 con cui venne data la

definitiva configurazione del C.O.N.I come ente pubblico mentre le Federazioni sportive ricevettero la personalità di diritto privato; di fatto la disciplina dei primordi del 1942 è ormai obsoleta;  infine, e più di ogni altro in materia di Giustizia sportiva, si

segnala l’assetto istituzionale sancito dal decreto legge n°220 del 2003, poi convertito in legge n°280 del 2003.

In merito a quest’ultimo riferimento legislativo, dopo aver concluso l’analisi relativa al principio di autonomia dell’ordinamento giuridico sportivo e ai rapporti tra il medesimo e l’ordinamento generale, occorre soffermarsi sulla disposizione che ha come oggetto la giurisdizione.